Come se ne viene fuori ?
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Re: Come se ne viene fuori ?
@Pancho
Io non ho paura a parlare di socialismo, ma osservo che in questa fase parlare di socialismo diventa difficoltoso per il discredito procurato dai socialisti stessi, sia di quelli della prima Repubblica che di quelli comunisti diventati socialisti, della seconda Repubblica.
E’ forse più facile ripartire dai valori, che in questa fase non contano più.
Essere dalla parte degli ultimi è un valore che deve essere ripristinato?
A me sembra di si. Questo è un valore socialista ma anche cristiano.
Io non ho paura a parlare di socialismo, ma osservo che in questa fase parlare di socialismo diventa difficoltoso per il discredito procurato dai socialisti stessi, sia di quelli della prima Repubblica che di quelli comunisti diventati socialisti, della seconda Repubblica.
E’ forse più facile ripartire dai valori, che in questa fase non contano più.
Essere dalla parte degli ultimi è un valore che deve essere ripristinato?
A me sembra di si. Questo è un valore socialista ma anche cristiano.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Certamente e' piu' che giusto ripartire dai valori poiche' son le testate d'angolo(cristianamente parlando) sui quali poi piu' avantidefinire gli obiettivi piu' alti.camillobenso ha scritto:@Pancho
Io non ho paura a parlare di socialismo, ma osservo che in questa fase parlare di socialismo diventa difficoltoso per il discredito procurato dai socialisti stessi, sia di quelli della prima Repubblica che di quelli comunisti diventati socialisti, della seconda Repubblica.
E’ forse più facile ripartire dai valori, che in questa fase non contano più.
Essere dalla parte degli ultimi è un valore che deve essere ripristinato?
A me sembra di si. Questo è un valore socialista ma anche cristiano.
Giusto e' anche essere parte degli ultimi se vogliamo capire come spartire le risorse secondo le ns. necessita' ma attenti ad una cosa piu' che sacrosanta:Oggi sembra che la solidarieta' e quindi questi valori che ora a bocca aperta tutti sbraitano, venga fatta come un dovere per lavarsi la coscienza e poi ricominciare come prima.
Questa non e' solidarieta' ma ipocresia vera. Ipocrisia che si nota un po' ovunque e che sopratutto oggi molti baciabanchi la fanno propria. Governo docet.
A tal proposito cito qui un passo dagli Atti degliApostoli raccontato da Luca 6.1(ellenisti ed ebrei), mi pare, tanto per farti capire come si intreccia il buon Cristianesimo con l'onesta' laica.:
...Barnaba rompe con il passato(e quindi da tutto il ricavato dei suoi averi) e viene a far parte della comunita' apostolica.
Nel caso di Anania e Saffira, il fatto di trattenere parte del ricavato della vendita del campo rivela che la coppia e' divisa; da un lato, vogliono vendere tutto, portare il ricavato agli apostoli e cosi' essere membri della Comunita'; dall'altra, trattengono parte del loro denaro per continuare il progetto di vita precedente.
Morale:Come individuare costoro che ora ti offrono parte del loro benessere ma sanno che poi in poco tempo lo recupereranno poiche il loro vero problema non e' elargire ora un po' del loro malloppo nel momento del bisogno ma salvare il loro sistema. Quel sistema che gli permettera' di proseguire come prima.
Quindi, se vogliamo venirne fuori in modo definitivo e' il sistema che dobbiamo cambiare o trasformare.
Se anche la Chiesa davanti a tutto questo trova tantissime difficolta come lo potrebbe fare un governo se non parte da questi principi chiave che attualmente impoerversa il ns. pianeta, egoista per natura?
Per questo non voglio arrendermi viste queste difficolta' ma e' pur vero che se dobbiamo partire dobbiamo aver chiaro questi punti che sono le "testate d'angolo" per costruire una vera casa in cui tutti(o quasi)possano trovarsi e riconoscersi). Tu chiamalo se vuoi....o come vuoi.
Non e' il termine ma la sostanza che conta.
tutti qui
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Come se ne viene fuori ?
L'invasione cinese
Il cinese Hu batte sciur Brambilla
Così cambia Milano nei cognomi
CRONACA Al primo posto della classifica resiste Rossi.
Tra i primi dieci, tre cognomi cinesi di R. Burattino
Dal Corriere.it
Il cinese Hu batte sciur Brambilla
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Re: Come se ne viene fuori ?
Il parere di Peter Gomez
Perchè il Movimento 5 Stelle non è anti-politica
Sbaglia chi definisce populista il Movimento 5 stelle fondato da Beppe Grillo. Certo, alcune sparate del comico genovese ricordano quelle di Umberto Bossi. I suoi toni e e le sue parole possono, legittimamente, non piacere.
Ma molti temi da lui proposti sono importanti, meritevoli di essere discussi o semplicemente condivisibili. E sopratutto dietro a Grillo esiste un popolo di militanti tra i quali non è poi così raro scorgere il meglio del Paese.
Chi ha partecipato agli incontri organizzati dai meetup sa che questi gruppi sono composti da cittadini informati solitamente ad alto tasso di scolarizzazione, impegnati nel sociale o in iniziative legate alle condizioni del territorio: inquinamento, energia, modelli di sviluppo, spesa pubblica nei comuni e nelle regioni.
Ovviamente, se davvero alle prossime amministrative il Movimento raccoglierà quel successo vaticinato dagli ultimi sondaggi, questo sarà dovuto anche al voto di protesta. Ma la cosa non basta per bollare i 5 Stelle come espressione dell’anti-politica, come fanno gli spaventati Pierluigi Bersani e Niki Vendola o, su quasi tutti i giornali, i grandi commentatori del secolo scorso.
Gli osservatori attenti e in buona fede, infatti, non possono negare che l’attività degli attivisti e dei rappresentanti dei cittadini fin qui eletti nei comuni e nelle regioni, dimostra proprio il contrario.
Le scelta di rinunciare i finanziamenti pubblici, di mettere un tetto al numero di candidature consecutive, la presenza di programmi precisi, sono un fatto politico. Così come sono state politica, con la P maiuscola, le raccolte di firme per le leggi d’iniziativa popolare che il parlamento ha scandalosamente ignorato.
Solo negli anni a venire sapremo se il Movimento 5 stelle sarà parte (e quale parte) di quel grande cambiamento di cui ha bisogno il Paese. Che Grillo dica di non aspirare a nessuna carica pubblica è un buona cosa. Meno buono è invece il suo atteggiamento nei confronti di chi la pensa diversamente da lui o esercita il diritto di cronaca e di critica.
Ma al di là dei giudizi sulle singole iniziative e prese di posizione, resta un fatto. Il Movimento 5 stelle è vivo e vuole crescere. E questo oggi, in un mondo popolato da partiti e leader ormai (politicamente) morti, è già tanto.
Se poi sia abbastanza non dipenderà da Grillo. Ma dalla qualità, le capacità e la volontà, dei cittadini che corrono con lui.
http://www.ilfattoquotidiano.it/
Perchè il Movimento 5 Stelle non è anti-politica
Sbaglia chi definisce populista il Movimento 5 stelle fondato da Beppe Grillo. Certo, alcune sparate del comico genovese ricordano quelle di Umberto Bossi. I suoi toni e e le sue parole possono, legittimamente, non piacere.
Ma molti temi da lui proposti sono importanti, meritevoli di essere discussi o semplicemente condivisibili. E sopratutto dietro a Grillo esiste un popolo di militanti tra i quali non è poi così raro scorgere il meglio del Paese.
Chi ha partecipato agli incontri organizzati dai meetup sa che questi gruppi sono composti da cittadini informati solitamente ad alto tasso di scolarizzazione, impegnati nel sociale o in iniziative legate alle condizioni del territorio: inquinamento, energia, modelli di sviluppo, spesa pubblica nei comuni e nelle regioni.
Ovviamente, se davvero alle prossime amministrative il Movimento raccoglierà quel successo vaticinato dagli ultimi sondaggi, questo sarà dovuto anche al voto di protesta. Ma la cosa non basta per bollare i 5 Stelle come espressione dell’anti-politica, come fanno gli spaventati Pierluigi Bersani e Niki Vendola o, su quasi tutti i giornali, i grandi commentatori del secolo scorso.
Gli osservatori attenti e in buona fede, infatti, non possono negare che l’attività degli attivisti e dei rappresentanti dei cittadini fin qui eletti nei comuni e nelle regioni, dimostra proprio il contrario.
Le scelta di rinunciare i finanziamenti pubblici, di mettere un tetto al numero di candidature consecutive, la presenza di programmi precisi, sono un fatto politico. Così come sono state politica, con la P maiuscola, le raccolte di firme per le leggi d’iniziativa popolare che il parlamento ha scandalosamente ignorato.
Solo negli anni a venire sapremo se il Movimento 5 stelle sarà parte (e quale parte) di quel grande cambiamento di cui ha bisogno il Paese. Che Grillo dica di non aspirare a nessuna carica pubblica è un buona cosa. Meno buono è invece il suo atteggiamento nei confronti di chi la pensa diversamente da lui o esercita il diritto di cronaca e di critica.
Ma al di là dei giudizi sulle singole iniziative e prese di posizione, resta un fatto. Il Movimento 5 stelle è vivo e vuole crescere. E questo oggi, in un mondo popolato da partiti e leader ormai (politicamente) morti, è già tanto.
Se poi sia abbastanza non dipenderà da Grillo. Ma dalla qualità, le capacità e la volontà, dei cittadini che corrono con lui.
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Re: Come se ne viene fuori ?
Mi spiace per Bersani e Vendola, ma cavarsela con l'accusa di anti-politica è troppo semplice ed è il solito modo di non affrontare il problema.
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Re: Come se ne viene fuori ?
mariok ha scritto:Mi spiace per Bersani e Vendola, ma cavarsela con l'accusa di anti-politica è troppo semplice ed è il solito modo di non affrontare il problema.
mi fanno venire in mente cosa dissero quelli del PD quando perdemmo le regionali in molise per 1500 voti:
"colpa del M5S...che ci ha sottratto voti".
-non che c'avevamo come candidato contro Iorio un ex-bananas...
-non che su 300.000 aventi diritto hanno votato solo in 120.000 e che bastava portarne alle urne un 1% in più...
nooooooo...colpa di Grillo...
maremmamarissima...
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Re: Come se ne viene fuori ?
Ultima spiaggia
Sempre peggio
Come già anticipato, al Teatro Smeraldo di Milano ci sono andato perché attendevo delle risposte da Saviano e Zagrebelsky dopo i lucidi ed illuminanti articoli su La Repubblica. Non sono arrivate.
Sandra Bonsanti nel suo intervento ha fatto sapere che LeG sarebbe intervenuto nei giorni successivi presso tutti i partiti italiani per illustrare il Manifesto di Gustavo Zagrebelsky, “Dipende da noi”, per sollecitare il rinnovamento degli stessi.
Ed è qui che i conti non tornano, se da un certo punto di vista l’azione di LeG può essere considerata più che meritevole perché la società civile si muove e si impegna affinché i partiti si rinnovino, dal punto di vista pratico ed operativo è completamente irrealistica, è come credere alla Befana e a Babbo Natale.
Chi può credere che il gran capo dei bucanieri e la sua ciurma possano essere toccati da quel documento e sulla via di Damasco all’improvviso diventino redenti? Ve li immaginate Cicchitto, La Russa, Gasparri e Verdini redenti? E Scajolone?
E’ pensando a loro che più di duemila anni fa hanno coniato il detto: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli.
Un mese fa non era scoppiato ancora il caso Lega. Possiamo immaginare cosa può aver pensato Bossi e il cerchio tragico a quella richiesta di redenzione per salvare il tricolore.
E il Trota? << Uhé, pà,…ma chi sono quelli che me non li conosce?.....Sono i testimoni di Genova?
E il Terzo Pollo? Deve rinunciare a rifare la Dc dei banchetti? Casini e Rutelli che si mettono il saio non ci crede nessuno.
E il Pd di Misiani, Bersani e Bindi che rinuncia a Poltrone & Forchette? Hai visto mai? Con la fame di soldi che si ritrovano…..
E’ questo che non riesco a mettere a fuoco. Perché un’organizzazione di teste pensanti come LeG possa credere che questa casta possa autoriformarsi?
La levata di scudi sul finanziamento pubblico, a fronte di un accertamento di questa settimana in cui è stato dimostrato che ai partiti viene rimborsato 5 volte le spese elettorali sostenute, pone un sigillo nettissimo sulla vocazione politica dei partiti dell’ammucchiata.
E’ possibile che la prossima tornata elettorale delle amministrative ci riservi della sorprese.
Forse mi sbaglio ma non mi sembra che ci siano sondaggi specifici riferiti alle amministrative. Oppure quelli che stiamo leggendo si riferiscono a quelle e non alle elezioni nazionali?
Sta di fatto che se gli ultimi sondaggi dovessero riferirsi alle prossime elezioni il terremoto è assicurato.
La Lega Nord per l’indipendenza della Tanzania è scesa al 6,6 %.
Questo presuppone che al Nord riscontrerebbe serie difficoltà ad affermarsi. Questo preoccupa tantissimo il Cavaliere nero che a Nord confidava su di un ripensamento dell’oracolo di Gemonio, fatto che prima dello Tsunami era in parte avvenuto.
All’Umbertino un bell’assegnino non dispiace mai.
La sconfitta della destra al Nord dovrebbe presumere una frana dentro il Pdl. Malgrado il Cs ci metta il massimo dell’impegno per fare vincere nuovamente questa destra bucaniera, una sconfitta pesante del Pdl indurrebbe i bucanieri a prendere le debite misure per non franare del tutto alle nazionali.
Il Cav sconfitto cercherebbe comunque di tenere unito il partito e sarebbe costretto a fare le capriole per mettere in cantiere una nuova alleanza che eviti la sconfitta definitiva nel 2013 o anche prima se se cose dovessero precipitare.
Rimane comunque il fatto che il berlusconismo potrebbe vivere i suoi ultimi giorni.
Ora bisogna mettere in cantiere che una vistosa frana del Pdl alle amministrative potrebbe riverberarsi sull’ammucchiata.
I falchi del Pdl potrebbero dimostrare che il sostegno al governo Monti non paga.
E qui si potrebbe rischiare un vero vuoto di potere perché il governo Monti rappresenta l’ultima spiaggia.
Le elezioni subito non sono neppure una soluzione perché i partiti si ripresenterebbero con tutto l’attuale personale scadente.
Il quotidiano più montiano di tutti, La Repubblica, oggi nel suo Dossier sui conti pubblici titola: La crisi peggiora e produce più deficit manovra bis evitabile, ma addio tesoretto.
E’ mia ferma convinzione che dall’Area 51 ci si sia stata una fuga in massa di alieni e che abbia trovato rifugio in quel territorio a forma di stivale.
Non è possibile che l’hintellighentia tricolore si sia ridotta a questi livelli, peggio del Burundi (mi scusi il Burundi per l’accostamento).
Siamo in mezzo ad uno stallo pazzesco che può preludere a tutto, comprese le rivolte sociali che potrebbero preludere ad una guerra civile se la Corte di Versailles non prende atto che deve mutare strada immediatamente e che una stagione di rapine ed orgie è finita.
Michele Prospero, sull’Unità, prende spunto da un comunicato di LeG per titolare il suo articolo: Se l’antipolitica dilaga ai piani alti,……riferendosi ad un mutato atteggiamento di LeG.
Il comunicato che «Libertà e Giustizia» ha diramato l’altro giorno è un preoccupante segno dei tempi tempestosi che possono travolgere le istituzioni, senza incontrare argini efficaci. Se una delle espressioni più note della cosiddetta società civile riflessiva non trova di meglio che parlare di un «malloppo» da sottrarre ai partiti, naturalmente tutti dipinti come potenziali ladroni, è meglio non immaginare il livello di altre metafore. E dire che, solo qualche settimana fa, l’associazione si era espressa con ben altri termini (e toni) sui problemi della crisi e della riforma della politica. Ora, al posto della pacatezza dell’analisi, affiora una repentina inversione di marcia che suggerisce di adottare uno sbrigativo linguaggio agitatorio.
Alieno fuggito dall’Area 51 anche il Prof. Prospero oppure c’è dell’altro?
Grave tirare in ballo questa stramaledetta antipolitica quando l’antipolitica la stanno facendo proprio i partiti dell’ammucchiata.
Un articolo su commissione da parte del Partito defunto?
Stia attenta la Corte di Versailles perché la misura è stracolma.
Sempre peggio
Come già anticipato, al Teatro Smeraldo di Milano ci sono andato perché attendevo delle risposte da Saviano e Zagrebelsky dopo i lucidi ed illuminanti articoli su La Repubblica. Non sono arrivate.
Sandra Bonsanti nel suo intervento ha fatto sapere che LeG sarebbe intervenuto nei giorni successivi presso tutti i partiti italiani per illustrare il Manifesto di Gustavo Zagrebelsky, “Dipende da noi”, per sollecitare il rinnovamento degli stessi.
Ed è qui che i conti non tornano, se da un certo punto di vista l’azione di LeG può essere considerata più che meritevole perché la società civile si muove e si impegna affinché i partiti si rinnovino, dal punto di vista pratico ed operativo è completamente irrealistica, è come credere alla Befana e a Babbo Natale.
Chi può credere che il gran capo dei bucanieri e la sua ciurma possano essere toccati da quel documento e sulla via di Damasco all’improvviso diventino redenti? Ve li immaginate Cicchitto, La Russa, Gasparri e Verdini redenti? E Scajolone?
E’ pensando a loro che più di duemila anni fa hanno coniato il detto: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli.
Un mese fa non era scoppiato ancora il caso Lega. Possiamo immaginare cosa può aver pensato Bossi e il cerchio tragico a quella richiesta di redenzione per salvare il tricolore.
E il Trota? << Uhé, pà,…ma chi sono quelli che me non li conosce?.....Sono i testimoni di Genova?
E il Terzo Pollo? Deve rinunciare a rifare la Dc dei banchetti? Casini e Rutelli che si mettono il saio non ci crede nessuno.
E il Pd di Misiani, Bersani e Bindi che rinuncia a Poltrone & Forchette? Hai visto mai? Con la fame di soldi che si ritrovano…..
E’ questo che non riesco a mettere a fuoco. Perché un’organizzazione di teste pensanti come LeG possa credere che questa casta possa autoriformarsi?
La levata di scudi sul finanziamento pubblico, a fronte di un accertamento di questa settimana in cui è stato dimostrato che ai partiti viene rimborsato 5 volte le spese elettorali sostenute, pone un sigillo nettissimo sulla vocazione politica dei partiti dell’ammucchiata.
E’ possibile che la prossima tornata elettorale delle amministrative ci riservi della sorprese.
Forse mi sbaglio ma non mi sembra che ci siano sondaggi specifici riferiti alle amministrative. Oppure quelli che stiamo leggendo si riferiscono a quelle e non alle elezioni nazionali?
Sta di fatto che se gli ultimi sondaggi dovessero riferirsi alle prossime elezioni il terremoto è assicurato.
La Lega Nord per l’indipendenza della Tanzania è scesa al 6,6 %.
Questo presuppone che al Nord riscontrerebbe serie difficoltà ad affermarsi. Questo preoccupa tantissimo il Cavaliere nero che a Nord confidava su di un ripensamento dell’oracolo di Gemonio, fatto che prima dello Tsunami era in parte avvenuto.
All’Umbertino un bell’assegnino non dispiace mai.
La sconfitta della destra al Nord dovrebbe presumere una frana dentro il Pdl. Malgrado il Cs ci metta il massimo dell’impegno per fare vincere nuovamente questa destra bucaniera, una sconfitta pesante del Pdl indurrebbe i bucanieri a prendere le debite misure per non franare del tutto alle nazionali.
Il Cav sconfitto cercherebbe comunque di tenere unito il partito e sarebbe costretto a fare le capriole per mettere in cantiere una nuova alleanza che eviti la sconfitta definitiva nel 2013 o anche prima se se cose dovessero precipitare.
Rimane comunque il fatto che il berlusconismo potrebbe vivere i suoi ultimi giorni.
Ora bisogna mettere in cantiere che una vistosa frana del Pdl alle amministrative potrebbe riverberarsi sull’ammucchiata.
I falchi del Pdl potrebbero dimostrare che il sostegno al governo Monti non paga.
E qui si potrebbe rischiare un vero vuoto di potere perché il governo Monti rappresenta l’ultima spiaggia.
Le elezioni subito non sono neppure una soluzione perché i partiti si ripresenterebbero con tutto l’attuale personale scadente.
Il quotidiano più montiano di tutti, La Repubblica, oggi nel suo Dossier sui conti pubblici titola: La crisi peggiora e produce più deficit manovra bis evitabile, ma addio tesoretto.
E’ mia ferma convinzione che dall’Area 51 ci si sia stata una fuga in massa di alieni e che abbia trovato rifugio in quel territorio a forma di stivale.
Non è possibile che l’hintellighentia tricolore si sia ridotta a questi livelli, peggio del Burundi (mi scusi il Burundi per l’accostamento).
Siamo in mezzo ad uno stallo pazzesco che può preludere a tutto, comprese le rivolte sociali che potrebbero preludere ad una guerra civile se la Corte di Versailles non prende atto che deve mutare strada immediatamente e che una stagione di rapine ed orgie è finita.
Michele Prospero, sull’Unità, prende spunto da un comunicato di LeG per titolare il suo articolo: Se l’antipolitica dilaga ai piani alti,……riferendosi ad un mutato atteggiamento di LeG.
Il comunicato che «Libertà e Giustizia» ha diramato l’altro giorno è un preoccupante segno dei tempi tempestosi che possono travolgere le istituzioni, senza incontrare argini efficaci. Se una delle espressioni più note della cosiddetta società civile riflessiva non trova di meglio che parlare di un «malloppo» da sottrarre ai partiti, naturalmente tutti dipinti come potenziali ladroni, è meglio non immaginare il livello di altre metafore. E dire che, solo qualche settimana fa, l’associazione si era espressa con ben altri termini (e toni) sui problemi della crisi e della riforma della politica. Ora, al posto della pacatezza dell’analisi, affiora una repentina inversione di marcia che suggerisce di adottare uno sbrigativo linguaggio agitatorio.
Alieno fuggito dall’Area 51 anche il Prof. Prospero oppure c’è dell’altro?
Grave tirare in ballo questa stramaledetta antipolitica quando l’antipolitica la stanno facendo proprio i partiti dell’ammucchiata.
Un articolo su commissione da parte del Partito defunto?
Stia attenta la Corte di Versailles perché la misura è stracolma.
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Re: Come se ne viene fuori ?
"...Stia attenta la Corte di Versailles perché la misura è stracolma..."
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eh...bravo Tion,bell'accostamento.
ci manca solo che la Fornero dica la famosa frase:
"che mangino brioches..."
e poi ci siamo...
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eh...bravo Tion,bell'accostamento.
ci manca solo che la Fornero dica la famosa frase:
"che mangino brioches..."
e poi ci siamo...
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Re: Come se ne viene fuori ?
shiloh ha scritto:"...Stia attenta la Corte di Versailles perché la misura è stracolma..."
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eh...bravo Tion,bell'accostamento.
ci manca solo che la Fornero dica la famosa frase:
"che mangino brioches..."
e poi ci siamo...
Da queste parti la tensione è molto alta con un crescendo rossiniano. Fa specie vedere un amico cinquantenne milanista, berluscones da sempre, inveire contro tutti, compreso l'altissimo di Hardcore.
Come fa impressione vedere i duri e puri Pci degli anni '50 dire basta non voto più perché sono tutti ladri...
La diga si è rotta e l'acqua che fuoriesce non la tiene più nessuno.
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Re: Come se ne viene fuori ?
La vera posta in gioco
15 aprile 2012
Per riscattare la politica dalla sfiducia e dal discredito che l’hanno investita occorre anzitutto calarsi nella drammaticità della crisi, nella sofferenza delle famiglie, in questa diffusa paura del futuro, nella sensazione di impotenza che purtroppo trasmettono le stesse istituzioni democratiche, ridotte spesso a esecutrici di mandati esterni (e per di più sbagliati).
È la crisi più grave che la generazione post-bellica abbia conosciuto. E i suoi effetti sociali sono ormai il contesto in cui si svolge la battaglia politica, si misura l’eticità dei comportamenti, si animano vecchi e nuovi populismi. Il cambiamento è possibile. Ma in questo tornante i rischi sono molto elevati. Compresi rischi democratici. Le classi dirigenti hanno grandi responsabilità. I partiti, e con loro i corpi intermedi, debbono resistere a chi li vuole morti perché, se il cittadino diventerà solo davanti a un mercato senza regole, allora sarà finito il modello sociale europeo.
Non c’è democrazia senza partiti. Non c’è vero pluralismo senza corpi intermedi. Non c’è possibilità di contrastare il pensiero unico, il predominio della finanza, i poteri forti senza la politica. Neppure è concepibile una ricetta diversa per uscire da questa austerità priva di sbocco, e riprendere la via della crescita, senza forze organizzate che trasformino la speranza civile in programma di governo. Peraltro il raccordo di governo ormai non può che essere a livello europeo: per questo le elezioni francesi sono così importanti per noi e condizioneranno la stessa candidatura del centrosinistra italiano a guidare il Paese dopo Monti.
Ma intanto c’è un’emergenza da affrontare. È il crollo di credibilità seguito al doppio scandalo di Luigi Lusi e della «famiglia» leghista. I partiti devono usare verso loro stessi una misura di sobrietà, di rigore, di moralità maggiore di quella che usano per gli altri. Non tanto perché lo chiede quella parte dell’establishment che fino a ieri applaudiva Berlusconi, Bossi e Tremonti, quanto perché la crisi sta colpendo i ceti medi e le fasce più deboli. E non può la politica democratica separarsi dal suo popolo: se lo facesse, sarebbe destinata a morte certa.
La necessaria umiltà e il rigore non devono comunque far perdere di vista il carattere politico dell’offensiva oggi rivolta contro i partiti (ma soprattutto contro il Pd e il centrosinistra). L’ha detto con molta efficacia Alfredo Reichlin ieri sul nostro giornale: il vero tema dello scontro è come uscire dalla crisi, o meglio quali forze, quali interessi devono prevalere nel Paese dopo la stagione di Monti. Il governo politico dei tecnici è figlio di un compromesso. Una soluzione che ha visto protagoniste in primo luogo le opposizioni, il Pd e l’Udc. Ma dal primo giorno è cominciata la narrazione dei tecnici buoni contrapposti ai partiti cattivi. Dal primo giorno chi aveva scommesso su Berlusconi si è messo a descrivere il fallimento politico del centrodestra come fallimento dell’intera politica. Anzi, come la fine della politica.
In fondo, la risposta al naufragio di Bossi è stata le stessa seguita alla caduta di Berlusconi: scaricando le colpe sulla casta indistinta. Tutti uguali, tutti screditati, tutti colpevoli. Nessuna distinzione. E che si spengano i riflettori sui veri conflitti sociali, su chi ha abbandonato gli esodati, su chi voleva eliminare l’articolo 18, su chi intende cancellare i contratti nazionali, su chi preferisce tassare il lavoro e i consumi primari anziché i grandi patrimoni.
I controlli sui bilanci e la riduzione dei finanziamenti pubblici ai partiti sono necessari non per pagare un dazio a chi teorizza la casta al fine di giustificare soluzioni oligarchiche. I controlli e i tagli servono per ribadire a testa alta che il finanziamento pubblico dei partiti è indispensabile, a meno di consegnare tutti i partiti alle lobby di interessati (ed esigenti) finanziatori. Anche se oggi è scomodo dirlo, i democratici non possono tacere. Certo, il finanziamento deve restare «pubblico» in tutte le sue fasi, fino alla restituzione allo Stato di ciò che non viene utilizzato. Ma senza risorse pubbliche non c’è autonomia dei partiti. E l’autonomia è oggi esattamente il valore più prezioso da recuperare: lo scrive anche il Financial Times, che pone giustamente il recupero di potere sulla finanza come condizione minima per una diversa politica economica. Un criterio questo da tenere bene a mente per la riforma elettorale: se non si cancellerà il Porcellum, i partiti avranno comunque poche chance.
Il cambiamento passa dalla politica, dai partiti, dall’autonomia dei corpi intermedi. Chi lo contrasta confida in un esito oligarchico e/o tecnocratico. Spera insomma di domare la tigre e proteggere gli interessi di un capitalismo debole, impedendo soluzioni politiche guidate dal centrosinistra. Ma anche costoro rischiano di essere alla fine scalzati da una crisi, così acuta da far ricomparire gli spettri di populismi e autoritarismi che pensavamo sconfitti per sempre.
L'editoriale
di Claudio Sardo
http://editoriale.comunita.unita.it/201 ... -in-gioco/
15 aprile 2012
Per riscattare la politica dalla sfiducia e dal discredito che l’hanno investita occorre anzitutto calarsi nella drammaticità della crisi, nella sofferenza delle famiglie, in questa diffusa paura del futuro, nella sensazione di impotenza che purtroppo trasmettono le stesse istituzioni democratiche, ridotte spesso a esecutrici di mandati esterni (e per di più sbagliati).
È la crisi più grave che la generazione post-bellica abbia conosciuto. E i suoi effetti sociali sono ormai il contesto in cui si svolge la battaglia politica, si misura l’eticità dei comportamenti, si animano vecchi e nuovi populismi. Il cambiamento è possibile. Ma in questo tornante i rischi sono molto elevati. Compresi rischi democratici. Le classi dirigenti hanno grandi responsabilità. I partiti, e con loro i corpi intermedi, debbono resistere a chi li vuole morti perché, se il cittadino diventerà solo davanti a un mercato senza regole, allora sarà finito il modello sociale europeo.
Non c’è democrazia senza partiti. Non c’è vero pluralismo senza corpi intermedi. Non c’è possibilità di contrastare il pensiero unico, il predominio della finanza, i poteri forti senza la politica. Neppure è concepibile una ricetta diversa per uscire da questa austerità priva di sbocco, e riprendere la via della crescita, senza forze organizzate che trasformino la speranza civile in programma di governo. Peraltro il raccordo di governo ormai non può che essere a livello europeo: per questo le elezioni francesi sono così importanti per noi e condizioneranno la stessa candidatura del centrosinistra italiano a guidare il Paese dopo Monti.
Ma intanto c’è un’emergenza da affrontare. È il crollo di credibilità seguito al doppio scandalo di Luigi Lusi e della «famiglia» leghista. I partiti devono usare verso loro stessi una misura di sobrietà, di rigore, di moralità maggiore di quella che usano per gli altri. Non tanto perché lo chiede quella parte dell’establishment che fino a ieri applaudiva Berlusconi, Bossi e Tremonti, quanto perché la crisi sta colpendo i ceti medi e le fasce più deboli. E non può la politica democratica separarsi dal suo popolo: se lo facesse, sarebbe destinata a morte certa.
La necessaria umiltà e il rigore non devono comunque far perdere di vista il carattere politico dell’offensiva oggi rivolta contro i partiti (ma soprattutto contro il Pd e il centrosinistra). L’ha detto con molta efficacia Alfredo Reichlin ieri sul nostro giornale: il vero tema dello scontro è come uscire dalla crisi, o meglio quali forze, quali interessi devono prevalere nel Paese dopo la stagione di Monti. Il governo politico dei tecnici è figlio di un compromesso. Una soluzione che ha visto protagoniste in primo luogo le opposizioni, il Pd e l’Udc. Ma dal primo giorno è cominciata la narrazione dei tecnici buoni contrapposti ai partiti cattivi. Dal primo giorno chi aveva scommesso su Berlusconi si è messo a descrivere il fallimento politico del centrodestra come fallimento dell’intera politica. Anzi, come la fine della politica.
In fondo, la risposta al naufragio di Bossi è stata le stessa seguita alla caduta di Berlusconi: scaricando le colpe sulla casta indistinta. Tutti uguali, tutti screditati, tutti colpevoli. Nessuna distinzione. E che si spengano i riflettori sui veri conflitti sociali, su chi ha abbandonato gli esodati, su chi voleva eliminare l’articolo 18, su chi intende cancellare i contratti nazionali, su chi preferisce tassare il lavoro e i consumi primari anziché i grandi patrimoni.
I controlli sui bilanci e la riduzione dei finanziamenti pubblici ai partiti sono necessari non per pagare un dazio a chi teorizza la casta al fine di giustificare soluzioni oligarchiche. I controlli e i tagli servono per ribadire a testa alta che il finanziamento pubblico dei partiti è indispensabile, a meno di consegnare tutti i partiti alle lobby di interessati (ed esigenti) finanziatori. Anche se oggi è scomodo dirlo, i democratici non possono tacere. Certo, il finanziamento deve restare «pubblico» in tutte le sue fasi, fino alla restituzione allo Stato di ciò che non viene utilizzato. Ma senza risorse pubbliche non c’è autonomia dei partiti. E l’autonomia è oggi esattamente il valore più prezioso da recuperare: lo scrive anche il Financial Times, che pone giustamente il recupero di potere sulla finanza come condizione minima per una diversa politica economica. Un criterio questo da tenere bene a mente per la riforma elettorale: se non si cancellerà il Porcellum, i partiti avranno comunque poche chance.
Il cambiamento passa dalla politica, dai partiti, dall’autonomia dei corpi intermedi. Chi lo contrasta confida in un esito oligarchico e/o tecnocratico. Spera insomma di domare la tigre e proteggere gli interessi di un capitalismo debole, impedendo soluzioni politiche guidate dal centrosinistra. Ma anche costoro rischiano di essere alla fine scalzati da una crisi, così acuta da far ricomparire gli spettri di populismi e autoritarismi che pensavamo sconfitti per sempre.
L'editoriale
di Claudio Sardo
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