Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
31 marzo 2014 - da http://video.repubblica.it/dossier/elezioni-europee
La crisi dell'elettore Pd nello spot per Tsipras
La campagna elettorale della lista ''L'altra Europa per Tsipras'' per le Europee: dopo la lite al parco tra le varie anime della sinistra, arriva la seduta psicanalitica dell'elettore democratico
IL PRIMO SPOT
La crisi dell'elettore Pd nello spot per Tsipras
La campagna elettorale della lista ''L'altra Europa per Tsipras'' per le Europee: dopo la lite al parco tra le varie anime della sinistra, arriva la seduta psicanalitica dell'elettore democratico
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
iospero ha scritto:31 marzo 2014 - da http://video.repubblica.it/dossier/elezioni-europee
La crisi dell'elettore Pd nello spot per Tsipras
La campagna elettorale della lista ''L'altra Europa per Tsipras'' per le Europee: dopo la lite al parco tra le varie anime della sinistra, arriva la seduta psicanalitica dell'elettore democratico
IL PRIMO SPOT
..........arriva la seduta psicanalitica dell'elettore democratico
và corretto in:
..........arriva la seduta psicanalitica dell'elettore democristiano
E' anche quello che ha chiesto ieri Galli della Loggia sul Corriere, non capendo che le larghe intese degli ultimi tre anni sono già la nuova Dc.
Alfano continua a dire:
No alla CGIL
No alla sinistra di Fassina
No a Vendola
PS. Niente di male se uno sceglie di diventare democristiano, è nel suo diritto. Basta non prendere per il culo affermando che il Pd è la sinistra.
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
I dieci punti di Tsipras
I. [b]UN PIANO IN 10 PUNTI CONTRO LA CRISI, PER LA CRESCITA CON GIUSTIZIA SOCIALE E IMPIEGO PER TUTTI.
[/b]
L’Eurozona è il livello ideale per implementare politiche progressiste finalizzate alla crescita, alla redistribuzione delle ricchezze e alla creazione di posti di lavoro. Questo è perchè l’unione monetaria ha maggiore libertà di ciascuno dei suoi costituenti presi separatamente ed è meno esposta alla volatilità e instabilità dell’ambiente esterno. Ma il cambiamento richiede sia un piano politico fattibile che un’azione collettiva.
Per concludere la crisi Europea, è necessario un cambi dratico di regime. Questa priorità serve il nostro piano politico di dieci punti:
1. Immediata fine dell’austerità. L’Austerità è una medicina nociva somministrata al momento sbagliato con devastanti conseguenze per la coesione della società, per la democrazia e per il futuro dell’Europa. Una delle cicatrici lasciate dall’austerità che non mostra segni di guarigione è la disoccupazione – in particolare tra i giovani. Oggi, quasi 27 milioni di persone sono disoccupati nell’Unione Europea, di cui più di 19 milioni nell’Eurozona. La disoccupazione ufficiale nell’Eurozona è salita dal 7,8% nel 2008 al 12,1% nel Novembre 2013. In Grecia, dal 7,7% al 24,4% e in Spagna dal 11,3% al 26,7% nello stesso periodo. La disoccupazione giovanile in Grecia e Spagna si aggira intorno al 60%. con 4,5 milioni di under-25 disoccupati, l’Europa firma la sua condanna a morte.
2. Un New Deal europeo. L’economia europea ha sofferto 6 anni di crisi, con disoccupazione media sopra il 12% e il rischio di una depressione pari a quella degli anni 30. l’Europa potrebbe e dovrebbe prendere in prestito denaro a basso interesse per finanziare un programma di ricostruzione economica focalizzato sull’impiego, sulla tecnologia e sull’infrastruttura. Il programma aiuterebbe le economie colpite dalla crisi ad emergere dal circolo vizioso di recessione e incremento del debito, creare posti di lavoro e sostenere il recupero economico. Gli Stati Uniti ce l’hanno fatta. Perché non noi?
3. L’espansione dei prestiti alla piccola e media impresa. Le condizioni dei prestiti in Europa è nettamente deteriorata. Le piccole e medie imprese sono state colpite ancora più duramente. Migliaia di queste, soprattutto nelle economie in crisi del Sud dell’Europa sono state costrette a chiudere, non perché non erano sostenibili, ma perché il credito era esaurito. Le conseguenze per i posti di lavoro sono state terribili. I tempi straordinari richiedono misure straordinarie: la banca centrale europea dovrebbe seguire l’esempio delle Banche Centrali degli altri paesi e fornire prestiti a basso interesse alle banche se queste accettano di di fare credito a piccole e medie imprese.
4. Sconfiggere la disoccupazione. La disoccupazione media europea è la più alta mai registrata. Molti dei disoccupati rimangono senza lavoro per più di un anno e molti giovano non hanno mai avuto l’opportunità di ricevere un salario per un impiego decente. La maggior parte della disoccupazione è il risalutato dello scarso o nullo sviluppo economico, ma anche se la crescita riprende, l’esperienza ci insegna che sarà necessario molto tempo perché la disoccupazione torni al livello di prima della crisi. L’Europa non può permettersi aspettare così a lungo. Lunghi periodi di disoccupazione sono devastanti per le abilità dei lavoratori, specialmente i giovani. Questo nutre l’estremismo di destra, indebolisce la democrazia e distrugge l’ideale europeo. L’Europa non dovrebbe perdere tempo, dovrebbe mobilitarsi e ridirigere i Fondi Strutturali per creare significative possibilità d’impiego per i cittadini. Laddove i limiti fiscali degli stati membri sono stretti, i contributi nazionali dovrebbero essere azzerati.
5. Sospensione del nuovo sistema fiscale europeo: richiede pareggio di bilancio anno per anno, indipendentemente dalle condizioni economiche dello stato membro. Di conseguenza rimuove la possibilità di usare le politiche fiscali come uno strumento di stabilità nei momenti di crisi, quando è più necessario, mettendo in pericolo la stabilità economica. In breve, è un’idea pericolosa. L’Europa necessita di un sistema fiscale che assicuri la responsabilità fiscale sul medio termine e allo stesso tempo permetta agli stati membri di usare lo stimolo fiscale durante una recessione. Una politica modificata ciclicamente che esenti gli investimenti pubblici è necessaria.
6. Una vera e propria banca europea che possa prestare denaro come ultima risorsa per gli stati-membri e non solo per le banche. L’esperienza storica suggerisce che le unioni monetarie di successo necessitano di una banca centrale che adempia a tutte le funzioni di una banca e non serva solo a mantenere la stabilità dei prezzi. Il prestito a uno stato bisognoso dovrebbe essere incondizionato e non dipendente dall’accettazione di un programma di riforme con il Meccanismo di Stabilità Europea. Il fato dell’Euro e la prosperità dell’Europa dipende da questo.
7. Aggiustamento macroeconomico: i paesi in surplus dovrebbero lavorare quanto i paesi in deficit per correggere il bilanciamento macroeconomico all’interno dell’Europa. L’Europa dovrebbe monitorare valutare e richiedere azione dai Paesi in surplus sotto forma di stimolo, per alleviare la pressione unilaterale sui Paesi in deficit. L’attuale asimmetria non danngiia solo i paesi in deficit. Danneggia l’intera Europa.
8. Una Conferenza del Debito Europeo. La nostra proposta è ispirata ad uno dei più lungimiranti momenti nella storia politica Europea. Questo è l’Accordo di Londra sul Debito del 1953, che alleviò il peso economico della Germania, aiutando a ricostruire la nazione dopo la guerra aprendo la strada per il suo successo economico. L’Accordo richiedeva il pagamento di, al massimo, la metà dei debiti, sia privati che intergovernativi. Legava i tempi del pagamento all’abilità del Paese di ripagare, diluendoli su un periodo di 30 anni. Collegava il debito allo sviluppo economico, seguendo una implicita clausola di crescita: nel periodo tra il 1953 e 1959 gli unici pagamenti dovuti erano gli interessi del debito. Questo ritardo nei pagamenti aveva lo scopo di concedere alla Germania il tempo di recuperare. A partire dal 1958, l’Accordo prevedeva pagamenti annuali che diventarono sempre meno significativi con la crescita dell’economia. L’accordo prevedeva che la riduzione dei consumi della Germania, quello che oggi chiamiamo “devalutazione interna”, non era un metodo accettabile di assicurare il pagamento dei debiti. I pagamenti erano condizuionati dalla possibilità di pagare. L’Accordo di Londra è in diretto contrasto con l’erronea logica dei pagamenti richiesti dal trattato di Versailles, che ostacolava la ricostruzione dell’economia tedesca e creava dubbi sulle intenzioni degli Alleati. L’Accordo di Londra rimane un piano d’azione utilizzabile anche oggi. Non vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per il Sud dell’Europa. Vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per l’Europa. In questo contesto, si dovrebbero usare tutti gli strumenti politici disponibili, inclusi i prestiti dalla Banca Europea come ultima risorsa oltre alla istituzione di un debito sociale europeo, come gli Eurobond, per sostituire i debiti nazionali.
9. Un Atto Glass-Steagall Europeo. L’obbiettivo è separare le attività commerciali e gli investimenti bancari per prevenire la loro unificazione in un’entità incontrollabile.
10. Una legislazione Europea effettiva per tassare l’economia e le attività imprenditoriali offshore
I. [b]UN PIANO IN 10 PUNTI CONTRO LA CRISI, PER LA CRESCITA CON GIUSTIZIA SOCIALE E IMPIEGO PER TUTTI.
[/b]
L’Eurozona è il livello ideale per implementare politiche progressiste finalizzate alla crescita, alla redistribuzione delle ricchezze e alla creazione di posti di lavoro. Questo è perchè l’unione monetaria ha maggiore libertà di ciascuno dei suoi costituenti presi separatamente ed è meno esposta alla volatilità e instabilità dell’ambiente esterno. Ma il cambiamento richiede sia un piano politico fattibile che un’azione collettiva.
Per concludere la crisi Europea, è necessario un cambi dratico di regime. Questa priorità serve il nostro piano politico di dieci punti:
1. Immediata fine dell’austerità. L’Austerità è una medicina nociva somministrata al momento sbagliato con devastanti conseguenze per la coesione della società, per la democrazia e per il futuro dell’Europa. Una delle cicatrici lasciate dall’austerità che non mostra segni di guarigione è la disoccupazione – in particolare tra i giovani. Oggi, quasi 27 milioni di persone sono disoccupati nell’Unione Europea, di cui più di 19 milioni nell’Eurozona. La disoccupazione ufficiale nell’Eurozona è salita dal 7,8% nel 2008 al 12,1% nel Novembre 2013. In Grecia, dal 7,7% al 24,4% e in Spagna dal 11,3% al 26,7% nello stesso periodo. La disoccupazione giovanile in Grecia e Spagna si aggira intorno al 60%. con 4,5 milioni di under-25 disoccupati, l’Europa firma la sua condanna a morte.
2. Un New Deal europeo. L’economia europea ha sofferto 6 anni di crisi, con disoccupazione media sopra il 12% e il rischio di una depressione pari a quella degli anni 30. l’Europa potrebbe e dovrebbe prendere in prestito denaro a basso interesse per finanziare un programma di ricostruzione economica focalizzato sull’impiego, sulla tecnologia e sull’infrastruttura. Il programma aiuterebbe le economie colpite dalla crisi ad emergere dal circolo vizioso di recessione e incremento del debito, creare posti di lavoro e sostenere il recupero economico. Gli Stati Uniti ce l’hanno fatta. Perché non noi?
3. L’espansione dei prestiti alla piccola e media impresa. Le condizioni dei prestiti in Europa è nettamente deteriorata. Le piccole e medie imprese sono state colpite ancora più duramente. Migliaia di queste, soprattutto nelle economie in crisi del Sud dell’Europa sono state costrette a chiudere, non perché non erano sostenibili, ma perché il credito era esaurito. Le conseguenze per i posti di lavoro sono state terribili. I tempi straordinari richiedono misure straordinarie: la banca centrale europea dovrebbe seguire l’esempio delle Banche Centrali degli altri paesi e fornire prestiti a basso interesse alle banche se queste accettano di di fare credito a piccole e medie imprese.
4. Sconfiggere la disoccupazione. La disoccupazione media europea è la più alta mai registrata. Molti dei disoccupati rimangono senza lavoro per più di un anno e molti giovano non hanno mai avuto l’opportunità di ricevere un salario per un impiego decente. La maggior parte della disoccupazione è il risalutato dello scarso o nullo sviluppo economico, ma anche se la crescita riprende, l’esperienza ci insegna che sarà necessario molto tempo perché la disoccupazione torni al livello di prima della crisi. L’Europa non può permettersi aspettare così a lungo. Lunghi periodi di disoccupazione sono devastanti per le abilità dei lavoratori, specialmente i giovani. Questo nutre l’estremismo di destra, indebolisce la democrazia e distrugge l’ideale europeo. L’Europa non dovrebbe perdere tempo, dovrebbe mobilitarsi e ridirigere i Fondi Strutturali per creare significative possibilità d’impiego per i cittadini. Laddove i limiti fiscali degli stati membri sono stretti, i contributi nazionali dovrebbero essere azzerati.
5. Sospensione del nuovo sistema fiscale europeo: richiede pareggio di bilancio anno per anno, indipendentemente dalle condizioni economiche dello stato membro. Di conseguenza rimuove la possibilità di usare le politiche fiscali come uno strumento di stabilità nei momenti di crisi, quando è più necessario, mettendo in pericolo la stabilità economica. In breve, è un’idea pericolosa. L’Europa necessita di un sistema fiscale che assicuri la responsabilità fiscale sul medio termine e allo stesso tempo permetta agli stati membri di usare lo stimolo fiscale durante una recessione. Una politica modificata ciclicamente che esenti gli investimenti pubblici è necessaria.
6. Una vera e propria banca europea che possa prestare denaro come ultima risorsa per gli stati-membri e non solo per le banche. L’esperienza storica suggerisce che le unioni monetarie di successo necessitano di una banca centrale che adempia a tutte le funzioni di una banca e non serva solo a mantenere la stabilità dei prezzi. Il prestito a uno stato bisognoso dovrebbe essere incondizionato e non dipendente dall’accettazione di un programma di riforme con il Meccanismo di Stabilità Europea. Il fato dell’Euro e la prosperità dell’Europa dipende da questo.
7. Aggiustamento macroeconomico: i paesi in surplus dovrebbero lavorare quanto i paesi in deficit per correggere il bilanciamento macroeconomico all’interno dell’Europa. L’Europa dovrebbe monitorare valutare e richiedere azione dai Paesi in surplus sotto forma di stimolo, per alleviare la pressione unilaterale sui Paesi in deficit. L’attuale asimmetria non danngiia solo i paesi in deficit. Danneggia l’intera Europa.
8. Una Conferenza del Debito Europeo. La nostra proposta è ispirata ad uno dei più lungimiranti momenti nella storia politica Europea. Questo è l’Accordo di Londra sul Debito del 1953, che alleviò il peso economico della Germania, aiutando a ricostruire la nazione dopo la guerra aprendo la strada per il suo successo economico. L’Accordo richiedeva il pagamento di, al massimo, la metà dei debiti, sia privati che intergovernativi. Legava i tempi del pagamento all’abilità del Paese di ripagare, diluendoli su un periodo di 30 anni. Collegava il debito allo sviluppo economico, seguendo una implicita clausola di crescita: nel periodo tra il 1953 e 1959 gli unici pagamenti dovuti erano gli interessi del debito. Questo ritardo nei pagamenti aveva lo scopo di concedere alla Germania il tempo di recuperare. A partire dal 1958, l’Accordo prevedeva pagamenti annuali che diventarono sempre meno significativi con la crescita dell’economia. L’accordo prevedeva che la riduzione dei consumi della Germania, quello che oggi chiamiamo “devalutazione interna”, non era un metodo accettabile di assicurare il pagamento dei debiti. I pagamenti erano condizuionati dalla possibilità di pagare. L’Accordo di Londra è in diretto contrasto con l’erronea logica dei pagamenti richiesti dal trattato di Versailles, che ostacolava la ricostruzione dell’economia tedesca e creava dubbi sulle intenzioni degli Alleati. L’Accordo di Londra rimane un piano d’azione utilizzabile anche oggi. Non vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per il Sud dell’Europa. Vogliamo una Conferenza del Debito Europeo per l’Europa. In questo contesto, si dovrebbero usare tutti gli strumenti politici disponibili, inclusi i prestiti dalla Banca Europea come ultima risorsa oltre alla istituzione di un debito sociale europeo, come gli Eurobond, per sostituire i debiti nazionali.
9. Un Atto Glass-Steagall Europeo. L’obbiettivo è separare le attività commerciali e gli investimenti bancari per prevenire la loro unificazione in un’entità incontrollabile.
10. Una legislazione Europea effettiva per tassare l’economia e le attività imprenditoriali offshore
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Alexis Tsipras in Sicilia per lo sprint finale della raccolta firme. È caccia al voto grillino
Gabriella Cerami, L'Huffington Post | Pubblicato: 03/04/2014 17:40
Dal Partenone alle pendici del monte Pellegrino. Direzione Palermo per Alexis Tsipras, chiamato a risolvere l'allarme firme in Sicilia. La speranza è che sia il leader greco, candidato alla presidenza della Commissione Ue, a dare la spinta finale per raggiungere il traguardo delle 30mila firme necessarie per l’ammissione della lista ‘L’altra Europa con Tsipras’, circoscrizione Isole, alle elezioni Europee. Il termine ultimo è il 16 aprile.
In tutta Italia, in tre settimane, sono state raccolte 150mila sottoscrizioni: “Un risultato straordinario”, secondo gli organizzatori. “Un dato incoraggiante”, per il leader di Sel, Nichi Vendola.
Tra le regioni che hanno raggiunto l’obiettivo stabilito ci sono Liguria, Trentino, Marche, Basilicata e Calabria. Ma soprattutto c’è la Valle D’Aosta, che ne ha raccolte 3210, superando la soglia delle 3000 necessarie per ogni regione. In attesa che la Camera si pronunci sulla modifica della legge elettorale, fissando un tetto più basso al numero di firme da raccogliere, a impensierire i sostenitori italiani di Tsipras resta la circoscrizione Isole.
“Ne mancano poche migliaia e il traguardo è a portata di mano”, garantiscono dallo staff. Fatto sta però che serve ancora lo scatto finale e, consapevoli della difficoltà, il leader di Syriza è dalla circoscrizione ancora in bilico che inizia oggi la sua campagna elettorale. Circoscrizione dove, nelle ultime settimane, non sono mancate battaglie interne e dove è andata in scena la lotta fratricida del “se c’è lui, non ci sono io”, che ha visto infatti l’esclusione dell’imprenditrice anti-racket, Valeria Grasso, rea di aver partecipato tempo fa a un convegno di Fratelli d’Italia.
Nodo firme a parte, è il programma il fattore trainante per superare l’asticella del 4%, fissata come sbarramento per accedere al Parlamento di Strasburgo. Un programma che, non a caso prima di partire alla volta di Palermo, il leader di Syriza, in un’intervista a Repubblica, semplifica così: io, dice, non sono “il candidato di uno Stato o di una nazione, né di una periferia geografica” e il progetto politico che si sviluppa attorno al suo nome non rappresenta un’alleanza fra Stati. “Io – rimarca Tsipras - sono un candidato della Sinistra Europea. Sono il candidato di ogni cittadino europeo che combatte contro l’austerity, indipendentemente dal voto che questo cittadino esprime alle elezioni politiche nazionali e indipendentemente da dove questo cittadino vive”. Dunque, "il percorso che Angela Merkel considera virtuoso per l'Italia, per la Grecia e per tutta la zona Euro" è "un binario morto".
Altro nodo da sciogliere, una volta raggiunto l’obiettivo, il prossimo 25 maggio, è quello delle alleanze. Nei giorni scorsi la lista Tsipras aveva aperto a un’intesa con il Movimento 5 Stelle, che a sua volta sembrava gradire. Salvo poi fare marcia indietro. Per il momento? Si vedrà. Intanto, da Vendola arriva la reprimenda: “Tsipras ha rappresentato una barriera ai neonazisti in Grecia e si candida come forza emergente nel nome di un'altra Europa, non per fuggire grillinamente". A questo punto ricomincia la caccia al voto grillino. E continua la raccolta firme, in quella Trinacria culla della Magna Grecia che, nel suo Dna, dovrebbe sentire il richiamo degli avi in
Gabriella Cerami, L'Huffington Post | Pubblicato: 03/04/2014 17:40
Dal Partenone alle pendici del monte Pellegrino. Direzione Palermo per Alexis Tsipras, chiamato a risolvere l'allarme firme in Sicilia. La speranza è che sia il leader greco, candidato alla presidenza della Commissione Ue, a dare la spinta finale per raggiungere il traguardo delle 30mila firme necessarie per l’ammissione della lista ‘L’altra Europa con Tsipras’, circoscrizione Isole, alle elezioni Europee. Il termine ultimo è il 16 aprile.
In tutta Italia, in tre settimane, sono state raccolte 150mila sottoscrizioni: “Un risultato straordinario”, secondo gli organizzatori. “Un dato incoraggiante”, per il leader di Sel, Nichi Vendola.
Tra le regioni che hanno raggiunto l’obiettivo stabilito ci sono Liguria, Trentino, Marche, Basilicata e Calabria. Ma soprattutto c’è la Valle D’Aosta, che ne ha raccolte 3210, superando la soglia delle 3000 necessarie per ogni regione. In attesa che la Camera si pronunci sulla modifica della legge elettorale, fissando un tetto più basso al numero di firme da raccogliere, a impensierire i sostenitori italiani di Tsipras resta la circoscrizione Isole.
“Ne mancano poche migliaia e il traguardo è a portata di mano”, garantiscono dallo staff. Fatto sta però che serve ancora lo scatto finale e, consapevoli della difficoltà, il leader di Syriza è dalla circoscrizione ancora in bilico che inizia oggi la sua campagna elettorale. Circoscrizione dove, nelle ultime settimane, non sono mancate battaglie interne e dove è andata in scena la lotta fratricida del “se c’è lui, non ci sono io”, che ha visto infatti l’esclusione dell’imprenditrice anti-racket, Valeria Grasso, rea di aver partecipato tempo fa a un convegno di Fratelli d’Italia.
Nodo firme a parte, è il programma il fattore trainante per superare l’asticella del 4%, fissata come sbarramento per accedere al Parlamento di Strasburgo. Un programma che, non a caso prima di partire alla volta di Palermo, il leader di Syriza, in un’intervista a Repubblica, semplifica così: io, dice, non sono “il candidato di uno Stato o di una nazione, né di una periferia geografica” e il progetto politico che si sviluppa attorno al suo nome non rappresenta un’alleanza fra Stati. “Io – rimarca Tsipras - sono un candidato della Sinistra Europea. Sono il candidato di ogni cittadino europeo che combatte contro l’austerity, indipendentemente dal voto che questo cittadino esprime alle elezioni politiche nazionali e indipendentemente da dove questo cittadino vive”. Dunque, "il percorso che Angela Merkel considera virtuoso per l'Italia, per la Grecia e per tutta la zona Euro" è "un binario morto".
Altro nodo da sciogliere, una volta raggiunto l’obiettivo, il prossimo 25 maggio, è quello delle alleanze. Nei giorni scorsi la lista Tsipras aveva aperto a un’intesa con il Movimento 5 Stelle, che a sua volta sembrava gradire. Salvo poi fare marcia indietro. Per il momento? Si vedrà. Intanto, da Vendola arriva la reprimenda: “Tsipras ha rappresentato una barriera ai neonazisti in Grecia e si candida come forza emergente nel nome di un'altra Europa, non per fuggire grillinamente". A questo punto ricomincia la caccia al voto grillino. E continua la raccolta firme, in quella Trinacria culla della Magna Grecia che, nel suo Dna, dovrebbe sentire il richiamo degli avi in
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
questo intervento è condivisibile sul piano politico mentre come analisi economica non è condivisibile, non è possibile con i trattati UE sviluppare una politica economica keynesiana
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La Tsiprasnomics, la ricetta socialdemocratica che spaventa l'Europa
07 febbraio @ 19.40
EMILIO CARNEVALI
La Tsiprasnomics, la ricetta socialdemocratica che spaventa l'Europa
Il leader della sinistra grecaAlexis Tsipras, il leader della sinistra greca, è il grande spauracchio dell'establishment europeo. Ma dall'analisi delle sue ricette economiche non emerge il profilo di un “antisistema”, bensì quello di un socialdemocratico molto europeista.
Quando gli vengono ricordate le accuse mossegli da Der Spiegel – il settimanale tedesco lo ha definito «il nemico numero uno dell'Europa» – Alexis Tsipras non si scompone: «Certo, sono il rivale dell'Europa dei mercati e delle disuguaglianze sociali». Aggiunge però subito dopo: «Ma siamo anche l'unica speranza per quella solidale, dei popoli, della democrazia, della dignità». Il leader della sinistra ellenica non è infatti un antieuropeista. Se mai, è un critico severo delle politiche economiche europee e dei trattati che hanno fatto del rigore di bilancio l'unica stella polare dei governi nella tempesta della crisi.
Da questo punto di vista il “radicale” Tsipras è in buona compagnia, se è vero che perfino il Fondo monetario internazionale (uno dei componenti della famigerata Troika, insieme a Commissione europea e Banca centrale europea) ha dovuto fare autocritica sulla gestione della crisi greca. Lo scorso giugno l'organizzazione guidata da Christine Lagarde ha diffuso un rapporto in cui si ammette la drammatica sottovalutazione dei danni prodotti dalle misure di austerità imposte ad Atene. L'accento è posto in particolar modo sul ritardo nella ristrutturazione del debito sovrano ellenico, arrivata solo nel maggio del 2012 (due anni dopo il primo piano di salvataggio da 110 miliardi di euro). Tempi più celeri avrebbero per altro evitato, con tutta probabilità, la trasmissione del contagio in tutto il continente.
«Quanto fatto dal 2008 ad oggi verrà insegnato nelle facoltà di economia, ma come esempio da evitare», dice Tsipras in una intervista pubblicata oggi sulla Repubblica. I numeri parlano chiaro: l'economia ellenica è in recessione dal 2008. La serie storica del Pil mostra un andamento che si attaglia meglio a periodi caratterizzati da eventi bellici che ad anni di “pace”: -0,2% nel 2008, -3,1% nel 2009, -4,9% nel 2010, -7,1% nel 2011, -6,3% nel 2012, -4,1% nel 2013. Per il prossimo anno il Fondo monetario prevede una leggera crescita (+0,6%), del tutto insufficiente però per riassorbire una disoccupazione che viaggia ormai verso quota 30% (mentre quella giovanile supera il 50%). Nonostante l'haircut del 2012, e le politiche di tagli draconiani alla spesa statale e di incremento delle tasse, il debito pubblico ellenico quest'anno si è assestato al 172% del Pil e non dovrebbe scendere nemmeno nel 2014.
Ecco perché è proprio a una soluzione “postbellica” che fa riferimento Tsipras quando invoca «una conferenza europea per il debito, sul modello di quella del '53 che cancellò gran parte del debito della Germania». Un altro pilastro della “Tsiprasnomics” rimanda al mandato della Banca centrale europea, il cui statuto assegna assoluta priorità al controllo dell'inflazione, diversamente - ad esempio - dalla Fed americana, che nel 2012 ha inoltre vincolato il proprio operato a un preciso obiettivo di occupazione: fino a quando il tasso dei senza lavoro non sarebbe sceso fino al 6,5%, dichiarò l'allora presidente Ben Bernanke, non sarebbe venuta meno la politica monetaria fortemente espansiva inaugurata con lo scoppio della crisi.
Tsipras ha in mente una banca centrale meno “europea” e più “americana” quando dice che Mario Draghi dovrebbe intervenire con l'acquisto diretto di titoli di stato dei Paesi dell'eurozona. La Bce dovrebbe cioè fungere da vero prestatore di ultima istanza, senza essere più costretta a ricorrere a meccanismi di finanziamento indiretto come il Ltro (Long term refinancing operation o piano di rifinanziamento a lungo termine), il dispositivo tramite il quale, fra il 2011 e il 2012, sono stati fatti arrivare agli istituti bancari dei diversi paesi europei circa 1000 miliardi di euro utilizzati in buona parte per l'acquisto di titoli del debito sovrano emessi dai rispettivi governi.
Il leder di Syriza dice esplicitamente di trarre ispirazione dal New Deal di Franklin Delano Roosevelt quando propone la separazione tra «attività commerciali e quelle di investimento delle banche» (sul modello del Glass-Steagall Act del 1933, abolito da Clinton e in parte ripristinato dalla riforma finanziaria di Obama) e quando insiste sulla necessità di un «piano di investimenti pubblici per lo sviluppo». Fu proprio questa la strategia con la quale il presidente democratico affrontò la Grande Depressione seguita alla crisi del 1929. In un momento in cui gli investimenti privati erano stati annichiliti dal panico che accompagnò il più grande crollo finanziario della storia, furono le istituzioni pubbliche a sobbarcarsi il compito di sostenere la “domanda aggregata” e contrastare la disoccupazione dilagante. Da un punto di vista teorico tutto ciò trovò una sintesi magistrale nella Teoria Generale di John Maynard Keynes, data alle stampe nel 1936, che inferse un colpo senza precedenti all'ortodossia economica fondata sull'ipotesi di una naturale tendenza dell'economia capitalista al pieno impiego dei fattori produttivi.
Alla luce dei programmi e delle proposte concrete, dunque, l'”eretico” Tsipras, il “radicale” Tsipras, «il nemico numero uno dell'Europa», altro non si rivela che un “europeista keynesiano” assai poco tentato da soluzioni “antisistema” («l'abbandono della moneta unica non è la via d'uscita», dice fra le altre cose): un “socialdemocratico classico”, lo si potrebbe definire, se lo smarrimento delle forze della socialdemocrazia europea di fronte alle politiche di austerity non avesse ormai posto in dubbio la capacità definitoria delle categorie politiche tradizionali. È lo stesso leader greco, tuttavia, ad augurarsi una “svolta a sinistra” dei socialisti europei: che le loro strade siano un giorno destinate ad incontrarsi?
( Da PAGINA99 )
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La Tsiprasnomics, la ricetta socialdemocratica che spaventa l'Europa
07 febbraio @ 19.40
EMILIO CARNEVALI
La Tsiprasnomics, la ricetta socialdemocratica che spaventa l'Europa
Il leader della sinistra grecaAlexis Tsipras, il leader della sinistra greca, è il grande spauracchio dell'establishment europeo. Ma dall'analisi delle sue ricette economiche non emerge il profilo di un “antisistema”, bensì quello di un socialdemocratico molto europeista.
Quando gli vengono ricordate le accuse mossegli da Der Spiegel – il settimanale tedesco lo ha definito «il nemico numero uno dell'Europa» – Alexis Tsipras non si scompone: «Certo, sono il rivale dell'Europa dei mercati e delle disuguaglianze sociali». Aggiunge però subito dopo: «Ma siamo anche l'unica speranza per quella solidale, dei popoli, della democrazia, della dignità». Il leader della sinistra ellenica non è infatti un antieuropeista. Se mai, è un critico severo delle politiche economiche europee e dei trattati che hanno fatto del rigore di bilancio l'unica stella polare dei governi nella tempesta della crisi.
Da questo punto di vista il “radicale” Tsipras è in buona compagnia, se è vero che perfino il Fondo monetario internazionale (uno dei componenti della famigerata Troika, insieme a Commissione europea e Banca centrale europea) ha dovuto fare autocritica sulla gestione della crisi greca. Lo scorso giugno l'organizzazione guidata da Christine Lagarde ha diffuso un rapporto in cui si ammette la drammatica sottovalutazione dei danni prodotti dalle misure di austerità imposte ad Atene. L'accento è posto in particolar modo sul ritardo nella ristrutturazione del debito sovrano ellenico, arrivata solo nel maggio del 2012 (due anni dopo il primo piano di salvataggio da 110 miliardi di euro). Tempi più celeri avrebbero per altro evitato, con tutta probabilità, la trasmissione del contagio in tutto il continente.
«Quanto fatto dal 2008 ad oggi verrà insegnato nelle facoltà di economia, ma come esempio da evitare», dice Tsipras in una intervista pubblicata oggi sulla Repubblica. I numeri parlano chiaro: l'economia ellenica è in recessione dal 2008. La serie storica del Pil mostra un andamento che si attaglia meglio a periodi caratterizzati da eventi bellici che ad anni di “pace”: -0,2% nel 2008, -3,1% nel 2009, -4,9% nel 2010, -7,1% nel 2011, -6,3% nel 2012, -4,1% nel 2013. Per il prossimo anno il Fondo monetario prevede una leggera crescita (+0,6%), del tutto insufficiente però per riassorbire una disoccupazione che viaggia ormai verso quota 30% (mentre quella giovanile supera il 50%). Nonostante l'haircut del 2012, e le politiche di tagli draconiani alla spesa statale e di incremento delle tasse, il debito pubblico ellenico quest'anno si è assestato al 172% del Pil e non dovrebbe scendere nemmeno nel 2014.
Ecco perché è proprio a una soluzione “postbellica” che fa riferimento Tsipras quando invoca «una conferenza europea per il debito, sul modello di quella del '53 che cancellò gran parte del debito della Germania». Un altro pilastro della “Tsiprasnomics” rimanda al mandato della Banca centrale europea, il cui statuto assegna assoluta priorità al controllo dell'inflazione, diversamente - ad esempio - dalla Fed americana, che nel 2012 ha inoltre vincolato il proprio operato a un preciso obiettivo di occupazione: fino a quando il tasso dei senza lavoro non sarebbe sceso fino al 6,5%, dichiarò l'allora presidente Ben Bernanke, non sarebbe venuta meno la politica monetaria fortemente espansiva inaugurata con lo scoppio della crisi.
Tsipras ha in mente una banca centrale meno “europea” e più “americana” quando dice che Mario Draghi dovrebbe intervenire con l'acquisto diretto di titoli di stato dei Paesi dell'eurozona. La Bce dovrebbe cioè fungere da vero prestatore di ultima istanza, senza essere più costretta a ricorrere a meccanismi di finanziamento indiretto come il Ltro (Long term refinancing operation o piano di rifinanziamento a lungo termine), il dispositivo tramite il quale, fra il 2011 e il 2012, sono stati fatti arrivare agli istituti bancari dei diversi paesi europei circa 1000 miliardi di euro utilizzati in buona parte per l'acquisto di titoli del debito sovrano emessi dai rispettivi governi.
Il leder di Syriza dice esplicitamente di trarre ispirazione dal New Deal di Franklin Delano Roosevelt quando propone la separazione tra «attività commerciali e quelle di investimento delle banche» (sul modello del Glass-Steagall Act del 1933, abolito da Clinton e in parte ripristinato dalla riforma finanziaria di Obama) e quando insiste sulla necessità di un «piano di investimenti pubblici per lo sviluppo». Fu proprio questa la strategia con la quale il presidente democratico affrontò la Grande Depressione seguita alla crisi del 1929. In un momento in cui gli investimenti privati erano stati annichiliti dal panico che accompagnò il più grande crollo finanziario della storia, furono le istituzioni pubbliche a sobbarcarsi il compito di sostenere la “domanda aggregata” e contrastare la disoccupazione dilagante. Da un punto di vista teorico tutto ciò trovò una sintesi magistrale nella Teoria Generale di John Maynard Keynes, data alle stampe nel 1936, che inferse un colpo senza precedenti all'ortodossia economica fondata sull'ipotesi di una naturale tendenza dell'economia capitalista al pieno impiego dei fattori produttivi.
Alla luce dei programmi e delle proposte concrete, dunque, l'”eretico” Tsipras, il “radicale” Tsipras, «il nemico numero uno dell'Europa», altro non si rivela che un “europeista keynesiano” assai poco tentato da soluzioni “antisistema” («l'abbandono della moneta unica non è la via d'uscita», dice fra le altre cose): un “socialdemocratico classico”, lo si potrebbe definire, se lo smarrimento delle forze della socialdemocrazia europea di fronte alle politiche di austerity non avesse ormai posto in dubbio la capacità definitoria delle categorie politiche tradizionali. È lo stesso leader greco, tuttavia, ad augurarsi una “svolta a sinistra” dei socialisti europei: che le loro strade siano un giorno destinate ad incontrarsi?
( Da PAGINA99 )
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
I trattati fatti possono andare bene in certi momenti storici e non in altri, quindi si fanno e quando è necessario si rifanno addattandoli ai tempi.aaaa42
questo intervento è condivisibile sul piano politico mentre come analisi economica non è condivisibile, non è possibile con i trattati UE sviluppare una politica economica keynesiana
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
l EURO è in crisi con QUESTI Trattati
se cambi i trattati l 'Euro crolla ( non lo vorrebbe neanche gesu cristo e glia angeli ).
puoi cambiare i trattati ma devi creare una nuova moneta euro o piu monete euri .
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
Non puoi fare più Euro... sarebbe come ritornare alle monete originali e con loro per molti Stati (tra cui l'Italia) al disastro (perdita del valore dei risparmi, debito estero che rimane in Euro e aumenta, altissima inflazione come negli anni 70/80, debito pubblico che salirebbe ancor più come sempre negli anni 70/80, tassi di interesse sui mutui e sui prestiti a livelli 20% come sempre negli anni 70/80, aumento dei costi di tutto quello che importiamo, perdita ulteriore del potere d'acquisto dato che i prezzi continuerebbero a seguire le dinamiche delle monete forti a meno di creare una società autarchica e calmierata ovvero la fame...)
La soluzione è una sola: un solo debito europeo, una sola politica fiscale europea, una sola tariffa energetica europea, livelli di retribuzione uguali in tutta l'area Euro, una sola politica di sviluppo europea... ovvero la creazione di un vero Stato Federale Europeo e non il governo del grande capitale europeo...(anzi meglio dire mondiale)...
La soluzione è una sola: un solo debito europeo, una sola politica fiscale europea, una sola tariffa energetica europea, livelli di retribuzione uguali in tutta l'area Euro, una sola politica di sviluppo europea... ovvero la creazione di un vero Stato Federale Europeo e non il governo del grande capitale europeo...(anzi meglio dire mondiale)...
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Re: Con Tsipras contro l’Europa dell’austerità
La soluzione è una sola: un solo debito europeo, una sola politica fiscale europea, una sola tariffa energetica europea, livelli di retribuzione uguali in tutta l'area Euro, una sola politica di sviluppo europea... ovvero la creazione di un vero Stato Federale Europeo e non il governo del grande capitale europeo...(anzi meglio dire mondiale)...
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una cosa è la politica altra cosa è la filosofia della politica
io condivido quello che tu scrivi , ma confrontiamoci tra una ventina di anni.
oggi con questa Germania come fai a condividere il debito ????
livelli di retribuzioni uguali , alludi ai mini job tedeschi ? 3 euro all' ora ?? ( anche se cambieranno)
oppure agli operai metalmeccanici tedeschi 2.300 euro mese netti ?
con la lira noi avevamo piena occupazione con contratti a tempo indeterminato.
la doppia moneta è una SPERIMENTAZIONE
se fallisce allora ritorniamo alla lira.
continuare cosi è molto pericoloso......andiamo verso una repubblica di Weimar all' INCONTRARIO.
( vedi ungheria e grecia)
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una cosa è la politica altra cosa è la filosofia della politica
io condivido quello che tu scrivi , ma confrontiamoci tra una ventina di anni.
oggi con questa Germania come fai a condividere il debito ????
livelli di retribuzioni uguali , alludi ai mini job tedeschi ? 3 euro all' ora ?? ( anche se cambieranno)
oppure agli operai metalmeccanici tedeschi 2.300 euro mese netti ?
con la lira noi avevamo piena occupazione con contratti a tempo indeterminato.
la doppia moneta è una SPERIMENTAZIONE
se fallisce allora ritorniamo alla lira.
continuare cosi è molto pericoloso......andiamo verso una repubblica di Weimar all' INCONTRARIO.
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