Livorno 2014
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Re: Livorno 2014
L’ultimo dei mohicani - 1
Se qualcuno non se ne fosse accorto della morte della sinistra, oggi con la dichiarazione di Vendola ha la possibilità di rendersene perfettamente conto.
Il primo ciclo della sinistra italiana è finito. Punto.
La caratteristica principale di tutto il ciclo della sinistra italiana è stata la sua infinita capacità di dare corso ad una serie infinita di frantumazioni continue.
Dividersi è bello…………………..è stato il loro motto............
Sì certamente,……..in modo particolare per gli avversari.
Un po’ di storia:
Sinistra (politica)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La sinistra in Italia
Dalla nascita all'avvento della Repubblica
La fondazione del partito socialista (1892)
Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza delPartito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese[13] (d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno alsocialismo di ispirazione marxista.
La scelta di Genova come città in cui svolgere il congresso il 14 e 15 agosto del 1892, tra le altre cose, fu dovuta alla contemporanea presenza delle manifestazioni Colombiane per il quattrocentenario della scoperta delle Americhe: le ferrovie infatti in tale occasione avevano concesso degli scontri sui biglietti per il capoluogo ligure, che vennero sfruttati dai convenuti al congresso (la maggior parte dei quali provenivano dalle regioni del nord)[14]. La decisione genera attriti con i rappresentanti della locale Confederazione operaia genovese, inizialmente tenuti fuori dall'organizzazione dell'evento, e mediaticamente si rivelerà controproducente, essendo in quei giorni l'interesse dei quotidiani e delle riviste concentrato proprio sugli eventi(gare ginniche e regate) correlati alla grande esposizione colombiana, che finiranno per mettere in ombra il congresso.[14]
Al congresso si presenteranno circa 400 delegati, rappresentanti di interessi e posizioni non sempre allineate tra di loro[15]. Tra i fondatori della nuova formazione politica, si ricordano Filippo Turati e Guido Albertelli. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Ferri, che erano provenienti dall'esperienza del Positivismo.
Turati ed altri (Prampolini, Kuliscioff, Bosco, ecc..) furono a Genova fin dal 13 e proprio la sera di quel giorno si riunirono per discutere delle proposte da presentare nel congresso dei giorni seguenti. Gli esponenti anarchici, commentando al tempo questa riunione preparatoria, la descrissero come una riunione che aveva come tematiche le decisioni da prendere contro la corrente anarchica stessa. Gli attriti tra le due anime proseguirono il giorno successivo, nella sala Sivori, con la richiesta della parte anarchica (Pellaco, Galleani e Gori) di sospendere i lavori e la posizione di Turati e Prampolini che invece chiesero ed auspicarono una netta separazione tra le due correnti del movimento.[14] Turati decise quindi di riunire i congressisti che erano fedeli alla sua linea non più alla sala Sivori, ma nella sede dell'associazione garibaldina "Carabinieri Genovesi".
Il 15 agosto si ebbero quindi due incontri, quello degli appartenenti alla linea di Turati (circa i 2/3 dei rappresentanti convenuti a Genova[15]), che, dopo alcuni infruttuosi tentativi di mediazione tra le due correnti portati avanti da Andrea Costa, fonderà il Partito dei Lavoratori Italiani, e quella nella sala Sivori dove l'ala anarchica ed operaista (circa 80 delegati) darà vita ad un omonimo partito, la cui esistenza, di fatto, terminerà con la fine del congresso.[14][15] Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, fu attratto dalla socialdemocrazia tedesca e dalle associazioni operaie lombarde.
Turati considera il socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche. È nel 1893, nel Congresso di Reggio Emilia, che il partito si dà un'autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano. Nell'ottobre del 1894 il partito venne sciolto per decreto a causa della repressione crispina. In contrapposizione alla repressione vi fu un'alleanza democratico-socialista alle elezioni del 1895, mentre gli attivisti si riorganizzavano come Partito Socialista Italiano.
L'uscita dei sindacalisti rivoluzionari (1907)
La repressione dei moti popolari del 1898 affievolisce il partito, che decide di promuovere l'alleanza di tutti partiti dell'estrema sinistra(socialista, repubblicano e radicale). La direzione turatiana vede di buon occhio l'apertura liberale di Giovanni Giolitti nel 1901 ma, in reazione alla politica dei blocchi popolari e al ministerialismo dei riformisti, dal 1902 appare una corrente rivoluzionaria - guidata daArturo Labriola - che condivide con l'intransigente Enrico Ferri la direzione del partito dal 1904 al 1906.
Dopo lo sciopero generale del settembre 1904 - il primo di questa ampiezza in Italia - questa corrente propugna i metodi delsindacalismo rivoluzionario mentre i suoi rapporti con il resto del partito vanno peggiorando a tal punto che in un suo congresso, avvenuto a Ferrara nel 1907, è decisa l'uscita dal partito e l'incremento dell'azione autonoma sindacale. Nel 1906, Ferri, a capo della corrente "integralista" e in accordo con i riformisti di Turati, riuscì a conservare la direzione del partito, nonostante la rottura con Labriola, tenendo anche la direzione dell'Avanti!, fino alle sue dimissioni nel 1908, quando Ferri cederà di nuovo la segreteria a Turati.
Crescenti divisioni, la presenza di Mussolini (1910)
Il congresso tenuto a Milano nel 1910 mette in luce crescenti insoddisfazioni e nuove divisioni: Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi criticano Turati da destra, Giuseppe Emanuele Modigliani e Gaetano Salvemini da sinistra. All'estrema sinistra si schiera invece Benito Mussolini che, in qualità di rappresentante della federazione di Forlì, partecipa per la prima volta ad un congresso nazionale del partito.
La scissione del PSRI di Bissolati (1912)
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Bonomi e Bissolati: quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista[16]. In merito all'espulsione dei tre esponenti, deve essere ricordato un fatto importante. Chi, prendendo la parola al congresso, vi si scagliò ferocemente contro, aizzando la folla contro di loro, fu un delegato politico della Romagna allora poco conosciuto: Mussolini, esponente nella corrente massimalista. In virtù di quell'arringa, Mussolini si guadagnerà una certa fama all'interno del PSI; una fama che, da lì a poco, gli consentirà anche di diventare direttore dell'Avanti!. Bissolati e i suoi, cacciati dal partito, daranno vita vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
La crisi dell'interventismo, Mussolini e il socialismo nazionale (1914-1919)
Allo scoppio della Prima guerra mondiale il partito sviluppò un forte impegno per la neutralità dell'Italia, ma con forti spaccature al suo interno che troveranno un punto di mediazione nella formula "né aderire né sabotare" di Costantino Lazzari. Allo stesso tempo con l'espulsione di Mussolini, dichiaratosi interventista, i nuovi socialisti nazionali da lui guidati e racchiusi intorno al giornale Il Popolo d'Italia daranno vita nel marzo 1919 ai Fasci italiani di combattimento, movimento di ispirazione - almeno inizialmente - socialrivoluzionaria e nazionalista. A partire dagli anni venti, con l'emergere del Partito Nazionale Fascista, le diverse anime del movimento socialista si mossero separatamente dando vita a tre differenti partiti.
La scissione comunista, quella riformista e la clandestinità
Nel 1921 si tiene a Livorno il XVII congresso del partito. Dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Giacinto Menotti Serratiraccolgono 89.028 voti, i comunisti puri 58.783 ed i riformisti concentrazionisti 14.695[17]. I comunisti di Amadeo Bordiga escono dal congresso e fondano il Partito Comunista d'Italia, con lo scopo di aderire ai 21 punti dell'Internazionale Comunista: Lenin, infatti, aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami e ad espellere la corrente riformista di Turati, Treves e Prampolini, ricevendo tuttavia il diniego da parte di Menotti Serrati, che non intendeva affatto rompere con alcune delle voci più autorevoli, seppur minoritarie, del partito.
Nell'estate del 1922 Turati, senza rispettare la disciplina del partito, si reca da Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni per risolvere la crisi di governo, ma non fu possibile raggiungere un accordo con Giolitti e il re diede l'incarico a Luigi Facta. Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, nell'ottobre del 1922 la corrente riformista viene espulsa a pochi giorni dellaMarcia su Roma di Mussolini. Turati e i suoi danno quindi vita al Partito Socialista Unitario, il cui segretario, Giacomo Matteotti, sarà rapito e ucciso da alcuni fascisti il 10 giugno 1924.
Tra il 1925 e il 1926 Mussolini vieta i partiti e costringe all'esilio o al confino i socialisti. È proprio durante l'esilio che, nel 1930, in Francia, avviene la riunificazione tra i riformisti di Turati e i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni.
***
Repubblica 7.7.14
La tentazione di Vendola: emigrare in Canada “Da Sel troppe delusioni”
Il leader amareggiato dalla scissione: “Mollo tutto”
L’idea di seguire il compagno in un Paese che ammira
di Francesco Bei
ROMA. Lo sfogo - ché di sfogo si tratta - risalirebbe a qualche settimana fa, all’indomani delle Europee e delle polemiche laceranti dentro Sinistra ecologia e libertà. Parole dette con il cuore pesante e gli occhi velati di tristezza per lo spettacolo di un partito che implode e vede lo sgocciolio all’esterno di uno, due, tre, quattro, dieci, dodici deputati. Il capogruppo persino! E dunque ecco riaffacciarsi nel leader la tentazione dell’abbandono, la suggestione di una via di fuga da una politica che non riconosce più. «Mi viene da mollare tutto e andarmene in Canada quando avrò concluso il mio mandato da governatore».
I suoi collaboratori, l’onnipresente Paolo Fedeli, assicurano che si tratta di una bufala, magari di una voce messa in giro ad arte dagli avversari. Eppure, mettendo l’orecchio a terra, nella prateria di Sel si sente alzarsi una domanda tra i dirigenti e militanti rimasti fedeli: «Ma Nichi che fa?». A chi invece si chiedesse perché mai il Canada, la risposta è presto detta. Il compagno di vita di Vendola, Eddy Testa, è canadese. Ha studiato alla Concordia University di Montreal e alla Ottawa University. Con il suo paese natale mantiene ovviamente rap- porti, pur abitando insieme a Nichi a Terlizzi da una decina d’anni. Vendola poi ama il Canada. Al Corriere canadese, cinque anni fa, confessò tutta la sua ammirazione: «Il Canada è una realtà che ha un mix straordinariamente avanzato di diritti sociali, individuali e umani. La destra canadese in Italia sarebbe considerata non dico di estrema sinistra, ma quasi».
Un Eldorado dunque, verso il quale Vendola già guardava con struggimento nella terribile estate del 2012, quando si scoprì indagato per abuso d’ufficio in merito alla nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari. Il processo lo vide assolto con formula piena, ma «la botta » era stata forte. E ancora adesso pesa su Vendola l’inchiesta che lo vede imputato di concussione aggravata nell’ambito dell’inchiesta sul disastro ambientale causato dall’Ilva. Nichi vorrebbe essere giudicato subito, liberarsi da un fardello che ne appesantisce la leadership, ma non è tanto semplice. I Riva infatti hanno chiesto lo spostamento del processo da Taranto e la Cassazione non si esprimerà prima di settembre-ottobre. Fino ad allora Vendola resterà sulla griglia.
Intanto la crisi di Sel non ha ancora trovato un punto di arrivo. Il capogruppo in sostituzione di Gennaro Migliore, che ha dato vita a Led, non è ancora stato trovato. Si parla di Arturo Scotto, un pontiere tra vendoliani e dissidenti (almeno quelli rimasti). Di questo e di come far uscire il partito dall’angolo si discuterà il 12 luglio nell’assemblea nazionale. Sperando che quello sul Canada non sia altro che uno sfogo. E finisca come quello di Veltroni sull’Africa.
Se qualcuno non se ne fosse accorto della morte della sinistra, oggi con la dichiarazione di Vendola ha la possibilità di rendersene perfettamente conto.
Il primo ciclo della sinistra italiana è finito. Punto.
La caratteristica principale di tutto il ciclo della sinistra italiana è stata la sua infinita capacità di dare corso ad una serie infinita di frantumazioni continue.
Dividersi è bello…………………..è stato il loro motto............
Sì certamente,……..in modo particolare per gli avversari.
Un po’ di storia:
Sinistra (politica)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La sinistra in Italia
Dalla nascita all'avvento della Repubblica
La fondazione del partito socialista (1892)
Su queste basi nel 1892 nasce a Genova il Partito dei Lavoratori Italiani che fonde in sé l'esperienza delPartito Operaio Italiano (nato nel 1882 a Milano), della Lega Socialista Milanese[13] (d'ispirazione riformista, fondata nel 1889 per iniziativa di Turati) e di molte leghe e movimenti italiani che si rifanno alsocialismo di ispirazione marxista.
La scelta di Genova come città in cui svolgere il congresso il 14 e 15 agosto del 1892, tra le altre cose, fu dovuta alla contemporanea presenza delle manifestazioni Colombiane per il quattrocentenario della scoperta delle Americhe: le ferrovie infatti in tale occasione avevano concesso degli scontri sui biglietti per il capoluogo ligure, che vennero sfruttati dai convenuti al congresso (la maggior parte dei quali provenivano dalle regioni del nord)[14]. La decisione genera attriti con i rappresentanti della locale Confederazione operaia genovese, inizialmente tenuti fuori dall'organizzazione dell'evento, e mediaticamente si rivelerà controproducente, essendo in quei giorni l'interesse dei quotidiani e delle riviste concentrato proprio sugli eventi(gare ginniche e regate) correlati alla grande esposizione colombiana, che finiranno per mettere in ombra il congresso.[14]
Al congresso si presenteranno circa 400 delegati, rappresentanti di interessi e posizioni non sempre allineate tra di loro[15]. Tra i fondatori della nuova formazione politica, si ricordano Filippo Turati e Guido Albertelli. Altri promotori furono Claudio Treves, Leonida Bissolati, Ghisleri, Ferri, che erano provenienti dall'esperienza del Positivismo.
Turati ed altri (Prampolini, Kuliscioff, Bosco, ecc..) furono a Genova fin dal 13 e proprio la sera di quel giorno si riunirono per discutere delle proposte da presentare nel congresso dei giorni seguenti. Gli esponenti anarchici, commentando al tempo questa riunione preparatoria, la descrissero come una riunione che aveva come tematiche le decisioni da prendere contro la corrente anarchica stessa. Gli attriti tra le due anime proseguirono il giorno successivo, nella sala Sivori, con la richiesta della parte anarchica (Pellaco, Galleani e Gori) di sospendere i lavori e la posizione di Turati e Prampolini che invece chiesero ed auspicarono una netta separazione tra le due correnti del movimento.[14] Turati decise quindi di riunire i congressisti che erano fedeli alla sua linea non più alla sala Sivori, ma nella sede dell'associazione garibaldina "Carabinieri Genovesi".
Il 15 agosto si ebbero quindi due incontri, quello degli appartenenti alla linea di Turati (circa i 2/3 dei rappresentanti convenuti a Genova[15]), che, dopo alcuni infruttuosi tentativi di mediazione tra le due correnti portati avanti da Andrea Costa, fonderà il Partito dei Lavoratori Italiani, e quella nella sala Sivori dove l'ala anarchica ed operaista (circa 80 delegati) darà vita ad un omonimo partito, la cui esistenza, di fatto, terminerà con la fine del congresso.[14][15] Turati è erede del radicalismo democratico; nel 1885 si era unito con la rivoluzionaria Anna Kuliscioff; conosce le opere di Marx ed Engels, fu attratto dalla socialdemocrazia tedesca e dalle associazioni operaie lombarde.
Turati considera il socialismo non dal punto di vista insurrezionale, ma come un ideale da calare nelle specifiche situazioni storiche. È nel 1893, nel Congresso di Reggio Emilia, che il partito si dà un'autonomia e un nome ufficiale come Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, inglobando anche il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano. Nell'ottobre del 1894 il partito venne sciolto per decreto a causa della repressione crispina. In contrapposizione alla repressione vi fu un'alleanza democratico-socialista alle elezioni del 1895, mentre gli attivisti si riorganizzavano come Partito Socialista Italiano.
L'uscita dei sindacalisti rivoluzionari (1907)
La repressione dei moti popolari del 1898 affievolisce il partito, che decide di promuovere l'alleanza di tutti partiti dell'estrema sinistra(socialista, repubblicano e radicale). La direzione turatiana vede di buon occhio l'apertura liberale di Giovanni Giolitti nel 1901 ma, in reazione alla politica dei blocchi popolari e al ministerialismo dei riformisti, dal 1902 appare una corrente rivoluzionaria - guidata daArturo Labriola - che condivide con l'intransigente Enrico Ferri la direzione del partito dal 1904 al 1906.
Dopo lo sciopero generale del settembre 1904 - il primo di questa ampiezza in Italia - questa corrente propugna i metodi delsindacalismo rivoluzionario mentre i suoi rapporti con il resto del partito vanno peggiorando a tal punto che in un suo congresso, avvenuto a Ferrara nel 1907, è decisa l'uscita dal partito e l'incremento dell'azione autonoma sindacale. Nel 1906, Ferri, a capo della corrente "integralista" e in accordo con i riformisti di Turati, riuscì a conservare la direzione del partito, nonostante la rottura con Labriola, tenendo anche la direzione dell'Avanti!, fino alle sue dimissioni nel 1908, quando Ferri cederà di nuovo la segreteria a Turati.
Crescenti divisioni, la presenza di Mussolini (1910)
Il congresso tenuto a Milano nel 1910 mette in luce crescenti insoddisfazioni e nuove divisioni: Leonida Bissolati e Ivanoe Bonomi criticano Turati da destra, Giuseppe Emanuele Modigliani e Gaetano Salvemini da sinistra. All'estrema sinistra si schiera invece Benito Mussolini che, in qualità di rappresentante della federazione di Forlì, partecipa per la prima volta ad un congresso nazionale del partito.
La scissione del PSRI di Bissolati (1912)
Il congresso straordinario, convocato a Reggio Emilia, inasprisce le divisioni che attraversano il Partito riguardo all'impresa di Libia. Trionfa la corrente massimalista e si sancisce l'espulsione di una delle aree riformiste, capeggiata da Bonomi e Bissolati: quest'ultimo, nel 1911 si era recato al Quirinale per le consultazioni susseguenti la crisi del Governo Luzzatti, causando il malcontento del resto del partito, compreso quello di Turati, esponente di spicco dell'altra corrente riformista[16]. In merito all'espulsione dei tre esponenti, deve essere ricordato un fatto importante. Chi, prendendo la parola al congresso, vi si scagliò ferocemente contro, aizzando la folla contro di loro, fu un delegato politico della Romagna allora poco conosciuto: Mussolini, esponente nella corrente massimalista. In virtù di quell'arringa, Mussolini si guadagnerà una certa fama all'interno del PSI; una fama che, da lì a poco, gli consentirà anche di diventare direttore dell'Avanti!. Bissolati e i suoi, cacciati dal partito, daranno vita vita al Partito Socialista Riformista Italiano (PSRI).
La crisi dell'interventismo, Mussolini e il socialismo nazionale (1914-1919)
Allo scoppio della Prima guerra mondiale il partito sviluppò un forte impegno per la neutralità dell'Italia, ma con forti spaccature al suo interno che troveranno un punto di mediazione nella formula "né aderire né sabotare" di Costantino Lazzari. Allo stesso tempo con l'espulsione di Mussolini, dichiaratosi interventista, i nuovi socialisti nazionali da lui guidati e racchiusi intorno al giornale Il Popolo d'Italia daranno vita nel marzo 1919 ai Fasci italiani di combattimento, movimento di ispirazione - almeno inizialmente - socialrivoluzionaria e nazionalista. A partire dagli anni venti, con l'emergere del Partito Nazionale Fascista, le diverse anime del movimento socialista si mossero separatamente dando vita a tre differenti partiti.
La scissione comunista, quella riformista e la clandestinità
Nel 1921 si tiene a Livorno il XVII congresso del partito. Dopo giorni di dibattito serrato, i massimalisti unitari di Giacinto Menotti Serratiraccolgono 89.028 voti, i comunisti puri 58.783 ed i riformisti concentrazionisti 14.695[17]. I comunisti di Amadeo Bordiga escono dal congresso e fondano il Partito Comunista d'Italia, con lo scopo di aderire ai 21 punti dell'Internazionale Comunista: Lenin, infatti, aveva invitato il PSI a conformarsi ai dettami e ad espellere la corrente riformista di Turati, Treves e Prampolini, ricevendo tuttavia il diniego da parte di Menotti Serrati, che non intendeva affatto rompere con alcune delle voci più autorevoli, seppur minoritarie, del partito.
Nell'estate del 1922 Turati, senza rispettare la disciplina del partito, si reca da Vittorio Emanuele III per le rituali consultazioni per risolvere la crisi di governo, ma non fu possibile raggiungere un accordo con Giolitti e il re diede l'incarico a Luigi Facta. Per aver violato il divieto di collaborazione con i partiti borghesi, nell'ottobre del 1922 la corrente riformista viene espulsa a pochi giorni dellaMarcia su Roma di Mussolini. Turati e i suoi danno quindi vita al Partito Socialista Unitario, il cui segretario, Giacomo Matteotti, sarà rapito e ucciso da alcuni fascisti il 10 giugno 1924.
Tra il 1925 e il 1926 Mussolini vieta i partiti e costringe all'esilio o al confino i socialisti. È proprio durante l'esilio che, nel 1930, in Francia, avviene la riunificazione tra i riformisti di Turati e i massimalisti, guidati dal giovane Pietro Nenni.
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Repubblica 7.7.14
La tentazione di Vendola: emigrare in Canada “Da Sel troppe delusioni”
Il leader amareggiato dalla scissione: “Mollo tutto”
L’idea di seguire il compagno in un Paese che ammira
di Francesco Bei
ROMA. Lo sfogo - ché di sfogo si tratta - risalirebbe a qualche settimana fa, all’indomani delle Europee e delle polemiche laceranti dentro Sinistra ecologia e libertà. Parole dette con il cuore pesante e gli occhi velati di tristezza per lo spettacolo di un partito che implode e vede lo sgocciolio all’esterno di uno, due, tre, quattro, dieci, dodici deputati. Il capogruppo persino! E dunque ecco riaffacciarsi nel leader la tentazione dell’abbandono, la suggestione di una via di fuga da una politica che non riconosce più. «Mi viene da mollare tutto e andarmene in Canada quando avrò concluso il mio mandato da governatore».
I suoi collaboratori, l’onnipresente Paolo Fedeli, assicurano che si tratta di una bufala, magari di una voce messa in giro ad arte dagli avversari. Eppure, mettendo l’orecchio a terra, nella prateria di Sel si sente alzarsi una domanda tra i dirigenti e militanti rimasti fedeli: «Ma Nichi che fa?». A chi invece si chiedesse perché mai il Canada, la risposta è presto detta. Il compagno di vita di Vendola, Eddy Testa, è canadese. Ha studiato alla Concordia University di Montreal e alla Ottawa University. Con il suo paese natale mantiene ovviamente rap- porti, pur abitando insieme a Nichi a Terlizzi da una decina d’anni. Vendola poi ama il Canada. Al Corriere canadese, cinque anni fa, confessò tutta la sua ammirazione: «Il Canada è una realtà che ha un mix straordinariamente avanzato di diritti sociali, individuali e umani. La destra canadese in Italia sarebbe considerata non dico di estrema sinistra, ma quasi».
Un Eldorado dunque, verso il quale Vendola già guardava con struggimento nella terribile estate del 2012, quando si scoprì indagato per abuso d’ufficio in merito alla nomina di un primario all’ospedale San Paolo di Bari. Il processo lo vide assolto con formula piena, ma «la botta » era stata forte. E ancora adesso pesa su Vendola l’inchiesta che lo vede imputato di concussione aggravata nell’ambito dell’inchiesta sul disastro ambientale causato dall’Ilva. Nichi vorrebbe essere giudicato subito, liberarsi da un fardello che ne appesantisce la leadership, ma non è tanto semplice. I Riva infatti hanno chiesto lo spostamento del processo da Taranto e la Cassazione non si esprimerà prima di settembre-ottobre. Fino ad allora Vendola resterà sulla griglia.
Intanto la crisi di Sel non ha ancora trovato un punto di arrivo. Il capogruppo in sostituzione di Gennaro Migliore, che ha dato vita a Led, non è ancora stato trovato. Si parla di Arturo Scotto, un pontiere tra vendoliani e dissidenti (almeno quelli rimasti). Di questo e di come far uscire il partito dall’angolo si discuterà il 12 luglio nell’assemblea nazionale. Sperando che quello sul Canada non sia altro che uno sfogo. E finisca come quello di Veltroni sull’Africa.
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Re: Livorno 2014
Mi sono permesso di invitare su questo Forum gli "amici di Civati" presenti nel blog ciwati con questo scritto:
A TUTTI GLI "amici di Civati",
desidero informarVi che oltre alla importante partecipazione al politcamp di Livorno 2014, per tutti è sempre disponibile per discutere, approfondire e confrontarsi liberamente per un PD o per una sinistra o centrosinistra democratica
il FORUM http://forumisti.mondoforum.com
vI ASPETTIAMO ...
A TUTTI GLI "amici di Civati",
desidero informarVi che oltre alla importante partecipazione al politcamp di Livorno 2014, per tutti è sempre disponibile per discutere, approfondire e confrontarsi liberamente per un PD o per una sinistra o centrosinistra democratica
il FORUM http://forumisti.mondoforum.com
vI ASPETTIAMO ...
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Re: Livorno 2014
iospero ha scritto:Mi sono permesso di invitare su questo Forum gli "amici di Civati" presenti nel blog ciwati con questo scritto:
A TUTTI GLI "amici di Civati",
desidero informarVi che oltre alla importante partecipazione al politcamp di Livorno 2014, per tutti è sempre disponibile per discutere, approfondire e confrontarsi liberamente per un PD o per una sinistra o centrosinistra democratica
il FORUM http://forumisti.mondoforum.com
vI ASPETTIAMO ...
Hai fatto bene. C'è molta materia di confronto.
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Re: Livorno 2014
A Livorno 2014 faranno lo streaming????
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Re: Livorno 2014
Domanda N° 1 agli amici di Civati
Premessa doverosa.
E’ giusto che gli amici di Civati sappiano che la stragrande maggioranza dei partecipanti a questo forum proviene dal forum “Ulivo.it”, considerato all’inizio degli anni 2001, il secondo forum politico italiano.
Che tutti noi abbiamo votato Pd agli inizi e che poi per una serie di circostanze non abbiamo più creduto alla sua classe dirigente.
Questo però non ci vieta di essere aperti ad ogni tipo di confronto, anche perché abbiamo un allenamento più che decennale in materia.
Premesso questo, li ringraziamo della loro presenza e ci auguriamo che siano sufficientemente caricati per discutere apertamente delle problematiche per mettere in piedi il secondo ciclo della sinistra italiana.
Domanda:
L’articolo di stamani di Ilvo Diamanti, sotto riportato, fotografa con grande precisione la realtà degli attuali “partiti” italiani.
Renzi tenterà il tutto per tutto perché non intende affatto perdere la partita della vita che potrebbe metterlo fuorigioco per tanto tempo, se non per sempre.
Renzi è cinico, oltre ad essere cattivissimo come hanno riscontrato sia Veltroni che Carlo Freccero.
Per lui vale il vecchio detto: Mors tua vita mea.
Quali sono le cartucce a disposizione di Pippo Civati, per uscire vincitore da questa battaglia con il Caimano 2.0, ancora più cinico e cattivo del Caimano originale???
Da :
Repubblica 7.7.14
Quando i Partiti si ribellano ai Capi
di Ilvo Diamanti
È SIGNIFICATIVO il moltiplicarsi, in questa fase, di conflitti - accesi - dentro a quel che resta dei partiti. Dentro al Pd e (perfino) a Forza Italia, in particolare. Dovunque, la fonte dei contrasti è la stessa.
I. leader contro (oltre) i partiti. E viceversa.
I partiti, d’altronde, nel corso degli ultimi vent’anni sono cambiati profondamente. Si sono “personalizzati”. Fino a trasformarsi in “partiti personali” (come li ha definiti Mauro Calise), più che personalizzati.
Differenti versioni del “partito del Capo” (per echeggiare un recente saggio di Fabio Bordignon, pubblicato da Maggioli). Dove il Capo non emerge dalla selezione e dalla mobilità interna al partito. Ma ne è l’origine e il fine. Fino alla fine. Tanto che, negli ultimi anni, abbiamo assistito all’ascesa e al declino - rapido - di formazioni, nuove ma anche vecchie.
In seguito al destino del Capo. L’Idv, scomparsa insieme a Di Pietro. Scelta Civica, insieme a Monti. L’Udc insieme a Casini. Fli insieme a Fini. Mentre Rivoluzione Civile si è dissolta con Ingroia. E Sel è in bilico. Accanto a Vendola.
Solo la Lega resiste, anche dopo Bossi, molto ridimensionata. Ma si tratta di un “derivato” dei partiti di massa.
I casi del Pd e di Fi, attraversati da divisioni e polemiche interne, sono, però, esemplari. Perché raffigurano due versioni simmetriche e opposte del Partito del Capo.
Fi è un partito aziendale, “costruito” intorno a Fininvest e, soprattutto, a Publitalia - la società di marketing e pubblicità.
Impensabile distinguere il Partito dal suo Capo. Proprietario e imprenditore. Ma anche marchio originale e originario. Così, la decadenza politica del Capo, seguita alla fine dell’ultimo goteo Berlusconi, nel novembre 2011, ha segnato il fallimento della “costituzione di un grande partito liberal- conservatore” (come chiosa Piero Ignazi, nel recente saggio sulla parabola del berlusconismo Vent’anni dopo , edito dal Mulino).
Ma ha prodotto, al tempo stesso, il rapido declino elettorale, avvenuto alle elezioni politiche del 2013 e proseguito alle recenti europee. Così, sorprende la reazione di alcuni gruppi ed esponenti di Forza Italia. Indisponibili ad accettare i patti negoziati dal loro Capo con Renzi, in tema di riforme istituzionali ed elettorali. Sorprende: perché Fi “dipende” da Berlusconi. Eppure, al tempo stesso, è automatico che gli eletti e i dirigenti - a livello locale e in Parlamento - si ribellino alla prospettiva di venire assimilati dentro al Pdr: il Partito di Renzi. D’altronde, anche se “incorporata” nel Capo, Fi, nel corso del tempo, ha assunto una propria struttura stabile e autonoma, presente e diffusa nelle istituzioni e negli organismi pubblici. Da cui dipende il presente e il futuro professionale, oltre che politico, di moltissime persone. Difficile chiedere loro di suicidarsi senza, almeno, tentare di resistere.
Anche il Pd, peraltro, è “in rivolta” contro il Capo. Come titolava Repubblica sabato scorso. Ma si tratta di una storia molto diversa. Perfino opposta. Perché il Pd è l’erede dei partiti di massa della Prima Repubblica, Pci e Dc.
Emerso dall’esperienza dei soggetti politici post-comunisti e post- democristiani. Alleati nell’Ulivo e riuniti, infine, nel Partito Democratico. Un soggetto politico, per questo, dotato di radici ideologiche e organizzative profonde.
Impiantate sul territorio e nella società. Anche per questo, estraneo a modelli leaderistici. Attraversato, semmai, per tradizione, da correnti e gruppi, a livello nazionale e locale. Così, nella Seconda Repubblica, se il Centrodestra si è identificato in un solo Capo, il Centrosinistra non ne ha avuto nessuno, di indiscutibile. Semmai, molti, in continuo conflitto reciproco.
Nel Pd, per questo, ogni leader che emergeva è stato, puntualmente, delegittimato e allontanato - più o meno in fretta. Così è avvenuto a Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli, Veltroni. Per ultimo, a Bersani. Anche per questo non è riuscito a reggere la concorrenza di Berlusconi. E ha sofferto quella di Grillo. Che ha “personalizzato” una rete ampia di esperienze di segno diverso. Offrendo rappresentanza alla crescente ondata di delusione (anti) politica.
Il Pd. È cambiato profondamente dopo l’avvento di Renzi. Il quale ha conquistato il più “impersonale” e “multi-personale” dei partiti. Il Pd, appunto. Renzi: lo ha espugnato attraverso un (lungo) rito di massa. Durato oltre un anno. Le (doppie) primarie. Divenuto segretario, Renzi ha “conquistato”, in fretta, la presidenza del Consiglio. Ha affrontato, quindi, la campagna elettorale per le europee. Sempre di corsa. Senza quasi fermarsi. Annunciando, in rapida sequenza, le cose da fare, le riforme da realizzare. Con tale e tanta velocità da rendere difficile, agli elettori e agli stessi attori politici, verificare se e cosa davvero venisse fatto. Così, Matverno Renzi ha realizzato il post-Pd. O meglio: il Pdr. Il Partito di Renzi. Un modello “presidenziale”. Dove lui comunica, direttamente, con i suoi elettori.
Che superano i confini del Pd. Alle recenti elezioni, infatti, nei comuni dove si è votato anche per il sindaco, il Pd, alle europee, ha ottenuto14 punti in più che alle comunali. E ha sfondato i confini tradizionali della zona rossa, dove era rimasto quasi imprigionato per oltre 60 anni.
Ma se perfino nel partito personale per definizione, Fi, le logiche di partito sono entrate in contrasto con quelle del leader, ciò appare ineluttabile anche per il Pd. Che mantiene ancora tradizioni ideologiche e legami sociali profondi. Ha gruppi dirigenti e parlamentari eletti “prima” dell’avvento di Renzi. Così il confronto fra il Partito e il Capo diventa inevitabile. Fra Renzi e il Pd. Fra il Pdr e il Pd. Siamo alla resa dei conti. In particolare perché le questioni in gioco - legge elettorale e abolizione del Senato elettivo - mettono in discussione il principio di legittimazione e l’esistenza stessa dell’attuale ceto politico.
Eppure converrebbe a entrambe le parti una soluzione condivisa. Perché il Pd senza il Pdr, senza Renzi, rischia di ritrovarsi marginale. Ma Renzi (e il Pdr), senza “conquistare” e modellare il Pd, rischia di rallentare la propria marcia. E Renzi, a velocità “moderata”, non riesco proprio a immaginarlo. Potrebbe fermarsi presto.
Forse mi sbaglierò, ma nel contrasto tra Fi e Berlusconi, tra il Pd e Renzi, i margini di mediazione sono sottili. Quasi invisibili. Fra il Partito e il Capo: ne resterà soltanto uno
Premessa doverosa.
E’ giusto che gli amici di Civati sappiano che la stragrande maggioranza dei partecipanti a questo forum proviene dal forum “Ulivo.it”, considerato all’inizio degli anni 2001, il secondo forum politico italiano.
Che tutti noi abbiamo votato Pd agli inizi e che poi per una serie di circostanze non abbiamo più creduto alla sua classe dirigente.
Questo però non ci vieta di essere aperti ad ogni tipo di confronto, anche perché abbiamo un allenamento più che decennale in materia.
Premesso questo, li ringraziamo della loro presenza e ci auguriamo che siano sufficientemente caricati per discutere apertamente delle problematiche per mettere in piedi il secondo ciclo della sinistra italiana.
Domanda:
L’articolo di stamani di Ilvo Diamanti, sotto riportato, fotografa con grande precisione la realtà degli attuali “partiti” italiani.
Renzi tenterà il tutto per tutto perché non intende affatto perdere la partita della vita che potrebbe metterlo fuorigioco per tanto tempo, se non per sempre.
Renzi è cinico, oltre ad essere cattivissimo come hanno riscontrato sia Veltroni che Carlo Freccero.
Per lui vale il vecchio detto: Mors tua vita mea.
Quali sono le cartucce a disposizione di Pippo Civati, per uscire vincitore da questa battaglia con il Caimano 2.0, ancora più cinico e cattivo del Caimano originale???
Da :
Repubblica 7.7.14
Quando i Partiti si ribellano ai Capi
di Ilvo Diamanti
È SIGNIFICATIVO il moltiplicarsi, in questa fase, di conflitti - accesi - dentro a quel che resta dei partiti. Dentro al Pd e (perfino) a Forza Italia, in particolare. Dovunque, la fonte dei contrasti è la stessa.
I. leader contro (oltre) i partiti. E viceversa.
I partiti, d’altronde, nel corso degli ultimi vent’anni sono cambiati profondamente. Si sono “personalizzati”. Fino a trasformarsi in “partiti personali” (come li ha definiti Mauro Calise), più che personalizzati.
Differenti versioni del “partito del Capo” (per echeggiare un recente saggio di Fabio Bordignon, pubblicato da Maggioli). Dove il Capo non emerge dalla selezione e dalla mobilità interna al partito. Ma ne è l’origine e il fine. Fino alla fine. Tanto che, negli ultimi anni, abbiamo assistito all’ascesa e al declino - rapido - di formazioni, nuove ma anche vecchie.
In seguito al destino del Capo. L’Idv, scomparsa insieme a Di Pietro. Scelta Civica, insieme a Monti. L’Udc insieme a Casini. Fli insieme a Fini. Mentre Rivoluzione Civile si è dissolta con Ingroia. E Sel è in bilico. Accanto a Vendola.
Solo la Lega resiste, anche dopo Bossi, molto ridimensionata. Ma si tratta di un “derivato” dei partiti di massa.
I casi del Pd e di Fi, attraversati da divisioni e polemiche interne, sono, però, esemplari. Perché raffigurano due versioni simmetriche e opposte del Partito del Capo.
Fi è un partito aziendale, “costruito” intorno a Fininvest e, soprattutto, a Publitalia - la società di marketing e pubblicità.
Impensabile distinguere il Partito dal suo Capo. Proprietario e imprenditore. Ma anche marchio originale e originario. Così, la decadenza politica del Capo, seguita alla fine dell’ultimo goteo Berlusconi, nel novembre 2011, ha segnato il fallimento della “costituzione di un grande partito liberal- conservatore” (come chiosa Piero Ignazi, nel recente saggio sulla parabola del berlusconismo Vent’anni dopo , edito dal Mulino).
Ma ha prodotto, al tempo stesso, il rapido declino elettorale, avvenuto alle elezioni politiche del 2013 e proseguito alle recenti europee. Così, sorprende la reazione di alcuni gruppi ed esponenti di Forza Italia. Indisponibili ad accettare i patti negoziati dal loro Capo con Renzi, in tema di riforme istituzionali ed elettorali. Sorprende: perché Fi “dipende” da Berlusconi. Eppure, al tempo stesso, è automatico che gli eletti e i dirigenti - a livello locale e in Parlamento - si ribellino alla prospettiva di venire assimilati dentro al Pdr: il Partito di Renzi. D’altronde, anche se “incorporata” nel Capo, Fi, nel corso del tempo, ha assunto una propria struttura stabile e autonoma, presente e diffusa nelle istituzioni e negli organismi pubblici. Da cui dipende il presente e il futuro professionale, oltre che politico, di moltissime persone. Difficile chiedere loro di suicidarsi senza, almeno, tentare di resistere.
Anche il Pd, peraltro, è “in rivolta” contro il Capo. Come titolava Repubblica sabato scorso. Ma si tratta di una storia molto diversa. Perfino opposta. Perché il Pd è l’erede dei partiti di massa della Prima Repubblica, Pci e Dc.
Emerso dall’esperienza dei soggetti politici post-comunisti e post- democristiani. Alleati nell’Ulivo e riuniti, infine, nel Partito Democratico. Un soggetto politico, per questo, dotato di radici ideologiche e organizzative profonde.
Impiantate sul territorio e nella società. Anche per questo, estraneo a modelli leaderistici. Attraversato, semmai, per tradizione, da correnti e gruppi, a livello nazionale e locale. Così, nella Seconda Repubblica, se il Centrodestra si è identificato in un solo Capo, il Centrosinistra non ne ha avuto nessuno, di indiscutibile. Semmai, molti, in continuo conflitto reciproco.
Nel Pd, per questo, ogni leader che emergeva è stato, puntualmente, delegittimato e allontanato - più o meno in fretta. Così è avvenuto a Prodi, D’Alema, Amato, Rutelli, Veltroni. Per ultimo, a Bersani. Anche per questo non è riuscito a reggere la concorrenza di Berlusconi. E ha sofferto quella di Grillo. Che ha “personalizzato” una rete ampia di esperienze di segno diverso. Offrendo rappresentanza alla crescente ondata di delusione (anti) politica.
Il Pd. È cambiato profondamente dopo l’avvento di Renzi. Il quale ha conquistato il più “impersonale” e “multi-personale” dei partiti. Il Pd, appunto. Renzi: lo ha espugnato attraverso un (lungo) rito di massa. Durato oltre un anno. Le (doppie) primarie. Divenuto segretario, Renzi ha “conquistato”, in fretta, la presidenza del Consiglio. Ha affrontato, quindi, la campagna elettorale per le europee. Sempre di corsa. Senza quasi fermarsi. Annunciando, in rapida sequenza, le cose da fare, le riforme da realizzare. Con tale e tanta velocità da rendere difficile, agli elettori e agli stessi attori politici, verificare se e cosa davvero venisse fatto. Così, Matverno Renzi ha realizzato il post-Pd. O meglio: il Pdr. Il Partito di Renzi. Un modello “presidenziale”. Dove lui comunica, direttamente, con i suoi elettori.
Che superano i confini del Pd. Alle recenti elezioni, infatti, nei comuni dove si è votato anche per il sindaco, il Pd, alle europee, ha ottenuto14 punti in più che alle comunali. E ha sfondato i confini tradizionali della zona rossa, dove era rimasto quasi imprigionato per oltre 60 anni.
Ma se perfino nel partito personale per definizione, Fi, le logiche di partito sono entrate in contrasto con quelle del leader, ciò appare ineluttabile anche per il Pd. Che mantiene ancora tradizioni ideologiche e legami sociali profondi. Ha gruppi dirigenti e parlamentari eletti “prima” dell’avvento di Renzi. Così il confronto fra il Partito e il Capo diventa inevitabile. Fra Renzi e il Pd. Fra il Pdr e il Pd. Siamo alla resa dei conti. In particolare perché le questioni in gioco - legge elettorale e abolizione del Senato elettivo - mettono in discussione il principio di legittimazione e l’esistenza stessa dell’attuale ceto politico.
Eppure converrebbe a entrambe le parti una soluzione condivisa. Perché il Pd senza il Pdr, senza Renzi, rischia di ritrovarsi marginale. Ma Renzi (e il Pdr), senza “conquistare” e modellare il Pd, rischia di rallentare la propria marcia. E Renzi, a velocità “moderata”, non riesco proprio a immaginarlo. Potrebbe fermarsi presto.
Forse mi sbaglierò, ma nel contrasto tra Fi e Berlusconi, tra il Pd e Renzi, i margini di mediazione sono sottili. Quasi invisibili. Fra il Partito e il Capo: ne resterà soltanto uno
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Re: Livorno 2014
Ottimoiospero ha scritto:Mi sono permesso di invitare su questo Forum gli "amici di Civati" presenti nel blog ciwati con questo scritto:
A TUTTI GLI "amici di Civati",
desidero informarVi che oltre alla importante partecipazione al politcamp di Livorno 2014, per tutti è sempre disponibile per discutere, approfondire e confrontarsi liberamente per un PD o per una sinistra o centrosinistra democratica
il FORUM http://forumisti.mondoforum.com
vI ASPETTIAMO ...
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Livorno 2014
Mi sembra di girare il film "Le fatiche di Ercole". non funziona mai nulla. Ho ricevuto una mail di invito da Stefano Catone di lombardia@civati.it
Ho scritto una risposta che posto di seguito, ma esce l'indicazione, dopo aver premuto, invia, di questo genere:
Uno o piu' indirizzi email non risultano validi. Ti preghiamo di controllare prima di inviare.
Qualcuno ne conosce il motivo? E' la prima volte che mi succede.
A:lombardia@civati.it
Cc:
Mostra Ccn
Oggetto:
Solo testo
Esito:
nessuno
Priorita'
normale
VCard:
no
======================================
Caro Stefano,
già un mese fa ho inviato una mail presso la casella postale di Pippo Civati per invitarlo a costruire insieme attraverso il nostro forum politico la manifestazione livornese. Questo perché in questo momento, dal punto di vista della comunicazione, un forum rappresenta una forma superiore a qualsiasi vecchio Congresso o Convegno, in quanto l’esposizione del pensiero è praticamente ILLIMITATA, e non contingentata in pochi minuti dove in quel lasso di tempo si è costretti a riassumere concetti che andrebbero spiegati e documentati nel modo più opportuno. Inoltre, il che non dispiace affatto a chi non dispone di sovvenzionamenti di qualsiasi tipo, si tratta di operare a costo zero.
Il nostro amministratore vi aveva già dedicato un thread il 18 giugno scorso per propagandare la vs iniziativa.
Vi aspettiamo quindi il 14 luglio prossimo, per discutere delle conclusioni della vostra tre giorni livornese.
Cordialmente,
A.Hopkins
PS – 1
Il link del forum è:
http://forumisti.mondoforum.com/viewforum.php?f=2
Il nome del forum è:
Forumisti per una Sinistra Libera ed Autentica
Il titolo del thread dedicato è:
Livorno 2014
*
PS - 2
Mi auguro che nel corso del vostro convegno trovi spazio l’iniziativa de Il Fatto Quotidiano, partita domenica scorsa, denominata DEMOCRAZIA AUTORITARIA. Una iniziativa tesa a stoppare la deriva autoritaria se dovesse andare in porto l’accordo del Nazareno. Quelli del Fatto sono teneri perché di fatto sono già in corso iniziative di stampo fascista intese mettere la sordina agli italiani in aperta violazione dell’articolo 1 della Costituzione, con l’assenso dei partiti, dei media e delle istituzioni rappresentate ai massimi livelli. Lo spiega anche Cacciari questa settimana sull’Espresso, e lo ha dimostrato un sondaggio di Roberto Weber di Ixé, presentato il 4 luglio 2014 ad “Agorà estate” in cui risulta che il 61 % degli italiani ha come priorità il lavoro, lavoro, lavoro. Solo il 4 % degli italiani vede nelle riforme costituzionali la priorità assoluta. Questo governo democristiano di stampo peronista, se ne frega altamente di cosa chiedono gli italiani, cercando di rafforzare la posizione di Renzi e del patto del Nazareno negli eterni giochetti della politica della Casta.
----Messaggio originale----
Da: lombardia@civati.it
Data: 4-lug-2014 10.19
A: <h.arturo@alice.it>
Ogg: Politicamp di Livorno: dalla Lombardia andiamoci assieme!
Ciao Arturo,
dopo il lungo percorso che ci ha visto passare per il Congresso nazionale a sostegno di Pippo Civati, per il Congresso regionale lombardo a sostegno di Diana De Marchi e, infine, per la campagna a sostegno di Paolo Sinigaglia, Renata Briano e Daniele Viotti, tra una settimana, a Livorno, ci sarà l’occasione per incontrarci tutti, insieme agli attivisti di tutta Italia, per fare il punto della situazione e delineare l’orizzonte politico della nostra azione.
Si tratta di un appuntamento molto importante, che si svolgerà presso il “The Cage Theatre” di Villa Corridi, a Livorno, dall’11 al 13 luglio. Il programma dell’iniziativa, ricco di contenuti e di ospiti, è consultabile qui: http://politicamp.civati.it/e-possibile ... pleto.html
Sullo stesso sito sono disponibili informazioni logistiche, su come arrivare, dove alloggiare, eccetera: http://politicamp.civati.it/
Abbiamo lavorato molto per organizzare questo evento, lo abbiamo fatto in economia e servendoci dell’aiuto di numerosi e preziosi volontari. Rimangono, però, alcune spese da coprire, e che rendiconteremo fino ai decimali. Non abbiamo grandi sponsor alle spalle, ma sappiamo di poter contare su piccoli contributi da parte di molte persone, e preferiamo che sia così. E’ possibile fare una donazione seguendo questo link: http://politicamp.civati.it/sostieni
Ci vediamo a Livorno!
Un caro saluto,
Stefano Catone.
Firma:
Inserisci ora
Salva una copia in Posta inviata
Ho scritto una risposta che posto di seguito, ma esce l'indicazione, dopo aver premuto, invia, di questo genere:
Uno o piu' indirizzi email non risultano validi. Ti preghiamo di controllare prima di inviare.
Qualcuno ne conosce il motivo? E' la prima volte che mi succede.
A:lombardia@civati.it
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Esito:
nessuno
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VCard:
no
======================================
Caro Stefano,
già un mese fa ho inviato una mail presso la casella postale di Pippo Civati per invitarlo a costruire insieme attraverso il nostro forum politico la manifestazione livornese. Questo perché in questo momento, dal punto di vista della comunicazione, un forum rappresenta una forma superiore a qualsiasi vecchio Congresso o Convegno, in quanto l’esposizione del pensiero è praticamente ILLIMITATA, e non contingentata in pochi minuti dove in quel lasso di tempo si è costretti a riassumere concetti che andrebbero spiegati e documentati nel modo più opportuno. Inoltre, il che non dispiace affatto a chi non dispone di sovvenzionamenti di qualsiasi tipo, si tratta di operare a costo zero.
Il nostro amministratore vi aveva già dedicato un thread il 18 giugno scorso per propagandare la vs iniziativa.
Vi aspettiamo quindi il 14 luglio prossimo, per discutere delle conclusioni della vostra tre giorni livornese.
Cordialmente,
A.Hopkins
PS – 1
Il link del forum è:
http://forumisti.mondoforum.com/viewforum.php?f=2
Il nome del forum è:
Forumisti per una Sinistra Libera ed Autentica
Il titolo del thread dedicato è:
Livorno 2014
*
PS - 2
Mi auguro che nel corso del vostro convegno trovi spazio l’iniziativa de Il Fatto Quotidiano, partita domenica scorsa, denominata DEMOCRAZIA AUTORITARIA. Una iniziativa tesa a stoppare la deriva autoritaria se dovesse andare in porto l’accordo del Nazareno. Quelli del Fatto sono teneri perché di fatto sono già in corso iniziative di stampo fascista intese mettere la sordina agli italiani in aperta violazione dell’articolo 1 della Costituzione, con l’assenso dei partiti, dei media e delle istituzioni rappresentate ai massimi livelli. Lo spiega anche Cacciari questa settimana sull’Espresso, e lo ha dimostrato un sondaggio di Roberto Weber di Ixé, presentato il 4 luglio 2014 ad “Agorà estate” in cui risulta che il 61 % degli italiani ha come priorità il lavoro, lavoro, lavoro. Solo il 4 % degli italiani vede nelle riforme costituzionali la priorità assoluta. Questo governo democristiano di stampo peronista, se ne frega altamente di cosa chiedono gli italiani, cercando di rafforzare la posizione di Renzi e del patto del Nazareno negli eterni giochetti della politica della Casta.
----Messaggio originale----
Da: lombardia@civati.it
Data: 4-lug-2014 10.19
A: <h.arturo@alice.it>
Ogg: Politicamp di Livorno: dalla Lombardia andiamoci assieme!
Ciao Arturo,
dopo il lungo percorso che ci ha visto passare per il Congresso nazionale a sostegno di Pippo Civati, per il Congresso regionale lombardo a sostegno di Diana De Marchi e, infine, per la campagna a sostegno di Paolo Sinigaglia, Renata Briano e Daniele Viotti, tra una settimana, a Livorno, ci sarà l’occasione per incontrarci tutti, insieme agli attivisti di tutta Italia, per fare il punto della situazione e delineare l’orizzonte politico della nostra azione.
Si tratta di un appuntamento molto importante, che si svolgerà presso il “The Cage Theatre” di Villa Corridi, a Livorno, dall’11 al 13 luglio. Il programma dell’iniziativa, ricco di contenuti e di ospiti, è consultabile qui: http://politicamp.civati.it/e-possibile ... pleto.html
Sullo stesso sito sono disponibili informazioni logistiche, su come arrivare, dove alloggiare, eccetera: http://politicamp.civati.it/
Abbiamo lavorato molto per organizzare questo evento, lo abbiamo fatto in economia e servendoci dell’aiuto di numerosi e preziosi volontari. Rimangono, però, alcune spese da coprire, e che rendiconteremo fino ai decimali. Non abbiamo grandi sponsor alle spalle, ma sappiamo di poter contare su piccoli contributi da parte di molte persone, e preferiamo che sia così. E’ possibile fare una donazione seguendo questo link: http://politicamp.civati.it/sostieni
Ci vediamo a Livorno!
Un caro saluto,
Stefano Catone.
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Re: Livorno 2014
09 lug
Il socialismo nell’era dei robot
Lo so: pare quasi un ossimoro umoristico, il titolo qui sopra: nulla sembra più lontano dalla società liquida e automatizzata dei piani quinquennali che tanto piacevano a Stalin.
Invece, più leggo cose in giro sulle trasformazioni del lavoro provocate dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, più mi aspetto che qualcuno inizi a rifletterci seriamente, su come sarà il socialismo nell’era dei robot.
Perché le macchine, si sa, hanno sostituito il lavoro umano prima nell’agricoltura e poi nell’industria, spostando la massa dei lavoratori dai campi alle fabbriche, poi dalle fabbriche al terziario.
Ora però robot e algoritmi sostituiscono – sempre di più – anche i “colletti bianchi”: e pare non esista al momento un altro posto dove spedirli, se non verso la disoccupazione.
Si parla ormai con frequenza, ad esempio, di robochirurghi e robodentisti (più in generale, secondo il cofondatore di Sun Microsystems Vinod Khosla l’80 per cento dei medici sarà felicemente sostituito da computer) ma anche di robogiornalisti (pure l’Ap ci sta provando) e di docenti virtuali; i rampanti agenti di Borsa potrebbero essere decimati dall’algotrading, gli operatori di call center dagli assistenti virtuali, gli interpreti dalle future e più affinate versioni di Google Translate o simili; i taxisti, più che da Uber, saranno fatti fuori dalle auto che si guidano da sole; ah: anche le navi commerciali hanno sempre più spesso al timone solo computer, addio marinai.
E così via: secondo uno studio dell’Università di Oxford il 47 per cento dei lavori attuali è a rischio di sostituzione computerizzata. Il ministro inglese dell’Università David Willets sostiene che le professioni con un livello cognitivo medioalto hanno probabilità sempre maggiori di essere sostituite da robot. E quello che dice Jaron Lanier in merito, probabilmente, l’avete già letto.
Il dibattito sull’argomento, all’estero, è molto vivo, anche grazie al libro ‘The Second Machine Age’, di cui qui in Italia ha scritto Fabio Chiusi: e i due autori del saggio, pur ottimisti in termini di possibilità, ammettono tranquillamente che il saldo dell’innovazione – in termini di posti di lavoro – è decisamente negativo.
La sfida per la politica quindi è immensa. E – ad esempio – la questione del cosiddetto reddito minimo garantito entra a piedi uniti nel piatto: nell’impossibilità di garantire a tutti un lavoro, per prevenire collassi sociali gli Stati potranno e dovranno solo garantire qualche tipo di ridistribuzione della ricchezza creata da algoritmi e robot. Così, perfino una bibbia del capitalismo come l’Economist ha recentemente invitato i governi ad affrontare la tendenza in corso «before their people get angry», insomma prima che la gente si incazzi troppo.
Ecco, è questo il tema del socialismo nell’era dei robot. Mica i piani quinquennali, è ovvio: semplicemente la necessità che gli Stati intervengano in modo robusto nel sociale – altro che laissez-faire – perché l’automazione e gli algoritmi “staccano” la produzione di ricchezza dal lavoro umano.
Sono cazzi, lo so: perché i criteri di questa ridistribuzione non sono affatto chiari né scontati, essendo probabilmente a loro volta scissi da competenze, studi, capacità. Ma sono cazzi da affrontare, credo.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... dei-robot/
Il socialismo nell’era dei robot
Lo so: pare quasi un ossimoro umoristico, il titolo qui sopra: nulla sembra più lontano dalla società liquida e automatizzata dei piani quinquennali che tanto piacevano a Stalin.
Invece, più leggo cose in giro sulle trasformazioni del lavoro provocate dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, più mi aspetto che qualcuno inizi a rifletterci seriamente, su come sarà il socialismo nell’era dei robot.
Perché le macchine, si sa, hanno sostituito il lavoro umano prima nell’agricoltura e poi nell’industria, spostando la massa dei lavoratori dai campi alle fabbriche, poi dalle fabbriche al terziario.
Ora però robot e algoritmi sostituiscono – sempre di più – anche i “colletti bianchi”: e pare non esista al momento un altro posto dove spedirli, se non verso la disoccupazione.
Si parla ormai con frequenza, ad esempio, di robochirurghi e robodentisti (più in generale, secondo il cofondatore di Sun Microsystems Vinod Khosla l’80 per cento dei medici sarà felicemente sostituito da computer) ma anche di robogiornalisti (pure l’Ap ci sta provando) e di docenti virtuali; i rampanti agenti di Borsa potrebbero essere decimati dall’algotrading, gli operatori di call center dagli assistenti virtuali, gli interpreti dalle future e più affinate versioni di Google Translate o simili; i taxisti, più che da Uber, saranno fatti fuori dalle auto che si guidano da sole; ah: anche le navi commerciali hanno sempre più spesso al timone solo computer, addio marinai.
E così via: secondo uno studio dell’Università di Oxford il 47 per cento dei lavori attuali è a rischio di sostituzione computerizzata. Il ministro inglese dell’Università David Willets sostiene che le professioni con un livello cognitivo medioalto hanno probabilità sempre maggiori di essere sostituite da robot. E quello che dice Jaron Lanier in merito, probabilmente, l’avete già letto.
Il dibattito sull’argomento, all’estero, è molto vivo, anche grazie al libro ‘The Second Machine Age’, di cui qui in Italia ha scritto Fabio Chiusi: e i due autori del saggio, pur ottimisti in termini di possibilità, ammettono tranquillamente che il saldo dell’innovazione – in termini di posti di lavoro – è decisamente negativo.
La sfida per la politica quindi è immensa. E – ad esempio – la questione del cosiddetto reddito minimo garantito entra a piedi uniti nel piatto: nell’impossibilità di garantire a tutti un lavoro, per prevenire collassi sociali gli Stati potranno e dovranno solo garantire qualche tipo di ridistribuzione della ricchezza creata da algoritmi e robot. Così, perfino una bibbia del capitalismo come l’Economist ha recentemente invitato i governi ad affrontare la tendenza in corso «before their people get angry», insomma prima che la gente si incazzi troppo.
Ecco, è questo il tema del socialismo nell’era dei robot. Mica i piani quinquennali, è ovvio: semplicemente la necessità che gli Stati intervengano in modo robusto nel sociale – altro che laissez-faire – perché l’automazione e gli algoritmi “staccano” la produzione di ricchezza dal lavoro umano.
Sono cazzi, lo so: perché i criteri di questa ridistribuzione non sono affatto chiari né scontati, essendo probabilmente a loro volta scissi da competenze, studi, capacità. Ma sono cazzi da affrontare, credo.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... dei-robot/
Ultima modifica di camillobenso il 10/07/2014, 22:49, modificato 1 volta in totale.
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Re: Livorno 2014
"Il socialismo nell’era dei robot"
Il lavoro automatizzato, robotizzato, informatizzato dovrebbe andare a vantaggio dell'uomo, di tutti gli uomini o solo ad una parte di essi?
Questa è, secondo, me la domanda.
Da persona semplice mi verrebbe da fare una considerazione, forse, troppo semplicistica ma di cui sono convinto.
È indubbio che la produzione di quasi tutti i beni si è velocizzata tantissimo ma non c'è stata in proporzione una
altrettanta riduzione dei ritmi e degli orari di lavoro, anzi, sembrerebbe che la tendenza (almeno negli ultimi tempi)
sia andata in direzione opposta.
Ciò è francamente assurdo.
Così si genera inevitabilmente maggiori profitti per pochi, mentre per tutti gli altri: disoccupazione, recessione, tensioni sociali ecc.
Si accorciano i tempi di produzione? di pari passo si diminuisca gli orari di lavoro!
Troppo approssimativo? Banale?
Le scoperte ed i progressi scientifici dovrebbero andare a vantaggio di tutti e cosi facendo ci si potrebbe
affrancare sempre di più dalla fatica, avere maggiore tempo libero da dedicare a se stessi ed agli altri
in una visione di società più solidaristica (più socialista?).
Ciò potrebbe sembrare utopico ma non lo è. La stragrande maggioranza troverebbe vantaggio da una pianificazione simile,
mortificherebbe solo una minoranza di soggetti egoisti che hanno come obbiettivo irrinunciabile quello del profitto
che consenta loro di essere sempre più potenti e prepotenti... fino a quando??
Il lavoro automatizzato, robotizzato, informatizzato dovrebbe andare a vantaggio dell'uomo, di tutti gli uomini o solo ad una parte di essi?
Questa è, secondo, me la domanda.
Da persona semplice mi verrebbe da fare una considerazione, forse, troppo semplicistica ma di cui sono convinto.
È indubbio che la produzione di quasi tutti i beni si è velocizzata tantissimo ma non c'è stata in proporzione una
altrettanta riduzione dei ritmi e degli orari di lavoro, anzi, sembrerebbe che la tendenza (almeno negli ultimi tempi)
sia andata in direzione opposta.
Ciò è francamente assurdo.
Così si genera inevitabilmente maggiori profitti per pochi, mentre per tutti gli altri: disoccupazione, recessione, tensioni sociali ecc.
Si accorciano i tempi di produzione? di pari passo si diminuisca gli orari di lavoro!
Troppo approssimativo? Banale?
Le scoperte ed i progressi scientifici dovrebbero andare a vantaggio di tutti e cosi facendo ci si potrebbe
affrancare sempre di più dalla fatica, avere maggiore tempo libero da dedicare a se stessi ed agli altri
in una visione di società più solidaristica (più socialista?).
Ciò potrebbe sembrare utopico ma non lo è. La stragrande maggioranza troverebbe vantaggio da una pianificazione simile,
mortificherebbe solo una minoranza di soggetti egoisti che hanno come obbiettivo irrinunciabile quello del profitto
che consenta loro di essere sempre più potenti e prepotenti... fino a quando??
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Re: Livorno 2014
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Il socialismo nell’era dei robot
e i successivi che fanno riferimento ea questo tema, sarebbe molto opportuno spostarlo sulla gia' esistente discussione. Tutto questo per non essere troppo dispersivi
Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
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un salutone da Juan
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