Ci siamo
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Re: Ci siamo
Se la votazione è palese allora possiamo tirare un sospiro di sollievo, altrimenti è guerra fra bande ...
da www.repubblica.it
Il Pdl a caccia di 43 franchi tiratori.
Veleni e sospetti tra Democratici e 5Stelle
Lo scrutinio segreto sul Cavaliere nell'assemblea di palazzo Madama terrorizza il Pd. In Scelta Civica c'è chi tratta.Verdini (Pdl): "Ce la possiamo fare". Sposetti (Pd): "A salvare Silvio saranno i grillini"
di TOMMASO CIRIACO
ROMA - Denis Verdini, fidato "contabile" di Arcore, ha stupito anche un inguaribile ottimista come Silvio Berlusconi: "Presidente, in Aula c'è il voto segreto. Non avranno i numeri per farti decadere, ce la possiamo fare". Previsione a dir poco azzardata, sulla carta, perché per ribaltare un'espulsione che appare certa dovrebbe convincere decine di senatori. Quarantatre, per la precisione.
Numeri alla mano, infatti, la somma dei parlamentari di Pdl (91), Lega (16) e Gal (10) si ferma a quota 117. La maggioranza è 161. Ma visto che il Presidente non vota, per salvare il leader del Pdl servono 160 schede a favore di Berlusconi. Vetta impervia, certo, eppure ad Arcore puntano a fare proseliti nel campo avverso. Nel partito del "non voto" e fra i peones incupiti dal rischio delle urne, ma anche fra gli inquieti di Scelta civica e in un Pd ancora sotto choc per i 101 che affossarono Romani Prodi.
Il veleno scorre copioso, tra gli scranni di Palazzo Madama. E i grillini hanno gioco facile a gettare ombre sul partito delle larghe intese. Sentite il capogruppo Nicola Morra: "Noi chiederemo il voto palese, vedremo se il Pd ci sosterrà. Altri, e non il M5S, hanno il problema della doppia verità. Per noi Berlusconi era già ineleggibile, ma non per il Pd. Almeno ci mettano la faccia".
Parole dure e un pizzico di propaganda, forse. Eppure nel Pd il terrore di urne infauste è reale e cresce ora dopo ora. Due giorni fa, a Montecitorio, il ministro Graziano Delrio sussurrava: "Non dobbiamo dare a Berlusconi il tempo di organizzarsi...". Se Berlusconi decidesse di non dimettersi, sfidando l'Aula, tutti guarderebbero a eventuali franchi tiratori dem: "Occhi aperti - avverte Pippo Civati - ma non voglio neanche immaginare che tornino i 101. Sarebbe la fine del Pd. Non reggeremmo".
L'incubo peggiore, però, è un altro. Prevede un blitz dei cinquestelle nel segreto dell'urna e un clamoroso sostegno dei grillini al Cavaliere. Ugo Sposetti non si nasconde: "I dalemiani pronti a sostenere Berlusconi? A parte che io sono migliorista, ma comunque chi lo dice è un mascalzone. Il Pd non ha alcun interesse a fare una cosa del genere". Piuttosto, domanda l'ex tesoriere dei Ds, "chi vuole destabilizzare la politica italiana e il governo?". La risposta non si fa attendere: "Il M5S. Ecco, secondo me sono pronti a salvare il leader del Pdl. È lo stesso schema di vent'anni fa, quando Lega e MSI salvarono Craxi".
Mentre il Partito democratico è alle prese con il pallottoliere, dalle parti di Arcore si alimenta una fiammella che sembrava già spenta. Il sottosegretario Michaela Biancofiore è tra quelli pronti a scommettere sulla "conversione" in Aula: "Pd e Giunta sono fuori legge e vogliono decidere prima di eventuali ricorsi? Vogliono bruciare Berlusconi come Giordano Bruno? Bene, penso che fra i democratici ci siano persone intellettualmente oneste pronte a votare in Aula contro la decadenza".
E poi c'è Scelta civica. Può contare su venti, preziosissimi voti. Nulla è ancora deciso, ma a molti non è sfuggito l'attivismo di Pier Ferdinando Casini. Il leader dell'Udc coltiva il confronto con i mille ambasciatori di via dell'Umiltà. Come lui, anche il ministro Mario Mauro. Di certo, i due possono contare su sette o otto senatori e continuano a predicare il verbo della stabilità di governo.
da www.repubblica.it
Il Pdl a caccia di 43 franchi tiratori.
Veleni e sospetti tra Democratici e 5Stelle
Lo scrutinio segreto sul Cavaliere nell'assemblea di palazzo Madama terrorizza il Pd. In Scelta Civica c'è chi tratta.Verdini (Pdl): "Ce la possiamo fare". Sposetti (Pd): "A salvare Silvio saranno i grillini"
di TOMMASO CIRIACO
ROMA - Denis Verdini, fidato "contabile" di Arcore, ha stupito anche un inguaribile ottimista come Silvio Berlusconi: "Presidente, in Aula c'è il voto segreto. Non avranno i numeri per farti decadere, ce la possiamo fare". Previsione a dir poco azzardata, sulla carta, perché per ribaltare un'espulsione che appare certa dovrebbe convincere decine di senatori. Quarantatre, per la precisione.
Numeri alla mano, infatti, la somma dei parlamentari di Pdl (91), Lega (16) e Gal (10) si ferma a quota 117. La maggioranza è 161. Ma visto che il Presidente non vota, per salvare il leader del Pdl servono 160 schede a favore di Berlusconi. Vetta impervia, certo, eppure ad Arcore puntano a fare proseliti nel campo avverso. Nel partito del "non voto" e fra i peones incupiti dal rischio delle urne, ma anche fra gli inquieti di Scelta civica e in un Pd ancora sotto choc per i 101 che affossarono Romani Prodi.
Il veleno scorre copioso, tra gli scranni di Palazzo Madama. E i grillini hanno gioco facile a gettare ombre sul partito delle larghe intese. Sentite il capogruppo Nicola Morra: "Noi chiederemo il voto palese, vedremo se il Pd ci sosterrà. Altri, e non il M5S, hanno il problema della doppia verità. Per noi Berlusconi era già ineleggibile, ma non per il Pd. Almeno ci mettano la faccia".
Parole dure e un pizzico di propaganda, forse. Eppure nel Pd il terrore di urne infauste è reale e cresce ora dopo ora. Due giorni fa, a Montecitorio, il ministro Graziano Delrio sussurrava: "Non dobbiamo dare a Berlusconi il tempo di organizzarsi...". Se Berlusconi decidesse di non dimettersi, sfidando l'Aula, tutti guarderebbero a eventuali franchi tiratori dem: "Occhi aperti - avverte Pippo Civati - ma non voglio neanche immaginare che tornino i 101. Sarebbe la fine del Pd. Non reggeremmo".
L'incubo peggiore, però, è un altro. Prevede un blitz dei cinquestelle nel segreto dell'urna e un clamoroso sostegno dei grillini al Cavaliere. Ugo Sposetti non si nasconde: "I dalemiani pronti a sostenere Berlusconi? A parte che io sono migliorista, ma comunque chi lo dice è un mascalzone. Il Pd non ha alcun interesse a fare una cosa del genere". Piuttosto, domanda l'ex tesoriere dei Ds, "chi vuole destabilizzare la politica italiana e il governo?". La risposta non si fa attendere: "Il M5S. Ecco, secondo me sono pronti a salvare il leader del Pdl. È lo stesso schema di vent'anni fa, quando Lega e MSI salvarono Craxi".
Mentre il Partito democratico è alle prese con il pallottoliere, dalle parti di Arcore si alimenta una fiammella che sembrava già spenta. Il sottosegretario Michaela Biancofiore è tra quelli pronti a scommettere sulla "conversione" in Aula: "Pd e Giunta sono fuori legge e vogliono decidere prima di eventuali ricorsi? Vogliono bruciare Berlusconi come Giordano Bruno? Bene, penso che fra i democratici ci siano persone intellettualmente oneste pronte a votare in Aula contro la decadenza".
E poi c'è Scelta civica. Può contare su venti, preziosissimi voti. Nulla è ancora deciso, ma a molti non è sfuggito l'attivismo di Pier Ferdinando Casini. Il leader dell'Udc coltiva il confronto con i mille ambasciatori di via dell'Umiltà. Come lui, anche il ministro Mario Mauro. Di certo, i due possono contare su sette o otto senatori e continuano a predicare il verbo della stabilità di governo.
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: Ci siamo
Tg3 – Ore 19,00
Schifani : “Ora è chiaro,….il Pd vuole le elezioni……”
****
Come può pensare Letta che il suo governicchio possa prendere decisioni a livello nazionale in questo clima?
Berlusconi ha vinto ancora una volta questo round, spostando la data del voto della Giunta, ma prima o poi dovranno votare. E allora cosa succederà?
Schifani : “Ora è chiaro,….il Pd vuole le elezioni……”
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Come può pensare Letta che il suo governicchio possa prendere decisioni a livello nazionale in questo clima?
Berlusconi ha vinto ancora una volta questo round, spostando la data del voto della Giunta, ma prima o poi dovranno votare. E allora cosa succederà?
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Re: Ci siamo
Sull'Ermo Colle hanno sempre silenziato la trattativa Stato-Mafia, tanto che di Mancino non se ne parla più, mentre un'altra trattativa Stato-Mafia la propone B.
I messaggi del Cavaliere al Colle “Ora serve un suo intervento”
(CARMELO LOPAPA).
13/09/2013 di triskel182
Servizi sociali. L’ira dell’ex premier, in preparazione una video-intervista.
ROMA— È dal Colle che adesso attende un segnale. «Io posso pure sacrificarmi, compiere il passo indietro, ma voglio garanzie dal Quirinale e finora non ne ho avuto traccia».
Silvio Berlusconi lo ripete tutto il giorno ai suoi interlocutori romani, masticando amaro dopo aver appreso che la giunta del Senato non farà affatto melina, come lui sperava, ma già mercoledì boccerà la relazione che propone il no alla decadenza.
Il Cavaliere del resto la sera prima l’aveva detto nel chiuso del salotto di Arcore anche ai figli, presentatisi ancora una volta con la richiesta di grazia tra le mani.
Disponibilità al sacrificio estremo molto condizionata e rimessa di fatto sul tavolo di una ipotetica trattativa.
Con Marina, Piersilvio, Barbara invece ha quasi concordato ormai l’opzione sulla pena: servizi sociali, anziché domiciliari, seguendo i suggerimenti di Franco Coppi.
Dalla più alta carica dello Stato pretende intanto una mossa, una qualche apertura, un ombrello che lo metta a riparo dalle «bizze» delle procure e che gli consenta di rinunciare alla carica parlamentare — e all’immunità — senza rischi per la sua libertà personale.
I canali di dialogo con il presidente Napolitano sono tutt’altro che chiusi.
Da Gianni Letta a Fabrizio Cicchitto passando per il ministro Gaetano Quagliariello, non mancano i contatti.
Ma nell’ottica dell’ex premier sono stati infruttuosi. «Finora non è arrivato alcun segnale» è la constatazione di un Berlusconi che da settimane ormai si è autorecluso a Villa San Martino, solo coi figli e gli avvocati Ghedini e Longo. Ieri, racconta chi gli ha parlato al telefono, è stata una nuova giornata nera.
In cui proprio il capo dello Stato è tornato nel mirino. «È stato una delusione, avrebbe dovuto far sentire la sua voce: sono stato determinante nella sua elezione, ho dato vita al governo Letta e poi mi ha abbandonato al mio destino» è lo sfogo ultimo (ma non nuovo).
A questo punto — lascia intendere soprattutto alle colombe del partito che pressano al pari dei familiari per il passo indietro — «la mia scelta dipende da lui».
Chi sta lavorando a quello scenario arriva ad ipotizzare che la rinuncia, alla quale ieri lo ha incoraggiato anche Marco Pannella, potrebbe maturare già in giunta per le immunità, quando con molta probabilità Berlusconi si presenterà per la sua difesa, negli ultimi giorni di settembre.
Oppure, come ha fatto a suo tempo Cesare Previti, in aula al Senato, poco prima che l’assemblea voti la definitiva decadenza. Rinunciare al seggio, dichiarandosi vittima delle procure, ma garantendo sopravvivenza al governo. C’è chi ha già cerchiato in rosso i giorni vicini al 10 ottobre per il D-day.
Da lì al 15 poi il Cavaliere dovrà anche optare tra domiciliari e servizi sociali.
«E io gli consiglierei questi ultimi, che gli garantirebbero agibilità politica » anticipa non a caso il senatore Paolo Romani a lui molto vicino.
A quel punto, con la Corte d’appello che dopo il 19 ottobre ridefinirà l’interdizione, ecco che il Colle potrebbe intervenire con la commutazione della pena: ma è la visione di Arcore. L’avvocato Niccolò Ghedini resta nettamente contrario al passo indietro e alla richiesta.
Ed è tornato a opporsi anche ai figli, in questi giorni.
Berlusconi resta scettico sull’operazione.
Troppe incognite, non ultimo il rischio dell’«umiliazione » di un no alla richiesta dal Quirinale.
Nelle ultime ore così torna a prevalere il pessimismo.
Proprio il voto in giunta che fissa il nuovo calendario dei lavori (sebbene approvato all’unanimità dunque anche coi voti Pdl) lo ha rigettato nello sconforto.
Il leader torna a ipotizzare la convocazione dei gruppi parlamentari che era stata congelata la settimana scorsa e che stava per precipitare tutto in una crisi.
Al momento è una «minaccia», che torna sul tavolo con l’ipotetica convocazione per giovedì, l’indomani del primo voto in giunta.
L’alternativa sarebbe uno strappo da consumare ricorrendo al mezzo per lui più congeniale, la tv.
E le ipotesi sul tavolo, al posto del freddo videomessaggio, sarebbe un’intervista.
Magari nel salotto di Bruno Vespa.
Ma sarebbe l’estrema ratio, che rischierebbe di compromettere la tenuta dei titoli e della stessa azienda Mediaset.
Soluzione alla quale tuttavia i falchi alla Verdini e la Santanchè, tra gli altri, vorrebbero trascinarlo.
Sta di fatto che ieri anche una moderata come Mariastella Gelmini tuonava contro i «molti che si pentiranno di questa corsa contro tempo in giunta», avvertendo che Berlusconi «non ha chiuso il suo ciclo».
Da La Repubblica del 13/09/2013.
I messaggi del Cavaliere al Colle “Ora serve un suo intervento”
(CARMELO LOPAPA).
13/09/2013 di triskel182
Servizi sociali. L’ira dell’ex premier, in preparazione una video-intervista.
ROMA— È dal Colle che adesso attende un segnale. «Io posso pure sacrificarmi, compiere il passo indietro, ma voglio garanzie dal Quirinale e finora non ne ho avuto traccia».
Silvio Berlusconi lo ripete tutto il giorno ai suoi interlocutori romani, masticando amaro dopo aver appreso che la giunta del Senato non farà affatto melina, come lui sperava, ma già mercoledì boccerà la relazione che propone il no alla decadenza.
Il Cavaliere del resto la sera prima l’aveva detto nel chiuso del salotto di Arcore anche ai figli, presentatisi ancora una volta con la richiesta di grazia tra le mani.
Disponibilità al sacrificio estremo molto condizionata e rimessa di fatto sul tavolo di una ipotetica trattativa.
Con Marina, Piersilvio, Barbara invece ha quasi concordato ormai l’opzione sulla pena: servizi sociali, anziché domiciliari, seguendo i suggerimenti di Franco Coppi.
Dalla più alta carica dello Stato pretende intanto una mossa, una qualche apertura, un ombrello che lo metta a riparo dalle «bizze» delle procure e che gli consenta di rinunciare alla carica parlamentare — e all’immunità — senza rischi per la sua libertà personale.
I canali di dialogo con il presidente Napolitano sono tutt’altro che chiusi.
Da Gianni Letta a Fabrizio Cicchitto passando per il ministro Gaetano Quagliariello, non mancano i contatti.
Ma nell’ottica dell’ex premier sono stati infruttuosi. «Finora non è arrivato alcun segnale» è la constatazione di un Berlusconi che da settimane ormai si è autorecluso a Villa San Martino, solo coi figli e gli avvocati Ghedini e Longo. Ieri, racconta chi gli ha parlato al telefono, è stata una nuova giornata nera.
In cui proprio il capo dello Stato è tornato nel mirino. «È stato una delusione, avrebbe dovuto far sentire la sua voce: sono stato determinante nella sua elezione, ho dato vita al governo Letta e poi mi ha abbandonato al mio destino» è lo sfogo ultimo (ma non nuovo).
A questo punto — lascia intendere soprattutto alle colombe del partito che pressano al pari dei familiari per il passo indietro — «la mia scelta dipende da lui».
Chi sta lavorando a quello scenario arriva ad ipotizzare che la rinuncia, alla quale ieri lo ha incoraggiato anche Marco Pannella, potrebbe maturare già in giunta per le immunità, quando con molta probabilità Berlusconi si presenterà per la sua difesa, negli ultimi giorni di settembre.
Oppure, come ha fatto a suo tempo Cesare Previti, in aula al Senato, poco prima che l’assemblea voti la definitiva decadenza. Rinunciare al seggio, dichiarandosi vittima delle procure, ma garantendo sopravvivenza al governo. C’è chi ha già cerchiato in rosso i giorni vicini al 10 ottobre per il D-day.
Da lì al 15 poi il Cavaliere dovrà anche optare tra domiciliari e servizi sociali.
«E io gli consiglierei questi ultimi, che gli garantirebbero agibilità politica » anticipa non a caso il senatore Paolo Romani a lui molto vicino.
A quel punto, con la Corte d’appello che dopo il 19 ottobre ridefinirà l’interdizione, ecco che il Colle potrebbe intervenire con la commutazione della pena: ma è la visione di Arcore. L’avvocato Niccolò Ghedini resta nettamente contrario al passo indietro e alla richiesta.
Ed è tornato a opporsi anche ai figli, in questi giorni.
Berlusconi resta scettico sull’operazione.
Troppe incognite, non ultimo il rischio dell’«umiliazione » di un no alla richiesta dal Quirinale.
Nelle ultime ore così torna a prevalere il pessimismo.
Proprio il voto in giunta che fissa il nuovo calendario dei lavori (sebbene approvato all’unanimità dunque anche coi voti Pdl) lo ha rigettato nello sconforto.
Il leader torna a ipotizzare la convocazione dei gruppi parlamentari che era stata congelata la settimana scorsa e che stava per precipitare tutto in una crisi.
Al momento è una «minaccia», che torna sul tavolo con l’ipotetica convocazione per giovedì, l’indomani del primo voto in giunta.
L’alternativa sarebbe uno strappo da consumare ricorrendo al mezzo per lui più congeniale, la tv.
E le ipotesi sul tavolo, al posto del freddo videomessaggio, sarebbe un’intervista.
Magari nel salotto di Bruno Vespa.
Ma sarebbe l’estrema ratio, che rischierebbe di compromettere la tenuta dei titoli e della stessa azienda Mediaset.
Soluzione alla quale tuttavia i falchi alla Verdini e la Santanchè, tra gli altri, vorrebbero trascinarlo.
Sta di fatto che ieri anche una moderata come Mariastella Gelmini tuonava contro i «molti che si pentiranno di questa corsa contro tempo in giunta», avvertendo che Berlusconi «non ha chiuso il suo ciclo».
Da La Repubblica del 13/09/2013.
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Re: Ci siamo
“Temo di finire come Cecchi Gori” E medita di portare i soldi in Russia
(Fabrizio d’Esposito e Carlo Tecce).
13/09/2013 di triskel182
ORMAI DECISO IL TIMING DI PALAZZO MADAMA. IL CAVALIERE È DI UMORE NERO AD ARCORE, MA ASPETTA GLI EVENTI MENTRE I FIGLI GLI CHIEDONO IL PASSO INDIETRO, LUI È CONVINTO: NON SI DIMETTE E NON CHIEDERÀ LA GRAZIA.
Insieme, quasi mano nella mano, per una volta concordi davvero, i ventitré senatori in Giunta per le Elezioni e le Immunità hanno deciso che la relazione di Andrea Augello (Pdl) verrà votata mercoledì intorno alle 20:30. Quando il testo, che vuole salvare il condannato Silvio Berlusconi, verrà bocciato da Pd, M5S, Scelta Civica e chissà se pure dal mediatico socialista, eletto con i democratici, Enrico Buemi. Poi la palla passa in mano a questa maggioranza che non rispecchia quella del governo e che farà il primo passo per far decadere il pregiudicato di Arcore, il quale già medita come mettere al sicuro il suo impero economico all’estero, con l’aiuto di qualche oligarca russo amico di Putin.
Entro metà ottobre si arriverà al voto decisivo nell’aula di palazzo Madama, dove al Pdl mancano – al massimo – 44 voti. Nonostante in Giunta ci sia un clima di sintonia, da una parte determinazione e dal-l’altra quasi rassegnazione, nulla viene dato per scontato. Perché “restano le conseguenze politiche del voto”, ricorda lo stesso Augello. E in simultanea, Daniela Santanché suggerisce ai senatori in Giunta di dimettersi perché le posizioni sono già state esposte sui giornali e in televisione. Chiusa l’andata negli uffici di Sant’Ivo alla Sapienza, la partita si disputerà al Senato. Prima di prendere il pallottoliere, mentre i democratici temono l’effetto scrutinio segreto e dunque i franchi tiratori, ci sarà una seduta pubblica a cui potrebbe partecipare anche Silvio Berlusconi, se non vuole mandare un avvocato per esporre i punti della sua difesa. Che sono i soliti: la legge Severino non va applicata così com’è, ma va chiesto prima un parere esterno o alla Corte di Giustizia del Lussemburgo o alla Corte Costituzionale. Ci sarà anche la diretta online, promette il presidente Dario Stefàno. Ma non ci sono, salvo sorprese o cambi di pensiero, nuovi tecnicismi possibili per far slittare il voto in Giunta: anche se il Pdl potrebbe guadagnare altri dieci giorni sfruttando un cavillo presente nel regolamento, a quel punto si potrebbe scavallare la metà di ottobre. Fa riflettere la sintonia fra i partiti di schieramento opposto che, ai fatti, non è mai stata in discussione perché s’è sempre deciso al-l’unanimità, tranne il muro contro muro che Renato Schifani aveva denunciato sulle pregiudiziali.
Dal suo bunker lombardo di Arcore, il Cavaliere assiste con umore nero ma oscillante alle manovre romane sulla sua decadenza. Chi ha parlato con lui ieri, sostiene che stia diventando “sempre più falco” ma al momento la linea politica resta quella delle colombe del Pdl e del cerchio magico di familiari e amici: fare il passo indietro da senatore e chiedere la grazia a Napolitano. I figli peraltro avrebbero già firmato la richiesta. Se poi il voto del 18 settembre porterà ad altre minacce di crisi, basterà aspettare l’eventuale escalation di toni nei prossimi giorni con il ritorno in video dello stesso B. Racconta un falco: “Berlusconi non si dimetterà e non farà chiedere la grazia, questo è certo”. Il solito balletto di dubbi, aggravato dal-l’ossessione per la “roba”. Il vero obiettivo dei figli è la salvezza dell’impero paterno e l’incubo è quello che gli arresti domiciliari siano il primo passo verso il crollo, come già successo con Vittorio Cecchi Gori, questo l’esempio evocato ad Arcore. Da Arcore arrivano resoconti su una fatidica “pista russa”. L’amico Putin potrebbe dargli una mano nel trasferimento di beni, azioni e liquidità. Non sarebbe escluso nemmeno l’atto finale di una fuga, anche senza passaporto, verso l’Est. “A un uomo ricco come lui tutto è possibile”, dice una fonte di rango. Nel suo bunker di villa San Martino, Berlusconi ragiona su tutti gli scenari. Chi lo conosce, profetizza che alla fine “deciderà d’istinto, come ha sempre fatto”. Anche se l’età e la depressione farebbero la loro parte. L’Huffington Post gli ha attribuito questa frase, a tavola con i familiari: “Certe volte penso che sarebbe meglio per tutti se morissi”.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/09/2013.
(Fabrizio d’Esposito e Carlo Tecce).
13/09/2013 di triskel182
ORMAI DECISO IL TIMING DI PALAZZO MADAMA. IL CAVALIERE È DI UMORE NERO AD ARCORE, MA ASPETTA GLI EVENTI MENTRE I FIGLI GLI CHIEDONO IL PASSO INDIETRO, LUI È CONVINTO: NON SI DIMETTE E NON CHIEDERÀ LA GRAZIA.
Insieme, quasi mano nella mano, per una volta concordi davvero, i ventitré senatori in Giunta per le Elezioni e le Immunità hanno deciso che la relazione di Andrea Augello (Pdl) verrà votata mercoledì intorno alle 20:30. Quando il testo, che vuole salvare il condannato Silvio Berlusconi, verrà bocciato da Pd, M5S, Scelta Civica e chissà se pure dal mediatico socialista, eletto con i democratici, Enrico Buemi. Poi la palla passa in mano a questa maggioranza che non rispecchia quella del governo e che farà il primo passo per far decadere il pregiudicato di Arcore, il quale già medita come mettere al sicuro il suo impero economico all’estero, con l’aiuto di qualche oligarca russo amico di Putin.
Entro metà ottobre si arriverà al voto decisivo nell’aula di palazzo Madama, dove al Pdl mancano – al massimo – 44 voti. Nonostante in Giunta ci sia un clima di sintonia, da una parte determinazione e dal-l’altra quasi rassegnazione, nulla viene dato per scontato. Perché “restano le conseguenze politiche del voto”, ricorda lo stesso Augello. E in simultanea, Daniela Santanché suggerisce ai senatori in Giunta di dimettersi perché le posizioni sono già state esposte sui giornali e in televisione. Chiusa l’andata negli uffici di Sant’Ivo alla Sapienza, la partita si disputerà al Senato. Prima di prendere il pallottoliere, mentre i democratici temono l’effetto scrutinio segreto e dunque i franchi tiratori, ci sarà una seduta pubblica a cui potrebbe partecipare anche Silvio Berlusconi, se non vuole mandare un avvocato per esporre i punti della sua difesa. Che sono i soliti: la legge Severino non va applicata così com’è, ma va chiesto prima un parere esterno o alla Corte di Giustizia del Lussemburgo o alla Corte Costituzionale. Ci sarà anche la diretta online, promette il presidente Dario Stefàno. Ma non ci sono, salvo sorprese o cambi di pensiero, nuovi tecnicismi possibili per far slittare il voto in Giunta: anche se il Pdl potrebbe guadagnare altri dieci giorni sfruttando un cavillo presente nel regolamento, a quel punto si potrebbe scavallare la metà di ottobre. Fa riflettere la sintonia fra i partiti di schieramento opposto che, ai fatti, non è mai stata in discussione perché s’è sempre deciso al-l’unanimità, tranne il muro contro muro che Renato Schifani aveva denunciato sulle pregiudiziali.
Dal suo bunker lombardo di Arcore, il Cavaliere assiste con umore nero ma oscillante alle manovre romane sulla sua decadenza. Chi ha parlato con lui ieri, sostiene che stia diventando “sempre più falco” ma al momento la linea politica resta quella delle colombe del Pdl e del cerchio magico di familiari e amici: fare il passo indietro da senatore e chiedere la grazia a Napolitano. I figli peraltro avrebbero già firmato la richiesta. Se poi il voto del 18 settembre porterà ad altre minacce di crisi, basterà aspettare l’eventuale escalation di toni nei prossimi giorni con il ritorno in video dello stesso B. Racconta un falco: “Berlusconi non si dimetterà e non farà chiedere la grazia, questo è certo”. Il solito balletto di dubbi, aggravato dal-l’ossessione per la “roba”. Il vero obiettivo dei figli è la salvezza dell’impero paterno e l’incubo è quello che gli arresti domiciliari siano il primo passo verso il crollo, come già successo con Vittorio Cecchi Gori, questo l’esempio evocato ad Arcore. Da Arcore arrivano resoconti su una fatidica “pista russa”. L’amico Putin potrebbe dargli una mano nel trasferimento di beni, azioni e liquidità. Non sarebbe escluso nemmeno l’atto finale di una fuga, anche senza passaporto, verso l’Est. “A un uomo ricco come lui tutto è possibile”, dice una fonte di rango. Nel suo bunker di villa San Martino, Berlusconi ragiona su tutti gli scenari. Chi lo conosce, profetizza che alla fine “deciderà d’istinto, come ha sempre fatto”. Anche se l’età e la depressione farebbero la loro parte. L’Huffington Post gli ha attribuito questa frase, a tavola con i familiari: “Certe volte penso che sarebbe meglio per tutti se morissi”.
Da Il Fatto Quotidiano del 13/09/2013.
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Re: Ci siamo
L'Italia Silviodipendente da febbraio è sottoscacco.
Decadenza, Berlusconi gioca l’ultima carta. La speranza è il Consiglio di Stato
Il massimo organo della giustizia amministrativa deve decidere a breve un ricorso contro la legge Severino presentato dall'ex governatore molisano Iorio. E potrebbe rinviare la decisione alla Corte costituzionale. E la discussione in Senato sull'espulsione del leader Pdl dovrebbe bloccarsi. Ecco perché per lui è cruciale guadagnare tempo
di Thomas Mackinson | 13 settembre 2013Commenti (277)
I giornali lo dipingono come un uomo disperato. Rinchiuso ad Arcore, con Dudù in grembo, circondato da amici, parlamentari e familiari, Silvio Berlusconi, per i quotidiani, si arrovella e non sa che cosa fare. Dimettersi? Combattere in parlamento? Fuggire?
In realtà una strategia per tentare di evitare la decadenza da senatore, dopo la condanna per frode fiscale, il Cavaliere ce l’ha ancora. È un piano segreto e rischioso che passa per il Consiglio di Stato, “la corte di appello del Tar”, presieduta da Giovanni Giovannini, nei primi anni Ottanta già capo di gabinetto del presidente del consiglio di Bettino Craxi. Berlusconi infatti spera che sia proprio il Consiglio di Stato a rinviare la legge Severino alla Corte Costituzionale. E si augura che lo faccia nelle prossime settimane prima del voto di palazzo Madama sulla sua espulsione. Se viene investita per tempo la Consulta, ragiona il Cavaliere, anche il Parlamento si dovrà bloccare in attesa della decisione. Per questo Berlusconi ha ordinato ai suoi di prendere più tempo possibile.
L’asso nella manica è rappresentato dall’ex presidente pidiellino della regione Molise, Angelo Michele Iorio, condannato il 22 febbraio a un anno e 6 mesi per abuso di ufficio. Sulla base della legge Severino, Iorio è stato dichiarato decaduto da consigliere regionale dal governo Monti il 28 marzo. Il fatto che il suo reato fosse stato commesso prima dell’entrata in vigore delle nuove norme sulla politica pulita – argomento forte dei supporter di Berlusconi contro la decadenza – non lo ha salvato dall’esclusione dal consiglio regionale, dove era stato eletto il 16 marzo. Il ricorso di Iorio al Tar non è stato accolto per “difetto giurisdizionale”. I giudici della prima sezione di Campobasso il 27 giugno scorso hanno infatti rimesso la questione al tribunale ordinario, rilevando però anche l’infondatezza delle obiezioni alla legge. Il politico molisano però non si è dato per vinto e ha fatto appello al Consiglio di Stato (che nella giustizia amministrativa è anche Cassazione, dato che i suoi verdetti sono definitivi) che a giorni, almeno secondo l’avvocato che difende il consigliere subentrato a Iorio, Giuseppe Ruta, dovrebbe indicare la data della prima udienza. Comunque in tempo utile per riverberarsi sull’altro scacchiere, quello della giunta al Senato.
Il legale di Iorio solleverà lì la questione di legittimità costituzionale? È più che probabile. Iorio, come molti degli altri amministratori pubblici fatti uscire dalla scena politica in virtù della nuova legge, è del resto assistito dal principe del Foro di Roma, Beniamino Caravita di Torrito, già difensore dell’ex governatore lombardo Roberto Formigoni nella vicenda delle firme false. Torrito, che fa parte di un’associazione di giuristi legati al Pdl, è l’autore di uno dei sei pareri pro-veritate depositati da Berlusconi alla giunta per le immunità del Senato per sostenere che la legge Severino è una norma penale e che quindi non può avere effetto retroattivo. Caravita è ben introdotto nelle cose della politica tanto da far parte del comitato di 35 saggi nominati dal premier Enrico Letta per riformare la Costituzione. Ilfattoquotidiano.it in questi giorni lo ha cercato più volte, senza però essere mai richiamato. Certo è che nelle 17 pagine depositate in giunta da Toritto e altri due avvocati sono riportati esattamente i contenuti del ricorso che il legale ha preparato per Iorio al Tar della Molise.
Ma quante chance ha il Cavaliere che l’operazione consiglio di Stato-consulta vada in porto? Non è chiaro. Le variabili sono molte. La prima è il tempo. Per giocarsi questa partita il voto sulla decadenza di Berlusconi deve slittare il più in là possibile. L’avviso dell’udienza del Consiglio di Stato, anche se atteso, non è ancora arrivato. La seconda variabile è il peso dei precedenti. Anzi, di un precedente. Il primo “decaduto” a provare il ricorso è stato Marcello Maniscalco (che i giornali si ostinano a indicare come Miniscalco), escluso dalle liste del Pdl anche lui in Molise a seguito di una condanna per un abuso d’ufficio commesso ben 18 anni fa. Si è rivolto al Tar che ha bocciato il ricorso, quindi al Consiglio di Stato che con la sentenza del 6 febbraio scorso ha stroncato le speranze di impallinare la Severino su costituzionalità e retroattività (leggi). La sentenza smonta tutte le contestazioni citando precedenti pronunce della Corte sull’incandidabilità per reati gravi (n.407 del 29 ottobre 1992, n. 118 del 31 marzo 1994 e così via). “Le considerazioni svolte conducono anche a un giudizio di manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale svolte dall’appellante”, mettono nero su bianco supremi i giudici amministrativi.
Basta per scongiurare il rischio di rinvio alla Corte costituzionale? No, perché questa è una sentenza della Quinta sezione del Consiglio di Stato (peraltro messa alla berlina dalla relazione del pidiellino Augello in giunta per le elezioni al Senato), e una diversa sezione potrebbe decidere altrimenti. Il Consiglio di Stato, inoltre, è un organismo estremamente politico: almeno un quarto delle nomine dei suoi componenti passa sui tavoli del presidente della Repubblica e del Consiglio dei ministri. A Palazzo Spada, per dire, sono di casa Nicolò Pollari, Patroni Griffi, Franco Frattini, Antonio Catricalà… Il presidente è l’ex capo di gabinetto di Craxi Giorgio Giovannini. La strada è dunque abbondantemente presidiata dai partiti e per il Pdl diventa essenziale percorrerla tutta. Recentemente, fra l’altro, tutta la magistratura contabile è finita nel mirino della politica. Qualche settimana fa Romano Prodi ha sparato a zero sull’efficienza dei tribunali amministrativi, Tar e Consiglio di Stato, proponendone l’abolizione. A ergersi in difesa dei guidici contabili, raccontano fonti interne a Palazzo Spada, sarebbero stati proprio quei consiglieri in quota Pdl che avrebbero fornito ampie rassicurazioni da parte di Berlusconi, solitamente propenso ad attaccare i giudici, che la giustizia amministrativa non si tocca.
E se poi davvero si arrivasse alla Corte costituzionale? Da due giorni tra i giudici siede Giuliano Amato, il dottor Sottile di craxiana memoria che ha attraversato governi e istituzioni dalla prima alla seconda Repubblica. Amato, ricorda Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano, in un’intervista a Report nel 2009 così illustrò il suo concetto di giustizia: “Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’…”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09 ... to/711205/
Decadenza, Berlusconi gioca l’ultima carta. La speranza è il Consiglio di Stato
Il massimo organo della giustizia amministrativa deve decidere a breve un ricorso contro la legge Severino presentato dall'ex governatore molisano Iorio. E potrebbe rinviare la decisione alla Corte costituzionale. E la discussione in Senato sull'espulsione del leader Pdl dovrebbe bloccarsi. Ecco perché per lui è cruciale guadagnare tempo
di Thomas Mackinson | 13 settembre 2013Commenti (277)
I giornali lo dipingono come un uomo disperato. Rinchiuso ad Arcore, con Dudù in grembo, circondato da amici, parlamentari e familiari, Silvio Berlusconi, per i quotidiani, si arrovella e non sa che cosa fare. Dimettersi? Combattere in parlamento? Fuggire?
In realtà una strategia per tentare di evitare la decadenza da senatore, dopo la condanna per frode fiscale, il Cavaliere ce l’ha ancora. È un piano segreto e rischioso che passa per il Consiglio di Stato, “la corte di appello del Tar”, presieduta da Giovanni Giovannini, nei primi anni Ottanta già capo di gabinetto del presidente del consiglio di Bettino Craxi. Berlusconi infatti spera che sia proprio il Consiglio di Stato a rinviare la legge Severino alla Corte Costituzionale. E si augura che lo faccia nelle prossime settimane prima del voto di palazzo Madama sulla sua espulsione. Se viene investita per tempo la Consulta, ragiona il Cavaliere, anche il Parlamento si dovrà bloccare in attesa della decisione. Per questo Berlusconi ha ordinato ai suoi di prendere più tempo possibile.
L’asso nella manica è rappresentato dall’ex presidente pidiellino della regione Molise, Angelo Michele Iorio, condannato il 22 febbraio a un anno e 6 mesi per abuso di ufficio. Sulla base della legge Severino, Iorio è stato dichiarato decaduto da consigliere regionale dal governo Monti il 28 marzo. Il fatto che il suo reato fosse stato commesso prima dell’entrata in vigore delle nuove norme sulla politica pulita – argomento forte dei supporter di Berlusconi contro la decadenza – non lo ha salvato dall’esclusione dal consiglio regionale, dove era stato eletto il 16 marzo. Il ricorso di Iorio al Tar non è stato accolto per “difetto giurisdizionale”. I giudici della prima sezione di Campobasso il 27 giugno scorso hanno infatti rimesso la questione al tribunale ordinario, rilevando però anche l’infondatezza delle obiezioni alla legge. Il politico molisano però non si è dato per vinto e ha fatto appello al Consiglio di Stato (che nella giustizia amministrativa è anche Cassazione, dato che i suoi verdetti sono definitivi) che a giorni, almeno secondo l’avvocato che difende il consigliere subentrato a Iorio, Giuseppe Ruta, dovrebbe indicare la data della prima udienza. Comunque in tempo utile per riverberarsi sull’altro scacchiere, quello della giunta al Senato.
Il legale di Iorio solleverà lì la questione di legittimità costituzionale? È più che probabile. Iorio, come molti degli altri amministratori pubblici fatti uscire dalla scena politica in virtù della nuova legge, è del resto assistito dal principe del Foro di Roma, Beniamino Caravita di Torrito, già difensore dell’ex governatore lombardo Roberto Formigoni nella vicenda delle firme false. Torrito, che fa parte di un’associazione di giuristi legati al Pdl, è l’autore di uno dei sei pareri pro-veritate depositati da Berlusconi alla giunta per le immunità del Senato per sostenere che la legge Severino è una norma penale e che quindi non può avere effetto retroattivo. Caravita è ben introdotto nelle cose della politica tanto da far parte del comitato di 35 saggi nominati dal premier Enrico Letta per riformare la Costituzione. Ilfattoquotidiano.it in questi giorni lo ha cercato più volte, senza però essere mai richiamato. Certo è che nelle 17 pagine depositate in giunta da Toritto e altri due avvocati sono riportati esattamente i contenuti del ricorso che il legale ha preparato per Iorio al Tar della Molise.
Ma quante chance ha il Cavaliere che l’operazione consiglio di Stato-consulta vada in porto? Non è chiaro. Le variabili sono molte. La prima è il tempo. Per giocarsi questa partita il voto sulla decadenza di Berlusconi deve slittare il più in là possibile. L’avviso dell’udienza del Consiglio di Stato, anche se atteso, non è ancora arrivato. La seconda variabile è il peso dei precedenti. Anzi, di un precedente. Il primo “decaduto” a provare il ricorso è stato Marcello Maniscalco (che i giornali si ostinano a indicare come Miniscalco), escluso dalle liste del Pdl anche lui in Molise a seguito di una condanna per un abuso d’ufficio commesso ben 18 anni fa. Si è rivolto al Tar che ha bocciato il ricorso, quindi al Consiglio di Stato che con la sentenza del 6 febbraio scorso ha stroncato le speranze di impallinare la Severino su costituzionalità e retroattività (leggi). La sentenza smonta tutte le contestazioni citando precedenti pronunce della Corte sull’incandidabilità per reati gravi (n.407 del 29 ottobre 1992, n. 118 del 31 marzo 1994 e così via). “Le considerazioni svolte conducono anche a un giudizio di manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale svolte dall’appellante”, mettono nero su bianco supremi i giudici amministrativi.
Basta per scongiurare il rischio di rinvio alla Corte costituzionale? No, perché questa è una sentenza della Quinta sezione del Consiglio di Stato (peraltro messa alla berlina dalla relazione del pidiellino Augello in giunta per le elezioni al Senato), e una diversa sezione potrebbe decidere altrimenti. Il Consiglio di Stato, inoltre, è un organismo estremamente politico: almeno un quarto delle nomine dei suoi componenti passa sui tavoli del presidente della Repubblica e del Consiglio dei ministri. A Palazzo Spada, per dire, sono di casa Nicolò Pollari, Patroni Griffi, Franco Frattini, Antonio Catricalà… Il presidente è l’ex capo di gabinetto di Craxi Giorgio Giovannini. La strada è dunque abbondantemente presidiata dai partiti e per il Pdl diventa essenziale percorrerla tutta. Recentemente, fra l’altro, tutta la magistratura contabile è finita nel mirino della politica. Qualche settimana fa Romano Prodi ha sparato a zero sull’efficienza dei tribunali amministrativi, Tar e Consiglio di Stato, proponendone l’abolizione. A ergersi in difesa dei guidici contabili, raccontano fonti interne a Palazzo Spada, sarebbero stati proprio quei consiglieri in quota Pdl che avrebbero fornito ampie rassicurazioni da parte di Berlusconi, solitamente propenso ad attaccare i giudici, che la giustizia amministrativa non si tocca.
E se poi davvero si arrivasse alla Corte costituzionale? Da due giorni tra i giudici siede Giuliano Amato, il dottor Sottile di craxiana memoria che ha attraversato governi e istituzioni dalla prima alla seconda Repubblica. Amato, ricorda Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano, in un’intervista a Report nel 2009 così illustrò il suo concetto di giustizia: “Quando discuto attorno a un tavolo tecnico e qualcuno dice ‘questa cosa è vietata’, io faccio aggiungere ‘tendenzialmente’…”.
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Re: Ci siamo
A Linea notte la Bernini in tuta mimetica, elmetto, e anfibi.
Il voto in Giunta innaccettabile.
La colpa è del PDc
Il voto in Giunta innaccettabile.
La colpa è del PDc
Re: Ci siamo
Enrico Mentana (pagina ufficiale, bis)
8 ore fa tramite cellulare
È esplosa la grande paura del Pd: che quando si voterà in aula sulla decadenza di Berlusconi da senatore, a scrutinio segreto, si ripeta l'abominio dell'affondamento di Prodi per il Quirinale. Il fantasma vero però è quello di 20 anni fa, il famoso voto su Craxi alla Camera. Lo salvarono dall'autorizzazione a procedere un bel po' di franchi tiratori, fascisti, sfascisti e leghisti. E forse qualche pidiessino. Berlusconi -proprio lui - subito dopo il voto andò a congratularsi con Craxi all'hotel Raphael. Uscì solo un'ora prima delle celebri monetine. Se stavolta a salvarsi fosse Berlusconi, sicuramente le monetine le tirerebbero all'intero Pd
8 ore fa tramite cellulare
È esplosa la grande paura del Pd: che quando si voterà in aula sulla decadenza di Berlusconi da senatore, a scrutinio segreto, si ripeta l'abominio dell'affondamento di Prodi per il Quirinale. Il fantasma vero però è quello di 20 anni fa, il famoso voto su Craxi alla Camera. Lo salvarono dall'autorizzazione a procedere un bel po' di franchi tiratori, fascisti, sfascisti e leghisti. E forse qualche pidiessino. Berlusconi -proprio lui - subito dopo il voto andò a congratularsi con Craxi all'hotel Raphael. Uscì solo un'ora prima delle celebri monetine. Se stavolta a salvarsi fosse Berlusconi, sicuramente le monetine le tirerebbero all'intero Pd
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Re: Ci siamo
E questo e' il risultato.
La conseguenza.
Di avere un partito inzuppato di gente che prende voti da cittadini in buona fede
di centrosinistra per poi usarli per inciuciare con la destra.
Una volta segando le pensioni con Fornero.
Una volta dando la caccia al sindacalista troppo rosso.
Una volta bruciando il padre politico Prodi.
Stavolta salvando un frodatore fiscale.
Ovvio che le altre parti politiche, conoscendo il punto debole del PD,
ovvero i 101 impegnati nell'inciucio maximo del governo di destra coi voti
del centrosinistra, sfruttino grandemente la cosa.
Da destra ricattando il PD spingendolo all'assoluzione quantomeno politica.
Dal lato grillino, invece, per far saltare la maggioranza e il PD stesso.
Cosi' impariamo a giocare al cerchiobottismo..
soloo42000
La conseguenza.
Di avere un partito inzuppato di gente che prende voti da cittadini in buona fede
di centrosinistra per poi usarli per inciuciare con la destra.
Una volta segando le pensioni con Fornero.
Una volta dando la caccia al sindacalista troppo rosso.
Una volta bruciando il padre politico Prodi.
Stavolta salvando un frodatore fiscale.
Ovvio che le altre parti politiche, conoscendo il punto debole del PD,
ovvero i 101 impegnati nell'inciucio maximo del governo di destra coi voti
del centrosinistra, sfruttino grandemente la cosa.
Da destra ricattando il PD spingendolo all'assoluzione quantomeno politica.
Dal lato grillino, invece, per far saltare la maggioranza e il PD stesso.
Cosi' impariamo a giocare al cerchiobottismo..
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Re: Ci siamo
Decadenza, Alfano avverte il Pd: "Così mette in pericolo Letta"
Angelino Alfano avverte il Partito democratico: "Non tratti Berlusconi come nemico storico: con questo atteggiamento mette in pericolo Letta più del Pdl"
Franco Grilli - Sab, 14/09/2013 - 20:11
"Posso dire che in questo momento l’atteggiamento del Pd sta mettendo molto più a rischio il governo di quanto non lo faccia il Pdl".
A dirlo è Angelino Alfano che a pochi giorni dal voto della Giunta per le immunità del Senato per la decadenza di Silvio Berlusconi, mette in guardia il Partito democratico sul futuro della maggiornaza.
"Se io rispondessi parlando di una conseguenza netta, immediatamente si creerebbe un meccanismo che farebbe dire è un ricatto", ha sottolineato il vicepremier a Rainews24, ricordando quanto il Pdl si è battuto per far nascere il governo Letta, "Dire che la caduta del governo dipende da chi l’ha più voluto, cioè da noi, non ha aggancio con la realtà. Noi questo governo l’abbiamo voluto e oggi siamo rammaricati per il fatto che Silvio Berlusconi stia ricevendo un trattamento poco riguardoso da parte di chi con ogni probabilità avrebbe potuto tenere un atteggiamento differente".
Per questo Alfano, in collegamento telefonico alla festa di Scelta Civica ha lanciato un appello affinché i "membri della Giunta non si atteggino", come se dovessero giudicare "l’avversario storico da abbattere", ma piuttosto riflettano sul "diritto" ad essere senatore del leader di uno dei partiti della maggioranza.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/d ... 50252.html
Angelino Alfano avverte il Partito democratico: "Non tratti Berlusconi come nemico storico: con questo atteggiamento mette in pericolo Letta più del Pdl"
Franco Grilli - Sab, 14/09/2013 - 20:11
"Posso dire che in questo momento l’atteggiamento del Pd sta mettendo molto più a rischio il governo di quanto non lo faccia il Pdl".
A dirlo è Angelino Alfano che a pochi giorni dal voto della Giunta per le immunità del Senato per la decadenza di Silvio Berlusconi, mette in guardia il Partito democratico sul futuro della maggiornaza.
"Se io rispondessi parlando di una conseguenza netta, immediatamente si creerebbe un meccanismo che farebbe dire è un ricatto", ha sottolineato il vicepremier a Rainews24, ricordando quanto il Pdl si è battuto per far nascere il governo Letta, "Dire che la caduta del governo dipende da chi l’ha più voluto, cioè da noi, non ha aggancio con la realtà. Noi questo governo l’abbiamo voluto e oggi siamo rammaricati per il fatto che Silvio Berlusconi stia ricevendo un trattamento poco riguardoso da parte di chi con ogni probabilità avrebbe potuto tenere un atteggiamento differente".
Per questo Alfano, in collegamento telefonico alla festa di Scelta Civica ha lanciato un appello affinché i "membri della Giunta non si atteggino", come se dovessero giudicare "l’avversario storico da abbattere", ma piuttosto riflettano sul "diritto" ad essere senatore del leader di uno dei partiti della maggioranza.
http://www.ilgiornale.it/news/interni/d ... 50252.html
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Re: Ci siamo
Ieri scendiletta ha detto "Mercoledì non succederà niente che possa far cadere il governo"
Che vuol dire..............?
Domanda banale, adesso
Ma se comunque l'aula del senato deve votare, ma il voto nella commissione a che cavolo serve?
Che vuol dire..............?
Domanda banale, adesso
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"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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