Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sto ascoltando Omnibus e sono da un un'ora in fibrillazione da frantumazione.

Ci sono Napoli, Della Vedova e Lo Russo.

Se riesco nel pomeriggio, vedo di recuperare i numeri arretrati di tutti i talk possibili, così uno se ne rende conto di persona.

Per converso, puoi stilare un elenco di politicanti che non facciano schifo se osservati con occhio neutro e non tifoso???
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

E in un paese così dovremmo istituire il reddito di cittadinanza? Sai che bengodi.

Guardia di Finanza: nel 2013 frodi e sprechi per 5 miliardi. Scoperti 3.435 falsi poveri e 389 finti invalidi
L'Huffington Post | Pubblicato: 25/01/2014 10:38 CET | Aggiornato: 25/01/2014 10:39 CET

Cinque miliardi di euro sono spariti dalle casse dello Stato a causa di sprechi nella pubblica amministrazione e di truffe ai finanziamenti nazionali e comunitari. Lo afferma la Guardia di Finanza nel bilancio dell'attività del 2013, sottolineando che sono oltre 19 mila i soggetti segnalati all'autorità competente.

Moltissimi anche i casi di 'falsi poveri' e 'finti invalidi'. Nel solo 2013, la GdF ha individuato 3.435 'falsi poveri' che hanno irregolarmente ottenuto i benefici delle prestazioni sociali agevolate a sostegno dei meno abbienti, quali l'accesso ad asili nido e altri servizi per l'infanzia, la riduzione del costo delle mense scolastiche, buoni libro per studenti e borse di studio, servizi socio-sanitari domiciliari e agevolazioni per servizi di pubblica utilità, luce, gas o trasporti. Sono state inoltre accertate frodi previdenziali ed assistenziali per 82 milioni di euro, nella maggior parte relative ad erogazioni a sostegno dell'invalidità (389 casi), del lavoro agricolo (4.210 casi) ed 'assegni sociali' (445 casi).

Tra indagini d'iniziativa o su mandato della magistratura e della Corte dei Conti, i finanzieri hanno eseguito oltre 25 mila interventi per arginare gli sprechi e bloccare le frodi, concentrandosi in particolare su quei reati specifici di amministratori, funzionari e impiegati pubblici: corruzione, concussione, peculato, abuso d'ufficio.

Sono così emersi danni erariali e sprechi per 3,5 miliardi, un terzo dei quali riferibili al solo settore della sanità pubblica, e truffe ai finanziamenti pubblici nazionali ed europei, attraverso indebite percezioni o richieste, per 1,4 miliardi. A carico dei responsabili sono stati disposti sequestri di beni mobili, immobili, valuta e conti correnti per 309 milioni.

Le truffe al Servizio sanitario nazionale hanno invece provocato un danno di 23 milioni e la denuncia di 1.173 soggetti. Infine, sono stati segnalati 1.704 tra dipendenti pubblici e committenti per casi di incompatibilità e doppio lavoro, con conseguente contestazione di sanzioni amministrative per oltre 21 milioni di euro.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 214

2014 a schede




Scheda – 25 – Le carceri

25 – 1 – 26 gennaio 2014



La notizia sui quotidiani è di un mese fa. Un tizio si è fatto arrestare perché almeno in carcere mangia.

3,3 milioni di italiani non cercano più lavoro perché non lo trovano.

La disoccupazione è alle stelle, la Cisl ha preannunciato 200mila licenziamenti.

La CGIL strilla perché non c’è lavoro.

E la genialità della casta che fa? Preme sullo svuota carceri.

E chi esce come si guadagna da vivere?

I furti in appartamenti da queste parti sono alle stelle.

La magistratura denuncia che con lo svuota carceri usciranno camorristi e mafiosi.

Questi sono gli unici ad avere di nuovo un lavoro.

Quando Mussolini ha tirato fuori da carcere di San Vittore una buona parte di detenuti poi ci ha fatto la Marcia su Roma.

Ne stanno progettando un’altra?

******

il Fatto 26.1.14
Allarme da Palermo “Mafiosi in libertà con la svuotacarcei”
Il Pg Scarpinato contro le “norme che smontano la risposta dello Stato”
Il Presidente della Corte d’appello tace sui Pm minacciati
di Giuseppe Lo Bianco

Palermo Chi si aspettava un cenno di solidarietà nei confronti dei pm minacciati da Riina, tutti presenti ieri nell’aula magna del palazzo di Giustizia di Palermo, è rimasto deluso. Davanti al presidente del Senato Pietro Grasso, venuto a esprimere “solidarietà e vicinanza ai magistrati palermitani che continuano a trovarsi nel cono d’ombra delle minacce e delle intimidazioni mafiose”, il presidente della Corte di appello Vincenzo Oliveri ha inaugurato l’anno giudiziario ignorando tensioni e minacce di morte del boss corleonese, legate al processo sulla trattativa. Oliveri si è rivolto con affetto a Giorgio Napolitano, che proprio in quel processo non voleva comparire da testimone: “Abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti del capo dello Stato. Si è tentato di offuscare la sua immagine con il sospetto di interferenze in un grave procedimento in corso qui a Palermo, che i nostri giudici hanno dichiarato da subito totalmente infondati. Sentiamo di dovergli rinnovare l’impegno di fedeltà alla legge e alla Costituzione, di cui egli è garante”. E nella rivendicazione del dovere, per tutti i giudici, di essere “imparziali’’, è arrivata la frecciata all’ex pm Ingroia: “No a carriere politiche inaugurate nel medesimo distretto dove il giorno prima il candidato indossava la toga”. Nessuno tra i pm presenti ha voluto commentare il silenzio sulle minacce del presidente della Corte di appello chiamato, tra qualche settimana, a scegliere il collegio cui affidare l’appello del processo agli ufficiali dei carabinieri Mori e Obinu, assolti in primo grado. E se a ricordare che “l’anno giudiziario si innesta quest’anno in un particolare clima dovuto alle minacce di Totò Riina e a quelle nei confronti di altri magistrati” ci ha pensato il procuratore Messineo, per Oliveri è apparso più importante citare “il sostegno morale che il presidente (Napolitano, ndr) ha sempre dato alla magistratura’’.
MINACCE e ordini di morte del capomafia detenuto Riina sono state al centro degli altri interventi, da Roberto Rossi, del Csm, al procuratore generale Roberto Scarpinato, che ha lanciato l’allarme sul decreto “svuota carceri”, a suo dire frutto di una scelta che appare “incomprensibile”. Scarpinato: “Una pena di sei anni si ridurrà a tre anni e mezzo e decine di pericolosi mafiosi a breve termine e nei prossimi anni ritorneranno in libertà anzitempo”. Conseguenza di una legislazione antimafia, ha aggiunto il procuratore, che “assomiglia a una sorta di tela di Penelope che da una parte viene tessuta con l’introduzione di nuove norme per rendere più efficace l'azione repressiva, dall’altra viene in parte smagliata depotenziando la stessa risposta repressiva”. Tutto ciò mentre in Sicilia, dove dal 2003 al 2013 sono stati “dissipati 3 miliardi di euro per la formazione professionale senza produrre risultati occupazionali”, è in corso una sfida drammatica “la cui posta in gioco è la credibilità delle istituzioni”.
SECONDO IL PG “è trascorsa la stagione” in cui il binomio legalità-sviluppo “aveva creato una forte aspettativa”. Oggi sulla disillusione “soffiano menti raffinate della criminalità organizzata che additano come responsabile la magistratura”. È accaduto e accade, soprattutto in riferimento al sequestro e alla confisca dei beni mafiosi da parte dei magistrati, cui una subcultura mafiosa tenta di addebitare buona parte della crisi economica siciliana. A Messina, infine, il procuratore generale Melchiorre Briguglio ha inserito nel suo saluto alle autorità presenti anche il suo predecessore, Franco Antonio Cassata, condannato per diffamazione aggravata del professore Adolfo Parmaliana. Cassata era in aula, a differenza dello scorso anno quando l’inaugurazione dell’anno giudiziario venne celebrata con la sua sedia vuota. Ad assistere alla cerimonia anche il presidente della Corte costituzionale, Gaetano Silvestri.

Il Sole 26.1.14
Palermo
«Svuota carceri» a forte rischio
di Nino Amadore

In Sicilia c'è un'emergenza mafia ma c'è un'emergenza corruzione che si è fatta sistema. Due facce di una stessa medaglia: quella di un'isola ridotta ormai in ginocchio. Ma c'è un'altra emergenza: l'alleanza tra istituzioni e società civile non ha dato i frutti sperati e sulla disillusione soffiano menti raffinatissime della criminalità organizzata che creano un clima ostile verso i magistrati. Nel primo caso è il presidente della Corte d'appello di Palermo Vincenzo Oliveri ad affrontare il tema nella sua relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario del distretto che si estende nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento. Nel secondo caso invece è Roberto Scarpinato, procuratore generale a Palermo, ad affrontare il problema. Ad ascoltare, in un palazzo di Giustizia blindato e sotto pressione per le minacce ai magistrati (non ultimi quelli di Totò Riina a Nino Di Matteo, il pm del proceso sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia) c'è il presidente del Senato Pietro Grasso, venuto «a esprimere la solidarietà e la vicinanza ai magistrati palermitani». Ci sono il sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, più volte positivamente citati nelle relazioni. Il rito della relazione si consuma con i numeri: nei tribunali del distretto giudiziario di Palermo «il contenzioso civile è cresciuto con un aumento delle nuove cause (da 91.530 si è saliti a 97.254) e delle definizioni (da 86.608 a 96.125). I procedimenti pendenti sono passati da 117.846 a 120.082». Oliveri pone alcuni problemi sullo stato della giustizia, bacchetta quei magistrati che «che non si accontentano di far bene il loro lavoro, ma si propongono di redimere il mondo» e ringrazia il Capo dello Stato verso cui, dice riferendosi al processo sulla Trattativa, «abbiamo un debito di riconoscenza e si è tentato di offuscare la sua immagine con il sospetto di sue interferenze in un procedimento in corso qui a Palermo. Sospetti che i nostri giudici hanno dichiarato da subito totalmente infondati».
Scarpinato non si risparmia: «Appare incomprensibile - dice - la scelta operata nel recente decreto legge cosiddetto "svuota carceri", di aggravare ancor di più la situazione estendendo anche agli esponenti della criminalità organizzata l'innalzamento da 45 a 75 giorni dello sconto di pena previsto per la liberazione anticipata a far data dal 2010. Una pena di sei anni si ridurrà quindi a tre anni e mezzo e decine di pericolosi mafiosi a breve termine torneranno in libertà anzitempo». Tutto ciò, dice il procuratore generale, contribuisce a vanificare quanto è stato fatto sin qui: «L'alleanza tra istituzioni e società civile, per esempio con la scelta dei vertici di Confindustria, si fondava sulla promessa-scommessa che si potevano legare legalità e sviluppo. Ma la crisi e la predazione dei fondi pubblici hanno diffuso l'idea che tutto ciò sia stato tradito o sia stata un'illusione».


l’Unità 26.1.14
Carceri, l’indulto si può e si deve fare
Non possiamo voltare lo sguardo di fronte alla condizione inumana degli istituti di pena
di Danilo Leva

L’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO, COINCIDE QUEST’ANNO CON UNA STAGIONE DI RIFORME E DI INNOVAZIONI LEGISLATIVE CAPACI DI INCIDERE SUL SISTEMA GIUDIZIARIO ITALIANO. Per troppi anni la macchina della giustizia italiana è stata ferma producendo dilatazione e lentezza dei procedimenti ed aumenti dei costi di accesso. Tutti elementi di debolezza che hanno alimentato diseguaglianza sociale e scarsa tenuta competitiva del «sistema-Paese».
La panoramica tracciata dal Presidente Santacroce nella sua relazione è devastante, soprattutto rispetto al sovraffollamento carcerario, all’uso disinvolto fatto negli anni della custodia cautelare e ai tempi del processo. Oramai si è diffusa la consapevolezza della improcastinabilità di una riorganizzazione del sistema giudiziario. Tocca alla politica rimuovere le contrapposizioni inutili e dannose e creare le condizioni di condivisione nella società, oltre che tra gli operatori, affinché le riforme abbiano le gambe per camminare.
Il campo del diritto civile ha bisogno di interventi capaci di superare la filosofia del «costo zero», vale a dire l’illusione che sia sufficiente intervenire sulle regole del processo senza risorse o investimenti aggiuntivi per migliorarne la qualità. Si tratta di una impostazione sbagliata che, nel corso degli anni, ha prodotto solo guasti. Sempre in relazione al settore civile, poi è necessario superare la frammentarietà dei riti con l’affermazione, come rito ordinario, di quello del lavoro. Inoltre bisogna giungere all’affermazione del processo telematico sull’intero territorio nazionale, con un sguardo rivolto all’introduzione di istituti innovativi come quello della negoziazione assistita.
Sul terreno del diritto penale, invece, occorre rimuovere innanzitutto le condizioni di inciviltà che caratterizzano il nostro ordinamento.
Dunque, ben vengano la riforma della custodia cautelare, a cui il Partito democratico ha dato un contributo importante, l’introduzione di nuovi istituti coma la messa alla prova, il potenziamento delle misure alternative e le nuove normative contenute nel Decreto Carceri.
Tutte misure significative ma che non saranno, però, sufficienti ad allineare i nostri istituti penitenziari agli standard indicati dalla sentenza Torreggiani (emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo l’8 gennaio 2013).
Abbiamo il dovere morale di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario. Una forza riformista come il Pd, di fronte alla condizione inumana degli istituti di pena nazionali, non può girare lo sguardo da un’altra parte e cedere al canto delle sirene dei sondaggi o degli orientamenti popolari. È necessario riaffermare la legalità e la certezza del diritto nel nostro Paese, ed è una battaglia giusta da fare. Pertanto oggi, proprio alla luce dei provvedimenti strutturali in corso di approvazione, il Parlamento deve aprire la riflessione sulla necessità di un atto straordinario di clemenza. Tutto ciò non è più eludibile.
Così come non può essere sottaciuta l’urgenza di riformare l’istituto delle intercettazioni ampliando la sfera di riservatezza dei cittadini senza svilirne la funzione di ricerca della prova. Ma ancora dobbiamo avere la forza di mettere in agenda la riforma della responsabilità civile dei magistrati o il tema dei magistrati fuori ruolo. In una fase di grande difficoltà come quella che stiamo attraversando, tutti hanno il dovere di dare una mano e non possono esistere argomenti tabù.
Un’altra grande sfida a cui rispondere con immediatezza è quella della tutela effettiva delle vittime da reato, tema non derubricabile ad argomento secondario nel dibattito politico.
Tutto questo impone, però, uno scatto di coraggio e di ambizione. Per cambiare la giustizia italiana servono cultura delle garanzie e passione per i diritti. Viviamo in un Paese in cui molto spesso in nome della certezza della pena si è finiti per abbattere le garanzie dei cittadini costituzionalmente riconosciute. Questo è un paradigma da rovesciare.
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 215

2014 a schede



Scheda – 25 – La follia totale accellera


26 – 1 – 27 gennaio 2014


Mai dire la verità.

Bianca Berlinguer ha precisato (Piazzapulita) a fronte delle ennesime cazzate strumentali della solita inutile Santanchè che Berlusconi si è sfilato dal governo a seguito della cacciata dal Senato. Se non fosse successo sareste ancora con il governo Letta.

UN’ACCUSA MOSTRUOSA – ribatte Formigli.

Ma che accusa mostruosa e accusa mostruosa.!!!! Che le cose siano andate in questo modo lo sanno anche i sassi.

La follia sta montando paurosamente, perdendo di vista le cose più semplici ed evidenti.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 216

2014 a schede


Scheda – 25 – La follia totale accellera


26 – 2 – 27 gennaio 2014


Lo aveva scritto anche Scalfari quasi due anni fa su Repubblica, affrontando il tema dell’invasione cinese.

Per affrontare la sfida ci saremmo dovuti cinesizzare. Paghe e stipendi che vanno verso quelle cinesi.

Nessun ridimensionamento dell’intera società, alla guerra, come sempre il mondo del lavoro.

Risultato: Quello che ci propone oggi Bankitalia. Il 10 % che continua ad arricchirsi e dall’altra gli schiavi.

Uno dei motivi per cui ha preso forma il fascismo, nel 1919, è quando i combattenti delle trincee, tornando a casa si sono resi conto che in quella guerra un certo mondo se l’è sempre goduta come sempre, sbattendosene di quello che succedeva al fronte.

**

Electrolux, stipendi dimezzati per allinearli alla Polonia. Rischia stabilimento Porcia
Si è tenuto a Mestre l'incontro tra le parti sociali e l'azienda svedese di elettrodomestici che prevede la riduzione dei salari da 1.400 a 700 euro. I sindacati annunciano: "Andremo da Letta. Piano irricevibile, sarà lotta dura". La presidente del Friuli Serracchiani: "Soluzione è una: mantenere i 4 siti aperti"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 27 gennaio 2014
Commenti (518)


Potrebbe finire male il caso Electrolux.

Drastici tagli lineari sul costo del lavoro per tutti, e piano industriale solo per tre insediamenti, con il quarto quindi, Porcia, a rischio chiusura.

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Per non parlare degli stipendi, che da 1.400 euro al mese scenderebbero a 7-800, allineati a quelli polacchi.


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E’ l’amaro calice che il gruppo – nell’incontro di oggi a Mestre – ha proposto ai sindacatie alle Rsu dei 4 stabilimenti italiani per mantenere la produzione nel Paese.

Per martedì 28 gennaio sono già convocate le assemblee in fabbrica che sfoceranno assai probabilmente in unosciopero immediato, mentre i sindacati si preparano a chiedere un incontro con il premier Enrico Letta.

La vittima predestinata è lo stabilimento di Porcia (Pordenone), dove oltre al taglio più pesante sul fronte salariale non è previsto alcun piano industriale; questo perché le lavatrici prodotte nella fabbrica friulana costano, a pezzo, 30 euro di troppo, e sono vittima della concorrenza dei marchiFar Est, Samsung ed Lg. Per gli altri tre stabilimenti, ci sono comunque dei tagli lineari ma vi sarebbero come contropartita – se il piano passasse – investimenti di 40 milioni di euro per Solaro, 28 per Forlì e 22 per Susegana.

Per il sito friulano solo una vaga via d’uscita: l’attesa di “ulteriori potenziali proposte da parte di tutti gli attori coinvolti, che consentano alla fabbrica di colmare i gap ancora presenti” ha detto il manager di Electrolux Italia Marco Mondini, secondo il quale la decisione sul futuro di Porcia arriverà “non oltre la fine di aprile”. “Il problema è che i prodotti italiani in tutto il campo dell’elettrodomestico sono di notevole qualità ma risentono di costi produttivi superiori a quelli dei nostri concorrenti”m ha affermato il ministro per lo Sviluppo economico Flavio Zanonato.

Al ministro ha risposto prontamente la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani: “Letta e Zanonato – ha detto – ci convochino immediatamente per valutare assieme le proposte da rilanciare alla multinazionale: il governo non faccia il notaio della volontà svedese”. Per Serracchiani “è inaccettabile che l’esecutivo assista inerte mentre accade quello che si temeva e che abbiamo denunciato. Per il Friuli Venezia Giulia la chiusura di Porcia è una prospettiva che non prendiamo in considerazione”.

Il piano che oggi Electrolux ha presentato ai sindacati nella riunione a Mestre prevede un drastico taglio dei salari che porterebbe gli stipendi, oggi calcolati in 1.400 euro al mese, a circa 700-800 euro. La ‘soluzione’ svedese contempla un taglio dell’80% dei 2.700 euro di premi aziendali, la riduzione delle ore lavorate a 6, il blocco dei pagamenti delle festività, la riduzione di pause, permessi sindacali (-50%) e lo stop agli scatti di anzianità. Un’operazione che di fronte all’attuale costo del lavoro di 24 euro/ora, rispetto ai 7 euro/ora degli stabilimenti in Polonia e Ungheria, porterebbe a tagliare a Forlì 3 euro l’ora, a Solaro 3,20 euro, a Susegana 5,20 euro e a Porcia7,50 euro.

“Se non succede un miracolo entro aprile – ha commentato un’anziano sindacalista della Fim Cisldi Susegana – Porcia è persa e a cascata, in due anni, sarà la volta degli altri stabilimenti”. “La nostra è una flotta con la portaerei e le navi di appoggio – ha proseguito in metafora il sindacalista – se si affonda la portaerei, Porcia, basta un sommergibile per far fuori tutto il resto”. “Ora andremo a parlare della nostra vicenda che è paradigmatica per l’intero Paese con il premier Enrico Letta” hanno detto i delegati delle Rsu e sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil. “Abbiamo atteso invano un confronto con il ministro Zanonato che non c’è mai stato – hanno aggiunto – ora andiamo direttamente da Letta perché Electrolux per sbarcare in Italia ha usato soldi degli italiani. Ora per guardare ad Est utilizza fondi Ue che in parte sono sempre nostri”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... io/859378/
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti & (Fascisti) - 217

2014 a schede


Scheda – 25 – La follia totale accellera

26 – 3 – 27 gennaio 2014




Repubblica 27.1.14
Letta e Renzi, quasi nemici
di Ilvo Diamanti


È DIFFICILE raccontare la politica con le tradizionali categorie dell’analisi politica.

Della politologia. Osservare quel che avviene oggi come fosse ieri, non dico ieri l’altro. Perché oggi anche ieri è passato. Il Passato.

Perfino i partiti personali, il partito del Capo (tratteggiati da Mauro Calise e Fabio Bordignon) rischiano di invecchiare in fretta.

Raccontare la politica, oggi, significa, infatti, parlare delle Persone e dei Capi.

“Senza” i partiti. Personali o impersonali: non importa.

Così le cronache riguardo alla complessa vicenda della legge elettorale si riassumono nel rapporto personale — e contrastato — fra Renzi e Letta.

Matteo ed Enrico. Quasi amici. O meglio: quasi nemici (come pensa quasi metà degli italiani, secondo un sondaggio Ipsos).

Uniti o, forse, divisi, dalla comune appartenenza a un “partito ipotetico” (per echeggiare Edmondo Berselli). Il Pd.

Un “quasi partito”.

Matteo ed Enrico. Così vicini eppure così lontani.

Appartengono a generazioni contigue, ma non comunicanti. Letta: ha quasi cinquant’anni.

Ha fatto politica fin da giovane, perché i partiti, quando aveva vent’anni, c’erano ancora.

La Dc, in particolare, dove ha “militato” fin da piccolo.

E dove ha imparato la politica come arte della mediazione e del compromesso.

Certo, negli anni Ottanta i partiti di massa stavano perdendo le masse per strada. Resistevano le classi dirigenti.

Quella stagione è definitivamente crollata nel 1989.

Insieme al muro di Berlino. Insieme al referendum del 1991 “contro” la preferenza multipla e “contro” la partitocrazia. Letta, dunque, è un post-democristiano. In seguito: popolare, ulivista, democratico.

Affezionato al voto di preferenza. A trent’anni era già al governo.

Dove è rientrato in successive occasioni. Fino ad oggi.

Premier di un governo che dispone di una maggioranza parlamentare incerta e di una minoranza elettorale certa.

Espresso da un partito, in parte ostile. E diviso. Ipotetico.

Anche perché è guidato da un Capo che del partito non si occupa più di tanto.

Renzi: eletto segretario, due mesi fa, alle primarie, con una maggioranza travolgente.

Dopo essere stato sconfitto giusto un anno prima da Bersani. Portabandiera di un partito “vero”.

Radicato e cresciuto nel secolo delle ideologie e della partecipazione di massa.

Ultimo atto della storia della Prima Repubblica, a cui la sinistra italiana è rimasta fedele. Fino, appunto, alle elezioni di febbraio.

Quando è divenuta evidente l’impotenza di un partito impersonale di fronte ai partiti personali vecchi e nuovi: Pdl e M5S.

E ai loro leader. Berlusconi e Grillo.

Diversi e opposti, ma entrambi leader senza partiti. Oppure non-partiti, come Grillo ha definito il M5S.


Così, dopo il voto, il Pd si è arreso a Renzi. Che ha accettato di guidarlo per non averlo contro.

Anche se lui, ai partiti — tradizionali o riformati — non ci crede proprio. Questione di generazione politica.

Se Letta ha “quasi” cinquant’anni, Renzi ne ha “quasi” quaranta.

Quando è crollato il muro, Renzi aveva appena finito le medie.

E i partiti erano nella bufera. Delegittimati e deboli. Pochi anni ancora e sarebbero stati travolti da Tangentopoli.

Così, Berlusconi “scendeva in campo”.

E occupava il vuoto politico lasciato dai partiti.

Con le sue televisioni, i suoi esperti di mercato, le sue risorse, il suo stile di comunicazione.

Imponeva il modello della “politica come marketing”.

Accanto al suo partito personale.

Renzi, allora, era appena divenuto maggiorenne.

I “movimenti politici giovanili” appartenevano alla storia del passato.

Come i partiti, la Resistenza. E il Risorgimento. Nel 1996, Renzi diventava partigiano del Partito dell’Ulivo (non “dei partiti”), alternativo al Partito personale di Berlusconi. Prodiano, insomma.

Mentre Letta entrava nel primo governo Prodi, come ministro. Il più giovane della storia della Repubblica. Enrico e Matteo, Matteo ed Enrico.

Così vicini eppure così distanti e diversi. Per storia, tradizione, stile. Separati in casa.

D’altronde, la Casa comune attualmente non c’è.

Il Pd rammenta, piuttosto, un campeggio, come quelli degli scout, dove Matteo si è formato.

Molte tende con molte persone. Pochi confini.

Itinerari e programmi decisi giorno per giorno.

Il gusto della scoperta. L’importanza del Capo che decide e indica il percorso. D’altronde, è ciò che oggi chiede e si attende il Paese.

Quasi il 70% degli italiani, infatti, è d’accordo con l’opinione secondo cui, in questo clima di confusione, “ci vorrebbe un uomo forte alla guida del Paese” (Sondaggio Demos, gennaio2014).


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Un Uomo Forte.


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Una formula inquietante, vista la nostra storia. Ma non ce n’è motivo.

Perché coloro a cui piace questa idea non mettono in discussione la democrazia (“il migliore dei sistemi possibili”, per quasi i tre quarti di essi), ma, piuttosto, i partiti e il Parlamento.

Cioè: gli attori della democrazia rappresentativa.

Incapaci di decidere. E di generare passione.

Per questo la vicenda della legge elettorale diventa importante.

Perché chiama in causa il “principio” della Democrazia rappresentativa. Il voto. Matteo, coerentemente con lo spirito del tempo, recita la parte dell’Uomo Forte.

Intende, cioè, segnare la fine della Seconda Repubblica e avviare l’era post-berlusconiana con il consenso (la sottomissione?) di Berlusconi.

Attraverso una riforma che intende (e deve) realizzare in fretta.

Perché prima e più dei contenuti contano il risultato e i tempi. Il messaggio.

L’immagine di Matteo, l’Uomo Forte in grado di decidere, in pochi mesi, ciò di cui si parla senza esito da molti anni.

Il Partito, per questo, diventa un mezzo.

È il post-Pd, senza bandiere. Al suo servizio.
(Con Briatore e Carlo Rossella, come ci ha spiegato questa sera - ndt)


Anche il governo, il Parlamento, devono seguire Matteo.

Difficile che ciò possa avvenire senza tensioni e senza strappi.

Che “gli altri (piccoli) capi” del Pd (e non solo) si accodino.

Ma, soprattutto, che Letta si adegui.

È una questione di ruolo e di cultura politica. Ma, prima ancora, di storia e di profilo personale.

Così Enrico cercherà di disseminare il percorso di Matteo con trappole e intoppi.

Per ritardarne la marcia.

Visto che il tempo è la risorsa simbolica dell’Uomo Forte.

E Matteo vuole fare in fretta.

Per questo, nei prossimi giorni, attendiamoci altre tensioni.

Altri conflitti. Enrico e Matteo. Quasi nemici. Ne resterà soltanto uno.
erding
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da erding »

“Cosa preferite per il futuro?”

A) La rivolta come in Ucraina
B) L’inizio di una guerra civile come in Egitto
C) Il ritorno di Mussolini
Per scegliere la mia preferenza avrei bisogno di qualche opzione in più.

Ma temo che gli italiani in cuor loro abbiano già scelto.
paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

erding ha scritto:
“Cosa preferite per il futuro?”

A) La rivolta come in Ucraina
B) L’inizio di una guerra civile come in Egitto
C) Il ritorno di Mussolini
Per scegliere la mia preferenza avrei bisogno di qualche opzione in più.

Ma temo che gli italiani in cuor loro abbiano già scelto.
.............................
Altra opzione M5S che abbia la maggioranza.
Ciao
Paolo11
mariok

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da mariok »

paolo11 ha scritto:
erding ha scritto:
“Cosa preferite per il futuro?”

A) La rivolta come in Ucraina
B) L’inizio di una guerra civile come in Egitto
C) Il ritorno di Mussolini
Per scegliere la mia preferenza avrei bisogno di qualche opzione in più.

Ma temo che gli italiani in cuor loro abbiano già scelto.
.............................
Altra opzione M5S che abbia la maggioranza.
Ciao
Paolo11
C'è già, è la C). :mrgreen:
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 220

2014 a schede





Scheda – 27 – Il punto


27 – 1 – 30 gennaio 2014


Il punto per titoli di giornali e non solo.

1) Il Tg7 – delle ore 20,00 apre con: Una giornata di ordinaria follia. A mia memoria non c’è mai stata una giornata così brutta e tesa – dichiara il direttore Mentana.

2) Il Tg7 – delle ore 20,00 – Dal Pentagono: Gravi dubbi sull’efficienza degli F-35. (Le mazzette invece no. Sono state molto efficienti – ndt)

3) Legge Severino, Strasburgo dice no a procedura prioritaria ricorso Berlusconi

4) Montecitorio, due giorni di guerriglia
Grillo: "Siamo la nuova Resistenza"


5) Insulti sessisti e bagarre alla Camera
I deputati grillini occupano l’’Aula

6) ASSALTO ALLE LISTE
Il Cav vuole Toti in Europa,
scatta la rivolta forzista

7) M5S, rivolta contro Casaleggio: "Non sapevamo nulla dell'impeachment"

8) Camera, Boldrini assediata dai grillini: chiuse a chiave le porte della presidenza

9) Perché anche Sallusti
Si è innamorato di Renzi

10) Feltri e il "Napolitano boia": "Sorial è uno zotico, ma il reato di vilipendio è peggio"

11) La guerra di movimento degli sfascia democrazia


12) La vergogna della tagliola – Boldrini e democrazia in agonia

13) Dl Imu-Bankitalia, ecco perché il decreto del governo è un regalo alle banche
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