Io sapevo che dal 1977 il Partito comunista non prendeva più i soldi dall'Urss. Anche perché aveva preso le distanze da quello stato e Berlinguer parlava della questione morale. Non credo che invece, come sostengono i revisionisti, faceva il doppio gioco o prendeva i soldi, senza peraltro concedere nulla in cambio.camillobenso ha scritto:
Quando muore Berlinguer, e i rubli dal Cremlino non arrivano più, allora i Pci hanno cominciato ad arrangiarsi come tutti gli altri.
Quale governo ?
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Re: Quale governo ?
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Re: Quale governo ?
cielo 70 ha scritto:Io sapevo che dal 1977 il Partito comunista non prendeva più i soldi dall'Urss. Anche perché aveva preso le distanze da quello stato e Berlinguer parlava della questione morale. Non credo che invece, come sostengono i revisionisti, faceva il doppio gioco o prendeva i soldi, senza peraltro concedere nulla in cambio.camillobenso ha scritto:
Quando muore Berlinguer, e i rubli dal Cremlino non arrivano più, allora i Pci hanno cominciato ad arrangiarsi come tutti gli altri.
Si è vero dal 1977 il Pci non prendeva più soldi dall'Urss, ma si autofinanziava con il finanziamento pubblico e trattenendo il 50 % degli stipendi dei parlamentari.
L'Urss ha continuato a finanziare solo la corrente filosovietica di Armando Cossutta.
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Re: Quale governo ?
INCIUCIAO MERAVIGLIAO - 2
Nel gioco del “CHIODO SCACCIACHIODO”, uno dei giochi preferiti della casta e dei sui fedelissimi ed affezionati elettori, si confida principalmente sulla nota memoria corta dei tricolori.
Tanto è vero che tutti ci siamo già dimenticati del caso della ministra Josefa Idem ( che non sa quanto ci ha guadagnato in salute ad andarsene).
Tagliamo corto, in linea di principio la ministra aveva torto, ma la vicenda da come l’hanno affrontata i media ha dato fastidio non poco.
Italiani brava gente? Manco per niente perché l’accanimento è stato sproporzionato al caso.
In realtà l’hanno massacrata oltre il dovuto.
Quello che ha dato fastidio è l’uso dei due pesi e due misure.
Una ventina di giorni prima, circa, il M5S, presenta in aula un documento, a seguito di una denuncia a le Iene, in cui si attesta che aziende di vario genere, anche multinazionali, alla fine di ogni mese mandano un loro incaricato alla Camera e al Senato, per il pagamento dell’obolo dovuto. Ne viene fuori che anche la fondazione del presidente del Consiglio, VeDrò, è foraggiata da chi si occupa delle macchinette mangiasoldi.
Diventa quindi subito chiaro perché il colonnello della GdF Umberto Rapetto che indagava da anni nel settore e che era in procinto di far entrare nelle casse dello Stato 98 miliardi di euro di evasione fiscale, viene messo in condizione di dare le dimissioni e andare in pensione.
Con le sue indagini era entrato in un nido di vipere.
Dal blog di Rapetto:
….sono quel generale della Guardia di Finanza in congedo “colpevole” di aver diretto l’indagine sulle slot machine, quella dei 98 miliardi di euro…
(andando in pensione, Rapetto è passato di grado)
http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/
La casta, come in India è intoccabile, come la Mafia SpA, nell’indifferenza generale degli affezionati elettori.
1. Blog di Beppe Grillo - M5S Senato: Gioco d'azzardo e partiti
http://www.beppegrillo.it/2013/05/m5s_s ... titi.html
o
22/mag/2013 - "Ha destato scalpore la denuncia a Le Iene di un dipendente del Senato ...si chiama VeDrò finanziata anche da due multinazionali, Lottomatica e Sisal, ... da Porsia, titolare della Hbg, una delle più grandi aziende del gioco d'azzardo. .... Da quando è stato approvato il gioco on-line che eliminerebbe tutti ...
1. Grasso: gravissimo parlamentari pagati da lobby, subito legge - Cliqz
http://www.cliqz.com/it.notizie/c/169102.html
o
Dalle anticipazioni giornalistiche in merito al servizio delle Iene su deputati e senatori che, nelle scorse legislature, sarebbero stati pagati da ... Purtroppo la natura di denuncia, anonima nella fonte e nei destinatari, rende difficile ... ROMA – Inviati di multinazionali che,ogni mese, consegnano agli assistenti mazzette ...
Senatori e deputati a libro paga delle multinazionali - PMLI
http://www.pmli.it/ilbolscevicopdf/2013n220606.pdf
•
29/mag/2013 - Alle elezioni amministrative parziali del 26 e 27 maggio delegittimati i partiti,... da dell'astensionismo del PMLI per le elezioni amministrative (foto Il ... Lo denuncia uno studio Fisac-CGIL ... AL REFERENDUM DI BOLOGNA CHE COL 59% HA SANCITO IL NO...... tinazionali che ogni mese per ... mazzette?
http://www.google.it/webhp?source=searc ... 92&bih=533
Il fatto viene messo immediatamente a tacere con la collaborazione strettissima dei media nel giro di 24 ore.
Alcuni giornaloni si sono “premurati” di non pubblicare la notizia.
Ecco, il fastidio per il trattamento riservato alla Idem consiste in questo.
Massacro da una parte a chi non fa parte della casta, e silenzio pilotato per chi serve la Mafia SpA.
Due pesi e due misure.
Quanto sta avvenendo ancora una volta questa settimana con il caso di Alma Shalabayeva e della figlioletta di 6 anni,
Stamani mi hanno segnalato l’ottimo editoriale di Massimo Giannini, vice direttore de La Repubblica, ma quando 4 giorni fa il caso era stato ripreso da IFQ di domenica scorsa, mi sono premurato di sfogliare, Il Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa, pagina dopo pagina per verificare il loro apporto alla notizia.
Zero assoluto.
La stampa di regime proteggeva il governo che non sapeva che pesce prendere.
Poi quando la Bonino ha rotto le acque perché non si poteva più fare una figura di emme (queste le sue parole) nei confronti del mondo, il governo ha cominciato ad affrontare il problema nel peggiore dei modi possibili. Tanto per stare in esercizio.
Gli americani hanno un sacco di difetti e la loro tanto sbandierata democrazia è piena di lacune, ma su una cosa bisogna dargli atto, che la libera stampa tenta di mantenere alto il suo compito di Quarto Potere, il cane da guardia del mondo politico.
Qua invece è l’opposto, perché ci son tanti figli di mammà, che tengono famiglia e che potrebbero anche un giorno fare parte della grande famiglia della casta. Sai com’è, cane non mangia cane, altro che Quarto Potere.
Non tutti ovviamente, perché gente con la schiena diritta ci sono stati anche da noi e ci sono ancora, come Montanelli, Biagi, Bocca, Spinelli, De Gregorio, Gabanelli, Sarzanini, Colombo Furio, Padellaro, e quel Travaglio che non piace ad Amà.
Nel gioco del “CHIODO SCACCIACHIODO”, uno dei giochi preferiti della casta e dei sui fedelissimi ed affezionati elettori, si confida principalmente sulla nota memoria corta dei tricolori.
Tanto è vero che tutti ci siamo già dimenticati del caso della ministra Josefa Idem ( che non sa quanto ci ha guadagnato in salute ad andarsene).
Tagliamo corto, in linea di principio la ministra aveva torto, ma la vicenda da come l’hanno affrontata i media ha dato fastidio non poco.
Italiani brava gente? Manco per niente perché l’accanimento è stato sproporzionato al caso.
In realtà l’hanno massacrata oltre il dovuto.
Quello che ha dato fastidio è l’uso dei due pesi e due misure.
Una ventina di giorni prima, circa, il M5S, presenta in aula un documento, a seguito di una denuncia a le Iene, in cui si attesta che aziende di vario genere, anche multinazionali, alla fine di ogni mese mandano un loro incaricato alla Camera e al Senato, per il pagamento dell’obolo dovuto. Ne viene fuori che anche la fondazione del presidente del Consiglio, VeDrò, è foraggiata da chi si occupa delle macchinette mangiasoldi.
Diventa quindi subito chiaro perché il colonnello della GdF Umberto Rapetto che indagava da anni nel settore e che era in procinto di far entrare nelle casse dello Stato 98 miliardi di euro di evasione fiscale, viene messo in condizione di dare le dimissioni e andare in pensione.
Con le sue indagini era entrato in un nido di vipere.
Dal blog di Rapetto:
….sono quel generale della Guardia di Finanza in congedo “colpevole” di aver diretto l’indagine sulle slot machine, quella dei 98 miliardi di euro…
(andando in pensione, Rapetto è passato di grado)
http://www.ilfattoquotidiano.it/blog/
La casta, come in India è intoccabile, come la Mafia SpA, nell’indifferenza generale degli affezionati elettori.
1. Blog di Beppe Grillo - M5S Senato: Gioco d'azzardo e partiti
http://www.beppegrillo.it/2013/05/m5s_s ... titi.html
o
22/mag/2013 - "Ha destato scalpore la denuncia a Le Iene di un dipendente del Senato ...si chiama VeDrò finanziata anche da due multinazionali, Lottomatica e Sisal, ... da Porsia, titolare della Hbg, una delle più grandi aziende del gioco d'azzardo. .... Da quando è stato approvato il gioco on-line che eliminerebbe tutti ...
1. Grasso: gravissimo parlamentari pagati da lobby, subito legge - Cliqz
http://www.cliqz.com/it.notizie/c/169102.html
o
Dalle anticipazioni giornalistiche in merito al servizio delle Iene su deputati e senatori che, nelle scorse legislature, sarebbero stati pagati da ... Purtroppo la natura di denuncia, anonima nella fonte e nei destinatari, rende difficile ... ROMA – Inviati di multinazionali che,ogni mese, consegnano agli assistenti mazzette ...
Senatori e deputati a libro paga delle multinazionali - PMLI
http://www.pmli.it/ilbolscevicopdf/2013n220606.pdf
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29/mag/2013 - Alle elezioni amministrative parziali del 26 e 27 maggio delegittimati i partiti,... da dell'astensionismo del PMLI per le elezioni amministrative (foto Il ... Lo denuncia uno studio Fisac-CGIL ... AL REFERENDUM DI BOLOGNA CHE COL 59% HA SANCITO IL NO...... tinazionali che ogni mese per ... mazzette?
http://www.google.it/webhp?source=searc ... 92&bih=533
Il fatto viene messo immediatamente a tacere con la collaborazione strettissima dei media nel giro di 24 ore.
Alcuni giornaloni si sono “premurati” di non pubblicare la notizia.
Ecco, il fastidio per il trattamento riservato alla Idem consiste in questo.
Massacro da una parte a chi non fa parte della casta, e silenzio pilotato per chi serve la Mafia SpA.
Due pesi e due misure.
Quanto sta avvenendo ancora una volta questa settimana con il caso di Alma Shalabayeva e della figlioletta di 6 anni,
Stamani mi hanno segnalato l’ottimo editoriale di Massimo Giannini, vice direttore de La Repubblica, ma quando 4 giorni fa il caso era stato ripreso da IFQ di domenica scorsa, mi sono premurato di sfogliare, Il Corriere della Sera, la Repubblica, la Stampa, pagina dopo pagina per verificare il loro apporto alla notizia.
Zero assoluto.
La stampa di regime proteggeva il governo che non sapeva che pesce prendere.
Poi quando la Bonino ha rotto le acque perché non si poteva più fare una figura di emme (queste le sue parole) nei confronti del mondo, il governo ha cominciato ad affrontare il problema nel peggiore dei modi possibili. Tanto per stare in esercizio.
Gli americani hanno un sacco di difetti e la loro tanto sbandierata democrazia è piena di lacune, ma su una cosa bisogna dargli atto, che la libera stampa tenta di mantenere alto il suo compito di Quarto Potere, il cane da guardia del mondo politico.
Qua invece è l’opposto, perché ci son tanti figli di mammà, che tengono famiglia e che potrebbero anche un giorno fare parte della grande famiglia della casta. Sai com’è, cane non mangia cane, altro che Quarto Potere.
Non tutti ovviamente, perché gente con la schiena diritta ci sono stati anche da noi e ci sono ancora, come Montanelli, Biagi, Bocca, Spinelli, De Gregorio, Gabanelli, Sarzanini, Colombo Furio, Padellaro, e quel Travaglio che non piace ad Amà.
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Re: Quale governo ?
INCIUCIAO MERAVIGLIAO - 3
La Stampa 13.7.13
Il cappio espiatorio
di Massimo Gramellini
Riunito in seduta permanente dai tempi del tiramolla indiano sui marò, l’Ufficio Figuracce Internazionali (UFI) sta affrontando in queste ore il delicato caso del ratto delle kazake.
Il problema, naturalmente, non è riportare indietro la moglie del dissidente che l’Italia ha consegnato, insieme con la figlia, al dittatore dello Stato poco libero del Kazakistan, trattandole come clandestine.
Il problema è decidere a chi darne la colpa.
Dai primi accertamenti dell’UFI - citiamo il comunicato ufficiale - «è emerso che l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate né al presidente del consiglio, né al ministro dell’interno e neanche al ministro degli esteri o della giustizia».
Il comunicato non accenna al ministro dei trasporti (le due espulse hanno viaggiato in aereo) né a quello dell’agricoltura (il Kazakistan ha un’importante tradizione di pastorizia), ma anche da una lista così scarna si deduce che non un solo fondoschiena governativo è rimasto allo scoperto.
Escludendo l’ex ministro all’edilizia inconsapevole Scajola e il comandante scogliocentrico Schettino, e considerando momentaneamente esaurite le parentele egizie, l’elenco dei capri espiatori di routine comincia a scarseggiare.
Restano i giudici che hanno esaminato la pratica e il funzionario dell’ufficio immigrazione che ha visionato i passaporti.
Ma non sottovaluterei l’addetto ai bagagli («non poteva non sapere») e la hostess addetta alle salviette.
L’importante è che il capro salti fuori al più presto, affinché intorno al suo collo si possa stringere il cappio mediatico che metterà in salvo tutti gli altri.
Lunga vita al Kazakitalistan.
La Stampa 13.7.13
Il cappio espiatorio
di Massimo Gramellini
Riunito in seduta permanente dai tempi del tiramolla indiano sui marò, l’Ufficio Figuracce Internazionali (UFI) sta affrontando in queste ore il delicato caso del ratto delle kazake.
Il problema, naturalmente, non è riportare indietro la moglie del dissidente che l’Italia ha consegnato, insieme con la figlia, al dittatore dello Stato poco libero del Kazakistan, trattandole come clandestine.
Il problema è decidere a chi darne la colpa.
Dai primi accertamenti dell’UFI - citiamo il comunicato ufficiale - «è emerso che l’esistenza e l’andamento delle procedure di espulsione non erano state comunicate né al presidente del consiglio, né al ministro dell’interno e neanche al ministro degli esteri o della giustizia».
Il comunicato non accenna al ministro dei trasporti (le due espulse hanno viaggiato in aereo) né a quello dell’agricoltura (il Kazakistan ha un’importante tradizione di pastorizia), ma anche da una lista così scarna si deduce che non un solo fondoschiena governativo è rimasto allo scoperto.
Escludendo l’ex ministro all’edilizia inconsapevole Scajola e il comandante scogliocentrico Schettino, e considerando momentaneamente esaurite le parentele egizie, l’elenco dei capri espiatori di routine comincia a scarseggiare.
Restano i giudici che hanno esaminato la pratica e il funzionario dell’ufficio immigrazione che ha visionato i passaporti.
Ma non sottovaluterei l’addetto ai bagagli («non poteva non sapere») e la hostess addetta alle salviette.
L’importante è che il capro salti fuori al più presto, affinché intorno al suo collo si possa stringere il cappio mediatico che metterà in salvo tutti gli altri.
Lunga vita al Kazakitalistan.
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Re: Quale governo ?
INCIUCIAO MERAVIGLIAO - 4
Dopo che il governo dell'Asilo Mariuccia è stato costretto ad ammettere il caso kazako la stampa si è scatenata.
Governo ridicolo: possono tornare.
Come minimo, per rimediare, Enricuccio avrebbe dovuto inviare Al fano in Kazakistan, per riprendersi madre e figlia.
*****
il Fatto 13.7.13
Espulsioni
Burrascoso vertice a Palazzo Chigi con Letta, Alfano, Bonino e Cancellieri
Le hanno consegnate al tiranno
Governo ridicolo: possono tornare
Alma Shalabayeva è agli arresti domiciliari in Kazakistan con la sua bambina
Premier e ministri costretti a riconoscere il grave errore sulla vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako
Scaricano le responsabilità sulla Polizia
Mozioni di M5S e Sel: “Il ministro dell’Interno si dimetta”
Il governo fa retromarcia su Ablyazov. Salva Alfano e scarica sulla polizia
Palazzo Chigi: “Espulsione revocata, la signora può tornare”
Ma è agli arresti in Kazakhistan
di Fabrizio d’Esposito
Il governo Letta si accorge con quaranta giorni di ritardo dello scandalo di Alma Shalabayeva e della figlioletta di 6 anni, consegnate con un blitz al Kazakhstan, e revoca il provvedimento di espulsione scaricando però tutto sulla polizia. La svolta per salvare il ministro dell’Interno Angelino Alfano dopo un vertice a quattro a Palazzo Chigi.
Presenti, oltre Alfano, il premier Letta, la titolare della Farnesina Emma Bonino e la guardasigilli Anna Maria Cancellieri. La versione ufficiale del-l’esecutivo smentisce tensioni e polemiche tra i ministri e mette sotto accusa la Polizia: “Resta grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda, che comunque presentava sin dall’inizio elementi e caratteri non ordinari. Tale aspetto sarà oggetto di apposita indagine affidata dal ministro dell’Interno al capo della Polizia, la fine di accertare responsabilità connesse alla mancata informativa”.
IN PRATICA, il vertice massimo della catena di comando della rendition a Casal Palocco, alla fine di maggio, deve essere individuato tra Questura di Roma e Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Ma non per l’iter seguito. Solo per la mancata informazione. Eppure, nonostante l’iter “corretto”, alla moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov è stata revocata l’espulsione per “circostanze e documentazione sopravvenute”. Troppo debole come spiegazione. La figuraccia del governo, con tanto di retromarcia, si spiega solo con la volontà di salvare Alfano da uno scandalo che giorno dopo giorno sta assumendo proporzioni gigantesche. Ieri il Movimento 5 Stelle e Sel hanno annunciato due mozioni di sfiducia al ministro dell’Interno. Quel blitz talmente anomalo e frettoloso, su pressione dello Stato del dittatore Nazarbayev, caro amico di Silvio Berlusconi, può essere solo colpa della Polizia?
Secondo il comunicato del governo, Alfano passa dal ruolo di inquisito politico a quello di inquisitore nei confronti della Polizia. Chi pagherà adesso? Eppure, al vertice di ieri, i vari ministri sono arrivati sull’onda di feroci divisioni interne. Quando dalla stampa internazionale, lo scandalo Shalabayeva approdò sui nostri quotidiani (non tutti, a dire il vero), il ministro Bonino emise un giudizio netto sulla vicenda, definita “miserabile”.
Lei, a quanto si apprese da fonti diplomatiche, venne informata solo tre giorni dopo. E tutte le responsabilità furono imputate ad Alfano. Anche la Cancellieri sarebbe stata furiosa per alcune forzature di Alfano sul ruolo della magistratura, procura di Roma e procura minorile. Quando poi, mercoledì scorso, molti si aspettavano in aula a Montecitorio lo stesso Alfano per rispondere a un’interrogazione leghista, alla fine è apparso il premier Letta. Una mossa interpretata come un modo per “nascondere” Alfano e salvarlo dallo scandalo. I risultati dell’indagine interna avviata dal premier hanno portato a scaricare tutto sulla Polizia.
LA COLPA: non vennero informati i ministri, in particolare quello dell’Interno. In vari ambienti parlamentari, compreso il Pd, è invece opinione convinta che il principale responsabile di questa vicenda sarebbe Alfano. Nichi Vendola, leader di Sel, ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno: “La nota di Palazzo Chigi, che riconosce gravi e colpevoli mancanze da parte di apparati dello Stato, in qualsiasi altro Paese civile si sarebbe conclusa in ben altro modo: con le dimissioni del ministro dell’Interno. Non ci si può ipocritamente lavare la coscienza con due parolette. Aspettiamo ora dal titolare del Viminale il passo conseguente”. Aggiunge Claudio Fava, sempre di Sel: “La responsabilità politica di questa operazione di polizia, che ha assunto nelle modalità, nei tempi e nella spregiudicatezza tutte le caratteristiche di una extraordinary rendition, ricade adesso sul ministro dell’Interno. Se Alfano sapeva dovrà spiegare in nome e per conto di chi sono stati disposti l’arresto e la consegna della signora Shalabayeva alle autorità kazake, contravvenendo precise norme di legge e di diritto internazionale.
ANCOR PEGGIO se nulla il ministro ha saputo: sarebbe la prova di una sua inaudita inadeguatezza politica”. Ecco invece la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle, che ha come primo firmatario il senatore Giarrusso: “Le violazioni di norme ordinarie e costituzionali che, peraltro, rischiano di compromettere fatalmente la vita di un essere umano, non consentono la permanenza del Ministro del-l’Interno in seno alla compagine governativa”.
Alma Shalabayeva è agli arresti domiciliari in Kazakistan con la sua bambina
Premier e ministri costretti a riconoscere il grave errore sulla vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako
Scaricano le responsabilità sulla Polizia
Mozioni di M5S e Sel: “Il ministro dell’Interno si dimetta”
******
Il governo fa retromarcia su Ablyazov. Salva Alfano e scarica sulla polizia
Palazzo Chigi: “Espulsione revocata, la signora può tornare”
Ma è agli arresti in Kazakhistan
di Fabrizio d’Esposito
Il governo Letta si accorge con quaranta giorni di ritardo dello scandalo di Alma Shalabayeva e della figlioletta di 6 anni, consegnate con un blitz al Kazakhstan, e revoca il provvedimento di espulsione scaricando però tutto sulla polizia. La svolta per salvare il ministro dell’Interno Angelino Alfano dopo un vertice a quattro a Palazzo Chigi. Presenti, oltre Alfano, il premier Letta, la titolare della Farnesina Emma Bonino e la guardasigilli Anna Maria Cancellieri. La versione ufficiale del-l’esecutivo smentisce tensioni e polemiche tra i ministri e mette sotto accusa la Polizia: “Resta grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda, che comunque presentava sin dall’inizio elementi e caratteri non ordinari. Tale aspetto sarà oggetto di apposita indagine affidata dal ministro dell’Interno al capo della Polizia, la fine di accertare responsabilità connesse alla mancata informativa”.
IN PRATICA, il vertice massimo della catena di comando della rendition a Casal Palocco, alla fine di maggio, deve essere individuato tra Questura di Roma e Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Ma non per l’iter seguito. Solo per la mancata informazione. Eppure, nonostante l’iter “corretto”, alla moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov è stata revocata l’espulsione per “circostanze e documentazione sopravvenute”. Troppo debole come spiegazione. La figuraccia del governo, con tanto di retromarcia, si spiega solo con la volontà di salvare Alfano da uno scandalo che giorno dopo giorno sta assumendo proporzioni gigantesche. Ieri il Movimento 5 Stelle e Sel hanno annunciato due mozioni di sfiducia al ministro dell’Interno. Quel blitz talmente anomalo e frettoloso, su pressione dello Stato del dittatore Nazarbayev, caro amico di Silvio Berlusconi, può essere solo colpa della Polizia? Secondo il comunicato del governo, Alfano passa dal ruolo di inquisito politico a quello di inquisitore nei confronti della Polizia. Chi pagherà adesso? Eppure, al vertice di ieri, i vari ministri sono arrivati sull’onda di feroci divisioni interne. Quando dalla stampa internazionale, lo scandalo Shalabayeva approdò sui nostri quotidiani (non tutti, a dire il vero), il ministro Bonino emise un
giudizio netto sulla vicenda, definita “miserabile”. Lei, a quanto si apprese da fonti diplomatiche, venne informata solo tre giorni dopo. E tutte le responsabilità furono imputate ad Alfano. Anche la Cancellieri sarebbe stata furiosa per alcune forzature di Alfano sul ruolo della magistratura, procura di Roma e procura minorile. Quando poi, mercoledì scorso, molti si aspettavano in aula a Montecitorio lo stesso Alfano per rispondere a un’interrogazione leghista, alla fine è apparso il premier Letta. Una mossa interpretata come un modo per “nascondere” Alfano e salvarlo dallo scandalo. I risultati dell’indagine interna avviata dal premier hanno portato a scaricare tutto sulla Polizia.
LA COLPA: non vennero informati i ministri, in particolare quello dell’Interno. In vari ambienti parlamentari, compreso il Pd, è invece opinione convinta che il principale responsabile di questa vicenda sarebbe Alfano. Nichi Vendola, leader di Sel, ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno: “La nota di Palazzo Chigi, che riconosce gravi e colpevoli mancanze da parte di apparati dello Stato, in qualsiasi altro Paese civile si sarebbe conclusa in ben altro modo: con le dimissioni del ministro dell’Interno. Non ci si può ipocritamente lavare la coscienza con due parolette. Aspettiamo ora dal titolare del Viminale il passo conseguente”. Aggiunge Claudio Fava, sempre di Sel: “La responsabilità politica di questa operazione di polizia, che ha assunto nelle modalità, nei tempi e nella spregiudicatezza tutte le caratteristiche di una extraordinary rendition, ricade adesso sul ministro dell’Interno. Se Alfano sapeva dovrà spiegare in nome e per conto di chi sono stati disposti l’arresto e la consegna della signora Shalabayeva alle autorità kazake, contravvenendo precise norme di legge e di diritto internazionale.
ANCOR PEGGIO se nulla il ministro ha saputo: sarebbe la prova di una sua inaudita inadeguatezza politica”. Ecco invece la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle, che ha come primo firmatario il senatore Giarrusso: “Le violazioni di norme ordinarie e costituzionali che, peraltro, rischiano di compromettere fatalmente la vita di un essere umano, non consentono la permanenza del Ministro del-l’Interno in seno alla compagine governativa”.
Dopo che il governo dell'Asilo Mariuccia è stato costretto ad ammettere il caso kazako la stampa si è scatenata.
Governo ridicolo: possono tornare.
Come minimo, per rimediare, Enricuccio avrebbe dovuto inviare Al fano in Kazakistan, per riprendersi madre e figlia.
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il Fatto 13.7.13
Espulsioni
Burrascoso vertice a Palazzo Chigi con Letta, Alfano, Bonino e Cancellieri
Le hanno consegnate al tiranno
Governo ridicolo: possono tornare
Alma Shalabayeva è agli arresti domiciliari in Kazakistan con la sua bambina
Premier e ministri costretti a riconoscere il grave errore sulla vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako
Scaricano le responsabilità sulla Polizia
Mozioni di M5S e Sel: “Il ministro dell’Interno si dimetta”
Il governo fa retromarcia su Ablyazov. Salva Alfano e scarica sulla polizia
Palazzo Chigi: “Espulsione revocata, la signora può tornare”
Ma è agli arresti in Kazakhistan
di Fabrizio d’Esposito
Il governo Letta si accorge con quaranta giorni di ritardo dello scandalo di Alma Shalabayeva e della figlioletta di 6 anni, consegnate con un blitz al Kazakhstan, e revoca il provvedimento di espulsione scaricando però tutto sulla polizia. La svolta per salvare il ministro dell’Interno Angelino Alfano dopo un vertice a quattro a Palazzo Chigi.
Presenti, oltre Alfano, il premier Letta, la titolare della Farnesina Emma Bonino e la guardasigilli Anna Maria Cancellieri. La versione ufficiale del-l’esecutivo smentisce tensioni e polemiche tra i ministri e mette sotto accusa la Polizia: “Resta grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda, che comunque presentava sin dall’inizio elementi e caratteri non ordinari. Tale aspetto sarà oggetto di apposita indagine affidata dal ministro dell’Interno al capo della Polizia, la fine di accertare responsabilità connesse alla mancata informativa”.
IN PRATICA, il vertice massimo della catena di comando della rendition a Casal Palocco, alla fine di maggio, deve essere individuato tra Questura di Roma e Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Ma non per l’iter seguito. Solo per la mancata informazione. Eppure, nonostante l’iter “corretto”, alla moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov è stata revocata l’espulsione per “circostanze e documentazione sopravvenute”. Troppo debole come spiegazione. La figuraccia del governo, con tanto di retromarcia, si spiega solo con la volontà di salvare Alfano da uno scandalo che giorno dopo giorno sta assumendo proporzioni gigantesche. Ieri il Movimento 5 Stelle e Sel hanno annunciato due mozioni di sfiducia al ministro dell’Interno. Quel blitz talmente anomalo e frettoloso, su pressione dello Stato del dittatore Nazarbayev, caro amico di Silvio Berlusconi, può essere solo colpa della Polizia?
Secondo il comunicato del governo, Alfano passa dal ruolo di inquisito politico a quello di inquisitore nei confronti della Polizia. Chi pagherà adesso? Eppure, al vertice di ieri, i vari ministri sono arrivati sull’onda di feroci divisioni interne. Quando dalla stampa internazionale, lo scandalo Shalabayeva approdò sui nostri quotidiani (non tutti, a dire il vero), il ministro Bonino emise un giudizio netto sulla vicenda, definita “miserabile”.
Lei, a quanto si apprese da fonti diplomatiche, venne informata solo tre giorni dopo. E tutte le responsabilità furono imputate ad Alfano. Anche la Cancellieri sarebbe stata furiosa per alcune forzature di Alfano sul ruolo della magistratura, procura di Roma e procura minorile. Quando poi, mercoledì scorso, molti si aspettavano in aula a Montecitorio lo stesso Alfano per rispondere a un’interrogazione leghista, alla fine è apparso il premier Letta. Una mossa interpretata come un modo per “nascondere” Alfano e salvarlo dallo scandalo. I risultati dell’indagine interna avviata dal premier hanno portato a scaricare tutto sulla Polizia.
LA COLPA: non vennero informati i ministri, in particolare quello dell’Interno. In vari ambienti parlamentari, compreso il Pd, è invece opinione convinta che il principale responsabile di questa vicenda sarebbe Alfano. Nichi Vendola, leader di Sel, ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno: “La nota di Palazzo Chigi, che riconosce gravi e colpevoli mancanze da parte di apparati dello Stato, in qualsiasi altro Paese civile si sarebbe conclusa in ben altro modo: con le dimissioni del ministro dell’Interno. Non ci si può ipocritamente lavare la coscienza con due parolette. Aspettiamo ora dal titolare del Viminale il passo conseguente”. Aggiunge Claudio Fava, sempre di Sel: “La responsabilità politica di questa operazione di polizia, che ha assunto nelle modalità, nei tempi e nella spregiudicatezza tutte le caratteristiche di una extraordinary rendition, ricade adesso sul ministro dell’Interno. Se Alfano sapeva dovrà spiegare in nome e per conto di chi sono stati disposti l’arresto e la consegna della signora Shalabayeva alle autorità kazake, contravvenendo precise norme di legge e di diritto internazionale.
ANCOR PEGGIO se nulla il ministro ha saputo: sarebbe la prova di una sua inaudita inadeguatezza politica”. Ecco invece la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle, che ha come primo firmatario il senatore Giarrusso: “Le violazioni di norme ordinarie e costituzionali che, peraltro, rischiano di compromettere fatalmente la vita di un essere umano, non consentono la permanenza del Ministro del-l’Interno in seno alla compagine governativa”.
Alma Shalabayeva è agli arresti domiciliari in Kazakistan con la sua bambina
Premier e ministri costretti a riconoscere il grave errore sulla vicenda della moglie e della figlia del dissidente kazako
Scaricano le responsabilità sulla Polizia
Mozioni di M5S e Sel: “Il ministro dell’Interno si dimetta”
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Il governo fa retromarcia su Ablyazov. Salva Alfano e scarica sulla polizia
Palazzo Chigi: “Espulsione revocata, la signora può tornare”
Ma è agli arresti in Kazakhistan
di Fabrizio d’Esposito
Il governo Letta si accorge con quaranta giorni di ritardo dello scandalo di Alma Shalabayeva e della figlioletta di 6 anni, consegnate con un blitz al Kazakhstan, e revoca il provvedimento di espulsione scaricando però tutto sulla polizia. La svolta per salvare il ministro dell’Interno Angelino Alfano dopo un vertice a quattro a Palazzo Chigi. Presenti, oltre Alfano, il premier Letta, la titolare della Farnesina Emma Bonino e la guardasigilli Anna Maria Cancellieri. La versione ufficiale del-l’esecutivo smentisce tensioni e polemiche tra i ministri e mette sotto accusa la Polizia: “Resta grave la mancata informativa al governo sull’intera vicenda, che comunque presentava sin dall’inizio elementi e caratteri non ordinari. Tale aspetto sarà oggetto di apposita indagine affidata dal ministro dell’Interno al capo della Polizia, la fine di accertare responsabilità connesse alla mancata informativa”.
IN PRATICA, il vertice massimo della catena di comando della rendition a Casal Palocco, alla fine di maggio, deve essere individuato tra Questura di Roma e Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Ma non per l’iter seguito. Solo per la mancata informazione. Eppure, nonostante l’iter “corretto”, alla moglie del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov è stata revocata l’espulsione per “circostanze e documentazione sopravvenute”. Troppo debole come spiegazione. La figuraccia del governo, con tanto di retromarcia, si spiega solo con la volontà di salvare Alfano da uno scandalo che giorno dopo giorno sta assumendo proporzioni gigantesche. Ieri il Movimento 5 Stelle e Sel hanno annunciato due mozioni di sfiducia al ministro dell’Interno. Quel blitz talmente anomalo e frettoloso, su pressione dello Stato del dittatore Nazarbayev, caro amico di Silvio Berlusconi, può essere solo colpa della Polizia? Secondo il comunicato del governo, Alfano passa dal ruolo di inquisito politico a quello di inquisitore nei confronti della Polizia. Chi pagherà adesso? Eppure, al vertice di ieri, i vari ministri sono arrivati sull’onda di feroci divisioni interne. Quando dalla stampa internazionale, lo scandalo Shalabayeva approdò sui nostri quotidiani (non tutti, a dire il vero), il ministro Bonino emise un
giudizio netto sulla vicenda, definita “miserabile”. Lei, a quanto si apprese da fonti diplomatiche, venne informata solo tre giorni dopo. E tutte le responsabilità furono imputate ad Alfano. Anche la Cancellieri sarebbe stata furiosa per alcune forzature di Alfano sul ruolo della magistratura, procura di Roma e procura minorile. Quando poi, mercoledì scorso, molti si aspettavano in aula a Montecitorio lo stesso Alfano per rispondere a un’interrogazione leghista, alla fine è apparso il premier Letta. Una mossa interpretata come un modo per “nascondere” Alfano e salvarlo dallo scandalo. I risultati dell’indagine interna avviata dal premier hanno portato a scaricare tutto sulla Polizia.
LA COLPA: non vennero informati i ministri, in particolare quello dell’Interno. In vari ambienti parlamentari, compreso il Pd, è invece opinione convinta che il principale responsabile di questa vicenda sarebbe Alfano. Nichi Vendola, leader di Sel, ha chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno: “La nota di Palazzo Chigi, che riconosce gravi e colpevoli mancanze da parte di apparati dello Stato, in qualsiasi altro Paese civile si sarebbe conclusa in ben altro modo: con le dimissioni del ministro dell’Interno. Non ci si può ipocritamente lavare la coscienza con due parolette. Aspettiamo ora dal titolare del Viminale il passo conseguente”. Aggiunge Claudio Fava, sempre di Sel: “La responsabilità politica di questa operazione di polizia, che ha assunto nelle modalità, nei tempi e nella spregiudicatezza tutte le caratteristiche di una extraordinary rendition, ricade adesso sul ministro dell’Interno. Se Alfano sapeva dovrà spiegare in nome e per conto di chi sono stati disposti l’arresto e la consegna della signora Shalabayeva alle autorità kazake, contravvenendo precise norme di legge e di diritto internazionale.
ANCOR PEGGIO se nulla il ministro ha saputo: sarebbe la prova di una sua inaudita inadeguatezza politica”. Ecco invece la mozione di sfiducia del Movimento 5 Stelle, che ha come primo firmatario il senatore Giarrusso: “Le violazioni di norme ordinarie e costituzionali che, peraltro, rischiano di compromettere fatalmente la vita di un essere umano, non consentono la permanenza del Ministro del-l’Interno in seno alla compagine governativa”.
Ultima modifica di camillobenso il 13/07/2013, 21:04, modificato 1 volta in totale.
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Re: Quale governo ?
INCIUCIAO MERAVIGLIAO - 5
Il Viminale, le telefonate e i fax: tutte le ombre del sequestro
(Davide Vecchi).
13/07/2013 di triskel182
Dopo un mese di silenzio l’esecutivo è stato costretto a intervenire. E nel giorno in cui la politica decide che il responsabile è Angelino Alfano, emergono nuovi particolari dagli atti sulla scrivania del magistrato titolare dell’indagine, Giuseppe Albamonte. E inizia il balletto della responsabilità fra gli attori di questa ancora intricata vicenda. A cominciare dal governo, che demanda tutte le responsabilità alla polizia.
L’AMBASCIATORE
Ma il primo ad aver omesso di informare il governo è stato il ministro dell’Interno che riceve numerose telefonate dall’ambasciata del Kazakistan nei giorni tra il 20 e il 26 maggio: il dissidente Mukhtar Ablyazov era a Roma e il regime di Astana pretendeva fosse fermato in forza di un mandato di cattura internazionale emesso proprio dal Kazakistan. Il vicepremier si attiva spontaneamente per fare una cortesia a Nazarbayev, caro e vecchio amico di Silvio Berlusconi? O esegue indicazioni che riceve a sua volta da altri? L’indagine interna avviata da Enrico Letta ha appena preso avvio. Il Copasir è stato coinvolto solamente due giorni fa. Ma c’è già la certezza che Alfano preferisce agire senza coordinarsi con il ministro degli Esteri né con quello della Giustizia, come invece avrebbe dovuto. E non fornisce alcuna comunicazione a Palazzo Chigi.
LA DIGOS E IL PM
Una cosa è certa: la Questura riceve l’incarico di catturare Ablyazov, del resto anche l’Interpol conferma la sua presenza in Italia. Gli uomini della Digos, guidati da Lamberto Giannini, lo individuano all’Eur. Lo filmano, fotografano, seguono e arrivano così fino alla villa di Casal Palocco dove vive la moglie, la figlia e la famiglia della cognata in visita. Sei persone in tutto. La notte tra il 28 e il 29 maggio scatta il blitz. Un’operazione degna di un latitante alla Matteo Messina Denaro. Ma Ablyazov non c’è. Prendono il cognato del dissidente e lo conducono al Cie di Ponte Galeria , insieme alla moglie di Ablyavoz. La figlia Alua, di 6 anni, viene temporaneamente affidata alla zia che rimane nella villa di Casal Palocco. La partita a questo punto passa in mano all’ufficio immigrazione della Questura, guidato da Maurizio Improta, che si fa carico in particolare della donna: i primi accertamenti dimostrato che il passaporto centraficano mostrato da Alma è falso, ha anche vistosi errori e manca il visto. Inoltre risulta sia entrata illegalmente in Italia. Viene schedata come clandestina ed è avviata la procedura per il rimpatrio. Il prefetto firma il decreto di espulsione e la procura , guidata da Giuseppe Pignatone, dispone il nulla osta. Eppure il 30 maggio, giorno prima del rimpatrio di Alma Shalabayeva in Kazakistan, all’ufficio del Procuratore Capo vengono inviati via fax dalle ambasciate di Bruxelles e Ginevra i documenti che attestano la vera identità di Alma come consorte del rifugiato politico in Gran Bretagna Ablyazov. Eppure il nulla osta viene dato. E quando i legali della donna il giorno successivo tentano di farla interrogare, alla richiesta del pm titolare del fascicolo, Eugenio Albamonte, l’ufficio immigrazione risponde che sarebbe inutile: “Ormai è accertato che il documento è contraffatto”. Così la donna viene consegnata nelle mani dell’ambasciatore del Kazakistan Yerzhan Yessirkepov e spedita, con la figlia, ad Astana, a bordo di un jet privato noleggiato dal regime kazako in Austria al mattino. È il 31 maggio. Alma atterra nell’unico luogo che ha tentato sin da subito di evitare. Ha mostrato i documenti del Centrafrica. Ha tentato di accreditarsi come console onorario del Burundi mostrando un passaporto diplomatico. Si è affidata agli avvocati del Cir, nel tentativo di dimostrare che lei non era una clandestina qualsiasi ma la moglie dell’oppositore al regime di Nursultan Nazarbayev. Ed è su questo punto che si gioca l’inchiesta interna per comprendere a pieno le singole responsabilità.
L’UFFICIO IMMIGRAZIONE
Gli uomini dell’ufficio immigrazione, infatti, a quanto si apprende, sostengono di non aver mai saputo che si trattava della moglie di un dissidente e soprattutto ignoravano che mettendola su quell’aereo l’avrebbero consegnata al nemico. Più semplicemente l’hanno trattata come una clandestina qualunque che doveva essere rimpatriata. Per quanto rimanga ancora un mistero come possa sembrare normale il rimpatrio di un clandestino in appena 48 ore e a bordo di un aereo privato. Gli interrogativi sono ancora molti. E il premier Letta ha garantito, rispondendo al question time a Montecitorio, che non saranno ammesse ombre. Quindi l’inchiesta interna mira a individuare i veri responsabili di questo rapimento di Stato. E già il Copasir sta verificando se c’è stato un qualche coinvolgimento da parte dei servizi segreti, quell’Aisi guidata dal generale Arturo Esposito.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/07/2013.
Il Viminale, le telefonate e i fax: tutte le ombre del sequestro
(Davide Vecchi).
13/07/2013 di triskel182
Dopo un mese di silenzio l’esecutivo è stato costretto a intervenire. E nel giorno in cui la politica decide che il responsabile è Angelino Alfano, emergono nuovi particolari dagli atti sulla scrivania del magistrato titolare dell’indagine, Giuseppe Albamonte. E inizia il balletto della responsabilità fra gli attori di questa ancora intricata vicenda. A cominciare dal governo, che demanda tutte le responsabilità alla polizia.
L’AMBASCIATORE
Ma il primo ad aver omesso di informare il governo è stato il ministro dell’Interno che riceve numerose telefonate dall’ambasciata del Kazakistan nei giorni tra il 20 e il 26 maggio: il dissidente Mukhtar Ablyazov era a Roma e il regime di Astana pretendeva fosse fermato in forza di un mandato di cattura internazionale emesso proprio dal Kazakistan. Il vicepremier si attiva spontaneamente per fare una cortesia a Nazarbayev, caro e vecchio amico di Silvio Berlusconi? O esegue indicazioni che riceve a sua volta da altri? L’indagine interna avviata da Enrico Letta ha appena preso avvio. Il Copasir è stato coinvolto solamente due giorni fa. Ma c’è già la certezza che Alfano preferisce agire senza coordinarsi con il ministro degli Esteri né con quello della Giustizia, come invece avrebbe dovuto. E non fornisce alcuna comunicazione a Palazzo Chigi.
LA DIGOS E IL PM
Una cosa è certa: la Questura riceve l’incarico di catturare Ablyazov, del resto anche l’Interpol conferma la sua presenza in Italia. Gli uomini della Digos, guidati da Lamberto Giannini, lo individuano all’Eur. Lo filmano, fotografano, seguono e arrivano così fino alla villa di Casal Palocco dove vive la moglie, la figlia e la famiglia della cognata in visita. Sei persone in tutto. La notte tra il 28 e il 29 maggio scatta il blitz. Un’operazione degna di un latitante alla Matteo Messina Denaro. Ma Ablyazov non c’è. Prendono il cognato del dissidente e lo conducono al Cie di Ponte Galeria , insieme alla moglie di Ablyavoz. La figlia Alua, di 6 anni, viene temporaneamente affidata alla zia che rimane nella villa di Casal Palocco. La partita a questo punto passa in mano all’ufficio immigrazione della Questura, guidato da Maurizio Improta, che si fa carico in particolare della donna: i primi accertamenti dimostrato che il passaporto centraficano mostrato da Alma è falso, ha anche vistosi errori e manca il visto. Inoltre risulta sia entrata illegalmente in Italia. Viene schedata come clandestina ed è avviata la procedura per il rimpatrio. Il prefetto firma il decreto di espulsione e la procura , guidata da Giuseppe Pignatone, dispone il nulla osta. Eppure il 30 maggio, giorno prima del rimpatrio di Alma Shalabayeva in Kazakistan, all’ufficio del Procuratore Capo vengono inviati via fax dalle ambasciate di Bruxelles e Ginevra i documenti che attestano la vera identità di Alma come consorte del rifugiato politico in Gran Bretagna Ablyazov. Eppure il nulla osta viene dato. E quando i legali della donna il giorno successivo tentano di farla interrogare, alla richiesta del pm titolare del fascicolo, Eugenio Albamonte, l’ufficio immigrazione risponde che sarebbe inutile: “Ormai è accertato che il documento è contraffatto”. Così la donna viene consegnata nelle mani dell’ambasciatore del Kazakistan Yerzhan Yessirkepov e spedita, con la figlia, ad Astana, a bordo di un jet privato noleggiato dal regime kazako in Austria al mattino. È il 31 maggio. Alma atterra nell’unico luogo che ha tentato sin da subito di evitare. Ha mostrato i documenti del Centrafrica. Ha tentato di accreditarsi come console onorario del Burundi mostrando un passaporto diplomatico. Si è affidata agli avvocati del Cir, nel tentativo di dimostrare che lei non era una clandestina qualsiasi ma la moglie dell’oppositore al regime di Nursultan Nazarbayev. Ed è su questo punto che si gioca l’inchiesta interna per comprendere a pieno le singole responsabilità.
L’UFFICIO IMMIGRAZIONE
Gli uomini dell’ufficio immigrazione, infatti, a quanto si apprende, sostengono di non aver mai saputo che si trattava della moglie di un dissidente e soprattutto ignoravano che mettendola su quell’aereo l’avrebbero consegnata al nemico. Più semplicemente l’hanno trattata come una clandestina qualunque che doveva essere rimpatriata. Per quanto rimanga ancora un mistero come possa sembrare normale il rimpatrio di un clandestino in appena 48 ore e a bordo di un aereo privato. Gli interrogativi sono ancora molti. E il premier Letta ha garantito, rispondendo al question time a Montecitorio, che non saranno ammesse ombre. Quindi l’inchiesta interna mira a individuare i veri responsabili di questo rapimento di Stato. E già il Copasir sta verificando se c’è stato un qualche coinvolgimento da parte dei servizi segreti, quell’Aisi guidata dal generale Arturo Esposito.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/07/2013.
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Re: Quale governo ?
INCIUCIAO MERAVIGLIAO - 6
Questo articolo però Giannini lo poteva scrivere 4 giorni fa invece di partecipare al silenzio omertoso.
Un atto di viltà
di MASSIMO GIANNINI
C'è uno scandalo politico da illuminare, nella linea d'ombra che attraversa gli Stati e gli apparati, la diplomazia e la burocrazia, i diritti e gli affari.
Solo in Italia può succedere che cittadini stranieri, ma domiciliati qui, possano essere "sequestrati" in gran segreto dalle autorità di sicurezza e rispediti nel Paese di provenienza, dove si pratica abitualmente la tortura.
Solo in Italia può accadere che questi cittadini siano rispettivamente la moglie e la figlia minorenne di un noto dissidente del Kazakistan, rimpatriati a forza con il pretesto di un passaporto falso per fare un "favore" a un premier "amico" come Nazarbayev, con il quale si fa business ma del quale si parla come di un dittatore violento e senza scrupoli.
Solo in Italia può avvenire che un simile strappo alle regole dei codici nazionali e internazionali sia scaricato, tutto intero, sulle spalle dei funzionari della pubblica amministrazione, mentre i ministri del governo della Repubblica si lavano serenamente le mani e le coscienze.
Perché questo è, alla fine, il comunicato con il quale Palazzo Chigi prova a chiudere l'oscuro caso Ablyazov-Shalabayeva: un atto di viltà politica e di inciviltà giuridica, che invece di ridimensionare lo scandalo, lo ingigantisce.
Il testo, redatto alla fine di un vertice tra il presidente del consiglio Letta e i ministri Alfano, Bonino e Cancellieri, è un concentrato di buone intenzioni e di clamorose contraddizioni.
Chiarisce che le procedure che hanno portato all'espulsione di Alma Shalabayeva e della sua figlioletta di sei anni sono state assolutamente regolari sul piano formale.
Trasferisce sulla Questura di Roma e sulla Digos la colpa "grave" di non aver comunicato ai vertici del governo e ai ministri competenti "l'esistenza e l'andamento delle procedure di espulsione".
Riconosce l'errore, revoca il provvedimento e si premura di verificare "le condizioni di soggiorno della donna" ora detenuta nella capitale kazaka, auspicando che possa al più presto "rientrare in Italia per chiarire la propria posizione".
Il cortocircuito è evidente: si prova a coprire questa vergognosa "rendition all'amatriciana", ma di fatto si sconfessa senza ammetterlo l'operato di Alfano, che ne aveva negato l'esistenza.
Sommerso dalle critiche internazionali e dalle polemiche interne, l'esecutivo prova a dire l'indicibile all'opinione pubblica: di questa vicenda non sapevamo niente, ha fatto tutto la polizia senza avvertirci, ma ha fatto tutto secondo le regole, e nonostante questo ci rimangiamo l'espulsione.
Un capolavoro di ipocrisia pilatesca, che non regge alla prova dei fatti e meno che mai a quella dei misfatti.
Basta ricapitolarli, e incrociarli con le spiegazioni farfugliate in queste settimane dai ministri, per rendersi conto che la linea difensiva non tiene.
Le domande senza risposta sono tante, troppe, per non chiamare in causa direttamente il vicepremier e responsabile del Viminale Angelino Alfano, e in subordine le "colleghe" Bonino e Cancellieri.
Come si può credere che la Digos organizzi di propria iniziativa un blitz imponente, che nella notte tra il 28 e 29 maggio impegna non meno di 50 uomini, per arrestare Muktar Ablyazov, "pericoloso" oppositore del regime kazako di Nursultan Nazarbayev, inseguito da "quattro ordini di cattura internazionale" (in realtà ne risulta uno solo)?
Come si può credere che la Questura di Roma e poi il prefetto decidano di propria iniziativa il decreto di espulsione a carico della moglie del dissidente Alma, per poi trasferirla insieme alla figlia Alua al centro di accoglienza e infine imbarcarla su un aereo per il Kazakistan con il pretesto di un passaporto della Repubblica centrafricana falso (che in realtà si rivelerà autentico)?
Pensare che un affare di questa portata politica, che va palesemente al di là della dimensione della pubblica sicurezza, possa esser stato gestito in totale autonomia dal capo della Digos Lamberto Giannini e dal dirigente dell'ufficio Immigrazione Maurizio Improta, è un'offesa al buonsenso e alla dignità delle istituzioni.
Eppure è quello che si legge ora nel comunicato di Palazzo Chigi.
I fatti si sono svolti ormai quasi un mese e mezzo fa.
Da allora, i ministri coinvolti hanno taciuto, e manzonianamente troncato e sopito.
Dov'era Alfano, mentre per ragioni ignote si rispedivano nelle mani di un governo accusato da Amnesty International di "uso regolare della tortura e dei maltrattamenti" le familiari di un dissidente che vive tuttora in esilio a Londra?
Dov'era Alfano, mentre l'ambasciatore kazako Andrian Yelemessov tempestava il Viminale di telefonate, per sollecitare l'operazione di polizia poi conclusa con l'arresto di Alma e Alua?
Dov'era la Bonino, giustamente sempre così attenta ai diritti umani, mentre un aereo messo a disposizione dalla stessa ambasciata kazaka imbarcava madre e figlia a Ciampino, per ricacciarle nell'inferno di Astana?
Dov'era la Bonino, mentre il Financial Times e i giornali internazionali denunciavano su tutte le prime pagine lo scandalo di una doppia "deportazione" che viola apertamente la Convenzione del 1951 sui rifugiati politici?
A queste domande non c'è risposta, se non l'omertoso comunicato ufficiale.
I ministri coinvolti non sentano il dovere di assumersi uno straccio di responsabilità.
"Non sapevamo", dicono, mentendo e ignorando che in politica esiste sempre e comunque una responsabilità oggettiva, e che la politica impone sempre e comunque doveri precisi connessi alla funzione.
Non sentono il dovere di rendere conto, e di spiegare chi e perché ha esercitato pressioni, e chi a quelle pressioni ha ceduto, in una notte della Repubblica che ricorda alla lontana un'altra notte del 2010, alla Questura di Milano, quando un presidente del Consiglio chiedeva per telefono ai funzionari presenti di rilasciare una ragazza perché era "nipote di Mubarak".
Chi ha telefonato a chi, questa volta?
E con quale altra ridicola scusa di "parentela eccellente" ha trasformato un'operazione di polizia contro un rifugiato politico in un gesto di cortesia a favore di un despota asiatico ricchissimo di gas e petrolio, a suo tempo in amicizia con il Berlusconi premier e tuttora in affari con il Berlusconi imprenditore?
Altrove, per molto meno, saltano teste e poltrone. In Italia, com'è evidente, non funziona così.
Sul piano etico, il minimo che si può chiedere è che a quella madre e a quella figlia, purtroppo cacciate con il fattivo contributo delle nostre autorità, sia restituito il diritto di tornare nel Paese in cui avevano deciso di vivere.
Sul piano politico, il massimo che si deve pretendere è che chi ha sbagliato, chi ha mentito, o anche solo chi ha taciuto, ne risponda di fronte all'Italia e agli italiani.
m. gianninirepubblica. it
Questo articolo però Giannini lo poteva scrivere 4 giorni fa invece di partecipare al silenzio omertoso.
Un atto di viltà
di MASSIMO GIANNINI
C'è uno scandalo politico da illuminare, nella linea d'ombra che attraversa gli Stati e gli apparati, la diplomazia e la burocrazia, i diritti e gli affari.
Solo in Italia può succedere che cittadini stranieri, ma domiciliati qui, possano essere "sequestrati" in gran segreto dalle autorità di sicurezza e rispediti nel Paese di provenienza, dove si pratica abitualmente la tortura.
Solo in Italia può accadere che questi cittadini siano rispettivamente la moglie e la figlia minorenne di un noto dissidente del Kazakistan, rimpatriati a forza con il pretesto di un passaporto falso per fare un "favore" a un premier "amico" come Nazarbayev, con il quale si fa business ma del quale si parla come di un dittatore violento e senza scrupoli.
Solo in Italia può avvenire che un simile strappo alle regole dei codici nazionali e internazionali sia scaricato, tutto intero, sulle spalle dei funzionari della pubblica amministrazione, mentre i ministri del governo della Repubblica si lavano serenamente le mani e le coscienze.
Perché questo è, alla fine, il comunicato con il quale Palazzo Chigi prova a chiudere l'oscuro caso Ablyazov-Shalabayeva: un atto di viltà politica e di inciviltà giuridica, che invece di ridimensionare lo scandalo, lo ingigantisce.
Il testo, redatto alla fine di un vertice tra il presidente del consiglio Letta e i ministri Alfano, Bonino e Cancellieri, è un concentrato di buone intenzioni e di clamorose contraddizioni.
Chiarisce che le procedure che hanno portato all'espulsione di Alma Shalabayeva e della sua figlioletta di sei anni sono state assolutamente regolari sul piano formale.
Trasferisce sulla Questura di Roma e sulla Digos la colpa "grave" di non aver comunicato ai vertici del governo e ai ministri competenti "l'esistenza e l'andamento delle procedure di espulsione".
Riconosce l'errore, revoca il provvedimento e si premura di verificare "le condizioni di soggiorno della donna" ora detenuta nella capitale kazaka, auspicando che possa al più presto "rientrare in Italia per chiarire la propria posizione".
Il cortocircuito è evidente: si prova a coprire questa vergognosa "rendition all'amatriciana", ma di fatto si sconfessa senza ammetterlo l'operato di Alfano, che ne aveva negato l'esistenza.
Sommerso dalle critiche internazionali e dalle polemiche interne, l'esecutivo prova a dire l'indicibile all'opinione pubblica: di questa vicenda non sapevamo niente, ha fatto tutto la polizia senza avvertirci, ma ha fatto tutto secondo le regole, e nonostante questo ci rimangiamo l'espulsione.
Un capolavoro di ipocrisia pilatesca, che non regge alla prova dei fatti e meno che mai a quella dei misfatti.
Basta ricapitolarli, e incrociarli con le spiegazioni farfugliate in queste settimane dai ministri, per rendersi conto che la linea difensiva non tiene.
Le domande senza risposta sono tante, troppe, per non chiamare in causa direttamente il vicepremier e responsabile del Viminale Angelino Alfano, e in subordine le "colleghe" Bonino e Cancellieri.
Come si può credere che la Digos organizzi di propria iniziativa un blitz imponente, che nella notte tra il 28 e 29 maggio impegna non meno di 50 uomini, per arrestare Muktar Ablyazov, "pericoloso" oppositore del regime kazako di Nursultan Nazarbayev, inseguito da "quattro ordini di cattura internazionale" (in realtà ne risulta uno solo)?
Come si può credere che la Questura di Roma e poi il prefetto decidano di propria iniziativa il decreto di espulsione a carico della moglie del dissidente Alma, per poi trasferirla insieme alla figlia Alua al centro di accoglienza e infine imbarcarla su un aereo per il Kazakistan con il pretesto di un passaporto della Repubblica centrafricana falso (che in realtà si rivelerà autentico)?
Pensare che un affare di questa portata politica, che va palesemente al di là della dimensione della pubblica sicurezza, possa esser stato gestito in totale autonomia dal capo della Digos Lamberto Giannini e dal dirigente dell'ufficio Immigrazione Maurizio Improta, è un'offesa al buonsenso e alla dignità delle istituzioni.
Eppure è quello che si legge ora nel comunicato di Palazzo Chigi.
I fatti si sono svolti ormai quasi un mese e mezzo fa.
Da allora, i ministri coinvolti hanno taciuto, e manzonianamente troncato e sopito.
Dov'era Alfano, mentre per ragioni ignote si rispedivano nelle mani di un governo accusato da Amnesty International di "uso regolare della tortura e dei maltrattamenti" le familiari di un dissidente che vive tuttora in esilio a Londra?
Dov'era Alfano, mentre l'ambasciatore kazako Andrian Yelemessov tempestava il Viminale di telefonate, per sollecitare l'operazione di polizia poi conclusa con l'arresto di Alma e Alua?
Dov'era la Bonino, giustamente sempre così attenta ai diritti umani, mentre un aereo messo a disposizione dalla stessa ambasciata kazaka imbarcava madre e figlia a Ciampino, per ricacciarle nell'inferno di Astana?
Dov'era la Bonino, mentre il Financial Times e i giornali internazionali denunciavano su tutte le prime pagine lo scandalo di una doppia "deportazione" che viola apertamente la Convenzione del 1951 sui rifugiati politici?
A queste domande non c'è risposta, se non l'omertoso comunicato ufficiale.
I ministri coinvolti non sentano il dovere di assumersi uno straccio di responsabilità.
"Non sapevamo", dicono, mentendo e ignorando che in politica esiste sempre e comunque una responsabilità oggettiva, e che la politica impone sempre e comunque doveri precisi connessi alla funzione.
Non sentono il dovere di rendere conto, e di spiegare chi e perché ha esercitato pressioni, e chi a quelle pressioni ha ceduto, in una notte della Repubblica che ricorda alla lontana un'altra notte del 2010, alla Questura di Milano, quando un presidente del Consiglio chiedeva per telefono ai funzionari presenti di rilasciare una ragazza perché era "nipote di Mubarak".
Chi ha telefonato a chi, questa volta?
E con quale altra ridicola scusa di "parentela eccellente" ha trasformato un'operazione di polizia contro un rifugiato politico in un gesto di cortesia a favore di un despota asiatico ricchissimo di gas e petrolio, a suo tempo in amicizia con il Berlusconi premier e tuttora in affari con il Berlusconi imprenditore?
Altrove, per molto meno, saltano teste e poltrone. In Italia, com'è evidente, non funziona così.
Sul piano etico, il minimo che si può chiedere è che a quella madre e a quella figlia, purtroppo cacciate con il fattivo contributo delle nostre autorità, sia restituito il diritto di tornare nel Paese in cui avevano deciso di vivere.
Sul piano politico, il massimo che si deve pretendere è che chi ha sbagliato, chi ha mentito, o anche solo chi ha taciuto, ne risponda di fronte all'Italia e agli italiani.
m. gianninirepubblica. it
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Re: Quale governo ?
SMS - 1
Per Amà
Circa una sessantina di giorni fa, in risposta a qualcosa che avevo scritto, hai precisato che alla fine, pur di non avere tra i piedi il Caimano, ci si poteva accontentare anche della Democrazia cristiana.
L'articolo di Massimo Giannini, presente nel post precedente, offre l'occasione per chiarire perché sarebbe preferibile che quella Democrazia cristiana non torni mai più.
La melma della Morta Gora ha affondato la prima Repubblica e in concorso con il Caimano, la rinascente Dc ha affondato anche la seconda Repubblica e affonderà tutto quanto incontra sulla sua strada.
L'altro venerdì, Rotondi, ha precisato che questo è un monocolore democristiano guidato da Arnaldo Forlani Alfano e da Andreotti Letta.
Questi sono i risultati.
Scrive tra l'altro Massimo Giannini:
Perché questo è, alla fine, il comunicato con il quale Palazzo Chigi prova a chiudere l'oscuro caso Ablyazov-Shalabayeva: un atto di viltà politica e di inciviltà giuridica, che invece di ridimensionare lo scandalo, lo ingigantisce.
La domanda sorge spontanea:
Perché si deve sempre cadere dalla padella alla brace?
Per Amà
Circa una sessantina di giorni fa, in risposta a qualcosa che avevo scritto, hai precisato che alla fine, pur di non avere tra i piedi il Caimano, ci si poteva accontentare anche della Democrazia cristiana.
L'articolo di Massimo Giannini, presente nel post precedente, offre l'occasione per chiarire perché sarebbe preferibile che quella Democrazia cristiana non torni mai più.
La melma della Morta Gora ha affondato la prima Repubblica e in concorso con il Caimano, la rinascente Dc ha affondato anche la seconda Repubblica e affonderà tutto quanto incontra sulla sua strada.
L'altro venerdì, Rotondi, ha precisato che questo è un monocolore democristiano guidato da Arnaldo Forlani Alfano e da Andreotti Letta.
Questi sono i risultati.
Scrive tra l'altro Massimo Giannini:
Perché questo è, alla fine, il comunicato con il quale Palazzo Chigi prova a chiudere l'oscuro caso Ablyazov-Shalabayeva: un atto di viltà politica e di inciviltà giuridica, che invece di ridimensionare lo scandalo, lo ingigantisce.
La domanda sorge spontanea:
Perché si deve sempre cadere dalla padella alla brace?
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Re: Quale governo ?
Un governo serio avrebbe gia sostituito parecchie cariche e ministri ma siccome di serio non c'e' un ca..o allora si puo' accettare tutto.camillobenso ha scritto:INCIUCIAO MERAVIGLIAO - 5
Il Viminale, le telefonate e i fax: tutte le ombre del sequestro
(Davide Vecchi).
13/07/2013 di triskel182
Dopo un mese di silenzio l’esecutivo è stato costretto a intervenire. E nel giorno in cui la politica decide che il responsabile è Angelino Alfano, emergono nuovi particolari dagli atti sulla scrivania del magistrato titolare dell’indagine, Giuseppe Albamonte. E inizia il balletto della responsabilità fra gli attori di questa ancora intricata vicenda. A cominciare dal governo, che demanda tutte le responsabilità alla polizia.
L’AMBASCIATORE
Ma il primo ad aver omesso di informare il governo è stato il ministro dell’Interno che riceve numerose telefonate dall’ambasciata del Kazakistan nei giorni tra il 20 e il 26 maggio: il dissidente Mukhtar Ablyazov era a Roma e il regime di Astana pretendeva fosse fermato in forza di un mandato di cattura internazionale emesso proprio dal Kazakistan. Il vicepremier si attiva spontaneamente per fare una cortesia a Nazarbayev, caro e vecchio amico di Silvio Berlusconi? O esegue indicazioni che riceve a sua volta da altri? L’indagine interna avviata da Enrico Letta ha appena preso avvio. Il Copasir è stato coinvolto solamente due giorni fa. Ma c’è già la certezza che Alfano preferisce agire senza coordinarsi con il ministro degli Esteri né con quello della Giustizia, come invece avrebbe dovuto. E non fornisce alcuna comunicazione a Palazzo Chigi.
LA DIGOS E IL PM
Una cosa è certa: la Questura riceve l’incarico di catturare Ablyazov, del resto anche l’Interpol conferma la sua presenza in Italia. Gli uomini della Digos, guidati da Lamberto Giannini, lo individuano all’Eur. Lo filmano, fotografano, seguono e arrivano così fino alla villa di Casal Palocco dove vive la moglie, la figlia e la famiglia della cognata in visita. Sei persone in tutto. La notte tra il 28 e il 29 maggio scatta il blitz. Un’operazione degna di un latitante alla Matteo Messina Denaro. Ma Ablyazov non c’è. Prendono il cognato del dissidente e lo conducono al Cie di Ponte Galeria , insieme alla moglie di Ablyavoz. La figlia Alua, di 6 anni, viene temporaneamente affidata alla zia che rimane nella villa di Casal Palocco. La partita a questo punto passa in mano all’ufficio immigrazione della Questura, guidato da Maurizio Improta, che si fa carico in particolare della donna: i primi accertamenti dimostrato che il passaporto centraficano mostrato da Alma è falso, ha anche vistosi errori e manca il visto. Inoltre risulta sia entrata illegalmente in Italia. Viene schedata come clandestina ed è avviata la procedura per il rimpatrio. Il prefetto firma il decreto di espulsione e la procura , guidata da Giuseppe Pignatone, dispone il nulla osta. Eppure il 30 maggio, giorno prima del rimpatrio di Alma Shalabayeva in Kazakistan, all’ufficio del Procuratore Capo vengono inviati via fax dalle ambasciate di Bruxelles e Ginevra i documenti che attestano la vera identità di Alma come consorte del rifugiato politico in Gran Bretagna Ablyazov. Eppure il nulla osta viene dato. E quando i legali della donna il giorno successivo tentano di farla interrogare, alla richiesta del pm titolare del fascicolo, Eugenio Albamonte, l’ufficio immigrazione risponde che sarebbe inutile: “Ormai è accertato che il documento è contraffatto”. Così la donna viene consegnata nelle mani dell’ambasciatore del Kazakistan Yerzhan Yessirkepov e spedita, con la figlia, ad Astana, a bordo di un jet privato noleggiato dal regime kazako in Austria al mattino. È il 31 maggio. Alma atterra nell’unico luogo che ha tentato sin da subito di evitare. Ha mostrato i documenti del Centrafrica. Ha tentato di accreditarsi come console onorario del Burundi mostrando un passaporto diplomatico. Si è affidata agli avvocati del Cir, nel tentativo di dimostrare che lei non era una clandestina qualsiasi ma la moglie dell’oppositore al regime di Nursultan Nazarbayev. Ed è su questo punto che si gioca l’inchiesta interna per comprendere a pieno le singole responsabilità.
L’UFFICIO IMMIGRAZIONE
Gli uomini dell’ufficio immigrazione, infatti, a quanto si apprende, sostengono di non aver mai saputo che si trattava della moglie di un dissidente e soprattutto ignoravano che mettendola su quell’aereo l’avrebbero consegnata al nemico. Più semplicemente l’hanno trattata come una clandestina qualunque che doveva essere rimpatriata. Per quanto rimanga ancora un mistero come possa sembrare normale il rimpatrio di un clandestino in appena 48 ore e a bordo di un aereo privato. Gli interrogativi sono ancora molti. E il premier Letta ha garantito, rispondendo al question time a Montecitorio, che non saranno ammesse ombre. Quindi l’inchiesta interna mira a individuare i veri responsabili di questo rapimento di Stato. E già il Copasir sta verificando se c’è stato un qualche coinvolgimento da parte dei servizi segreti, quell’Aisi guidata dal generale Arturo Esposito.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/07/2013.
E che fa il PD, un partito che alcuni lo definiscono di sinsitra in contrapposizione del PDL? Va in farmacia e si prende un tubo di luan formato famiglia.
Ma noi??
Continuamo a dare loro fiducia pensando che quello che ora offre il mercato sia ancora peggio. Noi che ci lamentiamo sempre che le decisioni vengono prese solo esclusivamente dall'alto continuiamo con queste litanie che nemmeno piu' i sordi e i sassi ci credono.
Ecco perche viviamo queste situazioni. Un popolo perdente e' giusto che venga castigato se serve a fargli alzare la testa.
Dispiace pero che a pagarne le spese siano anche coloro che queste mentalita' le hanno sempre avversate. Mierda!!
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
Re: Quale governo ?
Per Ziè- reply SMS-1camillobenso ha scritto:SMS - 1
Per Amà
Circa una sessantina di giorni fa, in risposta a qualcosa che avevo scritto, hai precisato che alla fine, pur di non avere tra i piedi il Caimano, ci si poteva accontentare anche della Democrazia cristiana.
L'articolo di Massimo Giannini, presente nel post precedente, offre l'occasione per chiarire perché sarebbe preferibile che quella Democrazia cristiana non torni mai più.
La melma della Morta Gora ha affondato la prima Repubblica e in concorso con il Caimano, la rinascente Dc ha affondato anche la seconda Repubblica e affonderà tutto quanto incontra sulla sua strada.
L'altro venerdì, Rotondi, ha precisato che questo è un monocolore democristiano guidato da Arnaldo Forlani Alfano e da Andreotti Letta.
Questi sono i risultati.
Scrive tra l'altro Massimo Giannini:
Perché questo è, alla fine, il comunicato con il quale Palazzo Chigi prova a chiudere l'oscuro caso Ablyazov-Shalabayeva: un atto di viltà politica e di inciviltà giuridica, che invece di ridimensionare lo scandalo, lo ingigantisce.
La domanda sorge spontanea:
Perché si deve sempre cadere dalla padella alla brace?
una sessantina di giorni fa ho detto che FINCHE' è vivo qualsiasi cosa è meglio , perfino la vituperata DC .
anche oggi la penso così
perchè il partito di plastica sta alla dc come godzilla sta ad una lucertola.
è un'aberrazione della mutazione.
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