Il "nuovo" governo Renzi
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Re: Il nuovo governo Renzi
LA CATTIVERIA
Dell'Utri:"Renzi bravissimo,
L'avrei assunto in Pubblitalia"
Berlusconi l'ha appena fatto.
p.cor.
NB. La notizia di Dell'Utri è stata pubblicata ieri sul Corriere della Sera.
Dell'Utri:"Renzi bravissimo,
L'avrei assunto in Pubblitalia"
Berlusconi l'ha appena fatto.
p.cor.
NB. La notizia di Dell'Utri è stata pubblicata ieri sul Corriere della Sera.
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Re: Il nuovo governo Renzi
Sinceramente mi stò chiedento da qualche tempo se è meglio lasciare L'euro.Troppe cose non mi tornato.
Ci stanno togliendo la sovranità.
Non possiamo fare certe cose.
Poi spesso incorriamo su le infrazioni questo è il colmo.Oltre a versare soldi all'unione europea.Ci fanno pagare delle multe se non abbiamo fatto bene i compiti, Pur essendo in una situazione finanziaria disastrosa ci mancano le mul
te.
Ho cambia tutta la struttura che hanno messo in piedi oppure a mio avviso sarebbe meglio tornare alla nostra vecchia moneta.
Certamente voterò per il M5S alle europee.
Ciao
Paolo11
Ci stanno togliendo la sovranità.
Non possiamo fare certe cose.
Poi spesso incorriamo su le infrazioni questo è il colmo.Oltre a versare soldi all'unione europea.Ci fanno pagare delle multe se non abbiamo fatto bene i compiti, Pur essendo in una situazione finanziaria disastrosa ci mancano le mul
te.
Ho cambia tutta la struttura che hanno messo in piedi oppure a mio avviso sarebbe meglio tornare alla nostra vecchia moneta.
Certamente voterò per il M5S alle europee.
Ciao
Paolo11
Ultima modifica di paolo11 il 14/03/2014, 19:44, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il nuovo governo Renzi
paolo11 ha scritto:Sinceramente mi stò chiedento da qualche tempo se è meglio lasciare L'euro.Troppe cose non mi tornato.
Ci stanno togliendo la sovranità.
Non possiamo fare certe cose.
Poi spesso incorriamo su le infrazioni questo è il colmo.Oltre a versare soldi all'unione europea.Ci fanno pagare delle multe se non abbiamo fatto bene i compiti, Pur essendo in una situazione finanziaria disastrosa ci mancano le muote.
Ho cambia tutta la struttura che hanno messo in piedi oppure a mio avviso sarebbe meglio tornare alla nostra vecchia monetaCertamente voterò per il M5S alle europee.
Ciao
Paolo11
Caro Paolo,
ti chiedo quello che chiedo a tutti. Uscendo dall’euro saremo in grado di sopportare economicamente una svalutazione tra il 40 e il 60 %?
La situazione economica è più grave di quella che ci raccontano. Sfasceremmo tutto quanto.
Si avvantaggerebbero solo le aziende che esportano.
Mentre verremmo penalizzati in tutte le importazioni.
Se mi raddoppia ad esempio il costo dei carburanti, l’economia interna va a farsi benedire.
Il debito estero che siamo costretti a restituire raddoppierebbe.
Pensi che siamo così virtuosi da superare tutto questo?
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Re: Il nuovo governo Renzi
Grillo e il M5s decidano: dentro o fuori l’euro, basta traccheggiare
16 - 12 - 2013Antonio Maria Rinaldi
Ecco l'intervento integrale del prof. Antonio Rinaldi tenuto alla Camera durante il convegno "Europa e Euro: opportunità o schiavitù?", terzo appuntamento del ciclo di incontri promossi dal gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle con economisti ed esperti per discutere delle politiche europee, dell'impatto dei vincoli dell'Ue sulla nostra economia e delle prospettive della moneta unica
Sono un europeista convinto ma non mi identifico in questa Europa. Un conto è l’Unione Europea e un’altra l’Unione monetaria. Ultimamente troppi fanno voluta confusione nell’accumunare l’Europa con l’euro, prendendo pretestuosamente per antieuropeisti chi combatte l’euro! E proprio per ristabilire l’ordine delle cose, mi sento talmente europeista da poter affermare serenamente che per poter salvare l’Europa bisogna urgentemente liberarsi dall’euro!
Gli attuali eurosostenitori sono proprio quelli invece che faranno naufragare, non solo la moneta unica nel peggiore dei modi, ma anche lo stesso concetto d’Europa. Se oggi in tutto il Continente europeo monta la protesta è proprio a causa dell’appartenenza ad una errata stessa area valutaria, nata con il pretesto di unire un mercato comune secondo l’assioma “one market, one money”, ma nella realtà per creare un subdolo sistema superiore di governo al fine di estraniare le democrazie dei paesi membri dai processi decisionali. Il mercato comune si è rivelato essere una farsa: in 22 anni di Maastricht non si è voluto uniformare neanche le aliquote IVA, conditio essenziale per l’effettiva libera circolazione di beni e servizi. Invece è accaduto qualcosa di diverso: giorno dopo giorno, i cittadini europei sono stati esautorati da qualsiasi diritto di rappresentanza, la maggioranza dei governi europei è stato completamente spogliato da qualsiasi strumento per poter contrastare la Commissione EU e da tutti i meccanismi tecnici predisposti ad hoc al fine di affidare al sistema delle regole sempre più rigide la conduzione monetaria comune, attivando un vero e proprio pilota automatico.
Si è completamente interrotto il collegamento democratico fra cittadinanza e Istituzioni e il potere è stato assunto da euroburocrati autoreferenziali non eletti i quali perseguono interessi non condivisi e smaccatamente di parte, avendo preferito affidare il consenso ai mercati e non ai cittadini per la certificazione della correttezza delle scelte di politica economica a supporto della sopravvivenza dell’euro.
Coloro i quali sostengono ingenuamente, o in modo complice, che i problemi dell’euro possano essere risolti con la vulgata del “più Europa” non comprendono, o non vogliono comprendere, che la via della revisione dei Trattati e dei Regolamenti non è perseguibile perché non produrrà alcun beneficio. Che potere contrattuale hanno i nostri rappresentanti se non riescono neanche ad ottenere di sforare dello 0,1% il rapporto deficit/PIL, quando per anni altri hanno fatto i loro comodi e la Francia viaggia attualmente oltre il 4% e la Spagna verso il 7%?
Da Maastricht ad oggi le regole di convergenza si sono sempre più irrigidite e la dimostrazione più evidente è l’adozione del Patto di Stabilità e Crescita e il meccanismo di tutela MES. Essi certificano la volontà di estraniare sempre più la volontà popolare dai processi decisionali affidandole al regime delle regole con un sistema punitivo che ricorda più i metodi usati nel medioevo che nella società civile. Chi ancora non ha compreso che sotto i nostri stessi occhi è stata modificata la natura stessa della moneta che sarebbe dovuta essere plasmata per andare incontro alle esigenze della realtà economica, mentre è la realtà economica che deve adeguarsi alla rigidità della moneta?
In questi giorni siamo stati testimoni di due affermazioni veramente suggestive. Enrico Letta ha dichiarato che il PD è il baricentro della democrazia. Peccato che non abbia ammesso che per lui il fulcro del baricentro sia Berlino e non l’Italia visto che, insieme al bravo Renzi, si è già precipitato più volte dalla Merkel a fare l’inchino per accreditare i propri servigi e ribadire fedeltà assoluta. E poi il delfino Renzi, che come dice Bagnai, dopo il voto di fiducia alla Cancellieri è diventato anche lui uno dei tanti tonni nella tonnara, lanciare la sfida a Grillo. “Beppe firma qui o sei un buffone”. Premesso che Renzi è circondato da personaggi, dentro e fuori il Parlamento, che non scherzano in materia, sarebbe un’opportunità da parte di Grillo rilanciare la sfida con una controproposta.
Però affinché questo possa avvenire, il M5S deve prendere prima una netta e precisa decisione. Sostenere, senza se e senza ma, il ritorno alla piena Sovranità, non solo monetaria, ma che serva a far riguadagnare la dignità ad una Nazione che è stata letteralmente svenduta in nome di un liberismo finanziario che non ha tenuto conto degli interessi della cittadinanza e della maggior parte del sistema delle imprese. Solo dopo questa chiara scelta, condivisa da tutta la base, potrà andare da Renzi e rilanciare: se non t’impegni anche tu nel ridare al popolo italiano il ripristino dei principi democratici e costituzionali, ripudiando la moneta unica e le sue regole non forgiate per il suo DNA che stanno letteralmente uccidendo il Paese, allora sei un venduto anche tu!
Se per queste mie affermazioni ora sarò additato come populista, allora si sappia che sono ben fiero e orgoglioso di esserlo, almeno mi differenzio dai maggiordomi proni e chini che hanno barattato il proprio Paese per un piatto di lenticchie! Sembra di assistere a una partita dove i giocatori segnano nella propria porta e non in quella avversaria e poi esultano pure! Abbiamo il dovere di rispettare i sacrifici dei nostri padri che hanno fatto risorgere questa Italia democratica e repubblicana e l’obbligo, nei confronti delle nostre generazioni future, di non consentire che il nostro Paese diventi una irreversibile colonia del Nord.
Inutile ormai negarlo: la frettolosa costruzione di una area valutaria concepita con regole di convergenza aleatorie e parametrate esclusivamente al debito pubblico, e non anche ad esempio a quello privato, e rapportate al PIL, a cui si è voluto affidare per il suo mantenimento un modello economico che non ha riscontri nella letteratura economica, ha decretato il suo totale fallimento! Si sostiene che il presupposto per perseguire la crescita risieda nel pareggio di bilancio e nella riduzione pianificata dell’eccedenza del surplus dello stock del debito pubblico superiore al 60%. S’ignora però che per perseguire la stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione, si violenta costantemente l’art.1 della nostra Carta Costituzionale: L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e non sul pareggio di bilancio e pertanto va contro ogni logica della crescita, dello sviluppo, dell’occupazione e del mantenimento dello Stato sociale. Questo folle dogma è perseguito solo da 17 paesi dei 204 che compongono il Pianeta Terra!!! I Trattati e i Regolamenti europei sono illegittimi e in contrasto non solo con i dettami Costituzionali di gran parte dei paesi membri, ma contro ogni logica economica e del buon senso.
La Banca Centrale Europea non è poi una effettiva Banca Centrale: chi non l’ha ancora capito che è solamente la guardiana-garante della stabilità dei prezzi e tutta la sua attività è tesa a questo obiettivo? La partecipazione a questa area valutaria comune, che esprime non una moneta comune ma bensì esclusivamente un accordo rigido di cambi fissi, non potendo monetizzare anche parzialmente i fabbisogni finanziari di uno Stato, considera, condannandoli, i cittadini e le imprese come i veri prestatori di ultima istanza! Questa non è democrazia, ma dittatura economica!
Nell’audizione dello scorso 5 dicembre alla Commissione Finanze della Camera ho ribadito, senza mezzi termini, che l’Italia si deve fare promotrice di una moratoria nei confronti del Fiscal Compact e del MES e non considerare l’art. 81 della nostra Costituzione che impavidamente è stata modificata per il pareggio di bilancio. Il solo rispetto del F.C. dall’1.1.2015, ci costringerebbe al reperimento aggiuntivo annuo di 53/55Mld per la riduzione pianificata di un ventesimo dell’eccedenza del debito e di 39/40Mld per comprimere allo 0,5% tollerato il rapporto deficit/PIL. Non si sente nel Governo una sola voce che urli questa follia impossibile da rispettare! Non sono riusciti a raschiare dal fondo del barile un solo miliardo per posticipare di tre mesi l’aumento di un punto percentuale di IVA! Inoltre ho suggerito di approntare con urgenza un credibile e serio Piano B per una uscita ordinata e concordata per evitare che l’inevitabile uscita avvenga in modo disordinata infliggendo ulteriori pesanti disagi alla Nazione nel caso in cui potremmo essere costretti ad un abbandono forzato. Naturalmente ho anche ricordato che, a dispetto di quanto è sbandierato da Letta, il semestre di Presidenza dell’Unione Europea è puramente simbolico in quanto privo di qualsiasi potere decisionale.
Cosa fare perciò? L’idea rilanciata il 1 dicembre a Genova al V-Day di effettuare un referendum sull’euro non mi trova d’accordo e vi spiego il mio punto di vista. Inutile ricordate gli attuali impedimenti tecnici costituzionali, ma anche se fosse possibile vista la delicatezza della materia, saremmo investiti dalla speculazione internazionale e sarebbero annullati i vantaggi che si potrebbero ottenere in prospettiva dal ritorno alla propria Sovranità. E poi paradossalmente si offrirebbe anche l’opportunità agli attuali sostenitori di “o Maastricht o morte”, che attualmente ancora ci sgovernano, di porre in atto misure ancora più restrittive per contrastare le immancabili e prevedibili turbolenze finanziarie dei mercati nel periodo fra l’annuncio ufficiale del referendum e il suo esito. Inoltre anche se si effettuasse un referendum per l’abrogazione dei Trattati, e pertanto dall’appartenenza all’area valutaria euro, in caso affermativo poi chi gestirebbe l’eventuale uscita? Letta, Monti, Renzi, o vogliamo riesumare Prodi e Amato, il tutto con l’abile regia di Napolitano?
Quindi per evitare che invece della nostra ritrovata moneta ci ritroviamo in tasca direttamente il marco tedesco, sarebbe molto più efficace trasformare le elezioni europee del prossimo maggio in un vero duplice referendum: primo per dare il consenso ai partiti e movimenti che realmente, e non per convenienza elettorale, sono per un chiaro ritorno alla nostra Sovranità e poi per eleggere le persone che abbiano le effettive capacità per poter realizzare tale progetto.
Questa è la sfida e la via giusta per vincere. Dobbiamo fare fronte comune per incassare il risultato perché la battaglia sarà durissima e siamo ormai all’ultima spiaggia. La casa brucia e non dobbiamo stare a guardare chi porta i secchi d’acqua, ma a combattere chi fa gli sgambetti e getta benzina affinché l’incendio non sia domato. Chiedo chiaramente pertanto, e senza possibilità di equivoci, di attivarci concretamente per riprenderci le chiavi di casa rivendicando a gran voce che preferiamo sbagliare con la nostra testa e non quella degli altri che continuano comunque in ogni caso a fare i loro interessi. Io sarò sempre in prima linea fino in fondo accanto a Claudio Borghi e Alberto Bagnai del Manifesto di Solidarietà Europea e a tutti quelli che lavorano veramente per il bene del proprio Paese.
Ora sta a voi decidere da quale parte stare!
http://www.formiche.net/2013/12/16/gril ... o-rinaldi/
.......................................
Certamente importazioni gas petrolio eccc ....ci costerebbero di piu.Oppure dovremmo chiedere di sforare il 3% come gli hanno consentito alla Francia e Germania a suo tempo.
Ciao
Paolo11
16 - 12 - 2013Antonio Maria Rinaldi
Ecco l'intervento integrale del prof. Antonio Rinaldi tenuto alla Camera durante il convegno "Europa e Euro: opportunità o schiavitù?", terzo appuntamento del ciclo di incontri promossi dal gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle con economisti ed esperti per discutere delle politiche europee, dell'impatto dei vincoli dell'Ue sulla nostra economia e delle prospettive della moneta unica
Sono un europeista convinto ma non mi identifico in questa Europa. Un conto è l’Unione Europea e un’altra l’Unione monetaria. Ultimamente troppi fanno voluta confusione nell’accumunare l’Europa con l’euro, prendendo pretestuosamente per antieuropeisti chi combatte l’euro! E proprio per ristabilire l’ordine delle cose, mi sento talmente europeista da poter affermare serenamente che per poter salvare l’Europa bisogna urgentemente liberarsi dall’euro!
Gli attuali eurosostenitori sono proprio quelli invece che faranno naufragare, non solo la moneta unica nel peggiore dei modi, ma anche lo stesso concetto d’Europa. Se oggi in tutto il Continente europeo monta la protesta è proprio a causa dell’appartenenza ad una errata stessa area valutaria, nata con il pretesto di unire un mercato comune secondo l’assioma “one market, one money”, ma nella realtà per creare un subdolo sistema superiore di governo al fine di estraniare le democrazie dei paesi membri dai processi decisionali. Il mercato comune si è rivelato essere una farsa: in 22 anni di Maastricht non si è voluto uniformare neanche le aliquote IVA, conditio essenziale per l’effettiva libera circolazione di beni e servizi. Invece è accaduto qualcosa di diverso: giorno dopo giorno, i cittadini europei sono stati esautorati da qualsiasi diritto di rappresentanza, la maggioranza dei governi europei è stato completamente spogliato da qualsiasi strumento per poter contrastare la Commissione EU e da tutti i meccanismi tecnici predisposti ad hoc al fine di affidare al sistema delle regole sempre più rigide la conduzione monetaria comune, attivando un vero e proprio pilota automatico.
Si è completamente interrotto il collegamento democratico fra cittadinanza e Istituzioni e il potere è stato assunto da euroburocrati autoreferenziali non eletti i quali perseguono interessi non condivisi e smaccatamente di parte, avendo preferito affidare il consenso ai mercati e non ai cittadini per la certificazione della correttezza delle scelte di politica economica a supporto della sopravvivenza dell’euro.
Coloro i quali sostengono ingenuamente, o in modo complice, che i problemi dell’euro possano essere risolti con la vulgata del “più Europa” non comprendono, o non vogliono comprendere, che la via della revisione dei Trattati e dei Regolamenti non è perseguibile perché non produrrà alcun beneficio. Che potere contrattuale hanno i nostri rappresentanti se non riescono neanche ad ottenere di sforare dello 0,1% il rapporto deficit/PIL, quando per anni altri hanno fatto i loro comodi e la Francia viaggia attualmente oltre il 4% e la Spagna verso il 7%?
Da Maastricht ad oggi le regole di convergenza si sono sempre più irrigidite e la dimostrazione più evidente è l’adozione del Patto di Stabilità e Crescita e il meccanismo di tutela MES. Essi certificano la volontà di estraniare sempre più la volontà popolare dai processi decisionali affidandole al regime delle regole con un sistema punitivo che ricorda più i metodi usati nel medioevo che nella società civile. Chi ancora non ha compreso che sotto i nostri stessi occhi è stata modificata la natura stessa della moneta che sarebbe dovuta essere plasmata per andare incontro alle esigenze della realtà economica, mentre è la realtà economica che deve adeguarsi alla rigidità della moneta?
In questi giorni siamo stati testimoni di due affermazioni veramente suggestive. Enrico Letta ha dichiarato che il PD è il baricentro della democrazia. Peccato che non abbia ammesso che per lui il fulcro del baricentro sia Berlino e non l’Italia visto che, insieme al bravo Renzi, si è già precipitato più volte dalla Merkel a fare l’inchino per accreditare i propri servigi e ribadire fedeltà assoluta. E poi il delfino Renzi, che come dice Bagnai, dopo il voto di fiducia alla Cancellieri è diventato anche lui uno dei tanti tonni nella tonnara, lanciare la sfida a Grillo. “Beppe firma qui o sei un buffone”. Premesso che Renzi è circondato da personaggi, dentro e fuori il Parlamento, che non scherzano in materia, sarebbe un’opportunità da parte di Grillo rilanciare la sfida con una controproposta.
Però affinché questo possa avvenire, il M5S deve prendere prima una netta e precisa decisione. Sostenere, senza se e senza ma, il ritorno alla piena Sovranità, non solo monetaria, ma che serva a far riguadagnare la dignità ad una Nazione che è stata letteralmente svenduta in nome di un liberismo finanziario che non ha tenuto conto degli interessi della cittadinanza e della maggior parte del sistema delle imprese. Solo dopo questa chiara scelta, condivisa da tutta la base, potrà andare da Renzi e rilanciare: se non t’impegni anche tu nel ridare al popolo italiano il ripristino dei principi democratici e costituzionali, ripudiando la moneta unica e le sue regole non forgiate per il suo DNA che stanno letteralmente uccidendo il Paese, allora sei un venduto anche tu!
Se per queste mie affermazioni ora sarò additato come populista, allora si sappia che sono ben fiero e orgoglioso di esserlo, almeno mi differenzio dai maggiordomi proni e chini che hanno barattato il proprio Paese per un piatto di lenticchie! Sembra di assistere a una partita dove i giocatori segnano nella propria porta e non in quella avversaria e poi esultano pure! Abbiamo il dovere di rispettare i sacrifici dei nostri padri che hanno fatto risorgere questa Italia democratica e repubblicana e l’obbligo, nei confronti delle nostre generazioni future, di non consentire che il nostro Paese diventi una irreversibile colonia del Nord.
Inutile ormai negarlo: la frettolosa costruzione di una area valutaria concepita con regole di convergenza aleatorie e parametrate esclusivamente al debito pubblico, e non anche ad esempio a quello privato, e rapportate al PIL, a cui si è voluto affidare per il suo mantenimento un modello economico che non ha riscontri nella letteratura economica, ha decretato il suo totale fallimento! Si sostiene che il presupposto per perseguire la crescita risieda nel pareggio di bilancio e nella riduzione pianificata dell’eccedenza del surplus dello stock del debito pubblico superiore al 60%. S’ignora però che per perseguire la stabilità dei prezzi, cioè dell’inflazione, si violenta costantemente l’art.1 della nostra Carta Costituzionale: L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e non sul pareggio di bilancio e pertanto va contro ogni logica della crescita, dello sviluppo, dell’occupazione e del mantenimento dello Stato sociale. Questo folle dogma è perseguito solo da 17 paesi dei 204 che compongono il Pianeta Terra!!! I Trattati e i Regolamenti europei sono illegittimi e in contrasto non solo con i dettami Costituzionali di gran parte dei paesi membri, ma contro ogni logica economica e del buon senso.
La Banca Centrale Europea non è poi una effettiva Banca Centrale: chi non l’ha ancora capito che è solamente la guardiana-garante della stabilità dei prezzi e tutta la sua attività è tesa a questo obiettivo? La partecipazione a questa area valutaria comune, che esprime non una moneta comune ma bensì esclusivamente un accordo rigido di cambi fissi, non potendo monetizzare anche parzialmente i fabbisogni finanziari di uno Stato, considera, condannandoli, i cittadini e le imprese come i veri prestatori di ultima istanza! Questa non è democrazia, ma dittatura economica!
Nell’audizione dello scorso 5 dicembre alla Commissione Finanze della Camera ho ribadito, senza mezzi termini, che l’Italia si deve fare promotrice di una moratoria nei confronti del Fiscal Compact e del MES e non considerare l’art. 81 della nostra Costituzione che impavidamente è stata modificata per il pareggio di bilancio. Il solo rispetto del F.C. dall’1.1.2015, ci costringerebbe al reperimento aggiuntivo annuo di 53/55Mld per la riduzione pianificata di un ventesimo dell’eccedenza del debito e di 39/40Mld per comprimere allo 0,5% tollerato il rapporto deficit/PIL. Non si sente nel Governo una sola voce che urli questa follia impossibile da rispettare! Non sono riusciti a raschiare dal fondo del barile un solo miliardo per posticipare di tre mesi l’aumento di un punto percentuale di IVA! Inoltre ho suggerito di approntare con urgenza un credibile e serio Piano B per una uscita ordinata e concordata per evitare che l’inevitabile uscita avvenga in modo disordinata infliggendo ulteriori pesanti disagi alla Nazione nel caso in cui potremmo essere costretti ad un abbandono forzato. Naturalmente ho anche ricordato che, a dispetto di quanto è sbandierato da Letta, il semestre di Presidenza dell’Unione Europea è puramente simbolico in quanto privo di qualsiasi potere decisionale.
Cosa fare perciò? L’idea rilanciata il 1 dicembre a Genova al V-Day di effettuare un referendum sull’euro non mi trova d’accordo e vi spiego il mio punto di vista. Inutile ricordate gli attuali impedimenti tecnici costituzionali, ma anche se fosse possibile vista la delicatezza della materia, saremmo investiti dalla speculazione internazionale e sarebbero annullati i vantaggi che si potrebbero ottenere in prospettiva dal ritorno alla propria Sovranità. E poi paradossalmente si offrirebbe anche l’opportunità agli attuali sostenitori di “o Maastricht o morte”, che attualmente ancora ci sgovernano, di porre in atto misure ancora più restrittive per contrastare le immancabili e prevedibili turbolenze finanziarie dei mercati nel periodo fra l’annuncio ufficiale del referendum e il suo esito. Inoltre anche se si effettuasse un referendum per l’abrogazione dei Trattati, e pertanto dall’appartenenza all’area valutaria euro, in caso affermativo poi chi gestirebbe l’eventuale uscita? Letta, Monti, Renzi, o vogliamo riesumare Prodi e Amato, il tutto con l’abile regia di Napolitano?
Quindi per evitare che invece della nostra ritrovata moneta ci ritroviamo in tasca direttamente il marco tedesco, sarebbe molto più efficace trasformare le elezioni europee del prossimo maggio in un vero duplice referendum: primo per dare il consenso ai partiti e movimenti che realmente, e non per convenienza elettorale, sono per un chiaro ritorno alla nostra Sovranità e poi per eleggere le persone che abbiano le effettive capacità per poter realizzare tale progetto.
Questa è la sfida e la via giusta per vincere. Dobbiamo fare fronte comune per incassare il risultato perché la battaglia sarà durissima e siamo ormai all’ultima spiaggia. La casa brucia e non dobbiamo stare a guardare chi porta i secchi d’acqua, ma a combattere chi fa gli sgambetti e getta benzina affinché l’incendio non sia domato. Chiedo chiaramente pertanto, e senza possibilità di equivoci, di attivarci concretamente per riprenderci le chiavi di casa rivendicando a gran voce che preferiamo sbagliare con la nostra testa e non quella degli altri che continuano comunque in ogni caso a fare i loro interessi. Io sarò sempre in prima linea fino in fondo accanto a Claudio Borghi e Alberto Bagnai del Manifesto di Solidarietà Europea e a tutti quelli che lavorano veramente per il bene del proprio Paese.
Ora sta a voi decidere da quale parte stare!
http://www.formiche.net/2013/12/16/gril ... o-rinaldi/
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Certamente importazioni gas petrolio eccc ....ci costerebbero di piu.Oppure dovremmo chiedere di sforare il 3% come gli hanno consentito alla Francia e Germania a suo tempo.
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Re: Il nuovo governo Renzi
Da tempo, ogni lunedì passando dalla Libreria Feltrinelli sono tentato di acquistare la pubblicazione di Alberto Bagnai, IL TRAMONTO DELL'EURO. E' la curiosità di sapere le motivazioni di chi la pensa diversamente. Nel ricercare in rete una pubblicazione di Repubblica di un paio di anni fa, mi sono imbattuto nella pubblicazione integrale del libro di Bagnai in Pdf.
Proverò a dargli un'occhiata veloce.
http://www.basilicata5stelle.it/wp-cont ... lleuro.pdf
Quello che però ritengo importante, non solo per me, ma per tutti gli italiani, è conoscere preventivamente quale potrebbe essere il nostro destino nell'immediato del cambio di moneta, ma soprattutto quali saranno le conseguenze mese dopo mese sull'intero sistema italiano con un calcolo di previsione minimo di dieci anni.
Senza questo calcolo effettuato in piena onestà intellettuale senza propendere per una teoria o il suo opposto, non me la sento di sposare il pro euro o il contro euro.
Ero convinto di aver pubblicato l'articolo di Repubblica all'interno del 3D Come se ne viene fuori?".
Ho sfogliato le pagine fino al maggio 2012 senza risultati positivi.
Quel contributo era piuttosto interessante perché analizzava tutti i pro e i contro.
Quello che ricordo è che i contro erano a nostro sfavore dell'uscita dell'euro.
Se esiste ancora l'onestà intellettuale in questo Paese di banditi, sarebbe opportuno che attraverso la tv si sviluppasse un dibattito ampio sul calcolo di cosa ci succede rimanendo nell'euro e viceversa.
Conoscere per deliberare. Non possiamo scegliere a capoccia su di un'onda emotiva.
Dobbiamo fare i conti del pro e contro. E poi scegliere.
Se qualcuno conosce un indirizzo con cui contattare il Prof. Romano Prodi, lo pubblichi. Mi impegno a contattarlo e a pregarlo di darci il suo parere tecnico-politico.
Proverò a dargli un'occhiata veloce.
http://www.basilicata5stelle.it/wp-cont ... lleuro.pdf
Quello che però ritengo importante, non solo per me, ma per tutti gli italiani, è conoscere preventivamente quale potrebbe essere il nostro destino nell'immediato del cambio di moneta, ma soprattutto quali saranno le conseguenze mese dopo mese sull'intero sistema italiano con un calcolo di previsione minimo di dieci anni.
Senza questo calcolo effettuato in piena onestà intellettuale senza propendere per una teoria o il suo opposto, non me la sento di sposare il pro euro o il contro euro.
Ero convinto di aver pubblicato l'articolo di Repubblica all'interno del 3D Come se ne viene fuori?".
Ho sfogliato le pagine fino al maggio 2012 senza risultati positivi.
Quel contributo era piuttosto interessante perché analizzava tutti i pro e i contro.
Quello che ricordo è che i contro erano a nostro sfavore dell'uscita dell'euro.
Se esiste ancora l'onestà intellettuale in questo Paese di banditi, sarebbe opportuno che attraverso la tv si sviluppasse un dibattito ampio sul calcolo di cosa ci succede rimanendo nell'euro e viceversa.
Conoscere per deliberare. Non possiamo scegliere a capoccia su di un'onda emotiva.
Dobbiamo fare i conti del pro e contro. E poi scegliere.
Se qualcuno conosce un indirizzo con cui contattare il Prof. Romano Prodi, lo pubblichi. Mi impegno a contattarlo e a pregarlo di darci il suo parere tecnico-politico.
Ultima modifica di camillobenso il 14/03/2014, 18:26, modificato 1 volta in totale.
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Re: Il nuovo governo Renzi
Per non parlar del fatto che l'uscita dell'Italia dall'Euro metterebbe in gravissimo pericolo la sopravvivenza stessa dell'euro e la stabilità del sistema bancario mondiale, col rischio di una crisi finanziaria internazionale potenzialmente devastante. Ma a noi che importa?
Vero o falso? E' solo terrorismo di chi ha interesse a rimanere nell'euro?
Sono cose che vanno approfondite, solo che a votare ci andranno milioni di europei completamente digiuni della materia.
I negazionisti dell'Euro
10 marzo 2013 • alberto bisin
Molti lettori ci hanno chiesto di occuparci delle argomentazioni “negazioniste” riguardo all’Euro. “Negazioniste” nel senso che negano quelli che alla maggior parte degli osservatori economici paiono fatti incontrovertibili: che i) l’entrata nell’Euro è stata in principio cosa buona per il nostro paese, e che ii) uscire adesso sarebbe una follia. Cercheremo di districarci tra argomentazioni, per fare un po' d'ordine, così da poter valutare le loro conclusioni.
Non ci siamo mai occupati delle argomentazioni “negazioniste” riguardo all’Euro direttamente, perché il tempo è per tutti risorsa scarsa e scegliamo i nostrl temi forse con un certo snobismo intellettuale: non possiamo né dobbiamo commentare tutto ciò che si sente in giro. E non vi è alcun dubbio che in molti casi quelle dei "negazionisti" sono stupidaggini. A leggere in una intervista o sentire in TV (dove è spesso invitato) tal Paolo Barnard argomentare che
"L'euro e la Ue […sono…] un grande inganno per mettere gli Stati nazionali in mano alle Banche"; che “l’unione monetaria europea […è…] un programma di spoliazione dei beni comuni a favore delle elite con la sottomissione totale degli Stati attraverso la sottrazione della moneta”;
onestamente non viene proprio voglia di commentare. Anzi il cervello corre alla felice gioventù milanese, ai tempi in cui attorno al Castello (Sforzesco) spesso si incontrava quel simpatico signore che tirava un carrello pieno di cartelli che denunciavano “ci uccidono con l’onda” (per chi non lo sapesse, non tutti sono vissuti a Milano negli anni 80, è il clero, naturalmente, a ucciderci con l'onda).
Se poi si cercano argomentazioni più tecniche invece che politiche in Paolo Barnard si trovano (nella stessa intervista) o ulteriori capriole complottiste, tipo:
“La Bce non ha limiti tecnici nella creazione della moneta Euro, ma non lo vuole fare. È una scelta politica per favorire l’operazione di spoliazione e impoverimento di molti Stati europei e banchettare attraverso le speculazioni.”
oppure frasi senza significato alcuno come la seguente:
“Il cittadino deve capire che in una qualsiasi nazione moderna solo due entità possono creare il bene finanziario, la moneta: lo Stato e le banche. Se attraverso un disegno ideologico-economico tu arrivi a ottenere la cancellazione del potere dello Stato, e ad emettere e gestire il denaro, cosa rimane? Solo le banche. Ed esse diventano, di fatto, lo Stato. Questo è quanto è successo con l’Unione Europea, […] Il più grande attentato alle Costituzioni degli Stati mai fatto.
Ma di questi tempi non si può far a meno di commentare su questi temi. Il 25% circa degli italiani che sono andati alle urne ha votato un partito Il cui fondatore, Beppe Grillo, non è alieno da una certa predisposizione alla teoria del complotto (per non parlare del deputato assurto all’onore della cronoca per le dichiarazioni sul governo americano dedito ad impiantare micro-chip sottocutanei nei propri cittadini per poterli controllare). Ma soprattutto, al di là degli aspetti folkloristici di alcune posizioni di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, quel che ci importa è che gli attacchi all’Euro da parte del Movimento, così come la richiesta di un fantomatico e ad oggi incostituzionale referendum sull’uscita dall’Euro, siano purtroppo diventati temi all’odine del giorno.
Invece di discutere Paolo Barnard o Loretta Napoleoni (che ha posizioni solo leggermente più articolate, ma che poi lamenterebbe che sono maschio, violento, e stupratore come ha fatto su twitter dopo un suo interscambio televisivo con Michele Boldrin nel corso della campagna elettorale) – davvero non ne ho lo stomaco – discuterò delle posizioni di Alberto Bagnai. Mi pare infatti che Bagnai sia in questo momento il leader intellettuale di quelli che ho chiamato “negazionisti”. I suoi argomenti sono articolati in modo coerente ed intelleggibile e quindi si prestano ad una analisi come quella cui mi accingo.
Non ho dubbio che Bagnai abbia espresso le sue posizioni in modo più esteso nel tempo e nello spazio di quanto io non possa conoscere. Mi soffermo quindi essenzialmente su due suoi articoli, che nel suo blog, Goofynomics, egli ha la generosità di indicare ai lettori come letture fondamentali per comprendere il suo pensiero (ce ne sarebbe un terzo, ma mi pare di riuscire a comprendere a sufficienza dai primi due e quindi mi son fermato lì; lui me ne vorrà senz’altro ma spero non i lettori, che sfido a leggersi per bene tutto il primo articolo, con tanto di commenti e ricommenti dell'autore a se stesso).
C’è una favola fondamentale alla base di tutte queste posizioni “negazioniste” sull’Euro (e la posizione di Bagnai non fa eccezione). La favola è quella delle capacità taumaturgiche della moneta. L’idea che se solo potessimo fare quello che vogliamo con la moneta (stamparla, svalutarla,…, farla colorare ai bambini) potremmo evitarci le fatiche reali, quelle fatiche che ci eviteremmo volentieri – cose come alzarci la mattina per andare a lavorare, scavare nelle miniere, risparmiare, ripagare I debiti, … e così via. Purtroppo non è così. Fabio Scacciavillani, con intuizione geniale, l’ha chiamata la "favola della moneta filosofale”.
Proviamo ad articolare allora la posizione di Bagnai sull'Euro, nei suoi elementi fondamentali, perché i suoi due articoli seguono vari percorsi, dall'analisi economica a quella politica, dall'analisi dei costi e vantaggi dell'Euro per l'Italia ad una visione generale dell'economia internazionale, come disciplina e pratica. Leggendolo, è facile finire a seguirlo in voli pindarici di vario tipo. Cerchiamo invece di scendere al sodo, a costo di semplificare, che poi non fa mai male. Per Bagnai l'Euro è la "coronazione del progetto imperialistico della Germania" e allo stesso tempo, per l'Italia, uno "strumento della lotta di classe anti-sindacale".
Spieghiamo. Il progetto imperialistico della Germania consisterebbe nell’imporre, attraverso l’Euro, una serie di "svalutazioni competitive" a proprio favore all’interno dell’Eurozona (proprio cosi dice: "il problema dell'Euro è dato dalle svalutazioni competitive...ma della Germania, non dell'Italia!"), e quindi ad avvantaggiarsi di una "domanda drogata" a nostre spese (dell'Italia e degli altri paesi del Sud Europa). La lotta di classe anti-sindacale consiste invece in una forma di controllo dei salari: nell’utilizzare il vincolo esterno, la competizione con la Germania ad esempio, per costringere I lavoratori alla moderazione salariale.
Ma le due affermazioni, l'imperialismo tedesco e la lotta anti-sindacale, sono in contraddizione logica. La Germania e l'Italia hanno la stessa valuta, l'Euro. Questo è il punto di partenza. Quindi il progetto imperialistico tedesco, le svalutazioni competitive, richiede un differenziale inflazionistico, una maggiore inflazione in Italia (e negli altri domini coloniali) rispetto alla Germania (con la moneta unica la Germania non può svalutare in senso proprio la valuta rispetto all'Italia). Ma tale differenziale inflazionistico, in una area valutaria comune come l’Eurozona, non può essere il risultato di diverse politiche monetarie. Può avvenire essenzialmente solo se I salari in Italia crescono più che in Germania (anche l’energia ha la sua importanza ma Bagnai se ne scorda e quindi facciamolo pure noi). Questo Bagnai (non dove parla della lotta di classe, naturalmente), lo ammette nei suoi articoli. Ma allora delle due l'una, o il "progetto imperialistico della Germania" richiede che i salariati italiani non siano affatto condizionati dal vincolo esterno; perché se lo sono, l'imperialismo della Germania si scontra contro la moneta unica a parità di inflazione. Oppure, no, i salari italiani crescono e così l'inflazione,... ma allora è la lotta di classe, il controllo dei salari, che va a sbattere. A meno che...a meno che il mondo non si sia mosso al contrario di come Bagnai sostiene. E allora ecco che tutto si tiene.
i) L'imperialismo tedesco non è che maggiore competitività economica. Non ha nulla a che fare con le svalutazioni competitive (né con l'Euro o con la moneta filosofale) ma si fonda invece sugli incrementi della produttività tedesca degli ultimi 15 anni; roba molto reale, che si ottiene innovando e organizzando meglio la produzione.
ii) I salari in Italia sono cresciuti in termini reali dando in parte luogo al differenziale inflazionistico con la Germania. Soprattutto in Italia i salari sono cresciuti più della produttività (che sono 10 anni che non cresce punto). Altro che Euro strumento della lotta di classe. In Germania i salari sono cresciuti meno della produttività - ma occhio a compatire i poveri operai tedeschi, che oggi hanno salari reali del 15% superiori a quelli degli italiani. La produttività, la produttività; è il motore unico, non la moneta.
E allora: allora la questione economica in Italia e in Europa non è monetaria ma reale. Alla base di tutto, c'è la produttività che non cresce. La Germania non cresce con domanda "drogata", cresce perché produce meglio e a costi inferiori, pur pagando meglio i propri operai. Gli attacchi all'Euro causa dei nostri mali sono una favola per evitare di affrontare i problemi reali. La figura sotto è la base di quanto detto.
Per l'Italia l'entrata nell'Euro aveva una funzione principale, esplicita nel dibattito economico del tempo: legare i mercati finanziari europei e rompere la reputazione della Lira come moneta dalla svalutazione sempre pronta. In questo senso l'Euro è stato un enorme successo. Il fatto che Bagnai e compagni se ne scordino sempre denota poca coerenza intellettuale, denota propaganda economica a senso unico. Si può discutere su quale sia la reale entità del risparmio di interessi che l'Italia ha accumulato dal 1996. La figura sotto fornisce un'idea del crollo dello spread dal 1996 al 2011 in Italia (il calo dei tassi in Germania è ininfluente ai fini del calcolo dei risparmio). È importante iniziare dal 1996 a fare i conti perché i mercati finanziari anticipano tutto, nel bene o nel male e quindi è chiaro che gli effetti dell'entrata dell'Euro sui tassi inziano ben prima dell'entrata nell'Euro. Se facessimo dichiarare al governo, quando l'avremo, che l'Italia uscirà dall'Euro nel 2016, vedremmo un aumento dei tassi immediatamente all'annuncio, non nel 2016. Speriamo non succeda.
Alla fine i conti bisogna farli bene, e vari dettagli vanno ben definiti. Ma una stima cauta di questi risparmi ci porta a circa 500-600 miliardi di Euro dal 1996 al 2011. Roba grossa. Il fatto che questi risparmi siano stati mangiati, distribuiti, bruciati, usati per "drogare" l'economia italiana è un altro discorso. Anche qui, nulla di monetario: un paese con istituzioni corrotte e con una economia pubblica incredibilmente inefficiente fa anche queste cose. Tutto reale, moneta e tassi di cambio non hanno nulla a che vedere con l'occasione persa dal paese di sfruttare questi risparmi.
Ma era prevedibile che il sistema sarebbe fallito in una crisi come quella che stiamo sopportando? Difficile a dirsi. I mercati ci hanno creduto, per un po', come si vede dall'andamento dei tassi. Ma i mercati non sono onniscienti. E forse una seria analisi della situazione europea a fine anni '90 ci avrebbe potuto indicare i germi del pericolo. Bagnai pensa senz'altro di si. Bastava conoscere la teoria delle Aree Valutarie Ottimali, egli dice, per rendersi conto che l'Eurozona non è affatto un'area ottimale e che quindi sarebbe tutto finito male. È anche vero che molti osservatori economici in quegli anni usavano proprio argomentazioni di questo tipo per suggerire che l'Euro sarebbe stata una pessima idea - Robert Mundell, ad esempio, premio Nobel per l'economia che della teoria delle Aree Valutarie Ottimali è uno dei padri. Ma non solo lui.
Naturalmente Bagnai non spiega cosa sia la teoria delle Aree Valutarie Ottimali. Magari qualche lettore si è pure impressionato, leggendo il "riferimento alla dottrina". Ora, però, pur senza entrare nei dettagli, vale la pena di spiegare cos'è questa teoria delle Aree Valutarie Ottimali, per far capire al lettore che c'entra poco o nulla con la crisi dell'Euro. L'analisi tradizionale di aree valutarie comuni ne considera costi e benefici in un contesto relativamente statico (non poteva che essere così, Mundell scriveva all'inizio degli anni '60 e ragionava con modelli keynesiani classici). In questo contesto, ai vantaggi ovvi in termini di semplificazione e sviluppo del commercio, riduzione del rischio di cambio, etc., si devono associare altresì i costi, soprattutto quelli dovuti al mancato aggiustamento di shock asimmetrici attraverso il meccanismo del cambio. Per shock asimmetrici si intendono shock alla domanda o all'offerta che colpiscono un paese più di un altro e che quindi variazioni del cambio aiuterebbero a sostenere limitando i costi di aggiustamento. Un crollo della domanda di mozzarella di bufala sarebbe meno dannoso per l'economia campana se, mentre il mondo si rende conto di cosa perde, o nel corso dell'aggiustamento verso altri processi produttivi (se il crollo della domanda non dovesse risultare temporaneo), l'economia campana potesse svalutare la propria moneta rispetto a quella lombarda. In un'area valutaria comune, della Lira o dell'Euro, questo non è possibile e comporta dei costi. L'idea è che questi shock non sono prevedibili, capitano a paesi diversi, in modo casuale, una volta qui e una là. È cruciale che siano imprevedibili e che capitino una volta qui e una la, altrimenti se gli shock colpiscono sempre un paese solo in modo prevedibile, non sono shock, il cambio nulla può, è il paese ad avere problemi economici strutturali da risolvere. Non che in questo caso un'area valutaria sia cosa buona, ma è problema di secondo ordine, la questione di prim'ordine sono i problemi strutturali.
È chiaro quindi che questa versione della teoria delle Aree Valutarie, che richiede che due economie siano relativamente poco soggette a shock asimmetrici prima di classificare come ottimale un'area valutaria che le unisca, è abbastanza irrilevante rispetto alla crisi. Nessuno shock asimmetrico tra Italia e Germania sta alla base della crisi. Nessun crollo per la domanda di auto il cui nome inizia per F e finisce per T. È che Audi e Mercedes fanno auto di miglior qualità a prezzi (per unità di qualità) più bassi.
Più recentemente gli economisti che studiano l'economia internazionale si sono occupati di aree valutarie ottimali in un contesto più dinamico (ma non è questa teoria delle Aree Valutarie Ottimali cui Bagnai fa riferimento, naturalmente), dove la questione fondamentale diventa la reputazione della politica monetaria e la convergenza tra politiche fiscali. L'idea qui è che una Banca Centrale Comune credibilmente indipendente dal ciclo fiscale potrebbe garantire ridotti tassi di inflazione attesi e reali anche a quei paesi che precedentemente alla creazione dell'Area Valutaria avessero scarsa reputazione; questo però richiede vincoli credibili di convergenza fiscale perché, tolta la valvola di sfogo della svalutazione, un paese la cui posizione finanziaria divergesse in modo stabile finirebbe per perdere credito internazionale e ingenerare aspettative di default.
Come abbiamo visto questa analisi si è dimostrata corretta. La politica monetaria comune ha funzionato - riducendo i differenziali inflazionistici e soprattutto azzerando gli spread nell'Eurozona. La convergenza della politica fiscale, alla creazione dell'Eurozona era stata demandata agli accordi di Maastricht che richiedevano la soddisfazioni di alcuni parametri fiscali. Questo meccanismo è fallito. La questione prevedibilità è quindi riconducibile a questo punto: era prevedibile che Maastricht fallisse, che i meccanismi di convergenza messi in piedi dall'Eurozona sarebbero stati aggirati e rimasti inattuati da Grecia e Italia ma anche da Francia e Germania? Era prevedibile che l'Italia avrebbe gettato i risparmi derivanti dall'azzeramento degli spread sul finanziamento pubblico nel calderone della spesa pubblica improduttiva, divergendo quindi dai parametri e impedendo alla propria economia quel riaggiustamento, quelle riforme, che invece hanno permesso alla Germania gli incrementi di produttività che abbiamo osservato? Era prevedibile che la Grecia truccasse addirittura i conti pubblici per far credere che essi soddisfacessero i parametri di Maastricht?
La risposta a queste questioni è soggettiva, a mio parere. E vi è senz'altro chi lo aveva previsto. Ma il punto è che queste sono le questioni. Affermare che sulla base della teoria delle Aree Valutarie Ottimali a fine anni '90 fosse ovvio che l'Euro fosse destinato a fallire è abbastanza ridicolo.
Questo Bagnai lo sa bene ed infatti, oltre a minimizzare i guadagni in termini di risparmi di interesse dovuti alla politica monetaria comune, tende a dare per scontato che la convergenza fiscale fosse impossibile perche' essa avrebbe richiesto trasferimenti da Nord a Sud improponibili politicamente:
Quelli che vogliono una Bce come la Fed americana forse non sanno che negli Stati Uniti il bilancio federale compensa con trasferimenti una proporzione attorno al 30% degli shock negativi subiti da Stati dell'Unione. Questo e' il risultato degli studi compiuti non dai soliti ex-sindacalisti, ex-sociologi, ex-portieri di serie B che in questi giorni pontificano sull'Euro, ma da studiosi di riconosciuto spicco internazionale come Bayoumi e Masson o Sala-i-Martin e Sachs [...] In questo caso, e solo in questo caso, la politica monetaria centralizzata funziona. Si chiama integrazione fiscale. E voi ce la vedete la Germania ad agire in tal senso, compensando gli shock dei Pigs con i soldi che ha accumulato grazie alla loro domanda? No, ovviamente. Quindi anche la Bce modello Fed non puo' funzionare. Chiavatevelo in testa: non puo'. L'unica Bce buona e' quella morta.
Al di la' dell'iperbole esagerata e ripetuta, Bagnai confonde shocks con disavanzi permanenti e dimentica che la politica fiscale USA e' in larga parte federale, ed in particolare che gli stati non si possono indebitare (le citta' si', e quando New York e' fallita a fine anni '70, lo stato federale si e' ben guardato dall'intervenire; e il Daily News, riferendo al presidente Gerald Ford, titolo': "Ford to City: Drop Dead"). Richiedere che la Germania compensi non shocks ma disavanzi permanenti di stati che hanno il potere di indebitarsi liberamente (e che lo farebbero molto di piu' di quanto gia' non lo facciano se la Germania compensasse) e' assolutamente pretestuoso. L'integrazione fiscale doveva avvenire attraverso i criteri di Maastricht.
Ma stando così le cose, senza crescita di produttività passata né prevista futura e avendo bruciato i risparmi dell'azzeramento degli spread, non potremmo comunque oggi uscire dall'Euro e svalutare? Bagnai risponderebbe di sì. In vari punti nei suoi articoli argomenta che la svalutazione del 1992 non ha avuto nessun effetto catastrofico, né una spirale inflazionistica né terremoti e maremoti. Il che è vero, ma anche qui, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: senza inflazione, la svalutazione ha un effetto sui salari reali e in generale sul potere d'acquisto degli italiani. Ed è stato senz'altro così. Quando gli italiani lamentano che 15 anni fa stavano meglio, una buona parte è proprio questa, hanno pagato la svalutazione in termini di potere d'acquisto. In compenso, la svalutazione ha ritardato la necessaria riconversione industriale del paese generando domanda dal'estero, questa sì "drogata" per alcuni anni. Insomma, i danni della svalutazione sono un po' sottili, ma a ben guardare sotto gli occhi di tutti. Oggi, poi, integrato com'è il sistema finanziario internazionale la svalutazione avrebbe con ogni probabilità effetti molti più drammatici in termini di fuga dei capitali all'estero e di quelli esteri dall'Italia. Bagnai è uno di quelli che indica il default dell'Argentina (perché default e svalutazione sono operazioni molto simili dal punto di vista dei mercati finanziari internazionali) come esempio che queste cose si fanno a costi bassi, che i mercati dimenticano presto. Ovviamente non ha idea di cosa sta succedendo in Argentina in questo momento. Io fossi in lui toglierei i riferimenti all'Argentina dai suoi articoli che rischia una figuraccia molto presto, quando la situazione economica di quel paese sarà scoperchiata.
Per non parlar del fatto che l'uscita dell'Italia dall'Euro metterebbe in gravissimo pericolo la sopravvivenza stessa dell'euro e la stabilità del sistema bancario mondiale, col rischio di una crisi finanziaria internazionale potenzialmente devastante. Ma a noi che importa?
Vero o falso? E' solo terrorismo di chi ha interesse a rimanere nell'euro?
Sono cose che vanno approfondite, solo che a votare ci andranno milioni di europei completamente digiuni della materia.
I negazionisti dell'Euro
10 marzo 2013 • alberto bisin
Molti lettori ci hanno chiesto di occuparci delle argomentazioni “negazioniste” riguardo all’Euro. “Negazioniste” nel senso che negano quelli che alla maggior parte degli osservatori economici paiono fatti incontrovertibili: che i) l’entrata nell’Euro è stata in principio cosa buona per il nostro paese, e che ii) uscire adesso sarebbe una follia. Cercheremo di districarci tra argomentazioni, per fare un po' d'ordine, così da poter valutare le loro conclusioni.
Non ci siamo mai occupati delle argomentazioni “negazioniste” riguardo all’Euro direttamente, perché il tempo è per tutti risorsa scarsa e scegliamo i nostrl temi forse con un certo snobismo intellettuale: non possiamo né dobbiamo commentare tutto ciò che si sente in giro. E non vi è alcun dubbio che in molti casi quelle dei "negazionisti" sono stupidaggini. A leggere in una intervista o sentire in TV (dove è spesso invitato) tal Paolo Barnard argomentare che
"L'euro e la Ue […sono…] un grande inganno per mettere gli Stati nazionali in mano alle Banche"; che “l’unione monetaria europea […è…] un programma di spoliazione dei beni comuni a favore delle elite con la sottomissione totale degli Stati attraverso la sottrazione della moneta”;
onestamente non viene proprio voglia di commentare. Anzi il cervello corre alla felice gioventù milanese, ai tempi in cui attorno al Castello (Sforzesco) spesso si incontrava quel simpatico signore che tirava un carrello pieno di cartelli che denunciavano “ci uccidono con l’onda” (per chi non lo sapesse, non tutti sono vissuti a Milano negli anni 80, è il clero, naturalmente, a ucciderci con l'onda).
Se poi si cercano argomentazioni più tecniche invece che politiche in Paolo Barnard si trovano (nella stessa intervista) o ulteriori capriole complottiste, tipo:
“La Bce non ha limiti tecnici nella creazione della moneta Euro, ma non lo vuole fare. È una scelta politica per favorire l’operazione di spoliazione e impoverimento di molti Stati europei e banchettare attraverso le speculazioni.”
oppure frasi senza significato alcuno come la seguente:
“Il cittadino deve capire che in una qualsiasi nazione moderna solo due entità possono creare il bene finanziario, la moneta: lo Stato e le banche. Se attraverso un disegno ideologico-economico tu arrivi a ottenere la cancellazione del potere dello Stato, e ad emettere e gestire il denaro, cosa rimane? Solo le banche. Ed esse diventano, di fatto, lo Stato. Questo è quanto è successo con l’Unione Europea, […] Il più grande attentato alle Costituzioni degli Stati mai fatto.
Ma di questi tempi non si può far a meno di commentare su questi temi. Il 25% circa degli italiani che sono andati alle urne ha votato un partito Il cui fondatore, Beppe Grillo, non è alieno da una certa predisposizione alla teoria del complotto (per non parlare del deputato assurto all’onore della cronoca per le dichiarazioni sul governo americano dedito ad impiantare micro-chip sottocutanei nei propri cittadini per poterli controllare). Ma soprattutto, al di là degli aspetti folkloristici di alcune posizioni di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle, quel che ci importa è che gli attacchi all’Euro da parte del Movimento, così come la richiesta di un fantomatico e ad oggi incostituzionale referendum sull’uscita dall’Euro, siano purtroppo diventati temi all’odine del giorno.
Invece di discutere Paolo Barnard o Loretta Napoleoni (che ha posizioni solo leggermente più articolate, ma che poi lamenterebbe che sono maschio, violento, e stupratore come ha fatto su twitter dopo un suo interscambio televisivo con Michele Boldrin nel corso della campagna elettorale) – davvero non ne ho lo stomaco – discuterò delle posizioni di Alberto Bagnai. Mi pare infatti che Bagnai sia in questo momento il leader intellettuale di quelli che ho chiamato “negazionisti”. I suoi argomenti sono articolati in modo coerente ed intelleggibile e quindi si prestano ad una analisi come quella cui mi accingo.
Non ho dubbio che Bagnai abbia espresso le sue posizioni in modo più esteso nel tempo e nello spazio di quanto io non possa conoscere. Mi soffermo quindi essenzialmente su due suoi articoli, che nel suo blog, Goofynomics, egli ha la generosità di indicare ai lettori come letture fondamentali per comprendere il suo pensiero (ce ne sarebbe un terzo, ma mi pare di riuscire a comprendere a sufficienza dai primi due e quindi mi son fermato lì; lui me ne vorrà senz’altro ma spero non i lettori, che sfido a leggersi per bene tutto il primo articolo, con tanto di commenti e ricommenti dell'autore a se stesso).
C’è una favola fondamentale alla base di tutte queste posizioni “negazioniste” sull’Euro (e la posizione di Bagnai non fa eccezione). La favola è quella delle capacità taumaturgiche della moneta. L’idea che se solo potessimo fare quello che vogliamo con la moneta (stamparla, svalutarla,…, farla colorare ai bambini) potremmo evitarci le fatiche reali, quelle fatiche che ci eviteremmo volentieri – cose come alzarci la mattina per andare a lavorare, scavare nelle miniere, risparmiare, ripagare I debiti, … e così via. Purtroppo non è così. Fabio Scacciavillani, con intuizione geniale, l’ha chiamata la "favola della moneta filosofale”.
Proviamo ad articolare allora la posizione di Bagnai sull'Euro, nei suoi elementi fondamentali, perché i suoi due articoli seguono vari percorsi, dall'analisi economica a quella politica, dall'analisi dei costi e vantaggi dell'Euro per l'Italia ad una visione generale dell'economia internazionale, come disciplina e pratica. Leggendolo, è facile finire a seguirlo in voli pindarici di vario tipo. Cerchiamo invece di scendere al sodo, a costo di semplificare, che poi non fa mai male. Per Bagnai l'Euro è la "coronazione del progetto imperialistico della Germania" e allo stesso tempo, per l'Italia, uno "strumento della lotta di classe anti-sindacale".
Spieghiamo. Il progetto imperialistico della Germania consisterebbe nell’imporre, attraverso l’Euro, una serie di "svalutazioni competitive" a proprio favore all’interno dell’Eurozona (proprio cosi dice: "il problema dell'Euro è dato dalle svalutazioni competitive...ma della Germania, non dell'Italia!"), e quindi ad avvantaggiarsi di una "domanda drogata" a nostre spese (dell'Italia e degli altri paesi del Sud Europa). La lotta di classe anti-sindacale consiste invece in una forma di controllo dei salari: nell’utilizzare il vincolo esterno, la competizione con la Germania ad esempio, per costringere I lavoratori alla moderazione salariale.
Ma le due affermazioni, l'imperialismo tedesco e la lotta anti-sindacale, sono in contraddizione logica. La Germania e l'Italia hanno la stessa valuta, l'Euro. Questo è il punto di partenza. Quindi il progetto imperialistico tedesco, le svalutazioni competitive, richiede un differenziale inflazionistico, una maggiore inflazione in Italia (e negli altri domini coloniali) rispetto alla Germania (con la moneta unica la Germania non può svalutare in senso proprio la valuta rispetto all'Italia). Ma tale differenziale inflazionistico, in una area valutaria comune come l’Eurozona, non può essere il risultato di diverse politiche monetarie. Può avvenire essenzialmente solo se I salari in Italia crescono più che in Germania (anche l’energia ha la sua importanza ma Bagnai se ne scorda e quindi facciamolo pure noi). Questo Bagnai (non dove parla della lotta di classe, naturalmente), lo ammette nei suoi articoli. Ma allora delle due l'una, o il "progetto imperialistico della Germania" richiede che i salariati italiani non siano affatto condizionati dal vincolo esterno; perché se lo sono, l'imperialismo della Germania si scontra contro la moneta unica a parità di inflazione. Oppure, no, i salari italiani crescono e così l'inflazione,... ma allora è la lotta di classe, il controllo dei salari, che va a sbattere. A meno che...a meno che il mondo non si sia mosso al contrario di come Bagnai sostiene. E allora ecco che tutto si tiene.
i) L'imperialismo tedesco non è che maggiore competitività economica. Non ha nulla a che fare con le svalutazioni competitive (né con l'Euro o con la moneta filosofale) ma si fonda invece sugli incrementi della produttività tedesca degli ultimi 15 anni; roba molto reale, che si ottiene innovando e organizzando meglio la produzione.
ii) I salari in Italia sono cresciuti in termini reali dando in parte luogo al differenziale inflazionistico con la Germania. Soprattutto in Italia i salari sono cresciuti più della produttività (che sono 10 anni che non cresce punto). Altro che Euro strumento della lotta di classe. In Germania i salari sono cresciuti meno della produttività - ma occhio a compatire i poveri operai tedeschi, che oggi hanno salari reali del 15% superiori a quelli degli italiani. La produttività, la produttività; è il motore unico, non la moneta.
E allora: allora la questione economica in Italia e in Europa non è monetaria ma reale. Alla base di tutto, c'è la produttività che non cresce. La Germania non cresce con domanda "drogata", cresce perché produce meglio e a costi inferiori, pur pagando meglio i propri operai. Gli attacchi all'Euro causa dei nostri mali sono una favola per evitare di affrontare i problemi reali. La figura sotto è la base di quanto detto.
Per l'Italia l'entrata nell'Euro aveva una funzione principale, esplicita nel dibattito economico del tempo: legare i mercati finanziari europei e rompere la reputazione della Lira come moneta dalla svalutazione sempre pronta. In questo senso l'Euro è stato un enorme successo. Il fatto che Bagnai e compagni se ne scordino sempre denota poca coerenza intellettuale, denota propaganda economica a senso unico. Si può discutere su quale sia la reale entità del risparmio di interessi che l'Italia ha accumulato dal 1996. La figura sotto fornisce un'idea del crollo dello spread dal 1996 al 2011 in Italia (il calo dei tassi in Germania è ininfluente ai fini del calcolo dei risparmio). È importante iniziare dal 1996 a fare i conti perché i mercati finanziari anticipano tutto, nel bene o nel male e quindi è chiaro che gli effetti dell'entrata dell'Euro sui tassi inziano ben prima dell'entrata nell'Euro. Se facessimo dichiarare al governo, quando l'avremo, che l'Italia uscirà dall'Euro nel 2016, vedremmo un aumento dei tassi immediatamente all'annuncio, non nel 2016. Speriamo non succeda.
Alla fine i conti bisogna farli bene, e vari dettagli vanno ben definiti. Ma una stima cauta di questi risparmi ci porta a circa 500-600 miliardi di Euro dal 1996 al 2011. Roba grossa. Il fatto che questi risparmi siano stati mangiati, distribuiti, bruciati, usati per "drogare" l'economia italiana è un altro discorso. Anche qui, nulla di monetario: un paese con istituzioni corrotte e con una economia pubblica incredibilmente inefficiente fa anche queste cose. Tutto reale, moneta e tassi di cambio non hanno nulla a che vedere con l'occasione persa dal paese di sfruttare questi risparmi.
Ma era prevedibile che il sistema sarebbe fallito in una crisi come quella che stiamo sopportando? Difficile a dirsi. I mercati ci hanno creduto, per un po', come si vede dall'andamento dei tassi. Ma i mercati non sono onniscienti. E forse una seria analisi della situazione europea a fine anni '90 ci avrebbe potuto indicare i germi del pericolo. Bagnai pensa senz'altro di si. Bastava conoscere la teoria delle Aree Valutarie Ottimali, egli dice, per rendersi conto che l'Eurozona non è affatto un'area ottimale e che quindi sarebbe tutto finito male. È anche vero che molti osservatori economici in quegli anni usavano proprio argomentazioni di questo tipo per suggerire che l'Euro sarebbe stata una pessima idea - Robert Mundell, ad esempio, premio Nobel per l'economia che della teoria delle Aree Valutarie Ottimali è uno dei padri. Ma non solo lui.
Naturalmente Bagnai non spiega cosa sia la teoria delle Aree Valutarie Ottimali. Magari qualche lettore si è pure impressionato, leggendo il "riferimento alla dottrina". Ora, però, pur senza entrare nei dettagli, vale la pena di spiegare cos'è questa teoria delle Aree Valutarie Ottimali, per far capire al lettore che c'entra poco o nulla con la crisi dell'Euro. L'analisi tradizionale di aree valutarie comuni ne considera costi e benefici in un contesto relativamente statico (non poteva che essere così, Mundell scriveva all'inizio degli anni '60 e ragionava con modelli keynesiani classici). In questo contesto, ai vantaggi ovvi in termini di semplificazione e sviluppo del commercio, riduzione del rischio di cambio, etc., si devono associare altresì i costi, soprattutto quelli dovuti al mancato aggiustamento di shock asimmetrici attraverso il meccanismo del cambio. Per shock asimmetrici si intendono shock alla domanda o all'offerta che colpiscono un paese più di un altro e che quindi variazioni del cambio aiuterebbero a sostenere limitando i costi di aggiustamento. Un crollo della domanda di mozzarella di bufala sarebbe meno dannoso per l'economia campana se, mentre il mondo si rende conto di cosa perde, o nel corso dell'aggiustamento verso altri processi produttivi (se il crollo della domanda non dovesse risultare temporaneo), l'economia campana potesse svalutare la propria moneta rispetto a quella lombarda. In un'area valutaria comune, della Lira o dell'Euro, questo non è possibile e comporta dei costi. L'idea è che questi shock non sono prevedibili, capitano a paesi diversi, in modo casuale, una volta qui e una là. È cruciale che siano imprevedibili e che capitino una volta qui e una la, altrimenti se gli shock colpiscono sempre un paese solo in modo prevedibile, non sono shock, il cambio nulla può, è il paese ad avere problemi economici strutturali da risolvere. Non che in questo caso un'area valutaria sia cosa buona, ma è problema di secondo ordine, la questione di prim'ordine sono i problemi strutturali.
È chiaro quindi che questa versione della teoria delle Aree Valutarie, che richiede che due economie siano relativamente poco soggette a shock asimmetrici prima di classificare come ottimale un'area valutaria che le unisca, è abbastanza irrilevante rispetto alla crisi. Nessuno shock asimmetrico tra Italia e Germania sta alla base della crisi. Nessun crollo per la domanda di auto il cui nome inizia per F e finisce per T. È che Audi e Mercedes fanno auto di miglior qualità a prezzi (per unità di qualità) più bassi.
Più recentemente gli economisti che studiano l'economia internazionale si sono occupati di aree valutarie ottimali in un contesto più dinamico (ma non è questa teoria delle Aree Valutarie Ottimali cui Bagnai fa riferimento, naturalmente), dove la questione fondamentale diventa la reputazione della politica monetaria e la convergenza tra politiche fiscali. L'idea qui è che una Banca Centrale Comune credibilmente indipendente dal ciclo fiscale potrebbe garantire ridotti tassi di inflazione attesi e reali anche a quei paesi che precedentemente alla creazione dell'Area Valutaria avessero scarsa reputazione; questo però richiede vincoli credibili di convergenza fiscale perché, tolta la valvola di sfogo della svalutazione, un paese la cui posizione finanziaria divergesse in modo stabile finirebbe per perdere credito internazionale e ingenerare aspettative di default.
Come abbiamo visto questa analisi si è dimostrata corretta. La politica monetaria comune ha funzionato - riducendo i differenziali inflazionistici e soprattutto azzerando gli spread nell'Eurozona. La convergenza della politica fiscale, alla creazione dell'Eurozona era stata demandata agli accordi di Maastricht che richiedevano la soddisfazioni di alcuni parametri fiscali. Questo meccanismo è fallito. La questione prevedibilità è quindi riconducibile a questo punto: era prevedibile che Maastricht fallisse, che i meccanismi di convergenza messi in piedi dall'Eurozona sarebbero stati aggirati e rimasti inattuati da Grecia e Italia ma anche da Francia e Germania? Era prevedibile che l'Italia avrebbe gettato i risparmi derivanti dall'azzeramento degli spread sul finanziamento pubblico nel calderone della spesa pubblica improduttiva, divergendo quindi dai parametri e impedendo alla propria economia quel riaggiustamento, quelle riforme, che invece hanno permesso alla Germania gli incrementi di produttività che abbiamo osservato? Era prevedibile che la Grecia truccasse addirittura i conti pubblici per far credere che essi soddisfacessero i parametri di Maastricht?
La risposta a queste questioni è soggettiva, a mio parere. E vi è senz'altro chi lo aveva previsto. Ma il punto è che queste sono le questioni. Affermare che sulla base della teoria delle Aree Valutarie Ottimali a fine anni '90 fosse ovvio che l'Euro fosse destinato a fallire è abbastanza ridicolo.
Questo Bagnai lo sa bene ed infatti, oltre a minimizzare i guadagni in termini di risparmi di interesse dovuti alla politica monetaria comune, tende a dare per scontato che la convergenza fiscale fosse impossibile perche' essa avrebbe richiesto trasferimenti da Nord a Sud improponibili politicamente:
Quelli che vogliono una Bce come la Fed americana forse non sanno che negli Stati Uniti il bilancio federale compensa con trasferimenti una proporzione attorno al 30% degli shock negativi subiti da Stati dell'Unione. Questo e' il risultato degli studi compiuti non dai soliti ex-sindacalisti, ex-sociologi, ex-portieri di serie B che in questi giorni pontificano sull'Euro, ma da studiosi di riconosciuto spicco internazionale come Bayoumi e Masson o Sala-i-Martin e Sachs [...] In questo caso, e solo in questo caso, la politica monetaria centralizzata funziona. Si chiama integrazione fiscale. E voi ce la vedete la Germania ad agire in tal senso, compensando gli shock dei Pigs con i soldi che ha accumulato grazie alla loro domanda? No, ovviamente. Quindi anche la Bce modello Fed non puo' funzionare. Chiavatevelo in testa: non puo'. L'unica Bce buona e' quella morta.
Al di la' dell'iperbole esagerata e ripetuta, Bagnai confonde shocks con disavanzi permanenti e dimentica che la politica fiscale USA e' in larga parte federale, ed in particolare che gli stati non si possono indebitare (le citta' si', e quando New York e' fallita a fine anni '70, lo stato federale si e' ben guardato dall'intervenire; e il Daily News, riferendo al presidente Gerald Ford, titolo': "Ford to City: Drop Dead"). Richiedere che la Germania compensi non shocks ma disavanzi permanenti di stati che hanno il potere di indebitarsi liberamente (e che lo farebbero molto di piu' di quanto gia' non lo facciano se la Germania compensasse) e' assolutamente pretestuoso. L'integrazione fiscale doveva avvenire attraverso i criteri di Maastricht.
Ma stando così le cose, senza crescita di produttività passata né prevista futura e avendo bruciato i risparmi dell'azzeramento degli spread, non potremmo comunque oggi uscire dall'Euro e svalutare? Bagnai risponderebbe di sì. In vari punti nei suoi articoli argomenta che la svalutazione del 1992 non ha avuto nessun effetto catastrofico, né una spirale inflazionistica né terremoti e maremoti. Il che è vero, ma anche qui, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: senza inflazione, la svalutazione ha un effetto sui salari reali e in generale sul potere d'acquisto degli italiani. Ed è stato senz'altro così. Quando gli italiani lamentano che 15 anni fa stavano meglio, una buona parte è proprio questa, hanno pagato la svalutazione in termini di potere d'acquisto. In compenso, la svalutazione ha ritardato la necessaria riconversione industriale del paese generando domanda dal'estero, questa sì "drogata" per alcuni anni. Insomma, i danni della svalutazione sono un po' sottili, ma a ben guardare sotto gli occhi di tutti. Oggi, poi, integrato com'è il sistema finanziario internazionale la svalutazione avrebbe con ogni probabilità effetti molti più drammatici in termini di fuga dei capitali all'estero e di quelli esteri dall'Italia. Bagnai è uno di quelli che indica il default dell'Argentina (perché default e svalutazione sono operazioni molto simili dal punto di vista dei mercati finanziari internazionali) come esempio che queste cose si fanno a costi bassi, che i mercati dimenticano presto. Ovviamente non ha idea di cosa sta succedendo in Argentina in questo momento. Io fossi in lui toglierei i riferimenti all'Argentina dai suoi articoli che rischia una figuraccia molto presto, quando la situazione economica di quel paese sarà scoperchiata.
Per non parlar del fatto che l'uscita dell'Italia dall'Euro metterebbe in gravissimo pericolo la sopravvivenza stessa dell'euro e la stabilità del sistema bancario mondiale, col rischio di una crisi finanziaria internazionale potenzialmente devastante. Ma a noi che importa?
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Re: Il nuovo governo Renzi
Svolta anti-Euro di Fratelli d'Italia? - Pagina 9 - Termometro ...
forum.termometropolitico.it/636693-svolta-anti-euro-di-fratelli-d-italia-9...
4 giorni fa - B) euro ed UE non sono riformabili (come dicono gli tsipras italici che, secondo me, ... 20°; si proponeva di raggiungere, attraverso l'attività di propaganda e ... E' la mia stessa posizione, anzi io sono decisamente anti euro e pro-lira, ma ... contro producente nei confronti di chi è contro l'euro ma si interroga ...
http://forum.termometropolitico.it/6366 ... lia-9.html
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4 giorni fa - B) euro ed UE non sono riformabili (come dicono gli tsipras italici che, secondo me, ... 20°; si proponeva di raggiungere, attraverso l'attività di propaganda e ... E' la mia stessa posizione, anzi io sono decisamente anti euro e pro-lira, ma ... contro producente nei confronti di chi è contro l'euro ma si interroga ...
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Re: Il nuovo governo Renzi
La guerra delle case.
E' un po di giorni che Libero batte e ribatte sul tema della casa pagata da Carrai all'amico Renzi.
In cambio, sostiene il quotidiano di Bel Pietro, Carrai ha ottenuto posizioni di favore nelle amministrazioni renziane.
C'è stato il caso Scajola e l'allora Cs ha fatto la sua parte nell'eliminare il vecchio democristiano.
Ora s'invertono i ruoli.
Dagospia evidenzia il silenzio dei quotidiani. Questo sembra ovvio.
Cosa succederebbe se Renzi si dovesse dimettere oggi?
14 MAR 2014 17:00
1. NEL SILENZIO ASSORDANTE DEI QUOTIDIANI, “LIBERO” CONTINUA A BATTERE LA STORIA DELLA CASA DI RENZI, CHE È STATA PAGATA PER 32 MESI DAL SUO AMICO MARCO CARRAI, UNO CHE DAL 2004 HA INCASSATO VARIE POLTRONE, PUBBLICHE E NON, GRAZIE A MATTEUCCIO -
2. RENZI, DA SINDACO, AFFITTAVA UNA MANSARDA DA 1000 EURO AL MESE PER NON DOVER TORNARE OGNI GIORNO NELLA CASA DI FAMIGLIA, A 40 MINUTI DA PALAZZO VECCHIO! -
3. NON POTENDOSELA PIÙ PERMETTERE, SI TRASFERÌ PER QUASI TRE ANNI IN UN APPARTAMENTO (5 VANI) PAGATO DA CARRAI. CHE MINACCIA QUERELE CONTRO BELPIETRO -
4. “SOLO UN ATTO DI GENEROSITÀ VERSO UN AMICO”. CERTO, LO STESSO AMICO CHE GLI HA GARANTITO RUOLI (E STIPENDI) DI PRIMO PIANO IN BANCHE, AEROPORTI E PARCHEGGI DI FIRENZE. E CHE ORA È IN LIZZA PER UNA NOMINA (RENZIANA) NEL CDA DI ENI O FINMECCANICA -
5. BELPIETRO: “CARI RENZIANI, VISTO CHE FATE DELLA TRASPARENZA UN VANTO, DOVETE ABITUARVI ALLE DOMANDE LEGITTIME DEI GIORNALI. E NON TRASCINARLI IN TRIBUNALE” -
1 - CARRAI NON RISCHIA MAI
Camilla Conti per "l'Espresso" - Rimasti orfani di Matteo Renzi, in questi giorni i fiorentini seguono con attenzione la partita sull'aeroporto di Firenze Peretola, che in base ai piani del governo dovrà fondersi con quello di Pisa, dando così vita a una holding aeroportuale toscana. A comandare sarà la Cedicor del magnate argentino Eduardo Eurnekian, che nei giorni scorsi ha acquistato il 33 per cento di Adf, la società di gestione del Vespucci e che è già presente nel capitale della pisana Sat.
«Siamo soddisfatti perché un grande investitore straniero sente l'esigenza di puntare sulla Toscana», ha dichiarato il presidente di Adf, Marco Carrai, considerato il Gianni Letta renziano e approdato al vertice dello scalo in quota alla Cr Firenze, di cui è consigliere. Carrai festeggia, ma rischia di perdere la poltrona.
Perché, dicono in riva all'Arno, appena sarà pronta la nuova holding gli argentini vorranno metterci a capo un loro uomo. C'è però chi è convinto che "Marchino", come lo chiamano, farà di necessità, virtù. Per il consigliere del Principe, gran tessitore di rapporti dall'America a Israele, sarebbe già pronto un posto nel consiglio di una delle grandi società pubbliche coinvolte nel prossimo valzer delle nomine. Come Finmeccanica o l'Eni.
2. AFFITTI, MEDIA E INCHIESTE
Giacomo Amadori per ‘Libero Quotidiano'
Il mistero dell'attico in affitto di Matteo Renzi, pagato dal suo stretto collaboratore e finanziatore Marco Carrai, collezionista di incarichi pubblici, non è ancora risolto. Siamo in attesa di visionare il contratto per capire quanto abbia speso Carrai per ospitare Renzi e se la casa di via degli Alfani 8 a Firenze sia stata presa in locazione appositamente per l'ex sindaco, costretto nel 2011 a lasciare un altro appartamento troppo oneroso. Infatti per diciassette mesi Renzi è stato residente in una mansarda dove pagava mille euro al mese, per un importo complessivo di circa 17 mila euro. Per altri 32 mesi è stato ospite. Risparmiando, sulla carta, 32 mila euro.
Di fronte alla richiesta di ulteriori chiarimenti sulla vicenda Carrai si è limitato a rispondere: «Poiché non sono complice di misteri non voglio neppure essere complice del mio screditamento ». Il braccio destro del Presidente del Consiglio non gradisce neppure che si ricordi che la Corte dei conti aveva espresso dubbi sulla sua assunzione del 2004 da parte di Renzi (all'epoca presidente della Provincia di Firenze) con il ruolo di dirigente, non essendo laureato. I giudici chiesero nel suo caso un «supplemento istruttorio» e nel 2012 stabilirono che il suo curriculum «costituisce esperienza professionale tale da giustificare lo svolgimento di analoga funzione a favore del Presidente della Provincia di Firenze ».
E allora leggiamo nel dettaglio quale fosse il profilo professionale dell'allora ventinovenne capo staff: assessore al bilancio di Greve in Chianti (Firenze), suo paese natìo; per un anno capo segreteria dell'assessore all'Innovazione di Firenze; per tre anni segretario organizzativo della Margherita nella provincia di Firenze; presidente dell'azione cattolica di Greve in Chianti (dal 1997 al 1999); segretario del locale circolo del Movimento cristiano lavoratori (1997-2000); membro della commissione cultura della Diocesi di Fiesole; membro del consiglio direttivo del Collegamento sociale cristiano e degli Amici di supplemento d'anima.
Nel suo curriculum Carrai ha inserito anche la pubblicazione di «articoli su il Foglio, La Nazione, La Repubblica, Il Corriere di Firenze, Metropoli, Toscana Oggi». Insomma un bravo organizzatore di provincia, privo di titoli accademici. Nel 2004 Carrai iniziava anche a fare il consigliere comunale nel capoluogo fiorentino. Ci siamo presi la briga di visionare i suoi interventi a Palazzo Vecchio. Ne abbiamo contati 21 in un lustro: circa quattro interventi l'anno, in cui si è occupato di antisemitismo, Anpi, minoranza tibetana, riabilitazione pubblica di Dante Alighieri, Fiera e aeroporto, la sua passione, visto che oggi è presidente della società che controlla quello di Firenze. Tutto qui. Ma se come consigliere comunale non ha lasciato il segno, si è distinto maggiormente nel ruolo di uomo comunicazione di Renzi.
Nel 2005 il Rottamatore lo mise a fare l'amministratore delegato (poltrona occupata sino al 2010) del suo Minculpop personale, quello straordinario strumento di propaganda ideato da Renzi e chiamato Florence Multimedia srl: per cinque anni ha scolpito nella testa dei fiorentini il volto del loro Presidente Superman. Si tratta di una società partecipata al 100 per cento dalla Provincia con una ventina di addetti assunti senza concorso. Dal 2006 al 2009 la stessa Provincia versa nelle casse della macchina promozionale di Renzi (con al volante Carrai) circa 9 milioni di euro.
Nel 2006 la Florence fattura 500 mila euro, nel 2007 2,3 milioni, nel 2008 la cifra sale a 4,3 milioni e inizia a interessare anche i sindaci revisori. Nel 2009, anno in cui Renzi viene eletto sindaco di Firenze, gli investimenti scendono a 2 milioni e con il nuovo presidente il fatturato cala costantemente sino al milione del 2012. Ma come si giustificava tutto quel denaro alla Florence? Una deliberazione di giunta del 2007 specifica che il lavoro di comunicazione della kermesse «Genio fiorentino» (grande occasione di visibilità per Renzi) andrà curato da un'«agenzia altamente specializzata e qualificata a livello internazionale».
Ma la Florence lavora solo con la provincia. Eppure, grazie a quei 9 milioni, l'immagine del presidente decolla e la sua popolarità diventa nazionale. Ed internazionale. Con l'aiuto dei viaggi nordamericani. Nella deliberazione di giunta del 27 dicembre 2006 vengono previsti «incontri istituzionali» del trentunenne presidente della Provincia Renzi «con il ministro del Tesoro degli Stati Uniti» e «il primo ministro del Regno Unito Gordon Brown ».
La giunta mette in conto di accollarsi le spese di viaggio di un giornalista del Corriere della Sera «per perseguire un'adeguata proiezione all'esterno dell'immagine della Provincia di Firenze ». O meglio del suo Presidente. Oggi premier, anche grazie alla Florence. I cui conti, però, sono finiti sotto esame presso la Corte dei conti di Firenze. L'istruttoria è in corso.
3. CARO DIRETTORE, ADESSO VI SCRIVO E FORSE VI DENUNCIO
Lettera di Marco Carrai a ‘Libero Quotidiano'
Caro Direttore, tre cose, e il resto - se resto ci sarà - in Tribunale.
1) le indagini del suo giornalista presso gli uffici della Corte dei Conti della Toscana - se fatte bene - gli avrebbero fatto reperire la sentenza 227/2012 depositata il 9 maggio 2012, in cui è stabilito che il curriculum del sottoscritto "costituisce esperienza professionale tale da giustificare lo svolgimento di analoga funzione a favore del Presidente della Provincia di Firenze", con conseguente assoluzione da ogni imputazione. Ma i suoi lettori non ne sono stati informati;
2) sono stati informati invece che esisterebbe una indicazione del Ministero dei beni culturali che imponga la gara con bando per la concessione di servizi museali. Sfortunatamente una tale indicazione non esiste affatto per gli affidamenti c.d. sottosoglia, com'è quello aggiudicato a Crossmedia. Senza dire poi che il servizio in questione è di competenza comunale, non statale, è riferito a un museo comunale e non statale, e fuoriesce dalla competenza del Ministero;
3) lei ritiene che un gesto di generosità come quello di ospitare un amico in un immobile preso in affitto con un contratto tanto poco nascosto che è registrato non sia "una cosa ordinaria", soprattutto quando l'ospitante ha incarichi pubblici in una società partecipata dall'ente locale di cui l'amico è sindaco. Io ritengo di non aver fatto niente di male, salvo che non si provi che nella mia funzione ho tradito gli interessi pubblici e ho favorito interessi privati, e ingenuamente pensavo che un atto di generosità non fosse una colpa. Padronissimo lei di pensar male e di insinuare. Il Giudice deciderà se questo atteggiamento supera o meno la soglia della diffamazione.
Cordialmente, Marco Carrai
4. CARI RENZIANI, DOVETE RASSEGNARVI ALLE DOMANDE
Maurizio Belpietro per ‘Libero Quotidiano'
Gentile Signor Carrai, la ringrazio per la nuova lettera e per le informazioni, che se lei avesse avuto la pazienza di fornire da subito a Giacomo Amadori, quando il collega le ha più volte telefonato, sarebbero state riportate nell'articolo. Al contrario, anche mercoledì, lei ha preferito rispondere alla mail del nostro giornalista con una lettera in cui dichiarava di non avere alcuna intenzione di chiarire i nostri dubbi.
Matteo Renzi ha fatto della trasparenza una delle caratteristiche della sua attività politica, dunque è normale che la stampa si occupi di fatti che lo riguardano chiedendo lumi. Ma a quanto pare, a questa normale attività giornalistica lei è insofferente o allergico. E prima ancora di chiarire gli aspetti di una vicenda che riguarda un uomo delle istituzioni che oggi ricopre l'incarico di presidente del consiglio, lei minaccia querele.
Mi spiace, anche perché le sue minacce arrivano dopo quelle di un'altra renziana doc, un ministro della Repubblica che per una notizia non gradita ha telefonato a un direttore usando le stesse espressioni: ci vediamo in tribunale. Da persone che vogliono rappresentare un cambiamento rispetto a D'Alema e compagni non ci si aspetterebbero gli stessi sistemi che l'ex presidente del consiglio usò contro Giorgio Forattini, ma tant'è.
Ciò detto, lei dice che le sembra normale aver pagato l'affitto del sindaco, dandogli in uso un'abitazione nel centro di Firenze mentre lei era un manager di una società partecipata dal comune. Dice anche che fino a prova contraria se non ha fatto gli interessi di un privato a scapito di quello pubblico non c'è nulla di male nell'aver aiutato un amico.
Vede, io non sono un pm e non accuso nessuno. Faccio il giornalista e mi limito ad osservare ciò che accade. E se noto che un sindaco sta a casa di un signore che gli paga l'affitto mi chiedo se tutto ciò sia opportuno. Se sia cioè compatibile con l'immagine pubblica di quel rappresentante delle istituzioni. Tutto qui. È la stampa, bellezza. Anche se lei a quella stampa vorrebbe mettere il bavaglio ancora prima che apra bocca.
E' un po di giorni che Libero batte e ribatte sul tema della casa pagata da Carrai all'amico Renzi.
In cambio, sostiene il quotidiano di Bel Pietro, Carrai ha ottenuto posizioni di favore nelle amministrazioni renziane.
C'è stato il caso Scajola e l'allora Cs ha fatto la sua parte nell'eliminare il vecchio democristiano.
Ora s'invertono i ruoli.
Dagospia evidenzia il silenzio dei quotidiani. Questo sembra ovvio.
Cosa succederebbe se Renzi si dovesse dimettere oggi?
14 MAR 2014 17:00
1. NEL SILENZIO ASSORDANTE DEI QUOTIDIANI, “LIBERO” CONTINUA A BATTERE LA STORIA DELLA CASA DI RENZI, CHE È STATA PAGATA PER 32 MESI DAL SUO AMICO MARCO CARRAI, UNO CHE DAL 2004 HA INCASSATO VARIE POLTRONE, PUBBLICHE E NON, GRAZIE A MATTEUCCIO -
2. RENZI, DA SINDACO, AFFITTAVA UNA MANSARDA DA 1000 EURO AL MESE PER NON DOVER TORNARE OGNI GIORNO NELLA CASA DI FAMIGLIA, A 40 MINUTI DA PALAZZO VECCHIO! -
3. NON POTENDOSELA PIÙ PERMETTERE, SI TRASFERÌ PER QUASI TRE ANNI IN UN APPARTAMENTO (5 VANI) PAGATO DA CARRAI. CHE MINACCIA QUERELE CONTRO BELPIETRO -
4. “SOLO UN ATTO DI GENEROSITÀ VERSO UN AMICO”. CERTO, LO STESSO AMICO CHE GLI HA GARANTITO RUOLI (E STIPENDI) DI PRIMO PIANO IN BANCHE, AEROPORTI E PARCHEGGI DI FIRENZE. E CHE ORA È IN LIZZA PER UNA NOMINA (RENZIANA) NEL CDA DI ENI O FINMECCANICA -
5. BELPIETRO: “CARI RENZIANI, VISTO CHE FATE DELLA TRASPARENZA UN VANTO, DOVETE ABITUARVI ALLE DOMANDE LEGITTIME DEI GIORNALI. E NON TRASCINARLI IN TRIBUNALE” -
1 - CARRAI NON RISCHIA MAI
Camilla Conti per "l'Espresso" - Rimasti orfani di Matteo Renzi, in questi giorni i fiorentini seguono con attenzione la partita sull'aeroporto di Firenze Peretola, che in base ai piani del governo dovrà fondersi con quello di Pisa, dando così vita a una holding aeroportuale toscana. A comandare sarà la Cedicor del magnate argentino Eduardo Eurnekian, che nei giorni scorsi ha acquistato il 33 per cento di Adf, la società di gestione del Vespucci e che è già presente nel capitale della pisana Sat.
«Siamo soddisfatti perché un grande investitore straniero sente l'esigenza di puntare sulla Toscana», ha dichiarato il presidente di Adf, Marco Carrai, considerato il Gianni Letta renziano e approdato al vertice dello scalo in quota alla Cr Firenze, di cui è consigliere. Carrai festeggia, ma rischia di perdere la poltrona.
Perché, dicono in riva all'Arno, appena sarà pronta la nuova holding gli argentini vorranno metterci a capo un loro uomo. C'è però chi è convinto che "Marchino", come lo chiamano, farà di necessità, virtù. Per il consigliere del Principe, gran tessitore di rapporti dall'America a Israele, sarebbe già pronto un posto nel consiglio di una delle grandi società pubbliche coinvolte nel prossimo valzer delle nomine. Come Finmeccanica o l'Eni.
2. AFFITTI, MEDIA E INCHIESTE
Giacomo Amadori per ‘Libero Quotidiano'
Il mistero dell'attico in affitto di Matteo Renzi, pagato dal suo stretto collaboratore e finanziatore Marco Carrai, collezionista di incarichi pubblici, non è ancora risolto. Siamo in attesa di visionare il contratto per capire quanto abbia speso Carrai per ospitare Renzi e se la casa di via degli Alfani 8 a Firenze sia stata presa in locazione appositamente per l'ex sindaco, costretto nel 2011 a lasciare un altro appartamento troppo oneroso. Infatti per diciassette mesi Renzi è stato residente in una mansarda dove pagava mille euro al mese, per un importo complessivo di circa 17 mila euro. Per altri 32 mesi è stato ospite. Risparmiando, sulla carta, 32 mila euro.
Di fronte alla richiesta di ulteriori chiarimenti sulla vicenda Carrai si è limitato a rispondere: «Poiché non sono complice di misteri non voglio neppure essere complice del mio screditamento ». Il braccio destro del Presidente del Consiglio non gradisce neppure che si ricordi che la Corte dei conti aveva espresso dubbi sulla sua assunzione del 2004 da parte di Renzi (all'epoca presidente della Provincia di Firenze) con il ruolo di dirigente, non essendo laureato. I giudici chiesero nel suo caso un «supplemento istruttorio» e nel 2012 stabilirono che il suo curriculum «costituisce esperienza professionale tale da giustificare lo svolgimento di analoga funzione a favore del Presidente della Provincia di Firenze ».
E allora leggiamo nel dettaglio quale fosse il profilo professionale dell'allora ventinovenne capo staff: assessore al bilancio di Greve in Chianti (Firenze), suo paese natìo; per un anno capo segreteria dell'assessore all'Innovazione di Firenze; per tre anni segretario organizzativo della Margherita nella provincia di Firenze; presidente dell'azione cattolica di Greve in Chianti (dal 1997 al 1999); segretario del locale circolo del Movimento cristiano lavoratori (1997-2000); membro della commissione cultura della Diocesi di Fiesole; membro del consiglio direttivo del Collegamento sociale cristiano e degli Amici di supplemento d'anima.
Nel suo curriculum Carrai ha inserito anche la pubblicazione di «articoli su il Foglio, La Nazione, La Repubblica, Il Corriere di Firenze, Metropoli, Toscana Oggi». Insomma un bravo organizzatore di provincia, privo di titoli accademici. Nel 2004 Carrai iniziava anche a fare il consigliere comunale nel capoluogo fiorentino. Ci siamo presi la briga di visionare i suoi interventi a Palazzo Vecchio. Ne abbiamo contati 21 in un lustro: circa quattro interventi l'anno, in cui si è occupato di antisemitismo, Anpi, minoranza tibetana, riabilitazione pubblica di Dante Alighieri, Fiera e aeroporto, la sua passione, visto che oggi è presidente della società che controlla quello di Firenze. Tutto qui. Ma se come consigliere comunale non ha lasciato il segno, si è distinto maggiormente nel ruolo di uomo comunicazione di Renzi.
Nel 2005 il Rottamatore lo mise a fare l'amministratore delegato (poltrona occupata sino al 2010) del suo Minculpop personale, quello straordinario strumento di propaganda ideato da Renzi e chiamato Florence Multimedia srl: per cinque anni ha scolpito nella testa dei fiorentini il volto del loro Presidente Superman. Si tratta di una società partecipata al 100 per cento dalla Provincia con una ventina di addetti assunti senza concorso. Dal 2006 al 2009 la stessa Provincia versa nelle casse della macchina promozionale di Renzi (con al volante Carrai) circa 9 milioni di euro.
Nel 2006 la Florence fattura 500 mila euro, nel 2007 2,3 milioni, nel 2008 la cifra sale a 4,3 milioni e inizia a interessare anche i sindaci revisori. Nel 2009, anno in cui Renzi viene eletto sindaco di Firenze, gli investimenti scendono a 2 milioni e con il nuovo presidente il fatturato cala costantemente sino al milione del 2012. Ma come si giustificava tutto quel denaro alla Florence? Una deliberazione di giunta del 2007 specifica che il lavoro di comunicazione della kermesse «Genio fiorentino» (grande occasione di visibilità per Renzi) andrà curato da un'«agenzia altamente specializzata e qualificata a livello internazionale».
Ma la Florence lavora solo con la provincia. Eppure, grazie a quei 9 milioni, l'immagine del presidente decolla e la sua popolarità diventa nazionale. Ed internazionale. Con l'aiuto dei viaggi nordamericani. Nella deliberazione di giunta del 27 dicembre 2006 vengono previsti «incontri istituzionali» del trentunenne presidente della Provincia Renzi «con il ministro del Tesoro degli Stati Uniti» e «il primo ministro del Regno Unito Gordon Brown ».
La giunta mette in conto di accollarsi le spese di viaggio di un giornalista del Corriere della Sera «per perseguire un'adeguata proiezione all'esterno dell'immagine della Provincia di Firenze ». O meglio del suo Presidente. Oggi premier, anche grazie alla Florence. I cui conti, però, sono finiti sotto esame presso la Corte dei conti di Firenze. L'istruttoria è in corso.
3. CARO DIRETTORE, ADESSO VI SCRIVO E FORSE VI DENUNCIO
Lettera di Marco Carrai a ‘Libero Quotidiano'
Caro Direttore, tre cose, e il resto - se resto ci sarà - in Tribunale.
1) le indagini del suo giornalista presso gli uffici della Corte dei Conti della Toscana - se fatte bene - gli avrebbero fatto reperire la sentenza 227/2012 depositata il 9 maggio 2012, in cui è stabilito che il curriculum del sottoscritto "costituisce esperienza professionale tale da giustificare lo svolgimento di analoga funzione a favore del Presidente della Provincia di Firenze", con conseguente assoluzione da ogni imputazione. Ma i suoi lettori non ne sono stati informati;
2) sono stati informati invece che esisterebbe una indicazione del Ministero dei beni culturali che imponga la gara con bando per la concessione di servizi museali. Sfortunatamente una tale indicazione non esiste affatto per gli affidamenti c.d. sottosoglia, com'è quello aggiudicato a Crossmedia. Senza dire poi che il servizio in questione è di competenza comunale, non statale, è riferito a un museo comunale e non statale, e fuoriesce dalla competenza del Ministero;
3) lei ritiene che un gesto di generosità come quello di ospitare un amico in un immobile preso in affitto con un contratto tanto poco nascosto che è registrato non sia "una cosa ordinaria", soprattutto quando l'ospitante ha incarichi pubblici in una società partecipata dall'ente locale di cui l'amico è sindaco. Io ritengo di non aver fatto niente di male, salvo che non si provi che nella mia funzione ho tradito gli interessi pubblici e ho favorito interessi privati, e ingenuamente pensavo che un atto di generosità non fosse una colpa. Padronissimo lei di pensar male e di insinuare. Il Giudice deciderà se questo atteggiamento supera o meno la soglia della diffamazione.
Cordialmente, Marco Carrai
4. CARI RENZIANI, DOVETE RASSEGNARVI ALLE DOMANDE
Maurizio Belpietro per ‘Libero Quotidiano'
Gentile Signor Carrai, la ringrazio per la nuova lettera e per le informazioni, che se lei avesse avuto la pazienza di fornire da subito a Giacomo Amadori, quando il collega le ha più volte telefonato, sarebbero state riportate nell'articolo. Al contrario, anche mercoledì, lei ha preferito rispondere alla mail del nostro giornalista con una lettera in cui dichiarava di non avere alcuna intenzione di chiarire i nostri dubbi.
Matteo Renzi ha fatto della trasparenza una delle caratteristiche della sua attività politica, dunque è normale che la stampa si occupi di fatti che lo riguardano chiedendo lumi. Ma a quanto pare, a questa normale attività giornalistica lei è insofferente o allergico. E prima ancora di chiarire gli aspetti di una vicenda che riguarda un uomo delle istituzioni che oggi ricopre l'incarico di presidente del consiglio, lei minaccia querele.
Mi spiace, anche perché le sue minacce arrivano dopo quelle di un'altra renziana doc, un ministro della Repubblica che per una notizia non gradita ha telefonato a un direttore usando le stesse espressioni: ci vediamo in tribunale. Da persone che vogliono rappresentare un cambiamento rispetto a D'Alema e compagni non ci si aspetterebbero gli stessi sistemi che l'ex presidente del consiglio usò contro Giorgio Forattini, ma tant'è.
Ciò detto, lei dice che le sembra normale aver pagato l'affitto del sindaco, dandogli in uso un'abitazione nel centro di Firenze mentre lei era un manager di una società partecipata dal comune. Dice anche che fino a prova contraria se non ha fatto gli interessi di un privato a scapito di quello pubblico non c'è nulla di male nell'aver aiutato un amico.
Vede, io non sono un pm e non accuso nessuno. Faccio il giornalista e mi limito ad osservare ciò che accade. E se noto che un sindaco sta a casa di un signore che gli paga l'affitto mi chiedo se tutto ciò sia opportuno. Se sia cioè compatibile con l'immagine pubblica di quel rappresentante delle istituzioni. Tutto qui. È la stampa, bellezza. Anche se lei a quella stampa vorrebbe mettere il bavaglio ancora prima che apra bocca.
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Re: Il nuovo governo Renzi
ITALIA CRAC - A FINE GENNAIO, SECONDO DATI BANKITALIA, IL DEBITO PUBBLICO BALZA A 2.089,5 MILIARDI, 20,5 MILIARDI IN PIU' DELLA FINE DEL 2013 - SIAMO SICURI CHE RENZIE ABBIA LE MANI LIBERE PER TAGLIARE LE TASSE?
Il dato viene spiegato da Palazzo Koch "essenzialmente con l'aumento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013)". Si capisce a pieno come gli inviti dell'Europa ad accelerare le misure per ridurre il debito siano giustificati da questi numeri…
Da 'Repubblica.it'
Cresce il debito pubblico italiano, portandosi alla fine di gennaio a quota 2.089,5 miliardi con un progresso di 20 miliardi e mezzo rispetto ai 2.068,9 di fine 2013. Il dato - comunicato da Bankitalia - viene spiegato "essenzialmente con l'aumento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013)". Sta di fatto che si capisce a pieno, leggendo questa dinamica, come gli inviti dell'Europa ad accelerare le misure per ridurre il debito siano giustificate da questi numeri.
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 18,9 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è aumentato di 1,5 miliardi e quello degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato, aggiunge ancora Bankitalia.
Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari in gennaio a 31 miliardi, in linea col valore registrato nello stesso mese del 2013 (30,8 miliardi). "Va ricordato che la significatività dei dati del mese di gennaio è limitata da disomogeneità nei tempi e nelle modalità di contabilizzazione di alcune entrate (la difformità temporale riguarda prevalentemente anticipi/slittamenti fra i mesi di dicembre e di gennaio)", spiegano da via Nazionale.
In altre rilevazioni, provenienti dal Tesoro, è emerso che a gennaio il fabbisogno si è attestato a 566 milioni, frutto di 35,78 miliardi e 36,35 miliardi di spese, di cui cui 2.590 milioni di spesa per interessi.
Il dato viene spiegato da Palazzo Koch "essenzialmente con l'aumento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013)". Si capisce a pieno come gli inviti dell'Europa ad accelerare le misure per ridurre il debito siano giustificati da questi numeri…
Da 'Repubblica.it'
Cresce il debito pubblico italiano, portandosi alla fine di gennaio a quota 2.089,5 miliardi con un progresso di 20 miliardi e mezzo rispetto ai 2.068,9 di fine 2013. Il dato - comunicato da Bankitalia - viene spiegato "essenzialmente con l'aumento (20,3 miliardi) delle disponibilità liquide del Tesoro, pari a fine gennaio a 57,9 miliardi (68,1 a gennaio del 2013)". Sta di fatto che si capisce a pieno, leggendo questa dinamica, come gli inviti dell'Europa ad accelerare le misure per ridurre il debito siano giustificate da questi numeri.
Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 18,9 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è aumentato di 1,5 miliardi e quello degli Enti di previdenza è rimasto sostanzialmente invariato, aggiunge ancora Bankitalia.
Le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari in gennaio a 31 miliardi, in linea col valore registrato nello stesso mese del 2013 (30,8 miliardi). "Va ricordato che la significatività dei dati del mese di gennaio è limitata da disomogeneità nei tempi e nelle modalità di contabilizzazione di alcune entrate (la difformità temporale riguarda prevalentemente anticipi/slittamenti fra i mesi di dicembre e di gennaio)", spiegano da via Nazionale.
In altre rilevazioni, provenienti dal Tesoro, è emerso che a gennaio il fabbisogno si è attestato a 566 milioni, frutto di 35,78 miliardi e 36,35 miliardi di spese, di cui cui 2.590 milioni di spesa per interessi.
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Re: Il nuovo governo Renzi
Ciao Camillobenso.Cosa ne pensi se vi fossero due monete diverse di valore sempre euro.
Ricordiamo che il marco era sempre piu alto della lira.
Ciao
Paolo11
Ricordiamo che il marco era sempre piu alto della lira.
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Paolo11
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