Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifestare
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Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifestare
Ma le proteste non si fermano. In tutta l’Ucraina migliaia di persone stanno protestando da dieci giorni contro la decisione del governo di congelare la firma di un accordo di associazione con Bruxelles. Ancora oggi oltre 100mila persone si sono riunite a Kiev per ribadire il proprio "no" alla politica portata avanti dal governo.
Il voltafaccia di Ianukovich all'Unione europea sta scatenando le manifestazioni più importanti dai tempi della rivoluzione arancione filo occidentale del 2004. Il tribunale amministrativo di Kiev ha deciso di vietare, fino al 7 gennaio, manifestazioni in numerose aree nevralgiche della capitale, tra cui la centralissima Maidan Nezalezhnosti (piazza Indipendenza) dove per dieci giorni si sono riuniti i dimostranti europeisti finché, ieri mattina, la polizia non li ha sgomberati a manganellate. Ma nemmeno il pugno duro del governo servirà a fermare le manifestazioniche proseguiranno nella piazza antistante il monastero di San Michele, dove da ieri si è spostata la protesta. Questa mattina un corteo organizzato dall’opposizione è partito dal parco Taras Shevchenk, proprio di fronte all’università Shevchenko, per tornare a protestare contro Ianukovich. Numerosi simpatizzanti dell’opposizione sono arrivati a Kiev da Leopoli, città dell’Ucraina occidentale dove forti sono le pulsioni nazionaliste e quelle filo-occidentali in chiave anti-russa. Sfidando il divieto di manifestare, al grido di "Rivoluzione, rivoluzione", "l’Ucraina è l’Europa" e "Gloria all’Ucraina", numerosi attivisti filo europei si sono fermati proprio in Maidan Nezalezhnosti e hanno abbattuto le transenne metalliche intorno all’albero di Natale. "Abbasso la gang!", uno degli slogan più ripetuti dalla folla più imponente vista a Kiev dai tempi della Rivoluzione arancione, che sventolava migliaia di bandiere giallo-blu ucraine.
Il premier Mykola Azarov ha annunciato che Yanukovich si recherà presto a Mosca per discutere di un rafforzamento dei rapporti economici, dopo il "no" al trattato di associazione con l’Ue dettato proprio dalla necessità di scongiurare un boicottaggio commerciale da parte di Mosca. "Yanukovich vuole firmare una roadmap per la cooperazione che presuppone il ritorno alla normalità nei rapporti economici e commerciali", ha aggiunto Azarov senza, tuttavia, precisare la data della visita che avverrà sulla via del ritorno da una missione in Cina prevista da martedì a venerdì prossimi. Lo stesso Yanukovich ha diffuso una dichiarazione in cui ha ribadito che lascia aperta la porta a un futuro accordo con l’Unione europea. "Farò tutto quanto è in mio potere per accelerare il processo di avvicinamento di Kiev all’Ue", ha affermato in una nota diffusa per l’anniversario del referendum che, nel 1991, portò all’indipendenza.
Kiev nel caos: in piazza la folla più imponente vista dai tempi della Rivoluzione arancione. A Parigi le Femen urinano sulla gigantografia di Ianukovich
Gallerie fotografiche correlate
Kiev, attiviste Femen nude contro Ianukovich
"L’Ucraina ha fatto la sua scelta geopolitica, siamo un popolo europeo e la nostra strada è stata tracciata dalla storia - ha aggiunto il presidente - ma al tempo stesso è mia profonda convinzione che il nostro governo debba far valere il suo ruolo di partner alla pari nell’associazione alle nazioni europee".
I manifestanti si sono introdotti nel palazzo del municipio di Kiev, occupandolo.
Le contestazioni hanno valicato anche i confini dell'Ucraina. A Parigi le Femen hanno messo a segno una protesta choc. Davanti all’ambasciata di Kiev cinque militanti hanno, infatti, urinato su altrettante gigantografie di Ianukovich gridando "Ucraina in Europa". A seno nudo, con scritte contro il presidente ucraino sul corpo, le attiviste del movimento, tutte e cinque di origine ucraina, hanno spiegato di voler dire all’Europa che "l’Ucraina ha bisogno di aiuto" e "denunciare la violenza di Kiev contro i manifestanti".
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/uc ... 72463.html
......................................................................
Sinceramente mi domando le nazioni che fanno parte dell'euro.Sono sicuri che i propri cittadini vogliano altri paesi dentro L'euro?
Che vantaggi o svantaggi abbiamo avuto?
Ciao paolo11
Il voltafaccia di Ianukovich all'Unione europea sta scatenando le manifestazioni più importanti dai tempi della rivoluzione arancione filo occidentale del 2004. Il tribunale amministrativo di Kiev ha deciso di vietare, fino al 7 gennaio, manifestazioni in numerose aree nevralgiche della capitale, tra cui la centralissima Maidan Nezalezhnosti (piazza Indipendenza) dove per dieci giorni si sono riuniti i dimostranti europeisti finché, ieri mattina, la polizia non li ha sgomberati a manganellate. Ma nemmeno il pugno duro del governo servirà a fermare le manifestazioniche proseguiranno nella piazza antistante il monastero di San Michele, dove da ieri si è spostata la protesta. Questa mattina un corteo organizzato dall’opposizione è partito dal parco Taras Shevchenk, proprio di fronte all’università Shevchenko, per tornare a protestare contro Ianukovich. Numerosi simpatizzanti dell’opposizione sono arrivati a Kiev da Leopoli, città dell’Ucraina occidentale dove forti sono le pulsioni nazionaliste e quelle filo-occidentali in chiave anti-russa. Sfidando il divieto di manifestare, al grido di "Rivoluzione, rivoluzione", "l’Ucraina è l’Europa" e "Gloria all’Ucraina", numerosi attivisti filo europei si sono fermati proprio in Maidan Nezalezhnosti e hanno abbattuto le transenne metalliche intorno all’albero di Natale. "Abbasso la gang!", uno degli slogan più ripetuti dalla folla più imponente vista a Kiev dai tempi della Rivoluzione arancione, che sventolava migliaia di bandiere giallo-blu ucraine.
Il premier Mykola Azarov ha annunciato che Yanukovich si recherà presto a Mosca per discutere di un rafforzamento dei rapporti economici, dopo il "no" al trattato di associazione con l’Ue dettato proprio dalla necessità di scongiurare un boicottaggio commerciale da parte di Mosca. "Yanukovich vuole firmare una roadmap per la cooperazione che presuppone il ritorno alla normalità nei rapporti economici e commerciali", ha aggiunto Azarov senza, tuttavia, precisare la data della visita che avverrà sulla via del ritorno da una missione in Cina prevista da martedì a venerdì prossimi. Lo stesso Yanukovich ha diffuso una dichiarazione in cui ha ribadito che lascia aperta la porta a un futuro accordo con l’Unione europea. "Farò tutto quanto è in mio potere per accelerare il processo di avvicinamento di Kiev all’Ue", ha affermato in una nota diffusa per l’anniversario del referendum che, nel 1991, portò all’indipendenza.
Kiev nel caos: in piazza la folla più imponente vista dai tempi della Rivoluzione arancione. A Parigi le Femen urinano sulla gigantografia di Ianukovich
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Kiev, attiviste Femen nude contro Ianukovich
"L’Ucraina ha fatto la sua scelta geopolitica, siamo un popolo europeo e la nostra strada è stata tracciata dalla storia - ha aggiunto il presidente - ma al tempo stesso è mia profonda convinzione che il nostro governo debba far valere il suo ruolo di partner alla pari nell’associazione alle nazioni europee".
I manifestanti si sono introdotti nel palazzo del municipio di Kiev, occupandolo.
Le contestazioni hanno valicato anche i confini dell'Ucraina. A Parigi le Femen hanno messo a segno una protesta choc. Davanti all’ambasciata di Kiev cinque militanti hanno, infatti, urinato su altrettante gigantografie di Ianukovich gridando "Ucraina in Europa". A seno nudo, con scritte contro il presidente ucraino sul corpo, le attiviste del movimento, tutte e cinque di origine ucraina, hanno spiegato di voler dire all’Europa che "l’Ucraina ha bisogno di aiuto" e "denunciare la violenza di Kiev contro i manifestanti".
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/uc ... 72463.html
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Sinceramente mi domando le nazioni che fanno parte dell'euro.Sono sicuri che i propri cittadini vogliano altri paesi dentro L'euro?
Che vantaggi o svantaggi abbiamo avuto?
Ciao paolo11
Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Che strano. Grillo agita le piazze per uscire dall'euro. Nei paesi che ne sono fuori la gente fa casino per entrare.
Non si è mai soddisfatti in questo mondo.
Non si è mai soddisfatti in questo mondo.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
non dobbiamo farci infinocchiare dai massmedia di regime .
il presidente dell' ucraina aveva chiesto un trattato commerciale paritario tra unione europea ed ucraina.
la communità europea ha totalmente respinto la proposta dell' ucraina.
inoltre l' offerta di aiuto economica dell ue è stata di 1 miliardo di euro.
per chi conosce la situazione sociale ed economica dell' ucraina 1 miliardo di euro è irricevibile.
altra cosa è putin il quale sta facendo pressioni politiche e militari contro il trattato economico commerciale tra ucraina e ue.
queste mie informazioni peraltro sommarie ed incomplete sono dovute ad un giornalista che ha scritto un libro sull' ucraina, tenuto nascosto da tutti i massmedia tranne rainews
il presidente dell' ucraina aveva chiesto un trattato commerciale paritario tra unione europea ed ucraina.
la communità europea ha totalmente respinto la proposta dell' ucraina.
inoltre l' offerta di aiuto economica dell ue è stata di 1 miliardo di euro.
per chi conosce la situazione sociale ed economica dell' ucraina 1 miliardo di euro è irricevibile.
altra cosa è putin il quale sta facendo pressioni politiche e militari contro il trattato economico commerciale tra ucraina e ue.
queste mie informazioni peraltro sommarie ed incomplete sono dovute ad un giornalista che ha scritto un libro sull' ucraina, tenuto nascosto da tutti i massmedia tranne rainews
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Repubblica 26.1.14
Il baratro dell’Ucraina è una sfida aperta per le democrazie europee
Cercando l’Europa nella notte di Kiev
di Andrea Bonanni
BRUXELLES ORA che la gente muore per lei, l’Europa non sa cosa fare. Come una vera “femme fatale”, incapace di misurare le passioni che suscita, la Ue guarda inorridita alle notti gelate di Kiev.
NELLA capitale ucraina i manifestanti hanno trasfigurato la bandiera a dodici stelle in un simbolo di cui gli europei non sanno più riconoscere il valore. E si fanno ammazzare in nome di quel simbolo che da noi sembra suscitare ormai solo fastidio.
Con la solita miopia mercantile che le è propria, Bruxelles aveva creduto che il contenzioso con il regime ucraino sulla firma di un accordo di associazione fosse solo una questione commerciale: la sicurezza dei rifornimenti energetici in cambio di un po’ di aiuti economici, l’apertura di un grande mercato semi-vergine in cambio di una indiretta legittimazione politica per il governo di Yanukovich. Questioni importanti, certo, ma apparentemente gestibili in una logica contabile di costi-benefici che è ormai il pensiero unico delle autorità comunitarie.
Ci sono voluti Putin, lo stesso Yanukovich e infine i manifestanti di Kiev che muoiono nella neve per farci capire che la posta in gioco è in realtà molto più alta. Che la partita è insieme ideologica e geopolitica. Da una parte si confrontano la democrazia europea e il dispotismo russo. Dall’altra si decide la collocazione geografica di un territorio grande due volte l’Italia e profondamente diviso tra identità occidentale e anima slava.
Naturalmente la crisi, la scelta, spetta in primo luogo al popolo ucraino. Ma il dramma di Kiev obbliga anche l’Europa a fare scelte difficili, a cui non era preparata. In sessant’anni di vita, l’Unione europea si è allargata infinite volte, ma sempre in modo pacifico e consensuale. Anzi, spesso l’allargamento ha consentito la pacificazione interna di Paesi che uscivano potenzialmente dilaniati da un lungo letargo totalitario o da guerre fratricide: è successo con la Spagna, con il Portogallo e, più recentemente, con molti Paesi del-l’Est e con le ex repubbliche sovietiche del Baltico. Sta succedendo anche adesso con la Croazia e la Serbia. In questi casi, molto spesso, è stata la classe dirigente di quei Paesi a fare per prima la scelta europea e a proporla poi alla propria opinione pubblica come una soluzione consensuale che consentisse di lenire antiche ferite.
La crisi ucraina ribalta questa prospettiva. Per la prima volta si assiste ad un potere che dice «no» all’Europa voluta a gran voce dal popolo. E proprio la sollevazione popolare che ne consegue dimostra come quel rifiuto non fosse solo dettato da ragioni di interesse economico, come Bruxelles ha inizialmente creduto, ma dalla necessità di auto-preservazione di un regime che non potrebbe sopravvivere a lungo in un habitat europeo.
Come deve muoversi Bruxelles in questo frangente? Per anni, fin dai tempi della «rivoluzione arancione », la scelta europea è stata quella di proporsi come mediatore tra le tensioni che pervadono la società ucraina. Un modo per rivendicare una «alterità» dell’Unione, una certa qual estraneità ad un conflitto che Bruxelles riteneva non ci riguardasse direttamente.
Questa strategia si è rivelata sbagliata. Prima il caso Tymoshenko, poi la rivolta di Kiev hanno dimostrato che l’Europa non può tenersi fuori da un conflitto in cui entrambe le parti in lotta la vogliono coinvolgere. Non basta più dire «la nostra porta resta aperta», come hanno pilatescamente ripetuto per mesi i responsabili di Bruxelles, se il regime ammazza quelli che vorrebbero imboccarla. Sia pure con la solita esasperante lentezza che caratterizza le reazioni europee, questa lezione sembra essere stata capita. Ieri, dal presidente del parlamento Schulz (ora sono possibili sanzioni») a Van Rompuy allo stesso premier italiano Enrico Letta («l’Ue non può accettare quanto sta accadendo»), si sono finalmente sentite reazioni più decise: minacce di sanzioni, moniti a rendere conto di una repressione «brutale». Il commissario all’allargamento Fuele è andato a Kiev. Sarà seguito a giorni dalla ministra degli esteri europea Catherine Ashton e da una missione del Parlamento europeo.
E il cambio di tono di Bruxelles ha già dato i primi frutti. Yanukovich si è detto pronto a fare concessioni. Sono segnali di speranza. Ma l’Unione commetterebbe un ennesimo errore se si illudesse che basti alzare un po’ la voce per risolvere la questione. Se vuole giocare il ruolo che gli stessi ucraini le hanno assegnato nel dramma di Kiev, l’Europa deve cambiare modo di ragionare, capire che rappresenta ormai valori che vanno ben al di là del suo peso economico, e dotarsi degli strumenti necessari per far fronte al nuovo ruolo. Anche perché l’Ucraina è solo la prima avvisaglia di un profondo cambiamento ormai in corso. Dietro l’Ucraina c’è la Bielorussia. E dietro ancora il Medio-Oriente, le primavere arabe incompiute, la questione islamica sempre più complicata, un Mediterraneo dove la gente annega sognando l’Europa, l’Africa sub-sahariana dilaniata dai conflitti civili. Come già avvenuto per la crisi finanziaria, il Mondo va molto più veloce di quanto prevedano gli orari di Bruxelles, ma non ci permette di scendere dal treno in corsa. E all’Europa non resterà altra strada che trovare il modo di adeguarsi alle sfide che la Storia le pone.
Repubblica 26.1.14
Caccia al poliziotto ed esecuzioni i nuovi guardiani della rivolta danno l’assalto al palazzo di Kiev
Yanukovich: opposizione al governo. “Troppo tardi”
di Nicola Lombardozzi
KIEV ASSEDIATO nel suo palazzo, ormai circondato da una folla sempre più armata e decisa a tutto, il presidente Yanukovich ha fatto una proposta che sembrava una resa: offriva ai leader dell’opposizione di guidare un nuovo governo, annunciava il ritiro delle recenti severissime misure anti dissenso, e si offriva perfino di modificare la Costituzione, riducendo i suoi stessi spropositati poteri e ritornando così alla Carta liberale della mitica Rivoluzione arancione del 2004.
Ma le cose si sono ormai spinte troppo avanti. Tra le barricate fatte di ghiaccio e di autobus carbonizzati di via Grushevskogo, mentre i tre meditavano sull’offerta finora impensabile, i militanti anticipavano a gran voce il “no” che sarebbe arrivato più tardi, cantando slogan di guerra e minacciando un assalto definitivo al palazzo. «Non ci basta», ha dichiarato infine Vitalj Klitchko, l’ex pugile campione del mondo, portavoce della cosiddetta trojka della Majdan, scatenando applausi e cori di guerra della folla. «Si continua a protestare fino alle dimissioni di Janukovich e a nuove elezioni».
La lotta continua dunque, e sarà dura, mentre cresce il bollettino delle vittime e la piazza si prepara a una lunga battaglia corpo a corpo. Qualcuno, sull’onda dell’entusiasmo ha già portato di fronte alla presidenza una rudimentale catapulta fatta in casa dopo averla provata per tutta la notte lungo il centralissimo viale Kreshatyk: lancia fino a cento metri di distanza mattoncini- proiettile già divelti a migliaia dal selciato. E un uomo mite come l’ex ministro della Difesa, Anatolj Gritsenko, ora all’opposizione, chiede a tutti i cittadini di Kiev di «portare le proprie armi in piazza». E assicura: «Anch’io vado in giro solo con la mia pistola».
Del resto, le offerte concilianti di Yanukovich sembravano sospette a molti. Soprattutto se confrontate con i comportamenti delle altre autorità. L’odiato ministro degli Interni Vitalj Zakharchenko invita «i cittadini per bene che aderiscono alla protesta» ad abbandonare la piazza «ormai in mano agli estremisti violenti e a rifugiarsi in un luogo sicuro». I suoi uomini più pericolosi, i famigerati Berkut delle forze speciali anti sommossa, non vedono l’ora di scatenarsi dopo due mesi di azioni sporadiche e semi clandestine con l’ordine tassativo di «non abbandonarsi a gesti eclatanti ». Fino ad ora si sono effettuate solo «brutalità nascoste», rapimenti di oppositori, pestaggi isolati, forse addirittura omicidi mascherati con armi non in dotazione alle forze dell’ordine.
Ma tra gli agenti e le formazioni paramilitari che ormai gestiscono la piazza è guerra aperta. Ieri notte un poliziotto è stato seguito, aggredito e ucciso fin sulla porta del suo dormitorio dall’altra parte della città. Altri tre agenti sono stati rapiti da una folla di giovani in passamontagna. Uno accoltellato e abbandonato in terra, gli altri due picchiati a dovere e rilasciati solo dopo diverse ore di sequestro, forse su intercessione dell’ala più moderata e “politica” della protesta.
Mantenere la calma, controllare gli estremisti, evitare pericolose provocazioni, è la sfida più difficile per i tre rappresentanti legittimi dell’opposizione. Le truppe paramilitari legate a gruppi dell’estrema destra, neonazista e xenofoba, sono ormai le vere padrone della piazza. Tra le tendopoli adesso circolano plotoni di giovani con l’elmetto dell’esercito e spranghe di ferro, allineati in fila per due, e comandati da misteriosi istruttori in giubbotto mimetico e occhiali da sole. Si esercitano tra bandiere e bivacchi, agitando le spranghe, simulando complesse manovre a testuggine, al ritmo di urla perentorie: «Alzate quelle braccia, e colpite duro».
Anche per questo i tre hanno finito per rifiutare la proposta di Yanukovich. Avrebbero perso ogni autorevolezza nei confronti di questa ingombrante ala oltranzista che dà sempre l’impressione di voler procedere autonomamente. Ieri, per esempio, hanno provato ad occupare il Dipartimento dell’Energia e si sono fermati solo davanti al ministro che li implorava: «Fermatevi o rischiamo di paralizzare tutto il Paese». Il risultato è che le centrali nucleari ucraine (quasi tutte “gemelle” di Chernobyl) sono adesso circondate da truppe in stato di massima allerta per scongiurare attacchi che potrebbero scatenare catastrofi di ogni genere.
In questo caos, il presidente aveva tentato il colpo di scena offrendo direttamente ad Arsenij Yatsenjuk, ex ministro dell’Eco-nomia e leader del partito di Yiulia Tymoshenko, di guidare un nuovo governo, sacrificando senza remore l’attuale premier Mykola Azarov. E all’altro leader della rivolta Klitchko, di diventare vice premier con una delega speciale per i diritti umani, che sembrava una sorta di garanzia contro future ritorsioni giudiziarie.
Yanukovich è in grande difficoltà. L’alleato Putin non gradisce «la gestione dilettantistica della rivolta». Il suo partito è diviso, e molti alti dirigenti starebbero già mandando le famiglie all’estero per ogni evenienza. Inoltre, ieri sera, il suo più grande finanziatore, l’uomo più ricco diUcraina, Rinat Akhmetov, noto al mondo come presidente della squadra di calcio Shaktar Donetsk, lo ha praticamente mollato dichiarando: «Sarebbe una follia, reagire con la forza. Il presidente deve trattare». Un consiglio che sembra un ordine.
L’ennesimo rifiuto potrebbe costringere Yanukovich a cedere ancora ulteriormente. Ma per liberare la piazza senza l’uso della forza, le dimissioni sono ormai l’ultima possibilità che gli resta. I leader della trojka non possono accettare alcun compromesso. Sulle barricate della Majdan, dove prima campeggiavano gli slogan sui diritti umani e la prosperità che un’adesione alla Ue avrebbe garantito, c’è un solo gigantesco striscione con una scritta che esprime forse l’ideologia dei nuovi guardiani della piazza. Si potrebbe interpretare in vari modi ma c’è una sola possibile traduzione letterale: «Ci siamo rotti il c...»
Il baratro dell’Ucraina è una sfida aperta per le democrazie europee
Cercando l’Europa nella notte di Kiev
di Andrea Bonanni
BRUXELLES ORA che la gente muore per lei, l’Europa non sa cosa fare. Come una vera “femme fatale”, incapace di misurare le passioni che suscita, la Ue guarda inorridita alle notti gelate di Kiev.
NELLA capitale ucraina i manifestanti hanno trasfigurato la bandiera a dodici stelle in un simbolo di cui gli europei non sanno più riconoscere il valore. E si fanno ammazzare in nome di quel simbolo che da noi sembra suscitare ormai solo fastidio.
Con la solita miopia mercantile che le è propria, Bruxelles aveva creduto che il contenzioso con il regime ucraino sulla firma di un accordo di associazione fosse solo una questione commerciale: la sicurezza dei rifornimenti energetici in cambio di un po’ di aiuti economici, l’apertura di un grande mercato semi-vergine in cambio di una indiretta legittimazione politica per il governo di Yanukovich. Questioni importanti, certo, ma apparentemente gestibili in una logica contabile di costi-benefici che è ormai il pensiero unico delle autorità comunitarie.
Ci sono voluti Putin, lo stesso Yanukovich e infine i manifestanti di Kiev che muoiono nella neve per farci capire che la posta in gioco è in realtà molto più alta. Che la partita è insieme ideologica e geopolitica. Da una parte si confrontano la democrazia europea e il dispotismo russo. Dall’altra si decide la collocazione geografica di un territorio grande due volte l’Italia e profondamente diviso tra identità occidentale e anima slava.
Naturalmente la crisi, la scelta, spetta in primo luogo al popolo ucraino. Ma il dramma di Kiev obbliga anche l’Europa a fare scelte difficili, a cui non era preparata. In sessant’anni di vita, l’Unione europea si è allargata infinite volte, ma sempre in modo pacifico e consensuale. Anzi, spesso l’allargamento ha consentito la pacificazione interna di Paesi che uscivano potenzialmente dilaniati da un lungo letargo totalitario o da guerre fratricide: è successo con la Spagna, con il Portogallo e, più recentemente, con molti Paesi del-l’Est e con le ex repubbliche sovietiche del Baltico. Sta succedendo anche adesso con la Croazia e la Serbia. In questi casi, molto spesso, è stata la classe dirigente di quei Paesi a fare per prima la scelta europea e a proporla poi alla propria opinione pubblica come una soluzione consensuale che consentisse di lenire antiche ferite.
La crisi ucraina ribalta questa prospettiva. Per la prima volta si assiste ad un potere che dice «no» all’Europa voluta a gran voce dal popolo. E proprio la sollevazione popolare che ne consegue dimostra come quel rifiuto non fosse solo dettato da ragioni di interesse economico, come Bruxelles ha inizialmente creduto, ma dalla necessità di auto-preservazione di un regime che non potrebbe sopravvivere a lungo in un habitat europeo.
Come deve muoversi Bruxelles in questo frangente? Per anni, fin dai tempi della «rivoluzione arancione », la scelta europea è stata quella di proporsi come mediatore tra le tensioni che pervadono la società ucraina. Un modo per rivendicare una «alterità» dell’Unione, una certa qual estraneità ad un conflitto che Bruxelles riteneva non ci riguardasse direttamente.
Questa strategia si è rivelata sbagliata. Prima il caso Tymoshenko, poi la rivolta di Kiev hanno dimostrato che l’Europa non può tenersi fuori da un conflitto in cui entrambe le parti in lotta la vogliono coinvolgere. Non basta più dire «la nostra porta resta aperta», come hanno pilatescamente ripetuto per mesi i responsabili di Bruxelles, se il regime ammazza quelli che vorrebbero imboccarla. Sia pure con la solita esasperante lentezza che caratterizza le reazioni europee, questa lezione sembra essere stata capita. Ieri, dal presidente del parlamento Schulz (ora sono possibili sanzioni») a Van Rompuy allo stesso premier italiano Enrico Letta («l’Ue non può accettare quanto sta accadendo»), si sono finalmente sentite reazioni più decise: minacce di sanzioni, moniti a rendere conto di una repressione «brutale». Il commissario all’allargamento Fuele è andato a Kiev. Sarà seguito a giorni dalla ministra degli esteri europea Catherine Ashton e da una missione del Parlamento europeo.
E il cambio di tono di Bruxelles ha già dato i primi frutti. Yanukovich si è detto pronto a fare concessioni. Sono segnali di speranza. Ma l’Unione commetterebbe un ennesimo errore se si illudesse che basti alzare un po’ la voce per risolvere la questione. Se vuole giocare il ruolo che gli stessi ucraini le hanno assegnato nel dramma di Kiev, l’Europa deve cambiare modo di ragionare, capire che rappresenta ormai valori che vanno ben al di là del suo peso economico, e dotarsi degli strumenti necessari per far fronte al nuovo ruolo. Anche perché l’Ucraina è solo la prima avvisaglia di un profondo cambiamento ormai in corso. Dietro l’Ucraina c’è la Bielorussia. E dietro ancora il Medio-Oriente, le primavere arabe incompiute, la questione islamica sempre più complicata, un Mediterraneo dove la gente annega sognando l’Europa, l’Africa sub-sahariana dilaniata dai conflitti civili. Come già avvenuto per la crisi finanziaria, il Mondo va molto più veloce di quanto prevedano gli orari di Bruxelles, ma non ci permette di scendere dal treno in corsa. E all’Europa non resterà altra strada che trovare il modo di adeguarsi alle sfide che la Storia le pone.
Repubblica 26.1.14
Caccia al poliziotto ed esecuzioni i nuovi guardiani della rivolta danno l’assalto al palazzo di Kiev
Yanukovich: opposizione al governo. “Troppo tardi”
di Nicola Lombardozzi
KIEV ASSEDIATO nel suo palazzo, ormai circondato da una folla sempre più armata e decisa a tutto, il presidente Yanukovich ha fatto una proposta che sembrava una resa: offriva ai leader dell’opposizione di guidare un nuovo governo, annunciava il ritiro delle recenti severissime misure anti dissenso, e si offriva perfino di modificare la Costituzione, riducendo i suoi stessi spropositati poteri e ritornando così alla Carta liberale della mitica Rivoluzione arancione del 2004.
Ma le cose si sono ormai spinte troppo avanti. Tra le barricate fatte di ghiaccio e di autobus carbonizzati di via Grushevskogo, mentre i tre meditavano sull’offerta finora impensabile, i militanti anticipavano a gran voce il “no” che sarebbe arrivato più tardi, cantando slogan di guerra e minacciando un assalto definitivo al palazzo. «Non ci basta», ha dichiarato infine Vitalj Klitchko, l’ex pugile campione del mondo, portavoce della cosiddetta trojka della Majdan, scatenando applausi e cori di guerra della folla. «Si continua a protestare fino alle dimissioni di Janukovich e a nuove elezioni».
La lotta continua dunque, e sarà dura, mentre cresce il bollettino delle vittime e la piazza si prepara a una lunga battaglia corpo a corpo. Qualcuno, sull’onda dell’entusiasmo ha già portato di fronte alla presidenza una rudimentale catapulta fatta in casa dopo averla provata per tutta la notte lungo il centralissimo viale Kreshatyk: lancia fino a cento metri di distanza mattoncini- proiettile già divelti a migliaia dal selciato. E un uomo mite come l’ex ministro della Difesa, Anatolj Gritsenko, ora all’opposizione, chiede a tutti i cittadini di Kiev di «portare le proprie armi in piazza». E assicura: «Anch’io vado in giro solo con la mia pistola».
Del resto, le offerte concilianti di Yanukovich sembravano sospette a molti. Soprattutto se confrontate con i comportamenti delle altre autorità. L’odiato ministro degli Interni Vitalj Zakharchenko invita «i cittadini per bene che aderiscono alla protesta» ad abbandonare la piazza «ormai in mano agli estremisti violenti e a rifugiarsi in un luogo sicuro». I suoi uomini più pericolosi, i famigerati Berkut delle forze speciali anti sommossa, non vedono l’ora di scatenarsi dopo due mesi di azioni sporadiche e semi clandestine con l’ordine tassativo di «non abbandonarsi a gesti eclatanti ». Fino ad ora si sono effettuate solo «brutalità nascoste», rapimenti di oppositori, pestaggi isolati, forse addirittura omicidi mascherati con armi non in dotazione alle forze dell’ordine.
Ma tra gli agenti e le formazioni paramilitari che ormai gestiscono la piazza è guerra aperta. Ieri notte un poliziotto è stato seguito, aggredito e ucciso fin sulla porta del suo dormitorio dall’altra parte della città. Altri tre agenti sono stati rapiti da una folla di giovani in passamontagna. Uno accoltellato e abbandonato in terra, gli altri due picchiati a dovere e rilasciati solo dopo diverse ore di sequestro, forse su intercessione dell’ala più moderata e “politica” della protesta.
Mantenere la calma, controllare gli estremisti, evitare pericolose provocazioni, è la sfida più difficile per i tre rappresentanti legittimi dell’opposizione. Le truppe paramilitari legate a gruppi dell’estrema destra, neonazista e xenofoba, sono ormai le vere padrone della piazza. Tra le tendopoli adesso circolano plotoni di giovani con l’elmetto dell’esercito e spranghe di ferro, allineati in fila per due, e comandati da misteriosi istruttori in giubbotto mimetico e occhiali da sole. Si esercitano tra bandiere e bivacchi, agitando le spranghe, simulando complesse manovre a testuggine, al ritmo di urla perentorie: «Alzate quelle braccia, e colpite duro».
Anche per questo i tre hanno finito per rifiutare la proposta di Yanukovich. Avrebbero perso ogni autorevolezza nei confronti di questa ingombrante ala oltranzista che dà sempre l’impressione di voler procedere autonomamente. Ieri, per esempio, hanno provato ad occupare il Dipartimento dell’Energia e si sono fermati solo davanti al ministro che li implorava: «Fermatevi o rischiamo di paralizzare tutto il Paese». Il risultato è che le centrali nucleari ucraine (quasi tutte “gemelle” di Chernobyl) sono adesso circondate da truppe in stato di massima allerta per scongiurare attacchi che potrebbero scatenare catastrofi di ogni genere.
In questo caos, il presidente aveva tentato il colpo di scena offrendo direttamente ad Arsenij Yatsenjuk, ex ministro dell’Eco-nomia e leader del partito di Yiulia Tymoshenko, di guidare un nuovo governo, sacrificando senza remore l’attuale premier Mykola Azarov. E all’altro leader della rivolta Klitchko, di diventare vice premier con una delega speciale per i diritti umani, che sembrava una sorta di garanzia contro future ritorsioni giudiziarie.
Yanukovich è in grande difficoltà. L’alleato Putin non gradisce «la gestione dilettantistica della rivolta». Il suo partito è diviso, e molti alti dirigenti starebbero già mandando le famiglie all’estero per ogni evenienza. Inoltre, ieri sera, il suo più grande finanziatore, l’uomo più ricco diUcraina, Rinat Akhmetov, noto al mondo come presidente della squadra di calcio Shaktar Donetsk, lo ha praticamente mollato dichiarando: «Sarebbe una follia, reagire con la forza. Il presidente deve trattare». Un consiglio che sembra un ordine.
L’ennesimo rifiuto potrebbe costringere Yanukovich a cedere ancora ulteriormente. Ma per liberare la piazza senza l’uso della forza, le dimissioni sono ormai l’ultima possibilità che gli resta. I leader della trojka non possono accettare alcun compromesso. Sulle barricate della Majdan, dove prima campeggiavano gli slogan sui diritti umani e la prosperità che un’adesione alla Ue avrebbe garantito, c’è un solo gigantesco striscione con una scritta che esprime forse l’ideologia dei nuovi guardiani della piazza. Si potrebbe interpretare in vari modi ma c’è una sola possibile traduzione letterale: «Ci siamo rotti il c...»
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
meno male che sono ....europeisti
sono fascisti, nazisti e nazionalisti
una piccola parte diciamo di destra...normale
il problema che il 15 % sono ultra ricchi e vivono di black money
il 10 % è la middle class
per il 75% la situazione è drammatica peggiorata con la crisi economica
con la caduta del muro
di positivo è che lo stato ha quasi regalato le case a tutti
di negativo è che lo stato si è trovato senza organizzazione e senza soldi
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Ultima modifica di aaaa42 il 18/02/2014, 23:50, modificato 1 volta in totale.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Kiev in fiamme. Decine di morti.
http://www.tg.la7.it/repliche-tgla7?id=127004
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Esplora il significato del termine: UCRAINA , TRA I FERITI 15 GIORNALISTI
Riesplode la protesta di piazza a Kiev
Scontri e cariche, bilancio tragico: 14 morti
Mezzi corazzati nel centro della città, l’ordine è di sgomberare i blocchi. Alta tensione E rischio di nuovi scontri UCRAINA , TRA I FERITI 15 GIORNALISTI
Riesplode la protesta di piazza a Kiev
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Mezzi corazzati nel centro della città, l’ordine è di sgomberare i blocchi. Alta tensione E rischio di nuovi scontri
http://www.corriere.it/esteri/14_febbra ... c716.shtml
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Piano piano ci si rende conto che forse il mondo ante caduta del muro (pur sotto la minaccia della guerra atomica) fosse migliore di questo sia ad ovest che ad est... Mia moglie è polacca e anche lì le disparità sociali si sono allargate in maniera incredibile: hanno adesso la casa di proprietà e l'auto (comprate col mutuo o a rate) ma se non fanno 3 lavori o vanno a lavorare all'estero non riescono ad andare avanti con i prezzi ormai simili ai nostri ma con gli stipendi medi a un 1/3, 1/4 dei nostri...
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Son anch'io di questo parere. Se attualmente dovessimo aprire le porte per farli entrare in europa con questo casino che gia' abbiamo ora, avremo ulteriori problemi.Per le banche forse no poiche a costoro non interessa da dove proviene il denaro.aaaa42 ha scritto:meno male che sono ....europeisti
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un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Sembra che la regione di Lviv abbia dichiarato l'indipendenza, la confusione cresce e non mi stupirei di interventi pesanti da parte di Kiev/Mosca...
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Maucat ha scritto:Sembra che la regione di Lviv abbia dichiarato l'indipendenza, la confusione cresce e non mi stupirei di interventi pesanti da parte di Kiev/Mosca...
PPer andare dove? In Europa dove ora ogni governo fa i ..zzi suoi.Sembra che la regione di Lviv abbia dichiarato l'indipendenza
Ce ne aggiungiamo un'altro allora. Fatto 99 possiamo fare 100 di casini?
Sicuramente questa Ucraina non si aggiungera' a quelli che vorrebbero cambiare questa Europa. Anzi, liberismo piu' sfrenato.
Probabilmente pensano che una volta entrati in Europa non vi siano piu regole e ci sia la possibilita' di far quel si vuole . E' questa l'immagine che i governi attuali europei hanno dato di questa europa.
Liberatevi dell'oppressore e poi ci siamo noi a tutelare la vs. libertà. Sul come fare, ci pensano loro.
un salutone
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