Il "nuovo" governo Renzi
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Re: Il nuovo governo Renzi
BiPaolo • 3 ore fa
Caro Colombo, conosciamo tutti il concetto gramsciano di egemonia culturale, no? E il PD, dopo essere stato contaminato dalle ideologie del berlusconismo, è adesso largamente preda del grillismo ideologico, sia per il suo nucleo sostanziale (l'avversione indiscriminata e feroce verso qualunque aspetto della attività dello Stato, dalla fiscalità alla esistenza stessa di una classe politica), sia per i lati diciamo più folcloristici, come appunto il giovanilismo, il bollare l'esperienza e il lungo lavoro nelle istituzioni come avidità e fame di poltrone, lo stereotipo dei "bravi ragazzi onesti" che non importa se sono incompetenti, tanto impareranno. Su questi, e altri stereotipi grillini, il PD, ma anche tutta l'informazione "movimentista"si sono, chi più chi meno, adeguati. Si consideri il mitos berlusconiano dell' uomo solo al comando, accolto in farsa nel calderoliano porcellum.
Ma il problema per lei, caro Colombo, è che questi miti, questi slogan, queste offese, addirittura, alla Costituzione, sono stati acquiescentemente accolti, fatti propri e diffusi proprio da questo giornale, e non credo sempre per limpida convinzione ideale. Qualche volta, temo, anche per convenienza di bottega.
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Enzo Perrucci • 3 ore fa
SPERIAMO CHE AL SENATO ,GENTE DI ESTREMA UMANITA',E BUON SENSO,MANDI A CASA QUESTO PERSONAGGIO ANTIDEMOCRATICO,PRIMA CHE FACCIA TANTI DANNI IRREPARABILI.FATELO PER IL BENE DELL'ITALIA.
L'EBETE VUOLE SVENDERCI...FERMATELO.
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c.f. • 3 ore fa
Come ci avrebbe ricordato De André (padre), si sà che la gente da buoni consigli (giudicando negativamente gli altri, anche prima di averli visti agire) sentendosi come Gesù nel tempio...(soprattutto) se non può più dare il cattivo esempio.
A questa "regola" evidentemente non si sottrae l'ultrasessantenne pensionato d'oro Furio Colombo ex manager della Fiat.
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camillobenso c.f. • 8 minuti fa
Questo è certamente un pensiero integralista degli amici del Bomba.
PS. Il Bomba è soprannome con cui chiamavano Matteo Renzi, i suoi compagni di scuola perché le sparava grosse.
Ma quanti compagni di scuola aveva il Renzi?
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Francesco Capurro • 3 ore fa
Se é vero che sono impreparati, a 40 anni (poi non così giovani) la responsabilità é delle generazioni che li hanno preceduti, che non li hanno formati, che non hanno saputo trasmettere questa conoscenza. Dispiace che Furio Colombo cada nella retorica del "era meglio prima".
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Novastra • 3 ore fa
Poco importa se sono giovani, vecchi, esperti o meno. La domanda che si deve porre e'quali interessi serviranno. La politica e', sopra a tutto, a chi va quanto. Reagan e Thatcher, per esempio, lasciava (e ancora si lascia) briciole agli americani e britannici. . E anche in Italia, non e' un caso che milioni di italiani sono caduti nella poverta' e guarda caso Berlusconi, e' piu' ricco di quando comincio. Ho letto il curriculum (sui giornali) di questi ministi. Ho paura che quando parlano di riforme pensano a Reagan a Thatcher.
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massimiliano polli • 3 ore fa
Concordo su tutto.
Per quanto riguarda "la giuria popolare" che
sarebbe chiamata ad esprimere una opinione, non credo che ci si debba
preoccupare visto che l'evoluzione di una classe politica da reality
show pensa che la democrazia possa fare a meno della partecipazione dei
cittadini.
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Caro Colombo, conosciamo tutti il concetto gramsciano di egemonia culturale, no? E il PD, dopo essere stato contaminato dalle ideologie del berlusconismo, è adesso largamente preda del grillismo ideologico, sia per il suo nucleo sostanziale (l'avversione indiscriminata e feroce verso qualunque aspetto della attività dello Stato, dalla fiscalità alla esistenza stessa di una classe politica), sia per i lati diciamo più folcloristici, come appunto il giovanilismo, il bollare l'esperienza e il lungo lavoro nelle istituzioni come avidità e fame di poltrone, lo stereotipo dei "bravi ragazzi onesti" che non importa se sono incompetenti, tanto impareranno. Su questi, e altri stereotipi grillini, il PD, ma anche tutta l'informazione "movimentista"si sono, chi più chi meno, adeguati. Si consideri il mitos berlusconiano dell' uomo solo al comando, accolto in farsa nel calderoliano porcellum.
Ma il problema per lei, caro Colombo, è che questi miti, questi slogan, queste offese, addirittura, alla Costituzione, sono stati acquiescentemente accolti, fatti propri e diffusi proprio da questo giornale, e non credo sempre per limpida convinzione ideale. Qualche volta, temo, anche per convenienza di bottega.
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Enzo Perrucci • 3 ore fa
SPERIAMO CHE AL SENATO ,GENTE DI ESTREMA UMANITA',E BUON SENSO,MANDI A CASA QUESTO PERSONAGGIO ANTIDEMOCRATICO,PRIMA CHE FACCIA TANTI DANNI IRREPARABILI.FATELO PER IL BENE DELL'ITALIA.
L'EBETE VUOLE SVENDERCI...FERMATELO.
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c.f. • 3 ore fa
Come ci avrebbe ricordato De André (padre), si sà che la gente da buoni consigli (giudicando negativamente gli altri, anche prima di averli visti agire) sentendosi come Gesù nel tempio...(soprattutto) se non può più dare il cattivo esempio.
A questa "regola" evidentemente non si sottrae l'ultrasessantenne pensionato d'oro Furio Colombo ex manager della Fiat.
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camillobenso c.f. • 8 minuti fa
Questo è certamente un pensiero integralista degli amici del Bomba.
PS. Il Bomba è soprannome con cui chiamavano Matteo Renzi, i suoi compagni di scuola perché le sparava grosse.
Ma quanti compagni di scuola aveva il Renzi?
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Francesco Capurro • 3 ore fa
Se é vero che sono impreparati, a 40 anni (poi non così giovani) la responsabilità é delle generazioni che li hanno preceduti, che non li hanno formati, che non hanno saputo trasmettere questa conoscenza. Dispiace che Furio Colombo cada nella retorica del "era meglio prima".
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Novastra • 3 ore fa
Poco importa se sono giovani, vecchi, esperti o meno. La domanda che si deve porre e'quali interessi serviranno. La politica e', sopra a tutto, a chi va quanto. Reagan e Thatcher, per esempio, lasciava (e ancora si lascia) briciole agli americani e britannici. . E anche in Italia, non e' un caso che milioni di italiani sono caduti nella poverta' e guarda caso Berlusconi, e' piu' ricco di quando comincio. Ho letto il curriculum (sui giornali) di questi ministi. Ho paura che quando parlano di riforme pensano a Reagan a Thatcher.
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massimiliano polli • 3 ore fa
Concordo su tutto.
Per quanto riguarda "la giuria popolare" che
sarebbe chiamata ad esprimere una opinione, non credo che ci si debba
preoccupare visto che l'evoluzione di una classe politica da reality
show pensa che la democrazia possa fare a meno della partecipazione dei
cittadini.
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Re: Il nuovo governo Renzi
TG3 :
Berlusconi considera la Guidi un suo ministro.
Forza Balena Bianca 2.0
Berlusconi considera la Guidi un suo ministro.
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Re: Il nuovo governo Renzi
TG3:
Immagini da Bologna sul dibattito di Civati. Molti rimasti fuori in strada.
In prevalenza tutti giovani.
Bravo Pippo gli hai segato anche una flebile speranza.
Immagini da Bologna sul dibattito di Civati. Molti rimasti fuori in strada.
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Bravo Pippo gli hai segato anche una flebile speranza.
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Re: Il nuovo governo Renzi
E' certamente gente ingenua, con l'affetto verso la sinistra, quella presentata in questa intervista.
Ma l'onestà, la correttezza, l'ingenuità, non bastano più oggi in un passaggio difficilissimo come questo. Non si può credere che gli asini volano al giorno d'oggi.
Pensare di rimanere dentro il Pd cercando di combattere punto su punto è una tremenda sciocchezza, perché in guerra vince sempre l'esercito più forte, più furbo, con la potenzialità economica maggiore.
E tutto questo Civati non l'ha mai avuta. Non basta presentarsi con un faccino pulito da ragazzo perbene e fare ragionamenti sobri e spesso condivisibili. Di là ci sta il potere delle lobby e dei danè.
E senza gli schei non fai assolutamente un tubo.
Come fai a spiegare a queste persone che in Italia ci sono i poteri forti e che comandano loro, e che la democrazia è solo un paravento?
Per una questione di affinità elettive il bel faccino di Pippo, affascina una fascia di persone a cui piace la pulizia morale e la correttezza tra le persone. Ma questo non basta.
********
In tanti ritengono che la possibilità di uscire dal partito sia controproducente e rischi di fare sparire il deputato e la sua base
Su questa base la Dc è risorta e da più di due anni sta governando. Questi non se ne sono ancora accorti.
Berlusconi tramite Renzi ha piazzato un suo ministro,...la Guidi.
Ma quando si sveglierà la sinistra????
********
Pd, la base bolognese si spacca sulla fiducia di Civati al governo Renzi
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/02/ ... zi/267174/
“Io voterei no, ma non voglio lasciare Pd“. Così Pippo Civati si prepara a votare la fiducia al nuovo esecutivo di Matteo Renzi ed esclude il rischio di una scissione interna al partito. Lo spiega a margine del summit convocato domenica mattina a Bologna, dove sono arrivati un migliaio di sostenitori. Ma tra la base del partito locale i pareri su ciò che dovrebbe fare Civati sono discordanti. “Metta in piedi un nuovo soggetto politico di sinistra. Non ho votato Pd – spiega una militante – per trovarmi Federica Guidi al governo”. “Stia dentro il Pd e faccia una opposizione fortissima dall’interno del partito”, spiega un’altra militante. In tanti ritengono che la possibilità di uscire dal partito sia controproducente e rischi di fare sparire il deputato e la sua base
di David Marceddu e Giulia Zaccariello
Ma l'onestà, la correttezza, l'ingenuità, non bastano più oggi in un passaggio difficilissimo come questo. Non si può credere che gli asini volano al giorno d'oggi.
Pensare di rimanere dentro il Pd cercando di combattere punto su punto è una tremenda sciocchezza, perché in guerra vince sempre l'esercito più forte, più furbo, con la potenzialità economica maggiore.
E tutto questo Civati non l'ha mai avuta. Non basta presentarsi con un faccino pulito da ragazzo perbene e fare ragionamenti sobri e spesso condivisibili. Di là ci sta il potere delle lobby e dei danè.
E senza gli schei non fai assolutamente un tubo.
Come fai a spiegare a queste persone che in Italia ci sono i poteri forti e che comandano loro, e che la democrazia è solo un paravento?
Per una questione di affinità elettive il bel faccino di Pippo, affascina una fascia di persone a cui piace la pulizia morale e la correttezza tra le persone. Ma questo non basta.
********
In tanti ritengono che la possibilità di uscire dal partito sia controproducente e rischi di fare sparire il deputato e la sua base
Su questa base la Dc è risorta e da più di due anni sta governando. Questi non se ne sono ancora accorti.
Berlusconi tramite Renzi ha piazzato un suo ministro,...la Guidi.
Ma quando si sveglierà la sinistra????
********
Pd, la base bolognese si spacca sulla fiducia di Civati al governo Renzi
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/02/ ... zi/267174/
“Io voterei no, ma non voglio lasciare Pd“. Così Pippo Civati si prepara a votare la fiducia al nuovo esecutivo di Matteo Renzi ed esclude il rischio di una scissione interna al partito. Lo spiega a margine del summit convocato domenica mattina a Bologna, dove sono arrivati un migliaio di sostenitori. Ma tra la base del partito locale i pareri su ciò che dovrebbe fare Civati sono discordanti. “Metta in piedi un nuovo soggetto politico di sinistra. Non ho votato Pd – spiega una militante – per trovarmi Federica Guidi al governo”. “Stia dentro il Pd e faccia una opposizione fortissima dall’interno del partito”, spiega un’altra militante. In tanti ritengono che la possibilità di uscire dal partito sia controproducente e rischi di fare sparire il deputato e la sua base
di David Marceddu e Giulia Zaccariello
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Re: Il nuovo governo Renzi
Il senso di Renzi per scuola, cultura e conflitto di interessi
di Andrea Scanzi | 23 febbraio 2014Commenti (487)
Più scavi in questo Governo Napolitano III e più resti abbacinato dalla pochezza che lo caratterizza.
Per chi crede che Berlusconi sia ormai sullo sfondo, segnalo – oltre ad Orlando alla Giustizia e a quei minuti di chiacchierata privata tra il maestro Silvio e l’allievo Matteo – la presenza della nota bolscevica Guidi allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni.
Pochi giorni fa Federica Guidi - convinta fan del nucleare come il Ministro dell’Ambiente Galletti - era ad Arcore, forse per parlare anche di una sua candidatura alle Europee in Forza Italia.
La sua azienda di famiglia, la Ducati Energia, sta spingendo disinvoltamente sulla delocalizzazione in Europa dell’Est, Estremo Oriente e America Latina.
E sempre la sua azienda di famiglia serve Enel, Poste e altre aziende pubbliche. La Guidi si è dimessa dalle sue cariche, ma il conflitto di interessi resta evidente (Alberto Crepaldi lo spiega chiaramente qui).
La Ducati Energia opera in tutti i settori controllati dal ministero: energia elettrica, eolico, elettronica, meccanica di precisione. Fornisce i suoi prodotti anche ai grandi gruppi pubblici di cui lo Stato è ancora azionista di maggioranza o di riferimento, attraverso il ministero del Tesoro: Enel, Poste, Ferrovie dello Stato. Renzi ha appena cominciato e già dovrebbe dimettere un suo ministro, che dimostra peraltro in maniera evidente come anche Berlusconi e Verdini – grande supporter di Renzi - appoggino il governo.
Segnalo poi altre “piccole” perle, che rendono la presenza di Angelino agli Interni (“Mai più Alfano al Governo”: Matteo Peppo Pig dixit) quasi un dato marginale.
Per esempio: chi ha riportato la Shalabayeva non è più ministro, chi creò il disastro Shalabayeva lo è ancora.
Ancora per esempio: i conflitti di interesse li ha anche il ministro del Lavoro Poletti (Expo 2015, Tav, Coop, Eataly).
Sempre per esempio: alla Pubblica Istruzione c’è Stefania Giannini. Cioè Sciolta Civica.
Matteo Peppo Pig giurava che la scuola era un luogo nevralgico, che era un ministero chiave, che “la scuola è il terreno sul quale si gioca il futuro del nostro Paese”.
Ecco: quel “ministero chiave” è stato usato – lo ricorda bene Luca Sofri, non certo un antirenziano - come mero mercanteggiamento di poltrone.
Si è usata la Pubblica Istruzione per dare il contentino a quel che resta dei montiani, con l’unico scopo di garantirsi la maggioranza al Senato. E menomale che a Renzi la scuola sta molto a cuore: figuriamoci se gli stava sulle palle.
E sempre per esempio: Franceschini, quello che Renzi voleva rottamare per primo o massimo per secondo (dopo D’Alema), è sempre lì. Pure lui perché garantisce consensi all’interno del Pd e dunque voti in Parlamento. Ma non è solo questo: a Franceschini è stato dato un altro ministero “chiave” per Renzi, quello della Cultura.
Si era parlato di Baricco, si è arrivati a Franceschini: come scivolare da Jim Morrison a Rocco Hunt.
Renzi ha usato scuola e cultura non per incentivare l’istruzione, ma per garantirsi potere. Complimenti.
P.S. Da mesi sostengo che le fondamenta ideologiche di Renzi e (molti, non tutti) renziani siano prossime a Peppa Pig. Credevano che esagerassi. Macché. Ormai la realtà supera la fantasia. Così due giorni fa la neoministra Madia: “Non mi aspettavo di diventare ministro, stavo guardando Peppa Pig”. Vamos.
di Andrea Scanzi | 23 febbraio 2014Commenti (487)
Più scavi in questo Governo Napolitano III e più resti abbacinato dalla pochezza che lo caratterizza.
Per chi crede che Berlusconi sia ormai sullo sfondo, segnalo – oltre ad Orlando alla Giustizia e a quei minuti di chiacchierata privata tra il maestro Silvio e l’allievo Matteo – la presenza della nota bolscevica Guidi allo Sviluppo Economico con delega alle Comunicazioni.
Pochi giorni fa Federica Guidi - convinta fan del nucleare come il Ministro dell’Ambiente Galletti - era ad Arcore, forse per parlare anche di una sua candidatura alle Europee in Forza Italia.
La sua azienda di famiglia, la Ducati Energia, sta spingendo disinvoltamente sulla delocalizzazione in Europa dell’Est, Estremo Oriente e America Latina.
E sempre la sua azienda di famiglia serve Enel, Poste e altre aziende pubbliche. La Guidi si è dimessa dalle sue cariche, ma il conflitto di interessi resta evidente (Alberto Crepaldi lo spiega chiaramente qui).
La Ducati Energia opera in tutti i settori controllati dal ministero: energia elettrica, eolico, elettronica, meccanica di precisione. Fornisce i suoi prodotti anche ai grandi gruppi pubblici di cui lo Stato è ancora azionista di maggioranza o di riferimento, attraverso il ministero del Tesoro: Enel, Poste, Ferrovie dello Stato. Renzi ha appena cominciato e già dovrebbe dimettere un suo ministro, che dimostra peraltro in maniera evidente come anche Berlusconi e Verdini – grande supporter di Renzi - appoggino il governo.
Segnalo poi altre “piccole” perle, che rendono la presenza di Angelino agli Interni (“Mai più Alfano al Governo”: Matteo Peppo Pig dixit) quasi un dato marginale.
Per esempio: chi ha riportato la Shalabayeva non è più ministro, chi creò il disastro Shalabayeva lo è ancora.
Ancora per esempio: i conflitti di interesse li ha anche il ministro del Lavoro Poletti (Expo 2015, Tav, Coop, Eataly).
Sempre per esempio: alla Pubblica Istruzione c’è Stefania Giannini. Cioè Sciolta Civica.
Matteo Peppo Pig giurava che la scuola era un luogo nevralgico, che era un ministero chiave, che “la scuola è il terreno sul quale si gioca il futuro del nostro Paese”.
Ecco: quel “ministero chiave” è stato usato – lo ricorda bene Luca Sofri, non certo un antirenziano - come mero mercanteggiamento di poltrone.
Si è usata la Pubblica Istruzione per dare il contentino a quel che resta dei montiani, con l’unico scopo di garantirsi la maggioranza al Senato. E menomale che a Renzi la scuola sta molto a cuore: figuriamoci se gli stava sulle palle.
E sempre per esempio: Franceschini, quello che Renzi voleva rottamare per primo o massimo per secondo (dopo D’Alema), è sempre lì. Pure lui perché garantisce consensi all’interno del Pd e dunque voti in Parlamento. Ma non è solo questo: a Franceschini è stato dato un altro ministero “chiave” per Renzi, quello della Cultura.
Si era parlato di Baricco, si è arrivati a Franceschini: come scivolare da Jim Morrison a Rocco Hunt.
Renzi ha usato scuola e cultura non per incentivare l’istruzione, ma per garantirsi potere. Complimenti.
P.S. Da mesi sostengo che le fondamenta ideologiche di Renzi e (molti, non tutti) renziani siano prossime a Peppa Pig. Credevano che esagerassi. Macché. Ormai la realtà supera la fantasia. Così due giorni fa la neoministra Madia: “Non mi aspettavo di diventare ministro, stavo guardando Peppa Pig”. Vamos.
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Re: Il nuovo governo Renzi
Quando Ubs tifava per Renzi: “Senza di lui poco spazio di manovra con l’Ue”
Un mese e mezzo prima di diventare presidente, il sindaco di Firenze incassava l'appoggio della banca svizzera, secondo cui l'attuale segretario del Pd era in grado di "modificare in modo sostanziale il percorso di riforme" per fare ripartire l'Italia
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 20 febbraio 2014
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Un mese e mezzo prima di diventare premier, Matteo Renzi incassava l’endorsement di una delle più grandi banche private del mondo. Un documento pubblicato il 7 gennaio scorso dall’istituto svizzero Ubs, riproposto oggi sul blog di Beppe Grillo, spingeva infatti la candidatura dell’attuale segretario del Pd, sostenendo che era l’uomo giusto per riportare l’Italia sulla retta via.
“A meno che Matteo Renzi riesca a modificare in modo sostanziale il percorso delle riforme, il più importante dei Paesi periferici avrà probabilmente meno spazio di manovra per negoziare il suo budget 2015 con la Commissione europea“, spiega il dossier intitolato “Outlook 2014 sullo stato dell’economia dell’Eurozona”.
Il concetto è ribadito alcune pagine più avanti. “L’Italia è decisamente dietro a Spagna, Portogallo eGrecia quando si parla di difficoltà di fare riforme”, prosegue il dossier. “Questa paralisi porterà probabilmente a una maggior pressione da parte della Commissione europea sul Paese per la riduzione del rapporto debito-Pil al 60%, che probabilmente limiterà il margine di manovra almeno per il budget 2015, a meno che Matteo Renzi non riesca a invertire il percorso di riforme”.
Gli analisti di Ubs scommettevano su Renzi anche per quanto riguarda il “deprezzamento del costo del lavoro, necessario per risolvere il problema della competitività”. Il documento sostiene infatti che “le misure per risolvere questo problema sono una priorità di Renzi”, anche se precisa poco più avanti che “la strada per lui sarà probabilmente in salita”.
La banca svizzera, tuttavia, non è la prima a tifare per il sindaco uscente di Firenze. All’inizio di dicembre 2013, alla vigilia delle primarie del Pd, a favore di Renzi si era schierata ancheUnicredit, una delle principali banche italiane. “Crediamo che la vittoria di Renzi sarà un fattore positivo, soprattutto se otterrà un buon margine sugli avversari”, scriveva la banca in una nota agli investitori, sottolineando che un risultato simile “dovrebbe essere visto come un passo importante verso un sano cambio generazionale nella politica italiana”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02 ... ue/888790/
Un mese e mezzo prima di diventare presidente, il sindaco di Firenze incassava l'appoggio della banca svizzera, secondo cui l'attuale segretario del Pd era in grado di "modificare in modo sostanziale il percorso di riforme" per fare ripartire l'Italia
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 20 febbraio 2014
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Un mese e mezzo prima di diventare premier, Matteo Renzi incassava l’endorsement di una delle più grandi banche private del mondo. Un documento pubblicato il 7 gennaio scorso dall’istituto svizzero Ubs, riproposto oggi sul blog di Beppe Grillo, spingeva infatti la candidatura dell’attuale segretario del Pd, sostenendo che era l’uomo giusto per riportare l’Italia sulla retta via.
“A meno che Matteo Renzi riesca a modificare in modo sostanziale il percorso delle riforme, il più importante dei Paesi periferici avrà probabilmente meno spazio di manovra per negoziare il suo budget 2015 con la Commissione europea“, spiega il dossier intitolato “Outlook 2014 sullo stato dell’economia dell’Eurozona”.
Il concetto è ribadito alcune pagine più avanti. “L’Italia è decisamente dietro a Spagna, Portogallo eGrecia quando si parla di difficoltà di fare riforme”, prosegue il dossier. “Questa paralisi porterà probabilmente a una maggior pressione da parte della Commissione europea sul Paese per la riduzione del rapporto debito-Pil al 60%, che probabilmente limiterà il margine di manovra almeno per il budget 2015, a meno che Matteo Renzi non riesca a invertire il percorso di riforme”.
Gli analisti di Ubs scommettevano su Renzi anche per quanto riguarda il “deprezzamento del costo del lavoro, necessario per risolvere il problema della competitività”. Il documento sostiene infatti che “le misure per risolvere questo problema sono una priorità di Renzi”, anche se precisa poco più avanti che “la strada per lui sarà probabilmente in salita”.
La banca svizzera, tuttavia, non è la prima a tifare per il sindaco uscente di Firenze. All’inizio di dicembre 2013, alla vigilia delle primarie del Pd, a favore di Renzi si era schierata ancheUnicredit, una delle principali banche italiane. “Crediamo che la vittoria di Renzi sarà un fattore positivo, soprattutto se otterrà un buon margine sugli avversari”, scriveva la banca in una nota agli investitori, sottolineando che un risultato simile “dovrebbe essere visto come un passo importante verso un sano cambio generazionale nella politica italiana”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02 ... ue/888790/
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Re: Il nuovo governo Renzi
TUTTO QUESTO APPOGGIO CIVATI NON CE L'AVRA' MAI PERCHE' E' DI SINISTRA.
La lobby delle aziende Usa che sostiene Matteo Renzi
di Camilla Conti - 19/02/2014
Fonte: ilfattoquotidiano
Milano. Yes, he can. Or not? La questione terrà banco questa sera nella Capitale alla light-dinner organizzata dall’American Chamber of Commerce a Villa Nomentana.
Fra uno stuzzichino e l’altro si potrà discutere di privatizzazioni, cartolarizzazioni di crediti bancari, grandi alleanze sull'asse Italia-Usa.
Ma soprattutto chiacchierare di Matteo Renzi. A scambiarsi opinioni e azzardare pronostici saranno alcuni amministratori delegati di aziende italiane e multinazionali americane insieme a banchieri e politici: dall’ex presidente Antitrust e viceministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà , all'ambasciatore Giovanni Castellaneta, oggi presidente Sace, da Leopoldo Attolico di Citigroup, all’ex presidente di Telecom Franco Bernabè.
A FARE GLI ONORI di casa sarà l’“ambasciatore” romano della AmCham, Davide Cefis, chiamato dal presidente Vittorio Terzi al posto dell'avvocato Marco Gubitosi (fratello del direttore generale Rai, Luigi) nel luglio dell’anno scorso. Pochi giorni dopo la nomina del nuovo ambasciatore degli Stati Uniti, John R. Phillips.
Nato a Chicago e nipote di Eugenio Cefis, numero uno di Eni e Montedison degli anni Sessanta nell’era post Mattei, Davide è stato capo delle relazioni esterne di Microsoft e Bnl prima di approdare dai cacciatori di teste di Eric Salmon, di cui è partner. Pur avendo un’agenda fitta di contatti, è uomo riservato che non ama comparire sui giornali.
Il suo nome è spuntato in un’intervista rilasciata lo scorso settembre a L’Espresso da Francesca Immacolata Chaoqui, unica donna fra gli otto membri della Commissione istituita da Papa Francesco per riordinare gli uffici economici del Vaticano. “Nel marzo del 2013 mi affido a Davide Cefis, gran cacciatore di teste: mi organizza vari incontri anche con Ernst &Young”, raccontava la Chaoqui.
Il “gran cacciatore di teste” ora ha messo la sua rete a disposizione dell’American Chamber of Commerce in Italia, organizzazione privata senza scopo di lucro affiliata alla Chamber of Commerce di Washington D.C., la Confindustria statunitense, alla quale fanno parte oltre tre milioni di imprese. La sede centrale è a Milano, ma AmCham è presente nelle maggiori città italiane attraverso una rete di rappresentanti locali. Il club è esclusivo, basta scorrere i componenti del “board of directors” presieduto da Terzi, gran capo per l’Italia della McKinsey: i suoi quattro vice sono David Bevilacqua di Cisco Systems, Maria Pierdicchi di Standard & Poor’s, Eugenio Si-doli di Philip Morris Italia e Stefano Venturi, di Hewlett-Packard.
Nell’elenco anche Cesare Romiti e Enrico Sassoon, che dell’American Chamber è stato amministratore delegato oltreché ex socio di Gianroberto Casaleggio prima che il “guru” grillino si concentrasse sulla politica.
Oggi al timone, come consigliere delegato, c’è invece il berlusconiano Simone Crolla, storico braccio destro di Marcello Dell’Utri. Coordinatore cittadino di Forza Italia ad Arona, in provincia di Novara, Crolla è stato anche deputato nell’ultimo anno del governo Monti, dopo essere stato ripescato nelle liste lombarde dei non eletti del Pdl in sostituzione di Valentina Aprea, nominata assessore all'istruzione della giunta Formigoni.
Fra Crolla e Cefis non ci sarebbe molta sintonia, sostengono fonti romane aggiungendo che il primo non avrebbe nemmeno accolto con molto entusiasmo la staffetta di Palazzo Chigi.
A differenza di gran parte dell’establishment americano riunito nella AmCham che invece è affascinato dal new deal renziano. Soprattutto da quando ha appoggiato la battaglia contro la Web Tax voluta invece da Letta.
Già qualche anno fa, l’ex-ambasciatore Usa in Italia, David Thorne, definì in un’intervista “molto interessante” il “caso” di Matteo Renzi “che ha usato Internet per essere eletto sindaco di Firenze e sa gestire bene la sua città”.
Del giovane sindaco gli americani hanno poi apprezzato l’entusiasmo con cui ha salutato l'arrivo del nuovo ambasciatore americano John Philips (presidente onorario della American Chamber), l'avvocato di Washington che insieme alla moglie Linda ha comprato un intero borgo, quello di Finocchieto, nel comune di Buonconvento, alle porte di Siena.
Il 15 novembre del 2013 Renzi lo aveva accolto a Palazzo Vecchio con una cravatta di Ferragamo e un foulard di Gucci per la consorte. Phillips aveva ricambiato con un libro dedicato a Villa Taverna, sede dell’ambasciata Usa a Roma. A farli conoscere è stato Marco Carrai, l'imprenditore edile del Chianti considerato il Gianni Letta renziano, che si professa apertamente amico dell’America e di Israele.
In molti ricordano anche la trasferta renziana a Charlotte (North Carolina) dove a settembre del 2012 si tenne la convention democratica che vide Obama lanciarsi per la candidatura al secondo mandato della Casa Bianca. Unico sindaco europeo presente, Renzi aveva partecipato a un panel di giovani democratici americani e ai lavori del National Democratic Institute, think-tank dell’ex segretario di Stato Madeleine Albright.
ORA CHE RENZI NON È PIÙ SINDACO ma sta per diventare premier, gli americani sono curiosi di capire come si muoverà. Soprattutto sul fronte della politica economica ed estera.
L’ambasciatore Phillips sta aggiornando l’agenda italiana di Barack Obama che il 27 marzo sarà a Roma e che avrebbe dovuto incontrare Letta.
La Confindustria Usa tasterà il terreno con la cena di stasera. Dove si parlerà anche di Expo2015 visto che l’AmCham ha la supervisione della costruzione del padiglione Usa ed è anche responsabile della raccolta di fondi necessari a finanziarlo. Circa 5 milioni da recuperare entro lo scorso 16 gennaio che però non sarebbero stati ancora trovati.
Tanto da imporre una proroga di qualche mese.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo. ... colo=47532
La lobby delle aziende Usa che sostiene Matteo Renzi
di Camilla Conti - 19/02/2014
Fonte: ilfattoquotidiano
Milano. Yes, he can. Or not? La questione terrà banco questa sera nella Capitale alla light-dinner organizzata dall’American Chamber of Commerce a Villa Nomentana.
Fra uno stuzzichino e l’altro si potrà discutere di privatizzazioni, cartolarizzazioni di crediti bancari, grandi alleanze sull'asse Italia-Usa.
Ma soprattutto chiacchierare di Matteo Renzi. A scambiarsi opinioni e azzardare pronostici saranno alcuni amministratori delegati di aziende italiane e multinazionali americane insieme a banchieri e politici: dall’ex presidente Antitrust e viceministro dello Sviluppo economico Antonio Catricalà , all'ambasciatore Giovanni Castellaneta, oggi presidente Sace, da Leopoldo Attolico di Citigroup, all’ex presidente di Telecom Franco Bernabè.
A FARE GLI ONORI di casa sarà l’“ambasciatore” romano della AmCham, Davide Cefis, chiamato dal presidente Vittorio Terzi al posto dell'avvocato Marco Gubitosi (fratello del direttore generale Rai, Luigi) nel luglio dell’anno scorso. Pochi giorni dopo la nomina del nuovo ambasciatore degli Stati Uniti, John R. Phillips.
Nato a Chicago e nipote di Eugenio Cefis, numero uno di Eni e Montedison degli anni Sessanta nell’era post Mattei, Davide è stato capo delle relazioni esterne di Microsoft e Bnl prima di approdare dai cacciatori di teste di Eric Salmon, di cui è partner. Pur avendo un’agenda fitta di contatti, è uomo riservato che non ama comparire sui giornali.
Il suo nome è spuntato in un’intervista rilasciata lo scorso settembre a L’Espresso da Francesca Immacolata Chaoqui, unica donna fra gli otto membri della Commissione istituita da Papa Francesco per riordinare gli uffici economici del Vaticano. “Nel marzo del 2013 mi affido a Davide Cefis, gran cacciatore di teste: mi organizza vari incontri anche con Ernst &Young”, raccontava la Chaoqui.
Il “gran cacciatore di teste” ora ha messo la sua rete a disposizione dell’American Chamber of Commerce in Italia, organizzazione privata senza scopo di lucro affiliata alla Chamber of Commerce di Washington D.C., la Confindustria statunitense, alla quale fanno parte oltre tre milioni di imprese. La sede centrale è a Milano, ma AmCham è presente nelle maggiori città italiane attraverso una rete di rappresentanti locali. Il club è esclusivo, basta scorrere i componenti del “board of directors” presieduto da Terzi, gran capo per l’Italia della McKinsey: i suoi quattro vice sono David Bevilacqua di Cisco Systems, Maria Pierdicchi di Standard & Poor’s, Eugenio Si-doli di Philip Morris Italia e Stefano Venturi, di Hewlett-Packard.
Nell’elenco anche Cesare Romiti e Enrico Sassoon, che dell’American Chamber è stato amministratore delegato oltreché ex socio di Gianroberto Casaleggio prima che il “guru” grillino si concentrasse sulla politica.
Oggi al timone, come consigliere delegato, c’è invece il berlusconiano Simone Crolla, storico braccio destro di Marcello Dell’Utri. Coordinatore cittadino di Forza Italia ad Arona, in provincia di Novara, Crolla è stato anche deputato nell’ultimo anno del governo Monti, dopo essere stato ripescato nelle liste lombarde dei non eletti del Pdl in sostituzione di Valentina Aprea, nominata assessore all'istruzione della giunta Formigoni.
Fra Crolla e Cefis non ci sarebbe molta sintonia, sostengono fonti romane aggiungendo che il primo non avrebbe nemmeno accolto con molto entusiasmo la staffetta di Palazzo Chigi.
A differenza di gran parte dell’establishment americano riunito nella AmCham che invece è affascinato dal new deal renziano. Soprattutto da quando ha appoggiato la battaglia contro la Web Tax voluta invece da Letta.
Già qualche anno fa, l’ex-ambasciatore Usa in Italia, David Thorne, definì in un’intervista “molto interessante” il “caso” di Matteo Renzi “che ha usato Internet per essere eletto sindaco di Firenze e sa gestire bene la sua città”.
Del giovane sindaco gli americani hanno poi apprezzato l’entusiasmo con cui ha salutato l'arrivo del nuovo ambasciatore americano John Philips (presidente onorario della American Chamber), l'avvocato di Washington che insieme alla moglie Linda ha comprato un intero borgo, quello di Finocchieto, nel comune di Buonconvento, alle porte di Siena.
Il 15 novembre del 2013 Renzi lo aveva accolto a Palazzo Vecchio con una cravatta di Ferragamo e un foulard di Gucci per la consorte. Phillips aveva ricambiato con un libro dedicato a Villa Taverna, sede dell’ambasciata Usa a Roma. A farli conoscere è stato Marco Carrai, l'imprenditore edile del Chianti considerato il Gianni Letta renziano, che si professa apertamente amico dell’America e di Israele.
In molti ricordano anche la trasferta renziana a Charlotte (North Carolina) dove a settembre del 2012 si tenne la convention democratica che vide Obama lanciarsi per la candidatura al secondo mandato della Casa Bianca. Unico sindaco europeo presente, Renzi aveva partecipato a un panel di giovani democratici americani e ai lavori del National Democratic Institute, think-tank dell’ex segretario di Stato Madeleine Albright.
ORA CHE RENZI NON È PIÙ SINDACO ma sta per diventare premier, gli americani sono curiosi di capire come si muoverà. Soprattutto sul fronte della politica economica ed estera.
L’ambasciatore Phillips sta aggiornando l’agenda italiana di Barack Obama che il 27 marzo sarà a Roma e che avrebbe dovuto incontrare Letta.
La Confindustria Usa tasterà il terreno con la cena di stasera. Dove si parlerà anche di Expo2015 visto che l’AmCham ha la supervisione della costruzione del padiglione Usa ed è anche responsabile della raccolta di fondi necessari a finanziarlo. Circa 5 milioni da recuperare entro lo scorso 16 gennaio che però non sarebbero stati ancora trovati.
Tanto da imporre una proroga di qualche mese.
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Re: Il nuovo governo Renzi
IL PASSATO TI TRAPASSA - IL MULTITASKING FRANCESCHINI, IERI TRA LE GAMBE DI LETTA, OGGI ZERBINATO SOTTO I PIEDI DI MATTEUCCIO, DICHIARAVA A SKYTG24, 12 NOVEMBRE 2012: “BERSANI RAGIONE, RENZI RECITA”…
Sul salto della quaglia del piddino ferrarese si scatena la rete ripescandom i vecchi lecca lecca a Bersani, poi a Letta - La cattiveria di spinoza.it: “Il primo ministro ad arrivare è stato Franceschini. Doveva togliere i poster di Letta dal suo ufficio”…
Sul salto della quaglia del piddino ferrarese si scatena la rete ripescandom i vecchi lecca lecca a Bersani, poi a Letta - La cattiveria di spinoza.it: “Il primo ministro ad arrivare è stato Franceschini. Doveva togliere i poster di Letta dal suo ufficio”…
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Re: Il nuovo governo Renzi
3 FEB 2014 19:47
1. SLURP! SLURP! È MATTEUCCIO RENZI CHE TRACCIA IL SOLCO, MA È LA LINGUA CHE LO DIFENDE! -
2. DA CAZZULLO A FERRARA, DA MERLO A SEVERGNINI, DALLA RAMPINO ALLA CIARNELLI, TRAVAGLIO RIPESCA I COMMENTI LECCA-LECCA ALL’UOMO DELLA PROVVIDENZA DEL GIORNO -
3. “QUESTA È L’ULTIMA SPIAGGIA DELLA PENISOLA: PIÙ IN LÀ C’È SOLO IL MARE IN TEMPESTA E UN AZZARDO PERICOLOSO... L’ITALIA HA VOGLIA DI NOVITÀ. È PRIMAVERA: BISOGNA CAMBIARE ARIA NELLE STANZE E NEL CERVELLO” (BEPPE SEVERGNINI, CORRIERE) -
4. GIULIANO FERRARA SFODERA SUL FOGLIO DUE METRI DI LINGUA EXTRALARGE A DOPPIO PENNELLO, RIUSCENDO A LECCARE MATTEO E SILVIO IN UN COLPO SOLO: “PARTENZA GRANDIOSA”, “GOVERNO PERFETTO”, “RENZI, COME BERLUSCONI, È UN COLPO DI SCENA VIVENTE”, “SE STA ATTENTO A NON LITIGARE CON IL CAV.,SE NON PER FINTA, IL CAV. COAUTORE DI QUESTO CAPOLAVORO CHE HA LA METÀ DEI SUOI ANNI, CE LA FARÀ” -
Marco Travaglio per il Fattoquotidiano.it
Il governo delle facce nuove" (La Stampa).
"Più donne e giovani" (Corriere ). "La nuova generazione",
"Le signore della competenza" (la Repubblica ).
"I due partiti maggiori... stanno compiendo un atto coraggioso. Sanno che per loro questa è l'ultima chiamata.
Sanno che non possono fallire" (Pigi Battista, Corriere ). "Questa è l'ultima spiaggia della Penisola: più in là c'è solo il mare in tempesta e un azzardo pericoloso...
L'Italia ha voglia di novità. È primavera: bisogna cambiare aria nelle stanze e nel cervello" (Beppe Severgnini, Corriere ).
"L'Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all'avanguardia in Europa" (Aldo Cazzullo, Corriere ).
"Il risultato corrisponde pienamente all'impegno preso... con una presenza femminile mai verificata prima... Se i fatti corrisponderanno alle parole molte sofferenze saranno lenite e molte speranze riaccese" (Eugenio Scalfari, Repubblica ).
Ecco, questi erano i commenti di dieci mesi fa sul governo Letta.
Viceversa, ecco quelli sul Renzicchio. "Giovani e donne: nasce il Renzi-1" (Sole-24 ore).
"Un governo giovane e di donne" (l'Unità).
"Giovani e donne, il governo Renzi" (La Stampa).
Negli editoriali, oltre al concetto di ultima spiaggia già usati per Monti e Letta, si nota lo sforzo sovrumano di rendere credibile l'excusatio non petita di Sua Altezza che rassicura: "con Renzi nessun braccio di ferro".
Come nella scena de Il dormiglione, con Woody Allen e Diane Keaton che corrono per l'ospedale dicendo "siamo dottori, non siamo impostori!", così tutti capiscono che sono impostori e cominciano a inseguirli. Solo che, nella stampa italiana, tutti si bevono l'impostura, o almeno fanno finta.
Napolitano ha "dissipato ogni interpretazione maliziosa sul lungo colloquio con Renzi", turibola Marcella Ciarnelli dell'Unità.
Ha "rimarcato la serenità del colloquio e il fatto che né ieri né prima vi sia stato alcun ‘braccio di ferro'", salmodia l'altra vestale Antonella Rampino sulla Stampa.
Le tre ore di tortura nello studio della Vetrata son cosa normale, anche perché Renzi ne ha approfittato per svolgere "un lavoro parallelo": non sapendo che fare, è salito al Quirinale tre ore prima e ha sbrigato un po' di corrispondenza, poi "in un salottino attiguo ha colmato le caselle che, a effetto-domino, si erano riaperte attorno alla Giustizia".
Per il braccio di ferro su Gratteri? No, anzi, "non sapremo mai se Renzi aveva inserito in quella casella il giudice Gratteri": la verità - rivela la Rampino - è che la "riconosciuta saggezza dell'argomentazione presidenziale" ha posto una questione filosofica mica da ridere: "È opportuno un magistrato per via Arenula, quando il governo ha in programma di riformare la giustizia?". No che non lo è.
Purtroppo analoga saggezza il Monarca non manifestò con B. nel 2011, quando firmò senza batter ciglio la nomina a Guardasigilli del magistrato Nitto Palma, che però aveva il merito di essere amico di Nick Cosentino (così come fece nel ‘95 Scalfaro, nominando il giudice Filippo Mancuso nel governo Dini).
Gli inquisiti e gli imputati possono fare i ministri, i generali (da Corcione a Di Paola) andare alla Difesa come nei governi golpisti, i prefetti andare all'Interno e alla Giustizia, specie se amici di Ligresti (tipo Cancellieri), ma i pm antimafia alla Giustizia no, specie se onesti e capaci.
"Meglio, molto meglio - scrive il Corriere - un esponente politico con esperienze parlamentari e di governo già acquisite".
Cioè Andrea Orlando, che con la sua maturità scientifica è quasi un tecnico e soprattutto un "garantista" (cioè beniamino del partito degli imputati: infatti s'è già espresso - sul Foglio, e dove se no?- per cancellare l'ergastolo e l'azione penale obbligatoria). Non a caso è l'unico ministro che piace al Giornale e a Libero, assieme alla berlusconiana Guidalberta Guidi.
Tutto è bene quel che finisce bene: pussa via Gratteri, brutta bertuccia.
Aldo Cazzullo conia nuove categorie semantiche ad hoc.
La Mogherini, avendo 40 anni, non è solo quarantenne, ma addirittura una "neoquarantenne", per meglio sottolinearne la quarantennitudine. Fermo restando che - siccome "i quarantenni sono troppo poco solidali tra loro per riuscire a fare rete", come purtroppo sperimentato da Letta - "ora tocca ai trentenni". Anzi, ai neotrentenni. Tipo la Madia, "33 anni e incinta di 8 mesi", "un segno di apertura al futuro in un paese a volte gerontocratico". A volte. Neo.
A vanificare gli sforzi papillari del pur bravo collega corrierista provvede Giuliano Ferrara, che sfodera sul Foglio due metri di lingua extralarge a doppio pennello, riuscendo a leccare Matteo e Silvio in un colpo solo: "Partenza grandiosa", "governo perfetto", "Renzi, come Berlusconi, è un colpo di scena vivente", "se sta attento a non litigare con il Cav.,se non per finta, il Cav. coautore di questo capolavoro che ha la metà dei suoi anni, ce la farà", "il governo Leopolda è il migliore possibile".
A questo punto Renzi si gratterà: gli manca il bacio della morte di Scalfari ed è spacciato.
La Stampa, oltre a titolisti da Istituto Luce ("Poletti il cooperatore", "Padoan da teorico dell'austerità a suggeritore della svolta-crescita", "La Botticelliana e la Giaguara: Madia & Boschi, l'avanzata delle ‘amazzoni ' di Matteo", "Priorità Giannini: scuole più sicure"), schiera agiografi da vite dei santi.
Molto apprezzato Mauro Baudino sul neoministro della Cultura: "Con la sua quarta prova narrativa, aveva dato un avviso che sta fra Borges e l'amato Pessoa".
Sta parlando di Franceschini.
I suoi romanzi sono pregni di una "vena fantastica e ironica", ma senza diventare "armi nelle mani degli avversari", forse perché sfuggiti ai più. "Il Franceschini scrittore guarda a spiriti acri e ribelli, magari un Bolano, certamente uno Zavattini" e "ha sempre avuto un buon successo di critica". De Santis? Sapegno? No, "Jovanotti" che lo "definì ‘visionario'. Come scrittore, non come politico". Viene in mente il miglior Calvino: "Nel Visconte dimezzato, quando le due metà di Medardo di Torralba incrociarono le spade per il duello finale, fu un'apoteosi". Slurp.
Sempre su La Stampa, Teodoro Chiarelli segnala un altro portento: "Renzi non è il solo scout al governo. Anche Roberta Pinotti ha un passato fra i seguaci di sir Robert Baden Powell. Il suo primo pensiero? Ovviamente per i nostri marò. Dobbiamo riportarli a casa" e lei ha "idee già chiare".
Un blitz alla Chuck Norris, "Missing in action" con un pugno di scout pronti a tutto. La scoutessa ha financo "volato su un Mb339 delle Frecce Tricolori". Insomma, è fatta.
Quando, ormai in vista del traguardo, la classicissima Lecchino d'Oro 2014 pare una corsa a tre Cazzullo-Baudino-Chiarelli , ecco spuntare dalle retrovie un Francesco Merlo in grande spolvero, che stacca il gruppone e allunga la lingua oltre il fotofinish proprio sul filo di lana. "Basta con la demagogia della giustizia che non è politica, Gratteri... sarebbe stato l'ennesima supplenza di un magistrato". Dunque viva "Napolitano che, secondo il giudizio di Malaparte, ‘non perde mai la calma neppure dinanzi all'Apocalisse'" e "ha imposto a Renzi il passo".
In Matteo "la gioia era genuina... Ebbene, questa è l'allegria del rilassamento, l'evviva del dopo-partita, la felicità della vittoria. Un presidente del Consiglio così raggiante è una novità per l'Italia". E vai con le papille di velluto: "Solo grazie alla prudenza di Napolitano che lo ha dosato e sorvegliato, Renzi è rimasto l'attor giovane con il bellissimo torto di prendersi il futuro".
Il tempo di tirare il fiato e la lingua riprende a vibrare: "Il vecchio e il giovane, appaiando la spada che ferisce e separa con la spada che cuce e ripara hanno tenuto a battesimo la nuova classe dirigente". È l'aratro che traccia il solco, ma è la spada che lo difende. Il finale è chapliniano: il Vecchio e il Giovane incedono scattanti e sicuri, pancia in dentro e petto in fuori, verso il tramonto: "Sorridono sia l'uomo della politica sia quello dell'antipolitica, il principe Ippolito e il garibaldino Lando". Che meraviglia, che commozione. Ha vinto Merlo, gli altri si rassegnino, chapeau.
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Re: Il nuovo governo Renzi
BALLA CON LUPI
23 FEB 2014 15:53
1. GOVERNO ROSSO, BIANCO E VERDONI! IL MINISTRO POLETTI RAPPRESENTA LE COOP, IL MINISTRO LUPI LA COMPAGNIA DELLE OPERE (CL): IN DUE VALGONO 230 MILIARDI DI FATTURATO!
2. ALTRO CHE CONFLITTO D’INTERESSI O FEDERICA GUIDI “BRACCIO DI CONFIDUSTRIA”: PER ARRIVARE AL LORO GIRO D’AFFARI, BISOGNA SOMMARE ENI, ENEL E TELECOM ITALIA
3. POLETTI VUOL DIRE “ALLEANZA COOPERATIVE”: UNIPOL-SAI, GRANAROLO, COOP. 43 MILA IMPRESE; 12 MILIONI DI SOCI; 140 MILIARDI DI FATTURATO; 157 MLD DI RACCOLTA BANCARIA
4. LA CDO CONTA 36 MILA AZIENDE, OLTRE 70 MILIARDI DI FATTURATO, DOMINIO IN LOMBARDIA
5. IL NUOVO OSPEDALE NIGUARDA DI MILANO (COSTRUZIONE ALLE COOP ROSSE E SERVIZI ALLA CDO) È SOLO IL SIMBOLO DI UNO SCHEMA CHE FUNZIONA DA ANNI E CHE SI ESALTERÀ SU EXPO2015, LA VACCA DA SOLDI CHE I DUE CENTRI DI POTERE STANNO GIÀ MUNGENDO
6. I GIORNALI SI CONCENTRANO SUI TAILLEUR E I VISINI DELLE MINISTRE. MA IL POTERE VERO, IN ITALIA, NON VESTE IN TAILLEUR: HA LA STAZZA DI UN POLETTI E LA MASCELLA DI UN LUPI
Francesco Bonazzi per Dagospia
Nella prima foto ufficiale del governo Giuliano Poletti e Maurizio Lupi si sono istintivamente piazzati uno vicino all'altro. Ma dire che le infrastrutture chiamano il lavoro è poco più di una banalità. Ricordare invece che "i milioni chiamano i milioni", come sosteneva il grande Eduardo, è solo un piccolo servizio di pubblica utilità. Cooperative e Compagnia delle Opere si spartiscono grandi affari e interi mercati da oltre quindici anni.
Con il Rottam'attore, però, sono per la prima volta al governo insieme e ufficialmente con tutto il loro peso economico. Guardateli bene, nelle foto ufficiali, quel pacioso romagnolo con la passione della pallamano e il suo amico podista lombardo: insiemevalgono 230 miliardi di fatturato e rappresentano 80 mila società. Per arrivare al loro giro d'affari, bisogna sommare Eni, Enel e Telecom Italia.
Sono numeri talmente imponenti che non è facile capire se sia più decisivo l'appoggio di Renzie a coop e Cdo, con la loro consacrazione al governo, oppure se sia il contrario. Ma un fatto è certo: almeno a fini interni, a fini di partito, un segretario che lancia l'Opa sulle cooperative rosse si blinda totalmente. A quel punto, come suo successore al Nazareno, ci può andare anche il fratello di D'Alema, ma la sostanza non cambia.
Partiamo dal ministro Poletti, la più imprevista delle new entry in un governo che per il resto sembra un altro esecutivo Letta (ma senza Letta). Sarà un caso, ma la sua carta è stata tenuta coperta fino all'ultimo, come si fa con gli assi. Viene dalla cooperative rosse, che vuole dire Unipol-Sai, Granarolo, Manutencoop, CCC, Coop, CMC, Unieco, solo per limitarsi ai nomi grossi.
Ma da un paio d'anni guida l'intera associazione di categoria, che si chiama Alleanza delle Cooperative italiane, al posto di quel Luigi Marino che è diventato senatore con Sciolta Civica, che naturalmente è un fedelissimo di Mario Mauro (anche lui ciellino come Lupi) e ancor più naturalmente è candidato a fare il viceministro in un dicastero economico.
I numeri di Alleanza Cooperative sono spettacolari: 43 mila imprese; 1,2 milioni di occupati; 12 milioni di soci; 140 miliardi di fatturato; 157 miliardi di raccolta bancaria con il credito cooperativo; una quota del 34% nel solo settore della grande distribuzione e dettaglio. Se si guarda a come si sono illustrati nello stesso Paese un pugno di grandi capitalisti senza capitali (ma con i giornali e il credito facile dalla loro parte), c'è solo da battere le mani.
E ora passiamo al ministro Lupi, un dirigente di Fiera Milano in aspettativa che non poteva non stare al governo. Nel 2003 ha lanciato insieme a Enrico Letta l'Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, parolina magica che significa affidamento di quanto più welfare possibile ai privati (sussidiati). Più che una filosofia politica, è una filosofia di business, e lo capì per tempo anche Pier Luigi Bersani, che con il Meeting di Rimini e il braccio economico di Comunione & Fatturazione ha sempre avuto ottimi rapporti. Del resto anche i numeri della Cdo sono impressionanti: 36 mila aziende, oltre 70 miliardi di fatturato, presenza fortissima nei servizi per la persona, nell'agroalimentare, nella formazione e nell'assistenza all'export. Anche qui, inciampi giudiziari a parte, riconoscere i brillanti risultati ottenuti è il minimo.
Tornando al governo e al ticket Lupi-Poletti, 230 miliardi di fatturato comune e una presenza poderosa nelle costruzioni generali, nelle manutenzioni, nei servizi e nell'assistenza sociale sono solo un dato di partenza. Il loro asse può giocare un ruolo da moltiplicatore e consentire a cooperative e Cdo di raggiungere traguardi ancora più ambiziosi.
Il nuovo ospedale Niguarda di Milano (costruzione alle coop rosse e servizi alla Cdo) è solo il simbolo di uno schema che in Lombardia funziona già da anni e che si esalterà su Expo2015. La manifestazione milanese è l'unico vero grande capitolo di spesa del governo, con 1,3 miliardi di fondi pubblici già stanziati e un'altra decina che dovrebbero arrivare per strade, ferrovie e infrastrutture varie.
Se si mettono insieme le competenze di cooperative rosse e Cdo, si vede che non manca nulla per dividersi la grande torta. Per altro la manifestazione si svolgerà in massima parte su terreni acquistati a caro prezzo da Fiera Milano (storico feudo ciellino) e, tanto per offrire un altro segnale, ad aggiudicarsi la gara per essere "Official Food distribution partner" è stata la Coop.
Poi, passata la fiera, ci sarà da gestire lo smantellamento di gran parte delle strutture ed è facile immaginare che partirà una nuova ondata di "valorizzazione immobiliare" delle aree. Con Cdo e cooperative direttamente al governo sarà tutto più facile. E chissà che incubi per il povero sindaco Pisapia.
Oltre a Expo2015, naturalmente, ci sono tante altre opere pubbliche nelle quali la Santa Alleanza continuerà a farsi valere, ma sono più o meno noccioline. E comunque i fatturati non si aumentano solo aggiudicandosi gli appalti, ma anche cambiando le regole del gioco e aprendo mercati per legge. Si va in Parlamento - e ora direttamente al governo - anche per questo.
Obiettivo Lavoro nasce nel 1997 per approfittare delle magnifiche riforme del lavoro in arrivo. Quelle che in nome della flessibilità hanno prodotto una precarietà che mette a rischio i conti dell'Inps, per fermarsi al mero effetto (suicida) sul sistema. Bene: soci di Obiettivo Lavoro sono la Cdo e la Lega delle cooperative.
Oggi le cooperative piazzano con Poletti un loro uomo al ministero del Lavoro. Se la filosofia delle riforme, anche in termini di maggior tutele, sarà sempre quella della "sussidiarietà", per i colossi economici che stanno alle spalle dei ministri Poletti e Lupi sarà festa grande. E se si tiene presente che alla Sanità c'è un ministro come la Lorenzin, che è dello stesso partito di Lupi, si capisce come la presenza al governo della Guidi "in quota Confindustria" rischi di essere di mero contorno.
Ma il Rottam'attore, con la cooptazione di Poletti al governo non ha solo consacrato e cementato un asse di potere nel governo e nell'economia del Paese. Ha lanciato anche l'Opa definitiva sul suo partito. Non lo confermerà mai, ma quando perse la prima sfida contro Bersani, il sindaco di Firenze fu impressionato da una certa e imprevista mobilitazione "della base" a favore del segretario in carica e si lamentò anche degli ampi mezzi economici a disposizione del rivale.
E allora ecco il suggestivo scambio di potere che si profila con la nascita del primo governo Renzie: le cooperative (non solo rosse) arrivano al governo per trattare in posizione paritaria con il blocco economico che si muove dietro gli alfaniani e spartirsi un bel pezzo di spesa pubblica. In cambio, assicurano al Rottam'attore quella presa sostanziale e definitiva sul Pd che ancora gli manca.
Poi, certo, al governo ci sono otto donne sulle cui "mise" si potrà chiacchierare all'infinito e alcune sono anche dotate di un visino incantevole. Ma il potere vero non veste in tailleur, almeno in Italia, perché ha la stazza di un Poletti e la mascella di un Lupi.
23 FEB 2014 15:53
1. GOVERNO ROSSO, BIANCO E VERDONI! IL MINISTRO POLETTI RAPPRESENTA LE COOP, IL MINISTRO LUPI LA COMPAGNIA DELLE OPERE (CL): IN DUE VALGONO 230 MILIARDI DI FATTURATO!
2. ALTRO CHE CONFLITTO D’INTERESSI O FEDERICA GUIDI “BRACCIO DI CONFIDUSTRIA”: PER ARRIVARE AL LORO GIRO D’AFFARI, BISOGNA SOMMARE ENI, ENEL E TELECOM ITALIA
3. POLETTI VUOL DIRE “ALLEANZA COOPERATIVE”: UNIPOL-SAI, GRANAROLO, COOP. 43 MILA IMPRESE; 12 MILIONI DI SOCI; 140 MILIARDI DI FATTURATO; 157 MLD DI RACCOLTA BANCARIA
4. LA CDO CONTA 36 MILA AZIENDE, OLTRE 70 MILIARDI DI FATTURATO, DOMINIO IN LOMBARDIA
5. IL NUOVO OSPEDALE NIGUARDA DI MILANO (COSTRUZIONE ALLE COOP ROSSE E SERVIZI ALLA CDO) È SOLO IL SIMBOLO DI UNO SCHEMA CHE FUNZIONA DA ANNI E CHE SI ESALTERÀ SU EXPO2015, LA VACCA DA SOLDI CHE I DUE CENTRI DI POTERE STANNO GIÀ MUNGENDO
6. I GIORNALI SI CONCENTRANO SUI TAILLEUR E I VISINI DELLE MINISTRE. MA IL POTERE VERO, IN ITALIA, NON VESTE IN TAILLEUR: HA LA STAZZA DI UN POLETTI E LA MASCELLA DI UN LUPI
Francesco Bonazzi per Dagospia
Nella prima foto ufficiale del governo Giuliano Poletti e Maurizio Lupi si sono istintivamente piazzati uno vicino all'altro. Ma dire che le infrastrutture chiamano il lavoro è poco più di una banalità. Ricordare invece che "i milioni chiamano i milioni", come sosteneva il grande Eduardo, è solo un piccolo servizio di pubblica utilità. Cooperative e Compagnia delle Opere si spartiscono grandi affari e interi mercati da oltre quindici anni.
Con il Rottam'attore, però, sono per la prima volta al governo insieme e ufficialmente con tutto il loro peso economico. Guardateli bene, nelle foto ufficiali, quel pacioso romagnolo con la passione della pallamano e il suo amico podista lombardo: insiemevalgono 230 miliardi di fatturato e rappresentano 80 mila società. Per arrivare al loro giro d'affari, bisogna sommare Eni, Enel e Telecom Italia.
Sono numeri talmente imponenti che non è facile capire se sia più decisivo l'appoggio di Renzie a coop e Cdo, con la loro consacrazione al governo, oppure se sia il contrario. Ma un fatto è certo: almeno a fini interni, a fini di partito, un segretario che lancia l'Opa sulle cooperative rosse si blinda totalmente. A quel punto, come suo successore al Nazareno, ci può andare anche il fratello di D'Alema, ma la sostanza non cambia.
Partiamo dal ministro Poletti, la più imprevista delle new entry in un governo che per il resto sembra un altro esecutivo Letta (ma senza Letta). Sarà un caso, ma la sua carta è stata tenuta coperta fino all'ultimo, come si fa con gli assi. Viene dalla cooperative rosse, che vuole dire Unipol-Sai, Granarolo, Manutencoop, CCC, Coop, CMC, Unieco, solo per limitarsi ai nomi grossi.
Ma da un paio d'anni guida l'intera associazione di categoria, che si chiama Alleanza delle Cooperative italiane, al posto di quel Luigi Marino che è diventato senatore con Sciolta Civica, che naturalmente è un fedelissimo di Mario Mauro (anche lui ciellino come Lupi) e ancor più naturalmente è candidato a fare il viceministro in un dicastero economico.
I numeri di Alleanza Cooperative sono spettacolari: 43 mila imprese; 1,2 milioni di occupati; 12 milioni di soci; 140 miliardi di fatturato; 157 miliardi di raccolta bancaria con il credito cooperativo; una quota del 34% nel solo settore della grande distribuzione e dettaglio. Se si guarda a come si sono illustrati nello stesso Paese un pugno di grandi capitalisti senza capitali (ma con i giornali e il credito facile dalla loro parte), c'è solo da battere le mani.
E ora passiamo al ministro Lupi, un dirigente di Fiera Milano in aspettativa che non poteva non stare al governo. Nel 2003 ha lanciato insieme a Enrico Letta l'Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, parolina magica che significa affidamento di quanto più welfare possibile ai privati (sussidiati). Più che una filosofia politica, è una filosofia di business, e lo capì per tempo anche Pier Luigi Bersani, che con il Meeting di Rimini e il braccio economico di Comunione & Fatturazione ha sempre avuto ottimi rapporti. Del resto anche i numeri della Cdo sono impressionanti: 36 mila aziende, oltre 70 miliardi di fatturato, presenza fortissima nei servizi per la persona, nell'agroalimentare, nella formazione e nell'assistenza all'export. Anche qui, inciampi giudiziari a parte, riconoscere i brillanti risultati ottenuti è il minimo.
Tornando al governo e al ticket Lupi-Poletti, 230 miliardi di fatturato comune e una presenza poderosa nelle costruzioni generali, nelle manutenzioni, nei servizi e nell'assistenza sociale sono solo un dato di partenza. Il loro asse può giocare un ruolo da moltiplicatore e consentire a cooperative e Cdo di raggiungere traguardi ancora più ambiziosi.
Il nuovo ospedale Niguarda di Milano (costruzione alle coop rosse e servizi alla Cdo) è solo il simbolo di uno schema che in Lombardia funziona già da anni e che si esalterà su Expo2015. La manifestazione milanese è l'unico vero grande capitolo di spesa del governo, con 1,3 miliardi di fondi pubblici già stanziati e un'altra decina che dovrebbero arrivare per strade, ferrovie e infrastrutture varie.
Se si mettono insieme le competenze di cooperative rosse e Cdo, si vede che non manca nulla per dividersi la grande torta. Per altro la manifestazione si svolgerà in massima parte su terreni acquistati a caro prezzo da Fiera Milano (storico feudo ciellino) e, tanto per offrire un altro segnale, ad aggiudicarsi la gara per essere "Official Food distribution partner" è stata la Coop.
Poi, passata la fiera, ci sarà da gestire lo smantellamento di gran parte delle strutture ed è facile immaginare che partirà una nuova ondata di "valorizzazione immobiliare" delle aree. Con Cdo e cooperative direttamente al governo sarà tutto più facile. E chissà che incubi per il povero sindaco Pisapia.
Oltre a Expo2015, naturalmente, ci sono tante altre opere pubbliche nelle quali la Santa Alleanza continuerà a farsi valere, ma sono più o meno noccioline. E comunque i fatturati non si aumentano solo aggiudicandosi gli appalti, ma anche cambiando le regole del gioco e aprendo mercati per legge. Si va in Parlamento - e ora direttamente al governo - anche per questo.
Obiettivo Lavoro nasce nel 1997 per approfittare delle magnifiche riforme del lavoro in arrivo. Quelle che in nome della flessibilità hanno prodotto una precarietà che mette a rischio i conti dell'Inps, per fermarsi al mero effetto (suicida) sul sistema. Bene: soci di Obiettivo Lavoro sono la Cdo e la Lega delle cooperative.
Oggi le cooperative piazzano con Poletti un loro uomo al ministero del Lavoro. Se la filosofia delle riforme, anche in termini di maggior tutele, sarà sempre quella della "sussidiarietà", per i colossi economici che stanno alle spalle dei ministri Poletti e Lupi sarà festa grande. E se si tiene presente che alla Sanità c'è un ministro come la Lorenzin, che è dello stesso partito di Lupi, si capisce come la presenza al governo della Guidi "in quota Confindustria" rischi di essere di mero contorno.
Ma il Rottam'attore, con la cooptazione di Poletti al governo non ha solo consacrato e cementato un asse di potere nel governo e nell'economia del Paese. Ha lanciato anche l'Opa definitiva sul suo partito. Non lo confermerà mai, ma quando perse la prima sfida contro Bersani, il sindaco di Firenze fu impressionato da una certa e imprevista mobilitazione "della base" a favore del segretario in carica e si lamentò anche degli ampi mezzi economici a disposizione del rivale.
E allora ecco il suggestivo scambio di potere che si profila con la nascita del primo governo Renzie: le cooperative (non solo rosse) arrivano al governo per trattare in posizione paritaria con il blocco economico che si muove dietro gli alfaniani e spartirsi un bel pezzo di spesa pubblica. In cambio, assicurano al Rottam'attore quella presa sostanziale e definitiva sul Pd che ancora gli manca.
Poi, certo, al governo ci sono otto donne sulle cui "mise" si potrà chiacchierare all'infinito e alcune sono anche dotate di un visino incantevole. Ma il potere vero non veste in tailleur, almeno in Italia, perché ha la stazza di un Poletti e la mascella di un Lupi.
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