Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
A chi giova L'euro: alle banche e L'mprenditoria.Lo sbaglio è stato quello di mettere assieme nazioni che hanno un basso costo del lavoro,quindi si delocalizza.
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
http://www.beppegrillo.it/videos/0_cr7g6gon.php
Video con telecamera nascosta al ministero
Caso Autelia.
Ciao
Paolo11
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Caso Autelia.
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Paolo11
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Lorenzo Pinna
30 ANNI DI SUPERQUARK
Do you remember “Società dei consumi”?
Do you remember “Società dei consumi”?
Da almeno due decenni nelle economie più avanzate e industrializzate è emerso un fenomeno preoccupante: la difficoltà, dopo le ricorrenti recessioni economiche, di riassorbire la disoccupazione creata da queste crisi (per non parlare di quella giovanile).
A questo allarmante fenomeno si aggiunge una tendenza di lungo periodo, in azione da almeno la fine degli anni ’80 e ben nota negli Stati Uniti. La stagnazione dei redditi della classe media, pur in presenza di un notevole aumento del PIL . Questa frase enigmatica significa che il prodotto interno lordo, cioè la torta della ricchezza nazionale prodotta ogni anno, è cresciuta grazie agli aumenti di produttività legati alla tecnologia, ma le “fette” non sono state “ridistribuite” in modo da beneficiare il massimo numero possibile di persone. I vantaggi, le fette più grosse, sono finite in poche mani. E la disuguaglianza è aumentata. E in futuro alla disuguaglianza potrebbe aggiungersi una disoccupazione incomprimibile.Perché? Le teorie sono molte e diverse, ma in questo articolo se ne vuole analizzare una in particolare: gli effetti della tecnologia informatica, della robotica e delle telecomunicazioni.
Rivoluzione Industriale
Prima di inoltrarsi in queste analisi bisogna ricordare alcuni capisaldi. Dalla Rivoluzione Industriale fin quasi ad oggi, l’introduzione delle macchine e la progressiva automazione dell’ opera manuale dell’uomo o della forza muscolare degli animali, ha permesso uno straordinario aumento del benessere e della ricchezza individuale. Le macchine che hanno meccanizzato l’agricoltura (che in epoche preindustriali dava lavoro all’ 80 % e oltre della popolazione), espellendo milioni di contadini dai campi, non hanno creato masse permanenti di disoccupati impoveriti. Al contrario, pur fra drammi e conflitti inevitabili in queste transizioni epocali, l’arrivo delle macchine ha fatto sorgere nuovi settori industriali, dove uomini e donne espulsi dalla agricoltura hanno trovato nuova occupazione e straordinarie occasioni di migliorare la propria condizione e quella dei propri figli.
E infatti per le teorie economiche classiche la meccanizzazione ( o l’automazione) e l’espulsione di lavoratori da un certo settore “vittima delle macchine o dei robot”, non significa necessariamente maggiore disoccupazione, ma una ricollocazione di questa forza lavoro eccedente in “nuovi”settori. Il meccanismo si spiegherebbe in questo modo. La maggiore automazione permette di abbassare i costi dei prodotti. Le famiglie o gli individui avranno quindi, grazie a quella riduzione dei costi, più reddito da spendere. Questo reddito “liberato” costituirebbe una nuova domanda capace di far sorgere nuovi settori e quindi nuova occupazione. Sicuramente le cose sono andate così con la meccanizzazione dell’agricoltura, ma questa ipotesi è un’osservazione storica ( valida quindi solo per il passato) o una “legge” economica ( valida, pur con tutti i limiti, anche nel futuro)?
In altri termini siamo certi che la velocità con cui la tecnologia sostituisce l’uomo è sempre pari a quella con la quale “nuovi settori” nascono e assorbono nuova occupazione ( e quindi, in teoria, i disoccupati espulsi dai settori automatizzati)? Oppure i due processi possono andare “fuori sincrono” e creare quindi quella che un grande economista ( M. Keynes) chiamò la “disoccupazione tecnologica”?
Grandi Innovazioni
Con alcune grandi innovazioni tecnologiche “pervasive” e trasversali, cioè in grado di interessare e trasformare quasi tutti i settori produttivi, come ad esempio l’elettricità o il motore a scoppio, sembra che il sincrono fra la velocità di sostituzione dell’uomo e la creazione di nuovi settori industriali sia stato più o meno mantenuto. Anzi in certi periodi l’aumento dell’occupazione in nuove industrie ha superato la disoccupazione creata dalle macchine. Ma oggi le cose sono, almeno secondo questi studi, cambiate. La parole chiave sono informatica e computer. Anche questa è un’innovazione tecnologica pervasiva e trasversale , che cioè interessa e trasforma quasi tutti i settori produttivi. Ma nei confronti delle precedenti innovazioni pervasive ha una caratteristica molto diversa. La sua evoluzione è molto più rapida. E questo può far saltare il sincrono fra disoccupazione creata dalle macchine e assorbimento di manodopera in nuovi settori. Il punto cruciale è la cosiddetta Legge di Moore, dal nome del cofondatore della Intel che la formulò nei lontani anni ’60. Questa “legge” ( che in realtà è un’osservazione empirica) dice che ogni anno e mezzo – due anni, il numero di componenti elettronici che è possibile mettere su un chip di silicio raddoppia. Fino ad oggi questa legge ha funzionato e anche per il prossimo futuro si prevede che funzionerà. Ciò vuol dire, né più né meno, che una crescita esponenziale . Un raddoppio continuo, anche se inizialmente può passare inosservato, da una certa soglia in poi provoca un ‘impennata quasi verticale della crescita, nel nostro caso delle capacità di calcolo e di gestione di moli enormi di dati.
E’ famoso l’aneddoto dell’imperatore persiano che per ricompensare l’inventore degli scacchi e quindi della scacchiera di 64 caselle, gli chiese di decidere, lui stesso, la propria ricompensa. L’inventore chiese all’imperatore una quantità di grano calcolata in questo modo. Nella prima casella della scacchiera sarebbe stato messo un chicco. Nella seconda due. Nella terza quattro . E poi otto, sedici etc. Raddoppiando il numero di chicchi ad ogni casella. Una ricompensa in apparenza modesta e contenuta . Fino a circa metà della scacchiera la ricompensa è infatti , diciamo così, “gestibile”. Ma oltre la metà, a forza di raddoppi, le quantità superano qualsiasi immaginazione e non c’è bisogno di arrivare alla casella 64 per capire che una simile ricompensa è impossibile.
La seconda metà della scacchiera
La domanda adesso è: la tecnologia informatica a che punto è della scacchiera? Oltre una certa soglia le capacità di calcolo e di gestione dati diventeranno così enormi ( e a buon mercato) da rendere possibile l’automazione di processi molto complessi. Obbiettivi che solo fino a qualche anno prima sembravano il dominio della fantascienza potrebbero trasformarsi in una banale realtà.
Computer ( e software) pilotano aerei, guidano auto o navi, fanno diagnosi mediche ( sostituendosi ai “radiologi”), traducono istantaneamente e in modo accettabile da una lingua all’altra, compilano pareri “legali” facendo ricerche su archivi sterminati ( in un batter d’occhio) e intervengono sempre più spesso in ogni genere di linea di montaggio industriale, dalle auto ai computer agli smartphone (telefonini intelligenti). Alcuni aspirapolvere “pensanti” stanno facendo capolino anche fra le mura domestiche (roomba e assimilati), mentre la robottizzazione della guerra è ormai, da alcuni anni, un fenomeno al centro delle riflessioni degli stati maggiori militari.
Ma i robot sono già fra noi e da diversi anni, anche se non hanno l’aspetto umanoide cui l’immaginario collettivo ci ha abituato. I bancomat sono robot (o macchine automatiche) , e della stessa natura sono le gli apparecchi che fanno il “check in” negli aereoporti. Mentre le reti di comunicazione , in primis ovviamente internet, permettono agli utenti di saltare tutte le mediazioni, e di parlare direttamente con le macchine ( o i software) . Esempi ormai comuni sono i conti correnti bancari, “trading” di Borsa, le prenotazioni di treni, aerei, alberghi etc. Tutte operazioni che richiedevano agenzie e personale specializzato che oggi sta scomparendo sostituito da macchine o programmi con dosi più o meno grandi di A.I. ( intelligenza artificiale). Prossime vittime potrebbero essere , ad esempio, i cassieri dei supermercati e grandi magazzini o le librerie, tipografie, reti logistiche di distribuzione etc. ( con gli e-books che viaggiano su internet).
Non c’ è bisogno di arrivare ad ipotesi estreme come quelle di Jeremy Rifkin sulla “Fine del lavoro” (End of Work, 1995) o quelle di Wassily Leontief che prevedeva, per il lavoratore umano, il destino del cavallo e quindi una completa sostituzione con le macchine, per capire che basta un’automazione in grado di prendere il posto di una larga fetta di manodopera umana per finire nei guai. Infatti un’eliminazione troppa rapida e spinta (con relativa alta disoccupazione tecnologica) potrebbe provocare un problema molto serio: una stagnazione prima e un declino poi, della domanda di beni e servizi.
Un aneddoto probabilmente falso, ma molto istruttivo, chiarisce i termini della questione. Henry Ford II sta passeggiando insieme al capo del sindacato dell’auto americano , lungo una nuova linea di montaggio, e indicando la fila di robot appena installati dice al sindacalista “ E adesso chi pagherà le quote di iscrizione al sindacato?”. Il sindacalista non si scompone e risponde “ E adesso chi comprerà le automobili?”. Senza una massa di salari e stipendi adeguata in circolazione, la domanda diminuisce. Eliminare in modo massiccio la manodopera senza riuscire a riempiegarla in nuovi settori riduce inevitabilmente, prima o poi, la domanda.
Società dei consumi
Ma se c’è un grande successo che può essere attribuito al capitalismo è proprio quello di aver saputo creare una gigantesca domanda di massa ( domanda ovviamente vuol dire qui domanda solvibile, con le risorse per pagare gli acquisti), una “società dei consumi”in grado di comprare le merci o i servizi più vari. Ed è proprio questa capacità di spesa diffusa in tutta la popolazione che ha permesso la straordinaria crescita delle società industriali. La domanda (solvibile) e la “società dei consumi” (tanto deprecata da alcuni filosofi della Scuola di Francoforte) sono insomma il motore segreto dell’ eccezionale sviluppo degli ultimi due secoli.
La tecnologia informatica sta ormai arrivando alla metà della scacchiera e nel nostro avvenire automazione , robot e gigantesche reti di comunicazione sono ormai inevitabili.
La disuguaglianza crescente che si registra in molte società, ed è molto studiata negli USA, sarebbe proprio causata dall’evoluzione tecnologica che favorisce ristrette fasce della popolazione, mentre rappresenta uno svantaggio per la maggior parte. Le cose stanno veramente così?
Alcuni economisti ( Raguran Rajan, Fault Lines, 2010) leggono addirittura la crisi americana, la grande recessione di questi anni, come un primo segno delle minacce che questi rapidi cambiamenti possono portare con se. La stagnazione dei redditi della classe media ( dovuta proprio all’automazione e alla scomparsa di molte figure di lavoratori ) avrebbe indotto la “politica” a usare il “credito facile” come comoda terapia per far crescere la capacità di spesa/consumo altrimenti in declino ( e ovviamente le proprie probabilità di una rielezione). Un terapia a base quindi di debito con effetti a breve termine, in apparenza, positivi (boom edilizio e del valore delle case nei primi anni del 2000), ma nel medio termine insostenibile (come ci siamo poi accorti).
Esiste un modo di affrontare gli aspetti potenzialmente negativi di questi cambiamenti? Le risposte date sono varie. Alcuni studiosi indicano nell’istruzione la chiave per affrontare le minacce. Un’istruzione tutta da ripensare per renderla all’altezza della sfida dei nostri tempi. Altri invece ritengono che anche l’istruzione non sia sufficiente e attribuiscono allo Stato il ruolo di redistributore delle risorse e quindi, di sostenitore di ultima istanza della domanda. Altri ancora vedono in internet una piattaforma capace di creare infiniti “mercati” dove un’umanità di micro-imprenditori potrà vendere le proprie idee, merci o “apps” (applicazioni) a livello globale e riprendere così la via dello sviluppo.
Le idee non mancano anche se spesso sembrano astratte o di difficile applicazione.
Il pianeta dei robot che si sta profilando all’orizzonte non è dunque il mondo fantascientifico di mansueti schiavi artificiali al servizio dell’uomo, ma una sfida ai meccanismi economici che hanno garantito fino ad oggi una crescita che, pur fra crisi e fluttuazioni, è un fenomeno unico nella storia dell’uomo.
http://www.lorenzopinna.com/?p=1387
30 ANNI DI SUPERQUARK
Do you remember “Società dei consumi”?
Do you remember “Società dei consumi”?
Da almeno due decenni nelle economie più avanzate e industrializzate è emerso un fenomeno preoccupante: la difficoltà, dopo le ricorrenti recessioni economiche, di riassorbire la disoccupazione creata da queste crisi (per non parlare di quella giovanile).
A questo allarmante fenomeno si aggiunge una tendenza di lungo periodo, in azione da almeno la fine degli anni ’80 e ben nota negli Stati Uniti. La stagnazione dei redditi della classe media, pur in presenza di un notevole aumento del PIL . Questa frase enigmatica significa che il prodotto interno lordo, cioè la torta della ricchezza nazionale prodotta ogni anno, è cresciuta grazie agli aumenti di produttività legati alla tecnologia, ma le “fette” non sono state “ridistribuite” in modo da beneficiare il massimo numero possibile di persone. I vantaggi, le fette più grosse, sono finite in poche mani. E la disuguaglianza è aumentata. E in futuro alla disuguaglianza potrebbe aggiungersi una disoccupazione incomprimibile.Perché? Le teorie sono molte e diverse, ma in questo articolo se ne vuole analizzare una in particolare: gli effetti della tecnologia informatica, della robotica e delle telecomunicazioni.
Rivoluzione Industriale
Prima di inoltrarsi in queste analisi bisogna ricordare alcuni capisaldi. Dalla Rivoluzione Industriale fin quasi ad oggi, l’introduzione delle macchine e la progressiva automazione dell’ opera manuale dell’uomo o della forza muscolare degli animali, ha permesso uno straordinario aumento del benessere e della ricchezza individuale. Le macchine che hanno meccanizzato l’agricoltura (che in epoche preindustriali dava lavoro all’ 80 % e oltre della popolazione), espellendo milioni di contadini dai campi, non hanno creato masse permanenti di disoccupati impoveriti. Al contrario, pur fra drammi e conflitti inevitabili in queste transizioni epocali, l’arrivo delle macchine ha fatto sorgere nuovi settori industriali, dove uomini e donne espulsi dalla agricoltura hanno trovato nuova occupazione e straordinarie occasioni di migliorare la propria condizione e quella dei propri figli.
E infatti per le teorie economiche classiche la meccanizzazione ( o l’automazione) e l’espulsione di lavoratori da un certo settore “vittima delle macchine o dei robot”, non significa necessariamente maggiore disoccupazione, ma una ricollocazione di questa forza lavoro eccedente in “nuovi”settori. Il meccanismo si spiegherebbe in questo modo. La maggiore automazione permette di abbassare i costi dei prodotti. Le famiglie o gli individui avranno quindi, grazie a quella riduzione dei costi, più reddito da spendere. Questo reddito “liberato” costituirebbe una nuova domanda capace di far sorgere nuovi settori e quindi nuova occupazione. Sicuramente le cose sono andate così con la meccanizzazione dell’agricoltura, ma questa ipotesi è un’osservazione storica ( valida quindi solo per il passato) o una “legge” economica ( valida, pur con tutti i limiti, anche nel futuro)?
In altri termini siamo certi che la velocità con cui la tecnologia sostituisce l’uomo è sempre pari a quella con la quale “nuovi settori” nascono e assorbono nuova occupazione ( e quindi, in teoria, i disoccupati espulsi dai settori automatizzati)? Oppure i due processi possono andare “fuori sincrono” e creare quindi quella che un grande economista ( M. Keynes) chiamò la “disoccupazione tecnologica”?
Grandi Innovazioni
Con alcune grandi innovazioni tecnologiche “pervasive” e trasversali, cioè in grado di interessare e trasformare quasi tutti i settori produttivi, come ad esempio l’elettricità o il motore a scoppio, sembra che il sincrono fra la velocità di sostituzione dell’uomo e la creazione di nuovi settori industriali sia stato più o meno mantenuto. Anzi in certi periodi l’aumento dell’occupazione in nuove industrie ha superato la disoccupazione creata dalle macchine. Ma oggi le cose sono, almeno secondo questi studi, cambiate. La parole chiave sono informatica e computer. Anche questa è un’innovazione tecnologica pervasiva e trasversale , che cioè interessa e trasforma quasi tutti i settori produttivi. Ma nei confronti delle precedenti innovazioni pervasive ha una caratteristica molto diversa. La sua evoluzione è molto più rapida. E questo può far saltare il sincrono fra disoccupazione creata dalle macchine e assorbimento di manodopera in nuovi settori. Il punto cruciale è la cosiddetta Legge di Moore, dal nome del cofondatore della Intel che la formulò nei lontani anni ’60. Questa “legge” ( che in realtà è un’osservazione empirica) dice che ogni anno e mezzo – due anni, il numero di componenti elettronici che è possibile mettere su un chip di silicio raddoppia. Fino ad oggi questa legge ha funzionato e anche per il prossimo futuro si prevede che funzionerà. Ciò vuol dire, né più né meno, che una crescita esponenziale . Un raddoppio continuo, anche se inizialmente può passare inosservato, da una certa soglia in poi provoca un ‘impennata quasi verticale della crescita, nel nostro caso delle capacità di calcolo e di gestione di moli enormi di dati.
E’ famoso l’aneddoto dell’imperatore persiano che per ricompensare l’inventore degli scacchi e quindi della scacchiera di 64 caselle, gli chiese di decidere, lui stesso, la propria ricompensa. L’inventore chiese all’imperatore una quantità di grano calcolata in questo modo. Nella prima casella della scacchiera sarebbe stato messo un chicco. Nella seconda due. Nella terza quattro . E poi otto, sedici etc. Raddoppiando il numero di chicchi ad ogni casella. Una ricompensa in apparenza modesta e contenuta . Fino a circa metà della scacchiera la ricompensa è infatti , diciamo così, “gestibile”. Ma oltre la metà, a forza di raddoppi, le quantità superano qualsiasi immaginazione e non c’è bisogno di arrivare alla casella 64 per capire che una simile ricompensa è impossibile.
La seconda metà della scacchiera
La domanda adesso è: la tecnologia informatica a che punto è della scacchiera? Oltre una certa soglia le capacità di calcolo e di gestione dati diventeranno così enormi ( e a buon mercato) da rendere possibile l’automazione di processi molto complessi. Obbiettivi che solo fino a qualche anno prima sembravano il dominio della fantascienza potrebbero trasformarsi in una banale realtà.
Computer ( e software) pilotano aerei, guidano auto o navi, fanno diagnosi mediche ( sostituendosi ai “radiologi”), traducono istantaneamente e in modo accettabile da una lingua all’altra, compilano pareri “legali” facendo ricerche su archivi sterminati ( in un batter d’occhio) e intervengono sempre più spesso in ogni genere di linea di montaggio industriale, dalle auto ai computer agli smartphone (telefonini intelligenti). Alcuni aspirapolvere “pensanti” stanno facendo capolino anche fra le mura domestiche (roomba e assimilati), mentre la robottizzazione della guerra è ormai, da alcuni anni, un fenomeno al centro delle riflessioni degli stati maggiori militari.
Ma i robot sono già fra noi e da diversi anni, anche se non hanno l’aspetto umanoide cui l’immaginario collettivo ci ha abituato. I bancomat sono robot (o macchine automatiche) , e della stessa natura sono le gli apparecchi che fanno il “check in” negli aereoporti. Mentre le reti di comunicazione , in primis ovviamente internet, permettono agli utenti di saltare tutte le mediazioni, e di parlare direttamente con le macchine ( o i software) . Esempi ormai comuni sono i conti correnti bancari, “trading” di Borsa, le prenotazioni di treni, aerei, alberghi etc. Tutte operazioni che richiedevano agenzie e personale specializzato che oggi sta scomparendo sostituito da macchine o programmi con dosi più o meno grandi di A.I. ( intelligenza artificiale). Prossime vittime potrebbero essere , ad esempio, i cassieri dei supermercati e grandi magazzini o le librerie, tipografie, reti logistiche di distribuzione etc. ( con gli e-books che viaggiano su internet).
Non c’ è bisogno di arrivare ad ipotesi estreme come quelle di Jeremy Rifkin sulla “Fine del lavoro” (End of Work, 1995) o quelle di Wassily Leontief che prevedeva, per il lavoratore umano, il destino del cavallo e quindi una completa sostituzione con le macchine, per capire che basta un’automazione in grado di prendere il posto di una larga fetta di manodopera umana per finire nei guai. Infatti un’eliminazione troppa rapida e spinta (con relativa alta disoccupazione tecnologica) potrebbe provocare un problema molto serio: una stagnazione prima e un declino poi, della domanda di beni e servizi.
Un aneddoto probabilmente falso, ma molto istruttivo, chiarisce i termini della questione. Henry Ford II sta passeggiando insieme al capo del sindacato dell’auto americano , lungo una nuova linea di montaggio, e indicando la fila di robot appena installati dice al sindacalista “ E adesso chi pagherà le quote di iscrizione al sindacato?”. Il sindacalista non si scompone e risponde “ E adesso chi comprerà le automobili?”. Senza una massa di salari e stipendi adeguata in circolazione, la domanda diminuisce. Eliminare in modo massiccio la manodopera senza riuscire a riempiegarla in nuovi settori riduce inevitabilmente, prima o poi, la domanda.
Società dei consumi
Ma se c’è un grande successo che può essere attribuito al capitalismo è proprio quello di aver saputo creare una gigantesca domanda di massa ( domanda ovviamente vuol dire qui domanda solvibile, con le risorse per pagare gli acquisti), una “società dei consumi”in grado di comprare le merci o i servizi più vari. Ed è proprio questa capacità di spesa diffusa in tutta la popolazione che ha permesso la straordinaria crescita delle società industriali. La domanda (solvibile) e la “società dei consumi” (tanto deprecata da alcuni filosofi della Scuola di Francoforte) sono insomma il motore segreto dell’ eccezionale sviluppo degli ultimi due secoli.
La tecnologia informatica sta ormai arrivando alla metà della scacchiera e nel nostro avvenire automazione , robot e gigantesche reti di comunicazione sono ormai inevitabili.
La disuguaglianza crescente che si registra in molte società, ed è molto studiata negli USA, sarebbe proprio causata dall’evoluzione tecnologica che favorisce ristrette fasce della popolazione, mentre rappresenta uno svantaggio per la maggior parte. Le cose stanno veramente così?
Alcuni economisti ( Raguran Rajan, Fault Lines, 2010) leggono addirittura la crisi americana, la grande recessione di questi anni, come un primo segno delle minacce che questi rapidi cambiamenti possono portare con se. La stagnazione dei redditi della classe media ( dovuta proprio all’automazione e alla scomparsa di molte figure di lavoratori ) avrebbe indotto la “politica” a usare il “credito facile” come comoda terapia per far crescere la capacità di spesa/consumo altrimenti in declino ( e ovviamente le proprie probabilità di una rielezione). Un terapia a base quindi di debito con effetti a breve termine, in apparenza, positivi (boom edilizio e del valore delle case nei primi anni del 2000), ma nel medio termine insostenibile (come ci siamo poi accorti).
Esiste un modo di affrontare gli aspetti potenzialmente negativi di questi cambiamenti? Le risposte date sono varie. Alcuni studiosi indicano nell’istruzione la chiave per affrontare le minacce. Un’istruzione tutta da ripensare per renderla all’altezza della sfida dei nostri tempi. Altri invece ritengono che anche l’istruzione non sia sufficiente e attribuiscono allo Stato il ruolo di redistributore delle risorse e quindi, di sostenitore di ultima istanza della domanda. Altri ancora vedono in internet una piattaforma capace di creare infiniti “mercati” dove un’umanità di micro-imprenditori potrà vendere le proprie idee, merci o “apps” (applicazioni) a livello globale e riprendere così la via dello sviluppo.
Le idee non mancano anche se spesso sembrano astratte o di difficile applicazione.
Il pianeta dei robot che si sta profilando all’orizzonte non è dunque il mondo fantascientifico di mansueti schiavi artificiali al servizio dell’uomo, ma una sfida ai meccanismi economici che hanno garantito fino ad oggi una crescita che, pur fra crisi e fluttuazioni, è un fenomeno unico nella storia dell’uomo.
http://www.lorenzopinna.com/?p=1387
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Bella analisie molto vicina per me alla verità. Il punto dove non concordo è la soluzione che per me attualmente non c'è. Tutte le ipotesi citate possono concorrere a cercare di risolvere il problema ma non lo risolvono. La tendenza è un mondo dove le macchine faranno tutto e allora chi comprerà/consumerà i servizi/prodotti se non lavorerà praticamente più nessuno? Dovremmo arrivare a prodotti a costo zero ma ciò eliminerebbe il profitto e quindi la molla al miglioramento, allora se un profitto deve rimanere ci deve essere una ricchezza distribuita da permettere a tutti di consumare/comprare ma se il lavoro non c'è come guadagno i soldi necessari? Non è pensabile un mondo dove tutti prendono a credito (che poi non ripagheranno mai) le cose che consumano. I nuovi lavori, anche con un'istruzione decisamente superore all'attuale, sono increabili alla stessa velocità con cui stiamo distruggendo quelli vecchi quindi la ricchezza non si redistribuisce e il ciclo dei consumi si grippa facendo a sua volta grippare quello della produzione. Col peggioramento della situazione economica sicuramente peggioreranno le condizioni di vita e quindi diminuirà la popolazione mondiale. Arriveremo, quindi, a un mondo popolato da pochissimi esseri biologici e da miliardi di macchine? Chi lo sa forse si... Sicuramente il sistema deve trovare un nuovo equilibrio per impedire la distruzione completa della civiltà umana e forse anche della razza umana e questo procedimento è certo che non sarà indolore o privo di cambiamenti epocali, spero solo che l'egoismo di una minoranza che vive nelle sue torri di avorio non ci porti all'autodistruzione e che la forza dell'intelletto umano prevalga sul desiderio di accumulare sempre più ricchezze in poche e rapaci mani...
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Questo post è strettamente legato al thread "Livorno 2014", in quanto rientra nei temi di primo livello che la sinistra deve affrontare assolutamente in questa fase.
Il Prof. De Masi, a febbraio, ad Omnibus, ha fatto presente che qualora il mercato italiano avesse dato timidi segnali di ripresa, gli investimenti si sarebbero orientati verso i robot più che verso le persone.
Detto fatto. A maggio, Il sole 24 Ore, pubblica un'articolo in cui la richiesta di robot è aumentata dell'83 %.
Dubito fortemente che questo tema diventato urgente rientri nella scaletta di POLICAMP LIVORNO, la tre giorni livornese di Civati che inizia domani.
09 lug
Il socialismo nell’era dei robot
Lo so: pare quasi un ossimoro umoristico, il titolo qui sopra: nulla sembra più lontano dalla società liquida e automatizzata dei piani quinquennali che tanto piacevano a Stalin.
Invece, più leggo cose in giro sulle trasformazioni del lavoro provocate dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, più mi aspetto che qualcuno inizi a rifletterci seriamente, su come sarà il socialismo nell’era dei robot.
Perché le macchine, si sa, hanno sostituito il lavoro umano prima nell’agricoltura e poi nell’industria, spostando la massa dei lavoratori dai campi alle fabbriche, poi dalle fabbriche al terziario.
Ora però robot e algoritmi sostituiscono – sempre di più – anche i “colletti bianchi”: e pare non esista al momento un altro posto dove spedirli, se non verso la disoccupazione.
Si parla ormai con frequenza, ad esempio, di robochirurghi e robodentisti (più in generale, secondo il cofondatore di Sun Microsystems Vinod Khosla l’80 per cento dei medici sarà felicemente sostituito da computer) ma anche di robogiornalisti (pure l’Ap ci sta provando) e di docenti virtuali; i rampanti agenti di Borsa potrebbero essere decimati dall’algotrading, gli operatori di call center dagli assistenti virtuali, gli interpreti dalle future e più affinate versioni di Google Translate o simili; i taxisti, più che da Uber, saranno fatti fuori dalle auto che si guidano da sole; ah: anche le navi commerciali hanno sempre più spesso al timone solo computer, addio marinai.
E così via: secondo uno studio dell’Università di Oxford il 47 per cento dei lavori attuali è a rischio di sostituzione computerizzata. Il ministro inglese dell’Università David Willets sostiene che le professioni con un livello cognitivo medioalto hanno probabilità sempre maggiori di essere sostituite da robot. E quello che dice Jaron Lanier in merito, probabilmente, l’avete già letto.
Il dibattito sull’argomento, all’estero, è molto vivo, anche grazie al libro ‘The Second Machine Age’, di cui qui in Italia ha scritto Fabio Chiusi: e i due autori del saggio, pur ottimisti in termini di possibilità, ammettono tranquillamente che il saldo dell’innovazione – in termini di posti di lavoro – è decisamente negativo.
La sfida per la politica quindi è immensa. E – ad esempio – la questione del cosiddetto reddito minimo garantito entra a piedi uniti nel piatto: nell’impossibilità di garantire a tutti un lavoro, per prevenire collassi sociali gli Stati potranno e dovranno solo garantire qualche tipo di ridistribuzione della ricchezza creata da algoritmi e robot. Così, perfino una bibbia del capitalismo come l’Economist ha recentemente invitato i governi ad affrontare la tendenza in corso «before their people get angry», insomma prima che la gente si incazzi troppo.
Ecco, è questo il tema del socialismo nell’era dei robot. Mica i piani quinquennali, è ovvio: semplicemente la necessità che gli Stati intervengano in modo robusto nel sociale – altro che laissez-faire – perché l’automazione e gli algoritmi “staccano” la produzione di ricchezza dal lavoro umano.
Sono cazzi, lo so: perché i criteri di questa ridistribuzione non sono affatto chiari né scontati, essendo probabilmente a loro volta scissi da competenze, studi, capacità. Ma sono cazzi da affrontare, credo.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... dei-robot/
Il Prof. De Masi, a febbraio, ad Omnibus, ha fatto presente che qualora il mercato italiano avesse dato timidi segnali di ripresa, gli investimenti si sarebbero orientati verso i robot più che verso le persone.
Detto fatto. A maggio, Il sole 24 Ore, pubblica un'articolo in cui la richiesta di robot è aumentata dell'83 %.
Dubito fortemente che questo tema diventato urgente rientri nella scaletta di POLICAMP LIVORNO, la tre giorni livornese di Civati che inizia domani.
09 lug
Il socialismo nell’era dei robot
Lo so: pare quasi un ossimoro umoristico, il titolo qui sopra: nulla sembra più lontano dalla società liquida e automatizzata dei piani quinquennali che tanto piacevano a Stalin.
Invece, più leggo cose in giro sulle trasformazioni del lavoro provocate dalla digitalizzazione e dall’intelligenza artificiale, più mi aspetto che qualcuno inizi a rifletterci seriamente, su come sarà il socialismo nell’era dei robot.
Perché le macchine, si sa, hanno sostituito il lavoro umano prima nell’agricoltura e poi nell’industria, spostando la massa dei lavoratori dai campi alle fabbriche, poi dalle fabbriche al terziario.
Ora però robot e algoritmi sostituiscono – sempre di più – anche i “colletti bianchi”: e pare non esista al momento un altro posto dove spedirli, se non verso la disoccupazione.
Si parla ormai con frequenza, ad esempio, di robochirurghi e robodentisti (più in generale, secondo il cofondatore di Sun Microsystems Vinod Khosla l’80 per cento dei medici sarà felicemente sostituito da computer) ma anche di robogiornalisti (pure l’Ap ci sta provando) e di docenti virtuali; i rampanti agenti di Borsa potrebbero essere decimati dall’algotrading, gli operatori di call center dagli assistenti virtuali, gli interpreti dalle future e più affinate versioni di Google Translate o simili; i taxisti, più che da Uber, saranno fatti fuori dalle auto che si guidano da sole; ah: anche le navi commerciali hanno sempre più spesso al timone solo computer, addio marinai.
E così via: secondo uno studio dell’Università di Oxford il 47 per cento dei lavori attuali è a rischio di sostituzione computerizzata. Il ministro inglese dell’Università David Willets sostiene che le professioni con un livello cognitivo medioalto hanno probabilità sempre maggiori di essere sostituite da robot. E quello che dice Jaron Lanier in merito, probabilmente, l’avete già letto.
Il dibattito sull’argomento, all’estero, è molto vivo, anche grazie al libro ‘The Second Machine Age’, di cui qui in Italia ha scritto Fabio Chiusi: e i due autori del saggio, pur ottimisti in termini di possibilità, ammettono tranquillamente che il saldo dell’innovazione – in termini di posti di lavoro – è decisamente negativo.
La sfida per la politica quindi è immensa. E – ad esempio – la questione del cosiddetto reddito minimo garantito entra a piedi uniti nel piatto: nell’impossibilità di garantire a tutti un lavoro, per prevenire collassi sociali gli Stati potranno e dovranno solo garantire qualche tipo di ridistribuzione della ricchezza creata da algoritmi e robot. Così, perfino una bibbia del capitalismo come l’Economist ha recentemente invitato i governi ad affrontare la tendenza in corso «before their people get angry», insomma prima che la gente si incazzi troppo.
Ecco, è questo il tema del socialismo nell’era dei robot. Mica i piani quinquennali, è ovvio: semplicemente la necessità che gli Stati intervengano in modo robusto nel sociale – altro che laissez-faire – perché l’automazione e gli algoritmi “staccano” la produzione di ricchezza dal lavoro umano.
Sono cazzi, lo so: perché i criteri di questa ridistribuzione non sono affatto chiari né scontati, essendo probabilmente a loro volta scissi da competenze, studi, capacità. Ma sono cazzi da affrontare, credo.
http://gilioli.blogautore.espresso.repu ... dei-robot/
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Dal thread "Livorno 2014"
erding
Inviato: oggi, 12:08
"Il socialismo nell’era dei robot"
Il lavoro automatizzato, robotizzato, informatizzato dovrebbe andare a vantaggio dell'uomo, di tutti gli uomini o solo ad una parte di essi?
Questa è, secondo, me la domanda.
Da persona semplice mi verrebbe da fare una considerazione, forse, troppo semplicistica ma di cui sono convinto.
È indubbio che la produzione di quasi tutti i beni si è velocizzata tantissimo ma non c'è stata in proporzione una
altrettanta riduzione dei ritmi e degli orari di lavoro, anzi, sembrerebbe che la tendenza (almeno negli ultimi tempi)
sia andata in direzione opposta.
Ciò è francamente assurdo.
Così si genera inevitabilmente maggiori profitti per pochi, mentre per tutti gli altri: disoccupazione, recessione, tensioni sociali ecc.
Si accorciano i tempi di produzione? di pari passo si diminuisca gli orari di lavoro!
Troppo approssimativo? Banale?
Le scoperte ed i progressi scientifici dovrebbero andare a vantaggio di tutti e cosi facendo ci si potrebbe
affrancare sempre di più dalla fatica, avere maggiore tempo libero da dedicare a se stessi ed agli altri
in una visione di società più solidaristica (più socialista?).
Ciò potrebbe sembrare utopico ma non lo è. La stragrande maggioranza troverebbe vantaggio da una pianificazione simile,
mortificherebbe solo una minoranza di soggetti egoisti che hanno come obbiettivo irrinunciabile quello del profitto
che consenta loro di essere sempre più potenti e prepotenti... fino a quando??
erding
Inviato: oggi, 12:08
"Il socialismo nell’era dei robot"
Il lavoro automatizzato, robotizzato, informatizzato dovrebbe andare a vantaggio dell'uomo, di tutti gli uomini o solo ad una parte di essi?
Questa è, secondo, me la domanda.
Da persona semplice mi verrebbe da fare una considerazione, forse, troppo semplicistica ma di cui sono convinto.
È indubbio che la produzione di quasi tutti i beni si è velocizzata tantissimo ma non c'è stata in proporzione una
altrettanta riduzione dei ritmi e degli orari di lavoro, anzi, sembrerebbe che la tendenza (almeno negli ultimi tempi)
sia andata in direzione opposta.
Ciò è francamente assurdo.
Così si genera inevitabilmente maggiori profitti per pochi, mentre per tutti gli altri: disoccupazione, recessione, tensioni sociali ecc.
Si accorciano i tempi di produzione? di pari passo si diminuisca gli orari di lavoro!
Troppo approssimativo? Banale?
Le scoperte ed i progressi scientifici dovrebbero andare a vantaggio di tutti e cosi facendo ci si potrebbe
affrancare sempre di più dalla fatica, avere maggiore tempo libero da dedicare a se stessi ed agli altri
in una visione di società più solidaristica (più socialista?).
Ciò potrebbe sembrare utopico ma non lo è. La stragrande maggioranza troverebbe vantaggio da una pianificazione simile,
mortificherebbe solo una minoranza di soggetti egoisti che hanno come obbiettivo irrinunciabile quello del profitto
che consenta loro di essere sempre più potenti e prepotenti... fino a quando??
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Ho inviato ora nei commenti dell'articolo:
"Il socialismo nell’era dei robot"
questo invito all'autore Alessandro Gilioli.
*******
Egregio Giglioli,
verrebbe ad approfondire ulteriormente questo tema sul forum:
Forumisti per una Sinistra Libera ed Autentica
Non si discute per aver ragione, ma per capire!
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 6&start=10
all’interno del thread :
Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Iniziato nel mese di marzo u.s.?
In cui stamani ho postato il Suo articolo, e questa sera i 13 commenti.
PS. Non ci spiacerebbe affatto anche ascoltare i suoi pareri su altri temi. In modo particolare su “LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA”, l’allarme inviato da Il Fatto Quotidiano domenica scorsa, circa i pericoli che sta correndo il nostro Paese.
"Il socialismo nell’era dei robot"
questo invito all'autore Alessandro Gilioli.
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Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Iniziato nel mese di marzo u.s.?
In cui stamani ho postato il Suo articolo, e questa sera i 13 commenti.
PS. Non ci spiacerebbe affatto anche ascoltare i suoi pareri su altri temi. In modo particolare su “LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA”, l’allarme inviato da Il Fatto Quotidiano domenica scorsa, circa i pericoli che sta correndo il nostro Paese.
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Fai e hai fatto bene ad inviare questi inviti ma mi sa che a costoro interessi soltanto che le discussioni avvengano a seguito dei loro articoli e basta.camillobenso ha scritto:Ho inviato ora nei commenti dell'articolo:
"Il socialismo nell’era dei robot"
questo invito all'autore Alessandro Gilioli.
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Egregio Giglioli,
verrebbe ad approfondire ulteriormente questo tema sul forum:
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Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Iniziato nel mese di marzo u.s.?
In cui stamani ho postato il Suo articolo, e questa sera i 13 commenti.
PS. Non ci spiacerebbe affatto anche ascoltare i suoi pareri su altri temi. In modo particolare su “LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA”, l’allarme inviato da Il Fatto Quotidiano domenica scorsa, circa i pericoli che sta correndo il nostro Paese.
Non caveremo un ragno dal buco poiche anche se, costoro, continuano a chiacchierare che la politica deve assolutamente partire dal basso nei fatti. Pero' rimane sempre un editore al quale rispondere e portare profitti.
Esigono che il "mi piace" venga indirizzato esclusivamente al loro articolo e basta. Altre discussioni, a costoro , non interessano piu' di tanto anche se partono dal basso.
Mi sbaglio? Lo vorrei veramente. Staremo a vedere
un salutone da Juan
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
La vox populi
I 13 commenti all'articolo:
"Il socialismo nell’era dei robot"
pubblicato sul sito di Alessandro Giglioli - (L'Espresso)
Italiote 9 luglio 2014 alle 20:40
Il modello Foxconn prevede l’incremento dell’automazione per far fronte all’aumento di domanda per l’assemblaggio a costi competitivi.
Ma un robot che trovi una soluzione che migliori le condizioni dei dipendenti prima di quella degli azionisti deve ancora essere costruito (probabilmente per mancanza di fondi).
Glorificare il progresso attira investitori ma dietro la patinatura si celano paradossalmente performance straordinarie nella R&D&P ma poco futuribili traguardi per chi fraintende l’ottimismo motivazionale per una imminenza della singolarità tecnologica…
Da profano mi risulta che i sistemi esperti rispettino comunque dei paradigmi prestabiliti e possano modulare le risposte in base a segnali modalmente predeterminati.
Questo per dire che parte della professionalità ideali che già si danno per sostituibili hanno un “simbionte” umano capace di mutare autonomamente i propri paradigmi e abilitare all’elaborazione di nuovi segnali modali.
Un sistema esperto è capace anche di evolvere determinati domini ma necessiterà comunque di una componente umana per modifiche “trascendenti” a meno che non si “insegni” l’analogo sintetico dell’autodeterminazione (rigorosamente brevettata).
Però conforta sapere che ancora si preferiscono i politici sobri ed autorevoli alla vecchia maniera.
***
Alfio Perego 9 luglio 2014 alle 21:10
Articolo condivisibile ma,( c’è sempre un ma ) il lavoro svolto dalle macchine o robot che dir si voglia, serve per costruire beni di cui é possibile farne ameno, si può al limite anche far senza del dentista, se gli operai licenziati dai robot non comprano, a che servono i robot stessi ? Il nuovo socialismo si dovrà premere cura pure della rottamazione, oltre che umana anche a quella robotizzata. Nell’industria dell’auto i robot continuano ha costruire macchine destinate perlopiù ha riempire piazzali delle aziende, perché se mancano i soldi…
***
Alfb 9 luglio 2014 alle 22:37
Io lavoro saltuariamente a Disneyland, quel contatto umano con gli ospiti del parco sarà sempre nel 53%
***
Villehardouin 9 luglio 2014 alle 23:56
È di oggi la notizia che al MIT hanno sostituto il test di Turing, considerato poco efficace a paragone della capacità di comprensione, da parte delle macchine, dei motivi che spingono borghesi benestanti a formare liste di sinistra e scindersi immediatamente dopo la loro costituzione, alla ricerca di una sempre maggiore purezza
***
Lupo Omega 10 luglio 2014 alle 00:00
http://lupoomega.wordpress.com/2014/05/ ... no-lavoro/
***
Giorgio N. 10 luglio 2014 alle 01:39
Quando apparirà chiaro a tutti che i PC non coltivano patate o grano le cose torneranno, in un certo senso, al loro posto. Corsi e ri-corsi della storia; purtroppo spesso in modo doloroso per chi vive di persona i cambiamenti.
***
Passo E Chiudo 10 luglio 2014 alle 05:41
Il futuro socialista lo ha squadernato molto bene Ridley Scott nel sottovalutato film Prometheus
R.
Grazie mille della segnalazione; non l’ho visto ma ora me lo procuro.
***
Mario Miguel 10 luglio 2014 alle 09:10
ROBOT A DELINQUERE
La raccomandazione fatta ai politici di prevedere il corso degli eventi legati all’avvento di una automazione sempre più pervasiva ha senza meno un suo fondamento. Molti segni di questa nuova realtà si evidenziano già sotto i nostri occhi e alcune misure istituzionali ed organizzative sarebbero da avviare subito. Ma siamo in Italia, un Paese abitato da un Popolo che solitamente – parafrasando un’idea cara al Gilioli- non manifesta una eccessiva cura di se stesso.
Prima ancora di prevedere come sarà lo stato sociale del futuro, i nostri politici cominceranno a studiare, in primis, come rubare avvalendosi fisicamente dei robot. Per approvare poi, con la massima tempestività, un corpus di leggi speciali per arginare i danni incalcolabili provocati dai robot malavitosi.
***
Layos 10 luglio 2014 alle 09:29
Sinceramente a me sembra luddismo fuori tempo massimo. Agli albori dell’era industrial c’era gente che distruggeva i telai a vapore sostenendo che avrebbero tolto il posto a 200 operai intessitori. La realtà ha poi svelato che invece l’automazione dei processi produttivi ha abbattuto i costi dei prodotti e reso accessibili a tutti dei beni che prima di allora (e comunque per anni dopo) erano considerati un lusso.
Per mio padre e mia madre era normale tenersi un paio di scarpe per qualche anno ed avere in eredità i vestiti dai fratelli. Oggi le scarpe sono praticamente usa e getta e se le può comrpare anche un clochard dopo una giornata di elemosina.
E qui subentra il secondo punto cruciale secondo me: il problema non è il progresso tecnologico, ma il modello di sviluppo. Abbiamo davvero bisogno di produrre così tante scarpe, con un costo di produzione così basso, consumando risorse e materie prime (energia, acqua, inquinamento) per usarle pochi mesi e poi farle diventare ingombranti e pericolosi rifiuti da smaltire?
Viviamo un paradosso grottesco, consumiamo più risorse di quelle disponibili (quelle rinnovabili a ritmo maggiore di quanto si rinnovino e quelle non rinnovabili verso l’esaurimento) e nonostante questo il nostro modello di sviluppo prevede che ci debba essere costante e continua crescita, di produzione e quindi di consumo, come se noi fossimo in una macchina con la spia fissa della riserva e, per una qualche forma di folle meccanismo, dovessimo comunque sempre e solo aumentare la velocità perchè la macchina funzioni.
Devo confessare però un conflitto di interesse in questa analisi, io mi guadagno da vivere scrivendo software nel settore dell’automazione industriale.
***
Berluscameno 10 luglio 2014 alle 09:58
Ecco, appunto : ci vogliono tutti disoccupati. Lo scopo finale della attuale Globalizzazione : “… mortacci loro” !
Ripeto ancora per chi non lo avesse ancora capito.
Per risolvere il problema della disoccupazione (ormai cronica in Italia ) occorre rilanciare alla grande lo sviluppo e la crescita dell’industria edilizia residenziale .
Avete mai sentito parlare di case di civile abitazione costruite tramite i “robot” ?
Non mi pare.
Per il semplice motivo che non è possibile costruire le civili abitazioni ( e non “i pollai” delle favelas sud americane)sostituendo l’opera manuale degli architetti, ingegneri ,geometri, direttori di cantieri edili , muratori, carpentieri ,ferraioli ,piastrellanti, tecnici impiantistici quali elettricisti, idraulici , lattonieri, posatori di tegole o di asfaltature impermeabilizzanti per i tetti delle case, coibentazione per il risparmio energetico, ecc. Senza dimenticare coloro che mettono in opera i serramenti : porte ,finestre, serrande. I posatori delle caldaie per il riscaldamento delle abitazioni ; l’allaccio delle tubazioni per le fognature domestiche e relativi collegamenti alle condutture pubbliche di acque nere e bianche e del gas di città . Insomma una moltitudine di personale “indispensabile “( e soprattutto molto, molto “manuale “) che non potrà mai essere sostituito dal lavoro altamente tecnologico dei “Robot” prodotti industrialmente.
Quindi se vogliamo “ribellarci “ contro il declino e la rovina dell’umanità intera -oltre che della sola Italia con la sua disoccupazione dilagante-dobbiamo sollecitare tutti i possibili ed immaginabili centri decisionali governativi affinché facciano ripartire immediatamente gli investimenti privati e pubblici per lo sviluppo decisivo e tumultuoso dell’industria edilizia ( e del relativo ed enorme indotto conseguente e collegato all’ edilizia : pensiamo solo all’industria che produce l’arredamento delle case.Adesso -infatti- produce i mobili per arredare le case dei cinesi , degli Emiri arabi, nonché dei Magnati Russi, ecc.! . Svegliamoci finalmente dal sonno dell’intelligenza addomesticata tramite i soliti dibattiti ideologici robotizzati !
Dimentichiamoci ( per qualche tempo )di leggere solo i libri di politica ed economia teorica e ricordiamoci ,invece, che il governo del mondo globale è in mano ai furbastri banchieri gangster che “tutto prendono e nulla danno” alle popolazioni “truffate” ma educatamente soggette .
http://www.firstonline.info/a/2014/05/2 ... 0b91a6ffca
***
Cla Van 10 luglio 2014 alle 11:05
Vado OT: blogmaster, perchè non ci fa un bel post sull’endorsment del pd (renzi in prima persona) verso Errani e sul fatto che, non ci sono i soldi per i malati di sla, ma riusciamo a trovarli per pagare lo stipendio ai parlamentari agli arresti domiciliari, grazie al Partito Debosciato che voglio sentire i commenti di tutti i trolloni renzini che infestano il suo blog?
***
Volty 10 luglio 2014 alle 14:32
- «« … su come sarà il socialismo nell’era dei robot. »»-
Il socialismo? Quello cercato su «Chi l’ha visto?»?
Prima bisogna averlo, il socialismo.
I robot (mezzi di produzione) nelle mani degli operai, che non ci saranno …
Siamo nell’era dell’inquinamento della parole (non da parte di Gilioli, eh). Il socialismo era quello dei paesi socialisti. Il socialismo era quell’ordine sociale ed economico dove i mezzi di produzione (indi pure i prodotti) erano di proprietà di tutti. Il socialismo annacquato (i vari conglomerati di «partiti di sinistra») di stampo occidentale) con l’acqua democratico-parlamentare non ha nulla a che vedere con quell’altro socialismo (di stampo marxista).
Secondo me si tratta (soltanto) di un altra rivoluzione industriale (terza, quarta?) — i telai pre-programmati liberarono forza-lavoro poi ricollocata altrove, quindi, con la avanzata dei robot, succederà la stessa cosa per un bel po’ di tempo a venire. Ci saranno dei paesi con più, e ci saranno paesi con meno, di robot. Ci saranno paesi con robot superiori, più resistenti, e ci saranno paesi di robot che arrugginiscono. E, fintanto che il robot non prenderanno sopravento in tutti i settori, i vari paesi competeranno nella fascia crea-robot e oltre-robot.
E quando i robot riusciranno a fare tutto, proprio tutto? Beh, a quel punto l’uomo diventerà superfluo .
p.s.
ricordo che tempo fa leggevo che il futuro sono i servizi
dicevano che, p.e, i camerieri non hanno nulla da temere
forse perché l’uomo preferirà sempre essere servito da un umano,
lo vuole vedere faticare, chinarsi, riverire
ma forse un giorno pure i robot vorranno, tanto per imitare gli umani bevendo finto tè, essere serviti da umani
forse ci attende un futuro sempre più disumano
un post sul quale ci sarebbe da dibattere per un mese intero
ma c’è il rischio che diventiamo tutti esperti del futuro
e quindi va bene così
andiamo in spiaggia
e speriamo che fra poco arrivino bagnini robot – con remi, e ossigeno, incorporati
***
Marco Antoniotti 10 luglio 2014 alle 16:17
Pensate questo invece…
Si presume che ci siano in giro un qualche miliardo di linee di codice Java “là fuori”. Ovvero, “tutto il codice che c’è da scrivere” è praticamente già stato scritto.
Prima o poi un informatico si inventerà un modo (un algoritmo) di mischiare a dovere questo codice e di tirare fuori un “robot programmatore”. L’informatico in questione si chiamerà Bud Calhoun (cfr. Player Piano di Vonnegut).
I 13 commenti all'articolo:
"Il socialismo nell’era dei robot"
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Italiote 9 luglio 2014 alle 20:40
Il modello Foxconn prevede l’incremento dell’automazione per far fronte all’aumento di domanda per l’assemblaggio a costi competitivi.
Ma un robot che trovi una soluzione che migliori le condizioni dei dipendenti prima di quella degli azionisti deve ancora essere costruito (probabilmente per mancanza di fondi).
Glorificare il progresso attira investitori ma dietro la patinatura si celano paradossalmente performance straordinarie nella R&D&P ma poco futuribili traguardi per chi fraintende l’ottimismo motivazionale per una imminenza della singolarità tecnologica…
Da profano mi risulta che i sistemi esperti rispettino comunque dei paradigmi prestabiliti e possano modulare le risposte in base a segnali modalmente predeterminati.
Questo per dire che parte della professionalità ideali che già si danno per sostituibili hanno un “simbionte” umano capace di mutare autonomamente i propri paradigmi e abilitare all’elaborazione di nuovi segnali modali.
Un sistema esperto è capace anche di evolvere determinati domini ma necessiterà comunque di una componente umana per modifiche “trascendenti” a meno che non si “insegni” l’analogo sintetico dell’autodeterminazione (rigorosamente brevettata).
Però conforta sapere che ancora si preferiscono i politici sobri ed autorevoli alla vecchia maniera.
***
Alfio Perego 9 luglio 2014 alle 21:10
Articolo condivisibile ma,( c’è sempre un ma ) il lavoro svolto dalle macchine o robot che dir si voglia, serve per costruire beni di cui é possibile farne ameno, si può al limite anche far senza del dentista, se gli operai licenziati dai robot non comprano, a che servono i robot stessi ? Il nuovo socialismo si dovrà premere cura pure della rottamazione, oltre che umana anche a quella robotizzata. Nell’industria dell’auto i robot continuano ha costruire macchine destinate perlopiù ha riempire piazzali delle aziende, perché se mancano i soldi…
***
Alfb 9 luglio 2014 alle 22:37
Io lavoro saltuariamente a Disneyland, quel contatto umano con gli ospiti del parco sarà sempre nel 53%
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Villehardouin 9 luglio 2014 alle 23:56
È di oggi la notizia che al MIT hanno sostituto il test di Turing, considerato poco efficace a paragone della capacità di comprensione, da parte delle macchine, dei motivi che spingono borghesi benestanti a formare liste di sinistra e scindersi immediatamente dopo la loro costituzione, alla ricerca di una sempre maggiore purezza
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Lupo Omega 10 luglio 2014 alle 00:00
http://lupoomega.wordpress.com/2014/05/ ... no-lavoro/
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Giorgio N. 10 luglio 2014 alle 01:39
Quando apparirà chiaro a tutti che i PC non coltivano patate o grano le cose torneranno, in un certo senso, al loro posto. Corsi e ri-corsi della storia; purtroppo spesso in modo doloroso per chi vive di persona i cambiamenti.
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Passo E Chiudo 10 luglio 2014 alle 05:41
Il futuro socialista lo ha squadernato molto bene Ridley Scott nel sottovalutato film Prometheus
R.
Grazie mille della segnalazione; non l’ho visto ma ora me lo procuro.
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Mario Miguel 10 luglio 2014 alle 09:10
ROBOT A DELINQUERE
La raccomandazione fatta ai politici di prevedere il corso degli eventi legati all’avvento di una automazione sempre più pervasiva ha senza meno un suo fondamento. Molti segni di questa nuova realtà si evidenziano già sotto i nostri occhi e alcune misure istituzionali ed organizzative sarebbero da avviare subito. Ma siamo in Italia, un Paese abitato da un Popolo che solitamente – parafrasando un’idea cara al Gilioli- non manifesta una eccessiva cura di se stesso.
Prima ancora di prevedere come sarà lo stato sociale del futuro, i nostri politici cominceranno a studiare, in primis, come rubare avvalendosi fisicamente dei robot. Per approvare poi, con la massima tempestività, un corpus di leggi speciali per arginare i danni incalcolabili provocati dai robot malavitosi.
***
Layos 10 luglio 2014 alle 09:29
Sinceramente a me sembra luddismo fuori tempo massimo. Agli albori dell’era industrial c’era gente che distruggeva i telai a vapore sostenendo che avrebbero tolto il posto a 200 operai intessitori. La realtà ha poi svelato che invece l’automazione dei processi produttivi ha abbattuto i costi dei prodotti e reso accessibili a tutti dei beni che prima di allora (e comunque per anni dopo) erano considerati un lusso.
Per mio padre e mia madre era normale tenersi un paio di scarpe per qualche anno ed avere in eredità i vestiti dai fratelli. Oggi le scarpe sono praticamente usa e getta e se le può comrpare anche un clochard dopo una giornata di elemosina.
E qui subentra il secondo punto cruciale secondo me: il problema non è il progresso tecnologico, ma il modello di sviluppo. Abbiamo davvero bisogno di produrre così tante scarpe, con un costo di produzione così basso, consumando risorse e materie prime (energia, acqua, inquinamento) per usarle pochi mesi e poi farle diventare ingombranti e pericolosi rifiuti da smaltire?
Viviamo un paradosso grottesco, consumiamo più risorse di quelle disponibili (quelle rinnovabili a ritmo maggiore di quanto si rinnovino e quelle non rinnovabili verso l’esaurimento) e nonostante questo il nostro modello di sviluppo prevede che ci debba essere costante e continua crescita, di produzione e quindi di consumo, come se noi fossimo in una macchina con la spia fissa della riserva e, per una qualche forma di folle meccanismo, dovessimo comunque sempre e solo aumentare la velocità perchè la macchina funzioni.
Devo confessare però un conflitto di interesse in questa analisi, io mi guadagno da vivere scrivendo software nel settore dell’automazione industriale.
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Berluscameno 10 luglio 2014 alle 09:58
Ecco, appunto : ci vogliono tutti disoccupati. Lo scopo finale della attuale Globalizzazione : “… mortacci loro” !
Ripeto ancora per chi non lo avesse ancora capito.
Per risolvere il problema della disoccupazione (ormai cronica in Italia ) occorre rilanciare alla grande lo sviluppo e la crescita dell’industria edilizia residenziale .
Avete mai sentito parlare di case di civile abitazione costruite tramite i “robot” ?
Non mi pare.
Per il semplice motivo che non è possibile costruire le civili abitazioni ( e non “i pollai” delle favelas sud americane)sostituendo l’opera manuale degli architetti, ingegneri ,geometri, direttori di cantieri edili , muratori, carpentieri ,ferraioli ,piastrellanti, tecnici impiantistici quali elettricisti, idraulici , lattonieri, posatori di tegole o di asfaltature impermeabilizzanti per i tetti delle case, coibentazione per il risparmio energetico, ecc. Senza dimenticare coloro che mettono in opera i serramenti : porte ,finestre, serrande. I posatori delle caldaie per il riscaldamento delle abitazioni ; l’allaccio delle tubazioni per le fognature domestiche e relativi collegamenti alle condutture pubbliche di acque nere e bianche e del gas di città . Insomma una moltitudine di personale “indispensabile “( e soprattutto molto, molto “manuale “) che non potrà mai essere sostituito dal lavoro altamente tecnologico dei “Robot” prodotti industrialmente.
Quindi se vogliamo “ribellarci “ contro il declino e la rovina dell’umanità intera -oltre che della sola Italia con la sua disoccupazione dilagante-dobbiamo sollecitare tutti i possibili ed immaginabili centri decisionali governativi affinché facciano ripartire immediatamente gli investimenti privati e pubblici per lo sviluppo decisivo e tumultuoso dell’industria edilizia ( e del relativo ed enorme indotto conseguente e collegato all’ edilizia : pensiamo solo all’industria che produce l’arredamento delle case.Adesso -infatti- produce i mobili per arredare le case dei cinesi , degli Emiri arabi, nonché dei Magnati Russi, ecc.! . Svegliamoci finalmente dal sonno dell’intelligenza addomesticata tramite i soliti dibattiti ideologici robotizzati !
Dimentichiamoci ( per qualche tempo )di leggere solo i libri di politica ed economia teorica e ricordiamoci ,invece, che il governo del mondo globale è in mano ai furbastri banchieri gangster che “tutto prendono e nulla danno” alle popolazioni “truffate” ma educatamente soggette .
http://www.firstonline.info/a/2014/05/2 ... 0b91a6ffca
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Cla Van 10 luglio 2014 alle 11:05
Vado OT: blogmaster, perchè non ci fa un bel post sull’endorsment del pd (renzi in prima persona) verso Errani e sul fatto che, non ci sono i soldi per i malati di sla, ma riusciamo a trovarli per pagare lo stipendio ai parlamentari agli arresti domiciliari, grazie al Partito Debosciato che voglio sentire i commenti di tutti i trolloni renzini che infestano il suo blog?
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Volty 10 luglio 2014 alle 14:32
- «« … su come sarà il socialismo nell’era dei robot. »»-
Il socialismo? Quello cercato su «Chi l’ha visto?»?
Prima bisogna averlo, il socialismo.
I robot (mezzi di produzione) nelle mani degli operai, che non ci saranno …
Siamo nell’era dell’inquinamento della parole (non da parte di Gilioli, eh). Il socialismo era quello dei paesi socialisti. Il socialismo era quell’ordine sociale ed economico dove i mezzi di produzione (indi pure i prodotti) erano di proprietà di tutti. Il socialismo annacquato (i vari conglomerati di «partiti di sinistra») di stampo occidentale) con l’acqua democratico-parlamentare non ha nulla a che vedere con quell’altro socialismo (di stampo marxista).
Secondo me si tratta (soltanto) di un altra rivoluzione industriale (terza, quarta?) — i telai pre-programmati liberarono forza-lavoro poi ricollocata altrove, quindi, con la avanzata dei robot, succederà la stessa cosa per un bel po’ di tempo a venire. Ci saranno dei paesi con più, e ci saranno paesi con meno, di robot. Ci saranno paesi con robot superiori, più resistenti, e ci saranno paesi di robot che arrugginiscono. E, fintanto che il robot non prenderanno sopravento in tutti i settori, i vari paesi competeranno nella fascia crea-robot e oltre-robot.
E quando i robot riusciranno a fare tutto, proprio tutto? Beh, a quel punto l’uomo diventerà superfluo .
p.s.
ricordo che tempo fa leggevo che il futuro sono i servizi
dicevano che, p.e, i camerieri non hanno nulla da temere
forse perché l’uomo preferirà sempre essere servito da un umano,
lo vuole vedere faticare, chinarsi, riverire
ma forse un giorno pure i robot vorranno, tanto per imitare gli umani bevendo finto tè, essere serviti da umani
forse ci attende un futuro sempre più disumano
un post sul quale ci sarebbe da dibattere per un mese intero
ma c’è il rischio che diventiamo tutti esperti del futuro
e quindi va bene così
andiamo in spiaggia
e speriamo che fra poco arrivino bagnini robot – con remi, e ossigeno, incorporati
***
Marco Antoniotti 10 luglio 2014 alle 16:17
Pensate questo invece…
Si presume che ci siano in giro un qualche miliardo di linee di codice Java “là fuori”. Ovvero, “tutto il codice che c’è da scrivere” è praticamente già stato scritto.
Prima o poi un informatico si inventerà un modo (un algoritmo) di mischiare a dovere questo codice e di tirare fuori un “robot programmatore”. L’informatico in questione si chiamerà Bud Calhoun (cfr. Player Piano di Vonnegut).
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Re: Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
pancho ha scritto:Fai e hai fatto bene ad inviare questi inviti ma mi sa che a costoro interessi soltanto che le discussioni avvengano a seguito dei loro articoli e basta.camillobenso ha scritto:Ho inviato ora nei commenti dell'articolo:
"Il socialismo nell’era dei robot"
questo invito all'autore Alessandro Gilioli.
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Egregio Giglioli,
verrebbe ad approfondire ulteriormente questo tema sul forum:
Forumisti per una Sinistra Libera ed Autentica
Non si discute per aver ragione, ma per capire!
http://forumisti.mondoforum.com/viewtop ... 6&start=10
all’interno del thread :
Robotizzazione, industrializzazione e....disoccupazione.
Iniziato nel mese di marzo u.s.?
In cui stamani ho postato il Suo articolo, e questa sera i 13 commenti.
PS. Non ci spiacerebbe affatto anche ascoltare i suoi pareri su altri temi. In modo particolare su “LA DEMOCRAZIA AUTORITARIA”, l’allarme inviato da Il Fatto Quotidiano domenica scorsa, circa i pericoli che sta correndo il nostro Paese.
Non caveremo un ragno dal buco poiche anche se, costoro, continuano a chiacchierare che la politica deve assolutamente partire dal basso nei fatti. Pero' rimane sempre un editore al quale rispondere e portare profitti.
Esigono che il "mi piace" venga indirizzato esclusivamente al loro articolo e basta. Altre discussioni, a costoro , non interessano piu' di tanto anche se partono dal basso.
Mi sbaglio? Lo vorrei veramente. Staremo a vedere
un salutone da Juan
Molto probabilmente hai ragione tu. E' stato dello stesso avviso anche erding in altra occasione di recente su altro 3D, qualche giorno fa, aggiungendo che comunque vale la pena di aver tentato.
Avremo in questo modo la possibilità di sapere come è fatta la nostra società a questi livelli. Se si tratta di lezioni da "Actors studio Italia" oppure se credono veramente a quello che dicono.
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