Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Una lista di cittadinanza per le elezioni europee
Pubblicato: 05/01/2014 12:24
di GUIDO VIALE
Se ne parla ormai da tempo. Sono intervenuti tra gli altri Barbara Spinelli, Paolo Flores, Roberto Musacchio e Alfonso Gianni. Riprovare a proporre per le elezioni europee una lista che "di cittadinanza" cerchi di riunire in un fronte comune, e su un programma condiviso, i mille organismi base che operano nel paese e un numero crescente di personalità - giornalisti, scrittori docenti, artisti e uomini di spettacolo - impegnati a contrastare senza se e senza ma la politica delle larghe intese e di una governance europea completamente asservite alle esigenze della grande finanza? A molti di noi il solo pensiero di ripetere un'esperienza fallimentare come "cambiare si può", per vedersi poi scippare il progetto dall'Ingroia di turno - magari affiancato dagli altri revenant della cosiddetta "sinistra radicale", accomunati nella imposizione di un altro aborto politico, morale ed elettorale come fu Rivoluzione civile - fa accapponare la pelle.
Ma è altrettanto deprimente consentire che siano le ambizioni - vere o supposte, ribadite o negate - di quei "signori della politica" a bloccare a tempo indeterminato qualsiasi tentativo di restituire una sponda istituzionale a un popolo disperso, disilluso e sbandato, e tuttavia impegnato in mille iniziative di base e in lotte sempre più dure la cui posta in gioco è ormai spesso la sopravvivenza stessa dei suoi protagonisti.
Non c'è bisogno di essere dei patiti della rappresentanza parlamentare per capire quale effetto rivitalizzante potrebbe avere oggi, per un movimento e per una cittadinanza attiva che in anni di lotte non hanno ancora ottenuto l'ombra di un riconoscimento, una campagna unitaria contro l'austerity e a sostegno di un'altra Europa: un'Europa fondata non sulla finanza e sui diktat della BCE, ma sulla conversione ecologica di produzioni e consumi, sul reddito minimo garantito per tutti, su uno stretto controllo delle attività finanziarie, sulla restituzione delle loro prerogative, e delle relative risorse, a municipi e governi locali e, attraverso di essi, alla democrazia partecipata, alla rinascita e alla salvaguardia dei territori, alla gestione condivisa dei beni comuni e dei servizi pubblici locali.
Sono questioni che in parte stanno al centro anche dell'appello a Napolitano, Barroso e Draghi - sottoscritto da Etienne Balibar e altri intellettuali italiani e pubblicato dal manifesto - per una svolta radicale dell'Unione Europea che la sottragga al giogo della finanza e del neoliberismo, senza peraltro che venga indicata la strada per imporre, o anche solo mettere all'ordine del giorno, un cambio di rotta del genere.
Per di più nell'anno che viene questa battaglia potrebbe non essere condotta in solitudine e potrebbe invece iscriversi in una mobilitazione comune di liste e di movimenti politici che in Grecia come in Portogallo e in Spagna, ma anche in Francia e in Germania, e in molti altri paesi, può trovare un'intesa sugli obiettivi dei movimenti che hanno riempito le piazze e animato un dibattito politico completamente nuovo in Europa e nel mondo nel corso degli ultimi anni.
Obiettivi che nelle prossime elezioni europee possono trovare punti fondamentali di coagulo nel proposito di rinegoziare i trattati europei e nella candidatura alla presidenza della Commissione europea di Alexis Tsipras, segretario di Syriza, che della lotta contro i memorandum e le loro conseguenze catastrofiche per la società greca - ma anche contro le reviviscenze naziste indotte dalle politiche di austerity - sono insieme simboli e protagonisti.
Non siamo ancora pronti, ribattono in molti, anche tra coloro che non sono pregiudizialmente contrari a una partecipazione autonoma alle competizioni elettorali - soprattutto a livello locale - ma che sono usciti scottati, o sono stati scettici fin dall'inizio, nei confronti di "cambiare si può". La strada da percorrere - dicono - è ancora lunga e non si può accorciare. Certo che non siamo ancora pronti! Da un punto di vista organizzativo, ma anche in termini politici, non siamo mai - o quasi mai - stati così divisi; così "a pezzi".
E' il frutto delle sconfitte subite; o, meglio, delle vittorie che si sono tradotte in un nulla di fatto: si è vinto il referendum sull'acqua e sui servizi pubblici locali, e Governi, Parlamento e Presidente della Repubblica ne hanno completamente ignorato gli esiti, procedendo come bulldozer sulla strada delle privatizzazioni. Si sono vinte - con candidati che sono stati sostenuti da una straordinaria quanto inedita mobilitazione di base - le elezioni amministrative in diverse grandi città e loro si sono messi a fare l'Expò, l'american cup, a privatizzare acqua e trasporti, a trattare sprezzantemente qualsiasi mobilitazione di base. Si sono occupate decine di edifici, di fabbriche, di teatri per farne delle sedi dove progettare e mettere in pratiche nuove forme di cultura, di convivenza, di lavoro comune, di ricomposizione sociale e queste sperimentazioni sono state trattate come problemi di ordine pubblico.
Poi hanno continuato a bastonare in tutti i modi (con il manganello e con la toga, ma anche con il gas CS e con cronache false e altrettanto asfissianti) i NoTav della Val di Susa e nessuno ha preso la parola contro la criminalizzazione di un movimento che è - anche - un baluardo contro le combine dilagante tra politica e mafia. E così all'Ilva, all'Alcoa, alla Jabil, negli ospedali, nelle scuole, all'Università, tra i disoccupati, i pensionati, gli esodati e le mille altre categorie senza lavoro, senza reddito, senza pensione, ecc.
Ma se ragioniamo in questo modo, senza apprezzare anche la forza e la chiarezza di tutto il fermento sociale che si è andato sviluppando nel corso degli ultimi anni, pronti a un passo successivo non lo saremo mai. Mentre i tempi incalzano. Il movimento del "9dicembre" - detto, soprattutto dalla stampa di regime, dei "forconi" - dovrebbe farci capire che oggi prepararsi e agire sono la stessa cosa; che è urgente mettere a disposizione un punto di riferimento chiaro e dalle radici solide alle molte realtà sociali in cui si riflette la scomparsa di criteri e strumenti per orientarsi nel caos sociale che investe tutti. E che è inderogabile prospettare la costruzione di una sponda istituzionale - ma anche e innanzitutto culturale e sociale: cioè aperta, flessibile e non dogmatica - ai fermenti che agitano una società stremata da sei anni di austerity, da venti di malapolitica e da altri decenni ancora di malgoverno.
Non a qualsiasi costo. Come molti di noi - ma purtroppo non tutti - si sono ritirati per tempo dallo stravolgimento di "cambiare si può" in "Rivoluzione civile", così è bene mettere in chiaro che imboccare di nuovo, nelle mutate condizioni dell'oggi, e con alle spalle l'esperienza grottesca della lista Ingroia, la strada di una proposta nuova per un'altra Europa vuol dire chiudere le porte a qualsiasi tentativo di stravolgerla in senso partitico: sia per quanto riguarda simboli e definizione dei suoi connotati che per l'elaborazione del programma, per la scelta delle candidature (nessuna riproposizione di già eletti o di funzionari di partito), per la destinazione di eventuali finanziamenti pubblici (non dovranno mai più tenere in piedi partiti inconsistenti e relative burocrazie), così come per l'interlocuzione con il corpo elettorale prima e dopo l'eventuale elezione dei nuovi parlamentari.
Quello che si propone è portare nel Parlamento europeo dei rappresentanti che rispondano alle ragioni di chi li ha votati. Certo, la democrazia rappresentativa esclude giustamente mandati imperativi per gli eletti; per l'esercizio dei quali vanno promosse e affiancate altre forme di democrazia, in particolare quella partecipativa che impegna direttamente la cittadinanza attiva, soprattutto a livello locale. Ma la rappresentanza parlamentare non preclude comunque un rapporto serrato tra rappresentanti ed elettori: sia nella conduzione della campagna elettorale che, soprattutto, nella definizione delle scelte che si effettuano in Parlamento e nei rapporti con le altre forze politiche. E' su questo, soprattutto, che ci si dovrebbe impegnare con i movimenti e con le organizzazioni disposte a essere partecipi di questo progetto.
Dire che le condizioni per un'iniziativa del genere ci sono già sarebbe illusorio. Ma si può lavorare d'impegno per farle emergere. Un'altra occasione del genere non si presenterà molto presto. E a quel punto potrebbe davvero essere troppo tardi.
L'HUFFPOST
Pubblicato: 05/01/2014 12:24
di GUIDO VIALE
Se ne parla ormai da tempo. Sono intervenuti tra gli altri Barbara Spinelli, Paolo Flores, Roberto Musacchio e Alfonso Gianni. Riprovare a proporre per le elezioni europee una lista che "di cittadinanza" cerchi di riunire in un fronte comune, e su un programma condiviso, i mille organismi base che operano nel paese e un numero crescente di personalità - giornalisti, scrittori docenti, artisti e uomini di spettacolo - impegnati a contrastare senza se e senza ma la politica delle larghe intese e di una governance europea completamente asservite alle esigenze della grande finanza? A molti di noi il solo pensiero di ripetere un'esperienza fallimentare come "cambiare si può", per vedersi poi scippare il progetto dall'Ingroia di turno - magari affiancato dagli altri revenant della cosiddetta "sinistra radicale", accomunati nella imposizione di un altro aborto politico, morale ed elettorale come fu Rivoluzione civile - fa accapponare la pelle.
Ma è altrettanto deprimente consentire che siano le ambizioni - vere o supposte, ribadite o negate - di quei "signori della politica" a bloccare a tempo indeterminato qualsiasi tentativo di restituire una sponda istituzionale a un popolo disperso, disilluso e sbandato, e tuttavia impegnato in mille iniziative di base e in lotte sempre più dure la cui posta in gioco è ormai spesso la sopravvivenza stessa dei suoi protagonisti.
Non c'è bisogno di essere dei patiti della rappresentanza parlamentare per capire quale effetto rivitalizzante potrebbe avere oggi, per un movimento e per una cittadinanza attiva che in anni di lotte non hanno ancora ottenuto l'ombra di un riconoscimento, una campagna unitaria contro l'austerity e a sostegno di un'altra Europa: un'Europa fondata non sulla finanza e sui diktat della BCE, ma sulla conversione ecologica di produzioni e consumi, sul reddito minimo garantito per tutti, su uno stretto controllo delle attività finanziarie, sulla restituzione delle loro prerogative, e delle relative risorse, a municipi e governi locali e, attraverso di essi, alla democrazia partecipata, alla rinascita e alla salvaguardia dei territori, alla gestione condivisa dei beni comuni e dei servizi pubblici locali.
Sono questioni che in parte stanno al centro anche dell'appello a Napolitano, Barroso e Draghi - sottoscritto da Etienne Balibar e altri intellettuali italiani e pubblicato dal manifesto - per una svolta radicale dell'Unione Europea che la sottragga al giogo della finanza e del neoliberismo, senza peraltro che venga indicata la strada per imporre, o anche solo mettere all'ordine del giorno, un cambio di rotta del genere.
Per di più nell'anno che viene questa battaglia potrebbe non essere condotta in solitudine e potrebbe invece iscriversi in una mobilitazione comune di liste e di movimenti politici che in Grecia come in Portogallo e in Spagna, ma anche in Francia e in Germania, e in molti altri paesi, può trovare un'intesa sugli obiettivi dei movimenti che hanno riempito le piazze e animato un dibattito politico completamente nuovo in Europa e nel mondo nel corso degli ultimi anni.
Obiettivi che nelle prossime elezioni europee possono trovare punti fondamentali di coagulo nel proposito di rinegoziare i trattati europei e nella candidatura alla presidenza della Commissione europea di Alexis Tsipras, segretario di Syriza, che della lotta contro i memorandum e le loro conseguenze catastrofiche per la società greca - ma anche contro le reviviscenze naziste indotte dalle politiche di austerity - sono insieme simboli e protagonisti.
Non siamo ancora pronti, ribattono in molti, anche tra coloro che non sono pregiudizialmente contrari a una partecipazione autonoma alle competizioni elettorali - soprattutto a livello locale - ma che sono usciti scottati, o sono stati scettici fin dall'inizio, nei confronti di "cambiare si può". La strada da percorrere - dicono - è ancora lunga e non si può accorciare. Certo che non siamo ancora pronti! Da un punto di vista organizzativo, ma anche in termini politici, non siamo mai - o quasi mai - stati così divisi; così "a pezzi".
E' il frutto delle sconfitte subite; o, meglio, delle vittorie che si sono tradotte in un nulla di fatto: si è vinto il referendum sull'acqua e sui servizi pubblici locali, e Governi, Parlamento e Presidente della Repubblica ne hanno completamente ignorato gli esiti, procedendo come bulldozer sulla strada delle privatizzazioni. Si sono vinte - con candidati che sono stati sostenuti da una straordinaria quanto inedita mobilitazione di base - le elezioni amministrative in diverse grandi città e loro si sono messi a fare l'Expò, l'american cup, a privatizzare acqua e trasporti, a trattare sprezzantemente qualsiasi mobilitazione di base. Si sono occupate decine di edifici, di fabbriche, di teatri per farne delle sedi dove progettare e mettere in pratiche nuove forme di cultura, di convivenza, di lavoro comune, di ricomposizione sociale e queste sperimentazioni sono state trattate come problemi di ordine pubblico.
Poi hanno continuato a bastonare in tutti i modi (con il manganello e con la toga, ma anche con il gas CS e con cronache false e altrettanto asfissianti) i NoTav della Val di Susa e nessuno ha preso la parola contro la criminalizzazione di un movimento che è - anche - un baluardo contro le combine dilagante tra politica e mafia. E così all'Ilva, all'Alcoa, alla Jabil, negli ospedali, nelle scuole, all'Università, tra i disoccupati, i pensionati, gli esodati e le mille altre categorie senza lavoro, senza reddito, senza pensione, ecc.
Ma se ragioniamo in questo modo, senza apprezzare anche la forza e la chiarezza di tutto il fermento sociale che si è andato sviluppando nel corso degli ultimi anni, pronti a un passo successivo non lo saremo mai. Mentre i tempi incalzano. Il movimento del "9dicembre" - detto, soprattutto dalla stampa di regime, dei "forconi" - dovrebbe farci capire che oggi prepararsi e agire sono la stessa cosa; che è urgente mettere a disposizione un punto di riferimento chiaro e dalle radici solide alle molte realtà sociali in cui si riflette la scomparsa di criteri e strumenti per orientarsi nel caos sociale che investe tutti. E che è inderogabile prospettare la costruzione di una sponda istituzionale - ma anche e innanzitutto culturale e sociale: cioè aperta, flessibile e non dogmatica - ai fermenti che agitano una società stremata da sei anni di austerity, da venti di malapolitica e da altri decenni ancora di malgoverno.
Non a qualsiasi costo. Come molti di noi - ma purtroppo non tutti - si sono ritirati per tempo dallo stravolgimento di "cambiare si può" in "Rivoluzione civile", così è bene mettere in chiaro che imboccare di nuovo, nelle mutate condizioni dell'oggi, e con alle spalle l'esperienza grottesca della lista Ingroia, la strada di una proposta nuova per un'altra Europa vuol dire chiudere le porte a qualsiasi tentativo di stravolgerla in senso partitico: sia per quanto riguarda simboli e definizione dei suoi connotati che per l'elaborazione del programma, per la scelta delle candidature (nessuna riproposizione di già eletti o di funzionari di partito), per la destinazione di eventuali finanziamenti pubblici (non dovranno mai più tenere in piedi partiti inconsistenti e relative burocrazie), così come per l'interlocuzione con il corpo elettorale prima e dopo l'eventuale elezione dei nuovi parlamentari.
Quello che si propone è portare nel Parlamento europeo dei rappresentanti che rispondano alle ragioni di chi li ha votati. Certo, la democrazia rappresentativa esclude giustamente mandati imperativi per gli eletti; per l'esercizio dei quali vanno promosse e affiancate altre forme di democrazia, in particolare quella partecipativa che impegna direttamente la cittadinanza attiva, soprattutto a livello locale. Ma la rappresentanza parlamentare non preclude comunque un rapporto serrato tra rappresentanti ed elettori: sia nella conduzione della campagna elettorale che, soprattutto, nella definizione delle scelte che si effettuano in Parlamento e nei rapporti con le altre forze politiche. E' su questo, soprattutto, che ci si dovrebbe impegnare con i movimenti e con le organizzazioni disposte a essere partecipi di questo progetto.
Dire che le condizioni per un'iniziativa del genere ci sono già sarebbe illusorio. Ma si può lavorare d'impegno per farle emergere. Un'altra occasione del genere non si presenterà molto presto. E a quel punto potrebbe davvero essere troppo tardi.
L'HUFFPOST
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
il documento di rifondazione comunista e l' intervento di guido viale sono le 2 posizioni contrapposte.
miliardi di pagine sono state scritte, iniziando
da carlo marx a bakunin.
da Vladimir Lenin a Karl Kautsky
dal movimento MLS a Lotta Continua.
oggi da rifondazione comunista a il movimento bene comuni.
dialettica ( hegeliana ) o lotta di classe ?
che fare ?
miliardi di pagine sono state scritte, iniziando
da carlo marx a bakunin.
da Vladimir Lenin a Karl Kautsky
dal movimento MLS a Lotta Continua.
oggi da rifondazione comunista a il movimento bene comuni.
dialettica ( hegeliana ) o lotta di classe ?
che fare ?
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Figuriamoci se la Merkel permette che Tsipras ricopra quel ruolo...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
da Formiche - Perché il Pd rischia di essere schiacciato da Grillo alle Europee. Parla il prof. Realfonzo
Schiacciato tra le dichiarazioni contro la moneta unica di Grillo manifestate durante lo scorso V-Day e le tesi anti-austerità di Lega e Berlusconi, il Partito Democratico rischia di essere il grande sconfitto delle prossime elezioni europee, quando con molta probabilità a prevalere negli elettori sarà O L'ASTENSIONISMO o un sentimento ostile a Bruxelles e alle sue politiche incentrate sul rigore.
Si dice che per questo Renzi vuole anche lui fare l'election day a maggio fin che gode di una certa visibilità positiva.
Se il Pd non prende la parola sull’Europa, se non inserisce nel programma delle europee una critica all’attuale sistema monetario europeo rischia di andare incontro a una nuova forte delusione elettorale. Il malcontento per l’austerità cresce molto e non solo in Italia. E una forza che ambisce a governare deve essere pronta a dare risposte sui problemi del Paese. Mi riferisco alla disoccupazione dilagante e all’impossibilità concreta, che si manifesterà sin dal prossimo anno, di avviare una politica di abbattimento del nostro debito pubblico ai ritmi previsti dai trattati.
L’euro sta uccidendo l’Europa e la democrazia. J’accuse (europeista) del prof. Rinaldi
Padri Fondatori non volevano estromettere i propri cittadini dalla condivisione della gestione della casa comune, ma garantire loro finalmente pace, prosperità e benessere con l’attivo contributo di ogni risorsa democratica disponibile. Tutto questo non è avvenuto e il solo organo eletto democraticamente dal popolo è il Parlamento, ma non ha poteri che possano competere con quelli della Commissione, che non è eletta direttamente dalla volontà popolare, e degli organi tecnici creati e proliferati ad hoc al quale partecipano Premier, Ministri e loro sostituti che prendono decisioni senza interpellare i Parlamenti nazionali.
Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo permettere, restando inattivi, che questi poteri europei si impossessino definitivamente di ogni spazio decisionale e influenzino e determinino i nostri destini, solo perché la classe politica dei paesi membri si è rivelata essere troppo accondiscendente, al limite del collaborazionismo, mentre quella contraria non ha ancora la piena forza d’imporsi. Ma i cittadini hanno capito ormai che questa mutazione si è sempre più rafforzata non al fine di tutela generale, nessun escluso e super partes, ma solo a garanzia di specifici interessi e a discapito dell’intera comunità. Non posso fare a meno di ricordare, in questa sede, il vergognoso e inaccettabile comportamento riservato alla Grecia e ai suoi cittadini perché è stato leso un principio irrinunciabile: se si accetta un Paese nell’Unione, è dovere tutelarlo fino in fondo, costi quel che costi, con tutta la solidarietà e mutualità possibile, senza mortificarlo e avvilirlo fino alla suo depauperamento, magari al solo fine di salvaguardare interessi finanziari internazionali di parte.
Schiacciato tra le dichiarazioni contro la moneta unica di Grillo manifestate durante lo scorso V-Day e le tesi anti-austerità di Lega e Berlusconi, il Partito Democratico rischia di essere il grande sconfitto delle prossime elezioni europee, quando con molta probabilità a prevalere negli elettori sarà O L'ASTENSIONISMO o un sentimento ostile a Bruxelles e alle sue politiche incentrate sul rigore.
Si dice che per questo Renzi vuole anche lui fare l'election day a maggio fin che gode di una certa visibilità positiva.
Se il Pd non prende la parola sull’Europa, se non inserisce nel programma delle europee una critica all’attuale sistema monetario europeo rischia di andare incontro a una nuova forte delusione elettorale. Il malcontento per l’austerità cresce molto e non solo in Italia. E una forza che ambisce a governare deve essere pronta a dare risposte sui problemi del Paese. Mi riferisco alla disoccupazione dilagante e all’impossibilità concreta, che si manifesterà sin dal prossimo anno, di avviare una politica di abbattimento del nostro debito pubblico ai ritmi previsti dai trattati.
L’euro sta uccidendo l’Europa e la democrazia. J’accuse (europeista) del prof. Rinaldi
Padri Fondatori non volevano estromettere i propri cittadini dalla condivisione della gestione della casa comune, ma garantire loro finalmente pace, prosperità e benessere con l’attivo contributo di ogni risorsa democratica disponibile. Tutto questo non è avvenuto e il solo organo eletto democraticamente dal popolo è il Parlamento, ma non ha poteri che possano competere con quelli della Commissione, che non è eletta direttamente dalla volontà popolare, e degli organi tecnici creati e proliferati ad hoc al quale partecipano Premier, Ministri e loro sostituti che prendono decisioni senza interpellare i Parlamenti nazionali.
Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo permettere, restando inattivi, che questi poteri europei si impossessino definitivamente di ogni spazio decisionale e influenzino e determinino i nostri destini, solo perché la classe politica dei paesi membri si è rivelata essere troppo accondiscendente, al limite del collaborazionismo, mentre quella contraria non ha ancora la piena forza d’imporsi. Ma i cittadini hanno capito ormai che questa mutazione si è sempre più rafforzata non al fine di tutela generale, nessun escluso e super partes, ma solo a garanzia di specifici interessi e a discapito dell’intera comunità. Non posso fare a meno di ricordare, in questa sede, il vergognoso e inaccettabile comportamento riservato alla Grecia e ai suoi cittadini perché è stato leso un principio irrinunciabile: se si accetta un Paese nell’Unione, è dovere tutelarlo fino in fondo, costi quel che costi, con tutta la solidarietà e mutualità possibile, senza mortificarlo e avvilirlo fino alla suo depauperamento, magari al solo fine di salvaguardare interessi finanziari internazionali di parte.
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Vi propongo la traduzione di alcuni estratti dell’intervento di Alexis Tsipras, presidente di Syriza, al Comitato Centrale che si è riunito domenica 20 ottobre 2013 ad Atene. Dopo l’agguato omicida contro militanti di Alba Dorata le parole di Tsipras diventano ancor più pesanti. Ricordo che Syriza aveva già denunciato nelle settimane scorse manovre di ambienti vicini al Presidente Samaras per scatenare una sorta di “strategia della tensione” e usare contro Syriza la vecchia arma degli “opposti estremismi” (qui trovate un articolo che ho tradotto e postato su controlacrisi). Nell’intervento di Tsipras si legge grande fiducia per la crescita di Syriza - ”è iniziato il conto alla rovescia per il grande rovesciamento” – ma anche una preoccupazione reale per la tenuta della democrazia in Grecia. Se in Grecia siamo arrivati alla strategia della tensione per fermare ascesa Syriza l’informazione italiana continua a parlarne pochissimo e in maniera superficiale o distorta (le tv italiote credo non abbiano mai intervistato Tsipras). Il fatto che la coalizione della sinistra radicale sia arrivata a un passo dalla conquista del governo – risultato sfiorato per un soffio nel 2012 – non entusiasma i nostri media, soprattutto quelli di centrosinistra. Un oscuramento che riguarda il complesso dei partiti della Sinistra Europea che hanno deciso di designare Alexis Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea alle prossime elezioni. Una notizia che per esempio Repubblica nemmeno ha pubblicato. Se in Italia abbiamo Grillo e non un Tsipras lo dobbiamo anche a Scalfari!
Eccovi alcuni estratti del discorso di A. Tsipras:
“Compagni,
mentre il movimento progredisce, all’interno della aggrovigliata matassa di scontri politici e conflitti sociali, all’interno delle vittorie e sconfitte della lotta di classe e della sua influenza sulla realtà materiale e sulla mentalità delle persone, dobbiamo sempre discernere e individuare il punto decisivo, il punto chiave che ci aiuti a capire come procedono le cose, in modo da poter intervenire in modo decisivo.
Quale è questo punto oggi?
Sappiamo che la stragrande maggioranza di coloro che sopportano il peso opprimente del Memorandum hanno maturato, e continuano a maturare sempre più giorno dopo giorno, la convinzione che i loro sacrifici non li stiano conducendo a nulla, se non a nuovi sacrifici. Conosciamo la rabbia, la resistenza, la disperazione, le mobilitazioni, i movimenti, le esplosioni – tutti i fenomeni di una società che viene schiacciata sotto un’enorme pressione.
In una parola: sappiamo che i Memorandum non hanno alcun consenso sociale, che coloro che sono colpiti da essi li rifiutano.
Ed è proprio a causa del rifiuto del popolo, che una guerra sporca di paura, terrorismo, menzogne, estorsione internazionale e minacce interne è stata scatenata contro di loro.
Ma ancora oggi loro continuano a rifiutare i Memorandum. Punto. Come fanno sempre più persone, con più forza, ogni giorno.
Questo è il fattore decisivo, il fattore che ha generato cambiamenti radicali della scena politica e nell’equilibrio del potere politico.
Vi è, tuttavia, un elemento nuovo, che dobbiamo notare, valutare e prendere in considerazione, perché richiede più vigilanza, determinazione e un maggiore senso di responsabilità da parte nostra. Questo nuovo elemento è il seguente:
Oggi non sono solo le persone in basso che non vogliono i memorandum, ma anche quelli al vertice, che non riescono più a contenere le loro conseguenze. Non ce la fanno più. E questo è di enorme importanza. Il governo Samaras è consumato.
Questo governo è così violentemente contrario alla volontà della grande maggioranza del popolo, alla volontà della società, che viene eroso ogni giorno. Viene mangiato dai conflitti interni, frantumato da ripercussioni morali, e diventa sempre più sensibile al dispotismo, alla propaganda grigia e nera, all’uso della provocazione come arma politica, e anche alla limitazione della democrazia, proprio perché non riesce a governare in qualsiasi altro modo.
E più diventa lampante come i governanti non possano gestire la situazione, più pericolosi essi diventano. Se questa valutazione è corretta, e sono fermamente convinto che lo sia, siamo nel momento più delicato per il paese dalla fine della dittatura.
Abbiamo davanti a noi un governo che sta marcendo, così come stanno marcendo le istituzioni necessarie per assicurare la normalità democratica e l’equilibrio sociale. Un governo che è al suo ultimo respiro, e sostenuto con le stampelle straniere, con il risultato che la stessa democrazia è compromessa. Un governo che, tuttavia, come un contractor, deve completare il progetto di demolizione per cui è stato selezionato, con il supporto di usurai internazionali e profittatori nazionali, che vedono nei memorandum la loro grande occasione non solo per aumentare ma per consolidare i loro profitti, e per esercitare un controllo soffocante, totalitario e assoluto su tutto il paese.
Possiamo quindi aspettarci il peggio.
E dobbiamo essere pronti ad affrontare il peggio con calma e determinazione, con perseveranza democratica e la consapevolezza del fatto che tutti i mezzi saranno utilizzati per impedire alla sinistra e ai suoi alleati di conquistare il governo del paese.
La macchina è già pronta e attiva, gli scenari sono in fase di elaborazione, i piani del governo sono in preparazione per garantire che la stessa politica prevalga sotto qualsiasi nuovo governo. E per evitare le elezioni. Stanno già lavorando su nuove misure anti-democratiche. Un gruppo ristretto attorno al signor Samaras sta cercando di presentare Syriza come un nemico interno e di mobilitare le riserve da parte dello Stato e del para-giornalismo per diffondere insinuazioni, calunnie e dicerie infondate. Il loro piano è stato un fallimento totale. Perché eravamo pronti e vigili. Perché siamo stati determinati e saremo impietosi con quelli che vanno oltre i limiti della decenza. Ma anche perché il loro piano è stato contestato sia dalla maggioranza dei cittadini che dai loro stessi dirigenti di partito. Li invito a fare sul serio. Lo Stato non ha più i piani segreti anti-comunisti e anti-sinistra , né il contesto internazionale è quello che era negli anni 1950 e 1960. Niente assomiglia a ciò che hanno nelle loro menti. È per questo che si sono resi ridicoli.
Questi fatti, credo, determineranno anche la nostra tattica per l’immediato futuro. Il conto alla rovescia per il grande rovesciamento è iniziato. Il conto alla rovescia è iniziato per la Sinistra – per il blocco di forze sociali e politiche che propongono, lottano e combattono per un’altra politica, radicalmente diversa da quella di oggi – per assumere la loro grande responsabilità. Noi siamo già pronti ad assumerci le nostre responsabilità. E non permetteremo a nessuno di provare a fermare il progresso del paese verso una rivoluzione democratica. [...]
Compagni,
L’altro giorno a Madrid, il Partito della Sinistra Europea ha deciso di nominare il presidente di Syriza come proprio candidato alla presidenza della Commissione europea. Questa proposta ci onora molto. Io non sto parlando di me stesso, per il quale l’onore è evidente. Mi riferisco, soprattutto, a Syriza e naturalmente al nostro paese e alle lotte del nostro popolo, che sono riconosciute dai partiti della sinistra europea come avanguardia della resistenza popolare in tutta Europa. [...]
Molti mi hanno chiesto, dopo la nomina di ieri: Dove porterete avanti la vostra lotta, in Grecia o in Europa? Rispondo: l’Europa è in guerra. Una guerra economica con milioni di vittime. Le nostre nazioni non sono in lotta tra di loro. I popoli e le persone che lavorano sono in lotta contro il sistema finanziario internazionale, il capitale aggressivo e i banchieri.
Il fronte su cui si sta combattendo questa guerra è nel sud Europa, in Grecia.
Quindi, se i nostri compagni ci hanno onorato con la mia designazione a guidare la battaglia delle elezioni europee, una battaglia decisiva per l’esito della guerra, non è per rimuovermi dal fronte, ma per rafforzare il fronte. Qui, allora, dovremo combattere la battaglia. Sul fronte, in prima linea. Una battaglia che combatteremo nel nostro paese a nome di tutti i popoli d’Europa. Una battaglia contro l’austerità e i memorandum. Una battaglia per cambiare i rapporti di forza in tutta Europa, in modo che nessuna nazione dovrà sperimentare ciò che il popolo greco sta attraversando a causa dei memorandum. Una battaglia per fermare l’ondata di riaggregazione nazionale che si esprime in alcuni Paesi con movimenti di destra o di estrema destra.
È la decisione e l’aspettativa della Sinistra Europea che costruiremo un contrappeso alle politiche della signora Merkel. Che organizzeremo un blocco di forze per salvare l’Europa dalla austerità. Più forte è il blocco, meglio è per il popolo greco. Più forte è il blocco, peggio per quelli in ogni paese che hanno implementato e applaudito i memorandum.
Il messaggio è dunque questo: come la politica dei Memorandum e la sua austerità devastante è iniziata in Grecia, sarà dalla Grecia che sarà spianata la via per una nuova Europa, di giustizia sociale, lavoro per tutti e crescita al servizio dei bisogni dei popoli.
http://www.controlacrisi.org/notizia/Po ... in-guerra/
Eccovi alcuni estratti del discorso di A. Tsipras:
“Compagni,
mentre il movimento progredisce, all’interno della aggrovigliata matassa di scontri politici e conflitti sociali, all’interno delle vittorie e sconfitte della lotta di classe e della sua influenza sulla realtà materiale e sulla mentalità delle persone, dobbiamo sempre discernere e individuare il punto decisivo, il punto chiave che ci aiuti a capire come procedono le cose, in modo da poter intervenire in modo decisivo.
Quale è questo punto oggi?
Sappiamo che la stragrande maggioranza di coloro che sopportano il peso opprimente del Memorandum hanno maturato, e continuano a maturare sempre più giorno dopo giorno, la convinzione che i loro sacrifici non li stiano conducendo a nulla, se non a nuovi sacrifici. Conosciamo la rabbia, la resistenza, la disperazione, le mobilitazioni, i movimenti, le esplosioni – tutti i fenomeni di una società che viene schiacciata sotto un’enorme pressione.
In una parola: sappiamo che i Memorandum non hanno alcun consenso sociale, che coloro che sono colpiti da essi li rifiutano.
Ed è proprio a causa del rifiuto del popolo, che una guerra sporca di paura, terrorismo, menzogne, estorsione internazionale e minacce interne è stata scatenata contro di loro.
Ma ancora oggi loro continuano a rifiutare i Memorandum. Punto. Come fanno sempre più persone, con più forza, ogni giorno.
Questo è il fattore decisivo, il fattore che ha generato cambiamenti radicali della scena politica e nell’equilibrio del potere politico.
Vi è, tuttavia, un elemento nuovo, che dobbiamo notare, valutare e prendere in considerazione, perché richiede più vigilanza, determinazione e un maggiore senso di responsabilità da parte nostra. Questo nuovo elemento è il seguente:
Oggi non sono solo le persone in basso che non vogliono i memorandum, ma anche quelli al vertice, che non riescono più a contenere le loro conseguenze. Non ce la fanno più. E questo è di enorme importanza. Il governo Samaras è consumato.
Questo governo è così violentemente contrario alla volontà della grande maggioranza del popolo, alla volontà della società, che viene eroso ogni giorno. Viene mangiato dai conflitti interni, frantumato da ripercussioni morali, e diventa sempre più sensibile al dispotismo, alla propaganda grigia e nera, all’uso della provocazione come arma politica, e anche alla limitazione della democrazia, proprio perché non riesce a governare in qualsiasi altro modo.
E più diventa lampante come i governanti non possano gestire la situazione, più pericolosi essi diventano. Se questa valutazione è corretta, e sono fermamente convinto che lo sia, siamo nel momento più delicato per il paese dalla fine della dittatura.
Abbiamo davanti a noi un governo che sta marcendo, così come stanno marcendo le istituzioni necessarie per assicurare la normalità democratica e l’equilibrio sociale. Un governo che è al suo ultimo respiro, e sostenuto con le stampelle straniere, con il risultato che la stessa democrazia è compromessa. Un governo che, tuttavia, come un contractor, deve completare il progetto di demolizione per cui è stato selezionato, con il supporto di usurai internazionali e profittatori nazionali, che vedono nei memorandum la loro grande occasione non solo per aumentare ma per consolidare i loro profitti, e per esercitare un controllo soffocante, totalitario e assoluto su tutto il paese.
Possiamo quindi aspettarci il peggio.
E dobbiamo essere pronti ad affrontare il peggio con calma e determinazione, con perseveranza democratica e la consapevolezza del fatto che tutti i mezzi saranno utilizzati per impedire alla sinistra e ai suoi alleati di conquistare il governo del paese.
La macchina è già pronta e attiva, gli scenari sono in fase di elaborazione, i piani del governo sono in preparazione per garantire che la stessa politica prevalga sotto qualsiasi nuovo governo. E per evitare le elezioni. Stanno già lavorando su nuove misure anti-democratiche. Un gruppo ristretto attorno al signor Samaras sta cercando di presentare Syriza come un nemico interno e di mobilitare le riserve da parte dello Stato e del para-giornalismo per diffondere insinuazioni, calunnie e dicerie infondate. Il loro piano è stato un fallimento totale. Perché eravamo pronti e vigili. Perché siamo stati determinati e saremo impietosi con quelli che vanno oltre i limiti della decenza. Ma anche perché il loro piano è stato contestato sia dalla maggioranza dei cittadini che dai loro stessi dirigenti di partito. Li invito a fare sul serio. Lo Stato non ha più i piani segreti anti-comunisti e anti-sinistra , né il contesto internazionale è quello che era negli anni 1950 e 1960. Niente assomiglia a ciò che hanno nelle loro menti. È per questo che si sono resi ridicoli.
Questi fatti, credo, determineranno anche la nostra tattica per l’immediato futuro. Il conto alla rovescia per il grande rovesciamento è iniziato. Il conto alla rovescia è iniziato per la Sinistra – per il blocco di forze sociali e politiche che propongono, lottano e combattono per un’altra politica, radicalmente diversa da quella di oggi – per assumere la loro grande responsabilità. Noi siamo già pronti ad assumerci le nostre responsabilità. E non permetteremo a nessuno di provare a fermare il progresso del paese verso una rivoluzione democratica. [...]
Compagni,
L’altro giorno a Madrid, il Partito della Sinistra Europea ha deciso di nominare il presidente di Syriza come proprio candidato alla presidenza della Commissione europea. Questa proposta ci onora molto. Io non sto parlando di me stesso, per il quale l’onore è evidente. Mi riferisco, soprattutto, a Syriza e naturalmente al nostro paese e alle lotte del nostro popolo, che sono riconosciute dai partiti della sinistra europea come avanguardia della resistenza popolare in tutta Europa. [...]
Molti mi hanno chiesto, dopo la nomina di ieri: Dove porterete avanti la vostra lotta, in Grecia o in Europa? Rispondo: l’Europa è in guerra. Una guerra economica con milioni di vittime. Le nostre nazioni non sono in lotta tra di loro. I popoli e le persone che lavorano sono in lotta contro il sistema finanziario internazionale, il capitale aggressivo e i banchieri.
Il fronte su cui si sta combattendo questa guerra è nel sud Europa, in Grecia.
Quindi, se i nostri compagni ci hanno onorato con la mia designazione a guidare la battaglia delle elezioni europee, una battaglia decisiva per l’esito della guerra, non è per rimuovermi dal fronte, ma per rafforzare il fronte. Qui, allora, dovremo combattere la battaglia. Sul fronte, in prima linea. Una battaglia che combatteremo nel nostro paese a nome di tutti i popoli d’Europa. Una battaglia contro l’austerità e i memorandum. Una battaglia per cambiare i rapporti di forza in tutta Europa, in modo che nessuna nazione dovrà sperimentare ciò che il popolo greco sta attraversando a causa dei memorandum. Una battaglia per fermare l’ondata di riaggregazione nazionale che si esprime in alcuni Paesi con movimenti di destra o di estrema destra.
È la decisione e l’aspettativa della Sinistra Europea che costruiremo un contrappeso alle politiche della signora Merkel. Che organizzeremo un blocco di forze per salvare l’Europa dalla austerità. Più forte è il blocco, meglio è per il popolo greco. Più forte è il blocco, peggio per quelli in ogni paese che hanno implementato e applaudito i memorandum.
Il messaggio è dunque questo: come la politica dei Memorandum e la sua austerità devastante è iniziata in Grecia, sarà dalla Grecia che sarà spianata la via per una nuova Europa, di giustizia sociale, lavoro per tutti e crescita al servizio dei bisogni dei popoli.
http://www.controlacrisi.org/notizia/Po ... in-guerra/
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
E’ stato creato il partito di Rifondazione Comunista, ma si è sempre fermato ad un piccolo consenso. Ci siamo trovati in questa situazione perché abbiamo assistito ad un periodo di conflitto all’interno di questi piccoli partiti della sinistra. Mancano persone che traccino insieme un denominatore comune tra questi partiti frammentati, il popolo della sinistra e della disobbedienza, per unificare queste forze ed avere una sinistra sana. Per questo insisto su una lista per le elezioni europee, perché può portarci a qualcosa di buono. - See more at: http://www.albasoggettopoliticonuovo.it ... usZsv.dpuf
.... un'analisi da finto tonto.
.... un'analisi da finto tonto.
Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Avevo sperato (o mi ero illuso?) che intorno alla candidatura di Tsipras a presidente della commissione europea, si potesse costruire un ampio fronte europeo per un progetto di ricostruzione dell'Ue e delle sue istituzioni.
Vedo invece da questi (soliti) interventi, che essa è il pretesto per riproporre ancora una volta la mitica "unità delle sinistre" (italiane) di cui si parla da alcuni decenni con effetti sempre più disastrosi.
Peccato! Un'altra occasione mancata.
Alla fine dovremo fare il tifo per Martin Schulz (quello a cui Berlusconi voleva dare il ruolo di kapò).
Vedo invece da questi (soliti) interventi, che essa è il pretesto per riproporre ancora una volta la mitica "unità delle sinistre" (italiane) di cui si parla da alcuni decenni con effetti sempre più disastrosi.
Peccato! Un'altra occasione mancata.
Alla fine dovremo fare il tifo per Martin Schulz (quello a cui Berlusconi voleva dare il ruolo di kapò).
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
rispetto alla lista del liderino Ingroia mi sembra che ci sia una 'aria' diversa.
la questione organizzazione e forma-partito è importante,
per Marius
è importante Marius come ti vesti per il voto,
devi andare a votare con il cavallo e la spada.
l' acquedotto romano ( antica roma ) era democratico per tutti , c era il divieto per i patrizii e i nobili
di portare l' acqua pubblica in casa.
legioni romane per l' acqua pubblica dove siete ?
questa intervista di Castellina affronta i problemi tra cui organizzazione politica e dei movimenti :
http://www.esseblog.it/tutti-gli-artico ... astellina/
la questione organizzazione e forma-partito è importante,
per Marius
è importante Marius come ti vesti per il voto,
devi andare a votare con il cavallo e la spada.
l' acquedotto romano ( antica roma ) era democratico per tutti , c era il divieto per i patrizii e i nobili
di portare l' acqua pubblica in casa.
legioni romane per l' acqua pubblica dove siete ?
questa intervista di Castellina affronta i problemi tra cui organizzazione politica e dei movimenti :
http://www.esseblog.it/tutti-gli-artico ... astellina/
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
il nuovo nome della lista sarà :
PARTITO SOCIALISTA DI UNITA .......( da definire) e MOVIMENTO BENI COMUNI
dobbiamo ragionare sul simbolo.
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Questo intervento mi sembra un mix tra feudalesimo e nuovismo veltroniano !!!
Tsipras alla Commissione Europea, l’appello degli intellettuali
di Paolo Flores d'Arcais | 18 gennaio 2014
Oggi rendiamo pubblico questo appello corredato dalle sole firme dei suoi estensori. Nei prossimi giorni renderemo pubblica anche la lista delle adesioni che stiamo raccogliendo, e che sono già ora, prima ancora del suo lancio, molto numerose e qualificate.
La lista per le elezioni europee a cui proponiamo di dar vita con questo documento sarà una lista di cittadinanza assolutamente autonoma, promossa da personalità della cultura, dell’arte e della scienza e da esponenti di comitati, associazioni, movimenti e organismi della società civile che ne condividono gli obiettivi e i contenuti, e che non verrà “negoziata” con alcun partito. Questo sia per segnare una netta discontinuità con il passato, sia per sottolineare la novità di questa proposta: l’adesione a questa lista elettorale non deve essere confusa con l’affiliazione ad alcuno dei partiti esistenti o in fieri e non ha alcuna pretesa identitaria.
Questa lista avrà un comitato di garanti formato tra i firmatari dell’appello, che non si candideranno. Avrà un comitato promotore, con compiti operativi.
Su questa base le realtà organizzate come i partiti, o loro strutture, le associazioni politiche o culturali, i centri sociali – che vorranno sostenere questo progetto sono le benvenute e possono contribuire al suo successo anche presentando proposte di candidatura di propri iscritti, purché rispondenti alle caratteristiche indicate nell’appello. E potranno sostenere la lista, la raccolta delle firme e le attività connesse alla campagna elettorale, costituendosi in uno o più comitati di sostegno dotati della più ampia autonomia, seguendo il modello già adottato nella campagna per i referendum contro la privatizzazione dell’acqua e dei sevizi pubblici locali, modalità che ha garantito il successo in quella iniziativa referendaria.
L’Europa al bivio
L’Europa è a un bivio, i suoi cittadini devono riprendersela. Dicono i cultori dell’immobilità che sono solo due le risposte al male che in questi anni di crisi ha frantumato il progetto d’unità nato a Ventotene nell’ultima guerra, ha spento le speranze dei suoi popoli, ha risvegliato i nazionalismi e l’equilibrio fra potenze che la Comunità doveva abbattere. La prima risposta è di chi si compiace: passo dopo passo, con aggiustamenti minimi, l’Unione sta guarendo grazie alle terapie di austerità. La seconda risposta è catastrofista: una comunità solidale si è rivelata impossibile, urge riprendersi la sovranità monetaria sconsideratamente sacrificata e uscire dall’Euro. Noi siamo convinti che ambedue le risposte siano conservatrici, e proponiamo un’alternativa di tipo rivoluzionario. È nostra convinzione che la crisi non sia solo economica e finanziaria, ma essenzialmente politica e sociale. L’Euro non resisterà, se non diventa la moneta di un governo democratico sovranazionale e di politiche non calate dall’alto, ma discusse a approvate dalle donne e dagli uomini europei. È nostra convinzione che l’Europa debba restare l’orizzonte, perché gli Stati da soli non sono in grado di esercitare sovranità, a meno di chiudere le frontiere, far finta che l’economia-mondo non esista, impoverirsi sempre più. Solo attraverso l’Europa gli europei possono ridivenire padroni di sé.
Per questo facciamo nostre le proposte di Alexis Tsipras, leader del partito unitario greco Syriza, e nelle elezioni europee del 25 maggio lo indichiamo come nostro candidato alla presidenza della Commissione Europea. Il suo paese, la Grecia, è stato utilizzato come cavia durante la crisi ed è stato messo a terra: in quanto tale è nostro portabandiera. Tsipras ha detto che l’Europa, se vuol sopravvivere, deve cambiare fondamentalmente. Deve darsi i mezzi finanziari per un piano Marshall dell’Unione, che crei posti di lavoro con comuni piani di investimento e colmi il divario tra l’Europa che ce la fa e l’Europa che non ce la fa, offrendo sostegno a quest’ultima. Deve divenire unione politica, dunque darsi una nuova Costituzione: scritta non più dai governi ma dal suo Parlamento, dopo un’ampia consultazione di tutte le organizzazioni associative e di base presenti nei paesi europei.
Deve respingere il fiscal compact che oggi punisce il Sud Europa considerandolo peccatore e addestrandolo alla sudditanza, e che domani punirà, probabilmente, anche i paesi che si sentono più forti. Al centro di tutto, deve mettere il superamento della disuguaglianza, lo stato di diritto, la comune difesa di un patrimonio culturale e artistico che l’Italia ha malridotto e maltrattato per troppo tempo. La Banca centrale europea dovrà avere poteri simili a quelli esercitati dalla Banca d’Inghilterra o dalla FED, garantendo non solo prezzi stabili ma lo sviluppo del reddito e dell’occupazione, la salvaguardia dell’ambiente, della cultura, delle autonomie locali e dei servizi sociali, e divenendo prestatrice di ultima istanza in tempi di recessione. Non dimentichiamo che la Comunità nacque per debellare le dittature e la povertà. Le due cose andavano insieme allora, e di nuovo oggi.
Oggi abbiamo di fronte una grande questione ambientale di dimensioni planetarie, che può travolgere tutti i popoli, e un insieme di politiche tese a svalutare il lavoro, mentre una corretta politica ambientale può essere fonte di nuova occupazione, di redditi adeguati, di maggiore benessere e di riappropriazione dei beni comuni. È il motivo per cui contesteremo duramente il mito della crescita economica così come l’abbiamo fin qui conosciuta. Esigeremo investimenti su ricerca, energie rinnovabili, formazione, trasporti comuni, difesa del patrimonio culturale. Sappiamo che per una riconversione così vasta avremo bisogno di più, non di meno Europa.
Proprio come Tsipras dice riferendosi alla Grecia, in Italia tutto questo significa rimettere in questione due patti-capestro. Primo, il fiscal compact: il pareggio di bilancio che esso prescrive è entrato proditoriamente nella nostra costituzione, l’Europa non ce lo chiedeva, limitandosi a indicare sue «preferenze». Secondo, il patto di complicità che lega il nostro sistema politico cleptocratico alle domande dei mercati: chiediamo una politica di contrasto contro le mafie, il riciclaggio, l’evasione fiscale, la protezione e l’anonimato di capitali grigi, la corruzione, in un’Europa dove non sia più consentito opporre il segreto bancario alle indagini della magistratura. Significa infine difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, e non violarne i principi base come suggerito dalla JP Morgan in un rapporto del 28 maggio 2013, cui i governanti italiani hanno assentito col loro silenzio. Significa metter fine ai morti nel Mediterraneo: i migranti non sono un peso ma il sale della crescita diversa che vogliamo. Significa darsi una politica estera, non più al rimorchio di un paese– gli Stati Uniti– che perde potenza ma non prepotenza. La pax americana produce guerre, caos, stati di sorveglianza. È ora di fondare una pax europea.
Le larghe intese, le rifiutiamo in Italia e in Europa: sono fatte per conservare l’esistente. Per questo diciamo no alla grande coalizione parlamentare che si prepara fra socialisti e democristiani europei, presentandoci alle elezioni di maggio con una piattaforma di sinistra alternativa e di rottura. Nostro scopo: un Parlamento costituente, che si divida fra immobilisti e innovatori. Siamo sicuri fin d’ora che gran parte dei cittadini voglia proprio questo: non l’Unione mal ricucita, non la fuga dall’Euro, ma un’altra Europa, rifatta alle radici. La chiediamo subito: il tempo è scaduto e la casa di tutti noi è in fiamme, anche se ognuno cercasse rifugio nella sua tana minuscola e illusoria.
L’Italia al bivio
Questo è l’orizzonte. A partire da qui avanziamo la proposta di dare vita in Italia a una lista che alle prossime elezioni europee faccia valere i principi e i programmi delineati.
Una lista promossa da movimenti e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici, che sia una risposta radicale alla debolezza italiana. Una lista composta in coerenza con il programma, che candidi persone, anche con appartenenze partitiche, che non abbiano avuto incarichi elettivi e responsabilità di rilievo nell’ultimo decennio.
Una lista che sostiene Tsipras ma non fa parte del Partito della Sinistra Europea che lo ha espresso come candidato. I nostri eletti siederanno nell’europarlamento nel gruppo con Tsipras (GUE-Sinistra Unitaria europea). Una lista che potrà essere sostenuta, come nel referendum acqua, dal più grande insieme di realtà organizzate e che non si manterrà con i rimborsi elettorali.
Una lista che con Tsipras candidato mobiliti cittadine e cittadini verso un’Altra Europa.
Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Luciano Gallino, Marco Revelli, Barbara Spinelli, Guido Viale
PARTITO SOCIALISTA DI UNITA .......( da definire) e MOVIMENTO BENI COMUNI
dobbiamo ragionare sul simbolo.
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Questo intervento mi sembra un mix tra feudalesimo e nuovismo veltroniano !!!
Tsipras alla Commissione Europea, l’appello degli intellettuali
di Paolo Flores d'Arcais | 18 gennaio 2014
Oggi rendiamo pubblico questo appello corredato dalle sole firme dei suoi estensori. Nei prossimi giorni renderemo pubblica anche la lista delle adesioni che stiamo raccogliendo, e che sono già ora, prima ancora del suo lancio, molto numerose e qualificate.
La lista per le elezioni europee a cui proponiamo di dar vita con questo documento sarà una lista di cittadinanza assolutamente autonoma, promossa da personalità della cultura, dell’arte e della scienza e da esponenti di comitati, associazioni, movimenti e organismi della società civile che ne condividono gli obiettivi e i contenuti, e che non verrà “negoziata” con alcun partito. Questo sia per segnare una netta discontinuità con il passato, sia per sottolineare la novità di questa proposta: l’adesione a questa lista elettorale non deve essere confusa con l’affiliazione ad alcuno dei partiti esistenti o in fieri e non ha alcuna pretesa identitaria.
Questa lista avrà un comitato di garanti formato tra i firmatari dell’appello, che non si candideranno. Avrà un comitato promotore, con compiti operativi.
Su questa base le realtà organizzate come i partiti, o loro strutture, le associazioni politiche o culturali, i centri sociali – che vorranno sostenere questo progetto sono le benvenute e possono contribuire al suo successo anche presentando proposte di candidatura di propri iscritti, purché rispondenti alle caratteristiche indicate nell’appello. E potranno sostenere la lista, la raccolta delle firme e le attività connesse alla campagna elettorale, costituendosi in uno o più comitati di sostegno dotati della più ampia autonomia, seguendo il modello già adottato nella campagna per i referendum contro la privatizzazione dell’acqua e dei sevizi pubblici locali, modalità che ha garantito il successo in quella iniziativa referendaria.
L’Europa al bivio
L’Europa è a un bivio, i suoi cittadini devono riprendersela. Dicono i cultori dell’immobilità che sono solo due le risposte al male che in questi anni di crisi ha frantumato il progetto d’unità nato a Ventotene nell’ultima guerra, ha spento le speranze dei suoi popoli, ha risvegliato i nazionalismi e l’equilibrio fra potenze che la Comunità doveva abbattere. La prima risposta è di chi si compiace: passo dopo passo, con aggiustamenti minimi, l’Unione sta guarendo grazie alle terapie di austerità. La seconda risposta è catastrofista: una comunità solidale si è rivelata impossibile, urge riprendersi la sovranità monetaria sconsideratamente sacrificata e uscire dall’Euro. Noi siamo convinti che ambedue le risposte siano conservatrici, e proponiamo un’alternativa di tipo rivoluzionario. È nostra convinzione che la crisi non sia solo economica e finanziaria, ma essenzialmente politica e sociale. L’Euro non resisterà, se non diventa la moneta di un governo democratico sovranazionale e di politiche non calate dall’alto, ma discusse a approvate dalle donne e dagli uomini europei. È nostra convinzione che l’Europa debba restare l’orizzonte, perché gli Stati da soli non sono in grado di esercitare sovranità, a meno di chiudere le frontiere, far finta che l’economia-mondo non esista, impoverirsi sempre più. Solo attraverso l’Europa gli europei possono ridivenire padroni di sé.
Per questo facciamo nostre le proposte di Alexis Tsipras, leader del partito unitario greco Syriza, e nelle elezioni europee del 25 maggio lo indichiamo come nostro candidato alla presidenza della Commissione Europea. Il suo paese, la Grecia, è stato utilizzato come cavia durante la crisi ed è stato messo a terra: in quanto tale è nostro portabandiera. Tsipras ha detto che l’Europa, se vuol sopravvivere, deve cambiare fondamentalmente. Deve darsi i mezzi finanziari per un piano Marshall dell’Unione, che crei posti di lavoro con comuni piani di investimento e colmi il divario tra l’Europa che ce la fa e l’Europa che non ce la fa, offrendo sostegno a quest’ultima. Deve divenire unione politica, dunque darsi una nuova Costituzione: scritta non più dai governi ma dal suo Parlamento, dopo un’ampia consultazione di tutte le organizzazioni associative e di base presenti nei paesi europei.
Deve respingere il fiscal compact che oggi punisce il Sud Europa considerandolo peccatore e addestrandolo alla sudditanza, e che domani punirà, probabilmente, anche i paesi che si sentono più forti. Al centro di tutto, deve mettere il superamento della disuguaglianza, lo stato di diritto, la comune difesa di un patrimonio culturale e artistico che l’Italia ha malridotto e maltrattato per troppo tempo. La Banca centrale europea dovrà avere poteri simili a quelli esercitati dalla Banca d’Inghilterra o dalla FED, garantendo non solo prezzi stabili ma lo sviluppo del reddito e dell’occupazione, la salvaguardia dell’ambiente, della cultura, delle autonomie locali e dei servizi sociali, e divenendo prestatrice di ultima istanza in tempi di recessione. Non dimentichiamo che la Comunità nacque per debellare le dittature e la povertà. Le due cose andavano insieme allora, e di nuovo oggi.
Oggi abbiamo di fronte una grande questione ambientale di dimensioni planetarie, che può travolgere tutti i popoli, e un insieme di politiche tese a svalutare il lavoro, mentre una corretta politica ambientale può essere fonte di nuova occupazione, di redditi adeguati, di maggiore benessere e di riappropriazione dei beni comuni. È il motivo per cui contesteremo duramente il mito della crescita economica così come l’abbiamo fin qui conosciuta. Esigeremo investimenti su ricerca, energie rinnovabili, formazione, trasporti comuni, difesa del patrimonio culturale. Sappiamo che per una riconversione così vasta avremo bisogno di più, non di meno Europa.
Proprio come Tsipras dice riferendosi alla Grecia, in Italia tutto questo significa rimettere in questione due patti-capestro. Primo, il fiscal compact: il pareggio di bilancio che esso prescrive è entrato proditoriamente nella nostra costituzione, l’Europa non ce lo chiedeva, limitandosi a indicare sue «preferenze». Secondo, il patto di complicità che lega il nostro sistema politico cleptocratico alle domande dei mercati: chiediamo una politica di contrasto contro le mafie, il riciclaggio, l’evasione fiscale, la protezione e l’anonimato di capitali grigi, la corruzione, in un’Europa dove non sia più consentito opporre il segreto bancario alle indagini della magistratura. Significa infine difendere la Costituzione nata dalla Resistenza, e non violarne i principi base come suggerito dalla JP Morgan in un rapporto del 28 maggio 2013, cui i governanti italiani hanno assentito col loro silenzio. Significa metter fine ai morti nel Mediterraneo: i migranti non sono un peso ma il sale della crescita diversa che vogliamo. Significa darsi una politica estera, non più al rimorchio di un paese– gli Stati Uniti– che perde potenza ma non prepotenza. La pax americana produce guerre, caos, stati di sorveglianza. È ora di fondare una pax europea.
Le larghe intese, le rifiutiamo in Italia e in Europa: sono fatte per conservare l’esistente. Per questo diciamo no alla grande coalizione parlamentare che si prepara fra socialisti e democristiani europei, presentandoci alle elezioni di maggio con una piattaforma di sinistra alternativa e di rottura. Nostro scopo: un Parlamento costituente, che si divida fra immobilisti e innovatori. Siamo sicuri fin d’ora che gran parte dei cittadini voglia proprio questo: non l’Unione mal ricucita, non la fuga dall’Euro, ma un’altra Europa, rifatta alle radici. La chiediamo subito: il tempo è scaduto e la casa di tutti noi è in fiamme, anche se ognuno cercasse rifugio nella sua tana minuscola e illusoria.
L’Italia al bivio
Questo è l’orizzonte. A partire da qui avanziamo la proposta di dare vita in Italia a una lista che alle prossime elezioni europee faccia valere i principi e i programmi delineati.
Una lista promossa da movimenti e personalità della società civile, autonoma dagli apparati partitici, che sia una risposta radicale alla debolezza italiana. Una lista composta in coerenza con il programma, che candidi persone, anche con appartenenze partitiche, che non abbiano avuto incarichi elettivi e responsabilità di rilievo nell’ultimo decennio.
Una lista che sostiene Tsipras ma non fa parte del Partito della Sinistra Europea che lo ha espresso come candidato. I nostri eletti siederanno nell’europarlamento nel gruppo con Tsipras (GUE-Sinistra Unitaria europea). Una lista che potrà essere sostenuta, come nel referendum acqua, dal più grande insieme di realtà organizzate e che non si manterrà con i rimborsi elettorali.
Una lista che con Tsipras candidato mobiliti cittadine e cittadini verso un’Altra Europa.
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