Come se ne viene fuori ?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Sfascisti - 276

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Scheda – 37 – Le supercazzole del nipote del conte Mascetti. Conte Mascetti 2.0.


37 – 2 – 5 aprile 2014





LO SPECIALE Governo Renzi

4 APRILE 2014
In imbarazzo su Berlusconi, Renzi chiama la pubblicità
"Quando Berlusconi mi assumerà come portavoce le risponderò. Nel frattempo deve mandare la pubblicità...". Il premier Matteo Renzi evita così di rispondere alla domanda di Lilli Gruber che, durante 'Otto e mezzo' su La7, gli chiedeva se secondo lui Silvio Berlusconi dovrebbe essere messo nelle condizioni di poter fare campagna elettorale per le europee
DEKODER
camillobenso
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Scheda – 27 – Il punto


27 – 22 – 11 aprile 2014



La puntata di ieri sera di Servizio Pubblico offre parecchi spunti di riflessione.

http://www.serviziopubblico.it/puntate/ ... la-serena/
paolo11
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"Quando una persona è stanca di subire passivamente, quando una persona si ribella alla quieta disperazione, noi apriamo le nostre porte e le diamo la possibilità di diventare protagonista senza dover leccare piedi maleodoranti per minimo 20 anni.
Noi nel M5S facciamo così.
Quando durante i nostri comizi i cittadini chiedono la parola, noi diamo loro il microfono in mano senza alcuna paura, senza alcun timore e rispettiamo la loro eventuale critica.
Noi nel M5S facciamo così.
I parlamentari, i consiglieri regionali, i consiglieri comunali del M5S che stanno girando l'Italia per fare campagna elettorale passano le notti a casa di amici, cenano insieme a centinaia di cittadini che non conoscono, si spostano sulle auto degli attivisti.
Noi nel M5S facciamo così.
Quelli che si montano la testa e che iniziano a vantarsi di essere deputati o senatori, noi li deridiamo e li umiliamo col sorriso e il sudore degli attivisti che combattono senza guadagnare un euro.
Noi nel M5S facciamo così.
Quelli che cambiano idea, quelli che si comportano male, quelli che si vogliono intascare soldi dei cittadini, quelli che vogliono fare carriera, quelli che si attaccano alla poltrona, quelli che provano a creare gerarchie, quelli che non rispettano i sacrifici dei loro colleghi, quelli in cerca di visibilità a tutti i costi, noi li mettiamo al giudizio democratico della rete e li lasciamo liberi, a disposizione dei partiti che amano i furbacchioni e i frustrati.
Noi nel M5S facciamo così.
I nostri portavoce sanno cosa votano e quando non sono sicuri, ammettono di avere un dubbio e chiedono informazioni con grande umiltà.
Noi nel M5S facciamo così.
I nostri portavoce eletti nelle istituzioni portano a termine il loro mandato, non si candidano per altri ruoli a metà mandato ed ognuno di noi non supera i due mandati politici. Crediamo nelle idee, nella forza della comunità e non abbiamo bisogno di leader o leaderini.
Noi nel M5S facciamo così.
Noi facciamo politica a bassissimo costo, rinunciando ai rimborsi elettorali e a tutti i privilegi ingiustamente regalati ai politici. Noi siamo sovvenzionati dalle offerte libere e volontarie di cittadini che credono in noi e nel nostro progetto. Non abbiamo lobby, non abbiamo sponsor, non abbiamo aziende o gruppi industriali alle nostre spalle. Viviamo di energia pura e di vera passione politica.
Noi nel M5S facciamo così.
Noi non vogliamo che nessuno rimanga indietro. Crediamo che in questo mondo ci sia posto per tutti, la natura è ricca ed è sufficiente per tutti noi. Bisogna solo ridare potere al popolo, togliendolo dalle mani delle multinazionali che hanno guidato la politica e affamato il Paese con politiche economiche scellerate.
Noi nel M5S facciamo così.
Noi forse stiamo portando avanti una battaglia impossibile e già persa in partenza contro poteri troppo forti, ma la sensazione nelle piazze, in mezzo alla gente e davanti allo specchio, è quella di avere già vinto
Noi nel M5S facciamo così".
Max Bugani
............
http://www.beppegrillo.it/
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Scheda – 27 – Il punto


27 – 23 – 11 aprile 2014



La ruota della macina della storia si è rimessa in moto.

Uno dei fondatori di FI è per il momento in fuga. Il rappresentante della Mafia Spa sembra sia in Libano,.....tra i cedri. L'altro deve scontare una pena alternativa con una strana modalità. Sembra una pena comminata ad un faraone.

Quando ieri sera non sapevamo ancora nulla circa la notizia su Dell'Utri, la puntigliosa Maria Teresa Meli, a Servizio Pubblico rende noto che nei corridoi dei passi perduti della Camera e del Senato si respira l'aria della disfatta. Siamo alla prima Caporetto dell'ex cav, e la sensazione di sbando si taglia a fette come la nebbia a Milano, quando a Milano c'era ancora la nebbia.




FORZA ITALIA, CROLLA TUTTO


Berlusconi, servizio in prova condizionato. Il pg: "Se diffama ancora le toghe revochiamo" (leggi)
Dell'Utri riceve un ordine di cattura per mafia ma è latitante: "Il 3 aprile era in Libano" (leggi)
Sondaggi a picco: terzo partito dopo Pd e M5S (leggi). E Bonaiuti medita di seguire Alfano (leggi)


Destini incrociati da sempre quelli di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. Ma da ieri qualcosa è cambiato tra l’ex numero uno di Publitalia e l'ex Cavaliere, amico di sempre e co-fondatore. Il primo è in fuga, con un ordine di cattura che gli pende sul capo, l’altro è rinchiuso ad Arcore in attesa di sapere cosa ne sarà di lui. Intanto il partito è allo sbando, scivola al terzo posto nei sondaggi e perde pezzi. E l'ex fedelissimo Mario Mauro dice: "Con Forza Italia così in basso la riforma elettorale non ha più senso"
camillobenso
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Scheda – 27 – Il punto


27 – 24 – 11 aprile 2014



Eccallà!!!! Ettepareva che la sacerdotessa del berlusconismo non resisteva a dire la sua!!!!!!

Michaela Biancofiore sacerdotessa del culto di Silvio ha fatto sapere:



Dell’Utri, Biancofiore (FI): ‘Latitante? Forse in vacanza. Lui e B. perseguitati”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/04/ ... za/274180/
camillobenso
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Scheda – 27 – Il punto


27 – 25 – 12 aprile 2014




LA NOTA
Lo scontro Renzi-Grillo sovrasta Forza Italia e le Europee di maggio
Riforme appese anche al risultato che otterrà il partito dell’ex premier
di Massimo Franco

L’asprezza crescente degli attacchi di Beppe Grillo a Matteo Renzi non deve sorprendere. Con un Silvio Berlusconi destinato ai servizi sociali e non candidabile, di fatto le elezioni europee di fine maggio possono diventare un referendum tra Pd e Movimento 5 Stelle: con Forza Italia a rischio di diventare il terzo partito, e comunque priva di una fisionomia e di una strategia in grado di presentarla come protagonista. Su questo sfondo, il governo costituisce l’unico vero bersaglio di Grillo. Non tanto né solo perché il presidente del Consiglio potrebbe pescare voti tra i delusi del movimento. Il premier viene percepito come insidia perché tenta di dimostrare all’opinione pubblica che la politica sta producendo risultati e riforme.
In apparenza, la parabola giudiziaria di Berlusconi resta in primo piano.
E la decisione della Procura di Milano gli lascia almeno in parte quell’«agibilità politica» che aveva chiesto in vista delle europee: sebbene i magistrati abbiano precisato che la misura potrebbe essere revocata se l’ex premier tornasse ad attaccare i suoi giudici. Ma l’intera vicenda si presenta come la coda di un ventennio di veleni e polemiche, archiviato mentalmente da gran parte dell’elettorato. La stessa latitanza di Marcello Dell’Utri, ex senatore ed amico e alleato di Berlusconi, per il quale è arrivata una richiesta di arresto, sa di passato. Il presente è un asse istituzionale tra Renzi e FI, che le critiche continue contro Palazzo Chigi non riescono a scalfire.

Renato Brunetta sottolinea «lo schiaffo del Fondo monetario internazionale» al governo italiano, perché il Documento economico finanziario appena presentato non sarebbe affatto convincente. Ed elenca i ritardi nella realizzazione delle riforme, dei quali l’esecutivo si starebbe rendendo responsabile. E l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, bolla come «ignobile e inaccettabile» la riforma del Senato perseguita dal premier. Il dettaglio significativo, tuttavia, è che dal Pd non si risponde alla polemica. E lo stesso Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, lungi dall’infierire su Berlusconi, spende parole di solidarietà nei suoi confronti.
Perché? La sensazione è che i due partiti di governo puntino, con motivazioni diverse, ad attrarre gli scontenti berlusconiani in uscita da FI. Il risultato è quello di accentuare una sorta di bipolarismo governo-Grillo. Quest’ultimo bolla Renzi con tutti gli epiteti che il capo di un movimento populista sa indirizzare verso un esecutivo. E il premier lo punzecchia, raffigurandolo «come i vecchi politici di una volta. Noi parliamo agli italiani mentre lui, Grillo, attacca gli avversari». Gli dà man forte lo stesso Pier Luigi Bersani, accusando il leader del M5S di non mettersi in discussione, perché «non vuole rischiare niente»: col risultato di autoescludersi da qualunque strategia in positivo, e di puntare soltanto sullo sfascio del sistema.
Lo scontro si consuma su economia e riforme, sulle quali Grillo è diventato un tenace conservatore dello status quo . Ma si estende anche a temi delicati in campagna elettorale come il pluralismo e la presenza dei leader in tv: soprattutto sulle reti Rai. Il ruolo di presidente della Commissione parlamentare di vigilanza permette al grillino Roberto Fico di lanciare accuse di «servilismo»: un assaggio dei toni della campagna elettorale. Sullo sfondo rimangono riforme che formalmente vanno avanti secondo la tabella di marcia prestabilita; ma nei fatti sembrano costrette a segnare il passo. Sia perché nel Pd le divergenze sul destino del Senato, ma anche sull’Italicum , il nuovo sistema elettorale, rimangono marcate; sia perché il governo sa di avere margini più esigui senza l’appoggio di FI, appeso ai risultati delle europee del 25 maggio: tanto più se confermassero il bipolarismo Renzi-Grillo.


© RIPRODUZIONE RISERVATA
12 aprile 2014 | 08:11
http://www.corriere.it/politica/14_apri ... 1596.shtml
camillobenso
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Scheda – 27 – Il punto


27 – 26 – 13 aprile 2014



La ruota della macina della storia sta accelerando. FI è in grande difficoltà è non dipende solo dalla restrizione della agibilità del Caimano. E’ una crisi strutturale da fine epoca. In modo particolare la fine di un ventennio. L’Italia funziona così, a periodi “ventennali”.

Il primo è stato il fascismo mussoliniano. Poi c’è stato il ventennio democristiano fino al ’68 in cui ha generato la rivolta e la contro rivolta de“Gli anni di piombo” e lo sfaldamento in cui ha dovuto ricorrere a grandi mani al pentapartito pur di sopravvivere. Successivamente abbiamo avuto il ventennio del Caimano. Ora è anche lui morente.

Berlusconi, e non poteva essere diversamente, non è stato in grado di trovare un degno successore. Anche perché uomini di quel genere non mollano fino alla morte.

Questa fine è quindi una conseguenza logica. Non potrà essere di certo il Gabibbo (Toti), in grado solo di entusiasmare i gatti di marmo. Diventa evidente che il peggior Berlusconi sarà sempre mille volte superiore al miglior Toti. I figli fa bene a non coinvolgerli. Non si trovano nelle condizioni del padre. Non hanno la magistratura addosso e non si trovano con un buco finanziario di enormi proporzioni come Silvietto nel 1992.

I tromboni della destra stanno correndo ai ripari. Devono mettere in campo le armi di distrazione di massa per distogliere l’attenzione dalla disgregazione in corso a destra.

Se ne occupa con estremo piacere quindi il camerata Sallusti sulla prima pagina di oggi de Il Giornale.

Pd, è mezza scissione
Parlano del "caso Bonaiuti" ma nascondono la guerra a sinistra: Renzi & C ormai sono separati in casa

A 74 anni e dopo cinque mandati parlamentare, Bonaiuti non ne vuole sapere di farsi da parte da portavoce. Reazione umana, ma anche ennesima dimostrazione che la gratitudine è davvero merce rara. Intanto, però, pochi giornali parlano dei democratici, al cui interno è in atto una vera e propria guerriglia


http://www.ilgiornale.it/news/interni/1010470.html

*

L’esperienza di FI 1.0, Pdl, FI 2.0, è completamente al di fuori della tradizione partitica italiana. Sembra di più una vecchia storia egiziana in cui il Faraone veniva considerato un dio, e a lui si dovevano tributare sacrifici umani. Pur di sopravvivere, il Faraone Berlusconi non guarda in faccia nessuno. Pretende il loro sangue e quando li ha spremuti come un limone li abbandona al loro destino.

Oggi è la volta di Paolo Bonaiuti che ha sacrificato tutto sé stesso in questo ventennio per la gloria del Faraone Berluscone I. Adesso i giochi continuano ed il Faraone rimane in vita grazie al nuovo cerchio magico dominato dalla Pascale. Per Bonaiuti non c’è più posto.

Il fatto è di certo clamoroso, ma lo scendiletto Sallusti, per ingraziarsi il dio padre -padrone, riversa la colpa sul povero ex portavoce. Siamo di fronte ad un fatto decisamente feroce di inizio millennio.
camillobenso
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Scheda – 27 – Il punto

27 – 27 – 13 aprile 2014



POLITICA & PALAZZO
Forza Italia, Berlusconi perde i pezzi
Bonaiuti lo abbandona e va da Alfano


'Divergenze politiche e incomprensioni personali', lo storico portavoce ufficializza l'addio con una nota
Forza Italia, Berlusconi perde i pezzi Bonaiuti lo abbandona e va da Alfano
Prima era solo un’indiscrezione. Poi è diventata una voce insistente. Ora è realtà: Paolo Bonaiuti, il portavoce storico di Silvio Berlusconi, abbandona l’ex Cavaliere. Che oltre al danno deve subire la beffa: il suo ex braccio destro passerà tra le fila del suo ex braccio sinistro, ovvero il Nuovo Centrodestra di quell’Angelino Alfano che per primo lo ha tradito


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04 ... ra/950205/
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Scheda – 27 – Il punto

27 – 28 – 13 aprile 2014




Diventa ovvio quanto affermava l'ex ministro Mauro (di facile intuizione) venerdì mattina ad Agorà, notizia poi esplosa e ripresa da tutti i media in serata, che se dovesse franare FI, Grillo diventerebbe secondo partito e non sarebbe più necessario l'Italicum per Silvietto.

Salta quindi il patto del Nazareno e diventa ipotizzabile che nella frana e nella grande fuga anche i patti sulle riforme possano saltare. A Silvietto non servono più come deterrente.



Il Centrodestra in fuga
Da Silvio Berlusconi

Voti dimezzati. Nessun delfino da lanciare. 
Liti interne. E i delusi che guardano a Renzi. Così finisce Forza Italia. Senza l’ex Cav.
di Marco Damilano


L’ex ministro di Forza Italia ne ha viste tante negli ultimi anni, ma non nasconde che tutto è cambiato, con un misto di eccitazione e di disperazione: «Per noi questa campagna elettorale sarà la prima volta. La prima volta senza Silvio Berlusconi candidato. La prima volta senza il suo serbatoio di voti. E la prima volta senza una linea politica». E non c’è dubbio su quale dei tre handicap di partenza sia il più grave. Un capo interdetto si può sopportare, un impedimento temporaneo può essere arginato, una schizofrenia politica in un partito abituato da venti anni a essere gestito come una monarchia assoluta, quella no, rischia di diventare letale.

Schizofrenia è la parola che descrive lo stato d’animo delle truppe rimaste fedeli al Cavaliere mentre arriva la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano sulla pena che dovrà scontare il condannato Berlusconi. Basta seguire le piroette quotidiane del più fedele e combattivo di tutti, il capogruppo alla Camera Renato Brunetta. L’altro giorno, per esempio, l’ex ministro si sveglia e comincia a picchiare duro sul governo e su Matteo Renzi. Ultimatum, toni sprezzanti verso il ministro delle Riforme, «la signorina Maria Elena Boschi». Un fuoco di fila che va avanti fino a metà pomeriggio, quando da Arcore arriva il contrordine compagni: vietato litigare con il premier, le riforme si votano, anche quella che elimina il Senato e che sta scatenando la rivolta tra i senatori forzisti, il patto del Nazareno tra i due leader tiene.

Il dialogo tra Silvio e Matteo non si è mai spezzato, assicurano entrambi i fronti. Sì, ma con quale Berlusconi parla Renzi? L’ex premier è diviso in due su tutto.

Esistono addirittura due diversi uffici stampa che si contendono la sua comunicazione con l’esterno. Paolo Bonaiuti si è ritirato da tempo senza clamori, rimpianto da tutti, a gestire le uscite del Cavaliere sono ora due squadre: nella prima gioca la portavoce del partito Deborah Bergamini, la seconda schiera l’onnipresente Denis Verdini con il deputato Luca D’Alessandro, da anni addetto stampa del partito. E gli effetti si vedono. «La riforma del Senato è inaccettabile e indigeribile», spara Silvio Uno alle 19.38 del 4 aprile. «Forza Italia resta sostenitrice della necessità di riformare il Senato, a partire da quanto stabilito nel cosiddetto patto del Nazareno», fanno dire a Silvio Due meno di un’ora dopo con una nota, alle 20.27. Il 7 aprile la scena si ripete: «Salta tutto», trapela da Arcore a pranzo. Macché, «non mi rimangio la parola data, avanti con le riforme», fa dietrofront Berlusconi a cena.

Nel frattempo, tra stop and go, indecisioni e baruffe ai vertici, Maurizio Gasparri è sulla linea del resistere resistere resistere, Paolo Romani è più moderato, le ex ministre come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna hanno indossato i giubbotti da combattimento, ad avere le idee chiare su cosa fare sono gli elettori azzurri: fuggire, andare via, abbandonare il Titanic berlusconiano alla sua deriva.

I numeri sono impietosi: alle elezioni politiche del 2008 il Pdl aveva raccolto oltre 13 milioni e 700mila elettori, alle europee di un anno dopo i voti erano stati quasi undici milioni, alle politiche del 2013 sono scesi a 7 milioni e 300mila, oggi dopo la scissione dell’Ncd di Angelino Alfano l’ex corazzata azzurra supera di poco i cinque milioni di voti, sotto il 20 per cento.

Tra i notabili azzurri, però, le previsioni sono ancora più drammatiche e c’è una percentuale che fa paura: quota 15 per cento. Una cifra che segnerebbe l’estinzione politica del berlusconismo, simile a quanto accadde venti anni fa quando dopo Tangentopoli la Dc si ritrovò nel giro di pochi mesi con un terzo dei voti che raccoglieva da decenni. All’epoca il grosso dell’elettorato abbandonò la Balena bianca ormai spiaggiata per rivolgersi al nuovo campione dell’Italia moderata, Silvio Berlusconi. Oggi il fenomeno si ripete, ma non è ancora chiaro chi raccoglierà i transfughi di Silvio.


Un ex elettore di Forza Italia su cinque voterà per il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, un quarto dichiara di volersi astenere, almeno per ora, in attesa di una nuova casa politica.

Ed è lì, in quel bacino di consensi, che si annida la tentazione di rifugiarsi nel campo avversario, votare per Renzi e se necessario perfino per il Pd. Un passaggio netto, da destra a sinistra, mai avvenuto nella Seconda Repubblica dei due schieramenti contrapposti, in cui il dissenso dell’elettorato veniva segnalato al massimo con il non-voto. Ma reso possibile dall’attitudine di Renzi a fare da solo il catch-all-party, il partito pigliatutto: a sinistra, al centro, nell’anti-politica, a destra, specialmente, perché lì l’emorragia è più grave.

Nella ridotta berlusconiana sfogliano sondaggi devastanti. Il secondo posto dopo il Pd, irraggiungibile sopra il 30 per cento, è saldamente presidiato dal movimento di Grillo, Forza Italia è il terzo partito e anche i più ottimisti scommettono che il risultato finale assomiglierà a una catastrofe: anche in caso di rimonta il duello con M5S si consumerà in un pugno di voti, per pochi decimali.

«Sì, è vero, la banda di oscillazione del risultato di Forza Italia oscilla tra il 15 e il 25 per cento», ammette un’esperta macchina da voti come il pugliese Raffaele Fitto, probabile capolista di Forza Italia nella circoscrizione Sud che va dall’Abruzzo alla Calabria, decisiva per il derby con gli ex amici dell’Ncd di Alfano. Dieci punti che ballano e che prescindono dall’impegno personale del Cavaliere in campagna elettorale. Sta franando l’intero apparato azzurro. Le regioni del Nord che regalavano ai candidati berlusconiani milioni di voti e costituivano il dna del partito, il tratto identitario,«il forza-leghismo», lo chiamava Edmondo Berselli, sono un buco nero che inghiotte ogni speranza di rimonta.

In Piemonte, dove si vota per la regione dopo la sentenza che ha annullato le elezioni precedenti in cui aveva vinto il leghista Roberto Cota, il centrodestra corre spaccato tra Gilberto Pichetto, candidato di Forza Italia e Lega, e l’ex berlusconiano Guido Crosetto, oggi in Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Nel Nord- Est, in Veneto e in Friuli, i consensi perduti diventano una voragine, l’ex ministro Giancarlo Galan senta aria di flop e dice no alla candidatura, la lista dei rifiuti si allunga a dismisura, il capolista non c’è. Eppure fino a qualche anno fa in Veneto gli azzurri berlusconiani sembravano un’armata invincibile. Nella circoscrizione Centro correrà il veterano Antonio Tajani (è dal 1994 che non si sposta dalle istituzioni europee), ma alle sue spalle sta nascendo una lista debolissima, in cui i tradizionali portatori di voti, ex democristiani, ex socialisti, ex An, si sono dileguati. Nel Sud c’è da arginare la tempesta campana, il gruppo di Nicola Cosentino sbaragliato dopo l’arresto del suo capo indiscusso, nelle isole è caccia al candidato: anche l’ex ministro Saverio Romano ha detto di no, troppo rischiosa la sfida. E poi nessuno può garantire che il sacrificio sarà ricompensato. Prima c’era Berlusconi, ma ora Silvio non c’è più. Galan dice no, Romano pure, Claudio Scajola che avrebbe accettato è stato pregato dal nuovo intimo di casa Arcore Giovanni Toti di farsi da parte. Una sfilza di diserzioni, eppure l’unica possibilità di trainare un risultato vicino al venti per cento sarebbe far competere i consiglieri regionali e i sindaci, i signori delle preferenze. E invece si tirano indietro perfino gli ultimi arrivati, i legionari dell’esercito di Silvio guidati da Simone Furlan. L’esordio alle elezioni europee, con le circoscrizioni che abbracciano più regioni e l’obbligo di prendere le preferenze, non è il terreno più agevole per un debutto elettorale. Anche se poi la vera partita si gioca lontano dalla periferia, a Roma, nella schermaglia tra Berlusconi e Matteo Renzi.

È l’indecisione nei confronti del governo ad avvelenare Forza Italia, divisa tra falchi e colombe, come quando c’era il governo di Enrico Letta, ma con un capovolgimento di posizioni.

Verdini, che un anno fa era tra i più decisi sostenitori delle elezioni anticipate e dell’urgenza di far cadere Letta, si è trasformato nel principale alleato di Renzi.

Un asse che scatena i sospetti, a sinistra e a destra. «Pichetto è una candidatura debole, inventata da Verdini per far vincere Sergio Chiamparino, il nome più gradito al premier», tuona il gigante Crosetto. È Verdini il garante delle riforme, l’interlocutore numero uno di Palazzo Chigi, chissà se a nome di Berlusconi o a titolo personale. Ed è su di lui che si accaniscono gli altri notabili azzurri che temono di appiattirsi su Renzi.

«Intendiamoci, qualcosa dobbiamo fare, ma nei prossimi sei-sette mesi Renzi resterà fortissimo, potrà dire quello che vuole e la gente gli crederà», ragiona un berlusconiano della prima ora. «Quando andiamo in giro a difendere il Senato elettivo corriamo il pericolo di essere presi a sediate, il nostro elettorato se potesse cancellerebbe anche la Camera e forse pure il Quirinale. Se ci tiriamo fuori dalle riforme facciamo una mossa suicida, non ci sarà perdonato dal nostro elettorato».

Ma anche restare fermi e applaudire ogni trovata renziana è un pericolo mortale per ciò che resta di Forza Italia. Per questo bisogna risvegliare il leader scomparso da mesi dal panorama politico, convincerlo a combattere l’ultima battaglia contro i nemici più insidiosi, Renzi e Grillo che presidiano tutti gli spazi del campo, mentre un maestro del posizionamento elettorale come Berlusconi fatica a trovare uno slogan, una linea, una parola chiave. Non è più l’epoca in cui il Cavaliere candidato sulle schede valeva da solo dieci punti, l’incognita però è decifrare quanto vale questo centrodestra del dopo-Berlusconi, senza più Berlusconi.

Una guerra che va oltre il tema di qualche settimana fa, lo scontro con i governativi di Alfano per l’egemonia dei moderati. Perché per il Cavaliere la partita è diventata esistenziale, sopravvivere.

Dopo venti anni il grande crollo, la disgregazione dell’impero berlusconiano, è appena all’inizio.

Finora il consenso elettorale ha consentito a Berlusconi di restare sulla scena, nonostante le scissioni e le condanne. Se anche gli elettori dovessero definitivamente abbandonarlo della sua creatura politica non resterebbe più nulla e i voti berlusconiani prenderebbero un’altra direzione. Renzi è pronto ad accoglierli.
11 aprile 2014© RIPRODUZIONE RISERVATA

http://espresso.repubblica.it/palazzo/2 ... i-1.160722
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Sfascisti - 284

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Scheda – 39 – Il debito pubblico


39 – 1 – 14 aprile 2014




Bankitalia: debito pubblico record a febbraio

14 aprile 2014Commenti (15)


La corsa non si arresta. Il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato in febbraio di 17,5 miliardi, raggiungendo un nuovo massimo storico a 2.107,2 miliardi. Lo rileva Bankitalia nel supplemento al bollettino statistico "Finanza pubblica, fabbisogno e debito". Rispetto ai 2.089.7 miliardi

Cresce il debito delle amministrazioni centrali
In una nota Bankitalia spiega che l'incremento riflette per 10,7 miliardi il fabbisogno delle amministrazioni pubbliche e per 6,8 miliardi l'aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (pari a fine febbraio a 64,8 miliardi, 49,6 a febbraio del

Leggero aumento delle entrate tributarie
Non sono rimaste invariate invece le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato: a febbraio sono state pari a 27,3 miliardi, lievemente superiori al valore registrato nello stesso mese del 2013 (27,0 miliardi).


http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AB8zOnAB
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