THE CATHOLIC QUESTION
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THE CATHOLIC QUESTION
La crisi fa strage: due suicidi al giorno
Vedi anche La crisi uccide altro imprenditore, titolare agriturismo s'impicca Cgia: «Crisi ha ucciso 23 imprenditori»
17 aprile 2012 - È stata una strage nel 2010 tra disoccupati e imprenditori e lavoratori autonomi che si sono tolti la vita: una media di due al giorno. Lo dice l'Eures nel suo secondo rapporto sui suicidi.
Sono stati 362 i disoccupati suicidi, contro i 357 dell'anno precedente che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 suicidi accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), confermando la correlazione tra rischio suicidario e integrazione nel tessuto sociale, evidenziando come molto alto risulti il rischio suicidario in questa componente della forza lavoro direttamente esposta all'impatto della crisi.
E sono state 336 le persone, tra imprenditori, autonomi e liberi professionisti, che nel 2010 hanno deciso di farla finita. Più in dettaglio nel 2010 si contano 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino indici di mascolinità superiori a quello già elevato rilevato in termini generali.
Tra i disoccupati la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente).
La crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente sul 39,2%, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro.
Considerando la sola componente maschile, l'aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando ancora una volta la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell'identità e del ruolo sociale degli uomini, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall'impossibilità di provvedere/partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali della famiglia.
E se tra disoccupati e imprenditori il rischio suicidio è più alto, in coda ci sono i dipendenti. La ricerca Eures dice infatti che considerando l'indice di rischio specifico ( suicidi per 100mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice più alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10 suicidi ogni 100mila imprenditori e liberi professionisti), colpiti dalle fluttuazioni del mercato e, come noto, dai ritardi nei pagamenti per i beni e servizi venduti e dalla conseguente difficoltà di accesso al credito; seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i «più tutelati» lavoratori dipendenti (4,5). Soltanto di poco più alto, infine, l'indice di rischio suicidario degli inattivi (pensionati, casalinghe, studenti, ecc.).
L'Unità
Vedi anche La crisi uccide altro imprenditore, titolare agriturismo s'impicca Cgia: «Crisi ha ucciso 23 imprenditori»
17 aprile 2012 - È stata una strage nel 2010 tra disoccupati e imprenditori e lavoratori autonomi che si sono tolti la vita: una media di due al giorno. Lo dice l'Eures nel suo secondo rapporto sui suicidi.
Sono stati 362 i disoccupati suicidi, contro i 357 dell'anno precedente che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 suicidi accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), confermando la correlazione tra rischio suicidario e integrazione nel tessuto sociale, evidenziando come molto alto risulti il rischio suicidario in questa componente della forza lavoro direttamente esposta all'impatto della crisi.
E sono state 336 le persone, tra imprenditori, autonomi e liberi professionisti, che nel 2010 hanno deciso di farla finita. Più in dettaglio nel 2010 si contano 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino indici di mascolinità superiori a quello già elevato rilevato in termini generali.
Tra i disoccupati la crescita riguarda principalmente coloro che hanno perduto il lavoro (272 suicidi nel 2009 e 288 nel 2010, a fronte dei circa 200 degli anni precedenti), mentre meno marcato appare l'incremento tra quanti sono alla ricerca della prima occupazione (85 vittime nel 2009 e 74 nel 2010, a fronte delle 67 in media nel triennio precedente).
La crescita dei suicidi dei disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente sul 39,2%, salendo al 44,7% tra quanti hanno perduto il lavoro.
Considerando la sola componente maschile, l'aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009 a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando ancora una volta la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell'identità e del ruolo sociale degli uomini, messo in crisi dalla pressione psicologica derivante dall'impossibilità di provvedere/partecipare al soddisfacimento dei bisogni materiali della famiglia.
E se tra disoccupati e imprenditori il rischio suicidio è più alto, in coda ci sono i dipendenti. La ricerca Eures dice infatti che considerando l'indice di rischio specifico ( suicidi per 100mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice più alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10 suicidi ogni 100mila imprenditori e liberi professionisti), colpiti dalle fluttuazioni del mercato e, come noto, dai ritardi nei pagamenti per i beni e servizi venduti e dalla conseguente difficoltà di accesso al credito; seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i «più tutelati» lavoratori dipendenti (4,5). Soltanto di poco più alto, infine, l'indice di rischio suicidario degli inattivi (pensionati, casalinghe, studenti, ecc.).
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
E dopo la rabbia sale con ragione.Visto i notri partiti come giocano con i soldi RUBATI ai cittadini.Noi cittadini avevamo detto NO alla sovvenzione dei partiti.
Ora trovano la scusa,che a vincere le elezioni sarebbero le lobbi che finanziano piu o meno i partiti.
Usa Oggi il partito democratico spende meno dei repubblicani per le elezioni.
Quello che sposta la massa di cittadini sono i programmi.Obama oggi, e non da oggi vuol far pagare di piu ai ricchi almeno un 30%.
Sono i programmi che i cittadini per prima cosa guardano.
Lo stesso deve avvenire da noi.Prima di tutto i programmi.
Ciao
Paolo11
Ora trovano la scusa,che a vincere le elezioni sarebbero le lobbi che finanziano piu o meno i partiti.
Usa Oggi il partito democratico spende meno dei repubblicani per le elezioni.
Quello che sposta la massa di cittadini sono i programmi.Obama oggi, e non da oggi vuol far pagare di piu ai ricchi almeno un 30%.
Sono i programmi che i cittadini per prima cosa guardano.
Lo stesso deve avvenire da noi.Prima di tutto i programmi.
Ciao
Paolo11
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Da www.unita.it
«La casta come i farisei»
L'affondo di Famiglia Cristiana
...
Ora, sul tema dei partiti e del loro finanziamento, interviene duramente anche il settimanale cattolico Famiglia Cristiana che pubblica un editoriale dal titolo molto facile da decodificare: «Soldi pubblici, la casta come i farisei».
Così scrive Famiglia Cristiana: Nel Paese, cittadini e classe politica marciano in direzioni opposte. Sempre più distanti. Se la maggior parte degli italiani “tira la cinghia” o versa “lacrime e sangue”, chiamata a sacrifici sempre più drastici, il Parlamento dà prova di inadeguatezza. Oltre a cattivi esempi. Dopo aver fatto un passo indietro, per scongiurare il rischio di una bancarotta, ora rialza la testa. Pare, però, non aver compreso la gravità del momento e le tensioni del Paese. La “vecchia politica” rispolvera bizantinismi e litigiosità, a difesa di interessi di parte. O dei privilegi di “casta”. Non un solo gesto li rende compartecipi delle sofferenze comuni. Per dirla con le parole di Gesù ai farisei: «Caricano gli altri di pesi insopportabili, che loro non toccano nemmeno con un dito» (Luca 11,46).
Intanto, la pressione fiscale e le bollette salgono alle stelle, il potere d’acquisto è ridotto all’osso, i suicidi di imprenditori e disoccupati crescono ogni giorno. C’è nel Paese una rabbia diffusa. A scongiurarla, non basta ribattere che si tratta di “populismo” e “demagogia”. Purtroppo, oggi, la vera antipolitica è l’insensibilità dei partiti. E la loro resistenza a un profondo rinnovamento. Hanno sperperato un capitale di consensi.
Né giova, a risollevarne le sorti, lo scandalo dei rimborsi elettorali. Un fiume incontrollato di soldi pubblici per usi impropri: personali e familiari. Dal 1994, i partiti hanno bruciato 2,3 miliardi di euro. Una piccola Finanziaria. A questo immenso bancomat hanno attinto senza pudore. Alcune Procure hanno appena scoperchiato il vaso di Pandora sull’appropriazione indebita di denaro pubblico. Dagli esponenti della Lega al tesoriere della Margherita. Episodi nauseanti di allegra gestione. In assenza di controlli.
Casi che dimostrano, una volta di più, l’urgenza di una nuova legge sul finanziamento pubblico dei partiti. E norme che non siano “all’acqua di rose”, come quelle prospettate. Un elenco di buoni propositi. Un’altra “legge truffa”. Dopo quella del referendum del 1993. Dalla politica ci si attendono tagli consistenti alle spese. Immediati, non a partire dalla prossima legislatura!
Finora, abbiamo assistito alla commedia dell’inconcludenza. Vuote promesse di austerità. Un vero bluff. Insopportabile e indecente. La “casta” continua a traccheggiare. Ma la questione è cruciale. Ha scritto Carlo Cardia su Avvenire: «Non è in discussione soltanto l’onestà di alcuni politici, ma la fiducia stessa che la politica possa essere onesta».
La cartina di tornasole sarà a luglio prossimo, quando i partiti riceveranno un’altra consistente tranche di rimborsi elettorali. Potrebbero rinunciarvi a favore del volontariato, come chiede don Ciotti. O del servizio civile, come auspica Andrea Olivero delle Acli. Sarebbe una “boccata d’ossigeno” per ventisettemila giovani. Ma anche per la credibilità della classe politica!
«La casta come i farisei»
L'affondo di Famiglia Cristiana
...
Ora, sul tema dei partiti e del loro finanziamento, interviene duramente anche il settimanale cattolico Famiglia Cristiana che pubblica un editoriale dal titolo molto facile da decodificare: «Soldi pubblici, la casta come i farisei».
Così scrive Famiglia Cristiana: Nel Paese, cittadini e classe politica marciano in direzioni opposte. Sempre più distanti. Se la maggior parte degli italiani “tira la cinghia” o versa “lacrime e sangue”, chiamata a sacrifici sempre più drastici, il Parlamento dà prova di inadeguatezza. Oltre a cattivi esempi. Dopo aver fatto un passo indietro, per scongiurare il rischio di una bancarotta, ora rialza la testa. Pare, però, non aver compreso la gravità del momento e le tensioni del Paese. La “vecchia politica” rispolvera bizantinismi e litigiosità, a difesa di interessi di parte. O dei privilegi di “casta”. Non un solo gesto li rende compartecipi delle sofferenze comuni. Per dirla con le parole di Gesù ai farisei: «Caricano gli altri di pesi insopportabili, che loro non toccano nemmeno con un dito» (Luca 11,46).
Intanto, la pressione fiscale e le bollette salgono alle stelle, il potere d’acquisto è ridotto all’osso, i suicidi di imprenditori e disoccupati crescono ogni giorno. C’è nel Paese una rabbia diffusa. A scongiurarla, non basta ribattere che si tratta di “populismo” e “demagogia”. Purtroppo, oggi, la vera antipolitica è l’insensibilità dei partiti. E la loro resistenza a un profondo rinnovamento. Hanno sperperato un capitale di consensi.
Né giova, a risollevarne le sorti, lo scandalo dei rimborsi elettorali. Un fiume incontrollato di soldi pubblici per usi impropri: personali e familiari. Dal 1994, i partiti hanno bruciato 2,3 miliardi di euro. Una piccola Finanziaria. A questo immenso bancomat hanno attinto senza pudore. Alcune Procure hanno appena scoperchiato il vaso di Pandora sull’appropriazione indebita di denaro pubblico. Dagli esponenti della Lega al tesoriere della Margherita. Episodi nauseanti di allegra gestione. In assenza di controlli.
Casi che dimostrano, una volta di più, l’urgenza di una nuova legge sul finanziamento pubblico dei partiti. E norme che non siano “all’acqua di rose”, come quelle prospettate. Un elenco di buoni propositi. Un’altra “legge truffa”. Dopo quella del referendum del 1993. Dalla politica ci si attendono tagli consistenti alle spese. Immediati, non a partire dalla prossima legislatura!
Finora, abbiamo assistito alla commedia dell’inconcludenza. Vuote promesse di austerità. Un vero bluff. Insopportabile e indecente. La “casta” continua a traccheggiare. Ma la questione è cruciale. Ha scritto Carlo Cardia su Avvenire: «Non è in discussione soltanto l’onestà di alcuni politici, ma la fiducia stessa che la politica possa essere onesta».
La cartina di tornasole sarà a luglio prossimo, quando i partiti riceveranno un’altra consistente tranche di rimborsi elettorali. Potrebbero rinunciarvi a favore del volontariato, come chiede don Ciotti. O del servizio civile, come auspica Andrea Olivero delle Acli. Sarebbe una “boccata d’ossigeno” per ventisettemila giovani. Ma anche per la credibilità della classe politica!
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«Non si discute per aver ragione, ma per capire» (Peanuts)
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Mi chiedo se i cattolici scandalizzati dal bunga bunga nel 2013 saranno coerenti e abbandoneranno la discarica, che sostennero nel 2008.
Gli si proponga un programma chiaramente progressista (nozze gay comprese).
Che faranno?...
Mah.
Gli si proponga un programma chiaramente progressista (nozze gay comprese).
Che faranno?...
Mah.
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Non è un problema di fede, è un problema di ignoranza.
Personalmente conosco bigotte che hanno votato ( e continuano a votare ) PdL e che si illuminano, quando si parla del nano, come se si parlasse di un messia. Gli perdonano tutto, anzi, gran parte di quello che si dice non è vero, è colpa dei comunisti invidiosi;
allo stesso tempo conosco cattolici maturi che hanno sempre votato il cs.
Personalmente conosco bigotte che hanno votato ( e continuano a votare ) PdL e che si illuminano, quando si parla del nano, come se si parlasse di un messia. Gli perdonano tutto, anzi, gran parte di quello che si dice non è vero, è colpa dei comunisti invidiosi;
allo stesso tempo conosco cattolici maturi che hanno sempre votato il cs.
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Due suicidi al giorno per la crisi
E' un vero e proprio allarme sociale
Drammatici i dati dello studio Eures: fenomeno in crescita, nel 2010 si sono tolte la vita 336 persone, tra imprenditori e lavoratori autonomi. Ventitrè i casi dall'inizio del 2012. Domani manifestazione silenziosa a Roma organizzata da imprese e sindacati
Colpite dalla crisi soprattutto le piccole e medie imprese
ROMA - La crisi economica ha i suoi effetti non solo sui disoccupati, ma anche fra imprenditori e lavoratori autonomi. Sono stati 362 nel 2010 i suicidi dei disoccupati, superando i 357 casi del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), confermando la correlazione tra rischio e integrazione nel tessuto sociale. E' quanto emerge dal Secondo rapporto Eures Il suicidio in Italia al tempo della crisi. La situazione economica non ha effetti solo sui 'senza lavoro', ma anche anche fra imprenditori e autonomi, inducendo al suicidio molti artigiani, commercianti o comunque imprenditori 'autonomi'. Secondo l'Eures nel 2010 in questa categoria ben 336 si sono tolte la vita, contro i 343 del 2009. Solo nei primi mesi del 2012 1, 23 imprenditori si sono tolti la vita.
Fattori di rischio. Lo studio definisce "molto alto il rischio suicidario" nella componente della forza lavoro direttamente esposta all'impatto della crisi. Nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino "indici di mascolinità superiori a quello già
elevato rilevato in termini generali".
Le percentuali crescono nella fascia degli esodati. Secondo lo studio però i rischi di suicidio nei momenti di difficoltà economica sarebbero più alti tra disoccupati e imprenditori, meno invece tra i dipendenti. Considerando l'indice di rischio specifico (suicidi per 100 mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice più alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10) colpiti dalle fluttuazioni del mercato e dai ritardi nei pagamenti per i beni e servizi venduti (in primo luogo da parte della Pubblica Amministrazione) e dalla conseguente difficoltà di accesso al credito. Seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i "più tutelati" lavoratori dipendenti (4,5). Soltanto di poco più alto, infine, l'indice di rischio suicidario degli inattivi (pensionati, casalinghe, studenti, eccetera).
Il rischio suicidio è inoltre sempre più in agguato nella fascia dei cosiddetti esodati, in genere di età compresa tra i 45 e i 64 anni, facendo segnare un incremento di casi del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.
La fiaccolata silenziosa. Per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla crisi delle piccole e medie imprese, domani alle 20, si terrà una fiaccolata silenziosa a Roma, al Pantheon. Imprese e lavoratori sfileranno insieme, con un pensiero a tutti coloro che, strangolati da debiti con banche e fornitori, hanno scelto di togliersi la vita. Si chiama 'Silenziosamente', ed è la manifestazione congiunta organizzata da 20 sigle tra sindacati, associazioni e confederazioni, tra cui Cgil, Cisl, Uil, Confcommercio, Federlazio e Unindustria.
I dati complessivi. Complessivamente, dopo l'aumento dei suicidi registrato nel 2009 (+5,6% rispetto al 2008), prosegue nel 2010 la crescita del fenomeno (+2,1%). I suicidi accertati in Italia salgono a 3.048 (sono stati 2.986 nel 2009 e 2.828 nel 2008). L'incremento, che investe trasversalmente la popolazione, coinvolge la componente maschile (+2,4%) in misura maggiore di quella femminile (+0,9%), consolidando la caratterizzazione al maschile del fenomeno: nel 2010 l'indice di rischio suicidario risulta tra gli uomini quattro volte superiore a quello delle donne (8,2 a fronte di 2,1). Secondo la fotografia dell'Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l'è aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l'Emilia Romagna (278, 9,1%).
(17 aprile 2012) © Riproduzione riservata
La Repubblica
E' un vero e proprio allarme sociale
Drammatici i dati dello studio Eures: fenomeno in crescita, nel 2010 si sono tolte la vita 336 persone, tra imprenditori e lavoratori autonomi. Ventitrè i casi dall'inizio del 2012. Domani manifestazione silenziosa a Roma organizzata da imprese e sindacati
Colpite dalla crisi soprattutto le piccole e medie imprese
ROMA - La crisi economica ha i suoi effetti non solo sui disoccupati, ma anche fra imprenditori e lavoratori autonomi. Sono stati 362 nel 2010 i suicidi dei disoccupati, superando i 357 casi del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media del triennio precedente (rispettivamente 275, 270 e 260 nel 2006, 2007 e 2008), confermando la correlazione tra rischio e integrazione nel tessuto sociale. E' quanto emerge dal Secondo rapporto Eures Il suicidio in Italia al tempo della crisi. La situazione economica non ha effetti solo sui 'senza lavoro', ma anche anche fra imprenditori e autonomi, inducendo al suicidio molti artigiani, commercianti o comunque imprenditori 'autonomi'. Secondo l'Eures nel 2010 in questa categoria ben 336 si sono tolte la vita, contro i 343 del 2009. Solo nei primi mesi del 2012 1, 23 imprenditori si sono tolti la vita.
Fattori di rischio. Lo studio definisce "molto alto il rischio suicidario" nella componente della forza lavoro direttamente esposta all'impatto della crisi. Nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (sono state 151 nel 2009), costituite in oltre il 90% dei casi da uomini, confermando come tutte le variabili legate a fattori materiali presentino "indici di mascolinità superiori a quello già
elevato rilevato in termini generali".
Le percentuali crescono nella fascia degli esodati. Secondo lo studio però i rischi di suicidio nei momenti di difficoltà economica sarebbero più alti tra disoccupati e imprenditori, meno invece tra i dipendenti. Considerando l'indice di rischio specifico (suicidi per 100 mila abitanti della medesima condizione) sono i disoccupati a presentare l'indice più alto (17,2), seguiti con scarti significativi dagli imprenditori e liberi professionisti (10) colpiti dalle fluttuazioni del mercato e dai ritardi nei pagamenti per i beni e servizi venduti (in primo luogo da parte della Pubblica Amministrazione) e dalla conseguente difficoltà di accesso al credito. Seguono i lavoratori in proprio (5,5) e chiudono la graduatoria del rischio i "più tutelati" lavoratori dipendenti (4,5). Soltanto di poco più alto, infine, l'indice di rischio suicidario degli inattivi (pensionati, casalinghe, studenti, eccetera).
Il rischio suicidio è inoltre sempre più in agguato nella fascia dei cosiddetti esodati, in genere di età compresa tra i 45 e i 64 anni, facendo segnare un incremento di casi del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.
La fiaccolata silenziosa. Per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla crisi delle piccole e medie imprese, domani alle 20, si terrà una fiaccolata silenziosa a Roma, al Pantheon. Imprese e lavoratori sfileranno insieme, con un pensiero a tutti coloro che, strangolati da debiti con banche e fornitori, hanno scelto di togliersi la vita. Si chiama 'Silenziosamente', ed è la manifestazione congiunta organizzata da 20 sigle tra sindacati, associazioni e confederazioni, tra cui Cgil, Cisl, Uil, Confcommercio, Federlazio e Unindustria.
I dati complessivi. Complessivamente, dopo l'aumento dei suicidi registrato nel 2009 (+5,6% rispetto al 2008), prosegue nel 2010 la crescita del fenomeno (+2,1%). I suicidi accertati in Italia salgono a 3.048 (sono stati 2.986 nel 2009 e 2.828 nel 2008). L'incremento, che investe trasversalmente la popolazione, coinvolge la componente maschile (+2,4%) in misura maggiore di quella femminile (+0,9%), consolidando la caratterizzazione al maschile del fenomeno: nel 2010 l'indice di rischio suicidario risulta tra gli uomini quattro volte superiore a quello delle donne (8,2 a fronte di 2,1). Secondo la fotografia dell'Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l'è aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l'Emilia Romagna (278, 9,1%).
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
IL CASO
La madre di una laureata: "Credeva nel merito
E' stata delusa e si è uccisa: è colpa nostra"
Cosenza, la donna ha scritto una lunga lettera al Quotidiano di Calabria. "Non s'è tolta la vita per depressione, lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua regione, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. E' una colpa da pagare a così caro prezzo?"
COSENZA - "E' sempre stata onesta, non ha mai cercato compromessi, si è sempre messa in discussione, troppo, e ci ha dato sempre il massimo...o forse no, perchè, ne sono certa, se non l'avessimo uccisa, tutti, ci avrebbe dato di più". E' quanto scrive in una lettera al direttore del Quotidiano della Calabria 1 la madre di Lucia, una ragazza di 28 anni, laureata in ingegneria gestionale, che si è tolta la vita il 4 aprile scorso lanciandosi dal balcone della sua abitazione a Cosenza.
"Non si può banalizzare - aggiunge - e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione... Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato. Laureata in ingegneria gestionale, in condizioni molto difficili, con il massimo dei voti, 110/110, si è trovata a doversi accontentare di un lavoro che non era il suo, poco retribuito, si è trovata a doversi prendere cura della sua piccolina di appena due anni, affrontando tutte le difficoltà che già conosciamo noi donne...e noi donne del sud. Aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia".
La madre della ragazza suicida afferma poi che "lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua Calabria, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. E' una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo...E voi, mamme, non consentite che questo mostruoso Leviatano divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto".
Per il Presidente del corso di studi in ingegneria gestionale dell'Università della Calabria, Luigi Filice, il suicidio di Lucia è una "grande sconfitta per quella società che la mia università deve far progredire". "Assorbito il colpo, ripreso il respiro, resta l'immenso senso di impotenza - aggiunge - ma anche la rabbia e la volontà di impegnarsi ancor di più nello svolgere un lavoro che ci concede, ogni giorno, l'immeritato privilegio di vivere spalla a spalla con le generazioni future".
(17 aprile 2012)
La madre di una laureata: "Credeva nel merito
E' stata delusa e si è uccisa: è colpa nostra"
Cosenza, la donna ha scritto una lunga lettera al Quotidiano di Calabria. "Non s'è tolta la vita per depressione, lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua regione, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. E' una colpa da pagare a così caro prezzo?"
COSENZA - "E' sempre stata onesta, non ha mai cercato compromessi, si è sempre messa in discussione, troppo, e ci ha dato sempre il massimo...o forse no, perchè, ne sono certa, se non l'avessimo uccisa, tutti, ci avrebbe dato di più". E' quanto scrive in una lettera al direttore del Quotidiano della Calabria 1 la madre di Lucia, una ragazza di 28 anni, laureata in ingegneria gestionale, che si è tolta la vita il 4 aprile scorso lanciandosi dal balcone della sua abitazione a Cosenza.
"Non si può banalizzare - aggiunge - e liquidare il suo gesto come un suicidio dettato dalla depressione... Lei sì, lei sì che si è sempre impegnata fiduciosa nei nostri insegnamenti, sicura che il merito avrebbe pagato. Laureata in ingegneria gestionale, in condizioni molto difficili, con il massimo dei voti, 110/110, si è trovata a doversi accontentare di un lavoro che non era il suo, poco retribuito, si è trovata a doversi prendere cura della sua piccolina di appena due anni, affrontando tutte le difficoltà che già conosciamo noi donne...e noi donne del sud. Aveva un solo difetto: portare un cognome anonimo e credere nella meritocrazia".
La madre della ragazza suicida afferma poi che "lei non poteva vivere in quest'Italia asservita, e non poteva neanche allontanarsene, voleva semplicemente vivere nella sua Calabria, dov'era amata dai suoi innumerevoli amici. E' una colpa da pagare a così caro prezzo? Se è così, giovani, andate via, andate via e abbandonate questa Terra, noi non vi vogliamo...E voi, mamme, non consentite che questo mostruoso Leviatano divori i nostri figli. Lottiamo insieme a loro, nella legalità, per i loro diritti, e chiediamo a testa alta ciò che è loro dovuto".
Per il Presidente del corso di studi in ingegneria gestionale dell'Università della Calabria, Luigi Filice, il suicidio di Lucia è una "grande sconfitta per quella società che la mia università deve far progredire". "Assorbito il colpo, ripreso il respiro, resta l'immenso senso di impotenza - aggiunge - ma anche la rabbia e la volontà di impegnarsi ancor di più nello svolgere un lavoro che ci concede, ogni giorno, l'immeritato privilegio di vivere spalla a spalla con le generazioni future".
(17 aprile 2012)
Re: THE CATHOLIC QUESTION
SE POTESSI IN QUALCHE MODO COMPRENDERE COME POSSA ESSERE MISERICODIOSO E GIUSTO QUESTO DIO CHE MOSTRA TANTA COLLERA E INIQUITA' , NON AVREI ACLUN BISOGNO DELLA FEDE. ( MARTIN LUTERO )
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Cgia: «Crisi ha ucciso 23 imprenditori»
«Il meccanismo si sta spezzando - sottolinea il presidente Giuseppe Bortolussi - questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più».
14 aprile 2012
Dall'inizio dell'anno sono 23 i suicidi tra gli imprenditori a causa della crisi economica. È la cifra diffusa dalla Cgia di Mestre. «Il pensiero va ai 23 suicidi tra i piccoli imprenditori che si sono registrati dall`inizio dell`anno ad oggi, 9 dei quali (pari al 40% del totale) sono avvenuti nel Veneto», scirve la Cgia.
«Il meccanismo si sta spezzando - sottolinea il presidente Giuseppe Bortolussi - questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo ed insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione».
L'Unità
«Il meccanismo si sta spezzando - sottolinea il presidente Giuseppe Bortolussi - questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più».
14 aprile 2012
Dall'inizio dell'anno sono 23 i suicidi tra gli imprenditori a causa della crisi economica. È la cifra diffusa dalla Cgia di Mestre. «Il pensiero va ai 23 suicidi tra i piccoli imprenditori che si sono registrati dall`inizio dell`anno ad oggi, 9 dei quali (pari al 40% del totale) sono avvenuti nel Veneto», scirve la Cgia.
«Il meccanismo si sta spezzando - sottolinea il presidente Giuseppe Bortolussi - questi suicidi sono un vero grido di allarme lanciato da chi non ce la fa più. Le tasse, la burocrazia, la stretta creditizia e i ritardi nei pagamenti hanno creato un clima ostile che penalizza chi fa impresa. Per molti, il suicidio è visto come un gesto di ribellione contro un sistema sordo ed insensibile che non riesce a cogliere la gravità della situazione».
L'Unità
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Re: THE CATHOLIC QUESTION
Gli expresidenti della fuci e la destra politica si riuniscono per discutere di superare la democrazia
Cattolici bipolari http://www.cdbitalia.it/2012/03/21/cattolici-bipolari/
Raniero La Valle
Con la copertura e l’alibi del governo tecnico, il sistema politico sta passando da un modello a un altro, senza che nessuno teorizzi il cambiamento, ne sveli l’ideologia o dichiari esplicitamente dove si vuole andare.
C’è però qualcuno che dice le cose in chiaro, che cerca di fornire la teoria di ciò che gli altri fanno senza dirlo. Chi si è assunto questo compito è un gruppo di cattolici, alcuni dei quali stanno nel Partito democratico, alcuni in quello di Berlusconi, alcuni con Casini. Tra loro sono intellettuali, come gli ex presidenti della FUCI Ceccanti Tonini e Guzzetta, che grazie a questa loro ascendenza, sono propensi a dare la linea e a formulare le idee che altri attuano senza avvedersene. Perciò è utile vedere quali sono le intenzioni espresse da questo gruppo, perché fanno capire il senso di un movimento che va ben di là di esso.
L’opportunità ce ne è offerta da un convegno svoltosi il 23 febbraio scorso all’Università gregoriana, dedicato a “I cattolici e il bipolarismo”: ed era un titolo un po’ abusivo perché non c’è nessuna attinenza tra “i cattolici” e il bipolarismo, e se certamente ci sono molti cattolici bipolari, altri non lo sono affatto e anzi lo avversano. Il convegno, che voleva andare oltre Todi, è stato promosso da due fondazioni di segno opposto, una di area berlusconiana, l’altra di area del partito democratico (“Magna Carta” e “Libertà Eguale”).
Basta questo a dire che si è trattato di un “convegno molto originale”, come lo ha definito Stefano Ceccanti; e originale era anche il composto di relatori e partecipanti, da Luca Diotallevi (considerato vicino alla CEI) a Maurizio Gasparri, a Giovanni Guzzetta, a Quagliariello, Buttiglione, Ceccanti, Tonini, Mantovano, Brunelli, Follini, Paola Binetti, Mariastella Gelmini, Maurizio Sacconi, Sandro Magister, Francesco D’Agostino ed altri.
Mettendo insieme le linee che emergono dalle relazioni, dagli interventi e dai messaggi web di alcuni di loro viene fuori un inquietante disegno.
Sarebbe in atto, sostiene Ceccanti, un processo di differenziazione sociale, per il quale la politica sarebbe solo una tra le sfere sociali, senza primati e gerarchie, sullo stesso piano dell’economia. Chi si oppone a questo riallineamento tra politica ed economia sarebbe statalista, e nella misura in cui non accolga la “lezione antimonarchica” del crollo del Muro di Berlino, e non sostenga la libertà economica contro il prepotere dello Stato e della politica, sarebbe come quei tradizionalisti che rifiutano la libertà religiosa, sarebbe come Lefebvre.
Vi sono stati due filoni di pensiero, dice Guzzetta. Il primo, quello della democrazia sostanziale (valore programmatico della Costituzione, dirigismo statale in economia e centralità dei partiti) prevalse nella “Prima Repubblica” e in campo cattolico può essere ricondotto ai vari Dossetti, La Pira, i professorini ecc. Il secondo, quello della democrazia procedurale di tipo liberaldemocratico (democrazia come tecnica di libera contrapposizione degli interessi, sussidiarietà dello Stato rispetto alla società, democrazia dell’alternanza in prospettiva bipolare) addirittura potrebbe essere fatto risalire a Sturzo, De Gasperi, Moro, e più di recente a Ruffilli, Segni, Andreatta, fino alla FUCI e alle ACLI.
Si tratterebbe oggi di far prevalere il secondo filone, per indirizzare il sistema verso una “relativizzazione del ruolo dello Stato nella società poliarchica” (in questi pensatori il termine poliarchia – pluralità dei poteri – tende a sostituire il termine democrazia – potere del popolo); occorrerebbe attuare una sussidiarietà non solo verticale ma soprattutto orizzontale (“non faccia la politica – dice Ceccanti – quello che può fare l’economia”), superare le forme di governo fondate sui partiti, artefici di dirigismo e assistenzialismo, consolidare il bipolarismo, assicurare la personalizzazione della leadership e la relativa investitura diretta del Primo Ministro.
Al di là degli “argomenti”, il convegno ha anche voluto esplicitare, nella relazione di Diotallevi, quali sarebbero “gli interessi” che suggerirebbero al cattolicesimo italiano di optare per una tale democrazia bipolare. Con la proporzionale i cattolici non sarebbero determinanti, mentre in una competizione bipolare, spostandosi prima del voto da sinistra a destra o viceversa, diventerebbero decisivi in una competizione che sempre meno sarebbe tra visioni complessive e sigle, e sempre più tra programmi e nomi, fino a diventare nel tempo una competizione tra riformismi diversi ma in sostanza eguali; una competizione, dice Ceccanti, tra due liberalismi, “tra liber-riformisti e liberal-conservatori”.
L’interesse dei cattolici starebbe anche nel fatto che in tale sistema sono le entità sociali e non quelle politiche che più facilmente possono “occupare il centro, dettare l’agenda e alzare il prezzo del proprio consenso”. E qui il riferimento esplicito è alla CEI.
Molto ci sarebbe da dire su ciascuna di queste cose. Ma una cosa sembra decisiva: la politica è l’unica casa dove abita la democrazia, la quale non ha il suo luogo né nell’economia, né nella Chiesa, né nelle imprese; quanto più nella società si riduce ed esce di scena la politica, tanto più si riduce ed esce di scena la democrazia.
http://www.noisiamochiesa.org/?p=2093
Cattolici bipolari http://www.cdbitalia.it/2012/03/21/cattolici-bipolari/
Raniero La Valle
Con la copertura e l’alibi del governo tecnico, il sistema politico sta passando da un modello a un altro, senza che nessuno teorizzi il cambiamento, ne sveli l’ideologia o dichiari esplicitamente dove si vuole andare.
C’è però qualcuno che dice le cose in chiaro, che cerca di fornire la teoria di ciò che gli altri fanno senza dirlo. Chi si è assunto questo compito è un gruppo di cattolici, alcuni dei quali stanno nel Partito democratico, alcuni in quello di Berlusconi, alcuni con Casini. Tra loro sono intellettuali, come gli ex presidenti della FUCI Ceccanti Tonini e Guzzetta, che grazie a questa loro ascendenza, sono propensi a dare la linea e a formulare le idee che altri attuano senza avvedersene. Perciò è utile vedere quali sono le intenzioni espresse da questo gruppo, perché fanno capire il senso di un movimento che va ben di là di esso.
L’opportunità ce ne è offerta da un convegno svoltosi il 23 febbraio scorso all’Università gregoriana, dedicato a “I cattolici e il bipolarismo”: ed era un titolo un po’ abusivo perché non c’è nessuna attinenza tra “i cattolici” e il bipolarismo, e se certamente ci sono molti cattolici bipolari, altri non lo sono affatto e anzi lo avversano. Il convegno, che voleva andare oltre Todi, è stato promosso da due fondazioni di segno opposto, una di area berlusconiana, l’altra di area del partito democratico (“Magna Carta” e “Libertà Eguale”).
Basta questo a dire che si è trattato di un “convegno molto originale”, come lo ha definito Stefano Ceccanti; e originale era anche il composto di relatori e partecipanti, da Luca Diotallevi (considerato vicino alla CEI) a Maurizio Gasparri, a Giovanni Guzzetta, a Quagliariello, Buttiglione, Ceccanti, Tonini, Mantovano, Brunelli, Follini, Paola Binetti, Mariastella Gelmini, Maurizio Sacconi, Sandro Magister, Francesco D’Agostino ed altri.
Mettendo insieme le linee che emergono dalle relazioni, dagli interventi e dai messaggi web di alcuni di loro viene fuori un inquietante disegno.
Sarebbe in atto, sostiene Ceccanti, un processo di differenziazione sociale, per il quale la politica sarebbe solo una tra le sfere sociali, senza primati e gerarchie, sullo stesso piano dell’economia. Chi si oppone a questo riallineamento tra politica ed economia sarebbe statalista, e nella misura in cui non accolga la “lezione antimonarchica” del crollo del Muro di Berlino, e non sostenga la libertà economica contro il prepotere dello Stato e della politica, sarebbe come quei tradizionalisti che rifiutano la libertà religiosa, sarebbe come Lefebvre.
Vi sono stati due filoni di pensiero, dice Guzzetta. Il primo, quello della democrazia sostanziale (valore programmatico della Costituzione, dirigismo statale in economia e centralità dei partiti) prevalse nella “Prima Repubblica” e in campo cattolico può essere ricondotto ai vari Dossetti, La Pira, i professorini ecc. Il secondo, quello della democrazia procedurale di tipo liberaldemocratico (democrazia come tecnica di libera contrapposizione degli interessi, sussidiarietà dello Stato rispetto alla società, democrazia dell’alternanza in prospettiva bipolare) addirittura potrebbe essere fatto risalire a Sturzo, De Gasperi, Moro, e più di recente a Ruffilli, Segni, Andreatta, fino alla FUCI e alle ACLI.
Si tratterebbe oggi di far prevalere il secondo filone, per indirizzare il sistema verso una “relativizzazione del ruolo dello Stato nella società poliarchica” (in questi pensatori il termine poliarchia – pluralità dei poteri – tende a sostituire il termine democrazia – potere del popolo); occorrerebbe attuare una sussidiarietà non solo verticale ma soprattutto orizzontale (“non faccia la politica – dice Ceccanti – quello che può fare l’economia”), superare le forme di governo fondate sui partiti, artefici di dirigismo e assistenzialismo, consolidare il bipolarismo, assicurare la personalizzazione della leadership e la relativa investitura diretta del Primo Ministro.
Al di là degli “argomenti”, il convegno ha anche voluto esplicitare, nella relazione di Diotallevi, quali sarebbero “gli interessi” che suggerirebbero al cattolicesimo italiano di optare per una tale democrazia bipolare. Con la proporzionale i cattolici non sarebbero determinanti, mentre in una competizione bipolare, spostandosi prima del voto da sinistra a destra o viceversa, diventerebbero decisivi in una competizione che sempre meno sarebbe tra visioni complessive e sigle, e sempre più tra programmi e nomi, fino a diventare nel tempo una competizione tra riformismi diversi ma in sostanza eguali; una competizione, dice Ceccanti, tra due liberalismi, “tra liber-riformisti e liberal-conservatori”.
L’interesse dei cattolici starebbe anche nel fatto che in tale sistema sono le entità sociali e non quelle politiche che più facilmente possono “occupare il centro, dettare l’agenda e alzare il prezzo del proprio consenso”. E qui il riferimento esplicito è alla CEI.
Molto ci sarebbe da dire su ciascuna di queste cose. Ma una cosa sembra decisiva: la politica è l’unica casa dove abita la democrazia, la quale non ha il suo luogo né nell’economia, né nella Chiesa, né nelle imprese; quanto più nella società si riduce ed esce di scena la politica, tanto più si riduce ed esce di scena la democrazia.
http://www.noisiamochiesa.org/?p=2093
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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