Purche' non cada il governo, va bene tutto
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Con i Fratelli mussulmani tutto sta degradando
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/07/ ... da/240140/
Match in due atti durante il talk show di approfondimento “Agorà Estate”, su Rai Tre. Protagonista unico della gazzarra: il senatore del Pdl, Maurizio Gasparri. Il parlamentare si scontra prima con Maria Teresa Meli, giornalista de “Il Corriere della Sera”, sulle responsabilità del ministro Alfano nel caso kazako. “Stiamo parlando di un latitante che non hanno trovato” – afferma Gasparri, che viene immediatamente sbugiardato dalla giornalista. “Ma chi è lei?” – insorge il senatore – “Come si permette? Mica posso ricevere gli insulti dalla Meli di mattina perché si sveglia storta. Meli, stia calmina“. E spiega: “La procedura di espulsione è stata gestita correttamente. E io difendo l’operato di Alfano“. Pronta la replica della Meli: “Gasparri fa il suo mestiere, difende Alfano”. Ma viene interrotta dal parlamentare, che si accapiglia con la giornalista sulla questione del passaporto di Alma Shalabayeva. “Lei mente sapendo di mentire” – accusa Gasparri – “Si vergogni. Lei che ne sa del passaporto? Lei conta più del capo della Polizia?”. La Meli tenta di controbattere, ma sbotta: “Mi fa parlare? Abbia un minimo di rispetto, per favore. Lei fa sempre così”. La conduttrice Serena Bortone cerca di sedare la bagarre, ammonendo Gasparri, che si ribella: “Ma la Meli ha detto una bugia. E’ bugiarda“. “La fa finita?” – risponde la firma del Corriere – “Preferisco non parlare, perché il passato di Gasparri si vede“. “Si preoccupi del suo presente di bugiarda“, replica il parlamentare. “Fascista“, mormora la Meli. Volano simili epiteti anche tra lo stesso Gasparri e il giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, Gianni Barbacetto che ironicamente osserva: “Gasparri considera Alfano segretario del suo partito a sua insaputa, e ministro degli Interni a sua insaputa“. E aggiunge: “In nessun Paese succede una cosa del genere. Mi spiace per Gasparri che probabilmente, proprio per il suo passato di ex fascista, ha un concetto di democrazia piuttosto…”. Il giornalista viene interrotto dal senatore, che protesta: “Non essere ridicolo. Tu invece non sei un ex cretino, ma un cretino in contemporanea“.”Mi scuso per l’”ex”” – risponde con sarcasmo Barbacetto – “Si è offeso per l’”ex”?”
19 luglio 2013
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/07/ ... da/240140/
Match in due atti durante il talk show di approfondimento “Agorà Estate”, su Rai Tre. Protagonista unico della gazzarra: il senatore del Pdl, Maurizio Gasparri. Il parlamentare si scontra prima con Maria Teresa Meli, giornalista de “Il Corriere della Sera”, sulle responsabilità del ministro Alfano nel caso kazako. “Stiamo parlando di un latitante che non hanno trovato” – afferma Gasparri, che viene immediatamente sbugiardato dalla giornalista. “Ma chi è lei?” – insorge il senatore – “Come si permette? Mica posso ricevere gli insulti dalla Meli di mattina perché si sveglia storta. Meli, stia calmina“. E spiega: “La procedura di espulsione è stata gestita correttamente. E io difendo l’operato di Alfano“. Pronta la replica della Meli: “Gasparri fa il suo mestiere, difende Alfano”. Ma viene interrotta dal parlamentare, che si accapiglia con la giornalista sulla questione del passaporto di Alma Shalabayeva. “Lei mente sapendo di mentire” – accusa Gasparri – “Si vergogni. Lei che ne sa del passaporto? Lei conta più del capo della Polizia?”. La Meli tenta di controbattere, ma sbotta: “Mi fa parlare? Abbia un minimo di rispetto, per favore. Lei fa sempre così”. La conduttrice Serena Bortone cerca di sedare la bagarre, ammonendo Gasparri, che si ribella: “Ma la Meli ha detto una bugia. E’ bugiarda“. “La fa finita?” – risponde la firma del Corriere – “Preferisco non parlare, perché il passato di Gasparri si vede“. “Si preoccupi del suo presente di bugiarda“, replica il parlamentare. “Fascista“, mormora la Meli. Volano simili epiteti anche tra lo stesso Gasparri e il giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, Gianni Barbacetto che ironicamente osserva: “Gasparri considera Alfano segretario del suo partito a sua insaputa, e ministro degli Interni a sua insaputa“. E aggiunge: “In nessun Paese succede una cosa del genere. Mi spiace per Gasparri che probabilmente, proprio per il suo passato di ex fascista, ha un concetto di democrazia piuttosto…”. Il giornalista viene interrotto dal senatore, che protesta: “Non essere ridicolo. Tu invece non sei un ex cretino, ma un cretino in contemporanea“.”Mi scuso per l’”ex”” – risponde con sarcasmo Barbacetto – “Si è offeso per l’”ex”?”
19 luglio 2013
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
I VERBALI
«I kazaki ordinarono il blitz ai poliziotti
dall'ufficio di gabinetto del ministro»
La ricostruzione del prefetto Valeri. «L'ambasciatore Yelemessov pretese la seconda irruzione nella villa»
ROMA - Il gabinetto del ministro dell'Interno seguì ogni fase dell'operazione kazaka. Tanto che la seconda irruzione del 29 maggio scorso nella villetta di Casal Palocco, dove si riteneva fosse nascosto Mukhtar Ablyazov, fu decisa nell'ufficio del prefetto Giuseppe Procaccini. E ordinata ai poliziotti direttamente dall'ambasciatore Andrian Yelemessov. A rivelare questi nuovi e clamorosi particolari è il responsabile della segreteria del capo della polizia Alessandro Valeri che ricostruisce le fasi delle due riunioni convocate al Viminale con i diplomatici. E la conferma arriva dal prefetto Gaetano Chiusolo, il capo della Direzione Centrale Anticrimine, che ricevette sul suo cellulare le disposizioni del diplomatico. I loro verbali, così come quelli di tutti gli altri funzionari coinvolti, sono stati consegnati al Parlamento in vista della votazione sulla mozione di sfiducia contro Angelino Alfano prevista per oggi al Senato.
Gli atti allegati all'inchiesta condotta dal prefetto Alessandro Pansa svelano quante e quali irregolarità e omissioni siano state commesse fino al rimpatrio di Alma Shalabayeva e della sua bimba di 6 anni Alua, mettendo tutti gli uffici della polizia a disposizione di un'autorità straniera. «Non ne sapevo nulla», ha sempre detto il titolare del Viminale prima di essere smentito dallo stesso Procaccini che invece ha spiegato di averlo relazionato circa gli incontri avuti nel suo ufficio. E del resto sarebbe stato difficile credere il contrario, visto l'impegno totale degli investigatori e dei loro capi riguardo a questa vicenda.
Racconta Valeri: «Il 28 sera dopo le 20 fui chiamato dal prefetto Procaccini per recarmi nel suo ufficio per comunicazioni urgenti. Nell'ufficio del capo di gabinetto trovai l'ambasciatore Yelemessov e un consigliere della stessa ambasciata. Dopo le presentazioni il capo di gabinetto mi rappresentò che le autorità Kazake avevano segnalato la presenza in Italia di un pericoloso latitante. Lo stesso ambasciatore rappresentò ampiamente i motivi di preoccupazione in ordine alla pericolosità del latitante, precisando che lo stesso era armato, accompagnato da uomini armati e con collegamenti con il terrorismo internazionale. Nella circostanza consegnò un carteggio inerente lo stesso latitante, tra cui una copia del bollettino di ricerche internazionali diramato dall'Interpol. Il prefetto Procaccini me ne consegnò una copia. Rappresentai all'ambasciatore che si sarebbe dovuto rivolgere alla questura e lui mi riferì che quella mattina aveva parlato della cosa con il dirigente della Squadra mobile Renato Cortese, a cui aveva fornito gli stessi elementi informativi, con precisa indicazione della villa ove il latitante si nascondeva. Chiamai attraverso il cellulare Cortese, il quale confermò di avere incontrato l'ambasciatore e che già avevano organizzato una perquisizione nella villa alle prime ore del giorno dopo. Raccomandai di tenermi informato».
Valeri contatta il vicecapo della polizia Francesco Cirillo e il prefetto Chiusolo e «subito dopo il vicecapo vicario», Alessandro Marangoni. Non è finita.
Racconta ancora Valeri: «Il mattino dopo, il giorno 29 intorno alle ore 7, venni informato dell'esito negativo delle ricerche. Immediatamente riferii l'esito delle ricerche al prefetto Procaccini e al prefetto Marangoni. Qualche ora dopo, in ufficio, fui riconvocato dal prefetto Procaccini perché era ritornato l'ambasciatore Yelemessov. Mi recai da lui ed il diplomatico esternò dubbi sulla efficacia dell'intervento fatto dalla polizia italiana, sostenendo che il latitante poteva essere nella villa in qualche nascondiglio appositamente realizzato. Non ricordo bene se avvisai io la questura o Chiusolo, oppure fu lo stesso ambasciatore che mi disse di aver informato la Questura».
In realtà non va proprio così, come spiega lo stesso Chiusolo nella sua deposizione: «Il 29 mattina la dottoressa Luisi Pellizzari, il capo dello Sco, il Servizio centrale operativo, mi riferì l'esito negativo delle ricerche. Nella stessa mattinata ho ricevuto una telefonata da parte del prefetto Valeri che mi riferiva che l'ambasciatore, con il quale si trovava nella stanza del capo di gabinetto, sosteneva che il latitante potesse essere ancora nella villa di Casal Palocco e che lo stesso disponeva di ulteriori informazioni. Per queste ragioni l'ambasciatore mi avrebbe richiamato ed in effetti dava i miei recapiti telefonici all'ambasciatore per contattarmi».
Il contatto si rivela molto più invasivo, come ha dovuto ammettere di fronte al Parlamento lo stesso Pansa. Verbalizza Chiusolo: «Circa un'ora dopo ricevevo una telefonata dall'ambasciatore che mi precisava che allo scopo di fornirmi necessari dettagli sarebbe venuto nel mio ufficio. In effetti non giungeva lui nel mio ufficio, ma l'addetto legale dell'ambasciata per parlarmi di queste ulteriori informazioni. Lo saluto soltanto e lo faccio accompagnare dalla Pellizzari che riceve le informazioni sul ricercato e trasmette i relativi dati alla Mobile». Scatta così la seconda irruzione, ma di Ablyazov non c'è alcuna traccia.
Nella villetta ci sono sua moglie e sua figlia. La signora viene prelevata, subisce la procedura di espulsione, poi arriva la decisione di rimpatriarla. Quando viene trasferita all'aeroporto di Ciampino ci sono con lei numerosi agenti dell'immigrazione e della questura. L'unica donna è l'assistente capo Laura Scipioni che nel verbale ricostruisce quanto accadde nello scalo e tra l'altro afferma: «Fui informata che erano arrivati il console e il consigliere d'ambasciata. Durante l'incontro con il console, il consigliere, con atteggiamento preoccupato mi mostrava il biglietto da visita del prefetto Procaccini dicendo che stava cercando di contattarlo, fatto che riferivo al dottor Conti, funzionario addetto della Polaria».
È allora che il consigliere avrebbe fatto cinque tentativi di chiamata e si sarebbe poi allontanato per parlare. Un dettaglio importante, perché dimostrerebbe che il gabinetto fu informato in tempo reale anche delle procedure di espulsione mentre Procaccini ha sempre sostenuto di essere a conoscenza soltanto del blitz. Del resto i verbali confermano che tutti sapevano tutto e si sono messi a completa disposizione delle autorità kazake provando ad arrestare Ablyazov, nonostante si trattasse di un dissidente, e poi consegnando loro sua moglie e la sua bambina. È la stessa Scipioni ad ammettere che la signora «mi disse che suo marito era stato in prigione e molti loro amici erano stati uccisi dagli uomini del presidente». Forse questo sarebbe stato sufficiente per credere che Alma Shalabayeva era davvero in pericolo, come cercava di spiegare da due giorni.
19 luglio 2013 | 11:32
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FIORENZA SARZANINI
http://www.corriere.it/cronache/13_lugl ... 8ffd.shtml
«I kazaki ordinarono il blitz ai poliziotti
dall'ufficio di gabinetto del ministro»
La ricostruzione del prefetto Valeri. «L'ambasciatore Yelemessov pretese la seconda irruzione nella villa»
ROMA - Il gabinetto del ministro dell'Interno seguì ogni fase dell'operazione kazaka. Tanto che la seconda irruzione del 29 maggio scorso nella villetta di Casal Palocco, dove si riteneva fosse nascosto Mukhtar Ablyazov, fu decisa nell'ufficio del prefetto Giuseppe Procaccini. E ordinata ai poliziotti direttamente dall'ambasciatore Andrian Yelemessov. A rivelare questi nuovi e clamorosi particolari è il responsabile della segreteria del capo della polizia Alessandro Valeri che ricostruisce le fasi delle due riunioni convocate al Viminale con i diplomatici. E la conferma arriva dal prefetto Gaetano Chiusolo, il capo della Direzione Centrale Anticrimine, che ricevette sul suo cellulare le disposizioni del diplomatico. I loro verbali, così come quelli di tutti gli altri funzionari coinvolti, sono stati consegnati al Parlamento in vista della votazione sulla mozione di sfiducia contro Angelino Alfano prevista per oggi al Senato.
Gli atti allegati all'inchiesta condotta dal prefetto Alessandro Pansa svelano quante e quali irregolarità e omissioni siano state commesse fino al rimpatrio di Alma Shalabayeva e della sua bimba di 6 anni Alua, mettendo tutti gli uffici della polizia a disposizione di un'autorità straniera. «Non ne sapevo nulla», ha sempre detto il titolare del Viminale prima di essere smentito dallo stesso Procaccini che invece ha spiegato di averlo relazionato circa gli incontri avuti nel suo ufficio. E del resto sarebbe stato difficile credere il contrario, visto l'impegno totale degli investigatori e dei loro capi riguardo a questa vicenda.
Racconta Valeri: «Il 28 sera dopo le 20 fui chiamato dal prefetto Procaccini per recarmi nel suo ufficio per comunicazioni urgenti. Nell'ufficio del capo di gabinetto trovai l'ambasciatore Yelemessov e un consigliere della stessa ambasciata. Dopo le presentazioni il capo di gabinetto mi rappresentò che le autorità Kazake avevano segnalato la presenza in Italia di un pericoloso latitante. Lo stesso ambasciatore rappresentò ampiamente i motivi di preoccupazione in ordine alla pericolosità del latitante, precisando che lo stesso era armato, accompagnato da uomini armati e con collegamenti con il terrorismo internazionale. Nella circostanza consegnò un carteggio inerente lo stesso latitante, tra cui una copia del bollettino di ricerche internazionali diramato dall'Interpol. Il prefetto Procaccini me ne consegnò una copia. Rappresentai all'ambasciatore che si sarebbe dovuto rivolgere alla questura e lui mi riferì che quella mattina aveva parlato della cosa con il dirigente della Squadra mobile Renato Cortese, a cui aveva fornito gli stessi elementi informativi, con precisa indicazione della villa ove il latitante si nascondeva. Chiamai attraverso il cellulare Cortese, il quale confermò di avere incontrato l'ambasciatore e che già avevano organizzato una perquisizione nella villa alle prime ore del giorno dopo. Raccomandai di tenermi informato».
Valeri contatta il vicecapo della polizia Francesco Cirillo e il prefetto Chiusolo e «subito dopo il vicecapo vicario», Alessandro Marangoni. Non è finita.
Racconta ancora Valeri: «Il mattino dopo, il giorno 29 intorno alle ore 7, venni informato dell'esito negativo delle ricerche. Immediatamente riferii l'esito delle ricerche al prefetto Procaccini e al prefetto Marangoni. Qualche ora dopo, in ufficio, fui riconvocato dal prefetto Procaccini perché era ritornato l'ambasciatore Yelemessov. Mi recai da lui ed il diplomatico esternò dubbi sulla efficacia dell'intervento fatto dalla polizia italiana, sostenendo che il latitante poteva essere nella villa in qualche nascondiglio appositamente realizzato. Non ricordo bene se avvisai io la questura o Chiusolo, oppure fu lo stesso ambasciatore che mi disse di aver informato la Questura».
In realtà non va proprio così, come spiega lo stesso Chiusolo nella sua deposizione: «Il 29 mattina la dottoressa Luisi Pellizzari, il capo dello Sco, il Servizio centrale operativo, mi riferì l'esito negativo delle ricerche. Nella stessa mattinata ho ricevuto una telefonata da parte del prefetto Valeri che mi riferiva che l'ambasciatore, con il quale si trovava nella stanza del capo di gabinetto, sosteneva che il latitante potesse essere ancora nella villa di Casal Palocco e che lo stesso disponeva di ulteriori informazioni. Per queste ragioni l'ambasciatore mi avrebbe richiamato ed in effetti dava i miei recapiti telefonici all'ambasciatore per contattarmi».
Il contatto si rivela molto più invasivo, come ha dovuto ammettere di fronte al Parlamento lo stesso Pansa. Verbalizza Chiusolo: «Circa un'ora dopo ricevevo una telefonata dall'ambasciatore che mi precisava che allo scopo di fornirmi necessari dettagli sarebbe venuto nel mio ufficio. In effetti non giungeva lui nel mio ufficio, ma l'addetto legale dell'ambasciata per parlarmi di queste ulteriori informazioni. Lo saluto soltanto e lo faccio accompagnare dalla Pellizzari che riceve le informazioni sul ricercato e trasmette i relativi dati alla Mobile». Scatta così la seconda irruzione, ma di Ablyazov non c'è alcuna traccia.
Nella villetta ci sono sua moglie e sua figlia. La signora viene prelevata, subisce la procedura di espulsione, poi arriva la decisione di rimpatriarla. Quando viene trasferita all'aeroporto di Ciampino ci sono con lei numerosi agenti dell'immigrazione e della questura. L'unica donna è l'assistente capo Laura Scipioni che nel verbale ricostruisce quanto accadde nello scalo e tra l'altro afferma: «Fui informata che erano arrivati il console e il consigliere d'ambasciata. Durante l'incontro con il console, il consigliere, con atteggiamento preoccupato mi mostrava il biglietto da visita del prefetto Procaccini dicendo che stava cercando di contattarlo, fatto che riferivo al dottor Conti, funzionario addetto della Polaria».
È allora che il consigliere avrebbe fatto cinque tentativi di chiamata e si sarebbe poi allontanato per parlare. Un dettaglio importante, perché dimostrerebbe che il gabinetto fu informato in tempo reale anche delle procedure di espulsione mentre Procaccini ha sempre sostenuto di essere a conoscenza soltanto del blitz. Del resto i verbali confermano che tutti sapevano tutto e si sono messi a completa disposizione delle autorità kazake provando ad arrestare Ablyazov, nonostante si trattasse di un dissidente, e poi consegnando loro sua moglie e la sua bambina. È la stessa Scipioni ad ammettere che la signora «mi disse che suo marito era stato in prigione e molti loro amici erano stati uccisi dagli uomini del presidente». Forse questo sarebbe stato sufficiente per credere che Alma Shalabayeva era davvero in pericolo, come cercava di spiegare da due giorni.
19 luglio 2013 | 11:32
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FIORENZA SARZANINI
http://www.corriere.it/cronache/13_lugl ... 8ffd.shtml
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Perché padre Dante scrisse questi versi?
Perché eravamo puttane e puttane siamo rimasti?
Anche la nostra nave è senza nocchiero.
Siamo in una gran tempesta.
E l'Italia è allo sbando. Non è donna di provincie ma bordello.
Parole valide per l'Italia di allora, 700 anni fa, come per quella di oggi, 19 luglio 2013.
Chiedere a Napolitano di vergognarsi è pretendere troppo, ma un minimo di orgoglio personale non ce l'ha per quanto riporta la Sarzanini?
Ci ha tolto la sovranità nazionale con i kazaki che danno ordini all'interno delle nostre istituzioni, solo perché il satrapo di Hardcore ha dato una mano al compagno di bunga bunga kazako?
Cosa crede che salvando il governo si cancella il discredito nazionale?
Anzi è peggiorato perché all'estero non riescono a capire come in Italia si possono tollerare certi principi.
I mercati si affidano a persone che monitorano giorno per giorno tutti i Paesi.
Che giudizio pensa Napolitano che possano dare su questo Paese al massimo degrado?
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!
Perché padre Dante scrisse questi versi?
Perché eravamo puttane e puttane siamo rimasti?
Anche la nostra nave è senza nocchiero.
Siamo in una gran tempesta.
E l'Italia è allo sbando. Non è donna di provincie ma bordello.
Parole valide per l'Italia di allora, 700 anni fa, come per quella di oggi, 19 luglio 2013.
Chiedere a Napolitano di vergognarsi è pretendere troppo, ma un minimo di orgoglio personale non ce l'ha per quanto riporta la Sarzanini?
Ci ha tolto la sovranità nazionale con i kazaki che danno ordini all'interno delle nostre istituzioni, solo perché il satrapo di Hardcore ha dato una mano al compagno di bunga bunga kazako?
Cosa crede che salvando il governo si cancella il discredito nazionale?
Anzi è peggiorato perché all'estero non riescono a capire come in Italia si possono tollerare certi principi.
I mercati si affidano a persone che monitorano giorno per giorno tutti i Paesi.
Che giudizio pensa Napolitano che possano dare su questo Paese al massimo degrado?
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Tutto ciò che di assurdo sta succedendo in Italia può avere una sola possibile spiegazione:
Qualche potere forte, molto forte ha deciso di fare dell'Italia un laboratorio scientifico-sperimentale
per stabilire il limite massimo di sopportazione di un popolo, il punto di rottura insomma che provochi una reazione esplosiva.
Qualche potere forte, molto forte ha deciso di fare dell'Italia un laboratorio scientifico-sperimentale
per stabilire il limite massimo di sopportazione di un popolo, il punto di rottura insomma che provochi una reazione esplosiva.
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Taci, il kazako ti ascolta
(Marco Travaglio).
18/07/2013 di triskel182
“Perché non parli?”, avevano domandato a Napolitano il Fatto e Gustavo Zagrebelsky. E ieri Napolitano ha parlato.
Solo che non l’ha fatto per difendere l’onore del Parlamento, preso in giro da un vicepremier ridicolo e bugiardo. Né per tutelare l’immagine del Quirinale, unica istituzione (secondo noi a torto) ancora apprezzata dalla maggioranza degli italiani.
Né per garantire la dignità dell’Italia, prostituita da B. e dai suoi servi ai peggiori tiranni di mezzo mondo e ridotta a provincia del Kazakistan.
L’ha fatto – alla cerimonia del Ventaglio, che già fa aria da sé – per assolvere Alfano, il mandante e i complici; per apporre il timbro sulle sue tragicomiche bugie; e soprattutto per dare ordini al Parlamento, ai partiti, alle correnti e alla stampa, esortata – come già sugli scandali sessuali di B. e sul caso Montepaschi – ad autoimbavagliarsi per carità di patria.
Il tutto con la scusa che bisogna tenere in piedi il governicchio Nipote, peraltro sostenuto dalla più ampia maggioranza mai vista.
Mai, neppure nel lungo regno di Giorgio I, si era smantellata così sistematicamente la Costituzione come nel Supermonito di ieri, a colpi di congiuntivi esortativi d’irresistibile comicità involontaria: “si eviti”, “non ci si avventuri, “si sgombri il terreno”. 1) “Non ci si avventuri a creare vuoti e staccare spine”.
Ma in Parlamento nessuno tenta di rovesciare il governo.
Non esistono contro di esso mozioni di sfiducia.
Ce n’è una individuale di M5S e Sel contro il cosiddetto ministro Alfano, destinata all’insuccesso anche se fosse affiancata da una dei renziani (peraltro subito rientrati all’ovile dopo il Supermonito).
Ma, anche se fosse approvata, se ne andrebbe Alfano, non il governo: non sarebbe la prima né l’ultima volta che un ministro incapace viene sostituito (di solito da un altro incapace).
E non spetta al Presidente della Repubblica decidere se, quando e chi debba sfiduciare governi o ministri.
2) “Il governo in due mesi e mezzo s’è guadagnato riconoscimenti e apprezzamenti per la sua capacità di iniziativa e di proposta”.
E da chi, di grazia: dai bradipi e dalle talpe?
E quali iniziative, visto che il governo delle larghe attese non fa che rinviare i problemi (Imu, Iva, Irap, F-35, Porcellum ecc.)?
3) “Si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie tra vicende giudiziarie dell’on. Berlusconi e prospettive di vita dell’eventuale governo”.
A parte la perfetta definizione di “eventuale governo”, che significa “sovrapposizioni improprie”?
Se i giudici accertano B. è un evasore, concussore e utilizzatore di prostitute minorenni, la maggioranza dev’esserne orgogliosa?
4) “Una storia inaudita, una precipitosa espulsione in base a una reticente e distorsiva rappresentazione e a pressioni e interferenze inammissibili di diplomatici stranieri”. Ora sta’ a vedere che la colpa è dei kazaki che interferiscono e non del governo che li lascia interferire.
5) “Il governo ha opportunamente deciso di sanzionare funzionari che hanno assunto decisioni non sottoposte al vaglio dell’autorità politica. Per i ministri è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive”.
Ma qui nessuno evoca responsabilità oggettive (che valgono solo nella giustizia sportiva).
Semmai politiche, come da art. 95 della Costituzione: “I ministri sono responsabili… individualmente degli atti dei loro dicasteri”.
O è abolito pure quello perché dà torto ad Alfano e noia a Re Giorgio?
6) “Il richiamo alle responsabilità del momento si rivolge anche alla stampa, perché la sollecitazione e l’amplificazione mediatica influenza molto parole e comportamenti dei politici”.
Ma in base a quale potere costituzionale il capo dello Stato impartisce direttive alla stampa perché tradisca la sua missione di fare domande e dare notizie?
Viene quasi nostalgia del Minculpop, che almeno le veline ai giornali le passava con più discrezione.
E comunque tutti sapevano di vivere sotto una dittatura.
Oggi la democrazia muore, ma a nostra insaputa.
(Toh, se ne è accorto pure Travaglio che ieri è morta la democrazia,...ma anche la Repubblica - ndt)
Da Il Fatto Quotidiano del 19/07/2013.
(Marco Travaglio).
18/07/2013 di triskel182
“Perché non parli?”, avevano domandato a Napolitano il Fatto e Gustavo Zagrebelsky. E ieri Napolitano ha parlato.
Solo che non l’ha fatto per difendere l’onore del Parlamento, preso in giro da un vicepremier ridicolo e bugiardo. Né per tutelare l’immagine del Quirinale, unica istituzione (secondo noi a torto) ancora apprezzata dalla maggioranza degli italiani.
Né per garantire la dignità dell’Italia, prostituita da B. e dai suoi servi ai peggiori tiranni di mezzo mondo e ridotta a provincia del Kazakistan.
L’ha fatto – alla cerimonia del Ventaglio, che già fa aria da sé – per assolvere Alfano, il mandante e i complici; per apporre il timbro sulle sue tragicomiche bugie; e soprattutto per dare ordini al Parlamento, ai partiti, alle correnti e alla stampa, esortata – come già sugli scandali sessuali di B. e sul caso Montepaschi – ad autoimbavagliarsi per carità di patria.
Il tutto con la scusa che bisogna tenere in piedi il governicchio Nipote, peraltro sostenuto dalla più ampia maggioranza mai vista.
Mai, neppure nel lungo regno di Giorgio I, si era smantellata così sistematicamente la Costituzione come nel Supermonito di ieri, a colpi di congiuntivi esortativi d’irresistibile comicità involontaria: “si eviti”, “non ci si avventuri, “si sgombri il terreno”. 1) “Non ci si avventuri a creare vuoti e staccare spine”.
Ma in Parlamento nessuno tenta di rovesciare il governo.
Non esistono contro di esso mozioni di sfiducia.
Ce n’è una individuale di M5S e Sel contro il cosiddetto ministro Alfano, destinata all’insuccesso anche se fosse affiancata da una dei renziani (peraltro subito rientrati all’ovile dopo il Supermonito).
Ma, anche se fosse approvata, se ne andrebbe Alfano, non il governo: non sarebbe la prima né l’ultima volta che un ministro incapace viene sostituito (di solito da un altro incapace).
E non spetta al Presidente della Repubblica decidere se, quando e chi debba sfiduciare governi o ministri.
2) “Il governo in due mesi e mezzo s’è guadagnato riconoscimenti e apprezzamenti per la sua capacità di iniziativa e di proposta”.
E da chi, di grazia: dai bradipi e dalle talpe?
E quali iniziative, visto che il governo delle larghe attese non fa che rinviare i problemi (Imu, Iva, Irap, F-35, Porcellum ecc.)?
3) “Si sgombri il terreno da sovrapposizioni improprie tra vicende giudiziarie dell’on. Berlusconi e prospettive di vita dell’eventuale governo”.
A parte la perfetta definizione di “eventuale governo”, che significa “sovrapposizioni improprie”?
Se i giudici accertano B. è un evasore, concussore e utilizzatore di prostitute minorenni, la maggioranza dev’esserne orgogliosa?
4) “Una storia inaudita, una precipitosa espulsione in base a una reticente e distorsiva rappresentazione e a pressioni e interferenze inammissibili di diplomatici stranieri”. Ora sta’ a vedere che la colpa è dei kazaki che interferiscono e non del governo che li lascia interferire.
5) “Il governo ha opportunamente deciso di sanzionare funzionari che hanno assunto decisioni non sottoposte al vaglio dell’autorità politica. Per i ministri è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive”.
Ma qui nessuno evoca responsabilità oggettive (che valgono solo nella giustizia sportiva).
Semmai politiche, come da art. 95 della Costituzione: “I ministri sono responsabili… individualmente degli atti dei loro dicasteri”.
O è abolito pure quello perché dà torto ad Alfano e noia a Re Giorgio?
6) “Il richiamo alle responsabilità del momento si rivolge anche alla stampa, perché la sollecitazione e l’amplificazione mediatica influenza molto parole e comportamenti dei politici”.
Ma in base a quale potere costituzionale il capo dello Stato impartisce direttive alla stampa perché tradisca la sua missione di fare domande e dare notizie?
Viene quasi nostalgia del Minculpop, che almeno le veline ai giornali le passava con più discrezione.
E comunque tutti sapevano di vivere sotto una dittatura.
Oggi la democrazia muore, ma a nostra insaputa.
(Toh, se ne è accorto pure Travaglio che ieri è morta la democrazia,...ma anche la Repubblica - ndt)
Da Il Fatto Quotidiano del 19/07/2013.
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Venerdì 19 luglio, durante l’intervento del capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato Nicola Morra nel dibattito sulla mozione di sfiducia ad Angelino Alfano per il caso Shalabayeva, il presidente Piero Grasso lo ha richiamato più volte, vietandogli di citare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato, lasciamolo fuori da quest’aula”, ha detto Grasso interrompendo Morra (dal minuto 06.00).
http://www.ilpost.it/2013/07/19/video-m ... no-senato/
C'è da chiedersi:
Siamo ancora in una repubblica parlamentare?
Siamo ancora una nazione democratica?
http://www.ilpost.it/2013/07/19/video-m ... no-senato/
C'è da chiedersi:
Siamo ancora in una repubblica parlamentare?
Siamo ancora una nazione democratica?
Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
operazione Valchiria?Un generale dei Carabinieri a 4 stelle di provata fede democratica perché l’alternativa è la rivolta e la conseguente guerra civile.
magari a Ferragosto mentre tutti sono rilassati e provati dal solleone ( ironico )
la vicenda kazaka ha provato ( semmai ce ne fosse bisogno) che non basta cambiare governo , anche le classi dirigenti nei sottolivelli sono impastate di torbidità e rispondono ( in fondo) a se stesse, sono probabilmente i veri poteri forti .
qui in sicilia si vede lo stesso alla regione.... l'intero corpo burocratico è da prendere ed esportare sull'isola di king kong.
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Caso Alfano: il Presidente vero e quello innominabile
Angelino Alfano è salvo, il governo Letta pure, la democrazia italiana un po’ meno. Venerdì 19 luglio, durante il dibattito sulla sfiducia (mancata) al ministro per il caso kazako, Palazzo Madama compie un ulteriore passo verso il basso. Non l’ultimo, visto che, come è ormai perfettamente intuibile, i nostri sedicenti rappresentanti quando toccheranno il fondo si metteranno alacremente a scavare.
Tra le cosiddette alte cariche dello Stato va pericolosamente di moda la giurisprudenza costituzionale creativa. Tanto che il presidente del Senato, Piero Grasso, sceglie il palcoscenico della discussione in diretta tv per enunciare, di fatto, due nuovi, rivoluzionari, principi: la censura preventiva sui discorsi dei parlamentari e il divieto di nominare pubblicamente Giorgio Napolitano.
Tutto accade quando Grasso stoppa il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Nicola Morra che, ricostruendo il caso kazako, sta per citare una frase dell’Eterno Presidente: “Ieri è intervenuto nel dibattito politico chi sta sul Colle…”. Apriti cielo: “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato. Lasciamolo fuori da quest’aula”, interviene fulmineo e autoritario Grasso. Morra prova a chiarire: “dicevo il presidente della Repubblica”. Lui lo riprende di nuovo: “L’ho invitata a lasciarlo fuori, lei non può nominarlo (sic)”.
A vederla con ironia, ci sarebbe da stare tranquilli. In fondo questa è la migliore dimostrazione di come sbagli chi pensa che la democrazia italiana, guidata da Re Giorgio, si stia trasformando in monarchia. Ad ascoltare Grasso l’obbiettivo – tragicomico – pare diventare un altro: la teocrazia, nel senso letterale del termine. La transmutazione, forse anche a causa dell’età, del vetusto Presidente in sovrano di natura divina (un Faraone) con l’obbligatorio corollario di comandamenti.
Da sempre irresponsabile per i reati commessi nelle sue funzioni e da qualche tempo non intercettabile, Napolitano esce ora dall’aula della discussione su Alfano come non nominabile e, in fondo, pure infallibile.
Davanti all’articolo 95 della Costituzione che testualmente recita: “I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio del ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”, i senatori, con poche eccezioni, non si limitano infatti a seguire i suoi diktat sul governo Letta. Applaudono pure ogni sua (per molti sconcertante) interpretazione della Carta .
“Anche, ma non solo per dei ministri, è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive o consustanziali alla carica che si ricopre” aveva detto Napolitano appena 24 ore prima. E adesso il capogruppo del Pdl, Renato Schifani, lo elogia. Poi, quasi da moderno aruspice, lo interpreta: “Non esiste il principio di responsabilità oggettiva nelle istituzioni. Chi sbaglia paga, ma se il ministro non è stato informato dalla catena di comando non vedo in forza a quale principio politico, istituzionale, etico o sociale, debba pagare”.
Dopo l’intervento del Colle l’articolo 95 non sembra più in vigore. La Casta del “a mia insaputa” vince. E tra gli applausi che celebrano il redivivo Alfano la mente va a un altro Presidente. A Luigi Einaudi, un Presidente vero. Uno che tanti anni fa avvertiva: “Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07 ... le/661625/
Angelino Alfano è salvo, il governo Letta pure, la democrazia italiana un po’ meno. Venerdì 19 luglio, durante il dibattito sulla sfiducia (mancata) al ministro per il caso kazako, Palazzo Madama compie un ulteriore passo verso il basso. Non l’ultimo, visto che, come è ormai perfettamente intuibile, i nostri sedicenti rappresentanti quando toccheranno il fondo si metteranno alacremente a scavare.
Tra le cosiddette alte cariche dello Stato va pericolosamente di moda la giurisprudenza costituzionale creativa. Tanto che il presidente del Senato, Piero Grasso, sceglie il palcoscenico della discussione in diretta tv per enunciare, di fatto, due nuovi, rivoluzionari, principi: la censura preventiva sui discorsi dei parlamentari e il divieto di nominare pubblicamente Giorgio Napolitano.
Tutto accade quando Grasso stoppa il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Nicola Morra che, ricostruendo il caso kazako, sta per citare una frase dell’Eterno Presidente: “Ieri è intervenuto nel dibattito politico chi sta sul Colle…”. Apriti cielo: “Non sono ammessi riferimenti al Capo dello Stato. Lasciamolo fuori da quest’aula”, interviene fulmineo e autoritario Grasso. Morra prova a chiarire: “dicevo il presidente della Repubblica”. Lui lo riprende di nuovo: “L’ho invitata a lasciarlo fuori, lei non può nominarlo (sic)”.
A vederla con ironia, ci sarebbe da stare tranquilli. In fondo questa è la migliore dimostrazione di come sbagli chi pensa che la democrazia italiana, guidata da Re Giorgio, si stia trasformando in monarchia. Ad ascoltare Grasso l’obbiettivo – tragicomico – pare diventare un altro: la teocrazia, nel senso letterale del termine. La transmutazione, forse anche a causa dell’età, del vetusto Presidente in sovrano di natura divina (un Faraone) con l’obbligatorio corollario di comandamenti.
Da sempre irresponsabile per i reati commessi nelle sue funzioni e da qualche tempo non intercettabile, Napolitano esce ora dall’aula della discussione su Alfano come non nominabile e, in fondo, pure infallibile.
Davanti all’articolo 95 della Costituzione che testualmente recita: “I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del consiglio del ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”, i senatori, con poche eccezioni, non si limitano infatti a seguire i suoi diktat sul governo Letta. Applaudono pure ogni sua (per molti sconcertante) interpretazione della Carta .
“Anche, ma non solo per dei ministri, è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive o consustanziali alla carica che si ricopre” aveva detto Napolitano appena 24 ore prima. E adesso il capogruppo del Pdl, Renato Schifani, lo elogia. Poi, quasi da moderno aruspice, lo interpreta: “Non esiste il principio di responsabilità oggettiva nelle istituzioni. Chi sbaglia paga, ma se il ministro non è stato informato dalla catena di comando non vedo in forza a quale principio politico, istituzionale, etico o sociale, debba pagare”.
Dopo l’intervento del Colle l’articolo 95 non sembra più in vigore. La Casta del “a mia insaputa” vince. E tra gli applausi che celebrano il redivivo Alfano la mente va a un altro Presidente. A Luigi Einaudi, un Presidente vero. Uno che tanti anni fa avvertiva: “Non le lotte o le discussioni devono impaurire, ma la concordia ignava e l’unanimità dei consensi”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07 ... le/661625/
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
A’ Fa’,…ma che stai addìì!!!!!!
La democrazia lè belle morta giovedì, quando Napolità acetta er ricatto der Padrino.
“Se cade Angelino, …10 minuti dopo cade il governo!!!!>>
Quanno un capo de lo Stato acetta un ricatto de questo tipo lo Stato nun ce sta più.
Ce solo er Padrino.
Lettera di Fausto Bertinotti sul "Corriere della Sera"
Signor Presidente, Lei non può. Lei non può congelare d'autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese, quella in atto, come se fosse l'unica possibile, come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica.
Lei non può, perché altrimenti la democrazia verrebbe sospesa. Lei non può trasformare una Sua, e di altri, previsione sui processi economici in un impedimento alla libera dialettica democratica. I processi economici, in democrazia, dovrebbero poter essere influenzati dalla politica, dunque dovrebbero essere variabili dipendenti, non indipendenti.
Lei non può, perché altrimenti la democrazia sarebbe sospesa. Sia che si sostenga che viviamo in regimi pienamente democratici, sia che si sostenga, come fa ormai tanta parte della letteratura politica, che siamo entrati, in Europa, in un tempo post-democratico, quello della rivincita delle élites, Lei non può.
Nel primo caso, perché l'impedimento sarebbe lesivo di uno dei cardini della democrazia rappresentativa cioè della possibilità, in ogni momento, di dare vita ad un'alternativa di governo, in caso di crisi, anche con il ricorso al voto popolare. Nel secondo caso, che a me pare quello dell'attuale realtà europea, perché rappresenterebbe un potente consolidamento del regime a-democratico in corso di costruzione.
C'è nella realtà politico-istituzionale del Paese una schizofrenia pericolosa; da un lato, si cantano le lodi della Costituzione repubblicana, dall'altro, essa viene divorata ogni giorno dalla costituzione materiale. La prima, come Lei mi insegna, innalza il Parlamento ad un ruolo centrale nella nostra democrazia rappresentativa, la seconda assolutizza la governabilità fino a renderlo da essa dipendente.
Quando gli chiede di sostenere il governo perché la sua caduta porterebbe a danni irreparabili, Ella contribuisce alla costruzione dell'edificio oligarchico promosso da questa costituzione materiale. Nel regime democratico ogni previsione politica è opinabile perché parte essa stessa di un progetto e di un programma che sono necessariamente di parte; lo stesso presunto interesse generale non si sottrae alla diversità delle sue possibili interpretazioni.
Ma, se mi permette, Signor Presidente, c'è una ragione assai più grande per cui Lei non può. La nostra Costituzione è, come sappiamo, una costituzione programmatica. Norberto Bobbio diceva che in essa la democrazia è inseparabile dall'eguaglianza, come testimonia il suo articolo 3. Ma essa, rifiutando un'opzione finalistica nella definizione della società futura, risulta aperta a modelli economico-sociali diversi e a quelli dove sarà condotta da quella che Dossetti chiamava la democrazia integrale e Togliatti la democrazia progressiva.
Quando Lei allude ai possibili danni irreparabili per il Paese, lo può fare solo perché considera ineluttabili le politiche economiche e sociali imperanti nell'Europa reale, le politiche di austerità. Ha poca importanza, nell'economia di questo ragionamento, la mia radicale avversione a queste politiche che considero concausa del massacro sociale in atto.
Quel che vorrei proporLe è che nella politica e in democrazia si possa manifestare un'altra e diversa idea di società rispetto a quella in atto e che la Costituzione repubblicana garantisce che essa possa essere praticata e perseguita. Il capitalismo finanziario globale non può essere imposto come naturale, né la messa in discussione del suo paradigma può essere impedito in democrazia, quali che siano i passaggi di crisi e di instabilità a cui essa possa dar luogo. O le rivoluzioni democratiche possono essere possibili solo altrove?
No, la Carta fondamentale garantisce che, nel rispetto della democrazia e nel rifiuto della violenza, possa essere intrapresa anche da noi. C'è già un vincolo esterno, quello dell'Europa reale, che limita la nostra sovranità, non può esserci anche un vincolo esterno alla dialettica politica costituita dall'autorità del Presidente della Repubblica. Lei non può, Signor Presidente.
Mi sono permesso di indirizzarLe questa lettera aperta perché so che la lunga consuetudine e l'affettuoso rispetto che ho sempre nutrito per la Sua persona mi mettono al riparo da qualsiasi malevola interpretazione e la mia attuale lontananza dai luoghi della decisione politica non consentono di pensare ad una qualche strumentalità. È, la mia, soltanto, l'invocazione di un cittadino, anche se ho ragione di ritenere che essa non sia unica.
La democrazia lè belle morta giovedì, quando Napolità acetta er ricatto der Padrino.
“Se cade Angelino, …10 minuti dopo cade il governo!!!!>>
Quanno un capo de lo Stato acetta un ricatto de questo tipo lo Stato nun ce sta più.
Ce solo er Padrino.
Lettera di Fausto Bertinotti sul "Corriere della Sera"
Signor Presidente, Lei non può. Lei non può congelare d'autorità una delle possibili soluzioni al problema del governo del Paese, quella in atto, come se fosse l'unica possibile, come se fosse prescritta da una volontà superiore o come se fosse oggettivata dalla realtà storica.
Lei non può, perché altrimenti la democrazia verrebbe sospesa. Lei non può trasformare una Sua, e di altri, previsione sui processi economici in un impedimento alla libera dialettica democratica. I processi economici, in democrazia, dovrebbero poter essere influenzati dalla politica, dunque dovrebbero essere variabili dipendenti, non indipendenti.
Lei non può, perché altrimenti la democrazia sarebbe sospesa. Sia che si sostenga che viviamo in regimi pienamente democratici, sia che si sostenga, come fa ormai tanta parte della letteratura politica, che siamo entrati, in Europa, in un tempo post-democratico, quello della rivincita delle élites, Lei non può.
Nel primo caso, perché l'impedimento sarebbe lesivo di uno dei cardini della democrazia rappresentativa cioè della possibilità, in ogni momento, di dare vita ad un'alternativa di governo, in caso di crisi, anche con il ricorso al voto popolare. Nel secondo caso, che a me pare quello dell'attuale realtà europea, perché rappresenterebbe un potente consolidamento del regime a-democratico in corso di costruzione.
C'è nella realtà politico-istituzionale del Paese una schizofrenia pericolosa; da un lato, si cantano le lodi della Costituzione repubblicana, dall'altro, essa viene divorata ogni giorno dalla costituzione materiale. La prima, come Lei mi insegna, innalza il Parlamento ad un ruolo centrale nella nostra democrazia rappresentativa, la seconda assolutizza la governabilità fino a renderlo da essa dipendente.
Quando gli chiede di sostenere il governo perché la sua caduta porterebbe a danni irreparabili, Ella contribuisce alla costruzione dell'edificio oligarchico promosso da questa costituzione materiale. Nel regime democratico ogni previsione politica è opinabile perché parte essa stessa di un progetto e di un programma che sono necessariamente di parte; lo stesso presunto interesse generale non si sottrae alla diversità delle sue possibili interpretazioni.
Ma, se mi permette, Signor Presidente, c'è una ragione assai più grande per cui Lei non può. La nostra Costituzione è, come sappiamo, una costituzione programmatica. Norberto Bobbio diceva che in essa la democrazia è inseparabile dall'eguaglianza, come testimonia il suo articolo 3. Ma essa, rifiutando un'opzione finalistica nella definizione della società futura, risulta aperta a modelli economico-sociali diversi e a quelli dove sarà condotta da quella che Dossetti chiamava la democrazia integrale e Togliatti la democrazia progressiva.
Quando Lei allude ai possibili danni irreparabili per il Paese, lo può fare solo perché considera ineluttabili le politiche economiche e sociali imperanti nell'Europa reale, le politiche di austerità. Ha poca importanza, nell'economia di questo ragionamento, la mia radicale avversione a queste politiche che considero concausa del massacro sociale in atto.
Quel che vorrei proporLe è che nella politica e in democrazia si possa manifestare un'altra e diversa idea di società rispetto a quella in atto e che la Costituzione repubblicana garantisce che essa possa essere praticata e perseguita. Il capitalismo finanziario globale non può essere imposto come naturale, né la messa in discussione del suo paradigma può essere impedito in democrazia, quali che siano i passaggi di crisi e di instabilità a cui essa possa dar luogo. O le rivoluzioni democratiche possono essere possibili solo altrove?
No, la Carta fondamentale garantisce che, nel rispetto della democrazia e nel rifiuto della violenza, possa essere intrapresa anche da noi. C'è già un vincolo esterno, quello dell'Europa reale, che limita la nostra sovranità, non può esserci anche un vincolo esterno alla dialettica politica costituita dall'autorità del Presidente della Repubblica. Lei non può, Signor Presidente.
Mi sono permesso di indirizzarLe questa lettera aperta perché so che la lunga consuetudine e l'affettuoso rispetto che ho sempre nutrito per la Sua persona mi mettono al riparo da qualsiasi malevola interpretazione e la mia attuale lontananza dai luoghi della decisione politica non consentono di pensare ad una qualche strumentalità. È, la mia, soltanto, l'invocazione di un cittadino, anche se ho ragione di ritenere che essa non sia unica.
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Re: Purche' non cada il governo, va bene tutto
Quando governa la discarica il pd contesta l'uso della fiducia
Quando governa il pd la discarica contesta l'uso della fiducia
Quando governano tutti e due usano la fiducia
Per il decreto del fare. Fare cosa non si è capito
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Quando governano tutti e due usano la fiducia
Per il decreto del fare. Fare cosa non si è capito
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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