Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 140


……..Salutame a soreta - 8
http://www.youtube.com/watch?v=zpYjZPRH_ac



Repubblica 20.12.13
Ricchi salvi, classi medie sprofondate la recessione ha ridisegnato il Paese
In mano a solo 4 milioni di persone il 34% del reddito totale

di Maurizio Ricci

L’ITALIA non è mai stata così divisa.

Agli economisti di destra piace dire che la marea alza e abbassa le barche, gli yacht come i gozzi, tutti allo stesso modo e così avviene nell’economia. Ma non è vero.

Cinque anni di crisi — la crisi più lunga dal dopoguerra — hanno segnato la società italiana.

Gli indici con cui le statistiche misurano le disuguaglianze sociali crescono inesorabilmente dal 2007, l’ultimo anno prima della recessione. E il modo in cui questo è avvenuto mostra che la teoria della marea non tiene.

Ricchi più ricchi
La crisi non ha reso i ricchi meno ricchi. Se la sono cavata egregiamente, con appena qualche piccolo tremolio, che non ha compromesso le quote in più di ricchezza nazionale, guadagnate negli anni e nei decenni precedenti, a scapito del resto del Paese.

E’ all’altro capo della scala sociale, però, che è avvenuto lo sfondamento.

Anzi, lo sprofondamento.

In confronto a quei ricchi, infatti, i poveri, a cominciare dalle classi medie in declino, sono diventati più poveri.

Soprattutto al Sud, dove erano già più poveri.

L’allargarsi della forbice è anche più vistoso se non si considera solo come i 4 milioni di italiani ricchi (e, in mezzo a loro, i 40 mila straricchi) hanno cavalcato gli ultimi anni di crisi, ma se si guarda a come i più fortunati hanno saputo gestire e utilizzare il lungo ristagno che, dagli anni ‘90, imprigiona l’economia italiana.

I 40 mila dello 0,1 per cento
L’ultima Italia egualitaria è ancora quella dei primi anni ‘80. Nel 1983, calcolano Paolo Acciari e Sauro Mocetti in uno studio (“Una mappa della disuguaglianza del reddito in Italia”) pubblicato dalla Banca d’Italia, i 4 milioni di contribuenti, che costituiscono il 10 per cento più ricco degli italiani, assorbivano il 26 per cento del reddito nazionale.

In realtà è di più, dato che lo studio analizza le dichiarazioni dei redditi e, dunque, non tiene conto dell’evasione e neanche dei redditi fuori Irpef, in particolare gli interessi sui depositi, le cedole dei titoli, i dividendi azionari, insomma, le rendite finanziarie in genere che, per i ricchi, pesano.

Acciari e Mocetti sono, però, convinti che, anche se il livello assoluto non è affidabile, il movimento dei redditi può essere disegnato dalle dichiarazioni Irpef.

Dieci anni dopo, dunque, nel 1993, il 10 per cento più ricco intasca il 30 per cento del reddito dichiarato, lasciando il 70 per cento a tutti gli altri.

E’ il momento in cui l’economia italiana si ferma, smette, sostanzialmente, di crescere per non ripartire più, fino ad oggi, accontentandosi di allargarsi ad un ritmo
paragonabile a quello di Haiti o dello Zimbabwe, lontano dal resto dell’occidente.

Ma questo non impedisce ai 4 milioni di italiani più ricchi, quelli con un reddito sopra i 35 mila euro, di ritagliarsi una fetta di torta sempre più grande: al 2003, sono arrivati sopra il 33 per cento. Nel 2007, alla vigilia della crisi, sono saliti ancora, sopra il 34 per cento.

In meno di25 anni, la fetta del 10 per cento è cresciuta di quasi un terzo.


Superstipendi e superpensioni
Ma ai 40 mila superstipendi, superpensioni, superparcelle, superrendite, che costituiscono lo 0,1 per cento dei redditi trasparenti all’Irpef e per i quali bisogna dichiarare dai 250 mila euro in su è andata anche molto meglio. Nel 1983, questa categoria di maxiredditi assorbiva meno dell’1,50 per cento del totale delle dichiarazioni. Nel 1993, già sfiorava il 2 per cento. Ma il passo lo hanno allungato dopo, a ristagno iniziato: nel 2007, la quota dei 40 mila straricchi era salita oltre il 3 per cento. In pratica, in 25 anni è raddoppiata. E la crisi? A queste altitudini è un venticello, che non compromette la presa delle classi più agiate sulla torta nazionale. Fra il 2007 e il 2009, la quota del 10 per cento più ricco scende dal 34,12 al 33,87 per cento.

Geografia dell’ineguaglianza
La capacità dei più ricchi di intercettare quote crescenti di reddito è il segnale più vistoso di una società ineguale, ma ne fornisce una immagine parziale. Il 10 per cento più ricco diventa più ricco, ma che succede nell’altro 90 per cento?

Da questo punto di vista, la crisi sembra aver segnato una netta cesura. Il processo di progressiva ascesa dei ceti medi che, sgranandosi lungo la scala sociale, riduceva gli indici di disuguaglianza si è bruscamente interrotto con il 2007.

L’indice nazionale, ora, è in risalita, ma la mappa che Acciari e Mocetti hanno disegnato, secondo gli indici statistici di disuguaglianza, provincia per provincia, consente di vedere che l’impatto è assai diverso nelle diverse zone del Paese, fino a suggerire una geografia anche politicoelettorale. La disuguaglianza è nettamente inferiore nel Centro-Nord.

Ai minimi, anche se a livelli non propriamente scandinavi, in realtà come Lodi, Biella, Vercelli ma, in generale, in buona parte dell’Italia padana e delle regioni rosse del centro.

La linea Roma-Pescara
Una situazione che muta di colpo sulla linea Roma-Pescara, sul confine di quella che era l’area di intervento della Cassa del Mezzogiorno, soprattutto se si tiene conto anche della disoccupazione. Qui, quasi tutta la Sicilia, la Calabria e, soprattutto, Campania, Molise, il grosso della Puglia, in buona sostanza, l’Italia meridionale, con l’eccezione della Basilicata, registra tassi di ineguaglianza paragonabili a quelli della Turchia. Nel Nord, il quarto più povero della popolazione dispone del 5,7 per cento del reddito complessivo. Nel Sud, questa quota crolla al 3,7 per cento. Una frattura geografica che si affianca e si somma a quella nazionale ricchi- poveri e che rende ancora più incerto il cammino di uscita dalla crisi.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 141


……..Salutame a soreta - 9





il Fatto 20.12.13
La tribù dei lobbisti: chi sono, chi li manda, cosa ottengono
Piccolo e incompleto elenco di quel che c’è e perché nella Legge di Stabilità

di Marco Palombi e Paola Zanca

Il viaggiatore che si trovasse a passare nei pressi delle commissioni Bilancio delle due Camere durante la discussione della legge di Stabilità osserverebbe una scena assai bizzarra. Dentro l’aula i parlamentari discutono e votano, entrano ed escono commessi, funzionari e gli stessi onorevoli, all’esterno - su un tavolo - un gruppo di giornalisti segue i lavori col testo della legge a sinistra e il fascicolo degli emendamenti a destra. Tutt’intorno c’è un’altra tribù dall’occupazione più sfuggente: a turno i suoi membri alternano fasi di calma ad altre di grande agitazione in cui scrivono o telefonano o passano fogli a qualcuno; amano colloquiare con gli interlocutori sempre con un’aria un po’ da congiurati; hanno una certa passionaccia per la parola all’orecchio, la passeggiata sotto braccio, l’amichevole pacca sulla spalla, il sorriso largo e rassicurante. Ecco, quella tribù sono i lobbisti.

Chi sono i lobbisti?
Intanto quelli veri e propri - cioè i dipendenti di una società di lobby ufficiale come Cattaneo Zanetto o Reti, per citare le più note - sono una minoranza e nemmeno delle più rilevanti. Alcuni lobbisti sono, più semplicemente, quelli che nelle aziende si chiamano “Responsabili delle relazioni istituzionali ” (una, Simonetta Giordani, in questo governo ha cambiato sponda e da Autostrade è passata al sottosegretariato ai Beni Culturali), altri ancora sono lobbisti informali: ex dipendenti del Parlamento, magari, come il meraviglioso esemplare registrato a Montecitorio dal Movimento 5 Stelle. Sul sito di Beppe Grillo lo si sente vantarsi al telefono di come ha bloccato un emendamento del Pd che fissava a 150 mila euro l’anno il tetto massimo di cumulo tra pensione e redditi da lavoro che tanto fastidio dava ai nostri Grand commis (in una parte non registrata ha fatto riferimento anche ai membri della Consulta): “Ho dovuto scatenare mari e monti. È stata una battaglia durissima. Io lo potrei scrivere in un manuale come caso di eccellenza di azione di lobby... Ho dovuto smuovere tutto”. Alla fine, il tetto è stato fissato a oltre 300 mila euro. Più del doppio. Qualcuno, come il deputato M5S Vincenzo Caso, s’è ritrovato il lobbista fuori dalla porta dell’aula che esultava per la bocciatura di un proprio emendamento: “Non è passatoooooo”.

Chi sono i mandanti?
Alle Camere, da ottobre a dicembre, stazionano tutti. Giganti come Eni o Enel o Poste o Ferrovie hanno ovviamente un loro uomo sul posto: la società guidata da Mario Moretti, per dire, deve essere certa che i finanziamenti da cui dipende siano effettivamente stanziati e quindi presidia il ministero delle Infrastrutture prima e il Parlamento poi (missione compiuta anche quest’anno).

Ci sono poi gli inviati dei ministeri. Quello della Difesa si occupa tanto dei militari veri e propri quanto dell’industria del settore: a questo giro, ad esempio, i primi hanno incassato 100 milioni extra per il 2014 e altri cento da dividere con le altre forze di polizia, i secondi un piano pluriennale di spesa in armamenti.

Ci sono poi i lobbisti delle tv private e dell’editoria, che si preoccupano dei rispettivi fondi statali, e c’è il mondo dell’energia che è diviso in tre: c’è sempre qualcuno del Gestore dei mercati elettrici (Gme), altri di Assoenergia e qualcuno pure di Energia Concorrente, che poi sarebbe l’associazione a cui aderisce Sorgenia di Carlo De Benedetti che ha strappato un emendamento per risolvere un contenzioso sugli oneri urbanistici con un comune del lodigiano (un risparmio potenziale di 22 milioni di euro).

Non mancano, ovviamente, gli uomini dell’Abi, l’associazione bancaria italiana, i veri trionfatori di questa sessione di bilancio tra detrazioni sulle sofferenze velocizzate (da 18 anni a cinque) e rivalutazione delle quote di Bankitalia con relativa aliquota di favore.

La lobby del gioco - a partire da Sistema Gioco Italia di Confindustria - pure è sempre presente in forze in Parlamento: tra concessioni e trattamento fiscale i fronti aperti sono molti (anche se l’emendamento per spaventare regioni e comuni tentati dalla guerra alle slot, come vi raccontiamo qui accanto, probabilmente alla fine verrà cancellato).

Non manca il mondo assicurativo, anche se Ania preferisce lavorare direttamente col ministero: dopo il regalo del governo Monti che ha nei fatti reso irrisarcibili molti infortuni di piccola entità (norma anti-“colpo di frusta”), oggi l’esecutivo Letta gli regala per decreto il mercato dell’autoriparazione grazie all’obbligo di far riparare la macchina solo nelle carrozzerie convenzionate. Gli interessati, nel senso dei carrozzieri, iniziano a gennaio una mobilitazione nazionale. Si può dire che anche loro siano una lobby, però non efficace come quella della loro controparte.
iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

La tribù dei lobbisti: chi sono, chi li manda, cosa ottengono
Piccolo e incompleto elenco di quel che c’è e perché nella Legge di Stabilità


Non c'è legge elettorale che possa garantire i cittadini sull'operato dei parlamentari eletti, quindi inutile perdere un tempo infinito per fare una legge elettorale quando alla fine gli eletti dei vari partiti diventano ostaggi delle lobby in modo particolare se i partiti non hanno più un finanziamento pubblico.
Se la sovranità spetta al popolo va modificata quella parte della Costituzione relativa ai referendum, in modo tale che ogni anno i cittadini abbiano la possibilità di approvare o bocciare i vari provvedimenti fatti, conoscere come hanno votato i singoli parlamentari in modo da valutarli e trarre le conseguenze ( positive o negative)per la prossima legislatura, proporre leggi che devono essere discusse entro termini definiti e se bocciate da farle votare con referendum,
Referendum senza quorum i cui costi annuali vanno sottratti alle spese della politica.
Amadeus

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da Amadeus »

http://www.huffingtonpost.it/2013/12/21 ... _ref=italy


Un miliardo di euro in meno. La metà del gettito dell'Imu sulla prima casa. È la perdita stimata dal ministero dell'Economia sugli incassi dalle slot machines e dalle videolottery, che già quest'anno è passato dagli 8,1 miliardi del 2012 a 7,9. È per questo che Federica Chiavaroli, la senatrice del Nuovo Centrodestra che avrebbe dovuto fare il discorso di rottura qualora Berlusconi il 2 ottobre non avesse confermato la fiducia a Letta, ha presentato l'emendamento su cui si è incartato il governo. Un codicillo, approvato al Senato, che prevede la riduzione dei trasferimenti a Regioni e Enti locali che emanano norme contro la proliferazione delle macchinette.

O forse no. Perché, secondo quanto scrive il Fatto quotidiano, la filiera che ha portato alla scrittura dell'emendamento è tutta politica. E tutta interna agli uomini di Angelino Alfano. Oltre alla Chiavaroli, un ruolo l'avrebbero avuto Claudio Azzollini, "presidente della commissione Bilancio e indagato per truffa e associazione a delinquere per i lavori nel porto di Molfetta" e Alberto Giorgetti, sottosegretario all'Economia. È la senatrice stessa, parlando a Repubblica, a confermare l'interconnessione: "L'emendamento me l'ha suggerito Giorgetti in Commissione. Aveva fatto presente che l'agenzia dei Monopoli segnalava questo problema: lo stato dà le concessioni per i giochi e poi i comuni le bloccano. Dove prendere i 9 miliardi che l'intero comparto giochi frutta all'anno all'erario se poi i sindaci si mettono di traverso?".

Giorgetti non è nuovo a questo tipo di polemiche. Noto per la sua mano morbida, aveva la delega al gioco anche quando ricopriva il medesimo incarico nel governo Berlusconi, quota An. Scrive il Fatto: "Sotto la sua supervisione presero piede le videolottery, i win for life, i bingo online. Nel marzo scorso, a Rimini, alla fiera degli apparecchi da gioco si spellarono le mani per lui: 'I numeri della ludopatia sono sovrastimati rispetto alla realtà, state subendo una denigrazione e una demonizzazione senza precedenti'".

Il quotidiano diretto da Antonio Padellaro ricorda il caso di Raffaele Lauro, che, dopo aver condotto in solitaria una battaglia sul tema venne convocato da Gaetano Quagliariello, attuale ministro Ncd: "Berlusconi vuole parlarti a quattr'occhi". Il Cavaliere non chiamò, e Lauro chiese spiegazioni al collega: "Il problema sono le tue iniziative sul gioco d'azzardo. Alcune società minacciano di non fare pubblicità su Mediaset". Morale: Lauro non venne ricandidato, e tuonò: "Sono stato escluso con metodi da gangster. Hanno vinto le mafie del gioco".

Oggi Chiavaroli prova a minimizzare: "Non ho idea di chi siano le lobby del gioco d'azzardo. È semplicemente prevalsa la responsabilità di governo, il senso di dovere verso i bilanci dello stato. Forse non si sa che gli emendamenti di questi tempi trovano copertura grazie a tre voci: gioco, fumo alcol". Niente "mafie delle slot", dunque: "Sono per la famiglia, l'ho fatto per l'erario".
:lol: 8-)
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 142


……..Salutame a soreta - 10

http://www.youtube.com/watch?v=JkViy8nmLsw
Antonello Venditti



Dedicato a “iospero”

Immagino che spesso postando pareri diversi, od osservazioni su articoli postati dai forumisti, come è capitato ieri sera con “iospero”, la nota possa sembrare quella del solito rompicoglioni, di chi piace a tutti i costi di andare controcorrente, di chi è naturalmente polemico su tutto per il solo gusto di fare la polemica spicciola a buon mercato, di chi piace fare il naturale bastian contrario su tutto.

Non è così. Dipende solo dall’età sulla carta d’identità, di un curioso della vita che ha sempre osservato quanto accadeva e si diceva, e che quindi, nell’ultima fase della vita conosce bene i suoi polli.

All’articolo de Il Fatto Quotidiano di ieri :

L’ex banchiere Modiano: “Con prelievo forzoso al 10% gettito di 113 miliardi”

risponde oggi la corazzata del campo avverso :

21 DIC 2013 13:31
QUELLI DI PRODI: SERVE UNA PATRIMONIALE DA 113 MILIARDI - NEL MIRINO DI NOMISMA QUEL 10% DI ITALIANI CHE POSSIEDONO IL 47,5% DEI BENI LIQUIDI
Nella newsletter di dicembre scritta dal presidente Pietro Modiano e dal capo economista Sergio De Nardis, Nomisma spiega che il rilancio dell’Italia deve passare attraverso un prelievo straordinario del 10% sulla ricchezza finanziaria del 10% più ricco delle famiglie…

Andrea Indini per Il Giornale


Sicuramente si era dimenticato (volutamente o per grossolana sbadataggine ) delle rapine messe a segno da Romano Prodi, Giuliano Amato, Massimo D'Alema, Vincenzo Visco o Tommaso Padoa Schioppa. Da sempre la sinistra ha sempre attuato la stessa ricetta: stangare la ricchezza.

A spingerlo un odio atavico nei confronti di quei beni che, sebbene guadagnati con il lavoro e la fatica, vengono trasformati nel simbolo dell'ingiustizia sociale.

Non contento della sfilza di tasse e nuovi balzelli ideati quando sedeva a Palazzo Chigi, Prodi è tornato in pista per proporre al governo Letta una nuova patrimoniale.

Eccola lì la parola magica che fa brillare gli occhi a tutta la sinistra.

Nell'editoriale della newsletter di dicembre scritta dal presidente Pietro Modiano e dal capo economista Sergio De Nardis, Nomisma ha spiegato che il rilancio dell'Italia deve passare attraverso un prelievo straordinario del 10% sulla ricchezza finanziaria del 10% più ricco delle famiglie.

Qualche giorno fa, in un collegamento telefonico con Forza Italia a Como, Silvio Berlusconi aveva attaccato duramente il governo accusandolo di avere come obiettivo quello di "ridistribuire la ricchezza togliendo soldi alla borghesia".


L'eventualità è tutt'altro che remota. Nomisma, la società di consulenza fondata da un gruppo di economisti tra cui spicca anche Prodi, ha già fatto una stima sul gruzzoletto su cui il Tesoro potrebbe mettere le mani. Stimando che la ricchezza liquida delle famiglie italiane si aggira intorno ai 2.400 miliardi di euro e che il 47,5% di questo ammontare, ovvero 1.130 miliardi, è posseduto dal 10% più ricco delle famiglie italiane, Modiano e De Nardis propongono di approvare un prelievo una tantum del 10% su questa fascia.

Prelievo che, stando ai calcoli forniti, "darebbe luogo a un gettito di entrate per lo stato di 113 miliardi di euro, 7 punti percentuali di pil, da distribuire a favore delle famiglie più povere e delle imprese". "Se questa tassa sul patrimonio venisse pagata in quattro rate annuali di 28 miliardi - si legge nella newsletter - il il bilancio pubblico potrebbe fornire uno stimolo equivalente nell'arco di un quadriennio all'economia, modificandone il sentiero di crescita".

Quello che ha in mente il pensatoio vicino a Prodi è una tantum che, però, venga ripetuta nel tempo. Una manovra di prelievo straordinario sulla ricchezza e redistribuzione a famiglie e imprese disagiate da avviare nel 2014 e da ripetere nel successivo triennio, fino al 2017.

Secondo gli economisti di Nomisma, "la strada per reperire le risorse necessarie a un rilancio dell'economia italiana passa, dunque, per una mobilitazione straordinaria del risparmio di chi possiede di più a favore delle fasce più povere della popolazione e delle imprese che devono confrontarsi con la competizione internazionale. La manovra - conclude il centro studi bolognese - può essere fatta senza aprire contenziosi in Europa e nel rispetto delle regole di bilancio iscritte in Costituzione".

I prodiani non sono certo gli unici ad apprezzare la patrimoniale. Sebbene Renzi abbia più volte allontanato la possibilità di praticare questa ipotesi, il suo economista di fiducia, il piddì Yoram Gutgeld, la pensa diversamente. Tanto che, all'interno delle misure per riformare il mercato del lavoro, vorrebbe introdurre una sorta di patrimoniale sugli assegni più alti.

Un'operazione che, a suo dire, "produrrebbe un risparmio annuo fra i 3 e i 4 miliardi". Insomma, alla sinistra il viziaccio di andare a tassare le ricchezze degli italiani non passerà mai. E, in caso di una vittoria elettorale, potrebbe essere la prima ricetta che verrà sottoposta dal prossimo titolare dell'Economia.


http://www.youtube.com/watch?v=JkViy8nmLsw
Antonello Venditti
erding
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

LA CRISI DILAGA. MA I MILIARDARI SONO SEMPRE PIU' RICCHI.
ECCONE ALCUNI ESEMPI





La classifica dei miliardari, ancora più ricchi nella crisi
sabato, 21 dicembre 2013




L’Italia ha vissuto un 2013 molto negativo, con un altro anno di pesante recessione che ha provocato ulteriori e diffusi guasti ad un tessuto economico e sociale già profondamente danneggiato da una crisi ormai lunghissima. Un articolo di Ettore Livini di oggi su “La Repubblica” di sabato 21 dicembre 2013 evidenzia però che i “Paperoni” del nostro paese possono sorridere. Grazie alla buona performance in Borsa la Top Ten dei più ricchi ha registrato anche cospicui incrementi del proprio patrimoni, che nel complesso è cresciuto di 7,9 miliardi di euro, pari ad un significativo più 17,7% rispetto all’anno scorso. E’ andata male solo allo Stato, che rimane il primo azionista di Piazza Affari. Grazie alle perdite di Eni il valore delle sue azioni sono scese a circa 30 miliardi. Ecco una classifica, non in ordine, degli altri otto super ricchi che hanno beneficiato della crescita della Borsa.


NUMERO NOVE, SILVIO BERLUSCONI

Silvio Berlusconi è tornato a sorridere, dopo un paio d’anni di grande sofferenza. Il ritorno al governo, terminato da poche settimane, ha coinciso con una forte crescita di Mediaset (+123%) e Mediolanum, che gli hanno permesso di passare da un patrimonio (in Borsa) di 1,8 miliardi di euro a 3,2. Un più 77% che sicuramente lo avrà consolato, almeno un po’, dei suoi guai giudiziari e politici.

NUMERO DUE, LEONARDO DEL VECCHIO

Leonardo Del Vecchio ha registrato una buona performance in Borsa che ha consolidato il suo ruolo di uomo più ricco d’Italia. Il patron di Luxottica è passato da 11,2 a 14 miliardi patrimonio dal 2012 al 2013. La scelta di affidare la gestione dell’azienda al manager Andrea Guerra, una novità nel capitalismo familiare italiano, continua a rivelarsi azzeccata.

NUMERO TRE, MIUCCIA PRADA E PATRIZIO BERTELLI

La frenata del 2013 ha fatto perdere a Miuccia Prada e Patrizio Bertelli il primato di famiglia italiana con più patrimonio in Borsa. Il leggero calo dai 14 miliardi ai 13,8 di capitalizzazione in Borsa hanno fatto perdere loro il “derby” che da qualche anno hanno ingaggiato con Leonardo Del Vecchio.

NUMERO QUATTRO, FAMIGLIA ROCCA

Anche la dinastia della siderurgia raccolta nel gruppo Technit ha visto una leggera contrazione dei loro valori azionari. Nel 2013 un calo dell’1,9% ha portato il patrimonio a 10,9 miliardi di euro.

FAMIGLIA BOROLI-DRAGO

Le due famiglie che controllano il gruppo De Agostini hanno registrato un aumento del 44% nel 2013, con un patrimonio quotato a 3,9 miliardi di euro.

NUMERO SETTE, FAMIGLIA FERRAGAMO

Ottimo risultato per un altro polo del lusso italiano. Il 2013 si chiude con un aumento del 71%, con un patrimonio che arriva a 3,6 miliardi di euro

NUMERO OTTO, FAMIGLIA ELKANN

Ottimo 2013 anche per la famiglia Elkann, che grazie alla quotazione di Chrysler beneficia di un aumento del suo patrimonio in Borsa del 52%. ora arrivato a 3,5 miliardi di euro.

NUMERO DIECI, DIEGO DELLA VALLE

Buon 2013 anche per un altro campione del lusso italiano. Diego Della Valle chiude l’anno con un aumento in Borsa del 15%, con un patrimonio azionario che sale a 2,2 miliardi di euro.

In questa classifica manca il numero uno, ovvero lo Stato, ed il numero sei, la famiglia Besnier, francese, che controlla Parmalat

http://www.gadlerner.it/2013/12/21/la-c ... ella-crisi.

Né il Governo MONTI né il Governo LETTA hanno ritenuto di dover mettere una patrimoniale sulle grandi ricchezze.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

erding ha scritto:LA CRISI DILAGA. MA I MILIARDARI SONO SEMPRE PIU' RICCHI.
ECCONE ALCUNI ESEMPI





La classifica dei miliardari, ancora più ricchi nella crisi
sabato, 21 dicembre 2013




L’Italia ha vissuto un 2013 molto negativo, con un altro anno di pesante recessione che ha provocato ulteriori e diffusi guasti ad un tessuto economico e sociale già profondamente danneggiato da una crisi ormai lunghissima. Un articolo di Ettore Livini di oggi su “La Repubblica” di sabato 21 dicembre 2013 evidenzia però che i “Paperoni” del nostro paese possono sorridere. Grazie alla buona performance in Borsa la Top Ten dei più ricchi ha registrato anche cospicui incrementi del proprio patrimoni, che nel complesso è cresciuto di 7,9 miliardi di euro, pari ad un significativo più 17,7% rispetto all’anno scorso. E’ andata male solo allo Stato, che rimane il primo azionista di Piazza Affari. Grazie alle perdite di Eni il valore delle sue azioni sono scese a circa 30 miliardi. Ecco una classifica, non in ordine, degli altri otto super ricchi che hanno beneficiato della crescita della Borsa.


NUMERO NOVE, SILVIO BERLUSCONI

Silvio Berlusconi è tornato a sorridere, dopo un paio d’anni di grande sofferenza. Il ritorno al governo, terminato da poche settimane, ha coinciso con una forte crescita di Mediaset (+123%) e Mediolanum, che gli hanno permesso di passare da un patrimonio (in Borsa) di 1,8 miliardi di euro a 3,2. Un più 77% che sicuramente lo avrà consolato, almeno un po’, dei suoi guai giudiziari e politici.

NUMERO DUE, LEONARDO DEL VECCHIO

Leonardo Del Vecchio ha registrato una buona performance in Borsa che ha consolidato il suo ruolo di uomo più ricco d’Italia. Il patron di Luxottica è passato da 11,2 a 14 miliardi patrimonio dal 2012 al 2013. La scelta di affidare la gestione dell’azienda al manager Andrea Guerra, una novità nel capitalismo familiare italiano, continua a rivelarsi azzeccata.

NUMERO TRE, MIUCCIA PRADA E PATRIZIO BERTELLI

La frenata del 2013 ha fatto perdere a Miuccia Prada e Patrizio Bertelli il primato di famiglia italiana con più patrimonio in Borsa. Il leggero calo dai 14 miliardi ai 13,8 di capitalizzazione in Borsa hanno fatto perdere loro il “derby” che da qualche anno hanno ingaggiato con Leonardo Del Vecchio.

NUMERO QUATTRO, FAMIGLIA ROCCA

Anche la dinastia della siderurgia raccolta nel gruppo Technit ha visto una leggera contrazione dei loro valori azionari. Nel 2013 un calo dell’1,9% ha portato il patrimonio a 10,9 miliardi di euro.

FAMIGLIA BOROLI-DRAGO

Le due famiglie che controllano il gruppo De Agostini hanno registrato un aumento del 44% nel 2013, con un patrimonio quotato a 3,9 miliardi di euro.

NUMERO SETTE, FAMIGLIA FERRAGAMO

Ottimo risultato per un altro polo del lusso italiano. Il 2013 si chiude con un aumento del 71%, con un patrimonio che arriva a 3,6 miliardi di euro

NUMERO OTTO, FAMIGLIA ELKANN

Ottimo 2013 anche per la famiglia Elkann, che grazie alla quotazione di Chrysler beneficia di un aumento del suo patrimonio in Borsa del 52%. ora arrivato a 3,5 miliardi di euro.

NUMERO DIECI, DIEGO DELLA VALLE

Buon 2013 anche per un altro campione del lusso italiano. Diego Della Valle chiude l’anno con un aumento in Borsa del 15%, con un patrimonio azionario che sale a 2,2 miliardi di euro.

In questa classifica manca il numero uno, ovvero lo Stato, ed il numero sei, la famiglia Besnier, francese, che controlla Parmalat

http://www.gadlerner.it/2013/12/21/la-c ... ella-crisi.

Né il Governo MONTI né il Governo LETTA hanno ritenuto di dover mettere una patrimoniale sulle grandi ricchezze.

Un articolo di qualche giorno fa, pubblicato su Dagospia recitava così all’inizio:

16 DIC 17:48

L’“ARTIGLIO” SPUNTATO DI BEFERA - EQUITALIA TARTASSA I PESCI PICCOLI MA L’EVASIONE FISCALE MILIONARIA È DURA DA ESTIRPARE - NON È CHE IL FISCO HA LA “MIRA DIFETTOSA”?
Qualcosa non funziona a dovere nelle agenzie fiscali, impotenti nei confronti delle grandi frodi, che mettono a rischio ogni patto sociale - I guai non sono dovuti solo all’incapacità della politica, ma a un deficit degli alti gradi della PA, che hanno vaste praterie per operare con incisività e non lo fanno…


Gli italiani dalla memoria corta si sono dimenticati di quando La Repubblica pubblicava, quasi un ventennio fa, la notizia che quando la Guardia di Finanza di Via Fabio Filzi, in Milano, si presentava negli anni ’80 e inizio anni ’90, presso le aziende del Gruppo Fininvest, veniva regolarmente stoppata dagli addetti alla reception, che avevano l’ordine di telefonare a Roma ai numeri indicati.

Spesso, era lo stesso Bettino Craxi che dava l’ordine di rientrare in caserma.

Sempre La Repubblica, a suo tempo raccontò dell’incontro-scontro avvenuto ad Hardcore, una domenica mattina della primavera del 1993 tra Bettino e Silvio.

Silvio non ne voleva sapere di scendere in politica. Per lui era più comodo corrompere che entrare nell’agone politico. Ma Bettino lo convinse che il CAF (Craxi, Andreotti e Forlani), non erano più in grado di fornirgli la protezione degli anni precedenti, e che se voleva salvare se stesso e le sue aziende doveva scendere direttamente in politica. Cosa che fece nel 1994.

E’ inutile che ci raccontiamo balle. Le possono raccontare ai frugoletti di 3 / 4anni, e forse neanche a quelli perché oggi come oggi, non ci credono che i bambini li porta la cicogna e i regali a Natale li porta Babbo Natale e il 5 gennaio la Befana.

Continua
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Non si possono accumulare grandi fortune solo lavorando correttamente, come ha raccontato in modo truffaldino Andrea Indini su Il Giornale di famiglia:

……..A spingerlo un odio atavico nei confronti di quei beni che, sebbene guadagnati con il lavoro e la fatica, vengono trasformati nel simbolo dell'ingiustizia sociale…….

Questa affermazione può andare bene solo per i merli scemi che leggono Il Giornale.

Ci spieghi una buona volta il mago Berlusconix come ha fatto a rovesciare questa posizione, perché un siffatto mago merita la poltrona del ministero dell’economia a vita.

Riguardo all'indebitamento, risulta, dal tradizionale rapporto con cui Mediobanca analizza ogni anno le dieci maggiori aziende italiane, che le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992 7.140 miliardi di lire di debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.

Essendo questa una situazione ad alto rischio di bancarotta, peggiorata dal fatto che nel 1993 gli introiti pubblicitari televisivi registrarono una crescita pari a zero (dopo molti anni di aumenti elevati e ininterrotti), le banche creditrici cominciarono in quel periodo a richiedere il saldo dei conti.


Fonte Wikipedia


Ci possono essere alcune attività che sono vincenti in una fascia temporale, come Steve Jobs della Apple inc, o come Bill Gates con la Microsoft inc., ma anche loro fino a certi livelli. Quando si raggiungono certi livelli, il gioco cambia.

L’idea che Paperon de Paperoni è diventato ricco cercando l’oro nel Klondike, va bene per i ragazzini che leggono Topolino.


Qualcuno, da qualche parte dell’universo deve aver sentenziato:

Vai all’inferno!!!!”

Ad eccomi qua da anni a scontare la mia pena nell’inferno chiamato "Terra". Che non è come quello raccontato da Padre Dante, ma è un inferno della mente, per alcuni anche del corpo, dove i più forti si danno da fare per rendere l’inferno ancora più inferno per la maggioranza degli esseri umani.


http://www.youtube.com/watch?v=JkViy8nmLsw
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 143


……..Salutame a soreta - 11


http://www.youtube.com/watch?v=JkViy8nmLsw
Antonello Venditti



NB. L’uso delle parolacce, in questo post è solo un evento di tipo straordinario, in quanto in genere mi infastidiscono, ma quando ce vò, ce vò. Me ne scuso anticipatamente,……………….anche se riscontro una normalizzazione di un lessico da caserma anche nelle giovani ragazzine.
Il:
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand'ella altrui saluta,


sono cose d’altri tempi.

Il fatto è fresco fresco di ieri pomeriggio per strada. Dopo aver superato tre ragazzette esuberanti sui 12 anni, circa, giunto all’altezza della quarta in avvicinamento, al blaterare delle amiche, la ragazzina ha fatto partire un regolare “mé cojoni!!!!!”.

Ermafrodita pure lei?

**


Chi detiene forti capitali non intende versare del proprio a chi spreca denaro, come ad esempio il bando di concorso per 215 auto blu blindate-

Detto da Travaglio (non tutti sono così) i ladri non intendono regalare i propri soldi ad altri ladri.

Inviato: ieri, 20:17


Puntuale quindi è arrivata la risposta del quotidiano, che, possiamo dirlo?, difende a spada tratta i banditoni.

Ci sono fatti nella vita di ognuno di noi che non si dimenticano mai.

Nell’estate di trent’anni fa, un vecchio amico e compagno di banco di sempre, commentando la politica di quei tempi (governava Bettino Craxi), mi disse che eravamo sotto dittatura.

<<Si può sapere cosa stai dicendo?>> - gli chiesi.

<<Sì certo,…….questa è la dittatura delle Teste di caXXo….>> rispose tranquillamente.

Mi parve al momento una frase piuttosto forte, ma nei mesi successivi, riflettendoci sopra mi resi conto che aveva ragione lui.

Ad eccezione dei brevi periodi di Ciampi e Prodi, la definizione della dittatura a cui siamo sottoposti è perfetta.

Indini è un giovane giornalista milanese di 33 anni, a cui il camerata Sallusti avrà ordinato di fare un articolo pepato su quanto venuto fuori da Nomisma.

Il titolo su “Il Giornale” di famiglia è:

Torna il vampiro Prodi:
serve una patrimoniale
da 113 miliardi di euro




In altri tempi l’articolo ci poteva anche stare.

Non in questi tempi, che Gian Antonio Stella giovedì sera a Servizio Pubblico ha definito: “Siamo sull’orlo del baratro”, non accorgendosi che l’orlo lo abbiamo superato da mò, e che stiamo precipitando in caduta libera.

Le parole di Indini, oltre ad essere un modello di grande ipocrisia, spingono in modalità criminale verso uno scontro fisico, perché l’idiozia allo stato puro non è più accettabile.

E’ stato un uomo che ai tempi, dalla sinistra era considerato un avversario quando dirigeva la Fiat in qualità di amministratore delegato, Cesare Romiti, una ventina di giorni fa ad Agorà, a dir che l’Italia ha bisogno di : lavoro, lavoro, lavoro, e che occorre un grande shock economico per rimetterlo in moto.

Ovvio che se un quarto della popolazione votante, è schierata con i banditi difesi da Andrea Indini, e il giornale per cui scrive è naturale che per far ripartire tutto in questo clima di contrapposizione prima o poi si arriverà al regolamento dei conti con gli scontri fisici.

E’ uno scivolamento naturale quello che è avvenuto, o qualche mente raffinata ci ha portato per mano fino a questo punto?

Mi rifiuto categoricamente di pensare che la classe dominante sia formata solo da cretini ignoranti.

Ergo,….perché siamo arrivati a questo punto?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 144


……..Salutame a soreta - 12


La caduta nell’abisso continua anche per questo. Il mondo cattolico aveva dato indicazioni di come vivere da molti secoli.

Ma periodicamente, soprattutto di questi tempi con i mezzi di comunicazione a disposizione ci siamo resi conto che la stragrande maggioranza del clero, soprattutto ai vertici, non crede a quanto predica e ne approfitta delle grandi ricchezze a disposizioni per fare una vita da nababbi.

Si vede che questa moltitudine non crede affatto in un aldilà e in un Dio creatore.

Francesco fa quello che può ma il danno è enorme.

L’Italia è stato prevalentemente un Paese cattolico.

Adesso sta crollando anche lui.


****


Vaticano, ecco la Casta del superlusso
Mentre papa Francesco va a Messa con i clochard, la dimora del capo della Gendarmeria cresce
di un piano, con idromassaggio. Anche Bertone ristruttura e punta a una "reggia" da 400 mq


Per misurare la distanza tra la predica del pastore fuori le mura e gli atti delle pecore nel recinto vaticano bisogna fare una passeggiata a Porta Sant’Anna. Gli operai stanno ultimando i lavori di ampliamento della dimora del generale Domenico Giani, capo della gendarmeria. E da mesi è in corso la ristrutturazione di casa Bertone, per inglobare l’appartamento vicino e trasformare la residenza in una reggia che si mormora arrivi a 400 metri quadrati

di Marco Lillo


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La casta del superlusso in Vaticano. Il Papa taglia, Bertone e Giani ampliano casa
L'ex segretario di Stato e il comandante della Gendarmeria sono alla prese con i lavori di ristrutturazione per ampliare le rispettive dimore. Spuntano idromassaggi e nuovi piani, mentre il Pontefice ha rinunciato al mega appartamento nel Palazzo Apostolico, scegliendo la Domus Santa Marta

di Marco Lillo | 21 dicembre 2013Commenti (942)


Papa Francesco continua a lanciare messaggi inequivocabili sulla Chiesa che immagina intorno a sé.

Il 17 dicembre, giorno del suo compleanno, ha invitato alla messa mattutina a Santa Marta e poi alla colazione che ne è seguita, tre clochard, uno dei quali accompagnato dal cane che condivide la sua esistenza randagia nel quartiere vicino a piazza San Pietro.

Alla celebrazione della messa il Papa ha voluto partecipasse anche il personale della Domus Santa Marta per ricreare un clima quanto più possibile familiare.

Bergoglio continua a vivere nella Domus mentre l’enorme appartamento papale nel Palazzo Apostolico rimane vuoto, a parte i fugaci passaggi dell’Angelus domenicale.

A poca distanza dalla sua dimora, dentro le Mura Leonine, alti prelati e potenti laici della gerarchia vaticana, invece di seguire il suo buon esempio continuano però a comportarsi come prima, peggio di prima.

Per misurare la distanza tra la predica del pastore fuori le mura e gli atti delle pecore nel recinto vaticano bisogna fare una passeggiata a Porta Sant’Anna.

Gli operai del gruppo Alfano, una società di Busto Arsizio specializzata in ristrutturazioni di chiese e oratori, stanno ultimando i lavori di ampliamento della dimora del generale Domenico Giani.

Il comandante della Gendarmeria Vaticana era dato in partenza verso un alto incarico all’Onu al quale era stato proposto dallo Stato italiano. Dopo che erano uscite le carte relative ai pedinamenti fatti nel territorio italiano dalla Gendarmeria sotto il suo comando, dopo lo scandalo destato dalle conversazioni telefoniche intercettate dalla procura di Roma nelle quali Giani scriveva su carta intestata agli organi italiani di polizia per aiutare Monsignor Nunzio Scarano a recuperare 400mila euro date all’agente dei servizi segreti Giovanni Zito, le sue quotazioni sembravano in ribasso. Era quindi difficile che rimanesse al suo posto di responsabile della sicurezza del Papa dopo che si era mostrato così incauto da mettersi a disposizione di un soggetto che, secondo i pm, aveva dato 400 mila euro a un agente dei servizi segreti italiani non per fare opere di bene ma per corromperlo al fine di far rientrare 20 milioni di euro dalla Svizzera.

Persino il Papa aveva scaricato il contabile salernitano con una frase mai pronunciata da un Pontefice: “Se un monsignore è finito in carcere non è certo perché assomigliava alla Beata Imelda”, come forse pensava Giani quando beveva le sue frottole.

In Vaticano chi non vuol bene al generale dice che l’unica cosa che hanno in comune Giani e Bergoglio è l’appartenenza onoraria al Rotary.

Eppure, invece di levare le tende, Giani ha raddoppiato. Quando era andato ad abitare in territorio italiano in una casetta sull’Aurelia, in molti avevano pensato a un suo progressivo allontanamento.

Niente di tutto ciò. Giani ha lasciato il suo appartamento con affaccio su via di Porta Angelica perché è in corso una dispendiosa ristrutturazione. Da poco sono state tolte le transenne e sopra il terzo piano è comparso all’improvviso un piano nuovo con tre finestre e due ampie vetrate che illuminano una sala con vista.

A completare il sopralzo ci sono due bagni nuovi di zecca con una vasca idromassaggio e una terrazza mozzafiato con affaccio sull’Italia e Borgo Pio.


Ai tempi di Papa Ratzinger il generale Giani era costretto a vivere in una casa media in uno dei pochi palazzi grigi con le persiane consunte della Città del Vaticano.

Nell’era francescana ha visto estendere la sua dimora e riverniciare il tutto di arancio sgargiante con grondaie in rame e verande in legno esotico. Giani è noto per le sue scorribande investigative in territorio italiano ma quando si tratta di affari personali i confini tornano sacri: se il sopralzo fosse avvenuto due metri dopo, in territorio italiano, saremmo di fronte a un colossale abuso edilizio. Nonostante le transenne (a tutela dei pellegrini che rischiavano di essere colpiti dai calcinacci) si trovino in Italia, in via di Porta Angelica, però, per pochi metri, la casa del gendarme numero uno, (soprannominato Kappa Zero in Vaticano) è in uno Stato estero.

Così Sovrintendenza e vigili urbani devono stare a guardare. Come direbbe in dialetto salernitano monsignor Scarano, ’o pesce puzza dalla capa. Uno dei maggiori sponsor di Giani, l’ex Segretario di Stato Tarcisio Bertone, non è stato da meno del suo protetto.

Gli uomini di Papa Francesco, pur di spedirlo lontano avevano proposto al presidente della Commissione di vigilanza sullo Ior un appartamento lussuoso a San Calisto. L’ex segretario di Stato invece ha preteso una casa nel cuore del Vaticano, nel palazzo San Carlo, di fronte alla celebre pompa di benzina con il rifornimento più economico d’Italia. Anche Bertone non si è accontentato dell’appartamento ordinario abitato in passato dal predecessore di Giani, Camillo Cibin. Da mesi sono in corso i lavori per inglobare l’appartamento vicino e trasformare la residenza in una reggia che si mormora arrivi a 400 metri quadrati.

da Il Fatto Quotidiano del 20 dicembre 2013
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