Come se ne viene fuori ?

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camillobenso
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Sfascisti - 239

2014 a schede



Scheda – 27 – Il punto


27 – 5 – 16 febbraio 2014


Domanda


In questi giorni, da queste parti, ci siamo interrogati sul perché Napolitano all'improvviso abbia abbandonato Lettanipote che tante volte ha difeso anche troppo inopinatamente per dare l'incarico a Renzi.

C'è qualcosa che non torna. Enrichetto il chierichetto è sempre stato un gentile mollaccione, anche se ne è uscito con la sparata in cui si attribuiva "Le palle d'acciaio". Il mio giudizio è stato sempre negativo sin dall'inizio perché non era, a mio avviso, la persona adatta a governare un passaggio così difficile.

E' ancora più difficile capire perché Napolitano abbia comunque preferito a Lettanipote un fanfarone sparapalle come Renzi, che di muoversi in mezzo alla palude melmosa della Morta Gora non ha la minima esperienza.

In più, rimane comunque il fatto, che dal punto di vista internazionale il reverendissimo Letta proietta un'immagine migliore di quella di Turbo Renzi.

Nessuno, quindi, ha capito le scelte di Re Giorgio II.

Leggendo Vittorio Feltri, che si è cimentato in proposito, sembrerebbe che la sua tesi possa essere accreditata.

Il problema tuttavia merita quantomeno di essere inquadrato. Avevamo un governo flaccido (presieduto da una brava persona, Enrico Letta), né migliore né peggiore di quelli precedenti. Tirava a campare con qualche infamia e poche lodi.

Sarebbe probabilmente andato avanti a vivacchiare se non fosse scoppiato il caso sollevato da Alan Friedman col suo libro Ammazziamo il gattopardo (100mila copie in quattro giorni), che racconta le porcate commesse dai vertici dello Stato e dintorni. Ciò ha costretto lorsignori a inventarsi un diversivo per far sì che i cittadini pensino ad altro, secondo il principio che chiodo scaccia chiodo. Cosicché il povero Matteo Renzi, non appena impadronitosi della segreteria del Pd, è stato spinto a mobilitarsi allo scopo di sfrattare Letta da Palazzo Chigi, insediarsi al posto suo e confondere le acque


SECONDO VOI QUESTA TESI DI FELTRI E' ACCREDITABILE?


Se sì, allora la situazione è decisamente più grave di quella di cui siamo a conoscenza.

Propinarci l'inesperto Renzi solo per distrarci da pasticci di palazzo sarebbe un fatto gravissimo.

Vorrebbe dire il disastro finale assicurato.

E' così???

****

Matteo il matto ma peggio di così non può andare
Il segretario del Democratici rischia, ma non poteva fare altro

Vittorio Feltri - Dom, 16/02/2014 - 07:39


Come al solito, anche stavolta la gente non ha capito niente. Non solo perché nessuno si è preoccupato di fornirle spiegazioni, ma perché gli italiani, davanti ai bizantinismi della politica, provano un senso di nausea e voltano la faccia dall'altra parte.

Il problema tuttavia merita quantomeno di essere inquadrato. Avevamo un governo flaccido (presieduto da una brava persona, Enrico Letta), né migliore né peggiore di quelli precedenti. Tirava a campare con qualche infamia e poche lodi.

Sarebbe probabilmente andato avanti a vivacchiare se non fosse scoppiato il caso sollevato da Alan Friedman col suo libro Ammazziamo il gattopardo (100mila copie in quattro giorni), che racconta le porcate commesse dai vertici dello Stato e dintorni. Ciò ha costretto lorsignori a inventarsi un diversivo per far sì che i cittadini pensino ad altro, secondo il principio che chiodo scaccia chiodo. Cosicché il povero Matteo Renzi, non appena impadronitosi della segreteria del Pd, è stato spinto a mobilitarsi allo scopo di sfrattare Letta da Palazzo Chigi, insediarsi al posto suo e confondere le acque.
D'altronde se si fosse adagiato sulla poltrona di democratico numero uno, senza nulla fare se non litigare con i compagnucci, il popolo di sinistra fra sei mesi avrebbe detto: ma che fa 'sto «bimbo» fiorentino oltre a concionare? E Matteo sarebbe andato incontro al declino, accusato di essere il solito fanfarone buono a nulla.
Alcuni babbei continuano a sostenere che l'Italia fosse bisognosa di un premier eletto dal popolo, e che pertanto il signorino sindaco avrebbe dovuto chiedere il voto anticipato. Immane bischerata. La nuova legge elettorale è stata concordata tra Renzi e Berlusconi, ma, non essendo stata approvata dal Parlamento, ancora non c'è. Si sarebbe perciò andati alle urne col proporzionale di memoria andreottiana, immaginate con quale risultato: un gran casino, nessuna maggioranza, governabilità zero. Ipotesi da scartare. Rimaneva l'alternativa di licenziare Letta e di sostituirlo col ragazzo Matteo nella speranza che questi, non essendo grullo, sia in grado di incantare i serpenti che strisciano a Montecitorio e a Palazzo Madama, imponendo loro - mediante ipnosi e con la collaborazione del Cavaliere - di riformare la legge elettorale, correggere il titolo V della Costituzione ed eliminare il Senato.
Se l'operazione riuscisse, in un Paese anchilosato quale il nostro, per Renzi sarebbe un trionfo. Il nuovo premier avrebbe poi buon gioco a persuadere i suoi, e gli altri, a dargli fiducia per la prossima legislatura. Che cos'altro poteva fare? Rimanere congelato nel frigidaire della segreteria Pd a litigare con Gianni Cuperlo e Pippo Civati? Attendere il decesso per cause naturali di Letta? Assistere alla rumorosa giubilazione di Giorgio Napolitano? Subire ulteriormente i morsi della crisi economica, tutt'altro che superata, benché l'Istat manifesti ottimismo per qualche decimale col segno più?

Siamo realisti. Matteo tra una sicura morte lenta e un tentativo azzardoso di cavalcare la tigre, ha optato per il rischio di essere sbranato dalla belva: o la va o la spacca. Ha fatto bene? Forse no.

Ma non poteva agire diversamente.

Se la fortuna lo sorregge come è successo finora, egli avrà perfino l'opportunità di tagliare la spesa folle dello Stato e di ridurre le tasse sulle imprese, incentivando la produzione, i consumi e l'occupazione.

Ma per realizzare un piano similmente ambizioso serve coraggio, ciò che a un monellaccio toscano, incosciente quanto ambizioso, non dovrebbe mancare. Se poi andrà male, pace amen: conciati come siamo, sarebbe sciocco temere di toccare il fondo, dato che lo abbiamo raggiunto da un pezzo. Confidiamo nell'effetto rimbalzo.

Mentre scriviamo, diamo un'occhiata alle indiscrezioni circa la composizione del nuovo governo. Non sono importanti gli uomini e le donne della cui opera si avvarrà l'aspirante premierino: conta solo il manico.

Si tratta di verificare se Renzi è un manico o un manichino. Non è alla nostra portata fare una previsione: ci vorrebbe Nostradamus. Buona domenica.


http://www.ilgiornale.it/news/interni/m ... 92880.html
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Sfascisti - 240

2014 a schede



Scheda – 27 – Il punto


27 – 6 – 16 febbraio 2014



C'è chi ragiona con la testa e chi con altre parti del corpo.

Rodotà, indirettamente da ragione Feltri.



Rodotà: «L'uomo nuovo non basta serve vero progetto»

Di Federica Fantozzi 16 febbraio 2014

Professor Stefano Rodotà, dall’ipotesi di Letta bis al Renzi Uno in venti giorni. Che momento politico stiamo vivendo?
«Un momento di estrema difficoltà che condizionerà molto il futuro. Questo modo di proporre una soluzione potrebbe rivelarsi piuttosto un altro elemento del problema».

La sua critica alla cosiddetta staffetta tra Letta e Renzi riguarda il metodo?
«Non solo. Lo considero un fattore, oltre che problematico, negativo. Non si esce dalla crisi nel modo aggressivo in cui è stato trattato Letta. Gli si possono muovere molte critiche politiche, lo ho fatto anche io, ma in una situazione difficile si è comportato in modo dignitoso».

L’obiezione diffusa è che servisse un’azione di governo più incisiva e che Letta non fosse più nella condizione di intraprenderla.
«Guardi, non si tratta di una staffetta. La maggioranza resta più o meno la stessa. Del programma non si sa nulla. È il traghettamento della vecchia compagine affidandola sulle spalle di una sola persona. Era inadeguato Letta e andava sostituito da un premier con più vitalità e capacità mediatiche? Non mi convince».

Eppure, gran parte dell’Italia pensa che Renzi possa far ripartire il Paese. Un’illusione ottica?
«Senza fare la contabilità delle dichiarazioni, un po’ non dico di coerenza ma almeno di linearità oggi è più necessaria che in passato. Il discredito dei politici passa anche per la loro inaffidabili- tà nei confronti dell’opinione pubblica. La sensazione è di una partita che si gioca all’interno di un’oligarchia: cambiano le posizioni su convenienze del brevissimo periodo».

Che cosa rappresenta, allora, questa fase per il Paese?
«La mia opinione è che siamo alla fine di un ciclo. Un progetto cominciato con Monti e poi con Letta, le larghe intese, non ha dato i suoi frutti. Sul logoramento di questa formula non si spende una parola. Non basta un’aggressione personale. Servono una valutazione politica e un nuovo progetto».

Che tipo di progetto servirebbe?
«Una discontinuità che non può essere solo su base personale».

Per il Pd, già provato dalle vicende successive alle elezioni, è l’ennesimo avvitamento. Nella base c’è molta perplessità. C’è il rischio, secondo lei, che il partito non sopravviva?
«Il Pd ha deciso di uscire così dal conflitto personale tra premier e segretario, che non era necessariamente nella natura delle cose.
Francamente, capisco poco il Pd in questo periodo. Renzi aveva promesso: mai più larghe intese. Ora indica il 2018 come scadenza. Più che una scommessa è un azzardo. Mi chiedo come farà visto che la distanza teorica tra Pd e Ncd è enorme su un’infinità di temi».

È rimasto stupito dalla rapidità con cui il Pd ha seguito la linea di Renzi?
«Prima di quest’ultima accelerazione, mi ero già espresso sulla chiusura oligarchica del Pd e sul legame sempre più debole con la società, che non può essere colmato con le primarie. Renzi ha vinto senza bisogno di combattere. Una vittoria frutto del suo successo ma anche dell’estrema debolezza del Pd, che si è riflessa anche nelle ultime decisioni. Ma tutto ciò potrà portare contraccolpi».

Quali contraccolpi teme?
«Come reagirà il partito nel suo insieme? Io sono affezionato alla parola sinistra. So che c’è una disinvoltura liquidatoria degli schemi destra e sinistra, ma è un modo per non occuparsi dei problemi. Abbiamo diseguaglianze enormi, milioni di poveri. Elkann dice che in sostanza i giovani non vogliono lavorare negli alberghi, e dai vertici Pd non c’è una dichiarazione. Non è folklore, è gravissimo. Mi sarei aspettato una reazione forte da Renzi».

Tra pochi giorni, ci sarà lui a Palazzo Chigi. Che politica servirebbe all’Italia?
«Riprendere una politica costituzionale, l’unica che consente ai cittadini di riconoscersi in un governo. Ho apprezzato che Renzi abbia messo sul tappeto ius soli e unioni civili. Non perché siamo maniaci del tema, ma perché riaprire quella partita dopo 30 anni è importante. Ora leggo che c’è il veto di Formigoni. Ma si tratta di ricostruire la civiltà dei diritti e riportare la società italiana all’avanguardia. Nel 1970, in un anno, ci furono divorzio, referendum, statuto dei lavoratori e regioni ordinarie».

La crisi economica che viviamo non ha invertito le priorità? «Disegnare questo orizzonte politico, non utopico, consentirebbe di sottrarsi alla subordinazione alla tirannia di finanza ed economia. Poi, Napolitano ha detto basta all’austerity. Renzi e il Pd con che linea arriveranno alle Europee? Per ora non vedo traccia di nulla. Se c’è una straordinaria novità, io cerco il nuovo non soltanto in una persona».

Grillo ha fatto bene o male a non andare alla consultazioni al Quirinale?
«Alle istituzioni si deve rispetto: è sbagliato coinvolgerle in polemiche che riguardano le persone. Se esistono procedure consolidate nella storia repubblicana, vi si entra con rispetto».


http://www.unita.it/politica/rodota-int ... 000?page=2
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2014 a schede



Scheda – 27 – Il punto


27 – 7 – 16 febbraio 2014



Gianni Morandi su Fb: «Perché tutta questa fretta?»

Gianni Morandi, uomo di sinistra, critica il metodo del segretario Pd in procinto di diventare premier: “Mi sorprende molto la modalità con cui Matteo Renzi si prepara a diventare Presidente del Consiglio – scrive il cantante su Facebook - Qualche giorno fa diceva di sostenere Letta e di non volere guidare il Paese senza prima nuove elezioni. Cosa sarà successo? E tutta questa fretta? Si dice che l'Italia è in emergenza e questo è sicuramente vero...”.

Morandi contesta anche la tempistica particolarmente rapida: “Mia madre mi diceva sempre che la gatta frettolosa fece i gattini ciechi... Voi cosa dite, riuscirà il ragazzo di Firenze a dare una scossa per rilanciare l'economia e creare nuovi posti di lavoro, a fare le riforme come ha promesso? O si farà impantanare anche lui dai giochi della politica? Lui dice che è ambizioso, speriamo che la sua ambizione, visto il ruolo che ricoprirà, porti al bene di tutti gli italiani”.

http://www.unita.it/politica/morandi-re ... a-1.552050
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Sfascisti - 242

2014 a schede



Scheda – 27 – Il punto


27 – 8 – 16 febbraio 2014



Grillo la pensa come Vittorio Feltri.



Grillo: «Letta fatto cadere
dalle rivelazioni di Friedman»

Per il leader M5S Napolitano si dimetterà a breve dopo l'insediamento del nuovo governo | Casaleggio a Ballarò: «Al governo? Problema del Pd, non cambia nulla»

16 febbraio 2014 listen this page A - A Per Beppe Grillo, dietro la precipitosa caduta del governo Letta ci sono le rivelazioni del nuovo libro di Alan Friedman. Il leader dell'M5S lo ha scritto in un post dal titolo "Il nonno di Montecristo".

Casaleggio a Ballarò: «Non cambia nulla»

«La scorsa settimana è andata in onda una sceneggiata per
costringere Napolitano a dimettersi e a nominare Renzie», ha raccontato sul suo blog.
I protagonisti sono tre persone alle quali si può imputare tutto, ma non l'ingenuità. Prodi, Monti e De Benedetti rilasciano a suo tempo dichiarazioni (filmate!) al giornalista Friedman ben sapendo che sono delle vere e proprie bombe. Attestano infatti che il presidente della Repubblica si mosse, prima della crisi economica del 2011 e non dopo, per sostituire un presidente del Consiglio eletto in regolari elezioni, oltrepassando i suoi poteri. Quei filmati sono una lettera di licenziamento preparata con cura e tenuta
in un cassetto, i cui contenuti, guarda caso, sono pubblicati un giorno prima che sia discusso l'impeachment in contemporanea sul Corriere della Sera, con due pagine, e dal Financial Times, con il titolo "The italian job" in copertina.

Edmond Napolitano non ci sta e grida al fumo "Fumo, solo fumo!", ma oltre al fumo c'è anche, ineludibile, l'arrosto e un impeachment alle
porte», ha spiegato Grillo. «Molla quindi Letta e riceve Renzie, che poco dopo diventa il candidato unico alla presidenza del Consiglio. L'impeachment non viene neppure discusso, ma letto e liquidato dalla commissione in venti minuti netti. Un record mondiale. Un nuovo mistero per il romanzo d'appendice del Quirinale. Però, nonostante Napolitano abbia evitato un pubblico dibattito parlamentare sull'impeachment, cominciano a circolare voci insistenti sulle sue dimissioni a breve, dopo l'insediamento del nuovo governo», ha riferito.

«Ora, a pensar male si fa peccato, disse Andreotti, ma spesso ci si azzecca. Dei tre protagonisti del feuiletton, Prodi è candidato a succedere a Napolitano, De Benedetti è il primo sponsor di Renzie e Rigor Montis, che ha ritirato ad horas la fiducia del suo partitino a Letta è un possibile candidato per la presidenza di una Commissione Europea. Napolitano andrà in esilio nell'isola di Capri, incontrerà in piazzetta Scalfari sotto le spoglie dell'abate Faria, che gli spiegherà tutto del complotto, e preparerà la sua vendetta. Tornerà tra vent'anni, con maggiore esperienza e ultracentenario per la sua terza nomina a presidente della Repubblica. Vivat!», ha concluso.

http://www.unita.it/politica/grillo-gov ... i-1.552027
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Sfascisti - 243

2014 a schede



Scheda – 27 – Il punto


27 – 9 – 16 febbraio 2014


E se Angelino e il Caimano affondassero Renzi?
Andrea Carugati
Data:2014-02-16

Immagine


E se dietro le offese di queste ore sui più o meno utili idioti Silvio e Angelino fossero tornati a trattare, consapevoli di avere l’occasione storica di ammazzare nella culla il giovane leader del Pd? L’occasione, a dire il vero, appare ghiottissima. Se Ncd negasse la fiducia al governo Renzi, il Paese tornerebbe rapidamente alle urne con un Pd in stato confusionale. Alfano, a quel punto, potrebbe tranquillamente tornare nella casa madre di Forza Italia, accolto a braccia aperte da un Cavaliere soddisfatto di aver decapitatol’avversario più pericoloso. Altrimenti, Alfano potrebbe correre con il proporzionale della Consulta, con soglie di sbarramento più basse dell’Italicum, e giocarsi la partita nel futuro parlamento che sarebbe certamente ingovernabile. Tutti e due, Silvio e Angelino, potrebbero beneficiare della condizione comatosa del Pd, e della probabile nascita di una forza alla sua sinistra. Insomma, un affarone per l’ex Pdl.

Viene da chidersi, a questo punto, su quali basi e alla luce di quali accordi Renzi abbia deciso di procedere così rapidamente alla decapitazione del governo Letta. A una prima lettura, l’imperssione è quella di un’auto lanciata a folle velocità e senza freni, di una scelta non adeguatamente ponderata che rischia di trasformare questa crisi- che sulla carta doveva essere rapidissima- in una lenta agonia, che avrebbe come risultato la distruzione dell’indubbia carica vitale e dinamica che Renzi ha espresso negli ultimi due anni. La sensazione è quella di una situazione fragile, di un equilibrio ancora lontano, di un Pd che si è esposto a un rischio altissimo senza un adeguato paracadute.

Poi, certo, la curiosità e l’interesse di Prodi verso il Renzi di governo non sono campati in aria. Il sindaco di Firenze ha fatto proposte interessanti alle primarie, che riguardano la rottamazione non della vecchia classe dirigente del pd, ma
delle burocrazie, delle caste e dei lacci che negli ultimi vent’anni hanno imprigionato l’economia italiana condannandola al declino. C’è indubbiamente nelle promesse di Renzi una spinta liberale di cui il Paese ha bisogno. Una spinta che, se coniugata con una certa attenzione al sociale e al vero welfare, può produrre un cambiamento positivo. Ma qui si parla del programma di Renzi, un programma radicale che necessitava di una legittimazione popolare con le elezioni per potersi esprimere appieno. Il leader pd ha ritenuto di non poter attendere le elezioni previste nel 2015, di correre un rischio troppo alto di logoramento appoggiando un governo Letta che riteneva incapace di portare consensi al Pd e di fare riforme significative. E ha deciso, con l’appoggio (numericamente non essenziale ma politicamente significativo) della minoranza guidata da Cuperlo di affondare Letta nel giro di pochi giorni.

E adesso siamo alla crisi di queste ore. Possibile che Alfano stia solo alzando il presso per una poltrona in più e che non accarezzi l’idea di far saltare tutto e di tornare come il Figliol prodigo all’ovile di Arcore. Ma anche se fosse solo un affare di poltrone, anche se fosse solo la solita vecchia palude romane dei giovani-vecchi democristiani, quale partenza sarebbe per il governo del Rottamatore? Una partenza all’antica, lontana dall’immagine del sindaco di Firenze. Ma quello che conta è: davvero si può pensare di cambiare verso all’Italia con gli stessi alleati che hanno dato vita al governo Letta, che Renzi ha bollato coma una “palude”?b]E se Angelino e il Caimano affondassero Renzi?[/b]

http://unpadanoaroma.com.unita.it/polit ... ero-renzi/
peanuts
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da peanuts »

iospero ha scritto:
peanuts ha scritto:Io torno all'astensione, perlomeno per le europee, ma mi sa anche dopo. Ne ho le palle piene. E' uno schifo totale.
Il governo letta non faceva niente, questi faranno qualcosa: i lavoratori e lo stato sociale a pezzi. Special guests ncd e scelta civica (?)
Alle europee non mi vedono manco col binocolo
Ciao peanuts
Uno sguardo alla Lista per Tsipras potresti darlo , in Grecia stanno peggio di noi, solo l'unione fa la forza.
Ci darò una occhiata allora
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 244

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Scheda – 33 – Dentro il caos

33 – 1 – 17 febbraio 2014


C’è ben da chiedersi in questi tempi difficilissimi perché Antonio Gramsci ha voluto chiamare il suo giornale “L’Unità”.

Non penso sia così difficile da capire. “UNITI SI VINCE, DIVISI I PERDE”.

L’Unità nasce a Milano il 12 settembre 1923, in Via Santa Maria alla Porta, nei pressi di Corso Magenta.

Scrive Gramsci:

« Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra. Io propongo come titolo l'Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale »
(Antonio Gramsci, lettera per la fondazione de l'Unità, 12 settembre 1923[6])

(Fonte Wikipedia)

Novant’anni dopo, a 10 km da Corso Magenta, da venerdì scorso registro il caos in cui versa la sinistra italiana. Altro che unità!!!!!!

Alla fine ce l’hanno fatta. Le forze della reazione nazionale, e come qualcuno segnala anche da parte della destra Repubblicana statunitense, compresi i falsi democristiani del Pd, stanno frantumando la sinistra residuale rappresentata dai cittadini elettori italiani, dopo aver spaccato prima la sinistra rappresentativa che oggi non rappresenta più nessuno se non se stessa.

L’orgia del potere li ha trasformati completamente.

On the road continuo ad incontrare vecchi amici della sinistra, ma quello che avverto è che la spaccatura è fortissima.

1) Ci sono i delusi che dichiarano che non voteranno più. (Molti hanno stracciato la tessera)
2) Ci sono coloro che hanno capito chi è TurboRenzi, ma non lo ammetteranno mai per orgoglio personale. Ammettere i propri errori non fa parte del bagaglio culturale della sinistra.
3) Ci sono quelli che si rendono conto del bluff Renzi, ma sperano ancora nei miracoli promessi dal nuovo messia.
4) Infine c’è il solito zoccolo duro che esiste in tutti i partiti che crede fortemente nel messia. Gli ortodossi con il paraocchi esistono ovunque, sia in politica che nella religione. Ragionare è un opzional. O così o pomì.

Le discussioni si tramutano in liti e si frantumano antiche amicizie e di condivisione di tanti anni. E’ un momento così, un momento di caos totale.

Ci sono anche divisioni sull’interpretare il caos simmetrico dei moderati, berlusconiani ed ex berlusconiani. Berlusconi contro Alfano e viceversa.
paolo11
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Iscritto il: 22/02/2012, 14:30

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Pd, circolo commissariato perché si rifiuta di rinnovare le tessere a chi non paga
Caos a Pantigliate. L'iscrizione è stata invece confermata dal segretario Pd della provincia di Milano a chi, come il sindaco, non ha versato i contributi che sono obbligatori per ogni iscritto con cariche pubbliche. Ma lo scontro va avanti e il suo successore, il renziano Pietro Bussolati, firma una delibera di commissariamento. La vicenda resta aperta e potrebbe finire in tribunale
A volerla leggere politicamente si potrebbe dire: la nuova segreteria a guida renziana del Pd della provincia di Milano ha commissariato il circolo del paesino dove era forte Cuperlo. Ma dietro a quello che sta accadendo a Pantigliate, comune a sud est del capoluogo lombardo, c’è soprattutto una questione di regolamenti. Quello sul tesseramento del Pd, all’articolo 14, recita: “Per gli eletti nelle istituzioni presupposto al rilascio della tessera è l’avvenuto adempimento degli obblighi di contribuzione al partito previsti dai regolamenti finanziari dei diversi livelli”.

E il regolamento finanziario provinciale impone agli iscritti versamenti mensili “pari almeno al 10% dell’indennità e compenso netto percepito” grazie all’incarico pubblico ricoperto. Sembra chiaro, ma nel circolo di Pantigliate queste parole hanno causato il finimondo. Per la serie: le regole ci sono, ma è più facile non farle rispettare. Tra chi da anni non versa i contributi ci sono infatti il sindaco, Lidia Maria Rozzoni, l’assessore alle Politiche sociali, Anny Pacciarini, e il capogruppo in consiglio comunale, Lorenzo Miglioli, che è anche membro dell’assemblea nazionale in quota Renzi. Tutti e tre vengono eletti nel 2009 all’interno di una lista civica appoggiata dal loro partito, il Pd appunto.

Quando nel 2013 chiedono il rinnovo della tessera, si sentono dire di no dal coordinamento di circolo, oggi commissariato, di cui fanno parte tra gli altri il segretario Francesco Semeraro e il tesoriere Marco Cabiddu, che contestano loro un debito complessivo di oltre 12mila euro. Del resto, oltre al regolamento sul tesseramento e al regolamento finanziario, anche lo statuto nazionale del Pd, quello regionale e il codice etico impongono agli eletti di effettuare i versamenti. La questione è particolarmente sentita anche a livello nazionale, nel momento in cui l’anno scorso il governo Letta promette di tagliare il finanziamento pubblico ai partiti.

A giugno intervengono infatti l’allora tesoriere nazionale del Pd Antonio Misiani e l’allora presidente della commissione nazionale di garanzia Luigi Berlinguer, che in una comunicazione a tutte le segreterie provinciali d’Italia richiamano l’attenzione sulla necessità di fare rispettare l’obbligo. La missiva viene inviata “a seguito di diverse segnalazioni pervenute dal territorio in merito al mancato o irregolare versamento dei contributi previsti dalle norme statuarie e regolamentari” e “a seguito della notevole riduzione dei finanziamenti pubblici ai partiti”.

Insomma, come si tira avanti se neppure gli iscritti contribuiscono come dovrebbero? La lettera di Misiani e Berlinguer in quel di Pantigliate non porta a nulla. La disputa non si risolve, nonostante già da gennaio 2013 ne sia stata investita la commissione di garanzia provinciale, una sorta di primo grado della giustizia interna al partito. L’organo non prende alcuna decisione per diversi mesi, prima di chiedere l’intervento della commissione di garanzia di livello superiore, ovvero quella regionale. Ma anche da lì, nessuna risposta è ancora arrivata. Nel frattempo a ottobre la tessera viene concessa ai tre ‘morosi’ da Roberto Cornelli, in quel momento segretario del Pd della provincia di Milano.
Ma i coordinatori del circolo di Pantigliate contestano la decisione, perché ritengono che l’organismo titolato a decidere sui tesseramenti sia il circolo. Lo scontro va avanti. A fine ottobre il congresso di circolo, che dovrebbe rinnovarne i vertici, è infuocato: chi vuol consentire a Rozzoni, Pacciarini e Miglioli di votare si scontra con chi ritiene non valida la loro tessera. Alla fine tre quarti dei presenti votano per rinviare il congresso a data da destinarsi. Pantigliate però ha un problema in più: nella prossima primavera si terranno le amministrative. Non si può andare ad elezioni così, ritiene il neo segretario della provincia di Milano, il renziano Pietro Bussolati. Che il 24 gennaio scorso firma una delibera di commissariamento del circolo in cui si fa riferimento a un articolo dello statuto nazionale.
Tutto finito? Niente affatto. La maggioranza del coordinamento di circolo non ci sta. Secondo il tesoriere Cabiddu, che cita anche lui lo statuto nazionale e quello regionale, la segreteria provinciale non ha alcuna facoltà di usare poteri sostitutivi, quali sono la nomina di un commissario, che rimane in capo al segretario nazionale e all’assemblea regionale. Inoltre il parere favorevole alla delibera del consiglio dei garanti provinciale, obbligatorio ma non vincolante, è successivo alla delibera stessa. E ancora: “Come si fa a essere puniti per aver fatto rispettare le regole? – si chiedono i vertici Pd di Pantigliate – L’unica causa dello stallo sono le tessere irregolarmente distribuite dagli organi esecutivi provinciali. Gli stessi che ora ci hanno commissariato”. Nonostante le proteste, a Pantigliate arriva il commissario Carmine Pacente.
Mercoledì scorso la prima riunione. Al fianco di Pacente partecipa Claudio Venghi, tesoriere provinciale e vice sindaco di Rosate, che ammette di non avere effettuato neppure lui alcun versamento al partito, così come il suo sindaco: “C’è un problema di interpretazione delle regole – sostiene -. In un caso come il nostro, in cui un iscritto al Pd è eletto all’interno di una lista civica, sul finanziamento vale l’accordo preso con il circolo. Non c’è obbligatorietà secca di versare il 10%. L’interpretazione delle regole passa poi attraverso il tipo di indennità percepita e il tipo di lavoro che si ha”.
Insomma, molti amministratori locali guadagnano meno di quando non ricoprivano alcuna carica pubblica. E una volta eletti non versano i contributi al partito, nonostante nei regolamenti si faccia riferimento esplicito all’obbligo per gli iscritti. “Quella di Pantigliate non è l’unico caso di questo tipo – spiega a ilfattoquotidiano.it Bussolati -. E’ tutto da vedere se il regolamento finanziario del Pd possa essere applicato agli eletti in una lista civica e va tenuto conto che chi fa il sindaco economicamente ci perde rispetto a quando aveva un lavoro a tempo pieno. Come segreteria stiamo lavorando a un nuovo regolamento finanziario. Per quanto riguarda il commissariamento non c’è stato alcun intento punitivo, vogliamo solo arrivare a una conciliazione”. Parole che però non chiudono una vicenda che ora potrebbe finire in tribunale.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02 ... ga/881897/
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Ciao
Paolo11
camillobenso
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Iscritto il: 06/04/2012, 20:00

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Ad imperitura memoria
Sono tantissimi i nostri che dicono 'ma perché dobbiamo andare a Palazzo Chigi, ma chi ce lo fa fare?" (Domenica, 9 febbraio 2014)
Renzi: «Io a Palazzo Chigi? Chi me lo fa fare...»

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... (00:32:12)
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... 34eb3.html



Sfascisti - 245

2014 a schede



Scheda – 16 – Ghe pensi mi. 2.0 – Le nuove avventure di Goldrake
http://www.youtube.com/watch?v=gvflllnNHV8
16 – 3 – 17 febbraio 2014


IL ROTTAM’ATTORE, DALLE STELLE ALLO STALLO – LA MELINA DI ALFANO, LE RESISTENZE DI UN PEZZO DI PD, IL REBUS ECONOMIA E I NO DI BARICCO E GUERRA: NEANCHE IL TEMPO DI ARRIVARE A PALAZZO CHIGI CHE RENZI È GIA’ FINITO NEL SOLITO PANTANO DE’ NOANTRI
Ieri con un sms ai fedelissimi ha provato a dissipare dubbi (‘Nessun problema serio, al momento. Anzi’) ma di certo il sindaco si aspettava qualche difficoltà in meno nel varo del governo – L’interrogativo che aleggia sul suo tentativo resta sempre lo stesso: perché con la stessa maggioranza Renzi dovrebbe riuscire dove non è riuscito Letta?...
Federico Geremicca per ‘La Stampa'

Per Matteo Renzi, com'è ormai stranoto, la velocità nel modo di agire e di pensare è tutto, quasi un mito, un obbligo, un aspetto costitutivo della sua personalità (politica e non solo). Ed è per questo, prima di tutto per questo, che il sindaco-segretario - nonchè premier in divenire - comincia in queste ore a manifestare una qualche insofferenza per uno sfilacciamento dei tempi che non prevedeva e non immaginava.

Eppure, la situazione è quella che è: problemi ancora irrisolti nella formazione della squadra e un lavoro non semplice (e tutto da fare) sul fronte di un programma che, assieme alla composizione dell'esecutivo, dovrà riuscire a dare un senso ad un'operazione politica - la si chiami staffetta o come si vuole - che resta ancora largamente incompresa fuori e dentro il Pd.

Ieri, alle sei della sera, con un messaggino ai fedelissimi, il premier incaricato ha provato a dissipare dubbi e disperdere stati d'animo depressivi: «Nessun problema serio, al momento. Anzi». Giusto, naturalmente, rincuorare le truppe; soprattutto se si ha chiaro che a partire da oggi - e nelle prossime 48 ore - va in gioco qualcosa di più e di diverso dalla semplice formazione di un governo: vanno alla prova dei fatti - questo è il punto - una favola, una speranza e una promessa alla quale hanno creduto milioni di cittadini, fuori e dentro il Pd, che attendono ora conferma di non essersi sbagliati.
In qualche modo, e suo malgrado, Matteo Renzi è insomma finito in quel pantano (le liturgie, i bizantinismi, le "pratiche da prima Repubblica"...) che ha sempre contemporaneamente - temuto e denunciato: la "melina" di Angelino Alfano, le resistenze di un pezzo di Pd, i veti ed i consigli sui ministeri-chiave (quello dell'Economia innanzitutto) ed alcuni no ricevuti dal suo mondo, sono lì a dimostrarlo.

Un "politico romano", avrebbe considerato tutto questo prevedibile e normale, a fronte della posta in palio (la nascita di un nuovo governo): per Renzi, abituato a fare e disfare a Firenze a suo piacimento, invece non è così.

E invece, qualche giorno di lavoro in più prima del varo di governo e programma, potrebbe esser assai utile al premier incaricato per far quadrare il cerchio e - soprattutto - rispondere in maniera convincente all'interrogativo di fondo che aleggia negativamente sul suo tentativo: e cioè, perchè con la stessa maggioranza e quasi gli stessi ministri Renzi dovrebbe riuscire dove non è riuscito Letta? La domanda non è oziosa, naturalmente: e le primissime risposte - squadra e programma - condizioneranno in maniera decisiva un giudizio che, poi, sarà assai difficile rimuovere...

Non è che Matteo Renzi tutto questo non lo sappia: ma certo si aspettava qualche difficoltà in meno nel lavoro che lo attendeva. Non aveva messo nel conto, per esempio, alcuni "no" a scendere in campo al suo fianco arrivati da vere e proprie "icone" dell'universo renziano (da Andrea Guerra ad Alessandro Baricco); è forse stato troppo ottimista circa il sì di altre personalità che avrebbero dato (darebbero) lustro alla sua compagine, come Lucrezia Reichlin e Montezemolo; ed ha forse sottovalutato la complessità della trattativa con Alfano, che dal programma alle alleanze, fino (e soprattutto) ai ministeri, pone al premier incaricato un problema ogni mezz'ora...

Ma così è: e l'esperienza dice che entrare nel cosiddetto pantano è semplicissimo, mentre uscirne è un'altra storia... E' oggi, insomma, in queste ore, che non bisogna sbagliare mossa. E quanto ai tempi, gli uomini a lui più vicini consigliano prudenza e ottimismo: due mesi fa, il sindaco non era ancora nemmeno segretario. Ci ha messo un amen a liquidare Letta: ora prenda il tempo necessario per dimostrare, a chi è scettico e turbato, che non è stato un errore, che l'operazione aveva un senso e che la "rivoluzione" annunciata, come promesso, arriverà...
iospero
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Iscritto il: 24/02/2012, 18:16

Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

Nel frattempo siamo arrivati ad 1/3 dello scrutinio in Sardegna.
Pigliaru PD al 44,36% - Cappellacci FI 38,2%
A prima vista , rispetto alle politiche 2013, il PD scende dal 25,1% al 22,33%, mentre SEL sale dal 3,7 % al 6% :

FI scende dal 20,4% (PDL) al 19,4%
mentre Fratelli d'Italia dal 1,8 va con il Cdn 2,02% ( il Ncd quasi non esiste)
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