THE NEW CATHOLIC QUESTION
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
Notizie di Emanuela Orlandi?
Bergò, una mossa. Dimostra veramente di voler cambiare. Apri gli archivi
E anche un'autopsia sui resti di Albino Luciani non dispiacerebbe
Bergò, una mossa. Dimostra veramente di voler cambiare. Apri gli archivi
E anche un'autopsia sui resti di Albino Luciani non dispiacerebbe
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
La clericalata della settimana, n. 30:
la Regione Lombardia regala 60.000 euro al meeting di Cielle
Ogni settimana pubblichiamo una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche. La redazione è cosciente che il compito di trovare la clericalata che merita il riconoscimento sarà una impresa ardua, visto l’alto numero di candidati, ma si impegna a fornire anche in questo caso un servizio all’altezza delle aspettative dei suoi lettori. Anzi, ringrazia in anticipo chi le segnalerà eventuali “perle”.
Il primo posto questa settimana va alla Regione Lombardia.
La giunta lombarda guidata dal leghista Roberto Maroni ha stanziato 60.000 euro per il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini
Formalmente, la Regione ha pagato per ottenere la disponibilità di uno stand alla kermesse ciellina, in cui pubblicizzare l’Expo che si svolgerà a Milano, ma solo nel 2015. Altre società controllate dalla Regione potrebbero acquistare altri spazi, con ulteriori introiti per gli organizzatori del Meeting. E dire che proprio i leghisti, qualche anno prima, avevano denunciato gli ingenti fondi pubblici che la giunta di Roberto Formigoni aveva sbloccato a favore dell’incontro organizzato dallo stesso movimento ecclesiale di cui fa parte.
...
http://www.uaar.it/news/2013/08/05/cler ... ng-cielle/
la Regione Lombardia regala 60.000 euro al meeting di Cielle
Ogni settimana pubblichiamo una cartolina dedicata all’affermazione o all’atto più clericale della settimana compiuto da rappresentanti di istituzioni o di funzioni pubbliche. La redazione è cosciente che il compito di trovare la clericalata che merita il riconoscimento sarà una impresa ardua, visto l’alto numero di candidati, ma si impegna a fornire anche in questo caso un servizio all’altezza delle aspettative dei suoi lettori. Anzi, ringrazia in anticipo chi le segnalerà eventuali “perle”.
Il primo posto questa settimana va alla Regione Lombardia.
La giunta lombarda guidata dal leghista Roberto Maroni ha stanziato 60.000 euro per il meeting di Comunione e Liberazione a Rimini
Formalmente, la Regione ha pagato per ottenere la disponibilità di uno stand alla kermesse ciellina, in cui pubblicizzare l’Expo che si svolgerà a Milano, ma solo nel 2015. Altre società controllate dalla Regione potrebbero acquistare altri spazi, con ulteriori introiti per gli organizzatori del Meeting. E dire che proprio i leghisti, qualche anno prima, avevano denunciato gli ingenti fondi pubblici che la giunta di Roberto Formigoni aveva sbloccato a favore dell’incontro organizzato dallo stesso movimento ecclesiale di cui fa parte.
...
http://www.uaar.it/news/2013/08/05/cler ... ng-cielle/
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
QUELL’ETERNA LOTTA
TRA “SERVIZIO E POTERE NELLA CHIESA”
37300. SAN PIETRO IN CARIANO (VR)-ADISTA. Anche se «è bene non illudersi», cadendo in «facili entusiasmi», da quando Francesco è papa a Roma sembra soffiare un vento nuovo. A rincuorare sono le parole distensive e lo stile sobrio perché «la Chiesa non può, non deve, manifestarsi troppo diversa dallo stile di Gesù, come appare nei Vangeli, o troppo distante da Francesco d’Assisi, la figura che più a Lui si è avvicinata». Scrive così Roberto Fiorini, teologo e direttore della rivista Pretioperai, nella prefazione al volume Servizio e potere nella Chiesa, appena dato alle stampe da Gabrielli Editori, che raccoglie i contributi di teologi e biblisti del calibro di Giovanni Miccoli, Felice Scalia, Rosanna Virgili, Armido Rizzi e dello stesso Fiorini (pp. 160, 14 €, il libro è acquistabile anche tramite Adista, tel. 06/6868692, www.adista.it).
Finora, prosegue Fiorini, «abbiamo assistito alle degenerazioni che poteri autoreferenziali, senza la bussola del servizio al Vangelo di Gesù, hanno prodotto proprio al centro visibile della Chiesa», rendendo sempre più urgente riallineare il pensiero e l’azione dell’istituzione e dei suoi vertici al messaggio originario...
(continua) su:
http://www.adistaonline.it/index.php?op ... o&id=53129
TRA “SERVIZIO E POTERE NELLA CHIESA”
37300. SAN PIETRO IN CARIANO (VR)-ADISTA. Anche se «è bene non illudersi», cadendo in «facili entusiasmi», da quando Francesco è papa a Roma sembra soffiare un vento nuovo. A rincuorare sono le parole distensive e lo stile sobrio perché «la Chiesa non può, non deve, manifestarsi troppo diversa dallo stile di Gesù, come appare nei Vangeli, o troppo distante da Francesco d’Assisi, la figura che più a Lui si è avvicinata». Scrive così Roberto Fiorini, teologo e direttore della rivista Pretioperai, nella prefazione al volume Servizio e potere nella Chiesa, appena dato alle stampe da Gabrielli Editori, che raccoglie i contributi di teologi e biblisti del calibro di Giovanni Miccoli, Felice Scalia, Rosanna Virgili, Armido Rizzi e dello stesso Fiorini (pp. 160, 14 €, il libro è acquistabile anche tramite Adista, tel. 06/6868692, www.adista.it).
Finora, prosegue Fiorini, «abbiamo assistito alle degenerazioni che poteri autoreferenziali, senza la bussola del servizio al Vangelo di Gesù, hanno prodotto proprio al centro visibile della Chiesa», rendendo sempre più urgente riallineare il pensiero e l’azione dell’istituzione e dei suoi vertici al messaggio originario...
(continua) su:
http://www.adistaonline.it/index.php?op ... o&id=53129
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
Disabilità: ‘questo figlio non sarebbe mai dovuto nascere’
di Ruggero Piperno |
21 settembre 2013Commenti (120)
Calagonone, Sardegna, una sera di estate. La luna che sorge crea uno splendido riflesso bianco sull’acqua. La bellezza del paesaggio invita a scattare delle fotografie notturne. Molte persone passano e fanno un tentativo.
Ad un certo punto appare una famiglia, madre, padre e un ragazzo di 10-11 anni. Il padre inizia a cimentarsi con la macchina fotografica. Poco dopo si materializza un altro ragazzo sui diciotto anni, visibilmente disabile, sgraziato, imbronciato, che contrasta con il resto della famiglia carina e sorridente. Fa parte del gruppo ma marginalmente, come se seguisse un po’ a distanza mostrando un’appartenenza non scontata. Mentre il padre prova e riprova a fotografare verificando nel visore la qualità della foto, Sergio, è il nome del ragazzo disabile, cerca di entrare nel campo fotografico, forse inavvertitamente o forse per provare a far parte del gruppo. Automaticamente il padre dice con un tono scostante:“Sergio, scansati!” ma questi sembra non raccogliere la sollecitazione, come cercasse, attraverso la foto, l’orgoglio dell’appartenenza alla famiglia. La scena si ripete più volte sempre con lo stesso tono, fino a quando l’uomo decide che non ci sono le condizioni per fare una bella foto e dice: “ andiamo, vengono solo schifezze”! Il terzetto si rimette in marcia e dietro, come trainato da una invisibile filo, segue Sergio, il figlio che rischiava di rovinare la bella foto.
Una scena triste, che sarebbe tuttavia troppo facile stigmatizzare con l’insensibilità della bella famigliola che si vede rovinato un momento d’intimità. Per cercare di capire a pieno il significato profondo di questa storia dobbiamo, ancora una volta, metterci nei panni di tutti i personaggi e non di uno solo.
In questo fugace e contingente atto si racchiudono non una ma tante storie di sofferenza, e bisogna avere il coraggio di vederle tutte e di non prendere scorciatoie che possono portare a pensare in maniera ideologica e ad agire di conseguenza.
Vi è innanzitutto la sofferenza di chi è disabile, sofferenza che possiamo definire tanto più acuta e crudele quanto maggiore è la consapevolezza della propria limitazione, perché è proprio la parte più sana di me a costituire un calvario, a farmi vedere la mia inadeguatezza e la mia “bruttezza” confermati in mille piccoli episodi come questo, dove gli altri diventano inconsapevoli carnefici.
Vi è la sofferenza del fratello sano, che spesso si sente ingiustamente decentrato e in colpa per la sua normalità fino a poter odiare il fratello disabile. Vi è la sofferenza dei genitori. Il crollo delle aspettative che tutti abbiamo nei confronti di un figlio, il senso di impotenza verso le sue sofferenze che non siamo in grado di alleviare.
Allora questa foto con la luna alle spalle in cui Sergio non deve mostrarsi ed essere mostrato, è forse il simbolo segreto del più inconfessabile dei pensieri: che questo figlio, per il suo bene e per il nostro, non sarebbe mai dovuto nascere.
La sfida più grande è di creare le condizioni concrete, psicologiche, culturali, legislative per cui la realtà in cui ciascuno vive, non induca a pensare “non sarebbe mai dovuto nascere” o “non avrei mai voluto nascere”, o “sento la sua morte come una liberazione”. Fantasie di questo tipo possono affiorare in situazioni difficili in ciascuno di noi e quindi non devono essere né represse, né condannate, ma dobbiamo, con il nostro fare e il nostro esserci di operatori, ma anche di gente comune, lavorare per un mondo in cui sia possibile l’emergere di fantasie del tipo: “Posso comunque essere orgoglioso del coraggio di questa persona che fatica e lotta in ogni momento della giornata per fare cose che per me sono semplici.” Forse questo può essere tanto anche nella consapevolezza dei limiti invalicabili.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09 ... re/718619/
di Ruggero Piperno |
21 settembre 2013Commenti (120)
Calagonone, Sardegna, una sera di estate. La luna che sorge crea uno splendido riflesso bianco sull’acqua. La bellezza del paesaggio invita a scattare delle fotografie notturne. Molte persone passano e fanno un tentativo.
Ad un certo punto appare una famiglia, madre, padre e un ragazzo di 10-11 anni. Il padre inizia a cimentarsi con la macchina fotografica. Poco dopo si materializza un altro ragazzo sui diciotto anni, visibilmente disabile, sgraziato, imbronciato, che contrasta con il resto della famiglia carina e sorridente. Fa parte del gruppo ma marginalmente, come se seguisse un po’ a distanza mostrando un’appartenenza non scontata. Mentre il padre prova e riprova a fotografare verificando nel visore la qualità della foto, Sergio, è il nome del ragazzo disabile, cerca di entrare nel campo fotografico, forse inavvertitamente o forse per provare a far parte del gruppo. Automaticamente il padre dice con un tono scostante:“Sergio, scansati!” ma questi sembra non raccogliere la sollecitazione, come cercasse, attraverso la foto, l’orgoglio dell’appartenenza alla famiglia. La scena si ripete più volte sempre con lo stesso tono, fino a quando l’uomo decide che non ci sono le condizioni per fare una bella foto e dice: “ andiamo, vengono solo schifezze”! Il terzetto si rimette in marcia e dietro, come trainato da una invisibile filo, segue Sergio, il figlio che rischiava di rovinare la bella foto.
Una scena triste, che sarebbe tuttavia troppo facile stigmatizzare con l’insensibilità della bella famigliola che si vede rovinato un momento d’intimità. Per cercare di capire a pieno il significato profondo di questa storia dobbiamo, ancora una volta, metterci nei panni di tutti i personaggi e non di uno solo.
In questo fugace e contingente atto si racchiudono non una ma tante storie di sofferenza, e bisogna avere il coraggio di vederle tutte e di non prendere scorciatoie che possono portare a pensare in maniera ideologica e ad agire di conseguenza.
Vi è innanzitutto la sofferenza di chi è disabile, sofferenza che possiamo definire tanto più acuta e crudele quanto maggiore è la consapevolezza della propria limitazione, perché è proprio la parte più sana di me a costituire un calvario, a farmi vedere la mia inadeguatezza e la mia “bruttezza” confermati in mille piccoli episodi come questo, dove gli altri diventano inconsapevoli carnefici.
Vi è la sofferenza del fratello sano, che spesso si sente ingiustamente decentrato e in colpa per la sua normalità fino a poter odiare il fratello disabile. Vi è la sofferenza dei genitori. Il crollo delle aspettative che tutti abbiamo nei confronti di un figlio, il senso di impotenza verso le sue sofferenze che non siamo in grado di alleviare.
Allora questa foto con la luna alle spalle in cui Sergio non deve mostrarsi ed essere mostrato, è forse il simbolo segreto del più inconfessabile dei pensieri: che questo figlio, per il suo bene e per il nostro, non sarebbe mai dovuto nascere.
La sfida più grande è di creare le condizioni concrete, psicologiche, culturali, legislative per cui la realtà in cui ciascuno vive, non induca a pensare “non sarebbe mai dovuto nascere” o “non avrei mai voluto nascere”, o “sento la sua morte come una liberazione”. Fantasie di questo tipo possono affiorare in situazioni difficili in ciascuno di noi e quindi non devono essere né represse, né condannate, ma dobbiamo, con il nostro fare e il nostro esserci di operatori, ma anche di gente comune, lavorare per un mondo in cui sia possibile l’emergere di fantasie del tipo: “Posso comunque essere orgoglioso del coraggio di questa persona che fatica e lotta in ogni momento della giornata per fare cose che per me sono semplici.” Forse questo può essere tanto anche nella consapevolezza dei limiti invalicabili.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/09 ... re/718619/
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
Alberto Maggi
"Siamo tutti schiavi
del più grande tabù"
La malattia, le cure, la guarigione quando sembrava non ci fosse speranza Il teologo "eretico"
smonta attraverso l'esperienza personale la paura che l'uomo ha esorcizzato
MONTEFANO - Alberto Maggi ha visto la morte da vicino. Ma poiché, oltre che frate, raffinato teologo e religioso spesso accusato di "eresia", è un uomo spiritoso, il titolo del libro che dà conto di quell'esperienza, uscito da poco per Garzanti, suona: Chi non muore si rivede."Avevo appena ultimato un saggio sull'ultima beatitudine. La morte come pienezza di vita, ma sentivo che mancava qualcosa. Poi sono stato ricoverato d'urgenza per una dissezione dell'aorta: tre interventi devastanti, settantacinque giorni con un piede di qua e uno di là. È stato allora che ho capito cosa mi mancava: l'esperienza diretta e positiva del morire. E ho anche capito perché San Francesco la chiami sorella morte: perché la morte non è una nemica che ti toglie la vita, ma una sorella che ti introduce a quella nuova e definitiva.
Nei giorni in cui ero ricoverato nel reparto di terapia intensiva, con stupore mi sono accorto che le andavo incontro con curiosità, senza paura, con il sorriso sulle labbra. Oltretutto percepivo con nettezza la presenza fisica dei miei morti, di coloro che mi avevano preceduto e ora venivano a visitarmi... Chissà perché quando qualcuno muore gli si augura l'eterno riposo, come se si trattasse di una condanna all'ergastolo. Io penso invece che chi muore continua a essere parte attiva dell'azione creatrice del Padre".
Fatto sta che oggi si persegue tutt'altro sogno, quello di una tendenziale immortalità garantita dalle biotecnologie.
"È una novità che mette in difficoltà anche la Chiesa, chiamata ad approfondire il senso del sacro. Perché se è sacra la vita dell'uomo, anche quando si riduce alla sopravvivenza di una pura massa biologica, allora è giusto procrastinare quella vita all'infinito, utilizzando tutti gli strumenti della scienza medica. Se invece ad essere sacro è l'uomo, bisognerà garantirgli una fine dignitosa... Io non capisco questa smania di accanirsi su un vecchio, portarlo in ospedale, intervenire a tutti i costi, anche in prossimità del capolinea. Si potrà prolungare la sua esistenza ancora per un po', ma in compenso lo si sottrae alla condivisione familiare di quel passaggio decisivo rappresentato dalla morte.
Quante volte mi capita di venire chiamato in ospedale per l'estremo saluto e assistere alla seguente commedia. I parenti mi implorano: la prego, non gli dica niente. Crede di avere soltanto un'ulcera. E il morente, perfettamente consapevole del suo stato, a sua volta mi chiede di rassicurare i familiari perché non sono pronti alla sua dipartita. Quando io ero piccolo, il vero tabù era rappresentato dal sesso. Ora invece è la morte il tabù. È scomparsa qualunque dimestichezza con la pratica mortuaria, delegata alle pompe funebri, e gli annunci funebri escogitano ogni escamotage pur di non affrontare il punto: il tal dei tali si è spento, ci ha lasciati, è tornato alla casa del padre. Mai una volta che si scriva semplicemente: è morto".
Per un credente questo passaggio dovrebbe essere reso più facile dalla credenza nella resurrezione dei morti.
"Io veramente credo alla resurrezione dei vivi. La resurrezione dei morti è un concetto giudaico. Ma già con i primi cristiani cambia tutto, come mostra San Paolo nelle sue lettere: "Noi che siamo già resuscitati", "noi che sediamo nei cieli". Gesù ci offre una vita capace di superare anche la morte. Ecco perché i primi evangelisti usano il termine greco zoe. Mentrebiosindica la vita biologica, che ha un inizio, uno sviluppo e, per quanto ci dispiaccia, un disfacimento finale, la vita interiore (zoe) ringiovaniscedi giorno in giorno. Da qui le parole folli e meravigliose del Cristo: chi crede in me, non morirà mai".
E allora l'Apocalisse, il giudizio universale, la fine dei giorni?
"Gesù, polemizzando con i Sadducei, afferma che Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi. E non resuscita i morti, ma comunica ai vivi una qualità di vita che scavalca la morte stessa. Questa è la buona novella. Quando qualcuno muore e il prete dice ai parenti: un giorno il vostro caro risorgerà, questa parola non suona affatto come consolatoria, ma incrementa la disperazione. Quando risorgerà?, si chiedono. Tra un mese, un anno, un secolo? Ma alla sorella di Lazzaro, Gesù dice: io sono la resurrezione, non io sarò. E aggiunge: chi ha vissuto credendo in me, anche se muore continua a vivere. Gesù non ci ha liberati dalla paura della morte, ma dalla morte stessa".
Non è una visione del cristianesimo un po' troppo gioiosa, consolatoria?
"Tutta questa gioia però passa attraverso la croce, non ti viene regalata dall'alto. Quando stavo male, le persone pie - che sono sempre le più pericolose - mi dicevano: offri le tue sofferenze al Signore. Io non ho offerto a lui nessuna sofferenza, semmai era lui che mi diceva: accoglimi nella tua malattia. Era lui che scendeva verso di me per aiutami a superare i miei momenti di disperazione".
Torniamo al nostro tema. Per un lunghissimo periodo il freno principale all'effrazione del limite era rappresentato proprio dal terrore di incorrere nel peccato di superbia, di credersi onnipotenti come Dio.
"Questo secondo l'immagine tradizionale della religione, che presuppone un Dio che punisce e castiga. Per scribi e farisei è sacra la Legge, per Gesù invece è sacro l'uomo. Per i primi il peccato era una trasgressione della Legge e un'offesa a Dio, per Gesù il peccato è ciò che offende l'uomo ".
Ecco che salta fuori Maggi l'eretico, che vede nella religione un ostacolo che si frappone alla vera fede.
"La religione ha inventato la paura di Dio per meglio dominare le persone e mantenere posizioni di potere acquisite. Per religione si intende tutto ciò che l'uomo fa per Dio, per fede tutto ciò che Dio fa per l'uomo. Con Gesù invece Dio è all'inizio e il traguardo finale è l'uomo. Per questo ogni volta che Gesù si trova in conflitto tra l'osservanza della legge divina e il bene dell'uomo, sceglie sempre la seconda. Al contrario dei sacerdoti. Facendo il bene dell'uomo, si è certi di fare il bene di Dio, mentre quante volte invece, pensando di fare il bene di Dio, si è fatto del male all'uomo".
Se non è più il terrore di commettere peccato a fare da freno alla nostra hybris, cos'altro spinge un cristiano a riconoscere la bontà del limite?
"Il tuo bene è il mio limite. La mia libertà è infinita; nessuno può limitarla, neppure il Cristo, perché quella libertà è racchiusa nello scrigno della mia coscienza. Sono io a circoscriverla. Per il tuo bene, per la tua felicità. È così che l'apparente perdita diventa guadagno. Lo dicono bene i Vangeli: si possiede soltanto quello che si dà".
Mi sbaglierò, ma è proprio la parola limite che non si attaglia al suo vocabolario.
"Preferisco il termine pienezza. La parola limite ha una connotazione claustrofobica. La pienezza mi invita a respirare. Ogni mattina che mi sveglio, io mi trovo di fronte all'immensità dell'amore di Dio e cerco di coglierne un frammento, per poi restituirlo al prossimo. A partire, certo, dal mio limite. San Paolo usa a riguardo una bellissima espressione: abbiamo a disposizione un tesoro inestimabile e lo conserviamo in vasi da quattro soldi. Questa è la nostra condizione: una ricchezza immensa, a fronte della nostra umana fragilità e debolezza. Che però non necessariamente è negativa. Perché sarà il mio limite a farmi comprendere anche il tuo. E di nuovo ecco la rivoluzione di Gesù. Nell'Antico Testamento il Signore dice: siate santi come io sono santo. Gesù invece non invita alla santità, dice: siate compassionevoli come il Padre è compassionevole. La santità allontana dagli uomini comuni, la compassione invece ci unisce".
http://www.repubblica.it/la-repubblica- ... -67385485/
"...chi muore continua a essere parte attiva dell'azione creatrice del Padre".
Bellissimo!
"Siamo tutti schiavi
del più grande tabù"
La malattia, le cure, la guarigione quando sembrava non ci fosse speranza Il teologo "eretico"
smonta attraverso l'esperienza personale la paura che l'uomo ha esorcizzato
MONTEFANO - Alberto Maggi ha visto la morte da vicino. Ma poiché, oltre che frate, raffinato teologo e religioso spesso accusato di "eresia", è un uomo spiritoso, il titolo del libro che dà conto di quell'esperienza, uscito da poco per Garzanti, suona: Chi non muore si rivede."Avevo appena ultimato un saggio sull'ultima beatitudine. La morte come pienezza di vita, ma sentivo che mancava qualcosa. Poi sono stato ricoverato d'urgenza per una dissezione dell'aorta: tre interventi devastanti, settantacinque giorni con un piede di qua e uno di là. È stato allora che ho capito cosa mi mancava: l'esperienza diretta e positiva del morire. E ho anche capito perché San Francesco la chiami sorella morte: perché la morte non è una nemica che ti toglie la vita, ma una sorella che ti introduce a quella nuova e definitiva.
Nei giorni in cui ero ricoverato nel reparto di terapia intensiva, con stupore mi sono accorto che le andavo incontro con curiosità, senza paura, con il sorriso sulle labbra. Oltretutto percepivo con nettezza la presenza fisica dei miei morti, di coloro che mi avevano preceduto e ora venivano a visitarmi... Chissà perché quando qualcuno muore gli si augura l'eterno riposo, come se si trattasse di una condanna all'ergastolo. Io penso invece che chi muore continua a essere parte attiva dell'azione creatrice del Padre".
Fatto sta che oggi si persegue tutt'altro sogno, quello di una tendenziale immortalità garantita dalle biotecnologie.
"È una novità che mette in difficoltà anche la Chiesa, chiamata ad approfondire il senso del sacro. Perché se è sacra la vita dell'uomo, anche quando si riduce alla sopravvivenza di una pura massa biologica, allora è giusto procrastinare quella vita all'infinito, utilizzando tutti gli strumenti della scienza medica. Se invece ad essere sacro è l'uomo, bisognerà garantirgli una fine dignitosa... Io non capisco questa smania di accanirsi su un vecchio, portarlo in ospedale, intervenire a tutti i costi, anche in prossimità del capolinea. Si potrà prolungare la sua esistenza ancora per un po', ma in compenso lo si sottrae alla condivisione familiare di quel passaggio decisivo rappresentato dalla morte.
Quante volte mi capita di venire chiamato in ospedale per l'estremo saluto e assistere alla seguente commedia. I parenti mi implorano: la prego, non gli dica niente. Crede di avere soltanto un'ulcera. E il morente, perfettamente consapevole del suo stato, a sua volta mi chiede di rassicurare i familiari perché non sono pronti alla sua dipartita. Quando io ero piccolo, il vero tabù era rappresentato dal sesso. Ora invece è la morte il tabù. È scomparsa qualunque dimestichezza con la pratica mortuaria, delegata alle pompe funebri, e gli annunci funebri escogitano ogni escamotage pur di non affrontare il punto: il tal dei tali si è spento, ci ha lasciati, è tornato alla casa del padre. Mai una volta che si scriva semplicemente: è morto".
Per un credente questo passaggio dovrebbe essere reso più facile dalla credenza nella resurrezione dei morti.
"Io veramente credo alla resurrezione dei vivi. La resurrezione dei morti è un concetto giudaico. Ma già con i primi cristiani cambia tutto, come mostra San Paolo nelle sue lettere: "Noi che siamo già resuscitati", "noi che sediamo nei cieli". Gesù ci offre una vita capace di superare anche la morte. Ecco perché i primi evangelisti usano il termine greco zoe. Mentrebiosindica la vita biologica, che ha un inizio, uno sviluppo e, per quanto ci dispiaccia, un disfacimento finale, la vita interiore (zoe) ringiovaniscedi giorno in giorno. Da qui le parole folli e meravigliose del Cristo: chi crede in me, non morirà mai".
E allora l'Apocalisse, il giudizio universale, la fine dei giorni?
"Gesù, polemizzando con i Sadducei, afferma che Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi. E non resuscita i morti, ma comunica ai vivi una qualità di vita che scavalca la morte stessa. Questa è la buona novella. Quando qualcuno muore e il prete dice ai parenti: un giorno il vostro caro risorgerà, questa parola non suona affatto come consolatoria, ma incrementa la disperazione. Quando risorgerà?, si chiedono. Tra un mese, un anno, un secolo? Ma alla sorella di Lazzaro, Gesù dice: io sono la resurrezione, non io sarò. E aggiunge: chi ha vissuto credendo in me, anche se muore continua a vivere. Gesù non ci ha liberati dalla paura della morte, ma dalla morte stessa".
Non è una visione del cristianesimo un po' troppo gioiosa, consolatoria?
"Tutta questa gioia però passa attraverso la croce, non ti viene regalata dall'alto. Quando stavo male, le persone pie - che sono sempre le più pericolose - mi dicevano: offri le tue sofferenze al Signore. Io non ho offerto a lui nessuna sofferenza, semmai era lui che mi diceva: accoglimi nella tua malattia. Era lui che scendeva verso di me per aiutami a superare i miei momenti di disperazione".
Torniamo al nostro tema. Per un lunghissimo periodo il freno principale all'effrazione del limite era rappresentato proprio dal terrore di incorrere nel peccato di superbia, di credersi onnipotenti come Dio.
"Questo secondo l'immagine tradizionale della religione, che presuppone un Dio che punisce e castiga. Per scribi e farisei è sacra la Legge, per Gesù invece è sacro l'uomo. Per i primi il peccato era una trasgressione della Legge e un'offesa a Dio, per Gesù il peccato è ciò che offende l'uomo ".
Ecco che salta fuori Maggi l'eretico, che vede nella religione un ostacolo che si frappone alla vera fede.
"La religione ha inventato la paura di Dio per meglio dominare le persone e mantenere posizioni di potere acquisite. Per religione si intende tutto ciò che l'uomo fa per Dio, per fede tutto ciò che Dio fa per l'uomo. Con Gesù invece Dio è all'inizio e il traguardo finale è l'uomo. Per questo ogni volta che Gesù si trova in conflitto tra l'osservanza della legge divina e il bene dell'uomo, sceglie sempre la seconda. Al contrario dei sacerdoti. Facendo il bene dell'uomo, si è certi di fare il bene di Dio, mentre quante volte invece, pensando di fare il bene di Dio, si è fatto del male all'uomo".
Se non è più il terrore di commettere peccato a fare da freno alla nostra hybris, cos'altro spinge un cristiano a riconoscere la bontà del limite?
"Il tuo bene è il mio limite. La mia libertà è infinita; nessuno può limitarla, neppure il Cristo, perché quella libertà è racchiusa nello scrigno della mia coscienza. Sono io a circoscriverla. Per il tuo bene, per la tua felicità. È così che l'apparente perdita diventa guadagno. Lo dicono bene i Vangeli: si possiede soltanto quello che si dà".
Mi sbaglierò, ma è proprio la parola limite che non si attaglia al suo vocabolario.
"Preferisco il termine pienezza. La parola limite ha una connotazione claustrofobica. La pienezza mi invita a respirare. Ogni mattina che mi sveglio, io mi trovo di fronte all'immensità dell'amore di Dio e cerco di coglierne un frammento, per poi restituirlo al prossimo. A partire, certo, dal mio limite. San Paolo usa a riguardo una bellissima espressione: abbiamo a disposizione un tesoro inestimabile e lo conserviamo in vasi da quattro soldi. Questa è la nostra condizione: una ricchezza immensa, a fronte della nostra umana fragilità e debolezza. Che però non necessariamente è negativa. Perché sarà il mio limite a farmi comprendere anche il tuo. E di nuovo ecco la rivoluzione di Gesù. Nell'Antico Testamento il Signore dice: siate santi come io sono santo. Gesù invece non invita alla santità, dice: siate compassionevoli come il Padre è compassionevole. La santità allontana dagli uomini comuni, la compassione invece ci unisce".
http://www.repubblica.it/la-repubblica- ... -67385485/
"...chi muore continua a essere parte attiva dell'azione creatrice del Padre".
Bellissimo!
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
“Può un vero cattolico militare in un partito di corrotti?”
di don Paolo Farinella
Martedì 12 novembre 2013, ore 10,30 (c/o il Tribunale Penale Genova, Piazza Portoria 1, Piano 7° sezione Prima, giudice Vignola Alessandra), sono convocato dal giudice in sede penale per rispondere dell’accusa di diffamazione nei confronti di Pierluigi Vinai, membro dell’Opus Dei e candidato sindaco di Genova del Pdl nell’elezioni del 2012.
In prima battuta il PM ha chiesto l’archiviazione, la controparte si è opposta e siamo al giudizio. Sotto accusa è un articolo del 10 maggio 2012 apparso su MicroMega col titolo «A Genova ha vinto la morale» e una serie di articoli su la Repubblica/Il Lavoro di Genova (13 e 27 maggio; 10 e 17 giugno 2012).
In questi scritti contesto a Vinai di essersi presentato come candidato del Pdl, proposto direttamente da Claudio Scajola, in quanto cattolico e dicendo di rappresentare i cattolici e facendo capire che vi era la benedizione della curia di Genova. Da cattolico, credente e praticante, mi sono sentito tirato in ballo e ho contestato duramente che un cattolico possa rappresentare e/o militare in un partito pieno di corrotti, corruttori, delinquenti, indagati, accusati anche di omicidio e di collusione con la delinquenza organizzata.
Non è necessario scomodare la storia, basta vedere com’è andata a finire con il capo/padrone di quel partito, Silvio Berlusconi, condannato in 3° grado per evasione fiscale, cioè per furto non allo Stato, ma ai suoi stessi elettori per creare fondi neri finalizzati alla corruzione per destabilizzare le Istituzioni democratiche. Costoro poi si presentano anche come «moderati», ma non si fanno scrupolo di votare in silenzio tutte le leggi-porcate in favore del loro padrone, restano indifferenti di fronte alla compravendita di senatori per fare cadere un governo democratico e legittimo, occupano i tribunali e giurano (o spergiurano?) anche fedeltà alla Costituzione italiana.
Il mio avvocato, Emilio Robotti, del foro di Genova ha preparato una lista d’indagati, corrotti, condannati di quel partito che ancora siedono in parlamento. L’elenco è corredato da un grafico. Ritengo che questo giudizio possa fare giurisprudenza e cioè stabilire se in campagna elettorale si possa usare la religione come materia di scambio o appellarsi in difesa dei «principi non negoziabili», dichiarandosi «cattolico tutto d’un pezzo» e poi rappresentare un aggregato micidiale che nulla ha di etico e di consonanza con la stessa dottrina sociale e morale della Chiesa.
Il mio avvocato ha chiesto che vengano sentiti come «periti» il Cardinale Angelo Bagnasco e il Vicario Giudiziale, cioè il Presidente del Tribunale Ecclesiastico Ligure, che fu anche docente di morale, mons. Paolo Rigon.
Essi non devono testimoniare a mio favore, né sulla moralità mia o del mio accusatore, ma solo e semplicemente devono dire sotto giuramento se uno che si proclama cattolico e se ne vanta, può dal punto di vista della morale e della dottrina comune della Chiesa cattolica candidarsi o farsi candidare da una formazione politica, proprietà privata di un signorotto, in cui militano corrotti, corruttori, indagati per ogni delitto, a cominciare dal capo che è il capo dei delinquenti, dal momento che un tribunale lo ha definito «propenso naturalmente a delinquere».
Se Vinai si fosse presentato come semplice cittadino e avesse detto che sta col Pdl perché non sopporta i comunisti che mangiano i bambini, nessuno avrebbe potuto dire nulla se non contestarlo eventualmente sul programma. Così ho fatto con Enrico Musso, già senatore del Pdl e poi fuoriuscito. A lui ho contestato il suo «liberalismo» nel senso che non può essere liberale chi milita nel Pdl di Berlusconi per cinque anni, sapendo che la sua immoralità arriva al punto di manipolare il mercato con tangenti e corruzioni. Ho votato Marco Doria proprio perché, pur presentandosi come non credente e ateo, ha dichiarato pubblicamente che aveva due obiettivi: la laicità dello Stato e il rispetto per tutte le fede.
A Genova sta succedendo il finimondo: il cardinale e mons. Rigon hanno nominato l’avvocato Michele Ispodamia, perché li rappresenti e stanno già facendo di tutto per non essere convocati, dicendo che sono tenuti al segreto professionale e non possono testimoniare sulla «moralità» di qualcuno.
Io non chiedo che testimonino sulla moralità mia o del mio accusatore, ma li convoco come periti per dire «astrattamente» se un cattolico coerente può essere sodale di Berlusconi e del suo mondo senza sporcarsi mani e piedi. Questa sentenza credo che si importante perché deve venire fuori che la laicità dello Stato deve essere in forza e in nome della Costituzione che stiamo difendendo con le unghia e con i denti – questo sì! – un principio non negoziabile da chi si candida a rappresentare le Istituzioni democratiche.
(9 novembre 2013)
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... -corrotti/
Sarà interessante vedere se il cardinal Bagnaso riuscirà a sottrarsi "all’impegno di testimoniare in sede di giustizia un principio che dovrebbe risultargli indiscutibile." http://blog-micromega.blogautore.espres ... francesco/
di don Paolo Farinella
Martedì 12 novembre 2013, ore 10,30 (c/o il Tribunale Penale Genova, Piazza Portoria 1, Piano 7° sezione Prima, giudice Vignola Alessandra), sono convocato dal giudice in sede penale per rispondere dell’accusa di diffamazione nei confronti di Pierluigi Vinai, membro dell’Opus Dei e candidato sindaco di Genova del Pdl nell’elezioni del 2012.
In prima battuta il PM ha chiesto l’archiviazione, la controparte si è opposta e siamo al giudizio. Sotto accusa è un articolo del 10 maggio 2012 apparso su MicroMega col titolo «A Genova ha vinto la morale» e una serie di articoli su la Repubblica/Il Lavoro di Genova (13 e 27 maggio; 10 e 17 giugno 2012).
In questi scritti contesto a Vinai di essersi presentato come candidato del Pdl, proposto direttamente da Claudio Scajola, in quanto cattolico e dicendo di rappresentare i cattolici e facendo capire che vi era la benedizione della curia di Genova. Da cattolico, credente e praticante, mi sono sentito tirato in ballo e ho contestato duramente che un cattolico possa rappresentare e/o militare in un partito pieno di corrotti, corruttori, delinquenti, indagati, accusati anche di omicidio e di collusione con la delinquenza organizzata.
Non è necessario scomodare la storia, basta vedere com’è andata a finire con il capo/padrone di quel partito, Silvio Berlusconi, condannato in 3° grado per evasione fiscale, cioè per furto non allo Stato, ma ai suoi stessi elettori per creare fondi neri finalizzati alla corruzione per destabilizzare le Istituzioni democratiche. Costoro poi si presentano anche come «moderati», ma non si fanno scrupolo di votare in silenzio tutte le leggi-porcate in favore del loro padrone, restano indifferenti di fronte alla compravendita di senatori per fare cadere un governo democratico e legittimo, occupano i tribunali e giurano (o spergiurano?) anche fedeltà alla Costituzione italiana.
Il mio avvocato, Emilio Robotti, del foro di Genova ha preparato una lista d’indagati, corrotti, condannati di quel partito che ancora siedono in parlamento. L’elenco è corredato da un grafico. Ritengo che questo giudizio possa fare giurisprudenza e cioè stabilire se in campagna elettorale si possa usare la religione come materia di scambio o appellarsi in difesa dei «principi non negoziabili», dichiarandosi «cattolico tutto d’un pezzo» e poi rappresentare un aggregato micidiale che nulla ha di etico e di consonanza con la stessa dottrina sociale e morale della Chiesa.
Il mio avvocato ha chiesto che vengano sentiti come «periti» il Cardinale Angelo Bagnasco e il Vicario Giudiziale, cioè il Presidente del Tribunale Ecclesiastico Ligure, che fu anche docente di morale, mons. Paolo Rigon.
Essi non devono testimoniare a mio favore, né sulla moralità mia o del mio accusatore, ma solo e semplicemente devono dire sotto giuramento se uno che si proclama cattolico e se ne vanta, può dal punto di vista della morale e della dottrina comune della Chiesa cattolica candidarsi o farsi candidare da una formazione politica, proprietà privata di un signorotto, in cui militano corrotti, corruttori, indagati per ogni delitto, a cominciare dal capo che è il capo dei delinquenti, dal momento che un tribunale lo ha definito «propenso naturalmente a delinquere».
Se Vinai si fosse presentato come semplice cittadino e avesse detto che sta col Pdl perché non sopporta i comunisti che mangiano i bambini, nessuno avrebbe potuto dire nulla se non contestarlo eventualmente sul programma. Così ho fatto con Enrico Musso, già senatore del Pdl e poi fuoriuscito. A lui ho contestato il suo «liberalismo» nel senso che non può essere liberale chi milita nel Pdl di Berlusconi per cinque anni, sapendo che la sua immoralità arriva al punto di manipolare il mercato con tangenti e corruzioni. Ho votato Marco Doria proprio perché, pur presentandosi come non credente e ateo, ha dichiarato pubblicamente che aveva due obiettivi: la laicità dello Stato e il rispetto per tutte le fede.
A Genova sta succedendo il finimondo: il cardinale e mons. Rigon hanno nominato l’avvocato Michele Ispodamia, perché li rappresenti e stanno già facendo di tutto per non essere convocati, dicendo che sono tenuti al segreto professionale e non possono testimoniare sulla «moralità» di qualcuno.
Io non chiedo che testimonino sulla moralità mia o del mio accusatore, ma li convoco come periti per dire «astrattamente» se un cattolico coerente può essere sodale di Berlusconi e del suo mondo senza sporcarsi mani e piedi. Questa sentenza credo che si importante perché deve venire fuori che la laicità dello Stato deve essere in forza e in nome della Costituzione che stiamo difendendo con le unghia e con i denti – questo sì! – un principio non negoziabile da chi si candida a rappresentare le Istituzioni democratiche.
(9 novembre 2013)
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... -corrotti/
Sarà interessante vedere se il cardinal Bagnaso riuscirà a sottrarsi "all’impegno di testimoniare in sede di giustizia un principio che dovrebbe risultargli indiscutibile." http://blog-micromega.blogautore.espres ... francesco/
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
Allora, rivolgendomi al presidente della repubblica
Presidente Napolitano
quale cittadino della Repubblica Italiana le chiedo di domandare al papa come faccia a sapere che Emanuela Orlandi è morta e chi siano il responsabili dell'omicidio
Ci conto, eh
Buona giornata, presidente
Sia chiaro, mi raccomando. Attendiamo notizie e speriamo, dopo tanti anni, la verità
Presidente Napolitano
quale cittadino della Repubblica Italiana le chiedo di domandare al papa come faccia a sapere che Emanuela Orlandi è morta e chi siano il responsabili dell'omicidio
Ci conto, eh
Buona giornata, presidente
Sia chiaro, mi raccomando. Attendiamo notizie e speriamo, dopo tanti anni, la verità
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
Dunque presidente
A quanto ho modo di constatare, la mia richiesta di cittadino non è stata ascoltata
Bergoglio dice di sapere ma lei non gli ha chiesto cosa sa e come lo sa
La invito quindi a dimettersi. Grazie
A quanto ho modo di constatare, la mia richiesta di cittadino non è stata ascoltata
Bergoglio dice di sapere ma lei non gli ha chiesto cosa sa e come lo sa
La invito quindi a dimettersi. Grazie
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Re: THE NEW CATHOLIC QUESTION
SINODO.
IL DIBATTITO
E’ APERTO
Fulvio De Giorgi
(…) Dio sta nei processi della storia
Il papa ha affermato: “Dio si manifesta in una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i processi, lo spazio li cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove […] Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio”. (...)
http://www.viandanti.org/?p=6577#more-6577
Noi Siamo Chiesa: I vescovi italiani stanno boicottando il questionario per il Sinodo sulla famiglia
di Noi Siamo Chiesa
Il questionario predisposto per la consultazione del Popolo di Dio in preparazione del Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre è un fatto nuovo e molto positivo. Per la prima volta in modo formale e generalizzato si riconosce che queste tematiche devono essere affrontate a partire dal vissuto di tutti i credenti nell’Evangelo, donne, uomini e coppie, con le loro gioie e le loro sofferenze. La proposta di discutere di queste grandi questioni esistenziali, in particolare dei loro aspetti più difficili e controversi, apre il cuore alla speranza che finalmente non si proceda più nella Chiesa sulla vecchia strada di precetti imposti e astratti dalla realtà, ma su quella che inizia dalla volontà di ascolto.
Pensiamo che le risposte a un questionario troppo complesso ed anche in tempi troppo ravvicinati approfondiranno soprattutto le questioni più vissute e aggiungeranno alla domanda aperta n.9 quelle assenti, in particolare quelle riguardanti le situazioni di violenza, nella famiglia e nella società, che colpiscono soprattutto le donne e anche i minori. Ci piace dire ciò oggi, Giornata internazionale sulla violenza contro le donne.
Ciò detto, “Noi Siamo Chiesa” ritiene che la consultazione non debba essere ristretta agli organismi diocesani e neppure solo a quelli parrocchiali (consigli pastorali, ecc…), ma coinvolgere la generalità dei credenti. Essa deve essere aperta anche ai cristiani e alle cristiane di altre Chiese nonché a donne e uomini di buona volontà, che siano sensibili alle tematiche relative alla spiritualità e interessati a offrire il loro apporto costruttivo su questioni che coinvolgono la vita e gli interrogativi etici di ogni persona. Per questo ci sembrano saggi quei parroci che hanno deciso di mettere a disposizione nelle chiese i questionari e quei vescovi di altri paesi che hanno chiesto risposte on-line al testo.
Ci dispiace constatare che le strutture della Chiesa italiana si stanno invece muovendo con troppo ritardo e con evidenti reticenze. Il 23 ottobre il segretario uscente della CEI Mons. Mariano Crociata ha inviato tempestivamente, prima ancora che il questionario diventasse pubblico, una lettera ai vescovi per attivarli sulla consultazione. Ma troppe diocesi sono ferme o, peggio, reticenti (a Bologna, per esempio, non è stata diffusa alcuna circolare ai parroci per sollecitarli a far conoscere capillarmente il documento). Un mese è stato perso, solo in questi giorni arrivano ai parroci indicazioni dalle Curie diocesane ed esse prevedono, a quanto ci risulta, l’intervento sul questionario al massimo degli organismi parrocchiali e, in certi casi, neanche di quelli. Lo stesso segretario generale del Sinodo Mons. Lorenzo Baldisseri ha riconosciuto questo ritardo nel nostro paese nell’intervista di oggi sul Quotidiano nazionale. L’Avvenire poi, con assenza di una benché minima professionalità, tace completamente dall’inizio sulla consultazione mentre è ben noto come sia pronto e assillante in altre “campagne”. Tutto ciò non ci sembra casuale, indica il disorientamento di molti vescovi. I tempi sono strettissimi, l’Avvento e il periodo natalizio sono già densi di impegni di ogni tipo. Ci chiediamo, allora, se non ci si trovi di fronte a un vero e proprio strisciante boicottaggio del questionario o, nel migliore dei casi, alla convinzione che si tratti solo di un dovere burocratico, inutile o quasi, da mettere in coda a tutti gli altri, necessario solo per non dire di NO apertamente al Vaticano.
La nostra opinione è radicalmente diversa. Ogni sede del mondo cattolico, dalle associazioni alle riviste (per esempio “Il Regno”), ai siti internet, è buona per ricevere le risposte, per elaborarle correttamente o non elaborarle e trasmetterle direttamente alla segreteria generale del Sinodo, che è un terminale abilitato a ricevere i questionari anche dai singoli. La possibilità di inviare direttamente i questionari dovrebbe sempre essere fatta presente dai nostri vescovi. Sul questionario si pronuncino i teologi, le facoltà teologiche, gli insegnanti di religione, le comunità di religiose e di religiosi, anche i monasteri di clausura, ma soprattutto le madri e i padri di famiglia, le giovani e i giovani, gli appartenenti alle minoranze sessuali, le coppie di ogni tipo e tutti quanti vivono in prima persona le tematiche esistenziali poste dal questionario. Anche i cristiani e le cristiane delle altre Chiese offrano, in spirito ecumenico, il loro apporto.
“Noi Siamo Chiesa” elaborerà in tempi rapidi una propria risposta al questionario, accogliendo così la richiesta di Papa Francesco di una partecipazione la più ampia possibile a un'iniziativa di per sé storica.
(27 novembre 2013)
http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... 4.facebook
IL DIBATTITO
E’ APERTO
Fulvio De Giorgi
(…) Dio sta nei processi della storia
Il papa ha affermato: “Dio si manifesta in una rivelazione storica, nel tempo. Il tempo inizia i processi, lo spazio li cristallizza. Dio si trova nel tempo, nei processi in corso. Non bisogna privilegiare gli spazi di potere rispetto ai tempi, anche lunghi, dei processi. Noi dobbiamo avviare processi, più che occupare spazi. Dio si manifesta nel tempo ed è presente nei processi della storia. Questo fa privilegiare le azioni che generano dinamiche nuove […] Se il cristiano è restaurazionista, legalista, se vuole tutto chiaro e sicuro, allora non trova niente. La tradizione e la memoria del passato devono aiutarci ad avere il coraggio di aprire nuovi spazi a Dio. Chi oggi cerca sempre soluzioni disciplinari, chi tende in maniera esagerata alla ‘sicurezza’ dottrinale, chi cerca ostinatamente di recuperare il passato perduto, ha una visione statica e involutiva. E in questo modo la fede diventa una ideologia tra le tante. Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio”. (...)
http://www.viandanti.org/?p=6577#more-6577
Noi Siamo Chiesa: I vescovi italiani stanno boicottando il questionario per il Sinodo sulla famiglia
di Noi Siamo Chiesa
Il questionario predisposto per la consultazione del Popolo di Dio in preparazione del Sinodo sulla famiglia del prossimo ottobre è un fatto nuovo e molto positivo. Per la prima volta in modo formale e generalizzato si riconosce che queste tematiche devono essere affrontate a partire dal vissuto di tutti i credenti nell’Evangelo, donne, uomini e coppie, con le loro gioie e le loro sofferenze. La proposta di discutere di queste grandi questioni esistenziali, in particolare dei loro aspetti più difficili e controversi, apre il cuore alla speranza che finalmente non si proceda più nella Chiesa sulla vecchia strada di precetti imposti e astratti dalla realtà, ma su quella che inizia dalla volontà di ascolto.
Pensiamo che le risposte a un questionario troppo complesso ed anche in tempi troppo ravvicinati approfondiranno soprattutto le questioni più vissute e aggiungeranno alla domanda aperta n.9 quelle assenti, in particolare quelle riguardanti le situazioni di violenza, nella famiglia e nella società, che colpiscono soprattutto le donne e anche i minori. Ci piace dire ciò oggi, Giornata internazionale sulla violenza contro le donne.
Ciò detto, “Noi Siamo Chiesa” ritiene che la consultazione non debba essere ristretta agli organismi diocesani e neppure solo a quelli parrocchiali (consigli pastorali, ecc…), ma coinvolgere la generalità dei credenti. Essa deve essere aperta anche ai cristiani e alle cristiane di altre Chiese nonché a donne e uomini di buona volontà, che siano sensibili alle tematiche relative alla spiritualità e interessati a offrire il loro apporto costruttivo su questioni che coinvolgono la vita e gli interrogativi etici di ogni persona. Per questo ci sembrano saggi quei parroci che hanno deciso di mettere a disposizione nelle chiese i questionari e quei vescovi di altri paesi che hanno chiesto risposte on-line al testo.
Ci dispiace constatare che le strutture della Chiesa italiana si stanno invece muovendo con troppo ritardo e con evidenti reticenze. Il 23 ottobre il segretario uscente della CEI Mons. Mariano Crociata ha inviato tempestivamente, prima ancora che il questionario diventasse pubblico, una lettera ai vescovi per attivarli sulla consultazione. Ma troppe diocesi sono ferme o, peggio, reticenti (a Bologna, per esempio, non è stata diffusa alcuna circolare ai parroci per sollecitarli a far conoscere capillarmente il documento). Un mese è stato perso, solo in questi giorni arrivano ai parroci indicazioni dalle Curie diocesane ed esse prevedono, a quanto ci risulta, l’intervento sul questionario al massimo degli organismi parrocchiali e, in certi casi, neanche di quelli. Lo stesso segretario generale del Sinodo Mons. Lorenzo Baldisseri ha riconosciuto questo ritardo nel nostro paese nell’intervista di oggi sul Quotidiano nazionale. L’Avvenire poi, con assenza di una benché minima professionalità, tace completamente dall’inizio sulla consultazione mentre è ben noto come sia pronto e assillante in altre “campagne”. Tutto ciò non ci sembra casuale, indica il disorientamento di molti vescovi. I tempi sono strettissimi, l’Avvento e il periodo natalizio sono già densi di impegni di ogni tipo. Ci chiediamo, allora, se non ci si trovi di fronte a un vero e proprio strisciante boicottaggio del questionario o, nel migliore dei casi, alla convinzione che si tratti solo di un dovere burocratico, inutile o quasi, da mettere in coda a tutti gli altri, necessario solo per non dire di NO apertamente al Vaticano.
La nostra opinione è radicalmente diversa. Ogni sede del mondo cattolico, dalle associazioni alle riviste (per esempio “Il Regno”), ai siti internet, è buona per ricevere le risposte, per elaborarle correttamente o non elaborarle e trasmetterle direttamente alla segreteria generale del Sinodo, che è un terminale abilitato a ricevere i questionari anche dai singoli. La possibilità di inviare direttamente i questionari dovrebbe sempre essere fatta presente dai nostri vescovi. Sul questionario si pronuncino i teologi, le facoltà teologiche, gli insegnanti di religione, le comunità di religiose e di religiosi, anche i monasteri di clausura, ma soprattutto le madri e i padri di famiglia, le giovani e i giovani, gli appartenenti alle minoranze sessuali, le coppie di ogni tipo e tutti quanti vivono in prima persona le tematiche esistenziali poste dal questionario. Anche i cristiani e le cristiane delle altre Chiese offrano, in spirito ecumenico, il loro apporto.
“Noi Siamo Chiesa” elaborerà in tempi rapidi una propria risposta al questionario, accogliendo così la richiesta di Papa Francesco di una partecipazione la più ampia possibile a un'iniziativa di per sé storica.
(27 novembre 2013)
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