Economia
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Re: Economia
Solo 6 giorni fà, il quotidiano di Confindustria, Il Sole 24 Ore dichiarava che dal 2001 abbiamo perso 120.000 fabbriche, mentre 5 giorni fà davanti alla perdita di 12.000 esercizi nel primo trimestre dell'anno indicava in 11 il tempo per ritornare ai giorni pre crisi.
Questa sera il Tg3 riporta dati di inversione di tendenza.
Si sta uscendo dalla crisi.
Se un'attività si può essere mossa è quella del mercato estero. Ma non si può raccontare che basta questo per invertire il segno totale perché il mercato interno è fermo.
Questa sera il Tg3 riporta dati di inversione di tendenza.
Si sta uscendo dalla crisi.
Se un'attività si può essere mossa è quella del mercato estero. Ma non si può raccontare che basta questo per invertire il segno totale perché il mercato interno è fermo.
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Re: Economia
https://www.youtube.com/watch?v=WKvtnL_ ... gest-vrecs
COME RIPARANO LE BUCHE in GERMANIA !!! ( guarda e impara
Ciao
Paolo11
COME RIPARANO LE BUCHE in GERMANIA !!! ( guarda e impara
Ciao
Paolo11
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Re: Economia
Fallimenti - 1
20 GIU 2014 16:27
UN PAESE IN BANCAROTTA – NEI PRIMI CINQUE MESI DEL 2014 L’ITALIA E’ ANDATA AVANTI AL RITMO DI 1.200 FALLIMENTI AL MESE, IL 19% IN PIU’ DELLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO. AVANTI COSI’, VERSO L’ABISSO!
A livello territoriale, si registra una variazione più evidente di nuovi fallimenti in Abruzzo con un aumento del 67,1% rispetto allo scorso anno, seguono la Liguria e l'Umbria dove si registrano rispettivamente +46,2% e +44,4% fallimenti. In termini assoluti l'incidenza è più elevata in Lombardia…
BANCAROTTA
Da Ansa.it
Oltre 1.200 fallimenti al mese: è il bilancio dei primi cinque mesi del 2014 che ha visto crescere in Italia le procedure fallimentari del +18,9% rispetto allo stesso periodo del 2013. Vale a dire che da gennaio a maggio 6.342 imprese sono entrate in fallimento. E' quanto emerge da una elaborazione dell'Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Registro Imprese.
A livello territoriale, si registra una variazione più evidente di nuovi fallimenti in Abruzzo con un aumento del 67,1% rispetto allo scorso anno, seguono la Liguria e l'Umbria dove si registrano rispettivamente +46,2% e +44,4% fallimenti. In termini assoluti l'incidenza è più elevata in Lombardia dove si sono iscritte, tra gennaio e maggio dell'anno in corso, 1.404 procedure fallimentari (+15,9% rispetto al 2013). Seguono Lazio, Veneto e Campania.
http://www.ansa.it/sito/notizie/economi ... 99510.html
20 GIU 2014 16:27
UN PAESE IN BANCAROTTA – NEI PRIMI CINQUE MESI DEL 2014 L’ITALIA E’ ANDATA AVANTI AL RITMO DI 1.200 FALLIMENTI AL MESE, IL 19% IN PIU’ DELLO STESSO PERIODO DELL’ANNO SCORSO. AVANTI COSI’, VERSO L’ABISSO!
A livello territoriale, si registra una variazione più evidente di nuovi fallimenti in Abruzzo con un aumento del 67,1% rispetto allo scorso anno, seguono la Liguria e l'Umbria dove si registrano rispettivamente +46,2% e +44,4% fallimenti. In termini assoluti l'incidenza è più elevata in Lombardia…
BANCAROTTA
Da Ansa.it
Oltre 1.200 fallimenti al mese: è il bilancio dei primi cinque mesi del 2014 che ha visto crescere in Italia le procedure fallimentari del +18,9% rispetto allo stesso periodo del 2013. Vale a dire che da gennaio a maggio 6.342 imprese sono entrate in fallimento. E' quanto emerge da una elaborazione dell'Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Registro Imprese.
A livello territoriale, si registra una variazione più evidente di nuovi fallimenti in Abruzzo con un aumento del 67,1% rispetto allo scorso anno, seguono la Liguria e l'Umbria dove si registrano rispettivamente +46,2% e +44,4% fallimenti. In termini assoluti l'incidenza è più elevata in Lombardia dove si sono iscritte, tra gennaio e maggio dell'anno in corso, 1.404 procedure fallimentari (+15,9% rispetto al 2013). Seguono Lazio, Veneto e Campania.
http://www.ansa.it/sito/notizie/economi ... 99510.html
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Re: Economia
L'Economia e i giovani - 1
l’Unità 29.6.14
«Bonus giovani»: creati 22mila posti invece di 100mila
Stime troppo ottimistiche o proprio sbagliate? Impossibile saperlo, ma un dato è sotto gli occhi di tutti: il bonus giovani varato dal governo Letta non funziona. Il provvedimento che incentiva le assunzioni di giovani tra i 18 e i 29 anni puntava a creare 100mila posti di lavoro tra il 2013 e il 2015, con lo stanziamento nel periodo di 794 milioni. L’asticella per ora è ferma a 22mila domande, meno di un quarto di quanto previsto. Questo almeno stando agli ultimi dati Inps.
Al 23 giugno, si legge negli ultimi documenti elaborati dall'Inps, il numero totale delle domande di prenotazione arrivate per l'assunzione di giovani disoccupati erano 28.606, ma tra queste 5.499 sono scadute (andavano confermate entro la settimana successiva alla prenotazione). Le domande confermate sono 22.124.
Il beneficio per ogni lavoratore assunto con il bonus è di un terzo della retribuzione lorda fino a un tetto di 650 euro al mese per un massimo di 18 mesi (12 mesi nel caso di trasformazione di un contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato). Quindi se si calcolano circa 8.000 euro in un anno per ogni assunto (il bonus varato nel decreto legge approvato esattamente un anno fa vale per le assunzioni fatte a partire dal 7 agosto 2013 mentre il click day è partito il 1 ottobre) al momento sono stati spesi meno di 160 milioni di euro (circa 7.150 euro per 11 mesi per 22.000 assunti considerandoli tutti assunti dall'inizio e tutti con il beneficio massimo cosa che naturalmente non è). Non basta quindi il taglio totale dei contributi per 18 mesi per convincere le aziende ad aumentare il personale (il bonus prevedeva che l'assunzione dovesse incrementare l'organico rispetto all'anno precedente e non essere utilizzata per il turn over). Negli ultimi mesi la «diffidenza» delle imprese è anche aumentata. Se infatti a metà ottobre 2013 le domande arrivate erano 11.000 e a metà dicembre 18.000 il numero delle richieste ha rallentato fortemente nei mesi successivi. Tra le domande di assunzione confermate prevalgono quelle degli uomini (13.827) rispetto a quelle delle donne (8.297).
Per il 2013 erano a disposizione 148 milioni che avrebbero dovuto consentire l'assunzione di circa 20.000 giovani, 248 milioni erano stanziati per il 2014 mentre nel complesso sono stati stanziati 794 milioni con l'obiettivo di assumere 100.000 giovani entro il 30 giugno 2015 (i fondi si spalmano fino a fine 2016 perché il bonus dura al massimo 18 mesi). L'incentivo viene assegnato solo per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani tra i 18 e i 29 anni purché ci sia un aumento occupazionale rispetto all'anno precedente.
il Fatto 29.6.14
Giovani senza lavoro
Il flop del bonus per le assunzioni
La crisi morde e così si è rivelato un sostanziale flop il bonus per le assunzioni dei giovani tra i 18 e i 29 anni messo in campo l’anno scorso dal governo Letta per creare, tra il 2013 e il 2015, circa 100.000 nuovi posti, con uno stanziamento di 794 milioni. Secondo i dati Inps a fine giugno le domande confermate erano poco più di 22.000. Al 23 giugno, scrive l’Inps, il numero totale delle domande di prenotazione arrivate per l’assunzione di giovani disoccupati erano 28.606, ma tra queste 5.499 sono scadute, mentre quelle confermate sono 22.124. Il beneficio per ogni lavoratore assunto con il bonus è di un terzo della retribuzione lorda fino a un tetto di 650 euro al mese per un massimo di 18 mesi (12 mesi nel caso di trasformazione di un contratto a termine in tempo indeterminato). Quindi se si calcolano circa 8.000 euro in un anno per ogni assunto al momento sono stati spesi meno di 160 milioni di euro. Non basta quindi il taglio totale dei contributi per 18 mesi per convincere le aziende ad aumentare il personale.
l’Unità 29.6.14
«Bonus giovani»: creati 22mila posti invece di 100mila
Stime troppo ottimistiche o proprio sbagliate? Impossibile saperlo, ma un dato è sotto gli occhi di tutti: il bonus giovani varato dal governo Letta non funziona. Il provvedimento che incentiva le assunzioni di giovani tra i 18 e i 29 anni puntava a creare 100mila posti di lavoro tra il 2013 e il 2015, con lo stanziamento nel periodo di 794 milioni. L’asticella per ora è ferma a 22mila domande, meno di un quarto di quanto previsto. Questo almeno stando agli ultimi dati Inps.
Al 23 giugno, si legge negli ultimi documenti elaborati dall'Inps, il numero totale delle domande di prenotazione arrivate per l'assunzione di giovani disoccupati erano 28.606, ma tra queste 5.499 sono scadute (andavano confermate entro la settimana successiva alla prenotazione). Le domande confermate sono 22.124.
Il beneficio per ogni lavoratore assunto con il bonus è di un terzo della retribuzione lorda fino a un tetto di 650 euro al mese per un massimo di 18 mesi (12 mesi nel caso di trasformazione di un contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato). Quindi se si calcolano circa 8.000 euro in un anno per ogni assunto (il bonus varato nel decreto legge approvato esattamente un anno fa vale per le assunzioni fatte a partire dal 7 agosto 2013 mentre il click day è partito il 1 ottobre) al momento sono stati spesi meno di 160 milioni di euro (circa 7.150 euro per 11 mesi per 22.000 assunti considerandoli tutti assunti dall'inizio e tutti con il beneficio massimo cosa che naturalmente non è). Non basta quindi il taglio totale dei contributi per 18 mesi per convincere le aziende ad aumentare il personale (il bonus prevedeva che l'assunzione dovesse incrementare l'organico rispetto all'anno precedente e non essere utilizzata per il turn over). Negli ultimi mesi la «diffidenza» delle imprese è anche aumentata. Se infatti a metà ottobre 2013 le domande arrivate erano 11.000 e a metà dicembre 18.000 il numero delle richieste ha rallentato fortemente nei mesi successivi. Tra le domande di assunzione confermate prevalgono quelle degli uomini (13.827) rispetto a quelle delle donne (8.297).
Per il 2013 erano a disposizione 148 milioni che avrebbero dovuto consentire l'assunzione di circa 20.000 giovani, 248 milioni erano stanziati per il 2014 mentre nel complesso sono stati stanziati 794 milioni con l'obiettivo di assumere 100.000 giovani entro il 30 giugno 2015 (i fondi si spalmano fino a fine 2016 perché il bonus dura al massimo 18 mesi). L'incentivo viene assegnato solo per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani tra i 18 e i 29 anni purché ci sia un aumento occupazionale rispetto all'anno precedente.
il Fatto 29.6.14
Giovani senza lavoro
Il flop del bonus per le assunzioni
La crisi morde e così si è rivelato un sostanziale flop il bonus per le assunzioni dei giovani tra i 18 e i 29 anni messo in campo l’anno scorso dal governo Letta per creare, tra il 2013 e il 2015, circa 100.000 nuovi posti, con uno stanziamento di 794 milioni. Secondo i dati Inps a fine giugno le domande confermate erano poco più di 22.000. Al 23 giugno, scrive l’Inps, il numero totale delle domande di prenotazione arrivate per l’assunzione di giovani disoccupati erano 28.606, ma tra queste 5.499 sono scadute, mentre quelle confermate sono 22.124. Il beneficio per ogni lavoratore assunto con il bonus è di un terzo della retribuzione lorda fino a un tetto di 650 euro al mese per un massimo di 18 mesi (12 mesi nel caso di trasformazione di un contratto a termine in tempo indeterminato). Quindi se si calcolano circa 8.000 euro in un anno per ogni assunto al momento sono stati spesi meno di 160 milioni di euro. Non basta quindi il taglio totale dei contributi per 18 mesi per convincere le aziende ad aumentare il personale.
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Re: Economia
L'Economia e i tempi di produzione - 1
Siamo tornati alla fine dell''800.
Durante il periodo fascista e post fascista, mia nonna che lavorava nel reparto sartoria della Pirelli - Bicocca, ogni volta che si recava in bagno doveva depositare la marchetta e la guardia posta all'esterno del bagno registrava l'ora di entrata e di uscita dal bagno.
Una lontana parente, stamani, a fronte di questa notizia, precisava che alla Magneti Marelli, avevano messo delle grate per spiare dal basso se si recavano in bagno a fumare.
Questa notizia invece ci fa tornare indietro di 140 anni.
Allegria. Evviva il progresso!!!!!!!!!!!!!!!
Notizie relative a Azienda proibisce la pausa pipì
Articolotre
A Paderno la fabbrica che vieta le pause. "Ti scappa la pipì?
La Repubblica Milano.it - 2 giorni fa
"Aspetta la pausa oppure falla pure davanti al macchinario", è stata la ... ma dai lavoratori di un'italianissima azienda di Paderno Dugnano.
Altre notizie su Azienda proibisce la pausa pipì
FILCAMS CGIL - Si ferma l'azienda che vieta la pausa-pipì
http://www.filcams.cgil.it/stampa.nsf/. ... fd002cd1cc...
03/apr/2010 - Da quando sono diventati «collaboratori», non più semplici dipendenti o impiegati, possono andare in bagno una sola volta nell'arco di un ...
Paderno, fabbrica vieta le pause: operai in sciopero per il ...
urbanpost.it › News
2 giorni fa - Paderno, fabbrica vieta le pause: operai in sciopero per il “diritto alla pipì”. Tweet ... Come hanno reagito i titolari della azienda? Eludendo le ...
Vietate le pause pipì: “Aspetti o la fai davanti al macchinario ...
http://www.nordmilano24.it/.../vietate- ... -macchinar...
2 giorni fa - Vietate le pause pipì: “Aspetti o la fai davanti al macchinario” ... Sarebbe stata questa la risposta dei proprietari di un'azienda di Paderno, ... facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna persona di recarsi in ...
Niente pausa in una fabbrica di Paderno: “Ti scappa la pipì ...
http://www.fanpage.it/niente-pausa-in-u ... appa-la-pi...
2 giorni fa - Niente pausa in una fabbrica di Paderno: “Ti scappa la pipì? ... ai propri dipendenti dalla Gipicco's, una azienda italiana che produce cosmetici e che ... “Non è nella facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna ...
Paderno, niente pausa pipì in fabbrica: “Se ti scappa falla ...
http://www.blitzquotidiano.it/.../pader ... -se-ti-sca...
2 giorni fa - PADERNO – “Niente pipì, se ti scappa aspetti la pausa oppure la fai davanti al ... “Non è nella facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna ... Morgani e Mondher Jendoubi, ma dall'azienda nessun commento.
Niente pausa bagno nella fabbrica di Paderno. “Ti scappa la ...
http://www.articolotre.com/.../niente-p ... paderno-ti...
2 giorni fa - “Ti scappa la pipì? Falla davanti al macchinario”. La denuncia arriva dai dipendenti della Gipicco's, azienda che produce cosmetici e ... "Non è nella facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna persona di ...
Circolo Carlo Giuliani Parigi « Pausa pipi'
carlogiuliani.fr/rifondazione-comunista/?p=11259
1 giorno fa - E' la prima azienda del suo settore a fornire alla clientela test clinici ... datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna persona di recarsi in ...
Paderno: “Se ti scappa la pipì falla sul posto” | NewsGO
www.newsgo.it/paderno-se-ti-scappa-pipi-falla-posto/
“Niente pipì, se ti scappa aspetti la pausa oppure la fai davanti al macchinario“, per questa frase gli operai di un'azienda di cosmetici che dà lavoro ad una ... sul quale si legge: “Non è nella facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad ...
"Se ti scappa la pipì fattela addosso" - Il Manifesto
ilmanifesto.info/se-ti-scappa-la-pipi-fattela-addosso/
2 giorni fa - La Filtcem Cgil denuncia l'incredibile caso dell'azienda di cosmetici Gipicco's dove ... “Aspetta la pausa oppure falla pure davanti al macchinario”, ... la nota sindacale – di proibire in alcun modo e ad alcuna persona di recarsi ...
Siamo tornati alla fine dell''800.
Durante il periodo fascista e post fascista, mia nonna che lavorava nel reparto sartoria della Pirelli - Bicocca, ogni volta che si recava in bagno doveva depositare la marchetta e la guardia posta all'esterno del bagno registrava l'ora di entrata e di uscita dal bagno.
Una lontana parente, stamani, a fronte di questa notizia, precisava che alla Magneti Marelli, avevano messo delle grate per spiare dal basso se si recavano in bagno a fumare.
Questa notizia invece ci fa tornare indietro di 140 anni.
Allegria. Evviva il progresso!!!!!!!!!!!!!!!
Notizie relative a Azienda proibisce la pausa pipì
Articolotre
A Paderno la fabbrica che vieta le pause. "Ti scappa la pipì?
La Repubblica Milano.it - 2 giorni fa
"Aspetta la pausa oppure falla pure davanti al macchinario", è stata la ... ma dai lavoratori di un'italianissima azienda di Paderno Dugnano.
Altre notizie su Azienda proibisce la pausa pipì
FILCAMS CGIL - Si ferma l'azienda che vieta la pausa-pipì
http://www.filcams.cgil.it/stampa.nsf/. ... fd002cd1cc...
03/apr/2010 - Da quando sono diventati «collaboratori», non più semplici dipendenti o impiegati, possono andare in bagno una sola volta nell'arco di un ...
Paderno, fabbrica vieta le pause: operai in sciopero per il ...
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2 giorni fa - Paderno, fabbrica vieta le pause: operai in sciopero per il “diritto alla pipì”. Tweet ... Come hanno reagito i titolari della azienda? Eludendo le ...
Vietate le pause pipì: “Aspetti o la fai davanti al macchinario ...
http://www.nordmilano24.it/.../vietate- ... -macchinar...
2 giorni fa - Vietate le pause pipì: “Aspetti o la fai davanti al macchinario” ... Sarebbe stata questa la risposta dei proprietari di un'azienda di Paderno, ... facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna persona di recarsi in ...
Niente pausa in una fabbrica di Paderno: “Ti scappa la pipì ...
http://www.fanpage.it/niente-pausa-in-u ... appa-la-pi...
2 giorni fa - Niente pausa in una fabbrica di Paderno: “Ti scappa la pipì? ... ai propri dipendenti dalla Gipicco's, una azienda italiana che produce cosmetici e che ... “Non è nella facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad alcuna ...
Paderno, niente pausa pipì in fabbrica: “Se ti scappa falla ...
http://www.blitzquotidiano.it/.../pader ... -se-ti-sca...
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Niente pausa bagno nella fabbrica di Paderno. “Ti scappa la ...
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Circolo Carlo Giuliani Parigi « Pausa pipi'
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Paderno: “Se ti scappa la pipì falla sul posto” | NewsGO
www.newsgo.it/paderno-se-ti-scappa-pipi-falla-posto/
“Niente pipì, se ti scappa aspetti la pausa oppure la fai davanti al macchinario“, per questa frase gli operai di un'azienda di cosmetici che dà lavoro ad una ... sul quale si legge: “Non è nella facoltà del datore di lavoro proibire in alcun modo ad ...
"Se ti scappa la pipì fattela addosso" - Il Manifesto
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2 giorni fa - La Filtcem Cgil denuncia l'incredibile caso dell'azienda di cosmetici Gipicco's dove ... “Aspetta la pausa oppure falla pure davanti al macchinario”, ... la nota sindacale – di proibire in alcun modo e ad alcuna persona di recarsi ...
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Re: Economia
L'inflazione - 1
Prezzi quasi fermi, giù gli alimentari
(LUISA GRION).
01/07/2014 di triskel182
A giugno l’inflazione scende allo 0,3% e molti prodotti sono già in deflazione. Prima giornata con obbligo di Pos Istat più pessimista sul Pil: la crescita del secondo trimestre potrebbe essere negativa o ancora molto bassa.
ROMA - A due passi dallo stallo: i prezzi al consumo di giugno, stima l’Istat, sono aumentata dello 0,3 per cento appena rispetto ad allo stesso mese dell’anno scorso. Una quota inferiore alla inflazione media dell’Eurozona (0,5) che ci riporta indietro al 2009 e che preoccupa soprattutto per la composizione del dato.
Trasporti e scuola a parte, infatti, sono diverse le voci del paniere già precedute dal segno meno: rispetto ad un anno fa i prezzi dei servizi di comunicazione sono diminuiti dell’8,6 per cento, quello degli alimentari e delle bevande dello 0,6. La verdura, segnala Coldiretti, ha visto scendere i listini a picco (meno 12,1 per cento) e la tendenza alla flessione si sta allargando anche ai servizi sanitari (meno 0,1 per cento fra maggio e giugno).
Il pericolo deflazione – la spirale negativa fra bassi prezzi e bassa domanda – resta dietro l’angolo: lo ammette l’Istat («non emergono segni di allontanamento dal rischio» scrive) e lo rilevano a gran voce sindacati e commercianti. La categoria è già sul piede di guerra per l’obbligo scattato oggi di munirsi di Pos e di accettare il pagamento via card per importi dai 30 euro in su (anche se il decreto che lo introduce non prevede sanzioni). I dati sull’inflazione hanno peggiorato il malumore: Confcommercio chiede interventi fiscali per rilanciare i consumi, Confesercenti parla di «pericolo fatale», Federdistribuzione fa notare come le vendite dei primi quattro mesi dell’anno siano ancora in calo.
La letture dei dati Istat non è confortante, tanto più che l’istituto di statistica segnala anche i rischi di un risultato negativo sul Pil del secondo trimestre dell’anno. Le previsioni congiunturali fanno ricadere il dato fra il meno 0,1 e il più 0,3 per cento, la seconda parte dell’anno potrebbe non andare meglio. «La variazione nella media del 2014 – conclude l’Istat – risulterebbe debolmente positiva», anche per via della persistente incertezza e «delle condizioni ancora difficili sul mercato del credito».
L’unica buon notizia per l’immediato futuro arriva dal Centro studi della Confindustria. La produzione industriale, stima, è in ripresa: in giugno è data in crescita dello 0,4 per cento su maggio (mentre fra maggio e aprile era dello 0,1) e del 2,2 per cento rispetto ad un anno fa. Positive anche le previsioni sul secondo semestre (sempre 0,4 per cento) e in aumento pure la fiducia degli imprenditori manifatturieri: l’indice è salito al massimo degli ultimi tre anni.
Da La Repubblica del 01/07/2014.
Prezzi quasi fermi, giù gli alimentari
(LUISA GRION).
01/07/2014 di triskel182
A giugno l’inflazione scende allo 0,3% e molti prodotti sono già in deflazione. Prima giornata con obbligo di Pos Istat più pessimista sul Pil: la crescita del secondo trimestre potrebbe essere negativa o ancora molto bassa.
ROMA - A due passi dallo stallo: i prezzi al consumo di giugno, stima l’Istat, sono aumentata dello 0,3 per cento appena rispetto ad allo stesso mese dell’anno scorso. Una quota inferiore alla inflazione media dell’Eurozona (0,5) che ci riporta indietro al 2009 e che preoccupa soprattutto per la composizione del dato.
Trasporti e scuola a parte, infatti, sono diverse le voci del paniere già precedute dal segno meno: rispetto ad un anno fa i prezzi dei servizi di comunicazione sono diminuiti dell’8,6 per cento, quello degli alimentari e delle bevande dello 0,6. La verdura, segnala Coldiretti, ha visto scendere i listini a picco (meno 12,1 per cento) e la tendenza alla flessione si sta allargando anche ai servizi sanitari (meno 0,1 per cento fra maggio e giugno).
Il pericolo deflazione – la spirale negativa fra bassi prezzi e bassa domanda – resta dietro l’angolo: lo ammette l’Istat («non emergono segni di allontanamento dal rischio» scrive) e lo rilevano a gran voce sindacati e commercianti. La categoria è già sul piede di guerra per l’obbligo scattato oggi di munirsi di Pos e di accettare il pagamento via card per importi dai 30 euro in su (anche se il decreto che lo introduce non prevede sanzioni). I dati sull’inflazione hanno peggiorato il malumore: Confcommercio chiede interventi fiscali per rilanciare i consumi, Confesercenti parla di «pericolo fatale», Federdistribuzione fa notare come le vendite dei primi quattro mesi dell’anno siano ancora in calo.
La letture dei dati Istat non è confortante, tanto più che l’istituto di statistica segnala anche i rischi di un risultato negativo sul Pil del secondo trimestre dell’anno. Le previsioni congiunturali fanno ricadere il dato fra il meno 0,1 e il più 0,3 per cento, la seconda parte dell’anno potrebbe non andare meglio. «La variazione nella media del 2014 – conclude l’Istat – risulterebbe debolmente positiva», anche per via della persistente incertezza e «delle condizioni ancora difficili sul mercato del credito».
L’unica buon notizia per l’immediato futuro arriva dal Centro studi della Confindustria. La produzione industriale, stima, è in ripresa: in giugno è data in crescita dello 0,4 per cento su maggio (mentre fra maggio e aprile era dello 0,1) e del 2,2 per cento rispetto ad un anno fa. Positive anche le previsioni sul secondo semestre (sempre 0,4 per cento) e in aumento pure la fiducia degli imprenditori manifatturieri: l’indice è salito al massimo degli ultimi tre anni.
Da La Repubblica del 01/07/2014.
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Re: Economia
Io non me ne sono accorto. Vedo che coi prezzi fanno sempre qualche arrotondamento verso l'alto. Quando finiscono questi istituti di abusare della credulità popolare?
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Re: Economia
Da: Il giorno della civetta.
« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… »
Economia e governo - 1
Economia Italia, le cifre vere fanno paura
Rinvio pareggio di bilancio: l'Ue dice no
Padoan prende atto dei dati su Pil e lavoro. E lo 0,8% di crescita scritto nel Def diventa un sogno
Gli 80 euro di Renzi non spingono i consumi. Il Paese sta peggio di quanto previsto tre mesi fa
Economia Italia, le cifre vere fanno paura Rinvio pareggio di bilancio: l'Ue dice no
Secondo l'Istat la "crescita" sarà dello 0%, mentre il tasso di disoccupazione sale al 12,6%, 0,5 punti in più rispetto a un anno fa. E scende l'inflazione, segno che i consumi restano deboli nonostante il bonus di 80 euro. Intanto dalla Ue, invece delle sbandierate "aperture" sulla flessibilità, arriva la richiesta di assicurare già quest'anno il progresso verso il pareggio di bilancio. Evitare una manovra correttiva appare sempre più difficile
di Chiara Brusini
http://www.ilfattoquotidiano.it/
********
Italia in stagnazione e senza lavoro. E Bruxelles chiede il conto a Renzi
Il +0,8% previsto dal governo per il 2014 sfuma definitivamente. Ecco i veri numeri: secondo l'Istat la "crescita" sarà dello 0%, mentre il tasso di disoccupazione sale al 12,6%, 0,5 punti in più rispetto a un anno fa. E scende l'inflazione, segno che i consumi restano deboli nonostante il bonus di 80 euro. Intanto dalla Ue, invece delle sbandierate "aperture" sulla flessibilità, arriva la richiesta di assicurare già quest'anno il progresso verso il pareggio di bilancio. Evitare una manovra correttiva appare sempre più difficile
di Chiara Brusini | 2 luglio 2014Commenti (1061)
“E’ chiaro che se il Pil è più debole del previsto ci sono implicazioni per i conti pubblici”.
Dopo le fosche previsioni di Confindustria e dell’Istat, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervistato da IlSole24Ore, è stato costretto a prenderne atto. Impossibile ostentare ancora fiducia in un numero diventato irraggiungibile: quel +0,8% di crescita che il governo ha inserito nel Documento di economia e finanza, e su cui ha basato tutti i suoi calcoli, è definitivamente sfumato. Quanto all’effetto propulsivo sui consumi del bonus di 80 euro, per ora non ce n’è traccia. L’Italia sta molto peggio di quanto Matteo Renzi e i suoi ministri hanno pronosticato solo tre mesi fa. In pratica, lo scenario più roseo che possiamo aspettarci è una stagnazione. Cioè industria e servizi che anziché ripartire procedono con il motore al minimo. Con il risultato che riassorbire i 3,2 milioni di disoccupati contati dall’istituto nazionale di statistica diventerà una missione quasi impossibile. Il tutto mentre la flessibilità chiesta a gran voce dal presidente del Consiglio all’Europa resta nei fatti una chimera. E da Bruxelles, al posto delle sbandierate “aperture”, arriva la richiesta di assicurare già quest’anno il progresso verso il pareggio di bilancio.
Ecco come sta davvero l’Italia – La nota mensile di giugno dell’Istat ha rivisto al ribasso le già deboli stime sull’andamento del prodotto interno nei mesi tra aprile e giugno: nella migliore delle ipotesi il Pil salirà dello 0,3%, nella peggiore scenderà dello 0,1%. Vale a dire che il Paese, uscito dalla recessione solo alla fine del 2013, rischia di precipitarci di nuovo. “Quella dell”istituto di statistica è una previsione, non un dato consuntivo”, precisa Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma. “E c’è un margine di variabilità. Ma anche considerando lo scenario centrale tra i due estremi si ottiene che nel 2014 la crescita si attesterebbe allo 0%. Morale: a quest’ora avremmo dovuto vedere una ripresa, invece andiamo verso la stagnazione”. Poco potrà fare anche Esa 2010, l’attesa revisione del sistema di contabilità pubblica che entrerà in vigore in autunno: “Avrà di sicuro un effetto sui livelli assoluti del Pil, ma non sul tasso di variazione. La dinamica congiunturale resta quella”. Insomma: l’arma segreta del premier, quella che più volte gli ha fatto prefigurare una “sorpresa” positiva nella seconda parte dell’anno, potrebbe rivelarsi spuntata. In più – dato Istat di martedì, ulteriore colpo all’ottimismo renziano – il tasso di disoccupazione non smette di salire: a maggio ha toccato il 12,6%, sotto i massimi registrati a gennaio e febbraio ma pur sempre 0,5 punti in più rispetto a un anno fa. E con un picco del 13,8% per le donne. Non solo: nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni sono 700mila i ragazzi che inviano curriculum e rispondono ad annunci ma non riescono a entrare nel mercato del lavoro. Per loro il tasso è del 43%, un po’ meno che ad aprile ma il 4,2% in più rispetto allo stesso mese del 2013. Peggio ancora, calano anche gli occupati. Quelli che producendo e pagando i contributi dovrebbero assicurare la tenuta del sistema. Oggi sono 22,3 milioni, 61mila in meno rispetto al maggio dell’anno scorso. L’impianto degli ammortizzatori sociali, inevitabilmente, scricchiola. Solo per rifinanziare la cassa integrazione in deroga, ha fatto sapere il titolare del Lavoro Giuliano Poletti, manca 1 miliardo di euro. Se non si trova, 50mila lavoratori di piccole imprese in crisi potrebbero rimanere senza sostegno al reddito.
Ma non basta ancora: nel bollettino di guerra c’è un altro punto, solo in apparenza meno rilevante. Si tratta dell’andamento dell’inflazione, che continua a scendere. A giugno la crescita annua dei prezzi si è fermata allo 0,3%, ha calcolato sempre l’Istat. “Un campanello d’allarme che continua a squillare”, avverte Sergio De Nardis “anche se forse la politica non se ne è resa pienamente conto”. Qual è il problema, professore? “L’andamento dei prezzi da un lato riflette la debolezza dei consumi, dall’altro, se anche per il futuro ci si aspetta che l’inflazione non risalga, può deprimerli ulteriormente”. Il meccanismo è sempre lo stesso: se il consumatore pensa che domani un bene costerà di meno, rimanda l’acquisto. Le aziende, di conseguenza, mettono in stand-by produzione e investimenti. Non solo: più bassa è l’inflazione, più alto è il valore reale del nostro già mostruoso debito pubblico. Un circolo vizioso, aggiunge De Nardis, alimentato dall’austerity fiscale. “Le politiche economiche europee sono state finora profondamente sbagliate. E per ora non vedo un miglioramento: si fa tanto parlare di riforme strutturali, ma l’ordine delle priorità andrebbe invertito. Prima di mettere mano a interventi che avranno effetti tra tre o quattro anni bisogna occuparsi del breve periodo, sostenere la congiuntura. A livello europeo servono investimenti, una politica keynesiana che sostenga la domanda e dia fiato all’economia”.
Altro che flessibilità. Bruxelles più severa sul pareggio di bilancio - L’Europa, appunto. A cui Renzi ha chiesto più flessibilità nell’applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita. Ottenendo, in termini concreti, poco o nulla. A dimostrarlo, nero su bianco, sono i contenuti del testo finale della raccomandazione del Consiglio europeo all’Italia. Approvata dai leader dei 28, insieme a quelle sugli altri Paesi, durante il vertice di Bruxelles.
Quel documento, come rivelato da Repubblica sabato, è più severo di quello licenziato dalla Commissione il 2 giugno. E respinge la richiesta di Roma di rinviare il pareggio strutturale di bilancio al 2016, invitando al contrario a “rafforzare in modo significativo la strategia di bilancio per garantire le esigenze di riduzione del debito e raggiungere l’obiettivo di medio termine”, cioè il pareggio. Padoan, ora presidente di turno dell’Ecofin – il Consiglio che riunisce i ministri responsabili dell’Economia e delle Finanze degli Stati membri – farà di tutto per ribaltare la decisione durante la riunione dell’8 luglio. In caso di insuccesso, sono altri 3 miliardi che si aggiungono al conto dei capitoli per i quali trovare copertura in autunno. Oltre alla copertura delle detrazioni Irpef, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego, alla cig in deroga e alle altre spese non finanziate come le missioni militari all’estero. Il ministro e il presidente del Consiglio hanno un bel dire che la Legge di stabilità per il 2015 non conterrà una manovra correttiva. A settembre il governo dovrà “aggiornare le stime sull’anno” contenute nel Def, prendendo atto che con l’economia così debole i rapporti deficit/Pil e debito/Pil vanno peggio di quanto immaginato. Un altro circolo vizioso. Con due soli sbocchi possibili: più tagli o più tasse.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... i/1045840/
« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo… »
Economia e governo - 1
Economia Italia, le cifre vere fanno paura
Rinvio pareggio di bilancio: l'Ue dice no
Padoan prende atto dei dati su Pil e lavoro. E lo 0,8% di crescita scritto nel Def diventa un sogno
Gli 80 euro di Renzi non spingono i consumi. Il Paese sta peggio di quanto previsto tre mesi fa
Economia Italia, le cifre vere fanno paura Rinvio pareggio di bilancio: l'Ue dice no
Secondo l'Istat la "crescita" sarà dello 0%, mentre il tasso di disoccupazione sale al 12,6%, 0,5 punti in più rispetto a un anno fa. E scende l'inflazione, segno che i consumi restano deboli nonostante il bonus di 80 euro. Intanto dalla Ue, invece delle sbandierate "aperture" sulla flessibilità, arriva la richiesta di assicurare già quest'anno il progresso verso il pareggio di bilancio. Evitare una manovra correttiva appare sempre più difficile
di Chiara Brusini
http://www.ilfattoquotidiano.it/
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Italia in stagnazione e senza lavoro. E Bruxelles chiede il conto a Renzi
Il +0,8% previsto dal governo per il 2014 sfuma definitivamente. Ecco i veri numeri: secondo l'Istat la "crescita" sarà dello 0%, mentre il tasso di disoccupazione sale al 12,6%, 0,5 punti in più rispetto a un anno fa. E scende l'inflazione, segno che i consumi restano deboli nonostante il bonus di 80 euro. Intanto dalla Ue, invece delle sbandierate "aperture" sulla flessibilità, arriva la richiesta di assicurare già quest'anno il progresso verso il pareggio di bilancio. Evitare una manovra correttiva appare sempre più difficile
di Chiara Brusini | 2 luglio 2014Commenti (1061)
“E’ chiaro che se il Pil è più debole del previsto ci sono implicazioni per i conti pubblici”.
Dopo le fosche previsioni di Confindustria e dell’Istat, il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervistato da IlSole24Ore, è stato costretto a prenderne atto. Impossibile ostentare ancora fiducia in un numero diventato irraggiungibile: quel +0,8% di crescita che il governo ha inserito nel Documento di economia e finanza, e su cui ha basato tutti i suoi calcoli, è definitivamente sfumato. Quanto all’effetto propulsivo sui consumi del bonus di 80 euro, per ora non ce n’è traccia. L’Italia sta molto peggio di quanto Matteo Renzi e i suoi ministri hanno pronosticato solo tre mesi fa. In pratica, lo scenario più roseo che possiamo aspettarci è una stagnazione. Cioè industria e servizi che anziché ripartire procedono con il motore al minimo. Con il risultato che riassorbire i 3,2 milioni di disoccupati contati dall’istituto nazionale di statistica diventerà una missione quasi impossibile. Il tutto mentre la flessibilità chiesta a gran voce dal presidente del Consiglio all’Europa resta nei fatti una chimera. E da Bruxelles, al posto delle sbandierate “aperture”, arriva la richiesta di assicurare già quest’anno il progresso verso il pareggio di bilancio.
Ecco come sta davvero l’Italia – La nota mensile di giugno dell’Istat ha rivisto al ribasso le già deboli stime sull’andamento del prodotto interno nei mesi tra aprile e giugno: nella migliore delle ipotesi il Pil salirà dello 0,3%, nella peggiore scenderà dello 0,1%. Vale a dire che il Paese, uscito dalla recessione solo alla fine del 2013, rischia di precipitarci di nuovo. “Quella dell”istituto di statistica è una previsione, non un dato consuntivo”, precisa Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma. “E c’è un margine di variabilità. Ma anche considerando lo scenario centrale tra i due estremi si ottiene che nel 2014 la crescita si attesterebbe allo 0%. Morale: a quest’ora avremmo dovuto vedere una ripresa, invece andiamo verso la stagnazione”. Poco potrà fare anche Esa 2010, l’attesa revisione del sistema di contabilità pubblica che entrerà in vigore in autunno: “Avrà di sicuro un effetto sui livelli assoluti del Pil, ma non sul tasso di variazione. La dinamica congiunturale resta quella”. Insomma: l’arma segreta del premier, quella che più volte gli ha fatto prefigurare una “sorpresa” positiva nella seconda parte dell’anno, potrebbe rivelarsi spuntata. In più – dato Istat di martedì, ulteriore colpo all’ottimismo renziano – il tasso di disoccupazione non smette di salire: a maggio ha toccato il 12,6%, sotto i massimi registrati a gennaio e febbraio ma pur sempre 0,5 punti in più rispetto a un anno fa. E con un picco del 13,8% per le donne. Non solo: nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni sono 700mila i ragazzi che inviano curriculum e rispondono ad annunci ma non riescono a entrare nel mercato del lavoro. Per loro il tasso è del 43%, un po’ meno che ad aprile ma il 4,2% in più rispetto allo stesso mese del 2013. Peggio ancora, calano anche gli occupati. Quelli che producendo e pagando i contributi dovrebbero assicurare la tenuta del sistema. Oggi sono 22,3 milioni, 61mila in meno rispetto al maggio dell’anno scorso. L’impianto degli ammortizzatori sociali, inevitabilmente, scricchiola. Solo per rifinanziare la cassa integrazione in deroga, ha fatto sapere il titolare del Lavoro Giuliano Poletti, manca 1 miliardo di euro. Se non si trova, 50mila lavoratori di piccole imprese in crisi potrebbero rimanere senza sostegno al reddito.
Ma non basta ancora: nel bollettino di guerra c’è un altro punto, solo in apparenza meno rilevante. Si tratta dell’andamento dell’inflazione, che continua a scendere. A giugno la crescita annua dei prezzi si è fermata allo 0,3%, ha calcolato sempre l’Istat. “Un campanello d’allarme che continua a squillare”, avverte Sergio De Nardis “anche se forse la politica non se ne è resa pienamente conto”. Qual è il problema, professore? “L’andamento dei prezzi da un lato riflette la debolezza dei consumi, dall’altro, se anche per il futuro ci si aspetta che l’inflazione non risalga, può deprimerli ulteriormente”. Il meccanismo è sempre lo stesso: se il consumatore pensa che domani un bene costerà di meno, rimanda l’acquisto. Le aziende, di conseguenza, mettono in stand-by produzione e investimenti. Non solo: più bassa è l’inflazione, più alto è il valore reale del nostro già mostruoso debito pubblico. Un circolo vizioso, aggiunge De Nardis, alimentato dall’austerity fiscale. “Le politiche economiche europee sono state finora profondamente sbagliate. E per ora non vedo un miglioramento: si fa tanto parlare di riforme strutturali, ma l’ordine delle priorità andrebbe invertito. Prima di mettere mano a interventi che avranno effetti tra tre o quattro anni bisogna occuparsi del breve periodo, sostenere la congiuntura. A livello europeo servono investimenti, una politica keynesiana che sostenga la domanda e dia fiato all’economia”.
Altro che flessibilità. Bruxelles più severa sul pareggio di bilancio - L’Europa, appunto. A cui Renzi ha chiesto più flessibilità nell’applicazione delle regole del Patto di stabilità e crescita. Ottenendo, in termini concreti, poco o nulla. A dimostrarlo, nero su bianco, sono i contenuti del testo finale della raccomandazione del Consiglio europeo all’Italia. Approvata dai leader dei 28, insieme a quelle sugli altri Paesi, durante il vertice di Bruxelles.
Quel documento, come rivelato da Repubblica sabato, è più severo di quello licenziato dalla Commissione il 2 giugno. E respinge la richiesta di Roma di rinviare il pareggio strutturale di bilancio al 2016, invitando al contrario a “rafforzare in modo significativo la strategia di bilancio per garantire le esigenze di riduzione del debito e raggiungere l’obiettivo di medio termine”, cioè il pareggio. Padoan, ora presidente di turno dell’Ecofin – il Consiglio che riunisce i ministri responsabili dell’Economia e delle Finanze degli Stati membri – farà di tutto per ribaltare la decisione durante la riunione dell’8 luglio. In caso di insuccesso, sono altri 3 miliardi che si aggiungono al conto dei capitoli per i quali trovare copertura in autunno. Oltre alla copertura delle detrazioni Irpef, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego, alla cig in deroga e alle altre spese non finanziate come le missioni militari all’estero. Il ministro e il presidente del Consiglio hanno un bel dire che la Legge di stabilità per il 2015 non conterrà una manovra correttiva. A settembre il governo dovrà “aggiornare le stime sull’anno” contenute nel Def, prendendo atto che con l’economia così debole i rapporti deficit/Pil e debito/Pil vanno peggio di quanto immaginato. Un altro circolo vizioso. Con due soli sbocchi possibili: più tagli o più tasse.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... i/1045840/
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Re: Economia
Economia: Gli aumenti - 1
C'è da chiedersi se questa classe dirigente ha intenzione di aumentare la disoccupazione.
La domanda sorge spontanea visto che le lobby premono all'inverosimile per far passare i loro interessi affollando le due Camere: Quanto spetta a Franceschini per questi umenti???
Copia privata, ecco le nuove “tasse” su pc e smartphone. Venti euro per un hard disk
Nel decreto firmato da Franceschini - non ancora pubblicato ma che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere - il sovrapprezzo che i consumatori dovranno pagare alla Siae come "risarcimento" preventivo per eventuali diritti d'autore violati. 5,20 euro per un computer, addirittura 9 per una semplice pennetta Usb. Il testo sostanzialmente identico a un documento Siae circolato nei mesi scorsi
di Guido Scorza | 5 luglio 2014
5,20 euro per un Pc – quali che ne siano le caratteristiche – e 5,20 per uno smartphone o un tablet se dotati di capacità di memoria superiore a 32 Giga [rispettivamente 3, 4 o 4,80 euro se la capacità è inferiore ovvero fino a 8 giga, da 8 a 16 giga o da 16 a 32 giga]. Quattro euro, invece, per televisori dotati di capacità di registrazione, cui, peraltro, dovranno aggiungersi quelli dovuti per il supporto di registrazione che si tratti di una pendrive Usb o di un hard disk. Fino a 20 euro per un hard disk e fino 9 per una pendrive Usb.
Sono queste alcune delle nuove tariffe del cosiddetto equo compenso per copia privata, risultato degli aumenti disposti da Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle attività culturali con il Decreto firmato lo scors0 20 giugno ma, sin qui, curiosamente, non pubblicato né sulla Gazzetta Ufficiale né sul sito Istituzionale del Ministero.
A rivelarle per primo, Gianfranco Giardina, questa mattina di buon ora, sulle pagine di Dday. Le tariffe, pubblicate da Giardina, peraltro, trovano tutte puntuale conferma in una copia del Decreto della quale siamo venuti in possesso.
Sono – come peraltro era già dato immaginare dalle anticipazioni contenute nel comunicato stampa del Ministero dello scorso 20 giugno ed in quello, di pari data, della Siae – aumenti tariffari da capogiro che costeranno ai consumatori italiani oltre 150 milioni di euro l’anno e porteranno nelle casse della Siae– solo a titolo di rimborsi di costi di gestione – oltre 10 milioni di euro cui andranno ad aggiungersi importi egualmente esorbitanti grazie agli interessi bancari ed ai proventi finanziari che la Società maturerà avendo in deposito la montagna di denaro in questione.
Ma scorrendo il testo del Decreto, oltre ai numeri, ci sono altri aspetti che balzano agli occhi e colorano questa vicenda delle tinte fosche dei peggiori esempi di buona amministrazione.
Cominciamo dal principio. La legge prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali aggiorni – e, non necessariamente aumenti – le tariffe dell’equo compenso, sentito il Comitato permanente sul diritto d’autore e le associazioni di categoria dei produttori di tecnologia. Nessun riferimento, dunque, alla Siae.
Eppure il Decreto che il Ministro Franceschini ha firmato è stato, sostanzialmente, dettato proprio dalla Siae, soggetto che, nella partita, è portatore di un doppio interesse, evidentemente, di parte sia in quanto rappresentante di autori ed editori destinatari ultimi del compenso sia perché, più sono alte le tariffe dell’equo compenso maggiore è l’importo che essa trattiene per sé a titolo di rimborso dei costi di gestione.
Nessun Ministro della Repubblica dovrebbe lasciarsi suggerire cosa scrivere in un proprio decreto da un soggetto portatore di un palese ed evidente proprio interesse di parte.
Eppure è sufficiente mettere a confronto il testo decreto firmato da Dario Franceschini con quello circolato, tra gli addetti ai lavori, nei mesi scorsi e stampato su carta intestata della Siae per avvedersi che, salvo un paio di marginali, scostamenti i due testi sono esattamente identici. Le cifre degli aumenti tariffari proposte dalla Siae sono state, sostanzialmente, recepite al centesimo di euro, nel Decreto del Ministro Franceschini.
E’ un fatto inaccettabile che, probabilmente, in un Paese normale giustificherebbe le immediate dimissioni di chi ha consentito che un’amministrazione apicale dello Stato venisse asservita agli interessi di parte di un soggetto come la Siae.
Ma non basta. C’è un altro passaggio del Decreto firmato da Franceschini e in attesa di pubblicazione che getta sconforto in chiunque creda che la macchina dello Stato dovrebbe operare nell’interesse di tutti e secondo principi di obiettività e ragionevolezza.
Vale la pena riportare letteralmente uno stralcio del Decreto: “CONSIDERATO che la discrezionalità tecnica demandata dalla norma primaria all’amministrazione, nell’esercizio della funzione di aggiornamento triennale del compenso… si connota di elementi di equità integrativa come evidenziato dalla fonte comunitaria… che usa la locuzione ‘equo compenso’ e RITENUTO, pertanto, che l’aggiornamento non debba corrispondere in modo vincolato a un criterio puramente ricognitivo di dati aritmetici in ordine all’evoluzione tecnica, all’ingresso sul mercato e nell’uso comune di nuovi dispositivi, agli spostamenti delle abitudini di impiego e/o alla capacità di memoria degli apparecchi e dei supporti… ma debba tenere conto delle informazioni e dei dati acquisiti, nonché dei diversi punti di vista e delle proposte delle categorie interessate, al fine di definire un punto di equilibrio tra le opposte esigenze, di assicurare da un lato, la giusta remunerazione dell’attività creativa e artistica degli autori e degli interpreti ed esecutori, nonché dei produttori… e dall’altro un’incidenza proporzionata e ragionevole del meccanismo di prelievo alla fonte… tale da non colpire in modo eccessivo i settori produttivi interessati dal prelievo medesimo”.
Un modo come un altro per dire che le decisioni del Ministro in termini di aumenti tariffari – almeno secondo il Ministro – non dovrebbero necessariamente avere solide basi obiettive, matematiche o statistiche.
Per capire l’importanza e, a un tempo, la gravità del passaggio contenuto nel Decreto, bisogna tornare indietro con la memoria di qualche mese a quando, l’ex Ministro dei Beni e delle attività culturali Massimo Bray – che, evidentemente, la pensava diversamente – commissionò una ricerca di mercato che accertò come gli italiani fanno sempre meno “copie private” e, comunque, è raro che usino per farne tablet e smartphone.
Quella inserita dal Ministero nel decreto è dunque una giustificazione non richiesta –e per la verità anche poco condivisibile – che suggerisce di ricordare il vecchio proverbio latino secondo il quale: excusatio non petita, accusatio manifesta ovvero se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... k/1050722/
C'è da chiedersi se questa classe dirigente ha intenzione di aumentare la disoccupazione.
La domanda sorge spontanea visto che le lobby premono all'inverosimile per far passare i loro interessi affollando le due Camere: Quanto spetta a Franceschini per questi umenti???
Copia privata, ecco le nuove “tasse” su pc e smartphone. Venti euro per un hard disk
Nel decreto firmato da Franceschini - non ancora pubblicato ma che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere - il sovrapprezzo che i consumatori dovranno pagare alla Siae come "risarcimento" preventivo per eventuali diritti d'autore violati. 5,20 euro per un computer, addirittura 9 per una semplice pennetta Usb. Il testo sostanzialmente identico a un documento Siae circolato nei mesi scorsi
di Guido Scorza | 5 luglio 2014
5,20 euro per un Pc – quali che ne siano le caratteristiche – e 5,20 per uno smartphone o un tablet se dotati di capacità di memoria superiore a 32 Giga [rispettivamente 3, 4 o 4,80 euro se la capacità è inferiore ovvero fino a 8 giga, da 8 a 16 giga o da 16 a 32 giga]. Quattro euro, invece, per televisori dotati di capacità di registrazione, cui, peraltro, dovranno aggiungersi quelli dovuti per il supporto di registrazione che si tratti di una pendrive Usb o di un hard disk. Fino a 20 euro per un hard disk e fino 9 per una pendrive Usb.
Sono queste alcune delle nuove tariffe del cosiddetto equo compenso per copia privata, risultato degli aumenti disposti da Dario Franceschini, Ministro dei Beni e delle attività culturali con il Decreto firmato lo scors0 20 giugno ma, sin qui, curiosamente, non pubblicato né sulla Gazzetta Ufficiale né sul sito Istituzionale del Ministero.
A rivelarle per primo, Gianfranco Giardina, questa mattina di buon ora, sulle pagine di Dday. Le tariffe, pubblicate da Giardina, peraltro, trovano tutte puntuale conferma in una copia del Decreto della quale siamo venuti in possesso.
Sono – come peraltro era già dato immaginare dalle anticipazioni contenute nel comunicato stampa del Ministero dello scorso 20 giugno ed in quello, di pari data, della Siae – aumenti tariffari da capogiro che costeranno ai consumatori italiani oltre 150 milioni di euro l’anno e porteranno nelle casse della Siae– solo a titolo di rimborsi di costi di gestione – oltre 10 milioni di euro cui andranno ad aggiungersi importi egualmente esorbitanti grazie agli interessi bancari ed ai proventi finanziari che la Società maturerà avendo in deposito la montagna di denaro in questione.
Ma scorrendo il testo del Decreto, oltre ai numeri, ci sono altri aspetti che balzano agli occhi e colorano questa vicenda delle tinte fosche dei peggiori esempi di buona amministrazione.
Cominciamo dal principio. La legge prevede che il Ministro dei beni e delle attività culturali aggiorni – e, non necessariamente aumenti – le tariffe dell’equo compenso, sentito il Comitato permanente sul diritto d’autore e le associazioni di categoria dei produttori di tecnologia. Nessun riferimento, dunque, alla Siae.
Eppure il Decreto che il Ministro Franceschini ha firmato è stato, sostanzialmente, dettato proprio dalla Siae, soggetto che, nella partita, è portatore di un doppio interesse, evidentemente, di parte sia in quanto rappresentante di autori ed editori destinatari ultimi del compenso sia perché, più sono alte le tariffe dell’equo compenso maggiore è l’importo che essa trattiene per sé a titolo di rimborso dei costi di gestione.
Nessun Ministro della Repubblica dovrebbe lasciarsi suggerire cosa scrivere in un proprio decreto da un soggetto portatore di un palese ed evidente proprio interesse di parte.
Eppure è sufficiente mettere a confronto il testo decreto firmato da Dario Franceschini con quello circolato, tra gli addetti ai lavori, nei mesi scorsi e stampato su carta intestata della Siae per avvedersi che, salvo un paio di marginali, scostamenti i due testi sono esattamente identici. Le cifre degli aumenti tariffari proposte dalla Siae sono state, sostanzialmente, recepite al centesimo di euro, nel Decreto del Ministro Franceschini.
E’ un fatto inaccettabile che, probabilmente, in un Paese normale giustificherebbe le immediate dimissioni di chi ha consentito che un’amministrazione apicale dello Stato venisse asservita agli interessi di parte di un soggetto come la Siae.
Ma non basta. C’è un altro passaggio del Decreto firmato da Franceschini e in attesa di pubblicazione che getta sconforto in chiunque creda che la macchina dello Stato dovrebbe operare nell’interesse di tutti e secondo principi di obiettività e ragionevolezza.
Vale la pena riportare letteralmente uno stralcio del Decreto: “CONSIDERATO che la discrezionalità tecnica demandata dalla norma primaria all’amministrazione, nell’esercizio della funzione di aggiornamento triennale del compenso… si connota di elementi di equità integrativa come evidenziato dalla fonte comunitaria… che usa la locuzione ‘equo compenso’ e RITENUTO, pertanto, che l’aggiornamento non debba corrispondere in modo vincolato a un criterio puramente ricognitivo di dati aritmetici in ordine all’evoluzione tecnica, all’ingresso sul mercato e nell’uso comune di nuovi dispositivi, agli spostamenti delle abitudini di impiego e/o alla capacità di memoria degli apparecchi e dei supporti… ma debba tenere conto delle informazioni e dei dati acquisiti, nonché dei diversi punti di vista e delle proposte delle categorie interessate, al fine di definire un punto di equilibrio tra le opposte esigenze, di assicurare da un lato, la giusta remunerazione dell’attività creativa e artistica degli autori e degli interpreti ed esecutori, nonché dei produttori… e dall’altro un’incidenza proporzionata e ragionevole del meccanismo di prelievo alla fonte… tale da non colpire in modo eccessivo i settori produttivi interessati dal prelievo medesimo”.
Un modo come un altro per dire che le decisioni del Ministro in termini di aumenti tariffari – almeno secondo il Ministro – non dovrebbero necessariamente avere solide basi obiettive, matematiche o statistiche.
Per capire l’importanza e, a un tempo, la gravità del passaggio contenuto nel Decreto, bisogna tornare indietro con la memoria di qualche mese a quando, l’ex Ministro dei Beni e delle attività culturali Massimo Bray – che, evidentemente, la pensava diversamente – commissionò una ricerca di mercato che accertò come gli italiani fanno sempre meno “copie private” e, comunque, è raro che usino per farne tablet e smartphone.
Quella inserita dal Ministero nel decreto è dunque una giustificazione non richiesta –e per la verità anche poco condivisibile – che suggerisce di ricordare il vecchio proverbio latino secondo il quale: excusatio non petita, accusatio manifesta ovvero se non hai niente di cui giustificarti, non scusarti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... k/1050722/
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Re: Economia
La vox populi:
Maicol Sole • un'ora fa
Multa di 10 euro per chi fischia la hit del momento, 20 per chi invece la ascolta. 50 euro di multa per chi invece viene colto nell'atto di mimare un film davanti a un pubblico di più di due persone.
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paolo • un'ora fa
Ma avete mai pensato a tassare i coltelli? Si, si, avete capito benissimo ministri, i coltelli. Con i coltelli si possono fare delle violenze come con le pendrive degli atti di pirateria. Certo non è scontata la violenza, ma neanche con le pendrive è scontata la pirateria. E poi voi che cercate soldi dappertutto volete mettere quanti sono i coltelli in Italia? A 9 euro di tassa l’uno….
paolosenzabandiere
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giangi • un'ora fa
vorrei sapere la siae come ripartisce i soldi... dovrebbero far compilare ad ognuno, il "programma musicale" di ciò che ascolta...
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Ross Quaresmini • un'ora fa
però magari andassero a noi autori !!?? dare havere si pappano tutto .....
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mariano • un'ora fa
va benissimo cosi', piu' li votate e piu' vi tassano...piu' vi tassano e piu' li votate...logico no?
8 • Rispondi•Condividi ›
Maicol Sole • un'ora fa
Multa di 10 euro per chi fischia la hit del momento, 20 per chi invece la ascolta. 50 euro di multa per chi invece viene colto nell'atto di mimare un film davanti a un pubblico di più di due persone.
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paolo • un'ora fa
Ma avete mai pensato a tassare i coltelli? Si, si, avete capito benissimo ministri, i coltelli. Con i coltelli si possono fare delle violenze come con le pendrive degli atti di pirateria. Certo non è scontata la violenza, ma neanche con le pendrive è scontata la pirateria. E poi voi che cercate soldi dappertutto volete mettere quanti sono i coltelli in Italia? A 9 euro di tassa l’uno….
paolosenzabandiere
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giangi • un'ora fa
vorrei sapere la siae come ripartisce i soldi... dovrebbero far compilare ad ognuno, il "programma musicale" di ciò che ascolta...
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Ross Quaresmini • un'ora fa
però magari andassero a noi autori !!?? dare havere si pappano tutto .....
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mariano • un'ora fa
va benissimo cosi', piu' li votate e piu' vi tassano...piu' vi tassano e piu' li votate...logico no?
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