Berlusconi è ancora armato e pericoloso
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Puttanate di fine regime
http://www.youtube.com/watch?v=un9jWFYpxj4
http://www.youtube.com/watch?v=-dlwVKm8ArQ
20 OTT 2013 18:45
1. IN BARBA AI RACCONTI DELLA BONEV, È FRANCESCA PASCALE LA NUOVA ZARINA DI PALAZZO GRAZIOLI: STRETTA NEL SUO CERCHIO MAGICO, I NEMICI ORMAI LA CHIAMANO “EVITA”! -
2. CON L’AIUTO DI MARINA BERLUSCONI E DELLA BADANTE MARIAROSARIA ROSSI, IL MOVIMENTO DEL “DUDUISMO” HA VINTO: ELIMINATI BONDI, SANTADECHÉ VERDINI, CARFAGNA -
3. ORMAI POSSONO VARCARE IL CANCELLO SOLO LE FEDELISSIME DELLA REGINA (DEI FAGIOLINI): SANTELLI, SALTAMARTINI, DE GIROLAMO. TUTTE COLOMBE CHE PLACANO LE IRE DEL BANANA, PER LA GIOIA DI ALFANO E LA FURIA CIECA DEI FALCHI, CHE DOPO LA PUNTATA DI SANTORO DEVONO PURE DIFENDERLA DALLE CATTIVERIE DELLE ALTRE CORTIGIANE -
4. DELLA VECCHIA CORTE DEL BERLUSCONISMO D’ANTAN NON SOPRAVVIVE PIÙ NESSUNO, A PARTE GASPAROTTI, IL REGISTA DI B: FUORI MAGGIORDOMO (ALFREDO), CUOCO (MICHELE), SEGRETARIA (MARINELLA). EPURATO L’HAREM E L’APE REGINA SABINA BEGAN
Fabrizio d'Esposito per "il Fatto Quotidiano"
Francesca Pascale detta "Evita". Il paragone è ardito e arduo, ma è questo il nomignolo appiccicato da amici e nemici alla nuova first lady di palazzo Grazioli. Il movimento del duduismo, da Dudù il caro barboncino di pelo candido, è incarnato da questa meno che trentenne napoletana di Fuorigrotta, quartiere popolare, di umili origini come la leggendaria Evita Perón. Appunto. A differenza di Veronica, la prima moglie, la Pascale in questi mesi ha costruito il suo potere a corte e messo su il suo clan o cerchio magico.
Una rivoluzione che ha sconquassato gli antichi equilibri. Con l'aiuto della corregionale Maria Rosaria Rossi, senatrice-assistente di B. e che oggi è senatrice-assistente di entrambi, B. e "Francesca", la nuova "Evita" avrebbe intrappolato l'anziano convivente in una ragnatela di noia e pantofole, stilando liste di buoni e cattivi e chiudendo finanche i rubinetti di danaro del Leader Condannato. Di qui, forse, gli attacchi, come documentato sul Fatto di sabato scorso, in cui sono riportate altre due storie lesbiche attribuite alla Pascale da qualche falco diventato d'improvviso un paria del berlusconismo.
Voci e veleni che originano dall'influenza politica di "Francesca", il vero capo delle colombe. Altro che Gianni Letta o Angelino Alfano. Berlusconi ogni sera va a dormire con una colomba e il primo ad averne contezza fu Denis Verdini, falco primigenio, alla vigilia della fiducia del 2 ottobre scorso.
La storia dell'aspro litigio tra lui ed "Evita" a palazzo Grazioli è verissima ed è questa. Quella sera, Verdini era con il Cavaliere e i due facevano i conti sui "traditori" del Senato, favorevoli al governo Letta. Si fece tardi e "Francesca" ritornò a palazzo Grazioli con tre colombe del suo cerchio magico: Jole Santelli, sottosegretario; Nunzia De Girolamo, ministro; Barbara Saltamartini, ex an. Verdini sobbalzò e la riprese. Per la serie: "Porti qua proprio queste?". Lei reagì. Fronte alta e sguardo di fuoco: "A casa mia ho il diritto di portare chi voglio, a cena o a prendere un caffè". L'epilogo è già stato raccontato: il Condannato Innamorato fu costretto a cacciare Verdini per dare soddisfazione alla Fidanzata.
Da allora, con Verdini, sono finiti nella black list del duduismo di "Evita" anche altri due fidati e storici collaboratori-parlamentari di B.: Sestino Giacomoni e Valentino Valentini, l'uomo dei misteriosi affari russi del Cavaliere. Da notare, della vecchia corte del berlusconismo d'antan non sopravvive più nessuno, a parte Roberto Gasparotti, il regista personale di B: oltre a Giacomoni e Valentini, fuori Paolino Bonaiuti, maggiordomo (Alfredo), cuoco (Michele), segretaria (Marinella). Fuori l'harem e l'Ape Regina Sabina Began.
Finanche l'inutile Capezzone. Pulizia totale. Epurazione. Persino Daniela Santanchè alias la Pitonessa è nella lista nera. Qui, per la Pascale , c'è l'aggravante dell'ingratitudine. Fu infatti la Pitonessa a "inventarla" come "La Fidanzata di B.". Un lungo lavoro alla Pretty Woman (abiti, borse, capelli, corsi di dizione), anche psicologico: "Francesca è il tuo momento, esci allo scoperto". Poi, però, "Francesca" ha legato con la primogenita di B., Marina, altra colomba, e la Santanchè è scivolata fuori dalla corte. Significativa la frase che l'Evita di Fuorigrotta avrebbe sussurrato al Fidanzato la mattina della clamorosa retromarcia sull'esecutivo delle larghe intese: "Silvio, la Santanchè ti porta alla rovina, non puoi fare quello che ti dice".
Oggi tra Villa San Martino ad Arcore e palazzo Grazioli a Roma circola un modo di dire tra falchi e colombe. A seconda del nome pronunciato, si aggiunge: "Loro non si fidano" oppure "loro si fidano". Loro: ossia la Pascale e la Rossi. La black list prosegue con Sandro Bondi e Manuela Repetti, compagni di vita che siedono insieme al Senato. "Evita" Pascale non li sopporta e B. si è allineato, al punto da lamentarsi con qualche fedelissimo: "Sandro in questo periodo sta esagerando".
Ma tutto questo è niente, raccontano dalla corte, in confronto al sentimento di odio che la Fidanzata coltiva verso tre ex ministre: Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Michela Vittoria Brambilla. Quest'ultima sarebbe stata mandata via da Arcore dalla Pascale con questa esortazione: "Vattene zoccola". La Carfagna ha scatenato la furia della Pascale per una recente intervista dal titolo: "Basta coi nominati calati dall'alto".
A incaricarsi della risposta è stata la Santelli, "Senti chi parla", ma alcuni parlamentari hanno divulgato il pesante sfogo che lo stesso Cavaliere avrebbe avuto contro "Mara" nell'ultimo pranzo con gli eurodeputati. Per la storia, la prima vittima del potere di "Evita" Pascale fu Nicola Cosentino al momento di chiudere le liste del Pdl alle politiche. Anche con il Casalese, la Fidanzata aveva un conto aperto. E il duduismo non fa sconti.
http://www.youtube.com/watch?v=un9jWFYpxj4
http://www.youtube.com/watch?v=-dlwVKm8ArQ
20 OTT 2013 18:45
1. IN BARBA AI RACCONTI DELLA BONEV, È FRANCESCA PASCALE LA NUOVA ZARINA DI PALAZZO GRAZIOLI: STRETTA NEL SUO CERCHIO MAGICO, I NEMICI ORMAI LA CHIAMANO “EVITA”! -
2. CON L’AIUTO DI MARINA BERLUSCONI E DELLA BADANTE MARIAROSARIA ROSSI, IL MOVIMENTO DEL “DUDUISMO” HA VINTO: ELIMINATI BONDI, SANTADECHÉ VERDINI, CARFAGNA -
3. ORMAI POSSONO VARCARE IL CANCELLO SOLO LE FEDELISSIME DELLA REGINA (DEI FAGIOLINI): SANTELLI, SALTAMARTINI, DE GIROLAMO. TUTTE COLOMBE CHE PLACANO LE IRE DEL BANANA, PER LA GIOIA DI ALFANO E LA FURIA CIECA DEI FALCHI, CHE DOPO LA PUNTATA DI SANTORO DEVONO PURE DIFENDERLA DALLE CATTIVERIE DELLE ALTRE CORTIGIANE -
4. DELLA VECCHIA CORTE DEL BERLUSCONISMO D’ANTAN NON SOPRAVVIVE PIÙ NESSUNO, A PARTE GASPAROTTI, IL REGISTA DI B: FUORI MAGGIORDOMO (ALFREDO), CUOCO (MICHELE), SEGRETARIA (MARINELLA). EPURATO L’HAREM E L’APE REGINA SABINA BEGAN
Fabrizio d'Esposito per "il Fatto Quotidiano"
Francesca Pascale detta "Evita". Il paragone è ardito e arduo, ma è questo il nomignolo appiccicato da amici e nemici alla nuova first lady di palazzo Grazioli. Il movimento del duduismo, da Dudù il caro barboncino di pelo candido, è incarnato da questa meno che trentenne napoletana di Fuorigrotta, quartiere popolare, di umili origini come la leggendaria Evita Perón. Appunto. A differenza di Veronica, la prima moglie, la Pascale in questi mesi ha costruito il suo potere a corte e messo su il suo clan o cerchio magico.
Una rivoluzione che ha sconquassato gli antichi equilibri. Con l'aiuto della corregionale Maria Rosaria Rossi, senatrice-assistente di B. e che oggi è senatrice-assistente di entrambi, B. e "Francesca", la nuova "Evita" avrebbe intrappolato l'anziano convivente in una ragnatela di noia e pantofole, stilando liste di buoni e cattivi e chiudendo finanche i rubinetti di danaro del Leader Condannato. Di qui, forse, gli attacchi, come documentato sul Fatto di sabato scorso, in cui sono riportate altre due storie lesbiche attribuite alla Pascale da qualche falco diventato d'improvviso un paria del berlusconismo.
Voci e veleni che originano dall'influenza politica di "Francesca", il vero capo delle colombe. Altro che Gianni Letta o Angelino Alfano. Berlusconi ogni sera va a dormire con una colomba e il primo ad averne contezza fu Denis Verdini, falco primigenio, alla vigilia della fiducia del 2 ottobre scorso.
La storia dell'aspro litigio tra lui ed "Evita" a palazzo Grazioli è verissima ed è questa. Quella sera, Verdini era con il Cavaliere e i due facevano i conti sui "traditori" del Senato, favorevoli al governo Letta. Si fece tardi e "Francesca" ritornò a palazzo Grazioli con tre colombe del suo cerchio magico: Jole Santelli, sottosegretario; Nunzia De Girolamo, ministro; Barbara Saltamartini, ex an. Verdini sobbalzò e la riprese. Per la serie: "Porti qua proprio queste?". Lei reagì. Fronte alta e sguardo di fuoco: "A casa mia ho il diritto di portare chi voglio, a cena o a prendere un caffè". L'epilogo è già stato raccontato: il Condannato Innamorato fu costretto a cacciare Verdini per dare soddisfazione alla Fidanzata.
Da allora, con Verdini, sono finiti nella black list del duduismo di "Evita" anche altri due fidati e storici collaboratori-parlamentari di B.: Sestino Giacomoni e Valentino Valentini, l'uomo dei misteriosi affari russi del Cavaliere. Da notare, della vecchia corte del berlusconismo d'antan non sopravvive più nessuno, a parte Roberto Gasparotti, il regista personale di B: oltre a Giacomoni e Valentini, fuori Paolino Bonaiuti, maggiordomo (Alfredo), cuoco (Michele), segretaria (Marinella). Fuori l'harem e l'Ape Regina Sabina Began.
Finanche l'inutile Capezzone. Pulizia totale. Epurazione. Persino Daniela Santanchè alias la Pitonessa è nella lista nera. Qui, per la Pascale , c'è l'aggravante dell'ingratitudine. Fu infatti la Pitonessa a "inventarla" come "La Fidanzata di B.". Un lungo lavoro alla Pretty Woman (abiti, borse, capelli, corsi di dizione), anche psicologico: "Francesca è il tuo momento, esci allo scoperto". Poi, però, "Francesca" ha legato con la primogenita di B., Marina, altra colomba, e la Santanchè è scivolata fuori dalla corte. Significativa la frase che l'Evita di Fuorigrotta avrebbe sussurrato al Fidanzato la mattina della clamorosa retromarcia sull'esecutivo delle larghe intese: "Silvio, la Santanchè ti porta alla rovina, non puoi fare quello che ti dice".
Oggi tra Villa San Martino ad Arcore e palazzo Grazioli a Roma circola un modo di dire tra falchi e colombe. A seconda del nome pronunciato, si aggiunge: "Loro non si fidano" oppure "loro si fidano". Loro: ossia la Pascale e la Rossi. La black list prosegue con Sandro Bondi e Manuela Repetti, compagni di vita che siedono insieme al Senato. "Evita" Pascale non li sopporta e B. si è allineato, al punto da lamentarsi con qualche fedelissimo: "Sandro in questo periodo sta esagerando".
Ma tutto questo è niente, raccontano dalla corte, in confronto al sentimento di odio che la Fidanzata coltiva verso tre ex ministre: Mara Carfagna, Mariastella Gelmini e Michela Vittoria Brambilla. Quest'ultima sarebbe stata mandata via da Arcore dalla Pascale con questa esortazione: "Vattene zoccola". La Carfagna ha scatenato la furia della Pascale per una recente intervista dal titolo: "Basta coi nominati calati dall'alto".
A incaricarsi della risposta è stata la Santelli, "Senti chi parla", ma alcuni parlamentari hanno divulgato il pesante sfogo che lo stesso Cavaliere avrebbe avuto contro "Mara" nell'ultimo pranzo con gli eurodeputati. Per la storia, la prima vittima del potere di "Evita" Pascale fu Nicola Cosentino al momento di chiudere le liste del Pdl alle politiche. Anche con il Casalese, la Fidanzata aveva un conto aperto. E il duduismo non fa sconti.
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
La storia d’Italia, come tante altre è una lunghissima, infinita ferrovia con un’infinità di scambi.
Il risultato fallimentare del PDc (sbaglia chi attribuisce al solo Bersani la responsabilità, perché è una responsabilità di indirizzo di gruppo in cui l’ex ragazzo di Bettola centra ben poco) alle ultime elezioni ha provocato l’azionamento degli scambi che ha portato l’Italia al proseguimento dell’esperienza voluta da Napolitano nel novembre del 2011.
A pretendere questa soluzione si è spesa moltissimo la mummia cinese bollita perché sapeva molto bene a cosa doveva andare incontro nei mesi successivi.
Ma l’obiettivo di Silviuzzo non è stato raggiunto. Re Giorgio non si è speso completamente (per ovvi motivi) per salvarlo.
Adesso i mussulmani sputano veleno.
20 OTT 2013 18:17
ATTACCO AL COLLE! LA SANTANCHÉ DICE QUELLO CHE TUTTI I FALCHI (COMPRESO IL BANANA) PENSANO: "NAPOLITANO HA TRADITO"
Affondo della pitonessa in diretta tv a Raiuno contro il Quirinale: "Non ritengo che fare il secondo mandato sia un sacrificio. Lo sta facendo perché lo ha proposto Silvio Berlusconi ma la pacificazione di cui aveva parlato non c'è"...
(AGI) - "In Italia ci sono dei traditori, il primo e il Pd perche è venuto meno ai patti. Poi c'è il Presidente della Repubblica, che sta facendo il suo secondo mandato perché lo ha proposto Silvio Berlusconi ma la pacificazione di cui aveva parlato non c'è". Ospite di 'L'arena su Rai 1, Daniela Santanché replica così alla domanda se considera Angelino Alfano un traditore.
La 'pitonessa' senza giri di parole attacca il Colle: "Napolitano ha tradito - afferma - e non ritengo che fare il secondo mandato sia un sacrificio... Io l'ho votato ma oggi non lo voterei più perché la pacificazione promessa non c'e e ricordo che invece quando vuole il Presidente della Repubblica le strade le sa trovare... Ora deve mantenere la parola data - insiste Santanchè - deve essere arbitro della Costituzione e non un giocatore".
Il risultato fallimentare del PDc (sbaglia chi attribuisce al solo Bersani la responsabilità, perché è una responsabilità di indirizzo di gruppo in cui l’ex ragazzo di Bettola centra ben poco) alle ultime elezioni ha provocato l’azionamento degli scambi che ha portato l’Italia al proseguimento dell’esperienza voluta da Napolitano nel novembre del 2011.
A pretendere questa soluzione si è spesa moltissimo la mummia cinese bollita perché sapeva molto bene a cosa doveva andare incontro nei mesi successivi.
Ma l’obiettivo di Silviuzzo non è stato raggiunto. Re Giorgio non si è speso completamente (per ovvi motivi) per salvarlo.
Adesso i mussulmani sputano veleno.
20 OTT 2013 18:17
ATTACCO AL COLLE! LA SANTANCHÉ DICE QUELLO CHE TUTTI I FALCHI (COMPRESO IL BANANA) PENSANO: "NAPOLITANO HA TRADITO"
Affondo della pitonessa in diretta tv a Raiuno contro il Quirinale: "Non ritengo che fare il secondo mandato sia un sacrificio. Lo sta facendo perché lo ha proposto Silvio Berlusconi ma la pacificazione di cui aveva parlato non c'è"...
(AGI) - "In Italia ci sono dei traditori, il primo e il Pd perche è venuto meno ai patti. Poi c'è il Presidente della Repubblica, che sta facendo il suo secondo mandato perché lo ha proposto Silvio Berlusconi ma la pacificazione di cui aveva parlato non c'è". Ospite di 'L'arena su Rai 1, Daniela Santanché replica così alla domanda se considera Angelino Alfano un traditore.
La 'pitonessa' senza giri di parole attacca il Colle: "Napolitano ha tradito - afferma - e non ritengo che fare il secondo mandato sia un sacrificio... Io l'ho votato ma oggi non lo voterei più perché la pacificazione promessa non c'e e ricordo che invece quando vuole il Presidente della Repubblica le strade le sa trovare... Ora deve mantenere la parola data - insiste Santanchè - deve essere arbitro della Costituzione e non un giocatore".
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
20 OTT 2013 17:53
DALLA SCIOLTA DI SCELTA CIVICA ARRIVANO 12 APOSTOLI SALVA-BANANA - MONTI SI SPOSTA A SINISTRA PER ACCREDITARSI CON RENZI
Mauro voterà contro la decadenza "per amicizia personale", Casini tentenna, pronti a salvare il Cav anche gli altri senatori che hanno sfanculato Rigor Montis: Marino, Di Maggio, D'Onghia, De Poli, Di Biagio - Gabriele Albertini: "La retroattività della Severino su Berlusconi è incostituzionale”…
Paolo Bracalini per "Il Giornale"
Molto, nella crisi di Scelta civica, si gioca sul nodo «decadenza di Berlusconi» e applicabilità retroattiva della legge Severino. Monti e i suoi fedeli voteranno per la decadenza: «È una legge costituzionale che non necessita di verifiche» dice l'ex premier al Corriere. E i dodici senatori di Scelta civica che hanno sfiduciato Monti e ora lavorano ad un nuovo gruppo?
La convinzione del Prof è che si siano «venduti» al Cavaliere barattando un'alleanza con il voto contro la decadenza («il ministro Mauro ha ospitato a colazione Berlusconi e Alfano al circolo ufficiali del Ministero» racconta Monti dando le coordinate del tradimento).
Una «volgare accusa», rispondono loro, che rivendicano il diritto a decidere con la propria coscienza sul caso Berlusconi. In «pausa riflessione» sarebbero diversi senatori tra quelli in rotta con Monti: i senatori Marino, Tito Di Maggio, D'Onghia, De Poli, lo stesso ministro Mauro «che voterà contro la decadenza in nome dell'amicizia personale con Berlusconi» assicura Andrea Olivero, già coordinatore di Scelta civica e ora tra i secessionisti cattolici (ma sulla decadenza di Berlusconi «voterò a favore»).
Inquieto anche Casini, uno degli artefici del terremoto centrista. Il leader Udc spera che Berlusconi «si dimetta prima», ma su quel che voterà poi lui, al Senato, non si sbilancia, «non ho ancora deciso, al momento giusto lo dirò». Oscillazione che nel partito di Monti leggono come una dichiarazione d'intenti contro la decadenza, nel segreto dell'urna. Casini, del resto, non ha nascosto la sua opinione: «L'accanimento che parte della magistratura ha svolto nei suoi confronti è indubitabile» ha detto nei giorni scorsi.
E dai banchi Udc, nocciolo della fronda a Monti, arrivano altri distinguo che invitano alla prudenza sul siluramento di Berlusconi. Come quelli di Buttiglione, deputato di Sc, che vede un «dubbio fondato di costituzionalità sulla legge Severino» e quindi chiede venga rimandata alla Consulta, perché «non si può dare l'impressione che Berlusconi abbia meno diritti degli altri».
Tra i frondisti montiani c'è anche il senatore Aldo Di Biagio, che raggiungiamo a Londra, in pellegrinaggio con altri parlamentari ai luoghi di san Tommaso Moro, patrono dei politici (viaggio organizzato dal ministro Lupi, colomba Pdl...): «Io spero che Berlusconi scelga di dimettersi prima di un voto sulla sua decadenza. Ma detto questo, sono convinto che ci sia una parte della magistratura che non persegue la giustizia ma la fama».
Molto prudente, a dir poco, è un altro dei senatori di Scelta civica in dissidio con l'ex presidente del partito, e cioè Gabriele Albertini, ex sindaco forzista di Milano:
«Se mi chiede cosa voterò le rispondo che prima voglio sapere su che cosa si vota. Nel senso, cosa dirà la mozione che verrà messa a scrutinio al Senato. Io penso che debba prevedere una consultazione della Corte costituzionale sull'applicabilità retroattiva della legge Severino al caso di Berlusconi. Io ho dei forti dubbi, non perché sia un magistrato, ma perché so leggere. E leggo non solo il parere di illustri giuristi, o l'articolo 25 della Costituzione. Ma anche soltanto la legge del 1981 sulle sanzioni amministrative. La quale, all'articolo 1, dice che anche le sanzioni amministrative non si possono applicare retroattivamente. Quando l'ho scoperto molti colleghi senatori sono rimasti sorpresi. A cominciare dal presidente Monti, che mi ha chiesto di passargli l'Ipad per poi leggerla. Con molta attenzione, ricordo».
DALLA SCIOLTA DI SCELTA CIVICA ARRIVANO 12 APOSTOLI SALVA-BANANA - MONTI SI SPOSTA A SINISTRA PER ACCREDITARSI CON RENZI
Mauro voterà contro la decadenza "per amicizia personale", Casini tentenna, pronti a salvare il Cav anche gli altri senatori che hanno sfanculato Rigor Montis: Marino, Di Maggio, D'Onghia, De Poli, Di Biagio - Gabriele Albertini: "La retroattività della Severino su Berlusconi è incostituzionale”…
Paolo Bracalini per "Il Giornale"
Molto, nella crisi di Scelta civica, si gioca sul nodo «decadenza di Berlusconi» e applicabilità retroattiva della legge Severino. Monti e i suoi fedeli voteranno per la decadenza: «È una legge costituzionale che non necessita di verifiche» dice l'ex premier al Corriere. E i dodici senatori di Scelta civica che hanno sfiduciato Monti e ora lavorano ad un nuovo gruppo?
La convinzione del Prof è che si siano «venduti» al Cavaliere barattando un'alleanza con il voto contro la decadenza («il ministro Mauro ha ospitato a colazione Berlusconi e Alfano al circolo ufficiali del Ministero» racconta Monti dando le coordinate del tradimento).
Una «volgare accusa», rispondono loro, che rivendicano il diritto a decidere con la propria coscienza sul caso Berlusconi. In «pausa riflessione» sarebbero diversi senatori tra quelli in rotta con Monti: i senatori Marino, Tito Di Maggio, D'Onghia, De Poli, lo stesso ministro Mauro «che voterà contro la decadenza in nome dell'amicizia personale con Berlusconi» assicura Andrea Olivero, già coordinatore di Scelta civica e ora tra i secessionisti cattolici (ma sulla decadenza di Berlusconi «voterò a favore»).
Inquieto anche Casini, uno degli artefici del terremoto centrista. Il leader Udc spera che Berlusconi «si dimetta prima», ma su quel che voterà poi lui, al Senato, non si sbilancia, «non ho ancora deciso, al momento giusto lo dirò». Oscillazione che nel partito di Monti leggono come una dichiarazione d'intenti contro la decadenza, nel segreto dell'urna. Casini, del resto, non ha nascosto la sua opinione: «L'accanimento che parte della magistratura ha svolto nei suoi confronti è indubitabile» ha detto nei giorni scorsi.
E dai banchi Udc, nocciolo della fronda a Monti, arrivano altri distinguo che invitano alla prudenza sul siluramento di Berlusconi. Come quelli di Buttiglione, deputato di Sc, che vede un «dubbio fondato di costituzionalità sulla legge Severino» e quindi chiede venga rimandata alla Consulta, perché «non si può dare l'impressione che Berlusconi abbia meno diritti degli altri».
Tra i frondisti montiani c'è anche il senatore Aldo Di Biagio, che raggiungiamo a Londra, in pellegrinaggio con altri parlamentari ai luoghi di san Tommaso Moro, patrono dei politici (viaggio organizzato dal ministro Lupi, colomba Pdl...): «Io spero che Berlusconi scelga di dimettersi prima di un voto sulla sua decadenza. Ma detto questo, sono convinto che ci sia una parte della magistratura che non persegue la giustizia ma la fama».
Molto prudente, a dir poco, è un altro dei senatori di Scelta civica in dissidio con l'ex presidente del partito, e cioè Gabriele Albertini, ex sindaco forzista di Milano:
«Se mi chiede cosa voterò le rispondo che prima voglio sapere su che cosa si vota. Nel senso, cosa dirà la mozione che verrà messa a scrutinio al Senato. Io penso che debba prevedere una consultazione della Corte costituzionale sull'applicabilità retroattiva della legge Severino al caso di Berlusconi. Io ho dei forti dubbi, non perché sia un magistrato, ma perché so leggere. E leggo non solo il parere di illustri giuristi, o l'articolo 25 della Costituzione. Ma anche soltanto la legge del 1981 sulle sanzioni amministrative. La quale, all'articolo 1, dice che anche le sanzioni amministrative non si possono applicare retroattivamente. Quando l'ho scoperto molti colleghi senatori sono rimasti sorpresi. A cominciare dal presidente Monti, che mi ha chiesto di passargli l'Ipad per poi leggerla. Con molta attenzione, ricordo».
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
E' molto difficile pensare in questo momento che ci sia qualcuno che possa cambiare tutto questo.
21 OTT 2013 09:54
VERDINI & VERDONI - DENIS CONFESSA A ‘’REPORT’’ UN REATO DEL 1989: “HO PRESO 800 MILA EURO IN NERO. UNA COSA NORMALISSIMA, SI FA COSI’ NELLA VITA…”
L’uomo-pallottoliere di Berlusconi ammette di aver ricevuto 800mila euro in nero per una operazione immobiliare: “Ma è una cosa normalissima, si fa così nella vita” - Il rapporto “molto speciale” dell’imprenditore Arnone con il Credito Cooperativo Fiorentino e il ruolo del fratello di Verdini…
Sigfido Ranucci con collaborazione di Giorgio Mottola per Corriere.it
«Sì, ho preso soldi in nero». Davanti alle telecamere di Report il senatore Denis Verdini ammette di aver intascato, senza dichiararli al fisco, 800 mila euro ricevuti da un costruttore siciliano emigrato a Campi Bisenzio, Ignazio Arnone. «Ma è una cosa normalissima, si fa così nella vita», prova a giustificarsi il coordinatore del Pdl, che da presidente del Credito Cooperativo Fiorentino aveva Arnone tra i suoi clienti.
Il denaro incassato dal senatore fiorentino è il frutto di una operazione immobiliare che risale al 1989, quando l'impresa edile del piccolo costruttore rileva da Verdini alcuni lotti a Signa, nei pressi di Firenze, per costruirci residenze familiari. Una parte della cifra pattuita viene versata regolarmente, l'altra in nero. «Una storia vecchia», è la precisazione che fa Verdini.
Ma analizzando i bilanci degli ultimi anni si scopre che fino al 2011 Ignazio Arnone ha prelevato circa 2 milioni di euro dal conto aziendale aperto presso il Credito Cooperativo. Soldi messi a bilancio come «finanziamento soci», ma di cui si perde traccia, una volta usciti dalla banca. Ed è in conseguenza di questi prelievi che sarebbero poi fallite le imprese del costruttore siciliano.
Che nelle movimentazioni bancarie di Arnone ci sia qualcosa che non torna lo conferma anche la curatrice fallimentare delle sue aziende, Silvia Cecconi, la quale attribuisce a Ettore Verdini, fratello di Denis, un ruolo centrale nel crac delle società del costruttore siciliano. Secondo l'accusa, depositata presso il Tribunale Civile di Firenze, il fratello del senatore, fino a un anno fa commercialista di Arnone, sarebbe stato «l'amministratore reale» delle aziende dell'imprenditore.
Ed è a Ettore Verdini che Arnone vende le quote della società proprietaria dei terreni di Signa, quando comincia a essere in sofferenza con il Credito Cooperativo Fiorentino. Per il ruolo che ha avuto nella vicenda Arnone, la curatrice ha dunque avanzato una richiesta di risarcimento nei confronti del fratello del senatore pari a circa 4 milioni e mezzo di euro.
Analizzando invece le movimentazioni bancarie dei conti correnti di Denis Verdini spuntano fuori alcune curiosità. Tra i bonifici, ce n'è ad esempio uno all'estero, indirizzato a un atelier svizzero specializzato in alto antiquariato. Seguendo la traccia dei soldi, siamo così arrivati a Crans Montana, località del turismo di lusso del Cantone Vallese svizzero, dove abbiamo trovato uno chalet, intestato ancora oggi alla moglie del coordinatore del Pdl, Simonetta Fossombroni.
Ma la disponibilità finanziaria di Verdini non viene messa a rischio nemmeno dalle inchieste della magistratura che tra il 2010 e il 2011 hanno portato al sequestro di tutti i suoi conti e delle proprietà immobiliari. Nonostante i beni congelati, Denis Verdini riesce, infatti, a ottenere da Veneto Banca un prestito da 7 milioni e mezzo di euro, necessari per rientrare dai debiti che aveva contratto con il Credito Cooperativo Fiorentino per le sue società editoriali e le sue imprese immobiliari.
Ma può una banca dare così tanti soldi a una persona che ha tutti i beni sequestrati? È difficile non farlo se la garanzia si chiama Silvio Berlusconi. In calce al bonifico milionario di Banca Veneto c'è proprio la firma del Cavaliere quale cessionario.
***
2. LA BANCA DI VERDINI E QUEI PAGAMENTI IN NERO
Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera"
Impossibile non fare un salto sulla sedia quando Denis Verdini ammette davanti alla telecamera di aver ricevuto un pagamento in nero. Ottocentomila euro per un terreno venduto a un muratore di Palermo trapiantato a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze. «Un'operazione», dice, «che per fortuna risale a tantissimi anni fa». Il 1989, quando il protagonista di questa vicenda non era ancora uno degli uomini politici più potenti d'Italia, senatore e coordinatore del partito di Silvio Berlusconi. E poi, si giustifica, «come si fa normalmente nella vita, se tu nel contratto scrivi dieci e invece è venti...».
Anche se proprio normale non è, soprattutto se poi i soldi il suo debitore li prende dalla banca della quale il senatore in questione è anche il dominus, il Credito cooperativo fiorentino.
Come non è normale che un signore al centro di mille misteri e con seri precedenti penali dia 800 mila euro al senatore in questione come contributo per il suo giornale claudicante. Si chiama Flavio Carboni, e in quel momento ha in ballo un investimento eolico in Sardegna che incontra difficoltà perché il governatore pidiellino Ugo Cappellacci ha deciso di cambiare le regole.
«Era interessato ad aprire le pagine in Sardegna», dice il coordinatore del Pdl. «Ma cosa me ne fregava? Chiamavo frequentemente Verdini perché insistesse su Cappellacci per, diciamo così, applicare la legge. La legge del suo predecessore», è la versione di Carboni. Che adesso vuole il denaro indietro.
Sono due frammenti del lungo servizio di Sigfrido Ranucci che stasera va in onda su Rai tre per Report di Milena Gabanelli nel quale si ricostruisce l'incredibile scalata di Verdini ai vertici del potere politico. È lui che nel partito stabilisce nomine e incarichi. È lui che decide chi occupa un seggio in Parlamento grazie al famigerato Porcellum che porta anche il suo marchio, essendo copiato dalla legge elettorale della rossa Toscana frutto di un accordo fra Verdini e la sinistra. È lui che s'impegna per difendere Berlusconi dall'«assedio» dei magistrati...
Viene da una famiglia povera e nessuno lo aiuta. Ma nella capacità di creare cortocircuiti fra la politica e gli affari è quasi imbattibile. In pochi anni mette insieme una fortuna, dalle attività editoriali alle proprietà immobiliari: ne ha pure in Svizzera, a Crans Montana. Tutto ruota intorno a una piccola banca, il Credito cooperativo di Campi Bisenzio.
Da quel piccolo istituto arrivano i soldi per gli imprenditori amici e soci di Verdini impegnati negli appalti pubblici, quale il costruttore Riccardo Fusi, che sarà coinvolto nelle inchieste sulla Cricca. Arrivano anche i finanziamenti per i compagni di partito in difficoltà, come il senatore Marcello Dell'Utri. E arrivano anche i denari per alimentare le attività dell'editore Verdini. Al punto che quando interviene la Vigilanza salta fuori che fra i più esposti con la banca della quale è presidente da tempo immemore c'è proprio lui.
Dodici milioni di euro, per l'esattezza. «Deve rientrare», commenta Milena Gabanelli, «e qui si mobilita l'esercito della salvezza. Il compagno di partito Antonio Angelucci ha fatto partire dal suo conto in Lussemburgo circa 10 milioni e in pegno si prende le due ville in Toscana. Si mobilita anche Riccardo Conti, il parlamentare Pdl diventato noto per aver comprato il palazzo di via della Stamperia a Roma per 26 milioni, rivenduto nella stessa giornata a 44, e in quello stesso giorno stacca anche un assegno alla signora Verdini per un milione 150 mila euro. Sette milioni e mezzo invece arrivano da Veneto Banca. Ma chi garantisce?». Le garanzie, spiega Ranucci, vengono nientemeno che da Berlusconi.
Vi chiederete: com'è possibile che un senatore in carica gestisca una banca, che per giunta presta quattrini a lui stesso, ai politici e a discussi imprenditori? La legge in effetti lo vieta, ma siccome c'è una deroga per le cooperative, e quella di Campi Bisenzio è una coop pur essendo una banca commerciale a tutti gli effetti, non ci sono ostacoli formali. Una sovrapposizione di ruolo inconcepibile in qualunque Paese normale, che lui però non fa nulla per nascondere. Anzi. È proprio quella la sua forza.
Per i cento anni del Credito di Campi Bisenzio organizza perfino una grande festa con un testimonial d'eccezione: Rosario Fiorello. Qualche mese dopo l'istituto viene commissariato. E il Fondo di garanzia delle Bcc tappa il buco. Milena Gabanelli ricorda che i commissari hanno chiesto ai manager del Credito cooperativo un risarcimento danni di 44 milioni. E i guai sono appena cominciati. Domani è prevista l'udienza preliminare del procedimento per presunta truffa allo Stato nel quale è coinvolto Verdini per i finanziamenti pubblici incassati dal gruppo editoriale del suo «Giornale della Toscana» .
21 OTT 2013 09:54
VERDINI & VERDONI - DENIS CONFESSA A ‘’REPORT’’ UN REATO DEL 1989: “HO PRESO 800 MILA EURO IN NERO. UNA COSA NORMALISSIMA, SI FA COSI’ NELLA VITA…”
L’uomo-pallottoliere di Berlusconi ammette di aver ricevuto 800mila euro in nero per una operazione immobiliare: “Ma è una cosa normalissima, si fa così nella vita” - Il rapporto “molto speciale” dell’imprenditore Arnone con il Credito Cooperativo Fiorentino e il ruolo del fratello di Verdini…
Sigfido Ranucci con collaborazione di Giorgio Mottola per Corriere.it
«Sì, ho preso soldi in nero». Davanti alle telecamere di Report il senatore Denis Verdini ammette di aver intascato, senza dichiararli al fisco, 800 mila euro ricevuti da un costruttore siciliano emigrato a Campi Bisenzio, Ignazio Arnone. «Ma è una cosa normalissima, si fa così nella vita», prova a giustificarsi il coordinatore del Pdl, che da presidente del Credito Cooperativo Fiorentino aveva Arnone tra i suoi clienti.
Il denaro incassato dal senatore fiorentino è il frutto di una operazione immobiliare che risale al 1989, quando l'impresa edile del piccolo costruttore rileva da Verdini alcuni lotti a Signa, nei pressi di Firenze, per costruirci residenze familiari. Una parte della cifra pattuita viene versata regolarmente, l'altra in nero. «Una storia vecchia», è la precisazione che fa Verdini.
Ma analizzando i bilanci degli ultimi anni si scopre che fino al 2011 Ignazio Arnone ha prelevato circa 2 milioni di euro dal conto aziendale aperto presso il Credito Cooperativo. Soldi messi a bilancio come «finanziamento soci», ma di cui si perde traccia, una volta usciti dalla banca. Ed è in conseguenza di questi prelievi che sarebbero poi fallite le imprese del costruttore siciliano.
Che nelle movimentazioni bancarie di Arnone ci sia qualcosa che non torna lo conferma anche la curatrice fallimentare delle sue aziende, Silvia Cecconi, la quale attribuisce a Ettore Verdini, fratello di Denis, un ruolo centrale nel crac delle società del costruttore siciliano. Secondo l'accusa, depositata presso il Tribunale Civile di Firenze, il fratello del senatore, fino a un anno fa commercialista di Arnone, sarebbe stato «l'amministratore reale» delle aziende dell'imprenditore.
Ed è a Ettore Verdini che Arnone vende le quote della società proprietaria dei terreni di Signa, quando comincia a essere in sofferenza con il Credito Cooperativo Fiorentino. Per il ruolo che ha avuto nella vicenda Arnone, la curatrice ha dunque avanzato una richiesta di risarcimento nei confronti del fratello del senatore pari a circa 4 milioni e mezzo di euro.
Analizzando invece le movimentazioni bancarie dei conti correnti di Denis Verdini spuntano fuori alcune curiosità. Tra i bonifici, ce n'è ad esempio uno all'estero, indirizzato a un atelier svizzero specializzato in alto antiquariato. Seguendo la traccia dei soldi, siamo così arrivati a Crans Montana, località del turismo di lusso del Cantone Vallese svizzero, dove abbiamo trovato uno chalet, intestato ancora oggi alla moglie del coordinatore del Pdl, Simonetta Fossombroni.
Ma la disponibilità finanziaria di Verdini non viene messa a rischio nemmeno dalle inchieste della magistratura che tra il 2010 e il 2011 hanno portato al sequestro di tutti i suoi conti e delle proprietà immobiliari. Nonostante i beni congelati, Denis Verdini riesce, infatti, a ottenere da Veneto Banca un prestito da 7 milioni e mezzo di euro, necessari per rientrare dai debiti che aveva contratto con il Credito Cooperativo Fiorentino per le sue società editoriali e le sue imprese immobiliari.
Ma può una banca dare così tanti soldi a una persona che ha tutti i beni sequestrati? È difficile non farlo se la garanzia si chiama Silvio Berlusconi. In calce al bonifico milionario di Banca Veneto c'è proprio la firma del Cavaliere quale cessionario.
***
2. LA BANCA DI VERDINI E QUEI PAGAMENTI IN NERO
Sergio Rizzo per il "Corriere della Sera"
Impossibile non fare un salto sulla sedia quando Denis Verdini ammette davanti alla telecamera di aver ricevuto un pagamento in nero. Ottocentomila euro per un terreno venduto a un muratore di Palermo trapiantato a Campi Bisenzio, alle porte di Firenze. «Un'operazione», dice, «che per fortuna risale a tantissimi anni fa». Il 1989, quando il protagonista di questa vicenda non era ancora uno degli uomini politici più potenti d'Italia, senatore e coordinatore del partito di Silvio Berlusconi. E poi, si giustifica, «come si fa normalmente nella vita, se tu nel contratto scrivi dieci e invece è venti...».
Anche se proprio normale non è, soprattutto se poi i soldi il suo debitore li prende dalla banca della quale il senatore in questione è anche il dominus, il Credito cooperativo fiorentino.
Come non è normale che un signore al centro di mille misteri e con seri precedenti penali dia 800 mila euro al senatore in questione come contributo per il suo giornale claudicante. Si chiama Flavio Carboni, e in quel momento ha in ballo un investimento eolico in Sardegna che incontra difficoltà perché il governatore pidiellino Ugo Cappellacci ha deciso di cambiare le regole.
«Era interessato ad aprire le pagine in Sardegna», dice il coordinatore del Pdl. «Ma cosa me ne fregava? Chiamavo frequentemente Verdini perché insistesse su Cappellacci per, diciamo così, applicare la legge. La legge del suo predecessore», è la versione di Carboni. Che adesso vuole il denaro indietro.
Sono due frammenti del lungo servizio di Sigfrido Ranucci che stasera va in onda su Rai tre per Report di Milena Gabanelli nel quale si ricostruisce l'incredibile scalata di Verdini ai vertici del potere politico. È lui che nel partito stabilisce nomine e incarichi. È lui che decide chi occupa un seggio in Parlamento grazie al famigerato Porcellum che porta anche il suo marchio, essendo copiato dalla legge elettorale della rossa Toscana frutto di un accordo fra Verdini e la sinistra. È lui che s'impegna per difendere Berlusconi dall'«assedio» dei magistrati...
Viene da una famiglia povera e nessuno lo aiuta. Ma nella capacità di creare cortocircuiti fra la politica e gli affari è quasi imbattibile. In pochi anni mette insieme una fortuna, dalle attività editoriali alle proprietà immobiliari: ne ha pure in Svizzera, a Crans Montana. Tutto ruota intorno a una piccola banca, il Credito cooperativo di Campi Bisenzio.
Da quel piccolo istituto arrivano i soldi per gli imprenditori amici e soci di Verdini impegnati negli appalti pubblici, quale il costruttore Riccardo Fusi, che sarà coinvolto nelle inchieste sulla Cricca. Arrivano anche i finanziamenti per i compagni di partito in difficoltà, come il senatore Marcello Dell'Utri. E arrivano anche i denari per alimentare le attività dell'editore Verdini. Al punto che quando interviene la Vigilanza salta fuori che fra i più esposti con la banca della quale è presidente da tempo immemore c'è proprio lui.
Dodici milioni di euro, per l'esattezza. «Deve rientrare», commenta Milena Gabanelli, «e qui si mobilita l'esercito della salvezza. Il compagno di partito Antonio Angelucci ha fatto partire dal suo conto in Lussemburgo circa 10 milioni e in pegno si prende le due ville in Toscana. Si mobilita anche Riccardo Conti, il parlamentare Pdl diventato noto per aver comprato il palazzo di via della Stamperia a Roma per 26 milioni, rivenduto nella stessa giornata a 44, e in quello stesso giorno stacca anche un assegno alla signora Verdini per un milione 150 mila euro. Sette milioni e mezzo invece arrivano da Veneto Banca. Ma chi garantisce?». Le garanzie, spiega Ranucci, vengono nientemeno che da Berlusconi.
Vi chiederete: com'è possibile che un senatore in carica gestisca una banca, che per giunta presta quattrini a lui stesso, ai politici e a discussi imprenditori? La legge in effetti lo vieta, ma siccome c'è una deroga per le cooperative, e quella di Campi Bisenzio è una coop pur essendo una banca commerciale a tutti gli effetti, non ci sono ostacoli formali. Una sovrapposizione di ruolo inconcepibile in qualunque Paese normale, che lui però non fa nulla per nascondere. Anzi. È proprio quella la sua forza.
Per i cento anni del Credito di Campi Bisenzio organizza perfino una grande festa con un testimonial d'eccezione: Rosario Fiorello. Qualche mese dopo l'istituto viene commissariato. E il Fondo di garanzia delle Bcc tappa il buco. Milena Gabanelli ricorda che i commissari hanno chiesto ai manager del Credito cooperativo un risarcimento danni di 44 milioni. E i guai sono appena cominciati. Domani è prevista l'udienza preliminare del procedimento per presunta truffa allo Stato nel quale è coinvolto Verdini per i finanziamenti pubblici incassati dal gruppo editoriale del suo «Giornale della Toscana» .
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Decadenza, il voto a fine novembre per evitare trappole sulla manovra Alfano: meglio tempi lunghi
(LIANA MILELLA).
23/10/2013 di triskel182
Berlusconi Napolitano: una panzana il patto con il Cavaliere.
ROMA— Ormai il braccio di ferro è sui tempi. Voto palese o segreto che sia, il Pdl è convinto di non farcela. Quindi, sulla decadenza di Berlusconi dal Senato, vuole giocare fino in fondo una partita dura: o far saltare il voto, con la pretesa di anticipare quello sull’interdizione dei giudici; o comunque imporre — pena la minaccia di dare forfait sulla legge di stabilità — che il Cavaliere resti al suo posto il più a lungo possibile. Berlusconi continua a ripete: «Se mi fanno decadere, salta la manovra ». E i suoi avvocati decideranno se ricorrere in Cassazione contro i due anni di interdizione stabiliti dalla Corte di appello solo «dopo» aver letto le motivazioni, che dovrebbero esser pronte tra 15 giorni. Se il Cavaliere non ricorre alla Suprema corte l’interdizione è definitiva, e il Pdl pretenderà che prenda il sopravvento sulla legge Severino. In questa direzione insiste soprattutto il gruppo di Alfano che vuole salvare il governo.
Ovviamente, poiché l’interdizione deve fare la stessa trafila della Severino — prima la giunta per le Immunità, poi l’aula — andremmo sicuramente all’anno nuovo, guadagnando mesi per la campagna elettorale in vista delle Europee e sfruttando pure
i tempi lunghi per la procedura di affidamento al servizio sociale.
All’opposto, anche il Pd ha un problema di tempi, che vanno in rotta di collisione con quelli lunghi del Pdl. I Democratici li vorrebbero ristretti al massimo. I senatori continuano a ricevere mail, lettere, sms in cui li si sollecita a chiudere una volta per tutte questa partita con Berlusconi. Il leit motiv è «mandatelo a casa». Per certo il Pd non si può permettere un voto che vada oltre l’8 dicembre, la data del suo congresso.
Ma quella più “comoda” per il Pd — e cioè entro la metà di novembre, prima che la legge di stabilità vada in aula — rischia davvero di mettere in crisi il governo Letta e di lasciare il Paese senza la manovra economica. La ragione è semplice: solo al Senato il Pdl è determinante per garantire la maggioranza, mentre alla Camera il Pd ha i numeri sufficienti per fare da solo, quindi lo scoglio del voto al Senato va superato a tutti i costi, anche garantendo al Pdl i tempi lunghi che chiede. Il compromesso che si palesa è quello di fissare la seduta sulla decadenza di Berlusconi a fine novembre, dopo il voto sulla manovra. Ma, come abbiamo visto, il trucchetto del Pdl potrebbe essere quello di incassare il rinvio e poi si rovesciare il tavolo sull’interdizione. Tutto pur di bloccare la Severino, un «pericoloso precedente» secondo Raffaele Fitto. Soprattutto per lui visto che a Bari ha una condanna in primo grado per corruzione e finanziamento illecito e alla fine del processo potrebbe ritrovrarsi, se condannato, come Silvio. .
Se il dipanarsi dei tempi è questo, si amplia pure il margine per affrontare la questione sul tipo di voto, se segreto oppure palese. Questione che sta assai a cuore ai Dem, tant’è che il capogruppo Luigi Zanda, quando una settimana fa si è riunita la giunta per il Regolamento di cui fa parte, uscendo dall’incontro ha detto ai giornalisti: «Il voto palese garantisce in modo migliore la trasparenza delle decisioni». Non è un mistero che anche il presidente del Senato Pietro Grasso, al vertice della giunta per il Regolamento che dovrà dirimere la querelle, sembra propendere per il voto palese. Diceva ieri a New York, dov’è il visita ufficiale: «Se il voto sarà segreto bisognerà vedere se sarà davvero un voto di coscienza o se dipenderà piuttosto da interessi diversi. Se invece sarà palese, tutto
sarà più chiaro».
La giunta si riunisce martedì 29. I due relatori Francesco Russo (Pd) e Anna Maria Bernini (Pdl) stanno lavorando alle rispettive tesi. Voto palese il primo, segreto la seconda. Si raccolgono i precedenti. Si fa il confronto con la Camera dove sui casi di decadenza da interdizione il voto è palese. Si raccolgono pareri di giuristi, come Alessandro Pace e Stefano Ceccanti. I voti sono ballerini: sul fronte voto segreto per certo 3 Pdl, 1 Lega, 1 Gal; incerti Zeller (Svp) e Lanzillotta (montiana). Dall’altra 3 Pd, 1 Sel, 2M5S.
Chiarezza, trasparenza, no alle fumisterie. L’esigenza è questa. Su questa linea il Quirinale se la prende col Fatto per via di un ipotetico «patto tradito» tra il Colle e Berlusconi. «Il Colle le definisce «ridicole panzane» e rinvia tutto alla nota ufficiale del 13 agosto nella quale, sulla clemenza, Napolitano «si è espresso con la massima chiarezza e precisione».
Da la Repubblica del 23/10/2013.
(LIANA MILELLA).
23/10/2013 di triskel182
Berlusconi Napolitano: una panzana il patto con il Cavaliere.
ROMA— Ormai il braccio di ferro è sui tempi. Voto palese o segreto che sia, il Pdl è convinto di non farcela. Quindi, sulla decadenza di Berlusconi dal Senato, vuole giocare fino in fondo una partita dura: o far saltare il voto, con la pretesa di anticipare quello sull’interdizione dei giudici; o comunque imporre — pena la minaccia di dare forfait sulla legge di stabilità — che il Cavaliere resti al suo posto il più a lungo possibile. Berlusconi continua a ripete: «Se mi fanno decadere, salta la manovra ». E i suoi avvocati decideranno se ricorrere in Cassazione contro i due anni di interdizione stabiliti dalla Corte di appello solo «dopo» aver letto le motivazioni, che dovrebbero esser pronte tra 15 giorni. Se il Cavaliere non ricorre alla Suprema corte l’interdizione è definitiva, e il Pdl pretenderà che prenda il sopravvento sulla legge Severino. In questa direzione insiste soprattutto il gruppo di Alfano che vuole salvare il governo.
Ovviamente, poiché l’interdizione deve fare la stessa trafila della Severino — prima la giunta per le Immunità, poi l’aula — andremmo sicuramente all’anno nuovo, guadagnando mesi per la campagna elettorale in vista delle Europee e sfruttando pure
i tempi lunghi per la procedura di affidamento al servizio sociale.
All’opposto, anche il Pd ha un problema di tempi, che vanno in rotta di collisione con quelli lunghi del Pdl. I Democratici li vorrebbero ristretti al massimo. I senatori continuano a ricevere mail, lettere, sms in cui li si sollecita a chiudere una volta per tutte questa partita con Berlusconi. Il leit motiv è «mandatelo a casa». Per certo il Pd non si può permettere un voto che vada oltre l’8 dicembre, la data del suo congresso.
Ma quella più “comoda” per il Pd — e cioè entro la metà di novembre, prima che la legge di stabilità vada in aula — rischia davvero di mettere in crisi il governo Letta e di lasciare il Paese senza la manovra economica. La ragione è semplice: solo al Senato il Pdl è determinante per garantire la maggioranza, mentre alla Camera il Pd ha i numeri sufficienti per fare da solo, quindi lo scoglio del voto al Senato va superato a tutti i costi, anche garantendo al Pdl i tempi lunghi che chiede. Il compromesso che si palesa è quello di fissare la seduta sulla decadenza di Berlusconi a fine novembre, dopo il voto sulla manovra. Ma, come abbiamo visto, il trucchetto del Pdl potrebbe essere quello di incassare il rinvio e poi si rovesciare il tavolo sull’interdizione. Tutto pur di bloccare la Severino, un «pericoloso precedente» secondo Raffaele Fitto. Soprattutto per lui visto che a Bari ha una condanna in primo grado per corruzione e finanziamento illecito e alla fine del processo potrebbe ritrovrarsi, se condannato, come Silvio. .
Se il dipanarsi dei tempi è questo, si amplia pure il margine per affrontare la questione sul tipo di voto, se segreto oppure palese. Questione che sta assai a cuore ai Dem, tant’è che il capogruppo Luigi Zanda, quando una settimana fa si è riunita la giunta per il Regolamento di cui fa parte, uscendo dall’incontro ha detto ai giornalisti: «Il voto palese garantisce in modo migliore la trasparenza delle decisioni». Non è un mistero che anche il presidente del Senato Pietro Grasso, al vertice della giunta per il Regolamento che dovrà dirimere la querelle, sembra propendere per il voto palese. Diceva ieri a New York, dov’è il visita ufficiale: «Se il voto sarà segreto bisognerà vedere se sarà davvero un voto di coscienza o se dipenderà piuttosto da interessi diversi. Se invece sarà palese, tutto
sarà più chiaro».
La giunta si riunisce martedì 29. I due relatori Francesco Russo (Pd) e Anna Maria Bernini (Pdl) stanno lavorando alle rispettive tesi. Voto palese il primo, segreto la seconda. Si raccolgono i precedenti. Si fa il confronto con la Camera dove sui casi di decadenza da interdizione il voto è palese. Si raccolgono pareri di giuristi, come Alessandro Pace e Stefano Ceccanti. I voti sono ballerini: sul fronte voto segreto per certo 3 Pdl, 1 Lega, 1 Gal; incerti Zeller (Svp) e Lanzillotta (montiana). Dall’altra 3 Pd, 1 Sel, 2M5S.
Chiarezza, trasparenza, no alle fumisterie. L’esigenza è questa. Su questa linea il Quirinale se la prende col Fatto per via di un ipotetico «patto tradito» tra il Colle e Berlusconi. «Il Colle le definisce «ridicole panzane» e rinvia tutto alla nota ufficiale del 13 agosto nella quale, sulla clemenza, Napolitano «si è espresso con la massima chiarezza e precisione».
Da la Repubblica del 23/10/2013.
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
La situazione si complica ulteriormente. Il rinvio a giudizio di Napoli per corruzione è un’ulteriore botta per i Fratelli mussulmani.
Muoversi con lucidità in quella strada dove all’inizio spiccava il cartello: “Attenzione caduta di massi” diventa sempre più arduo.
Ieri hanno subito la sconfitta di non aver piazzato un presidente favorevole alla mafia alla Commissione Antimafia, oggi si apre un nuovo capitolo per il “perseguitato”.
NAPOLI
Compravendita di senatori,
Berlusconi rinviato a giudizio
L’ex premier accusato di corruzione insieme
a Lavitola per la vicenda De Gregorio
Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio a Napoli per il reato di corruzione nell'ambito del procedimento su una compravendita di senatori per far cadere il governo Prodi. Il processo si celebrerà davanti al collegio A della V sezione penale di Napoli, a partire dall'11 febbraio 2014. Il gup del capoluogo partenopeo, Amelia Primavera ha anche condannato ad 1 anno e 8 mesi Sergio De Gregorio, ex senatore accusato di corruzione. Aveva chiesto di patteggiare e il giudice ha accolto la determinazione della pena concordata con i pm.
LAVITOLA - All’udienza preliminare, nell’aula del Tribunale di Napoli era presente Lavitola che hanno reso dichiarazioni spontanee. Assenti Berlusconi e De Gregorio, che ha chiesto il patteggiamento. Secondo l’accusa, il Cavaliere e l’ex direttore dell’Avanti Lavitola sono responsabili di corruzione per aver convito il senatore De Gregorio - anche lui indagato - a lasciare il partito dell’Italia dei Valori e ad impegnarsi a mettere in minoranza il governo Prodi dopo aver ricevuto soldi in cambio.
23 ottobre 2013
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/13_otto ... 875c.shtml
Redazione Online
Muoversi con lucidità in quella strada dove all’inizio spiccava il cartello: “Attenzione caduta di massi” diventa sempre più arduo.
Ieri hanno subito la sconfitta di non aver piazzato un presidente favorevole alla mafia alla Commissione Antimafia, oggi si apre un nuovo capitolo per il “perseguitato”.
NAPOLI
Compravendita di senatori,
Berlusconi rinviato a giudizio
L’ex premier accusato di corruzione insieme
a Lavitola per la vicenda De Gregorio
Silvio Berlusconi è stato rinviato a giudizio a Napoli per il reato di corruzione nell'ambito del procedimento su una compravendita di senatori per far cadere il governo Prodi. Il processo si celebrerà davanti al collegio A della V sezione penale di Napoli, a partire dall'11 febbraio 2014. Il gup del capoluogo partenopeo, Amelia Primavera ha anche condannato ad 1 anno e 8 mesi Sergio De Gregorio, ex senatore accusato di corruzione. Aveva chiesto di patteggiare e il giudice ha accolto la determinazione della pena concordata con i pm.
LAVITOLA - All’udienza preliminare, nell’aula del Tribunale di Napoli era presente Lavitola che hanno reso dichiarazioni spontanee. Assenti Berlusconi e De Gregorio, che ha chiesto il patteggiamento. Secondo l’accusa, il Cavaliere e l’ex direttore dell’Avanti Lavitola sono responsabili di corruzione per aver convito il senatore De Gregorio - anche lui indagato - a lasciare il partito dell’Italia dei Valori e ad impegnarsi a mettere in minoranza il governo Prodi dopo aver ricevuto soldi in cambio.
23 ottobre 2013
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Redazione Online
Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
c.v.d.
23 ottobre 2013
Schifani: "Berlusconi perseguitato"
17:37 - "Nessuno si illuda, Silvio Berlusconi resterà a lungo il leader del centrodestra e della maggioranza degli italiani". Lo dichiara il presidente dei senatori Pdl, Renato Schifani, dopo il rinvio a giudizio a Napoli del Cavaliere per la vicenda della compravendita di senatori.
23 ottobre 2013
Schifani: "Berlusconi perseguitato"
17:37 - "Nessuno si illuda, Silvio Berlusconi resterà a lungo il leader del centrodestra e della maggioranza degli italiani". Lo dichiara il presidente dei senatori Pdl, Renato Schifani, dopo il rinvio a giudizio a Napoli del Cavaliere per la vicenda della compravendita di senatori.
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
23 OTTOBRE 2013
Giannini: ''Non si governa con il Cavaliere carnefice''
Un altro fulmine giudiziario, atteso e temuto, si è abbattuto sul Silvio Berlusconi e sul governo delle larghe intese. Questo è però, tra i tanti guai giudiziari del Cavaliere, forse il più inquietante: come si fa a governare con chi ha organizzato la compravendita di senatori per far cadere il governo Prodi?
Il commento del vicedirettore Massimo Giannini
LEGGI SU REPUBBLICA.IT
http://video.repubblica.it/dossier/medi ... ref=HREA-1
Giannini: ''Non si governa con il Cavaliere carnefice''
Un altro fulmine giudiziario, atteso e temuto, si è abbattuto sul Silvio Berlusconi e sul governo delle larghe intese. Questo è però, tra i tanti guai giudiziari del Cavaliere, forse il più inquietante: come si fa a governare con chi ha organizzato la compravendita di senatori per far cadere il governo Prodi?
Il commento del vicedirettore Massimo Giannini
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
I NO CAV
Questa gag impazza ovunque
http://video.repubblica.it/spettacoli-e ... ef=HRESS-3
http://video.unita.it/media/Politica/Cr ... _7112.html
23 OTT 2013 19:51
CONTRO IL CAV OGNI CAPRIOLA VALE – ADESSO IL PARTITO “REPUBBLICA” IMBARCA ANCHE FORMIGONI: LO STESSO COPIONE GIA’ VISTO CON FINI
Solito film a Largo Fochetti: il Celeste è il nuovo esponente del centrodestra “momentaneamente utile” da sedurre e poi abbandonare in tutta fretta- Da vecchio animale della politica se ne sarà reso conto anche il Celeste che il cambio di atteggiamento di Rep nei suoi confronti è più che mai sospetto…
Fabrizio de Feo per "Il Giornale"
Memoria corta, variabile, strumentale. E l'applicazione del consueto principio che contro Berlusconi ogni «capriola» (giornalistica) vale. Nel giorno in cui il Corriere della Sera , dopo una lunga assenza, pubblica un lungo botta e risposta tra Aldo Cazzullo e Gianfranco Fini, su Repubblica compare un'intervista a Roberto Formigoni.
Posizionata nel taglio basso della pagina - non a caso sotto Enrico Letta che proietta il proprio governo alme no fino al 2015- il dialogo con il Celeste invia un segnale e un messaggio preciso: «Se arriverà la decadenza di Berlusconi non faremo gesti contro il governo». E se dovesse prevalere la linea dei «lealisti»? «Noi le nostre scelte le abbiamo fatte il 2 ottobre. Nei prossimi giorni presenteremo un documento che è la nostra piattaforma politica».
È un film già visto quello che viene proiettato sulle pagine del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Una sorta di mini-replay, uno schema classico, una pillola del trattamento standard riservato dalla stampa vicina al centrosinistra al «momentaneamente utile» esponente del centrodestra, con la scelta del «politico-taxi» a cui concedere un passaggio per un tratto per poi scaricarlo, senza neppure curarsi di frenare un po'. Come il grande caso di seduzione e di abbandono capitato a Gianfranco Fini ben dimostra.
Da vecchio animale della politica forse se ne sarà reso conto lo stesso Formigoni che si sarà chiesto se il grafico impazzito della considerazione di Repubblica nei suoi confronti non abbia un andamento un po' curioso e sospetto.
D'altra parte la casistica del duello Formigoni Repubblica è sterminata e decisamente scoppiettante. Basta scorrere agenzie, tweet e dichiarazioni dell'ex governatore lombardo per dipingere il quadro di un rapporto non proprio idilliaco. «Repubblica, discarica di menzogne, ripe e x l'ennesima volta storielle già dimostrate false!». «Siete il mattinale delle opposizioni». «Quando la deformazione si fa sistema». « Repubblica-Pravda , vinceremo la Lombardia, vinceremo il Senato, i miei ami ci saranno eletti. E Pravda si mangerà le mani». « Repubblica contro di me?
Chissà se c'entra un po' il fatto che De Benedetti abbia potenti interessi sanitari in Lombardia». «Repubblica, tu che sei la voce della trasparenza, perché non hai detto nulla sugli scandali Pd a Piacenza?». Un crescendo di carezze in risposta a una vera e propria raffica di articoli relativi alle sue vicende giudiziarie, sfociate in querele e pubblici scontri, come il battibecco tra Formigoni e Piero Colaprico. «Siete la Pravda», dice il Celeste. «La chiami Repubblica», la risposta del giornalista.
Un rapporto che talvolta ha regalato qualche soddisfazione all'ex governatore: «Sei degli otto migliori ospedali italiani sono lombardi, parola di Repubblica . Vera eccellenza». Ma che è anche sfociato nel surreale quando repubblica.it pubblicò una foto che documenta va una terribile caduta di stile del Celeste e lo inchioda va al reato di «utilizzo del calzino bianco ». Un affondo difficile da digerire per, chi come lui, non nasconde il proprio narcisismo. E rivendica la cura di ogni dettaglio nella quotidiana costruzione del suo look «dandy-pop».
Questa gag impazza ovunque
http://video.repubblica.it/spettacoli-e ... ef=HRESS-3
http://video.unita.it/media/Politica/Cr ... _7112.html
23 OTT 2013 19:51
CONTRO IL CAV OGNI CAPRIOLA VALE – ADESSO IL PARTITO “REPUBBLICA” IMBARCA ANCHE FORMIGONI: LO STESSO COPIONE GIA’ VISTO CON FINI
Solito film a Largo Fochetti: il Celeste è il nuovo esponente del centrodestra “momentaneamente utile” da sedurre e poi abbandonare in tutta fretta- Da vecchio animale della politica se ne sarà reso conto anche il Celeste che il cambio di atteggiamento di Rep nei suoi confronti è più che mai sospetto…
Fabrizio de Feo per "Il Giornale"
Memoria corta, variabile, strumentale. E l'applicazione del consueto principio che contro Berlusconi ogni «capriola» (giornalistica) vale. Nel giorno in cui il Corriere della Sera , dopo una lunga assenza, pubblica un lungo botta e risposta tra Aldo Cazzullo e Gianfranco Fini, su Repubblica compare un'intervista a Roberto Formigoni.
Posizionata nel taglio basso della pagina - non a caso sotto Enrico Letta che proietta il proprio governo alme no fino al 2015- il dialogo con il Celeste invia un segnale e un messaggio preciso: «Se arriverà la decadenza di Berlusconi non faremo gesti contro il governo». E se dovesse prevalere la linea dei «lealisti»? «Noi le nostre scelte le abbiamo fatte il 2 ottobre. Nei prossimi giorni presenteremo un documento che è la nostra piattaforma politica».
È un film già visto quello che viene proiettato sulle pagine del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari. Una sorta di mini-replay, uno schema classico, una pillola del trattamento standard riservato dalla stampa vicina al centrosinistra al «momentaneamente utile» esponente del centrodestra, con la scelta del «politico-taxi» a cui concedere un passaggio per un tratto per poi scaricarlo, senza neppure curarsi di frenare un po'. Come il grande caso di seduzione e di abbandono capitato a Gianfranco Fini ben dimostra.
Da vecchio animale della politica forse se ne sarà reso conto lo stesso Formigoni che si sarà chiesto se il grafico impazzito della considerazione di Repubblica nei suoi confronti non abbia un andamento un po' curioso e sospetto.
D'altra parte la casistica del duello Formigoni Repubblica è sterminata e decisamente scoppiettante. Basta scorrere agenzie, tweet e dichiarazioni dell'ex governatore lombardo per dipingere il quadro di un rapporto non proprio idilliaco. «Repubblica, discarica di menzogne, ripe e x l'ennesima volta storielle già dimostrate false!». «Siete il mattinale delle opposizioni». «Quando la deformazione si fa sistema». « Repubblica-Pravda , vinceremo la Lombardia, vinceremo il Senato, i miei ami ci saranno eletti. E Pravda si mangerà le mani». « Repubblica contro di me?
Chissà se c'entra un po' il fatto che De Benedetti abbia potenti interessi sanitari in Lombardia». «Repubblica, tu che sei la voce della trasparenza, perché non hai detto nulla sugli scandali Pd a Piacenza?». Un crescendo di carezze in risposta a una vera e propria raffica di articoli relativi alle sue vicende giudiziarie, sfociate in querele e pubblici scontri, come il battibecco tra Formigoni e Piero Colaprico. «Siete la Pravda», dice il Celeste. «La chiami Repubblica», la risposta del giornalista.
Un rapporto che talvolta ha regalato qualche soddisfazione all'ex governatore: «Sei degli otto migliori ospedali italiani sono lombardi, parola di Repubblica . Vera eccellenza». Ma che è anche sfociato nel surreale quando repubblica.it pubblicò una foto che documenta va una terribile caduta di stile del Celeste e lo inchioda va al reato di «utilizzo del calzino bianco ». Un affondo difficile da digerire per, chi come lui, non nasconde il proprio narcisismo. E rivendica la cura di ogni dettaglio nella quotidiana costruzione del suo look «dandy-pop».
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Re: Berlusconi è ancora armato e pericoloso
Berlusconi, partita truccata
di Beppe Giulietti
| 26 ottobre 2013Commenti (19)
So bene che, ogni qual volta, si sfiora il tema delle elezioni anticipate, si rischia sempre di litigare persino con gli amici più cari che, legittimamente, non vedono l’ora che la stagione dei berlusconiani, dei diversamente berlusconiani, e dei berlusconiani inconsapevoli, finisca prima che riescano a far “Decadere” la Costituzione medesima.
Condivido le loro ansie, ma occhio alla “Eterogenesi dei fini”, per rubare la citazione al filosofo Giambattista Vico. Per eterogenesi dei fini si intende la possibilità che ad azione intenzionali corrispondano conseguenze non previste, persino opposte a quelle auspicate.
Chi oggi pensa che B sia politicamente già morto, non solo si illude, ma commette un gravissimo errore di valutazione politica.
I diversamente berlusconiani che, per altro, hanno sin qui condiviso tutti gli estremismi del loro capo, non hanno prospettiva alcuna, se non quella di dar vita all’ennessimo centrino da…tavolo di trattativa.
Berlusconi aspetterà il voto sulla sua decadenza, e se dovesse andargli male, tenterà di far decadere tutto e tutti.
La sua non sarà solo la reazione di un uomo vecchio, stanco ed irato, ma anche la controffensiva insidiosissima di chi controlla la cassa, i dossier, e soprattutto un vasto impero mediatico.
Sarà bene non dimenticare che, in questo momento, oltre a disporre di Mediaset, detiene anche il pacchetto di maggioranza nel Consiglio di amministrazione della Rai.
Per queste ragioni sarà Lui a staccare la spina al governo, a chiedere le elezioni e a pretendere che si svolgano con questa legge elettorale e con questo conflitto di interessi, una doppia porcata! Sarebbe l’ennesima partita truccata!
Prima di tornare al voto, magari a marzo, i radicali, i moderati, i movimentisti, i credenti, i non credenti, i diversamente democratici, i grillini consenzienti, quelli dissenzienti, i montiani delle origini, quelli di rito casiniano, i destri non berlusoniani, provino a trovare una intesa che impedisca la definitiva decadenza non della seconda Repubblica, ma della Repubblica.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10 ... ta/757425/
di Beppe Giulietti
| 26 ottobre 2013Commenti (19)
So bene che, ogni qual volta, si sfiora il tema delle elezioni anticipate, si rischia sempre di litigare persino con gli amici più cari che, legittimamente, non vedono l’ora che la stagione dei berlusconiani, dei diversamente berlusconiani, e dei berlusconiani inconsapevoli, finisca prima che riescano a far “Decadere” la Costituzione medesima.
Condivido le loro ansie, ma occhio alla “Eterogenesi dei fini”, per rubare la citazione al filosofo Giambattista Vico. Per eterogenesi dei fini si intende la possibilità che ad azione intenzionali corrispondano conseguenze non previste, persino opposte a quelle auspicate.
Chi oggi pensa che B sia politicamente già morto, non solo si illude, ma commette un gravissimo errore di valutazione politica.
I diversamente berlusconiani che, per altro, hanno sin qui condiviso tutti gli estremismi del loro capo, non hanno prospettiva alcuna, se non quella di dar vita all’ennessimo centrino da…tavolo di trattativa.
Berlusconi aspetterà il voto sulla sua decadenza, e se dovesse andargli male, tenterà di far decadere tutto e tutti.
La sua non sarà solo la reazione di un uomo vecchio, stanco ed irato, ma anche la controffensiva insidiosissima di chi controlla la cassa, i dossier, e soprattutto un vasto impero mediatico.
Sarà bene non dimenticare che, in questo momento, oltre a disporre di Mediaset, detiene anche il pacchetto di maggioranza nel Consiglio di amministrazione della Rai.
Per queste ragioni sarà Lui a staccare la spina al governo, a chiedere le elezioni e a pretendere che si svolgano con questa legge elettorale e con questo conflitto di interessi, una doppia porcata! Sarebbe l’ennesima partita truccata!
Prima di tornare al voto, magari a marzo, i radicali, i moderati, i movimentisti, i credenti, i non credenti, i diversamente democratici, i grillini consenzienti, quelli dissenzienti, i montiani delle origini, quelli di rito casiniano, i destri non berlusoniani, provino a trovare una intesa che impedisca la definitiva decadenza non della seconda Repubblica, ma della Repubblica.
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