Eresia centralista
Re: Eresia centralista
LA LOTTA AGLI SPRECHI
Regioni, un dipendente su tre è di troppo
Ci sarebbero 24 mila esuberi di personale. Lombardia esclusa
ROMA - Inefficienze, sprechi, clientelismo. C'è un po' di tutto in questa cifra incredibile: 24.396. Secondo l'ufficio studi della Confartigianato questo numero rappresenta l'eccesso di personale delle nostre Regioni. Ma ciò che fa davvero impressione ancor più del numero in sé è il rapporto fra i dipendenti inutili e quelli utili. Su tre persone impiegate nelle amministrazioni regionali ce n'è una di troppo. Anziché le attuali 78.679, ne sarebbero quindi sufficienti 54.283. Con un risparmio enorme: due miliardi, 468 milioni e 300 mila euro l'anno. Cifra che equivale al 28 per cento dell'addizionare regionale dell'Irpef. Tagliando il personale in eccesso nelle Regioni, insomma, ogni cittadino italiano potrebbe risparmiare 41 euro l'anno di tasse, ma con differenze enormi: dagli 8 euro del Veneto agli 82 della Basilicata, fino ai 705 (settecentocinque) della Valle D'Aosta.
Come hanno fatto questo conto? Le Regioni sono state per prima cosa suddivise in raggruppamenti omogenei per dimensione e categoria. All'interno dei quali si sono poi individuati i relativi benchmark: la Sardegna per le Regioni a statuto speciale grandi, la provincia di Bolzano per quelle piccole, la Lombardia per le Regioni ordinarie grandi e la Liguria per quelle piccole. Il calcolo è venuto di conseguenza: con risultati in qualche caso sorprendente. Il Molise, per esempio. Secondo la Confartigianato per assimilarsi al modello più virtuoso delle piccole Regioni ordinarie dovrebbe perdere oltre i tre quarti del personale attualmente in servizio: 680 dipendenti su 902.
E poi la Campania, dove ben 4.746 impiegati su 7.501 risultano di troppo. Ma lo studio non risparmia neppure alcuni degli enti considerati più virtuosi, come l'Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto, che potrebbero fare a meno rispettivamente del 31,9, del 34,4 e del 20,7 per cento del personale. In queste sole tre Regioni, seguendo il criterio adottato dall'ufficio studi dell'organizzazione degli artigiani, ci sarebbero circa 2.500 esuberi. Per non parlare di situazioni come quella dell'Umbria, dove risulterebbe in eccesso addirittura il 54,8 per cento del personale: dieci punti più rispetto alla Calabria.
E la Sicilia, nella quale il numero astronomico dei dipendenti è sempre stato assunto a paradigma dello spreco? Per la Confartigianato ha il 35,4 per cento di esuberi teorici: 6.780 persone. Lo studio ricorda che la Regione siciliana spende per retribuire il proprio personale una cifra di poco inferiore all'esborso di tutte le quindici Regioni a statuto ordinario. Si tratta (dati 2011) di un miliardo 853 milioni contro 2 miliardi 92 milioni. Una cifra enorme, pur considerando che è comprensiva della spesa per le pensioni degli ex dipendenti, in questo caso a carico dell'amministrazione regionale.
E non c'è dubbio che il caso siciliano indichi come il problema sia particolarmente grave al Sud. Non a caso la stessa Corte dei conti, in un recentissimo rapporto, cita come significativa anche la situazione della Campania " che fa registrare, nel 2008 una consistenza più che doppia rispetto alla Regione Lombardia, dato che persiste nel 2010 nonostante la riscontrata flessione del 7,73 per cento". Lo studio della Confartigianato rimarca che la Regione Campania, con il 59 per cento degli abitanti della Lombardia, ha il 126 per cento dei suoi dipendenti. Ma la Corte dei conti sottolinea anche gli esempi "rappresentati dalle altre Regioni del Sud (Puglia, Calabria, Basilicata), le quali presentano una consistenza di personale sproporzionata alla dimensioni territoriali e alla popolazione in età lavorativa degli stessi enti".
C'è poi la questione dei dirigenti, che in alcune Regioni sono decisamente più numerosi. E qui non parliamo soltanto del Sud. In Valle D'Aosta ce ne sono 143. Mentre le Province autonome di Bolzano e Trento ne hanno rispettivamente 403 e 256, contro i 251 della Lombardia. Vero è che in questa Regione il numero dei dipendenti è tale da dare luogo a un rapporto fra dirigenti e non dirigenti particolarmente elevato. In Lombardia c'è un ufficiale ogni 12,2 soldati semplici. Ma è pur vero che ci sono Regioni dove questo rapporto è ancora più basso: in Molise c'è un dirigente ogni 10,7 impiegati. E lo studio non dispone del dato siciliano, che per memoria risulta ancora più piccolo, dato che i dirigenti sono circa 2.000 a fronte di un numero di "non dirigenti" che nel 2011 si aggirava intorno ai 17 mila.
Con queste differenze è chiaro che il costo procapite sia fortemente squilibrato. Nel Molise si tocca il massimo per le Regioni ordinarie, con 178 euro per far fronte alle retribuzioni del personale regionale a carico di ogni cittadino, contro una media di 45 euro e un minimo, riscontrato sempre in Lombardia, di 23 euro. In Sicilia gli stipendi dei dipendenti regionali per 346 euro su ciascun abitante dell'isola: più del doppio rispetto ai 162 euro della Sardegna.
Un discorso simile, spiega l'ufficio studio della Confartigianato, si potrebbe fare anche con le burocrazie comunali. Per cui ci sono, eccome, disparità territoriali non trascurabili. Anche se il risparmio che si potrebbe ottenere dagli oltre 8 mila Comuni è decisamente inferiore a quello calcolato per le Regioni: un miliardo 451 milioni contro quasi due miliardi e mezzo.
Sergio Rizzo
23 ottobre 2012 | 10:50
http://www.corriere.it/politica/12_otto ... c6ac.shtml
Regioni, un dipendente su tre è di troppo
Ci sarebbero 24 mila esuberi di personale. Lombardia esclusa
ROMA - Inefficienze, sprechi, clientelismo. C'è un po' di tutto in questa cifra incredibile: 24.396. Secondo l'ufficio studi della Confartigianato questo numero rappresenta l'eccesso di personale delle nostre Regioni. Ma ciò che fa davvero impressione ancor più del numero in sé è il rapporto fra i dipendenti inutili e quelli utili. Su tre persone impiegate nelle amministrazioni regionali ce n'è una di troppo. Anziché le attuali 78.679, ne sarebbero quindi sufficienti 54.283. Con un risparmio enorme: due miliardi, 468 milioni e 300 mila euro l'anno. Cifra che equivale al 28 per cento dell'addizionare regionale dell'Irpef. Tagliando il personale in eccesso nelle Regioni, insomma, ogni cittadino italiano potrebbe risparmiare 41 euro l'anno di tasse, ma con differenze enormi: dagli 8 euro del Veneto agli 82 della Basilicata, fino ai 705 (settecentocinque) della Valle D'Aosta.
Come hanno fatto questo conto? Le Regioni sono state per prima cosa suddivise in raggruppamenti omogenei per dimensione e categoria. All'interno dei quali si sono poi individuati i relativi benchmark: la Sardegna per le Regioni a statuto speciale grandi, la provincia di Bolzano per quelle piccole, la Lombardia per le Regioni ordinarie grandi e la Liguria per quelle piccole. Il calcolo è venuto di conseguenza: con risultati in qualche caso sorprendente. Il Molise, per esempio. Secondo la Confartigianato per assimilarsi al modello più virtuoso delle piccole Regioni ordinarie dovrebbe perdere oltre i tre quarti del personale attualmente in servizio: 680 dipendenti su 902.
E poi la Campania, dove ben 4.746 impiegati su 7.501 risultano di troppo. Ma lo studio non risparmia neppure alcuni degli enti considerati più virtuosi, come l'Emilia Romagna, la Toscana e il Veneto, che potrebbero fare a meno rispettivamente del 31,9, del 34,4 e del 20,7 per cento del personale. In queste sole tre Regioni, seguendo il criterio adottato dall'ufficio studi dell'organizzazione degli artigiani, ci sarebbero circa 2.500 esuberi. Per non parlare di situazioni come quella dell'Umbria, dove risulterebbe in eccesso addirittura il 54,8 per cento del personale: dieci punti più rispetto alla Calabria.
E la Sicilia, nella quale il numero astronomico dei dipendenti è sempre stato assunto a paradigma dello spreco? Per la Confartigianato ha il 35,4 per cento di esuberi teorici: 6.780 persone. Lo studio ricorda che la Regione siciliana spende per retribuire il proprio personale una cifra di poco inferiore all'esborso di tutte le quindici Regioni a statuto ordinario. Si tratta (dati 2011) di un miliardo 853 milioni contro 2 miliardi 92 milioni. Una cifra enorme, pur considerando che è comprensiva della spesa per le pensioni degli ex dipendenti, in questo caso a carico dell'amministrazione regionale.
E non c'è dubbio che il caso siciliano indichi come il problema sia particolarmente grave al Sud. Non a caso la stessa Corte dei conti, in un recentissimo rapporto, cita come significativa anche la situazione della Campania " che fa registrare, nel 2008 una consistenza più che doppia rispetto alla Regione Lombardia, dato che persiste nel 2010 nonostante la riscontrata flessione del 7,73 per cento". Lo studio della Confartigianato rimarca che la Regione Campania, con il 59 per cento degli abitanti della Lombardia, ha il 126 per cento dei suoi dipendenti. Ma la Corte dei conti sottolinea anche gli esempi "rappresentati dalle altre Regioni del Sud (Puglia, Calabria, Basilicata), le quali presentano una consistenza di personale sproporzionata alla dimensioni territoriali e alla popolazione in età lavorativa degli stessi enti".
C'è poi la questione dei dirigenti, che in alcune Regioni sono decisamente più numerosi. E qui non parliamo soltanto del Sud. In Valle D'Aosta ce ne sono 143. Mentre le Province autonome di Bolzano e Trento ne hanno rispettivamente 403 e 256, contro i 251 della Lombardia. Vero è che in questa Regione il numero dei dipendenti è tale da dare luogo a un rapporto fra dirigenti e non dirigenti particolarmente elevato. In Lombardia c'è un ufficiale ogni 12,2 soldati semplici. Ma è pur vero che ci sono Regioni dove questo rapporto è ancora più basso: in Molise c'è un dirigente ogni 10,7 impiegati. E lo studio non dispone del dato siciliano, che per memoria risulta ancora più piccolo, dato che i dirigenti sono circa 2.000 a fronte di un numero di "non dirigenti" che nel 2011 si aggirava intorno ai 17 mila.
Con queste differenze è chiaro che il costo procapite sia fortemente squilibrato. Nel Molise si tocca il massimo per le Regioni ordinarie, con 178 euro per far fronte alle retribuzioni del personale regionale a carico di ogni cittadino, contro una media di 45 euro e un minimo, riscontrato sempre in Lombardia, di 23 euro. In Sicilia gli stipendi dei dipendenti regionali per 346 euro su ciascun abitante dell'isola: più del doppio rispetto ai 162 euro della Sardegna.
Un discorso simile, spiega l'ufficio studio della Confartigianato, si potrebbe fare anche con le burocrazie comunali. Per cui ci sono, eccome, disparità territoriali non trascurabili. Anche se il risparmio che si potrebbe ottenere dagli oltre 8 mila Comuni è decisamente inferiore a quello calcolato per le Regioni: un miliardo 451 milioni contro quasi due miliardi e mezzo.
Sergio Rizzo
23 ottobre 2012 | 10:50
http://www.corriere.it/politica/12_otto ... c6ac.shtml
-
- Messaggi: 1079
- Iscritto il: 19/04/2012, 12:04
Re: Eresia centralista
E' risaputo da decenni che tutta la macchina burocratica statale e parastatale è ridondante e che basterebbero forse il 50% degli addetti per fare tutto il necessario. Ovviamente risparmieremmo un sacco di soldi ma poi dovremmo porci il problema di cosa far fare a questa enorme massa di lavoratori in esubero che non potrebbero essere lasciati disoccupati per non uccidere definitivamente la nostra economia...
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Eresia centralista
Tutti Formigoni e gli stessi della lega continuano a ripetere.La salita in Lombardia E' una ecellenza.
Se è così buona e efficente.Mi chiedo come sarebbe se non avessero rubato tutti quei soldi?
Sarebbe un paradiso.
Ciao
Paolo11
Se è così buona e efficente.Mi chiedo come sarebbe se non avessero rubato tutti quei soldi?
Sarebbe un paradiso.
Ciao
Paolo11
Re: Eresia centralista
Regioni e Province? Meglio 36 distretti
Pubblicato: Mer, 31/07/2013 - 06:15 • da: Massimo Laccisaglia
Sul Corriere della Sera del 24 luglio è uscito, con questo stesso titolo, un articolo di Sergio Rizzo piuttosto stimolante e su cui vale la pena riflettere.
Il Federalismo è un tema di cui stiamo ricominciando a discutere. Nel 2001 il governo Amato in fine legislatura fece approvare la disastrosa riforma Costituzionale del titolo V, un atto fondamentale del federalismo all’italiana, che rendeva le Regioni completamente autonome dal punto di vista della spesa. La legge costituzionale fu poi sottoposta a referendum e confermata in ottobre dello stesso anno. Parteciparono al referendum solo il 34% dei cittadini, ma per i referendum costituzionali non è richiesto quorum. Quella legge è la base giuridica che rende pressochè impossibile sottomettere le Regioni a controlli rigorosi di spesa, consentendo loro, in caso di divergenza con il Parlamento, di ricorrere alla Corte Costituzionale.
Non è questo chiaramente il tipo di federalismo che vogliamo: un federalismo di spesa, che non responsabilizza le Regioni. Queste continuano a vivere di trasferimenti dallo Stato basati su criteri essenzialmente storici. Il Federalismo va ripensato da capo.Uno degli elementi discussione è anche quale sia la base geografica ideale per realizzarlo. La Società Geografica Italiana ha elaborato un modello tutto suo, suggerendo l’eliminazione delle 20 Regioni e delle 110 province, per sostituirle con 36 Dipartimenti.
Facciamo un passo indietro. Le basi geografiche possibili per la realizzazione di un’Italia federale sono diverse. La scelta attuale privilegia le Regioni, che si sono dimostrate purtroppo una macchina mangiasoldi in balia delle clientele dei partiti. In dieci anni la spesa delle Regioni è raddoppiata, senza che ciò sia stato compensato da una riduzione della spesa centrale. Per questo sarebbe una buona cosa abolirle e ricominciare da capo su basi più sane.
La seconda base geografica possibile è quella proposta a suo tempo da Gianfranco Miglio, fondata su 5 macro-regioni. E’ una scelta possibile, ma c’è chi non ritiene che sia ottimale. Le macro-regioni, ancor più delle Regioni attuali, sarebbero centri di spesa lontani dai cittadini e difficilmente controllabili.
Da ultimo si è affacciata un’altra possibilità, quella di un modello simile a quello svizzero, detto delle 100 Città-Stato. Vantaggi: centri decisionali vicini ai cittadini, maggiore controllo sulla spesa, maggiore agilità del sistema. Ma 100 Città-Stato sembrano effettivamente troppe e non suddividerebbero il territorio in maniera ottimale. I 36 Distretti disegnati dalla Società Geografica Italiana sarebbero più omogenei per radici storiche e per economia territoriale e suddividerebbero il paese in parti non troppo piccole. La Svizzera, con circa 8 milioni di abitanti, è organizzata in 26 Cantoni con popolazione media di poco più di 300.000 abitanti. Se adottassimo il suggerimento della Società Geografica Italiana ogni Dipartimento verrebbe ad avere in media circa 1,7 milioni di abitanti. Sarebbe una base sufficiente, e comunque ben più ampia di quella dei Cantoni svizzeri, per ottimizzare i servizi locali.
Non se ne farà nulla probabilmente, ma è un’idea che merita di essere esposta e considerata. Non può essere che il successo della Svizzera dal punto di vista economico derivi proprio dalla sua organizzazione in Cantoni?
E poi non sarebbe una bella soddisfazione mandare a casa tutti i cosiddetti Governatori e i rispettivi Consigli Regionali, azzerando le loro prebende? Pensiamoci.
E ricordiamo De Andrè: una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale.
Pubblicato: Mer, 31/07/2013 - 06:15 • da: Massimo Laccisaglia
Sul Corriere della Sera del 24 luglio è uscito, con questo stesso titolo, un articolo di Sergio Rizzo piuttosto stimolante e su cui vale la pena riflettere.
Il Federalismo è un tema di cui stiamo ricominciando a discutere. Nel 2001 il governo Amato in fine legislatura fece approvare la disastrosa riforma Costituzionale del titolo V, un atto fondamentale del federalismo all’italiana, che rendeva le Regioni completamente autonome dal punto di vista della spesa. La legge costituzionale fu poi sottoposta a referendum e confermata in ottobre dello stesso anno. Parteciparono al referendum solo il 34% dei cittadini, ma per i referendum costituzionali non è richiesto quorum. Quella legge è la base giuridica che rende pressochè impossibile sottomettere le Regioni a controlli rigorosi di spesa, consentendo loro, in caso di divergenza con il Parlamento, di ricorrere alla Corte Costituzionale.
Non è questo chiaramente il tipo di federalismo che vogliamo: un federalismo di spesa, che non responsabilizza le Regioni. Queste continuano a vivere di trasferimenti dallo Stato basati su criteri essenzialmente storici. Il Federalismo va ripensato da capo.Uno degli elementi discussione è anche quale sia la base geografica ideale per realizzarlo. La Società Geografica Italiana ha elaborato un modello tutto suo, suggerendo l’eliminazione delle 20 Regioni e delle 110 province, per sostituirle con 36 Dipartimenti.
Facciamo un passo indietro. Le basi geografiche possibili per la realizzazione di un’Italia federale sono diverse. La scelta attuale privilegia le Regioni, che si sono dimostrate purtroppo una macchina mangiasoldi in balia delle clientele dei partiti. In dieci anni la spesa delle Regioni è raddoppiata, senza che ciò sia stato compensato da una riduzione della spesa centrale. Per questo sarebbe una buona cosa abolirle e ricominciare da capo su basi più sane.
La seconda base geografica possibile è quella proposta a suo tempo da Gianfranco Miglio, fondata su 5 macro-regioni. E’ una scelta possibile, ma c’è chi non ritiene che sia ottimale. Le macro-regioni, ancor più delle Regioni attuali, sarebbero centri di spesa lontani dai cittadini e difficilmente controllabili.
Da ultimo si è affacciata un’altra possibilità, quella di un modello simile a quello svizzero, detto delle 100 Città-Stato. Vantaggi: centri decisionali vicini ai cittadini, maggiore controllo sulla spesa, maggiore agilità del sistema. Ma 100 Città-Stato sembrano effettivamente troppe e non suddividerebbero il territorio in maniera ottimale. I 36 Distretti disegnati dalla Società Geografica Italiana sarebbero più omogenei per radici storiche e per economia territoriale e suddividerebbero il paese in parti non troppo piccole. La Svizzera, con circa 8 milioni di abitanti, è organizzata in 26 Cantoni con popolazione media di poco più di 300.000 abitanti. Se adottassimo il suggerimento della Società Geografica Italiana ogni Dipartimento verrebbe ad avere in media circa 1,7 milioni di abitanti. Sarebbe una base sufficiente, e comunque ben più ampia di quella dei Cantoni svizzeri, per ottimizzare i servizi locali.
Non se ne farà nulla probabilmente, ma è un’idea che merita di essere esposta e considerata. Non può essere che il successo della Svizzera dal punto di vista economico derivi proprio dalla sua organizzazione in Cantoni?
E poi non sarebbe una bella soddisfazione mandare a casa tutti i cosiddetti Governatori e i rispettivi Consigli Regionali, azzerando le loro prebende? Pensiamoci.
E ricordiamo De Andrè: una notizia un po’ originale non ha bisogno di alcun giornale.
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Bing [Bot] e 16 ospiti