Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifestare
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Russia-Ucraina: invasione di Crimea, anche l’Italia va alla guerra
di Toni De Marchi | 4 marzo 2014Commenti (23)
Finalmente la martellante campagna sulle “eccellenze italiane” del già premier Enrico Letta ha trovato una straordinaria, per quanto insospettabile, vetrina. La conferma che Italians Do It Better è da giorni sparata H24 dai televisori di tutto il mondo. Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (e ci aggiungerei anche dal Dnepr al Mississippi), ogni volta che arriva un’immagine dalla Crimea va in onda uno spottone gigante alla creatività italiana, ma soprattutto alla Iveco che produce quei blindati Lince che vediamo circondare le caserme dell’Esercito ucraino assieme a gente in divisa ma senza contrassegni.
Sono invece sicuramente delle forze armate russe di Crimea le targhe che si vedono sotto i radiatori di questi blindati che molti conoscono perché sono diventati epitomi del made in Italy militare. Gli Humvee de noantri, ma più belli e qualcuno dice anche migliori di quelli yankee. D’altronde la Ferrari è dalle nostre parti, e tramite la Fiat è pure cugina dell’Iveco.
Quelle targhe hanno raccontato fin dal primo momento, nonostante la sparizione di tutti i distintivi e dei contrassegni, che i soi disant miliziani erano in realtà soldati dell’armata russa. Certo, alla compianta casalinga di Voghera quelle specie di Suv oversize non avranno detto granché. Ma hanno parlato e parlano invece ad alta voce agli esperti e analisti militari. Che così forse si potranno meglio convincere delle loro qualità.
Infatti, pur tra molte polemiche, i Lince che trasportano in lungo e in largo le truppe moscovite non solo sono stati acquistati dall’Esercito russo, ma vengono anche costruiti su licenza laggiù. Tanto da farne probabilmente il primo utilizzatore al mondo con un numero di veicoli ordinati variabile tra i 1700 e i 3000, a seconda delle fonti. Un bel po’ di più dei 1200 circa in servizio con l’Esercito italiano.
Sento già un aggrottar di ciglia. Ma a noi? Beh, vuoi mettere l’orgoglio italiano (facciamo squadra, no?) di vedere le nostre eccellenze servire in prima linea sui fronti più caldi del mondo? Per non dire del fatto che potremmo riempire i dépliant dell’Iveco di foto del Lince con stampigliato sopra Tested in Crimea come fecero i francesi dopo la guerra delle Malvinas/Falkland con l’immagine di un missile Exocet (vero) che impattava su una nave e la scritta Combat proven. Incidentalmente, gli Exocet argentini affondarono o danneggiarono quattro navi britanniche, tra cui il cacciatorpediniere HMS Sheffield dove morirono non meno di venti persone. Ma business is business.
Certo, nessun Lince ucciderà mai direttamente qualcuno, a parte quando si ribalta perché viaggia troppo veloce (la Magistratura lo fece anche sequestrare per questo). Ma sempre un mezzo da guerra è, e con i mezzi da guerra cosa si fa di solito? Beh, secondo i bellimbusti del nostro Ministero della Difesa si distribuiscono libri, cioccolatini e caramelle ai bambini afghani. Un’opinione non condivisa dai russi, che evidentemente non riescono proprio a vedere queste sue qualità di messaggero di pace e dunque lo usano, impropriamente, per fare la guerra. Anche una ingiusta e azzardata come è quella di Crimea secondo la definizione di quel Barack Obama, premio Nobel per la pace (alle intenzioni non realizzate) che invece manda in giro per il mondo quei bellissimi pacificatori volanti che sono i drone spara missili.
Per cui, testa alta e petto in fuori. L’orgoglio italiano è salvo, il fare squadra dà risultati, risultati tangibili. E ci dà anche una possibilità di commemorare, giusto in tempo per l’Expo universale di Milano, i 160 anni della nostra guerra di Crimea. Allora mandammo lì un’altra eccellenza italiana, i bersaglieri di Alessandro La Marmora (che, poveretto, mentre i suoi correvano piume al vento lui ci lasciò le penne per il colera). Alla battaglia della Cernaia è intitolato ancor oggi un battaglione di bersaglieri oltre a innumerevoli caserme. In omaggio al realismo degli affari, magari il prossimo anno qualcuna la potremmo ribattezzare Lince. O Рысь, come scrivono da quelle parti. A proposito: come si dice “fare squadra” in russo?
di Toni De Marchi | 4 marzo 2014Commenti (23)
Finalmente la martellante campagna sulle “eccellenze italiane” del già premier Enrico Letta ha trovato una straordinaria, per quanto insospettabile, vetrina. La conferma che Italians Do It Better è da giorni sparata H24 dai televisori di tutto il mondo. Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (e ci aggiungerei anche dal Dnepr al Mississippi), ogni volta che arriva un’immagine dalla Crimea va in onda uno spottone gigante alla creatività italiana, ma soprattutto alla Iveco che produce quei blindati Lince che vediamo circondare le caserme dell’Esercito ucraino assieme a gente in divisa ma senza contrassegni.
Sono invece sicuramente delle forze armate russe di Crimea le targhe che si vedono sotto i radiatori di questi blindati che molti conoscono perché sono diventati epitomi del made in Italy militare. Gli Humvee de noantri, ma più belli e qualcuno dice anche migliori di quelli yankee. D’altronde la Ferrari è dalle nostre parti, e tramite la Fiat è pure cugina dell’Iveco.
Quelle targhe hanno raccontato fin dal primo momento, nonostante la sparizione di tutti i distintivi e dei contrassegni, che i soi disant miliziani erano in realtà soldati dell’armata russa. Certo, alla compianta casalinga di Voghera quelle specie di Suv oversize non avranno detto granché. Ma hanno parlato e parlano invece ad alta voce agli esperti e analisti militari. Che così forse si potranno meglio convincere delle loro qualità.
Infatti, pur tra molte polemiche, i Lince che trasportano in lungo e in largo le truppe moscovite non solo sono stati acquistati dall’Esercito russo, ma vengono anche costruiti su licenza laggiù. Tanto da farne probabilmente il primo utilizzatore al mondo con un numero di veicoli ordinati variabile tra i 1700 e i 3000, a seconda delle fonti. Un bel po’ di più dei 1200 circa in servizio con l’Esercito italiano.
Sento già un aggrottar di ciglia. Ma a noi? Beh, vuoi mettere l’orgoglio italiano (facciamo squadra, no?) di vedere le nostre eccellenze servire in prima linea sui fronti più caldi del mondo? Per non dire del fatto che potremmo riempire i dépliant dell’Iveco di foto del Lince con stampigliato sopra Tested in Crimea come fecero i francesi dopo la guerra delle Malvinas/Falkland con l’immagine di un missile Exocet (vero) che impattava su una nave e la scritta Combat proven. Incidentalmente, gli Exocet argentini affondarono o danneggiarono quattro navi britanniche, tra cui il cacciatorpediniere HMS Sheffield dove morirono non meno di venti persone. Ma business is business.
Certo, nessun Lince ucciderà mai direttamente qualcuno, a parte quando si ribalta perché viaggia troppo veloce (la Magistratura lo fece anche sequestrare per questo). Ma sempre un mezzo da guerra è, e con i mezzi da guerra cosa si fa di solito? Beh, secondo i bellimbusti del nostro Ministero della Difesa si distribuiscono libri, cioccolatini e caramelle ai bambini afghani. Un’opinione non condivisa dai russi, che evidentemente non riescono proprio a vedere queste sue qualità di messaggero di pace e dunque lo usano, impropriamente, per fare la guerra. Anche una ingiusta e azzardata come è quella di Crimea secondo la definizione di quel Barack Obama, premio Nobel per la pace (alle intenzioni non realizzate) che invece manda in giro per il mondo quei bellissimi pacificatori volanti che sono i drone spara missili.
Per cui, testa alta e petto in fuori. L’orgoglio italiano è salvo, il fare squadra dà risultati, risultati tangibili. E ci dà anche una possibilità di commemorare, giusto in tempo per l’Expo universale di Milano, i 160 anni della nostra guerra di Crimea. Allora mandammo lì un’altra eccellenza italiana, i bersaglieri di Alessandro La Marmora (che, poveretto, mentre i suoi correvano piume al vento lui ci lasciò le penne per il colera). Alla battaglia della Cernaia è intitolato ancor oggi un battaglione di bersaglieri oltre a innumerevoli caserme. In omaggio al realismo degli affari, magari il prossimo anno qualcuna la potremmo ribattezzare Lince. O Рысь, come scrivono da quelle parti. A proposito: come si dice “fare squadra” in russo?
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
CVDlucfig ha scritto:Aspetta quello che succederà adesso quando sono finiti i giochi di Sochi!
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
IL CASO
Noi, italiani di Crimea
dimenticati dal governo
Nella città portuale di Kerch, snodo strategico della crisi ucraino-russa, vive fin dal 1800 una comunità italiana. Ora si appellano al paese d'origine per essere tutelati. Ma non avendo il passaporto del nostro Paese, rischiano di restare intrappolati. E hanno paura
di Stefano Vergine
Noi, italiani di Crimea
dimenticati dal governo
E' l'ultimo avamposto della Crimea prima di entrare in territorio russo. Una città affacciata su un lembo di mare largo solo 4 chilometri. Da una parte territorio ucraino, dall'altra russo. Questa, almeno, era la situazione fino a pochi giorni fa, prima che militari senza mostrine prendessero controllo del porto di Kerch, snodo strategico per un'eventuale sbarco in massa dei soldati di Mosca nella penisola. Così, ora, ad avere paura dell'invasione russa ci sono anche 300 italiani. “La situazione è preoccupante: c'è aria di guerra”, dice al telefono, da Kerch, Giulia Giachetti Boico, presidente dell'associazione locale Cerkio.
In questa città della Crimea, per uno scherzo della storia, vive infatti la più grande comunità italiana d'Ucraina. Attirati nell'800 dalla zarina Caterina II, che dopo aver conquistato la Crimea volle ripopolarla con gente capace di coltivare la vite e lavorare sulle navi, giunsero nella regione migliaia di pugliesi, veneti, campani e liguri. Persone trasferitesi in Crimea con la prospettiva di un lavoro e di terra acquistabile a basso prezzo. Tutto vero. Peccato che poi a Mosca arrivarono i bolscevichi e a Roma prese il potere Mussolini. Russia e Italia divennero nemici: chi si trovava in mezzo rischiava grosso.
Nella sola Kerch, il 29 gennaio del 1942, circa 3mila connazionali vennero prelevati dalle loro case per essere deportati. Privati del passaporto italiano, furono trasferiti al porto di Kerch, lo stesso gestito ora da militari che rifiutano di identificarsi, ma che parlano russo e viaggiano a bordo di veicoli con targhe della Federazione. “Le informazioni sono contrastanti – racconta Boico – C'è chi dice che al porto stiano sbarcando i blindati di Mosca, chi dice che i militari si limitino a controllare lo scalo. Di certo questo è il punto della Crimea più vicino alla Russia e noi abbiamo paura”.
Da quel porto, 72 anni fa, gli italiani furono imbarcati su un traghetto per attraversare lo Stretto di Kerch. Poi trascorsero due mesi in treno, sui carri bestiame, per raggiungere le steppe del Kazakistan, dove i superstiti furono costretti ai lavori forzati. Un limbo durato anni, fino alla morte di Stalin e l'avvento al potere di Kruscev. Fu proprio quest'ultimo a “regalare” la Crimea all'Ucraina e a permettere agli italiani sopravvissuti il graduale ritorno verso Kerch. Oggi i reduci sono pochissimi, tutti molto anziani, ma l'identità nazionale è stata tramandata alle nuove generazioni.
Giulia Giachetti Boico, figlia di deportati, ha creato l'associazione Cerkio proprio con questo obiettivo: mantenere vive le radici italiane, insegnare la lingua, tramandare una storia che altrimenti sarebbe già andata persa. “L'ambasciatore italiano in Ucraina mi ha chiamato in questi giorni. Mi ha detto che se la situazione peggiorerà – racconta Boico - lui sarà pronto ad aiutarci. Ma l'ambasciatore mi ha anche ricordato una cosa di cui noi tutti siamo consapevoli, e cioè che non avendo un passaporto italiano il suo margine d'azione è molto limitato”.
A differenza delle altre minoranze deportate dalla Crimea durante il regime stalinista, quella degli italiani non è infatti stata riconosciuta. Conseguenza pratica: non è mai stata restituita loro la cittadinanza italiana persa sotto l'Unione Sovietica. Di fronte alla stazione ferroviaria di Kerch, una piccola lapide nera ricorda i popoli vittime della furia di Stalin. Sono citati tedeschi, greci, armeni, bulgari e tatari.
Tutti tranne gli italiani. Una vicenda portata per la prima volta alla luce dal libro “L'Olocausto sconosciuto”, scritto dalla stessa Boico e da Giulio Vignoli, professore di Diritto Internazionale all'università di Genova. “In questi anni – dice Vignoli - ho scritto ai vari premier e ministri degli Esteri che si sono succeduti, ho scritto anche al presidente della Repubblica Napolitano per chiedere che a queste persone venga restituita la cittadinanza del Paese d'origine, fatto avvenuto ad esempio per tedeschi e greci deportati dalla Crimea.
Purtroppo, però, finora nessun membro delle Istituzioni si è speso per fare qualcosa”. Il 30 marzo in Crimea si terrà il referendum per decidere se gli abitanti della Penisola vogliono restare con l'Ucraina o diventare parte della Federazione russa. La vittoria di chi vuole passare sotto il controllo di Mosca appare scontata, visto che la Crimea è abitata in maggioranza da cittadini filo russi. Un'eventualità che allontanerebbe ulteriormente il sogno della comunità italiana di Crimea. “Se passassimo sotto la Russia”, conclude Boico, “le nostre possibilità di ottenere la cittadinanza italiana diventerebbero praticamente nulle”.
05 marzo 2014
http://espresso.repubblica.it/internazi ... o-1.155873
Noi, italiani di Crimea
dimenticati dal governo
Nella città portuale di Kerch, snodo strategico della crisi ucraino-russa, vive fin dal 1800 una comunità italiana. Ora si appellano al paese d'origine per essere tutelati. Ma non avendo il passaporto del nostro Paese, rischiano di restare intrappolati. E hanno paura
di Stefano Vergine
Noi, italiani di Crimea
dimenticati dal governo
E' l'ultimo avamposto della Crimea prima di entrare in territorio russo. Una città affacciata su un lembo di mare largo solo 4 chilometri. Da una parte territorio ucraino, dall'altra russo. Questa, almeno, era la situazione fino a pochi giorni fa, prima che militari senza mostrine prendessero controllo del porto di Kerch, snodo strategico per un'eventuale sbarco in massa dei soldati di Mosca nella penisola. Così, ora, ad avere paura dell'invasione russa ci sono anche 300 italiani. “La situazione è preoccupante: c'è aria di guerra”, dice al telefono, da Kerch, Giulia Giachetti Boico, presidente dell'associazione locale Cerkio.
In questa città della Crimea, per uno scherzo della storia, vive infatti la più grande comunità italiana d'Ucraina. Attirati nell'800 dalla zarina Caterina II, che dopo aver conquistato la Crimea volle ripopolarla con gente capace di coltivare la vite e lavorare sulle navi, giunsero nella regione migliaia di pugliesi, veneti, campani e liguri. Persone trasferitesi in Crimea con la prospettiva di un lavoro e di terra acquistabile a basso prezzo. Tutto vero. Peccato che poi a Mosca arrivarono i bolscevichi e a Roma prese il potere Mussolini. Russia e Italia divennero nemici: chi si trovava in mezzo rischiava grosso.
Nella sola Kerch, il 29 gennaio del 1942, circa 3mila connazionali vennero prelevati dalle loro case per essere deportati. Privati del passaporto italiano, furono trasferiti al porto di Kerch, lo stesso gestito ora da militari che rifiutano di identificarsi, ma che parlano russo e viaggiano a bordo di veicoli con targhe della Federazione. “Le informazioni sono contrastanti – racconta Boico – C'è chi dice che al porto stiano sbarcando i blindati di Mosca, chi dice che i militari si limitino a controllare lo scalo. Di certo questo è il punto della Crimea più vicino alla Russia e noi abbiamo paura”.
Da quel porto, 72 anni fa, gli italiani furono imbarcati su un traghetto per attraversare lo Stretto di Kerch. Poi trascorsero due mesi in treno, sui carri bestiame, per raggiungere le steppe del Kazakistan, dove i superstiti furono costretti ai lavori forzati. Un limbo durato anni, fino alla morte di Stalin e l'avvento al potere di Kruscev. Fu proprio quest'ultimo a “regalare” la Crimea all'Ucraina e a permettere agli italiani sopravvissuti il graduale ritorno verso Kerch. Oggi i reduci sono pochissimi, tutti molto anziani, ma l'identità nazionale è stata tramandata alle nuove generazioni.
Giulia Giachetti Boico, figlia di deportati, ha creato l'associazione Cerkio proprio con questo obiettivo: mantenere vive le radici italiane, insegnare la lingua, tramandare una storia che altrimenti sarebbe già andata persa. “L'ambasciatore italiano in Ucraina mi ha chiamato in questi giorni. Mi ha detto che se la situazione peggiorerà – racconta Boico - lui sarà pronto ad aiutarci. Ma l'ambasciatore mi ha anche ricordato una cosa di cui noi tutti siamo consapevoli, e cioè che non avendo un passaporto italiano il suo margine d'azione è molto limitato”.
A differenza delle altre minoranze deportate dalla Crimea durante il regime stalinista, quella degli italiani non è infatti stata riconosciuta. Conseguenza pratica: non è mai stata restituita loro la cittadinanza italiana persa sotto l'Unione Sovietica. Di fronte alla stazione ferroviaria di Kerch, una piccola lapide nera ricorda i popoli vittime della furia di Stalin. Sono citati tedeschi, greci, armeni, bulgari e tatari.
Tutti tranne gli italiani. Una vicenda portata per la prima volta alla luce dal libro “L'Olocausto sconosciuto”, scritto dalla stessa Boico e da Giulio Vignoli, professore di Diritto Internazionale all'università di Genova. “In questi anni – dice Vignoli - ho scritto ai vari premier e ministri degli Esteri che si sono succeduti, ho scritto anche al presidente della Repubblica Napolitano per chiedere che a queste persone venga restituita la cittadinanza del Paese d'origine, fatto avvenuto ad esempio per tedeschi e greci deportati dalla Crimea.
Purtroppo, però, finora nessun membro delle Istituzioni si è speso per fare qualcosa”. Il 30 marzo in Crimea si terrà il referendum per decidere se gli abitanti della Penisola vogliono restare con l'Ucraina o diventare parte della Federazione russa. La vittoria di chi vuole passare sotto il controllo di Mosca appare scontata, visto che la Crimea è abitata in maggioranza da cittadini filo russi. Un'eventualità che allontanerebbe ulteriormente il sogno della comunità italiana di Crimea. “Se passassimo sotto la Russia”, conclude Boico, “le nostre possibilità di ottenere la cittadinanza italiana diventerebbero praticamente nulle”.
05 marzo 2014
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Ucraina, la crisi investe le Paralimpiadi
Mosca: "Appello Ue a dialogo fa ridere"
Dopo Usa, Gb e Francia, anche Palazzo Chigi dice no a delegazione. Gazprom: Kiev paghi o stop a gas
Mentre il colosso energetico Gazprom minaccia di tagliare le forniture se Kiev non salderà un conto da 1,8 miliardi di dollari, la crisi investe i giochi. Dopo il boicottaggio di Usa, Gb e Francia, anche l'Italia decide di non inviare alcuna rappresentanza governativa. Telefonata Obama- Putin: "Esiste una via diplomatica". Il portavoce del presidente russo gela l'Europa: "Appelli a dialogo fanno sorridere". Ma aggiunge: "Spero non si torni a guerra fredda". Onu: "Refendum Crimea complica la situazione
Mosca: "Appello Ue a dialogo fa ridere"
Dopo Usa, Gb e Francia, anche Palazzo Chigi dice no a delegazione. Gazprom: Kiev paghi o stop a gas
Mentre il colosso energetico Gazprom minaccia di tagliare le forniture se Kiev non salderà un conto da 1,8 miliardi di dollari, la crisi investe i giochi. Dopo il boicottaggio di Usa, Gb e Francia, anche l'Italia decide di non inviare alcuna rappresentanza governativa. Telefonata Obama- Putin: "Esiste una via diplomatica". Il portavoce del presidente russo gela l'Europa: "Appelli a dialogo fanno sorridere". Ma aggiunge: "Spero non si torni a guerra fredda". Onu: "Refendum Crimea complica la situazione
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Questo Blogger scrive da Odessa.
A parte l' inglese non pulito, il senso è molto chiaro. inventa un nuovo termine reoligarchification
la RIOLIGARCHIA dell' ucraina.
il ritorno degli oligarchici , riferito prima a Yanukovych e adesso alla Tymoschenko.
I sondaggi danno la Timoshenko al 14% quindi terza , ma la mancanza del forte partito delle regioni
( che prima faceva riferimento a Yanukoviych e adesso non ha un candidato) renderebbe il sondaggio non corretto.
Inoltre il blogger sostiene che Putin potrebbe favorire la Timoschenko.
in alcune regioni i governatori 'nuovi' sono vasalli di Timoschenko.
rimane a mio avviso un problema di CULTURA POLITICA , dopo la caduta del comunismo i paesi ex sovietici non hanno piu una ' vision' politico culturale, il CAPITALISMO non si occupa di progetti ma di gestione degli affari, ( e lo fa nel modo più estremistico ed neoliberista possibile)
e il socialismo democratico non ha un progetto politico culturale o addirittura evoca ancora la dittatura stalinista.
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h1The brazen reoligarchification of Ukraine
March 7, 2014
It is no secret to regular readers that over the past years I have repeatedly stated Ukraine will only progress toward a better future if the likes of Mr Yanukovych and Ms Tymoshenko are consigned to the political history books of Ukraine.
Current opinion polls have Mr Poroshenko leading the presidential popularity race – at about 22%. He is followed by Vitaly Klitshcko at about 18%, with Ms Tymoshenko trailing at around 14% – but in the absence of any Party of Regions candidate thus far, there is a very large voting constituency to play for – and in Ms Tymoshenko’s position, a lot of ground to catch up if she intends to run for president.
To be fair, perhaps she won’t. After all, a return to the 2004 Constitution means parliament takes some powers from the president, and a still angry public opinion would probably give its consent to even greater reduction of presidential power.
Perhaps the office of Prime Minister is more appealing?
However, it is becoming very clear who is currently running the country behind the facade of acting presidents and acting prime ministers. Yulia Tymoshenko. Perhaps unsurprising when considering the make-up of the “national unity government” which is nothing if not a misnomer.
A few rewards for Svoboda, a few appointments for prominent “Maidaners” and the rest Batkivshchyna party members – of which Ms Tymoshenko is the leader.
I have written many, many times – the last occasion being only two days ago – “Ms Tymoshenko knows only autocratic and oligarchical politics. She knows seedy opaque deals. She understands zero sum, conflict and division. As her reception upon her release at Maidan clearly displayed, she represents all the political manifestations that the protesters want to move away from – and all those The Kremlin would be happy to keep.”
It is therefore worrisome to note that regional governors are now being replaced by the oligarchy on a targeted basis. (Before anybody asks why Rinat Akhmetov is not the Donetsk Govenor – he was offered it and refused a few days ago).
Thus far though, fellow oligarchs Igor Kolomoisky, Sergei Taruta have been appointed within regions of Eastern Ukraine. Vadim Novinsky has agreed to become Ms Tymoshenko’s unofficial oligarchical representative for Crimea.
“Ms Tymoshenko knows only autocratic and oligarchical politics” - prophetic to say the least.
The “reoligarchification” (my latest contribution to nonexistent words) of Ukraine has seemingly begun via the opaque leadership of Yulia Tymoshenko and “interim” vassals of her party in power – at least in the parts of Ukraine that her party, her authority and legitimacy is weak.
Whether this is an attempt to sew Ukraine back together via appointing business interests directly into Ukrainian politics through the position of regional governors - a fractured Ukraine is simply bad for (legitimate) business – or whether this is a far more permanent and cancerous move back toward an oligarchical political system that suits Ms Tymoshenko (and as an aside The Kremlin) remains to be seen.
For certain, the politics of democracy with genuine power sharing, consensus, transparency, tolerance and inclusiveness, vertical and horizontal accountability are simply not for Yulia Tymsohenko – she doesn’t understand it.
Let us hope that with the distractions of Crimea, economic disaster and social unrest do not lead Ukraine back to what has gone before.
yulia
In the meantime, it appears the Crimean parliament has voted to return to the Russian Federation, with a public referendum in 10 days from today - Well you can’t say I didn’t see that coming.
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A parte l' inglese non pulito, il senso è molto chiaro. inventa un nuovo termine reoligarchification
la RIOLIGARCHIA dell' ucraina.
il ritorno degli oligarchici , riferito prima a Yanukovych e adesso alla Tymoschenko.
I sondaggi danno la Timoshenko al 14% quindi terza , ma la mancanza del forte partito delle regioni
( che prima faceva riferimento a Yanukoviych e adesso non ha un candidato) renderebbe il sondaggio non corretto.
Inoltre il blogger sostiene che Putin potrebbe favorire la Timoschenko.
in alcune regioni i governatori 'nuovi' sono vasalli di Timoschenko.
rimane a mio avviso un problema di CULTURA POLITICA , dopo la caduta del comunismo i paesi ex sovietici non hanno piu una ' vision' politico culturale, il CAPITALISMO non si occupa di progetti ma di gestione degli affari, ( e lo fa nel modo più estremistico ed neoliberista possibile)
e il socialismo democratico non ha un progetto politico culturale o addirittura evoca ancora la dittatura stalinista.
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h1The brazen reoligarchification of Ukraine
March 7, 2014
It is no secret to regular readers that over the past years I have repeatedly stated Ukraine will only progress toward a better future if the likes of Mr Yanukovych and Ms Tymoshenko are consigned to the political history books of Ukraine.
Current opinion polls have Mr Poroshenko leading the presidential popularity race – at about 22%. He is followed by Vitaly Klitshcko at about 18%, with Ms Tymoshenko trailing at around 14% – but in the absence of any Party of Regions candidate thus far, there is a very large voting constituency to play for – and in Ms Tymoshenko’s position, a lot of ground to catch up if she intends to run for president.
To be fair, perhaps she won’t. After all, a return to the 2004 Constitution means parliament takes some powers from the president, and a still angry public opinion would probably give its consent to even greater reduction of presidential power.
Perhaps the office of Prime Minister is more appealing?
However, it is becoming very clear who is currently running the country behind the facade of acting presidents and acting prime ministers. Yulia Tymoshenko. Perhaps unsurprising when considering the make-up of the “national unity government” which is nothing if not a misnomer.
A few rewards for Svoboda, a few appointments for prominent “Maidaners” and the rest Batkivshchyna party members – of which Ms Tymoshenko is the leader.
I have written many, many times – the last occasion being only two days ago – “Ms Tymoshenko knows only autocratic and oligarchical politics. She knows seedy opaque deals. She understands zero sum, conflict and division. As her reception upon her release at Maidan clearly displayed, she represents all the political manifestations that the protesters want to move away from – and all those The Kremlin would be happy to keep.”
It is therefore worrisome to note that regional governors are now being replaced by the oligarchy on a targeted basis. (Before anybody asks why Rinat Akhmetov is not the Donetsk Govenor – he was offered it and refused a few days ago).
Thus far though, fellow oligarchs Igor Kolomoisky, Sergei Taruta have been appointed within regions of Eastern Ukraine. Vadim Novinsky has agreed to become Ms Tymoshenko’s unofficial oligarchical representative for Crimea.
“Ms Tymoshenko knows only autocratic and oligarchical politics” - prophetic to say the least.
The “reoligarchification” (my latest contribution to nonexistent words) of Ukraine has seemingly begun via the opaque leadership of Yulia Tymoshenko and “interim” vassals of her party in power – at least in the parts of Ukraine that her party, her authority and legitimacy is weak.
Whether this is an attempt to sew Ukraine back together via appointing business interests directly into Ukrainian politics through the position of regional governors - a fractured Ukraine is simply bad for (legitimate) business – or whether this is a far more permanent and cancerous move back toward an oligarchical political system that suits Ms Tymoshenko (and as an aside The Kremlin) remains to be seen.
For certain, the politics of democracy with genuine power sharing, consensus, transparency, tolerance and inclusiveness, vertical and horizontal accountability are simply not for Yulia Tymsohenko – she doesn’t understand it.
Let us hope that with the distractions of Crimea, economic disaster and social unrest do not lead Ukraine back to what has gone before.
yulia
In the meantime, it appears the Crimean parliament has voted to return to the Russian Federation, with a public referendum in 10 days from today - Well you can’t say I didn’t see that coming.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
Da profugo istriano vorrei dire che fare un referendum " per fare affermare il diritto per tutti i popoli di stabilire in piena libertà, quando e come lo desiderano, il loro regime politico senza ingerenza esterna e di perseguire come desiderano il loro sviluppo economico, sociale e culturale " è un concetto ribadito da più parti ai vari livelli internazionali e incluso in diversi trattati .
Concetto giustissimo che però dovrebbe tener conto della storia passata dei popoli in quei territori;
infatti se si facesse un referendum limitato solo ai residenti da almeno tre generazioni avrebbe un certo significato positivo, mentre se si permetesse a tutti i residenti , non tenendo conto delle deportazioni di massa e dei trasferimenti di massa di intere popolazioni fatte in tempi abbastanza recenti, avrebbe tuttaltro significato del tutto negativo.
Mi sembra alquanto strano che considerazioni del genere non siano state fatte in occasione della richiesta di referendum sostenuta da Putin.
Concetto giustissimo che però dovrebbe tener conto della storia passata dei popoli in quei territori;
infatti se si facesse un referendum limitato solo ai residenti da almeno tre generazioni avrebbe un certo significato positivo, mentre se si permetesse a tutti i residenti , non tenendo conto delle deportazioni di massa e dei trasferimenti di massa di intere popolazioni fatte in tempi abbastanza recenti, avrebbe tuttaltro significato del tutto negativo.
Mi sembra alquanto strano che considerazioni del genere non siano state fatte in occasione della richiesta di referendum sostenuta da Putin.
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
IL presidente era stato eletto democraticamente.Gli Usa devono sempre metterci il naso ovulque.La passionaria messa in carcere ed ora di nuovo all'apice, si era arricchita con ilGas Russo.Ora c'è un caos.MI chiedo cosa credono di trovare entrando in europa (miseria) democrazia come la nostra, puoi solo parlare ma non cambia niente.Dobbiamo sborsare noi europei soldi anche per i loro debiti, quindi anche soldi nostri.Un referentum per la Crimea è OK.
Sono pieni di debiti con la Russia con il gas.Io personalmente ho parlato con diverse donne badante ecc....Sapete cosa dicono stavano meglio prima chye ora.
Quando erano nel blocco sovietico.Gli USA devono invece smetterla con L'America latina con il Venezuela.
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Russia-Ucraina: invasione di Crimea, anche l’Italia va alla guerra
di Toni De Marchi | 4 marzo 2014
Finalmente la martellante campagna sulle “eccellenze italiane” del già premier Enrico Letta ha trovato una straordinaria, per quanto insospettabile, vetrina. La conferma che Italians Do It Better è da giorni sparata H24 dai televisori di tutto il mondo. Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (e ci aggiungerei anche dal Dnepr al Mississippi), ogni volta che arriva un’immagine dalla Crimea va in onda uno spottone gigante alla creatività italiana, ma soprattutto alla Iveco che produce quei blindati Lince che vediamo circondare le caserme dell’Esercito ucraino assieme a gente in divisa ma senza contrassegni.
Sono invece sicuramente delle forze armate russe di Crimea le targhe che si vedono sotto i radiatori di questi blindati che molti conoscono perché sono diventati epitomi del made in Italy militare. Gli Humvee de noantri, ma più belli e qualcuno dice anche migliori di quelli yankee. D’altronde la Ferrari è dalle nostre parti, e tramite la Fiat è pure cugina dell’Iveco.
Quelle targhe hanno raccontato fin dal primo momento, nonostante la sparizione di tutti i distintivi e dei contrassegni, che i soi disant miliziani erano in realtà soldati dell’armata russa. Certo, alla compianta casalinga di Voghera quelle specie di Suv oversize non avranno detto granché. Ma hanno parlato e parlano invece ad alta voce agli esperti e analisti militari. Che così forse si potranno meglio convincere delle loro qualità.
Infatti, pur tra molte polemiche, i Lince che trasportano in lungo e in largo le truppe moscovite non solo sono stati acquistati dall’Esercito russo, ma vengono anche costruiti su licenza laggiù. Tanto da farne probabilmente il primo utilizzatore al mondo con un numero di veicoli ordinati variabile tra i 1700 e i 3000, a seconda delle fonti. Un bel po’ di più dei 1200 circa in servizio con l’Esercito italiano.
Sento già un aggrottar di ciglia. Ma a noi? Beh, vuoi mettere l’orgoglio italiano (facciamo squadra, no?) di vedere le nostre eccellenze servire in prima linea sui fronti più caldi del mondo? Per non dire del fatto che potremmo riempire i dépliant dell’Iveco di foto del Lince con stampigliato sopra Tested in Crimea come fecero i francesi dopo la guerra delle Malvinas/Falkland con l’immagine di un missile Exocet (vero) che impattava su una nave e la scritta Combat proven. Incidentalmente, gli Exocet argentini affondarono o danneggiarono quattro navi britanniche, tra cui il cacciatorpediniere HMS Sheffield dove morirono non meno di venti persone. Ma business is business.
Certo, nessun Lince ucciderà mai direttamente qualcuno, a parte quando si ribalta perché viaggia troppo veloce (la Magistratura lo fece anche sequestrare per questo). Ma sempre un mezzo da guerra è, e con i mezzi da guerra cosa si fa di solito? Beh, secondo i bellimbusti del nostro Ministero della Difesa si distribuiscono libri, cioccolatini e caramelle ai bambini afghani. Un’opinione non condivisa dai russi, che evidentemente non riescono proprio a vedere queste sue qualità di messaggero di pace e dunque lo usano, impropriamente, per fare la guerra. Anche una ingiusta e azzardata come è quella di Crimea secondo la definizione di quel Barack Obama, premio Nobel per la pace (alle intenzioni non realizzate) che invece manda in giro per il mondo quei bellissimi pacificatori volanti che sono i drone spara missili.
Per cui, testa alta e petto in fuori. L’orgoglio italiano è salvo, il fare squadra dà risultati, risultati tangibili. E ci dà anche una possibilità di commemorare, giusto in tempo per l’Expo universale di Milano, i 160 anni della nostra guerra di Crimea. Allora mandammo lì un’altra eccellenza italiana, i bersaglieri di Alessandro La Marmora (che, poveretto, mentre i suoi correvano piume al vento lui ci lasciò le penne per il colera). Alla battaglia della Cernaia è intitolato ancor oggi un battaglione di bersaglieri oltre a innumerevoli caserme. In omaggio al realismo degli affari, magari il prossimo anno qualcuna la potremmo ribattezzare Lince. O Рысь, come scrivono da quelle parti. A proposito: come si dice “fare squadra” in russo?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03 ... ra/902042/
Paolo11
Sono pieni di debiti con la Russia con il gas.Io personalmente ho parlato con diverse donne badante ecc....Sapete cosa dicono stavano meglio prima chye ora.
Quando erano nel blocco sovietico.Gli USA devono invece smetterla con L'America latina con il Venezuela.
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Russia-Ucraina: invasione di Crimea, anche l’Italia va alla guerra
di Toni De Marchi | 4 marzo 2014
Finalmente la martellante campagna sulle “eccellenze italiane” del già premier Enrico Letta ha trovato una straordinaria, per quanto insospettabile, vetrina. La conferma che Italians Do It Better è da giorni sparata H24 dai televisori di tutto il mondo. Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno (e ci aggiungerei anche dal Dnepr al Mississippi), ogni volta che arriva un’immagine dalla Crimea va in onda uno spottone gigante alla creatività italiana, ma soprattutto alla Iveco che produce quei blindati Lince che vediamo circondare le caserme dell’Esercito ucraino assieme a gente in divisa ma senza contrassegni.
Sono invece sicuramente delle forze armate russe di Crimea le targhe che si vedono sotto i radiatori di questi blindati che molti conoscono perché sono diventati epitomi del made in Italy militare. Gli Humvee de noantri, ma più belli e qualcuno dice anche migliori di quelli yankee. D’altronde la Ferrari è dalle nostre parti, e tramite la Fiat è pure cugina dell’Iveco.
Quelle targhe hanno raccontato fin dal primo momento, nonostante la sparizione di tutti i distintivi e dei contrassegni, che i soi disant miliziani erano in realtà soldati dell’armata russa. Certo, alla compianta casalinga di Voghera quelle specie di Suv oversize non avranno detto granché. Ma hanno parlato e parlano invece ad alta voce agli esperti e analisti militari. Che così forse si potranno meglio convincere delle loro qualità.
Infatti, pur tra molte polemiche, i Lince che trasportano in lungo e in largo le truppe moscovite non solo sono stati acquistati dall’Esercito russo, ma vengono anche costruiti su licenza laggiù. Tanto da farne probabilmente il primo utilizzatore al mondo con un numero di veicoli ordinati variabile tra i 1700 e i 3000, a seconda delle fonti. Un bel po’ di più dei 1200 circa in servizio con l’Esercito italiano.
Sento già un aggrottar di ciglia. Ma a noi? Beh, vuoi mettere l’orgoglio italiano (facciamo squadra, no?) di vedere le nostre eccellenze servire in prima linea sui fronti più caldi del mondo? Per non dire del fatto che potremmo riempire i dépliant dell’Iveco di foto del Lince con stampigliato sopra Tested in Crimea come fecero i francesi dopo la guerra delle Malvinas/Falkland con l’immagine di un missile Exocet (vero) che impattava su una nave e la scritta Combat proven. Incidentalmente, gli Exocet argentini affondarono o danneggiarono quattro navi britanniche, tra cui il cacciatorpediniere HMS Sheffield dove morirono non meno di venti persone. Ma business is business.
Certo, nessun Lince ucciderà mai direttamente qualcuno, a parte quando si ribalta perché viaggia troppo veloce (la Magistratura lo fece anche sequestrare per questo). Ma sempre un mezzo da guerra è, e con i mezzi da guerra cosa si fa di solito? Beh, secondo i bellimbusti del nostro Ministero della Difesa si distribuiscono libri, cioccolatini e caramelle ai bambini afghani. Un’opinione non condivisa dai russi, che evidentemente non riescono proprio a vedere queste sue qualità di messaggero di pace e dunque lo usano, impropriamente, per fare la guerra. Anche una ingiusta e azzardata come è quella di Crimea secondo la definizione di quel Barack Obama, premio Nobel per la pace (alle intenzioni non realizzate) che invece manda in giro per il mondo quei bellissimi pacificatori volanti che sono i drone spara missili.
Per cui, testa alta e petto in fuori. L’orgoglio italiano è salvo, il fare squadra dà risultati, risultati tangibili. E ci dà anche una possibilità di commemorare, giusto in tempo per l’Expo universale di Milano, i 160 anni della nostra guerra di Crimea. Allora mandammo lì un’altra eccellenza italiana, i bersaglieri di Alessandro La Marmora (che, poveretto, mentre i suoi correvano piume al vento lui ci lasciò le penne per il colera). Alla battaglia della Cernaia è intitolato ancor oggi un battaglione di bersaglieri oltre a innumerevoli caserme. In omaggio al realismo degli affari, magari il prossimo anno qualcuna la potremmo ribattezzare Lince. O Рысь, come scrivono da quelle parti. A proposito: come si dice “fare squadra” in russo?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03 ... ra/902042/
Paolo11
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
http://www.beppegrillo.it/videos/0_rjntfh1v.php
L’Ucraina è una rivolta del bene contro il male, dei pacifisti contro i carnefici? Oppure c’è un’altra verità? Una verità che pochi conoscono e che invece dovreste conoscere per capire che cosa sta davvero accadendo. Io vi spiegherò nell’intervento tra pochi istanti quella che secondo me è la vera posta in gioco e come si combatte in Ucraina e in Crimea. Marcello Foa
Un saluto agli utenti del Blog di Beppe Grillo, sono Marcello Foa, giornalista di scuola montanelliana, insegno anche comunicazione, giornalismo all’Università Lusi di Lugano e per anni sono stato inviato speciale. Da un decennio sono un esperto di tecniche di orientamento e di manipolazione dei media. Che cosa avete capito della crisi in Ucraina? In fondo una storia molto semplice: il glorioso popolo ucraino che si ribella, lotta contro il dittatore Yanukovich, il cattivo Yanukovich, le proteste vincono a prezzo di qualche scontro di strada, Putin si arrabbia e occupa la Crimea. Sullo fondo la richiesta degli ucraini, del popolo ucraino di entrare nell’Unione Europea. Fine delle trasmissioni.
In realtà la storia è un po’ diversa perché per capire che cosa sta accadendo davvero in Ucraina bisogna considerare le nuove tecniche di comunicazione e di manipolazione dell’opinione pubblica. Bisogna considerare due fattori: primo, dalla metà degli anni Novanta l’Ucraina è diventata uno scenario strategico importante, da quando Brzezinski lo indicò come un obiettivo prioritario per gli interessi dell’Occidente. Secondo punto, dalla fine degli anni Novanta si applicano tecniche di occupazione del potere molto diverse rispetto a quelle usate fino a quel momento.
Funziona così: proteste di piazza in apparenza spontanee sono in realtà pianificate con cura e guidate per il tramite di Organizzazioni non governative, Associazioni umanitarie e partiti politici; in un crescendo di operazioni pubbliche amplificate dai media internazionali e con appoggi all’interno delle istituzioni, in particolare dell’esercito, che finiscono per provocare la caduta del “tiranno”.
Si fa salire la tensione, le proteste fino al momento in cui il Presidente, per quanto in apparenza potente, cede e va via. Queste tecniche furono ideate alla fine degli anni Novanta, e applicate per la prima volta in Serbia alla fine degli anni Novanta. Ricorderete Milošević, sembrava fortissimo benché sconfitto in Kosovo, improvvisamente fu costretto alle dimissioni grazie alle proteste di piazza di un movimento.
Quell’esperimento ebbe un successo clamoroso e fu ripetuto altre volte. Fu ripetuto sempre nello spazio dell’ex Unione Sovietica, in Georgia, in Kirghizistan e in Ucraina nel 2004 quando la rivoluzione arancione ebbe un clamoroso successo emozionando tutti noi. Era il periodo natalizio, seguimmo quella rivoluzione dagli schermi e facemmo tutti il tifo per quella bella rivoluzione, che portò al potere per la prima volta un leader, amico degli occidentali, degli americani e nemico dei russi.
Fu proprio in quell’occasione però che Putin,fino a quel momento in rapporti ottimi con gli americani, capì che cosa stava accadendo e decise di reagire. Reagì usando gli stessi metodi: cominciò a tagliare il petrolio, a fare pressioni sociali, a spaccare l’opinione pubblica interna fino a quando nel 2010 Yanukovich vinse le elezioni e per cui l’Ucraina della sfera americana tornò nella sfera russa.
Se non si è consapevoli di questi movimenti con un’origine piuttosto lunga non si capisce quello che è accaduto in questi giorni, perché è andato in scena esattamente lo stesso scenario. Le manifestazioni di piazza sono state in buona parte ispirate, organizzate, incoraggiate da dei professionisti. La variabile nuova emersa è molto inquietante perché accanto a migliaia di pacifisti sinceri e disinteressati che nemmeno riuscivano a leggere questi disegni, sono apparsi degli estremisti neonazisti impresentabili che per la prima volta, rispetto ad altre rivoluzioni pacifiste. Hanno usato delle tecniche di guerriglia sofisticate: assalto ai ministeri, barricate, bombe molotov e con modalità ulteriori molto sorprendenti e inquietanti, perché in questi giorni abbiamo avuto la prova che dei cecchini hanno sparato sia sui manifestanti, sia sull’esercito, facendo però ricadere la colpa su Yanukovich. Tutto questo ovviamente per fomentare il caos che poi ha portato alla caduta di Yanukovich.
Perché è successo proprio alla fine di febbraio? Perché è accaduto proprio durante i giochi olimpici di Soci, ovvero sull’evento internazionale che Putin aveva pianificato per rinverdire l’immagine di Russia come potenza. In quei giorni la Russia non poteva permettersi di intervenire, né di reagire nell’Ucraina, e proprio in quei giorni la guerriglia armata, perché tale è stata, ha esercitato la massima pressione costringendo Yanukovich alle dimissioni.
Finite le Olimpiadi Putin ha risposto in maniera meno sofisticata, ma in modo altrettanto sorprendente invadendo o comunque occupando la Crimea che ormai è evidente, si avvia verso l’indipendenza dall' Ucraina.
Questo cosa significa? Oggi le guerre, gli scontri di potere molto spesso avvengono attraverso queste modalità, queste tecniche di comunicazione e di manipolazione delle masse e dell’opinione pubblica,estremamente sofisticate, usate anche in tempi recenti in Tunisia, in Egitto e in maniera drammatica e violenta in Siria e in Libia.
Tutto questo con un corollario dei media. Perché i media sono importanti? Per una ragione molto semplice: se una rivoluzione, un movimento di piazza non ha un audience televisiva importante non esiste e per il regime è facilissimo reprimerlo. In più, se ci sono i grandi media internazionali, e pensiamo al peso della Cnn ma in generale di tutti i media che parlano in maniera intensa di quell’argomento, i manifestanti si sentono sostenuti e ringalluzziti e il potere si sente sempre più fragile. Fino a quando non è costretto a cedere e, chiaramente, chi perde viene descritto come il dittatore, il cattivo, l’impresentabile anche quando in realtà non lo è. Nel caso di Yanukovich non c’è gara, era l’uomo dei russi benché i russi non lo amassero troppo, ma se noi pensiamo a Mubarak o piuttosto a Ben Ali in Egitto e in Tunisia che sono stati amici a lungo dell’Occidente, ci rendiamo conto di quanto spregiudicate possono essere queste tecniche moderne che vengono usate in maniera molto più diffusa di quanto l’opinione pubblica possa capire.
Dunque la guerra non dichiarata tra Stati Uniti e Russia per il controllo di questo territorio durerà ancora a lungo con colpi informali, asimmetrici, metodi non convenzionali che a mio giudizio l’opinione pubblica quasi sempre non riuscirà a capire.
Secondo punto, in genere chi vuole capire davvero che cosa accade nel mondo non può accontentarsi di una lettura superficiale, limitata solo alle grandi tematiche lanciate dai media, ma, per quanto possibile, deve cercare di leggere in trasparenza per capire e per cogliere quei segnali, e ce ne sono sempre tanti, che indicano quando un movimento è davvero spontaneo oppure quando il movimento è indotto per fini e con ispiratori, che non si mostrano quasi mai.
E se avete trovato interessante questo intervento non esitate a farlo circolare e passate parola!
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IL video.
Ciao
Paolo11
L’Ucraina è una rivolta del bene contro il male, dei pacifisti contro i carnefici? Oppure c’è un’altra verità? Una verità che pochi conoscono e che invece dovreste conoscere per capire che cosa sta davvero accadendo. Io vi spiegherò nell’intervento tra pochi istanti quella che secondo me è la vera posta in gioco e come si combatte in Ucraina e in Crimea. Marcello Foa
Un saluto agli utenti del Blog di Beppe Grillo, sono Marcello Foa, giornalista di scuola montanelliana, insegno anche comunicazione, giornalismo all’Università Lusi di Lugano e per anni sono stato inviato speciale. Da un decennio sono un esperto di tecniche di orientamento e di manipolazione dei media. Che cosa avete capito della crisi in Ucraina? In fondo una storia molto semplice: il glorioso popolo ucraino che si ribella, lotta contro il dittatore Yanukovich, il cattivo Yanukovich, le proteste vincono a prezzo di qualche scontro di strada, Putin si arrabbia e occupa la Crimea. Sullo fondo la richiesta degli ucraini, del popolo ucraino di entrare nell’Unione Europea. Fine delle trasmissioni.
In realtà la storia è un po’ diversa perché per capire che cosa sta accadendo davvero in Ucraina bisogna considerare le nuove tecniche di comunicazione e di manipolazione dell’opinione pubblica. Bisogna considerare due fattori: primo, dalla metà degli anni Novanta l’Ucraina è diventata uno scenario strategico importante, da quando Brzezinski lo indicò come un obiettivo prioritario per gli interessi dell’Occidente. Secondo punto, dalla fine degli anni Novanta si applicano tecniche di occupazione del potere molto diverse rispetto a quelle usate fino a quel momento.
Funziona così: proteste di piazza in apparenza spontanee sono in realtà pianificate con cura e guidate per il tramite di Organizzazioni non governative, Associazioni umanitarie e partiti politici; in un crescendo di operazioni pubbliche amplificate dai media internazionali e con appoggi all’interno delle istituzioni, in particolare dell’esercito, che finiscono per provocare la caduta del “tiranno”.
Si fa salire la tensione, le proteste fino al momento in cui il Presidente, per quanto in apparenza potente, cede e va via. Queste tecniche furono ideate alla fine degli anni Novanta, e applicate per la prima volta in Serbia alla fine degli anni Novanta. Ricorderete Milošević, sembrava fortissimo benché sconfitto in Kosovo, improvvisamente fu costretto alle dimissioni grazie alle proteste di piazza di un movimento.
Quell’esperimento ebbe un successo clamoroso e fu ripetuto altre volte. Fu ripetuto sempre nello spazio dell’ex Unione Sovietica, in Georgia, in Kirghizistan e in Ucraina nel 2004 quando la rivoluzione arancione ebbe un clamoroso successo emozionando tutti noi. Era il periodo natalizio, seguimmo quella rivoluzione dagli schermi e facemmo tutti il tifo per quella bella rivoluzione, che portò al potere per la prima volta un leader, amico degli occidentali, degli americani e nemico dei russi.
Fu proprio in quell’occasione però che Putin,fino a quel momento in rapporti ottimi con gli americani, capì che cosa stava accadendo e decise di reagire. Reagì usando gli stessi metodi: cominciò a tagliare il petrolio, a fare pressioni sociali, a spaccare l’opinione pubblica interna fino a quando nel 2010 Yanukovich vinse le elezioni e per cui l’Ucraina della sfera americana tornò nella sfera russa.
Se non si è consapevoli di questi movimenti con un’origine piuttosto lunga non si capisce quello che è accaduto in questi giorni, perché è andato in scena esattamente lo stesso scenario. Le manifestazioni di piazza sono state in buona parte ispirate, organizzate, incoraggiate da dei professionisti. La variabile nuova emersa è molto inquietante perché accanto a migliaia di pacifisti sinceri e disinteressati che nemmeno riuscivano a leggere questi disegni, sono apparsi degli estremisti neonazisti impresentabili che per la prima volta, rispetto ad altre rivoluzioni pacifiste. Hanno usato delle tecniche di guerriglia sofisticate: assalto ai ministeri, barricate, bombe molotov e con modalità ulteriori molto sorprendenti e inquietanti, perché in questi giorni abbiamo avuto la prova che dei cecchini hanno sparato sia sui manifestanti, sia sull’esercito, facendo però ricadere la colpa su Yanukovich. Tutto questo ovviamente per fomentare il caos che poi ha portato alla caduta di Yanukovich.
Perché è successo proprio alla fine di febbraio? Perché è accaduto proprio durante i giochi olimpici di Soci, ovvero sull’evento internazionale che Putin aveva pianificato per rinverdire l’immagine di Russia come potenza. In quei giorni la Russia non poteva permettersi di intervenire, né di reagire nell’Ucraina, e proprio in quei giorni la guerriglia armata, perché tale è stata, ha esercitato la massima pressione costringendo Yanukovich alle dimissioni.
Finite le Olimpiadi Putin ha risposto in maniera meno sofisticata, ma in modo altrettanto sorprendente invadendo o comunque occupando la Crimea che ormai è evidente, si avvia verso l’indipendenza dall' Ucraina.
Questo cosa significa? Oggi le guerre, gli scontri di potere molto spesso avvengono attraverso queste modalità, queste tecniche di comunicazione e di manipolazione delle masse e dell’opinione pubblica,estremamente sofisticate, usate anche in tempi recenti in Tunisia, in Egitto e in maniera drammatica e violenta in Siria e in Libia.
Tutto questo con un corollario dei media. Perché i media sono importanti? Per una ragione molto semplice: se una rivoluzione, un movimento di piazza non ha un audience televisiva importante non esiste e per il regime è facilissimo reprimerlo. In più, se ci sono i grandi media internazionali, e pensiamo al peso della Cnn ma in generale di tutti i media che parlano in maniera intensa di quell’argomento, i manifestanti si sentono sostenuti e ringalluzziti e il potere si sente sempre più fragile. Fino a quando non è costretto a cedere e, chiaramente, chi perde viene descritto come il dittatore, il cattivo, l’impresentabile anche quando in realtà non lo è. Nel caso di Yanukovich non c’è gara, era l’uomo dei russi benché i russi non lo amassero troppo, ma se noi pensiamo a Mubarak o piuttosto a Ben Ali in Egitto e in Tunisia che sono stati amici a lungo dell’Occidente, ci rendiamo conto di quanto spregiudicate possono essere queste tecniche moderne che vengono usate in maniera molto più diffusa di quanto l’opinione pubblica possa capire.
Dunque la guerra non dichiarata tra Stati Uniti e Russia per il controllo di questo territorio durerà ancora a lungo con colpi informali, asimmetrici, metodi non convenzionali che a mio giudizio l’opinione pubblica quasi sempre non riuscirà a capire.
Secondo punto, in genere chi vuole capire davvero che cosa accade nel mondo non può accontentarsi di una lettura superficiale, limitata solo alle grandi tematiche lanciate dai media, ma, per quanto possibile, deve cercare di leggere in trasparenza per capire e per cogliere quei segnali, e ce ne sono sempre tanti, che indicano quando un movimento è davvero spontaneo oppure quando il movimento è indotto per fini e con ispiratori, che non si mostrano quasi mai.
E se avete trovato interessante questo intervento non esitate a farlo circolare e passate parola!
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Ciao
Paolo11
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Re: Ucraina, 100mila europeisti sfidano il divieto a manifes
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