Come se ne viene fuori ?

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paolo11
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da paolo11 »

Formigoni.Quando lo intervistavano anni addietro diceva che era Vergine se ti ricordi.
Renzi Ha sbagliato andare nelle scuole elementari.
Doveva andare prima negli asili nido,poi alle elementari, poi all'università, e poi qualche fabbrica.
La vedo dura andare nelle ultime due citate.Lo vedremo spesso in TV.Li non corre pericoli di nessun genere.
Qui si vota in giugno per il nuovo sindaco.Cominciano gia le beghe.
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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paolo11 ha scritto:Formigoni.Quando lo intervistavano anni addietro diceva che era Vergine se ti ricordi.
Renzi Ha sbagliato andare nelle scuole elementari.
Doveva andare prima negli asili nido,poi alle elementari, poi all'università, e poi qualche fabbrica.
La vedo dura andare nelle ultime due citate.Lo vedremo spesso in TV.Li non corre pericoli di nessun genere.
Qui si vota in giugno per il nuovo sindaco.Cominciano gia le beghe.
Ciao
Paolo11

Vent'anni fa da queste parti lo chiamavano "Il verginello"
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 261

2014 a schede



Scheda – 29 - Costume & Società


29 - 2 - 10 marzo 2014




Questo è l'articolo originale dell'inchiesta sul sesso giovanile pubblicato su IFQ, a cura di Beatrice Borromeo del 5 marzo scorso.

Ieri è stato pubblicata la seconda parte di Sex & teens.

Nella seconda parte si nota che anche i termini usati sono tratti dal linguaggio comune di tutti i giorni.

Certo che di tempo ne è passato dalla Tv bernabeiana, dove nei tg era severamente vietato citare "membro del Parlamento". La morale cattolica dominante obbligava al doppio linguaggio, quello ufficiale e quello da bar.

Nella seconda parte si registra l'inversione dei ruoli maschio - femmina.

Diventa normale chiedersi cosa potrà essere la società prossima ventura, lasciando da parte i moralismi e i falsi moralismi.

****



Sesso a 14 anni, le adolescenti raccontano: “Se non ti fai sverginare sei una sfigata”

Inchiesta 'Sex and teens' (1 - continua) - Chiara, quinta ginnasio a Milano, dà la sua versione: "Il primo anno di liceo comincia la conta: entro 12 mesi bisogna 'darla via' altrimenti vieni emarginata". E i maschi? "Non ci pressano perché non ce n'è bisogno". Nessuna cura della contraccezione: "Il lunedì in classe c'è il panico: non ci si ricorda se il sabato, ubriache o fumate in discoteca, si è usato o meno il preservativo"

di Beatrice Borromeo | 6 marzo 2014Commenti (1583)

La partita di pallavolo è appena cominciata e seduti per terra, in palestra, ci sono un po’ di ragazzi che usano “l’ora buca” per fare un tifo svogliato. C’è anche la professoressa di educazione fisica, che annota con una bic blu le assenze sul registro. A interrompere tutti è una ragazza di quinta ginnasio, che invade il campo: “Finalmente mi hanno stappata!”, urla, correndo attorno alla rete con le braccia alzate. “Sì, sì: mi hanno sturata ieri sera”. È settembre 2013. E Margherita (nome di fantasia) celebra così, davanti a compagni di scuola più e meno intimi, la perdita della sua verginità. A raccontare l’episodio è Chiara, che studia nello stesso liceo milanese e che quella mattina giocava nel ruolo di alzatrice. Reazioni? “Non molte. La prof l’ha guardata male, la maggioranza di noi l’ha ignorata e qualcuno le ha fatto i complimenti”. In fondo, Margherita ci ha messo un anno intero per riuscire nella missione. Chiara spiega come funziona: “All’inizio della quarta ginnasio si fa la conta. Di solito, solo tre o quattro ragazze arrivano al liceo già sverginate. La regola è che bisogna liberarsene entro l’anno successivo. Per questo, a fine estate, ci sono un sacco di noi che vanno col primo che passa, giusto per non sforare i tempi. Perché a settembre si fa il bilancio”. Chiara, capelli biondi alle spalle, occhi castani col mascara nero sulle ciglia, stelline disegnate a penna sul polso, è una delle pochissime ragazze della sua classe a essere ancora vergine. “Se sei una persona sensibile, vivi molto male il fatto di non averla ancora data. È vero: se non sei carina, se non segui la moda, vieni un po’ emarginata. Ma è il sesso l’unico argomento che tiene banco, l’unica carta d’accesso per restare nel gruppo. O sai quello di cui parli, o ti escludono per davvero. Ti trattano come una bambina, ti lasciano fuori dal gruppo, ti prendono sempre per il culo, come fossi una sfigata”.


I PRELIMINARI

Le regole sono semplici e, anche se non valgono per tutti, finisce che tutti le rispettano. Ai preliminari, spiega Chiara, non si dà alcun peso: “Se esci con un ragazzo per un paio di settimane, è normale fargli almeno una sega. Sì, lo racconti in classe, ma non è una gran notizia: nessuno si stupisce”. Non si diventa popolari nemmeno per il sesso orale: “Le mie amiche lo fanno spesso nei bagni delle discoteche, il sabato sera. Poi ci ridono su: ‘Tanto ero ubriaca’, dicono. Anche perché, quando si esce, si parte subito con i vodka-pesca o gli shot di rum e pera, quindi non ci vuole molto per perdere il controllo.

L’altra scusa è che si erano fumate tre o quattro canne, che erano ‘fatte’. Ma nessuna si pente, e pochissime si ricordano anche solo il nome del ragazzo a cui hanno fatto un pompino”. Se si incontrano il weekend dopo, spiega, i due nemmeno si salutano. E ancora, a scuola l’argomento non esalta un granché: “Una di quinta ginnasio ha avuto un rapporto orale a tre prima di perdere la verginità, per prepararsi, e il racconto non ha creato grande scalpore”. Poi, i ragazzi sono gli unici a beneficiare dei preliminari: “Su di noi? Figurati, i maschi non sanno nemmeno da che parte cominciare. Non ho mai sentito parlare di sesso orale su una mia amica. Magari se esci con quelli più grandi, ma dubito”.

IL SESSO

“Scopare è come fumare una sigaretta”. In che senso? “È una piccola trasgressione, nulla di più. Si fa per diventare grandi. Non che gli altri ti vedano poi diversamente, ma tu stessa proietti un’immagine più matura e di conseguenza entri nel gruppo più figo”. All’inizio c’è la spinta delle amiche: “Per chi te la stai tenendo? Guarda che se non la molli ti molla lui… E poi a qualcuno la dovrai pur dare, o no?”. Chiara è molto carina, ha ai piedi stivaletti di cuoio, e addosso una magliettina di Zara e una felpa blu col cappuccio. Potrebbe avere 14 anni come 18. Parla di sesso come se, appunto, l’avesse studiato meticolosamente a scuola, pur non avendolo ancora mai provato. E descrive un mondo capovolto: “I ragazzi non ci pressano mai per andare a letto. Anzi, sono terrorizzati dal fare figuracce, perché non sanno bene cosa devono fare. Anche perché noi siamo cattive, se uno se la cava male poi rischia che lo roviniamo. Sono le femmine – spiega Chiara – a sentirsi in dovere di sverginarsi in fretta. E poi gli uomini non hanno bisogno di insistere, perché le ragazze sono indemoniate”.

Quando decidi di farlo, lo annunci alle amiche: “Questo weekend ho deciso che scopo”. Poi c’è l’immancabile resoconto del lunedì: “Di solito dicono ‘mi hanno sfondata’, oppure ‘mi hanno aperta’”. Da quel momento in poi perdi l’inibizione: “Una volta che l’hai data, la tua vita sessuale diventa super attiva. Se sei a casa di un’amica e c’è un tipo carino, non è che te la meni. Gliela dai senza fare troppe storie. Il ragazzo neanche se l’aspetta, così lo stupisci”.

L’ORGASMO

Il sesso e il piacere non hanno proprio nulla a che spartire, nelle storie che raccontano Chiara e le sue amiche. L’obiettivo non è quello, e i ragazzi sono troppo inesperti. “A nessuna è mai piaciuto scopare. La prima volta fa stra-male, e anche le volte dopo, comunque, tutto è tranne che piacevole. Ripeto: non lo fai per venire, ma per liberarti di un peso. È una questione d’immagine, di status. Anche perché i ragazzi durano pochissimo”. Per quelle che decidono di affidarsi al primo fidanzato, il momento prescelto è quello di una gita fuori città: “Stai con uno da un paio di settimane e ti invita a passare il weekend da qualche parte? Gliela dai. Matematico”.

PANICO DEL LUNEDI’

Le precauzioni più usate, racconta Chiara, sono il preservativo e la pillola anticoncezionale. Chi prende quest’ultima, di solito, ha già condiviso la propria vita sessuale con i genitori. E le altre? “Non sai quanti lunedì mattina vedo le mie amiche completamente in paranoia. Il sabato erano strafatte e non riescono a ricordarsi se hanno usato il preservativo o no. In più, non sanno chi è il ragazzo con cui hanno scopato, oppure si vergognano a chiamarlo per chiedere. Quindi le più furbe vanno in consultorio e prendono la pillola del giorno dopo – succede ogni due o tre mesi – e le altre aspettano e pregano che il ciclo arrivi”.

Chi vuole condividere storie ed esperienze su adolescenti e sesso può scrivere a sexandteens@gmail.com

da Il Fatto Quotidiano del 5 marzo 2014
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2014 a schede



Scheda – 29 - Costume & Società


29 - 3 - 10 marzo 2014





Sesso a 14 anni, un adolescente: “Se vai male a letto ti rovinano subito via sms”
Inchiesta 'Sex and teens' (2 - continua) - Dopo Chiara parla il 15enne Mattia che evoca l’amore: "La mia prima volta? Vorrei fosse con una ragazza di cui sono innamorato. Non con una che mi salta addosso e mi ribalta. I preliminari non sappiamo farli e abbiamo paura: veniamo giudicati di continuo"

di Beatrice Borromeo | 10 marzo 2014Commenti (390)

La delusione, per Mattia, è arrivata durante una festa di Capodanno, nella casa di un amico lasciata libera dai genitori, partiti per la montagna. I preparativi per festeggiare il 2014, in zona Navigli, a Milano, promettevano bene: c’erano birre, vodka, canne, potenti casse per pompare la musica e una trentina di amici tra i 14 e i 17 anni. Erano quasi tutti compagni di scuola, in un liceo artistico. E Mattia sbirciava per vedere se c’era anche la sua ex ragazza, con cui era uscito per qualche settimana, e che l’aveva da poco lasciato con un sms. Dopo la prima puntata della nostra inchiesta sulle abitudini sessuali degli adolescenti, che si focalizzava sull’esperienza di un gruppo di studentesse di un liceo classico milanese (leggi), Il Fatto Quotidiano esplora ora un altro punto di vista. Quello di un 15enne – e dei suoi amici – che raccontano le difficoltà nel gestire relazioni basate sempre meno sui sentimenti, e lo spaesamento provocato dall’intraprendenza, talvolta aggressiva, delle ragazze.

CHI VUOLE UN POMPINO?

Passa quasi un’ora prima che Mattia incontri la sua ex. “L’ho vista ubriaca, che girava e chiedeva ad alta voce: ‘Chi vuole un pompino?’. È stata una cosa orribile, tristissima”, racconta lui. La parte peggiore però è arrivata poco dopo: “C’erano quattro ragazzi e due ragazze, tutti di 16 anni, che facevano le loro cose al piano di sopra. Toc. Toc. Toc… Il letto sbatteva contro il muro, era davvero fastidioso. Abbiamo alzato la musica al massimo per non sentire. Poi la mia ex, che ha solo 14 anni, si è aggiunta a loro. A quel punto i miei amici mi hanno portato via, ero disgustato”. Non è stato solo l’alcol, secondo Mattia, a spingere l’ex nell’orgia: “L’ha fatto solo per farsi notare, perché sapeva che c’erano i ragazzi più grandi. Me l’aspettavo, perché queste ragazze aprono le gambe come niente – dice mordendosi il labbro – ma ci sono rimasto comunque malissimo”.

LA DONNA IDEALE

Mentre racconta la sua storia, diventa chiaro che Mattia non è il tipico liceale: beve poco, non fuma, è ancora vergine e soprattutto “mi fanno schifo quelli che escono con una tipa perché ha un bel culo. Io vorrei solo che fosse dolce, possibilmente simpatica. Che le piacesse la mia stessa musica, metal soft, che condividesse i miei ideali. Poi, certo, dev’essere carina, però non è quella la priorità”. Ma guardando questo ragazzo di 15 anni, coi capelli lunghi, la giacca di pelle nera e un viso che ricorda un giovane Johnny Depp, tutto viene in mente tranne che non abbia successo con le ragazze. “Infatti loro ci provano, ma io non voglio che la mia prima volta sia con una che mi salta addosso e mi ribalta. Voglio che sia speciale, voglio essere innamorato, perché per me fare l’amore ha un significato. Altrimenti avrei già perso la verginità. E ho molti amici che la pensano come me”. Quando parla delle ragazze Mattia non vuole generalizzare: “Non sono tutte assatanate. Il problema è che più fanno cose elaborate a letto, più scalano la piramide sociale. Per questo passano la giornata a parlare di sesso mentre noi pensiamo alla musica, ai videogame e, certo, anche alle tipe, ma solo se ci interessano davvero”.

LE REGOLE DEL SUCCESSO

“Sappiamo tutti come funziona: se vuoi che le ragazze ci provino devi essere un truzzetto”. Che Mattia, sorseggiando un succo di pera (“il caffè non mi piace”) descrive così: pantaloni a vita molto bassa, coi boxer che s’intravedono. Capello corto, o testa rasata. Cappellino da rapper. Atteggiamento arrogante. “Se sei così – che poi è tutto quello che io odio – allora la tipa ce l’hai a disposizione. Ci fai quel che vuoi”. Ma anche i truzzetti, quando c’è da scegliere una fidanzata, sono perplessi: “Alla fine (e gli amici annuiscono, ndr) cerchiamo tutti una persona affidabile. Non una che cambia idea ogni settimana, che ti fa le corna, che non ha nessun autocontrollo e va a letto con altri quattro tizi. Non c’è niente di sexy in questo. Quelle come la mia ex infatti le odiamo tutti perché sono davvero eccessive”.

IL TERRORE

Avere a che fare con ragazze così aggressive è una costante fonte d’ansia. Per vari motivi: “Intanto non sappiamo bene cosa dobbiamo fare. Metti che ci andiamo a letto e va male: diventa molto imbarazzante”. Soprattutto perché, conferma Mattia, “non fai a tempo a uscire dalla stanza che lei sta già messaggiando con le sue amiche per mandare un resoconto completo di tutto quello che abbiamo appena fatto. Descrivono ogni dettaglio e poi ti danno il voto, dicono se sei stato bravo o no. È davvero una sfida avere a che fare con queste cose”. È più sicuro, spiega, sperimentare con chi conosci bene: “Se l’hai appena incontrata va a spifferare tutto, ma proprio tutto, di sicuro. Il ragazzo che non riesce, o non viene, o non è particolarmente dotato vive poi nel terrore”.

I PRELIMINARI

La versione delle ragazze che Il Fatto Quotidiano ha incontrato è che i preliminari contano talmente poco che, anche a scuola, parlarne non ti mette al centro dell’attenzione. Mattia svela qualche dettaglio in più: “Noi a loro non facciamo niente. Sono loro ad andare ‘di bocca e di mano’. Mi pare ovvio: loro ci osservano, giudicano ogni nostra mossa e movimento. E noi, per esempio il sesso orale, non sappiamo esattamente come farlo. Quindi non ce la sentiamo. Insomma, è un rischio inutile”. Mattia spiega il sesso come se fosse uno tra i pochi ad averne colto l’importanza. Racconta l’ansia che vivono i suoi amici prima di perdere la verginità, e il panico che li accompagna dopo, preoccupati dal finire intrappolati nella casella sbagliata, quella dello “sfigato”, “imbranato”, “effeminato”, di quello che “ce l’ha piccolo” o che “non ci sa fare”. Ci tiene a chiarire che per lui la differenza tra “scopare e fare l’amore” c’è eccome. E che anche tutto quello che accompagna e precede il sesso ha, per lui, un peso.

FIORI E SOLLIEVO

Ci sono due momenti in cui Mattia alza la voce. Quando parla della sua ex (“come fai passarti quattro ragazzi uno dopo l’altro? E non intendo limonare, ma andare di bocca”) e quando racconta un episodio successo il giorno prima, a scuola. “La mia compagna di banco aveva il sorriso stampato in faccia. Le ho chiesto perché fosse così felice e mi ha detto che le è venuto il ciclo, che per fortuna non è rimasta incinta”. Ma non è il rischio di una gravidanza indesiderata a farlo innervosire: “Quello che davvero non concepisco è che si sia sverginata con un tipo, che tra l’altro ha davvero la faccia da stronzo, con cui è uscita per una settimana, che l’ha mollata per un’altra e poi è tornato da lei. E la sera stessa in cui si sono rimessi insieme lei c’è andata a letto, senza precauzioni e senza il minimo rispetto per se stessa”. E per l’8 marzo, dice Mattia, non avrebbe senso regalare le mimose alle sue amiche: “I fiori non li vogliono. Le uniche ad apprezzarli sono le prof”.

Chi vuole condividere storie ed esperienze su adolescenti e sesso può scrivere a sexandteens@gmail.com

twitter: @BorromeoBea

da Il Fatto Quotidiano del 9 marzo 2014
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2014 a schede


Scheda – 38 – Nel mezzo del berlusconismo trionfante.

38 – 1 – 12 marzo 2014




Ieri e oggi alla Camera trionfa di nuovo Silvio Berlusconi. Ieri con le quote rosa, oggi con le preferenze.

“Game over” per Berlusconi, aveva dichiarato nel settembre 2013, Pittibimbo. Poi per fare doppiamente fessi gli elettori del Pd che si erano messi in coda alle primarie dell’8 dicembre, versando pure 2 euro per votarlo aveva promesso: Mai più larghe intese. Infatti, dopo aver pugnalato Lettanipote va a Palazzo Chigi alla guida delle larghissime intese.

Berlusconi tiene per le palle Renzi vulnerabilissimo a causa del suo smisurato ego. Il dottor Faust vende l’anima al diavolo Mefistofele in cambio della conoscenza. Renzi ha venduto l’anima ai diavoli Verdini e Berlusconi in cambio del potere.

Il baratto di Pittibimbo era già stato fatto cinque anni fa, quando a Firenze su imposizione di Verdini, gli contrappone per Forza Italia uno scartino che doveva perdere in partenza. Giovanni Galli, già portiere del Milan A.C.

Il potere nell’era del berlusconismo arriva anche fino a questi punti. Sacrificare un proprio candidato locale per ottenere a tempo debito, l’incasso al momento giusto.

Ma gli effetti del virus malefico del berlusconismo non si fermano qui. Tutte le anime morte che seguono Renzi hanno subito il contagio del berlusconismo.

Nei contatti con il pubblico degli elettori si comportano come una Santaché, una Biancofiore, una Ravetto qualsiasi. Le donne giovanine del Pd sono intercambiali con quelle di FI. La stessa cosa vale per il comparto maschile.

In questi giorni i loro passaggi in tv confermano il livello di propagazione del virus del berlusconismo. Il Satanasso di Hardcore può andarne fiero. In vent’anni è riuscito a propagare il suo virus in larghissimi strati della popolazione.


****

Italicum alla Camera: Pd in ordine sparso. Renzi si salva grazie a 23 ministri e vice
Il patto Renzusconi resiste, ma va più volte vicino al baratro. Molti democratici vanno contro le indicazioni di partito: sulle soglie di sbarramento, sulle preferenze (normali e doppie), sulle primarie obbligatorie e sul conflitto di interessi. E i componenti di governo sono stati fondamentali. Alla fine il voto viene rinviato al giorno successivo

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 11 marzo 2014Commenti (656)


L’emergenza è stata tale che hanno dovuto quasi evacuare i ministeri. In soccorso del patto Renzi-Berlusconi (e forse, per riflesso, di se stessi) sono arrivati 23 componenti della squadra di governo, 3 ministri e 20 tra vice e sottosegretari: senza di loro la legge elettorale sarebbe stata colpita al cuore. Per soli 20 voti infatti è stato respinto uno degli emendamenti che intendeva introdurre le preferenze, delle quali il Cavaliere non vuole sentir parlare nemmeno da lontano. A far suonare le sirene anti-bombardamento è stato un emendamento sulla doppia preferenza (un uomo e una donna) presentato da Gregorio Gitti, deputato dei Popolari per l’Italia, sul quale si sono concentrati i voti di Sel, Movimento Cinque Stelle, Lega Nord, Centro Democratico. Ma evidentemente anche della maggioranza, non solo del Nuovo Centrodestra ma anche e soprattutto del Pd. E’ finita 297 a 277, quando i democratici – da soli – possono contare su 293 deputati. Nel partito di maggioranza relativa si è assistito a una sorta di rivolta. Delle donne del Pd, forse, dopo che la storia sulle quote rosa è finita nel peggiore dei modi (sono state affondate nell’ombra dello scrutinio segreto). Ma anche della sinistra del partito, forse, che da tempo spinge per eliminare le liste bloccate. Per i renziani, tuttavia, va tutto bene: “L’intesa ha tenuto”, ripete Lorenzo Guerini, ed è l’unico loro pallino fisso (lui, Renzi e Delrio lo ripetono come un mantra). E’ del tutto da capire cosa accadrà al Senato: lì il Pd non ha i numeri di Montecitorio, per contro non esiste il voto segreto. Quindi chi “tradisce” lo deve fare davanti a tutti, segretario compreso.

Non è eccezionale che i componenti di governo che sono anche parlamentari partecipino al voto. Ma dà nell’occhio se diventano decisivi. C’erano i ministri per le Riforme Maria Elena Boschi, degli Esteri Federica Mogherini e della Pubblica Amministrazione Marianna Madia e poi 20 tra viceministri e sottosegretari: Gioacchino Alfano, Luigi Casero, Giuseppe Castiglione, Sesa Amici, Pier Paolo Baretta, Franca Biondelli, Luigi Bobba, Gianclaudio Bressa, Umberto Del Basso De Caro, Antonello Giacomelli, Sandro Gozi, Giovanni Legnini, Luca Lotti, Andrea Orlando, Lapo Pistelli, Angelo Rughetti, Ivan Scalfarotto, Silvia Velo, Domenico Rossi ed Enrico Zanetti. Non c’era il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che è sempre rimasto a Palazzo Chigi, anche perché non è parlamentare.

L’ultima parte del dibattito sulla legge elettorale alla Camera è stata un percorso di sopravvivenza per il Pd. A un certo punto, su un emendamento che avrebbe fissato le soglie di sbarramento è perfino comparso il numero maledetto: 101. Erano i voti che mancavano alla “strana maggioranza” che sostiene questa legge elettorale. Nel gruppo del Pd a Montecitorio per tutta la giornata si sono scatenati i peggiori istinti, gli stessi che avevano portato alla stagione di caccia delle norme per la parità di genere e le norme antidiscriminatorie. Poi ha votato in ordine sparso sulle soglie di sbarramento e per ottenere il premio di maggioranza e infine – nella madre di tutte le partite – ha concesso il bis sugli emendamenti per le preferenze. Lo scarto tra no e sì si è ridotto progressivamente: prima 51, poi 35, infine (appunto) 20. Pd e Forza Italia non hanno mai raggiunto la quota dei voti a loro disposizione. Sono mancate decine di voti. Di sicuro quelli degli assenti. Tra questi Pier Luigi Bersani ed Enrico Letta.


Bocciato anche l’un emendamento che introduceva il conflitto di interessi presentato da Pino Pisicchio (Cd) e da Pippo Civati (Pd) con 151 sì, 316 no e 11 astenuti. A nome del Pd è intervenuto il renziano David Ermini, il quale ha detto che il suo gruppo è a favore del principio in sé, ma che non è convinto dalle soluzioni proposte dagli emendamenti. Di qui l’annuncio di una prossima proposta sul tema da parte del Pd: “Nei prossimi giorni ne vedrete delle belle, perché il meglio deve ancora venire”, ha aggiunto Ermini. Sono allora intervenuti quasi tutti i parlamentari di Sel che hanno criticato il Pd: “In attesa di vederne delle belle ne vediamo di orribili”, ha detto Michele Piras. E’ stata poi la volta dei deputati di M5s che hanno attaccato sia il Pd che Sel per la loro alleanza con i Democrat nelle Regioni. Ha iniziato Giuseppe D’Ambrosio che ha dato del “buffoni” ai parlamentari del Pd, suscitando le proteste dei Democrat, con Ettore Rosato che ne ha chiesto l’espulsione dall’aula. Nonostante le sollecitazioni della presidente Laura Boldrini ad “evitare insulti e usare un linguaggio consono”, i toni sono rimasti accesi, con Andrea Colletti che ha chiesto ai deputati del Pd: “Perché vi indignate? Il collega D’Ambrosio ha detto la pura verità”. Successivamente Riccardo Fraccaro ha usato l’espressione “sfaccendati”. “Non credo che qui ci siano degli sfaccendati – ha subito ribattuto la presidente Laura Boldrini – ci sono persone che sono state elette e svolgono il proprio lavoro. E’ inaccettabile che vengano insultate”.

In mattinata il presidente del Consiglio Matteo Renzi – che prima aveva cercato di ridimensionare il patatrac democratico sulla parità di genere – aveva incontrato i deputati del Pd e non era stata proprio una passeggiata di salute. Si racconta tra l’altro di un faccia a faccia con Rosy Bindi: “Il Pd è ferito da quei 100 voti che sono mancati” ha detto l’ex ministro al segretario. “Vi chiedo di andare al voto oggi – ha scandito Renzi durante l’assemblea – e di rispettare l’impegno che ci siamo presi come partito. Se qualcuno non vota la legge, dovrà spiegarlo al Paese“.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/03 ... ti/909117/
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Sfascisti - 264

2014 a schede


Scheda – 27 – Il punto

27 – 15 – 10 marzo 2014




ANALISI
Forza Italia, il governo ombra
di un partito allo sbando

Sembra uno scherzo ma Gianfranco Rotondi, che si autodesigna premier, è serissimo. Berlusconi non ne sa nulla, ma la presentazione avviene nellla sede di FI. Una provocazione che racconta il caos in cui versa la formazione del Cavaliere
di Susanna Turco



Agli Esteri Stefania Prestigiacomo, agli Interni Francesco Nitto Palma, alla Difesa Antonio Martino, al Lavoro Renata Polverini, all’Ambiente Laura Ravetto, eccetera. A prima vista sembra uno scherzetto, invece è il grido di un’agonia. Un Sos nella notte scura, travestito da pagliaccio. La notizia è questa: Gianfranco Rotondi, ex democristiano ora forzista, spiritoso a tratti eccentrico, confeziona un governo ombra. Un governo ombra del quale, attenzione, lui stesso sarebbe il premier. Un governo ombra che, cosa inaudita, va a presentare nella sede di Forza Italia, presenti o comunque informati tutti i ministri ombra designati (tranne l’unico del Pd, Vincenzo De Luca, che cortesemente declina).

Ma Silvio lo sapeva? “No, non lo sapeva”, risponde lui a chi glielo chiede. I vertici parlamentari di Forza Italia lo sapevano? Macché. Il capogruppo al Senato Paolo Romani conferma: “Noi non sapevamo nulla, non avevamo nessuna notizia. E devo dire che la creazione di questo organismo non è stata concordata né approvata dai vertici del movimento e dei gruppi parlamentari. Si tratta di un'iniziativa personale”.


Presa di distanza alla quale Rotondi risponde sardonico su twitter: “Il capogruppo di Fi al Senato precisa che il governo ombra di Rotondi è iniziativa personale. Pensava che chiedessi la fiducia alle Camere?”.

A questo punto serve uno sforzo di fantasia: immaginarsi, per esempio, che un evento del genere capiti al Pd, nella sede del Pd; oppure collocarlo nel Pdl di qualche anno fa, ai tempi della cacciata di Fini per dire. Roba impensabile, in entrambi i casi.

Ecco perché l’ombra del governo di Rotondi racconta, nel suo piccolo, tutto lo sbando del partito del Cavaliere, che sbanda parecchio per quanto non ci si faccia gran caso: una cattedrale spostata nel deserto di Piazza Lorenzo in Lucina (tanto che Rotondi ci può presentare il suo governo ombra, ringraziando pure per la “liberalità”), una formazione verso la quale il leader ha perso interesse (al massimo ci sono i club e Toti), un gruppo dirigente da mesi in attesa delle nomine ai vertici dell’ufficio di presidenza (ogni volta che sta a Roma, da Berlusconi si forma la fila per chiedergli di decidersi), un partito che è quasi andato oltre la guerra fra bande e che comunque non sa nemmeno esattamente come posizionarsi.

Tanto c’è sbando, che nasce il governo ombra. Sia pure per provocazione, certo. Trovata estemporanea? Tutt’altro. Rotondi ci lavorava da settimane, e l’otto marzo l’aveva festeggiato comunicando su twitter: “Giovedì presento il governo ombra. E l’opposizione cambia verso”.

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Ed ecco qui il primo pugnaletto piantato nella ferita aperta: l’opposizione? Quale opposizione? Eh già, perché Forza Italia è formalmente all’opposizione, ma di fatto vota anche con la maggioranza (Italicum) e nei confronti di Renzi manifesta atteggiamenti molto vari e anche benevoli, mancando una linea chiara e stravedendo il Cavaliere per l’ex sindaco di Firenze.

Per dire il caos e la guerra, basti guardare la faccenda delle quote rosa, lato Forza Italia. Escluse le biancovestite e chi ci credeva, nel tira e molla sulla parità di genere non pochi forzisti – raccontano da dentro il partito - vedevano il grimaldello per reintrodurre le preferenze, o comunque far saltare l’accordo con Renzi. Per dirla con il solito Rotondi su twitter: “La parità di genere è una garanzia di noi maschi di Forza Italia”. Obiettivo: colpire Denis Verdini, acerrimo nemico delle preferenze e vero regista dell’intesa col segretario Pd. Il che, suggerisce un deputato azzurro, nel segreto dell’urna ha aumentato di molto i voti forzisti a favore delle quote rosa, a dispetto della volontà del Cavaliere e dei proclami in genere. A tutto questo caos Rotondi vorrebbe, se potesse, cambiare verso: un’opposizione, un partito magari. Anche perché, come dice lui stesso durante l’esame alla Camera dell’Italicum, “Il voto dei deputati Pd a favore delle preferenze sposta il pendolo di Renzi verso elezioni prima che si può”. Dunque occorre sbrigarsi a darsi un’identità, o quanto meno a far notizia per non morire.

Tanto è convinto della necessità di un segno di vita, che alla fine la butta persino sull’eroico. “Non c’è il rischio che possa offendersi ed anche arrabbiare?”, gli chiedono su twitter alludendo a Berlusconi. “Il rischio c’è. Ti dico con Bernanos che la speranza è un rischio da correre”, risponde lui melodrammatico. Poi il sospiro: “Eh sì, oggi finalmente abbiamo fatto qualcosa di berlusconiano”.

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Oggi, finalmente. “Qualcosa di berlusconiano: la follia di lanciare 16 persone perbene nella corsa per una rivincita a cui il resto del centrodestra non crede più”. Una rivincita, cui non si crede più.
14 marzo 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA

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iospero
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da iospero »

dal blog di Civati
La vera spending review

In vista di quello che abbiamo chiamato «buon giorno» (il 29 marzo scatta il giorno legale) e alla luce dell’urgenza di una moralizzazione del sistema che trova ancora pochi interpreti nel dibattito pubblico, vorrei riprendere quanto mi ha detto ieri Francesco Greco, che ho incontrato a margine di un’audizione in Commissione Giustizia al Senato.

La sua riflessione riprende tesi che Greco ha già avuto modo di illustrare più volte (ad esempio qui).

E mentre il governo ritira il decreto sulla Voluntary disclosure (facendo cadere quindi anche il mio emendamento sull’autoriciclaggio, che con Lucrezia Ricchiuti trasformeremo in un progetto di legge) è proprio qui che dobbiamo puntare: sulla spending review della criminalità economica, che vale più di tutte le altre cose di cui avete sentito parlare. Sia in termini quantitativi che in termini qualitativi, per un miglioramento complessivo del sistema.

Greco dice che attivare un percorso legislativo di quel tipo significherebbe fare una patrimoniale non verso i risparmiatori onesti, ma verso chi, in modo disonesto e furtivo, ha sottratto al fisco e alla collettività somme ingentissime nel corso degli anni. Una patrimoniale all’estero, la definisce, con uno slogan che tutti possono comprendere.

Ecco, se vogliamo fare rivoluzioni e svolte e cambiamenti epocali, questo dovrebbe stare al primo posto. In assoluto.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

iospero ha scritto:dal blog di Civati
La vera spending review

In vista di quello che abbiamo chiamato «buon giorno» (il 29 marzo scatta il giorno legale) e alla luce dell’urgenza di una moralizzazione del sistema che trova ancora pochi interpreti nel dibattito pubblico, vorrei riprendere quanto mi ha detto ieri Francesco Greco, che ho incontrato a margine di un’audizione in Commissione Giustizia al Senato.

La sua riflessione riprende tesi che Greco ha già avuto modo di illustrare più volte (ad esempio qui).

E mentre il governo ritira il decreto sulla Voluntary disclosure (facendo cadere quindi anche il mio emendamento sull’autoriciclaggio, che con Lucrezia Ricchiuti trasformeremo in un progetto di legge) è proprio qui che dobbiamo puntare: sulla spending review della criminalità economica, che vale più di tutte le altre cose di cui avete sentito parlare. Sia in termini quantitativi che in termini qualitativi, per un miglioramento complessivo del sistema.

Greco dice che attivare un percorso legislativo di quel tipo significherebbe fare una patrimoniale non verso i risparmiatori onesti, ma verso chi, in modo disonesto e furtivo, ha sottratto al fisco e alla collettività somme ingentissime nel corso degli anni. Una patrimoniale all’estero, la definisce, con uno slogan che tutti possono comprendere.

Ecco, se vogliamo fare rivoluzioni e svolte e cambiamenti epocali, questo dovrebbe stare al primo posto. In assoluto.

@ iospero

Caro iospero, è possibile rispondere sul blog di civati?
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

Messaggio da camillobenso »

Sfascisti - 265

2014 a schede



Scheda – 29 - Costume & Società


29 - 4 - 16 marzo 2014




Quando si raggiunge una certa età e si è visto come funziona il mondo, non ci si meraviglia più di nulla. Non è come a vent'anni che di fronte a certe storture bruciava il sacro fuoco della moralità, che si traduceva nell'impegno a cambiare il mondo.

Come avviene per tutti quanti noi, è il mondo che cambia te.

Ancora una volta di più in questi giorni ho visto attorno a me scandalizzarsi per il caso di Federica Gagliardi. Meravigliarsi per essere stata bloccata all'aeroporto con 24 kg di droga.

Chissà quante volte lo ha fatto, perché era sicura che tutto sarebbe andato liscio come sempre.

Diventa evidente che qualcosa non ha funzionato questa volta.

Funziona così dappertutto, altrimenti come potrebbero essere disponibili sul mercato giornaliero italiano quintali e quintali di droga.

Dove sta lo scandalo se il sistema funziona così da sempre??????

******

Immagine


16 MAR 2014 15:18
1. C’È L’OMBRA DI UNA TALPA SULLO SFONDO DELL’OPERAZIONE ANTIDROGA CHE GIOVEDÌ HA PORTATO ALL’ARRESTO, ALL’AEROPORTO DI FIUMICINO, DI FEDERICA GAGLIARDI -

2. INFATTI NON TUTTO È ANDATO COME AVREBBE DOVUTO, TRE GIORNI FA A FIUMICINO. NON COME AVREBBERO PREFERITO IN PROCURA A NAPOLI, DOVE L’INDAGINE È CONDOTTA DALLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA. QUEST’ULTIMO PARTICOLARE, L’ESISTENZA DELL’INCHIESTA, NON SAREBBE DOVUTO DIVENTARE DI DOMINIO PUBBLICO -

3. LA “DAMA BIANCA” CHE BERLUSCONI SI PORTAVA IN GIRO, ERA MOLTO BEN INSERITA IN UNA “RETE” DI POLITICI, IMPRENDITORI E UOMINI D’AFFARI, UN GIRO IN CUI MOLTI POTREBBERO ESSERE INTERESSATI ANCHE ALLA SUA ATTIVITÀ DI CORRIERE DELLA DROGA -

4. CHI E’ LA COPERTURA SULLA QUALE LA GAGLIARDI RITENEVA DI POTER CONTARE PER PASSARE INDENNE I CONTROLLI A CARACAS E A FIUMICINO? QUELLE DUE BORSE A UN SEMPLICE SCANNER POTEVANO ANCHE SEMBRARE PIENE DI PANETTI DI ESPLOSIVO AL PLASTICO -


Fulvio Bufi - Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera


C'è l'ombra di una talpa sullo sfondo dell'operazione antidroga che giovedì ha portato all'arresto, all'aeroporto di Fiumicino, di Federica Gagliardi, e al sequestro di 24 chili di cocaina che la bionda accompagnatrice di Berlusconi in alcuni viaggi del 2010, quando era premier, aveva trasportato dal Venezuela.

E non una talpa che ha favorito gli investigatori spifferando la dritta giusta, ma che, al contrario, li ha danneggiati rischiando di pregiudicare un'indagine sul traffico internazionale di stupefacenti che sicuramente ha dimensioni vastissime e potrebbe svelare coinvolgimenti altissimi.

Infatti non tutto è andato come avrebbe dovuto, tre giorni fa a Fiumicino. Non come avrebbero preferito in Procura a Napoli, dove l'indagine è condotta dalla Direzione distrettuale antimafia. Quest'ultimo particolare, l'esistenza dell'inchiesta, non sarebbe dovuto diventare di dominio pubblico.

Se l'arresto di Federica Gagliardi e il sequestro della droga fossero apparsi casuali (cosa comprensibilissima, visto che la donna trasportava quell'enorme quantitativo in un trolley e in uno zainetto, senza nessun tentativo di occultamento) non avrebbe creato allarme tra i molti - e pare anche molto potenti - che potrebbero essere coinvolti nel giro.

Chi aveva investito il suo capitale in quel carico (almeno cinque milioni di euro, che in dollari diventano quasi sette) ci avrebbe rimesso pesantemente, ma nessuno avrebbe avuto la certezza di essere finito nel mirino degli investigatori. E quando chi è indagato non sa di esserlo, è facile che si tradisca, che porti involontariamente gli investigatori sempre più avanti. Al contrario, la consapevolezza di una inchiesta induce alla prudenza, a non usare i telefoni, a interrompere ogni contatto.

E probabilmente era proprio questo lo scopo di chi ha voluto far trapelare la notizia che l'arresto di Federica Gagliardi era avvenuto nell'ambito di un più vasto lavoro investigativo della Dda napoletana, che ha delegato le indagini alla Guardia di Finanza. Chi possa essere questa talpa è per ora un mistero.

Ma non si può escludere che abbia a che fare, direttamente o indirettamente, con la copertura sulla quale la Gagliardi riteneva di poter contare per passare indenne i controlli a Fiumicino. Così come li aveva passati a Caracas al momento dell'imbarco, dove pure qualcuno deve averla aiutata a non far bloccare quelle due borse che a un semplice scanner potevano anche sembrare piene di panetti di esplosivo al plastico, visto come era stata confezionata la cocaina.

Non si può invece escludere che i destinatari dell'informazione che la talpa ha veicolato fossero non solo, e non tanto, i clan camorristici che potrebbero essere dietro al traffico di droga, ma i non pochi insospettabili che, a quanto emergerebbe dalle indagini, erano interessati al carico portato in Italia da Federica Gagliardi. Che era molto ben inserita in una «rete» di politici, imprenditori e uomini d'affari, un giro in cui molti potrebbero essere interessati anche alla sua attività di corriere della droga.

Certamente la Gagliardi era stata ingaggiata per questo viaggio da un broker, un mediatore internazionale del traffico di stupefacenti. Gli investigatori ritengono anche di averlo già individuato, e anche lui potrebbe rivelarsi un canale per arrivare ancora più in alto.

Poi bisognerà capire quale sarà l'atteggiamento della donna quando sarà interrogata dai magistrati napoletani. Per ora resta a disposizione dell'autorità giudiziaria di Civitavecchia dove in tempi rapidi (bisogna aspettare solo il deposito delle perizie tecniche che documentino ufficialmente che i panetti sequestrati sono di cocaina) sarà processata per traffico internazionale di droga. Colta in flagranza di reato non potrà che essere condannata. E rischia almeno dieci anni di carcere.
camillobenso
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Re: Come se ne viene fuori ?

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Sfascisti - 266

2014 a schede


Scheda – 27 – Il punto


27 – 16 – 16 marzo 2014






Nella pagina di chiusura del libro di Vito Bruschini:
"I SEGRETI DEL CLUB
BILDELBERG
IL ROMANZO DEL POTERE"

si legge:

Le frasi senza speranza scritte nella nota iniziale erano frutto di un momento di sconforto. Spegnere la speranza, soprattutto nei giovani che stanno costruendo il loro futuro, é una delle azioni più turpi che si possono pensare.

Però non possiamo restare indifferenti a quanto sta accadendo intorno a noi.

Questi anni sono determinanti per il futuro delle prossime generazioni.

E' in atto un grande imbroglio. Dobbiamo vigilare e saper interpretare i fatti che stanno accadendo. Affinché nessun Mister K o signor Zuckerman possano decidere cosa fare della nostra libertà.

Tocca a noi tutti agire. Ricordiamoci che molte volte la storia è stata cambiata grazie all'azione di pochi uomini.

Soltanto chi combatte è degno di essere libero.



In effetti, la speranza è tutto quanto che ci è rimasto ma cancellarla giorno dopo giorno sono in molti.

L'esercito sfascista sta lavorando alacremente già dal lontano 1953, anno in cui Alcide De Gasperi lascia la politica. Si sono alternati da allora governi di tutti i tipi senza mai dare un senso compiuto alla società italiana.

Quando la scorsa settimana Antonio Ricci afferma che cadute le ideologie si è passati ad una guerra tra cosche è molto vicino alla verità.

Guerra tra cosche mentre il Paese va allo sfascio.

Oggi è il turno di Liberoquotidiano che ha sguinzagliato i suoi segugi del giornalismo investigativo per cercare di trovare gli scheletri negli armadi del premier.

Hanno scoperto che Renzi si è fatto pagare l'affitto della casa dall'amico Carrai.

Nel contempo hanno scoperto che Carrai ha avuto una luminosa carriera certamente grazie a Renzi.

Diventa quindi immediato fare due più due. In cambio dei favori Renzi ha accettato il pagamento dell'affitto di casa da parte di Carrai. Una replica del caso Scajola, ma di dimensioni minori.

Libero intende così pareggiare i conti con la macchina del fango messa in moto dagli avversari politici della cosa informe chiamata Pd nel caso Scajola.

Evidente quindi che non molla.

Dall'altra parte la squadra renziana sul tema gioca in difesa. Tace. Eccetto una lettera a Libero di Carrai in cui minaccia di adire a vie legali. Un classico nello Stivalone.

Pittibimbo si fa spazio nella palude della Morta Gora fissando date sui suoi atti come simbolo di modernità e di cambiamento.

Su questo atto però non intende prenderlo di petto ed archiviarlo concedendo a Libero di insistere divertito.

****

L'EDITORIALE
Lo strano silenzio sui furbetti dell'affitto
16 marzo 2014

In attesa che Matteo Renzi concluda il suo viaggio in Europa che lo ha portato a incontrare François Hollande e decida di rispondere alla lettera aperta che gli abbiamo inviato ieri, chiedendo delucidazioni circa l’affitto di un’abitazione che ha occupato per tre anni nel centro di Firenze all’epoca in cui era sindaco, ci sia permesso di fare qualche riflessione a proposito dei colleghi. In questi giorni, mentre Libero insiste per avere una risposta non equivoca sulla locazione dell’attico di via degli Alfani, la maggior parte della stampa è distratta. Tranne un articolo uscito su Repubblica e un pezzo su il Sole 24 Ore, nessun quotidiano pare appassionarsi al caso. Eppure si tratta di un ex sindaco, oggi presidente del Consiglio, che dal 14 marzo del 2011 al 22 gennaio di quest’anno trasferisce la propria residenza nella casa affittata da un amico, che incidentalmente è anche l’amministratore delegato di una società del comune, oltre che uomo di molti interessi, alcuni dei quali economici.

Escludendo profili di illiceità – peraltro da Libero mai evocati – appare evidente che il caso solleciti degli interrogativi, in particolare sull’opportunità di quel trasloco in un alloggio il cui canone di locazione era a carico di un imprenditore che intratteneva rapporti con il comune di cui Renzi era sindaco. Ciò nonostante nessun cronista pare davvero interessato a saperne di più. Anzi, gli articoli di Libero sono accolti dai colleghi con stupore e perfino con un certo fastidio, quasi che non fosse consentito disturbare il Rottamatore. Che senso ha tutto questo can-can, mi ha chiesto una giornalista di sinistra, «in fondo loro sono amici». Stessa reazione da parte della stampa cosiddetta indipendente, quella che non guarda in faccia a nessuno se il nessuno si chiama Berlusconi. Secondo gli autorevoli terzisti della categoria, quella di Libero sarebbe la solita campagna scandalistica, che prende a pretesto un fatto in sé irrilevante per montare una cagnara infinita.


Peccato che chi oggi si indigna per le reiterate richieste di chiarezza ritenendole strumentali, sia poi lo stesso che fino a un anno fa saliva in cattedra per chiedere conto a Roberto Formigoni delle sue vacanze con l’imprenditore Pierangelo Daccò. Chi ha pagato il soggiorno? Il governatore o l’imprenditore? E il viaggio? Chi dei due ha messo mano al portafogli? Non meglio è andata a Giulio Tremonti, il quale quando era ministro dell’Economia ebbe la malaugurata idea di farsi ospitare da un suo collaboratore che aveva preso una casa in affitto nella capitale. Quante sere trascorreva nell’appartamento e come mai il contratto era intestato al suo assistente? Quanto ha pagato e quando? Fuori le ricevute. Per mesi i giornali si sono interrogati e hanno interrogato Formigoni e Tremonti a proposito delle loro relazioni con Daccò e Milanese. Qualcuno potrebbe obiettare che i due “amici” erano nei guai fino a collo. Vero, ma Formigoni all’epoca non era accusato di alcunché e Tremonti ad oggi continua a non avere indagini a suo carico. Tuttavia l’estraneità a qualsiasi pasticcio non ha impedito ai cronisti di chiedere conto all’ex ministro dell’Economia dei suoi rapporti con Marco Milanese e delle ragioni di un appartamento in pieno centro a Roma affittato dal collaboratore ma parzialmente nella disponibilità del numero uno di via XX settembre.

Ma se allora era lecito domandare, se era giusto e professionale scandagliare ogni anfratto delle due vicende, perché adesso non lo è? Perché i colleghi tacciono dando la sensazione di essersi adeguati alla congiura del silenzio imposta intorno alla vicenda? Non c’è nulla da nascondere, è solo un atto di generosità fra amici? Bene. E quindi perché non parlarne liberamente senza dare la sensazione di nascondere qualcosa? Perché non mostrare il contratto d’affitto, rivelando la cifra pagata e l’intestatario del contratto? Dopo la nostra richiesta di delucidazioni si è fatto avanti Marco Carrai, il quale ha rivelato di essere lui il locatario di via degli Alfani, rispondendo però picche alla richiesta di rendere pubblico il contratto. Non voglio contribuire alla campagna contro di me, è stato più o meno il senso della motivazione con cui ha opposto un secco no alla richiesta. Campagna? Contro di lui? Ma se dal primo giorno in cui l’abbiamo interpellato ci avesse chiarito i contorni della questione, mostrando i documenti o anche solo rispondendo alle nostre domande, non ci sarebbe probabilmente stata nessuna inchiesta giornalistica. Se tutto fosse stato chiaro fin dal principio non ci sarebbe stato bisogno che né lui né il nostro Giacomo Amadori perdessero altro tempo e il nostro giornale impiegasse tanto spazio. Noi naturalmente confidiamo sempre in un ripensamento, di Carrai o del presidente del Consiglio una volta rientrato alla base. E, perché no, anche di tutti quei colleghi che da quando Berlusconi non è più a Palazzo Chigi si sono fatti così distratti da sembrare cronisti a loro insaputa.

Ps. Adesso è spuntato anche un pm con l’appartamento pagato. È il figlio del giudice che ha condannato il Cavaliere. Proprio vero, in certi ambienti, chi trova un amico più che un tesoro trova la casa. Gratis.

di Maurizio Belpietro
maurizio.belpietro@liberoquotidiano.it

Twitter: @BelpietroTweet

http://www.liberoquotidiano.it/news/115 ... -dell.html
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