Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
http://www.elicriso.it/it/suoni_animali ... ufo_reale/
Non era necessario scomodare il Prof. Brancaccio dell'Università del Sannio. Bastava chiedere un mese dopo l'insediamento di Pittibimbo, il parere della sciura Maria, la mitica casalinga di Voghera. Il niet lo avrebbe pronunciato lei.
Comunque qui non si tratta di gufi o di altro. Qui si tratta di persone responsabili e di persone irresponsabili.
Primo fra tutti il capo dello Stato che ha ripreso per le orecchie il Caimano troppo tardi. Poi ha sbagliato Monti, ha sbagliato Letta e adesso ha sbagliato Renzi.
Chi non è mai stato all'interno del mondo del lavoro e della produzione non capirà mai come funziona l'ambaradan.
Lo stesso dicasi per il sottoscritto se dovesse essere catapultato in sala operatoria od in sala parto.
Non saprei da che parte cominciare.
Lo stesso dicasi per questa classe politica, che dire inetta sarebbe come fargli un complimento superlativo. Sono solo specializzati in mazzette tipo Expo o Mose, ma come si fa a mandare avanti il mondo della produzione non lo sanno fare.
Questa da sempre è una nazione di trasformazione. E bisogna operare in questo senso. Non con le supercazzole delle riforme del Senato ed altro.
Il declino dell'economia italiana affonda nel passato. Circa 40 anni fa. Ma tutti se ne sono sbattuti altamente. Berlusconi pensava a salvare le sue aziende ed il suo fondo schiena dalla magistratura. Da lui non ci si doveva aspettare niente. Ma grosse responsabilità le porta anche la finta opposizione di cs, con cui si è spartita la torta col Berluscone.
Non dovete mai dimenticare il ddl 3809 dell'aprile del 2011, presentato dal cassiere del Pd Sposetti in accordo col solito Verdini. Pd e Pdl chiedevano il raddoppio del finanziamento pubblico dei partiti (rimborso elettorale). In pratica pretendevano in piena crisi un appannaggio di 8 volte quanto è stato abrogato con il referendum del 1993. Mentre imprenditori, piccoli e medi, oltre agli operai si suicidavano perché non ce la facevano più ad andare avanti.
Prendi e raddoppia: il blitz dei partiti
La proposta del Pd Sposetti prevede che anche le fondazioni possano beneficiare dei rimborsi. Una norma che raddoppia i costi della politica
di Eduardo Di Blasi | 10 aprile 2011
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/04 ... ti/103428/
Rimborsi ai partiti: un anno fa volevano raddoppiarli
http://www.wallstreetitalia.com/.../rim ... -volevano-...
16/apr/2012 – Il primo firmatario del progetto di legge numero 3809, "Disciplina dei partiti ... nella seduta del 12 aprile 2011, si presentò pure un personaggio ...
Poi è arrivato il bidone da parte di Monti. Si sono accordati per Letta nipote. Altro fiasco (che a Milano lo sapevano da subito anche i sassi).
Adesso è arrivato il parolaio gigliato esperto in supercazzole prematurate.
Altro fallimento.
Oramai sono mesi che viaggiamo a cazzate sulle riforme che interessano solo i politici perché si tratta del loro posto di lavoro.
A questo punto non ne veniamo più fuori. Siamo falliti, come ha dichiarato Luttwak in collegamento con Ballarò. Gli americani ci vedono così. Ma il 40,8 % dei tricolori, a vario titolo, ha creduto o crede ancora nelle supercazzole prematurate di Pittibimbo.
ALLARME RIPRESA
Crescita a rilento e svendite di Stato
"Caro Renzi, avevano ragione i gufi"
Il governo deve fare i conti con una crescita più lenta del previsto. «Renzi, come Monti, ha sbagliato i calcoli». E le privatizzazioni sono state un flop. Ma una manovra correttiva «sarebbe una follia». Intervista all'economista Emiliano Brancaccio
DI LUCA SAPPINO
Crescita a rilento e svendite di Stato
Caro Renzi, avevano ragione i gufi
Il Fondo Monetario Internazionale e Bankitalia dimezzano la crescita che era stata prevista dal governo. «Non cadiamo mica tutti dal pero», rivendica all'Espresso l'economista Emiliano Brancaccio: «Avevamo più volte avvisato che le stime di Renzi, così come quelle di Letta, Monti e della stessa Commissione europea, erano irresponsabilmente ottimistiche».
«Quando si attuano politiche di restrizione dei bilanci pubblici», nota Brancaccio, «il risultato prevedibile è che la domanda di beni e servizi cali e il Pil venga ulteriormente depresso». «Previsto» era pure il flop delle privatizzazioni, con Fincantieri che ha fruttato la metà di quanto annunciato dal governo.
Servirà dunque una manovra correttiva?
«Sarebbe una follia», dice ancora Brancaccio, perché «una manovra che taglia ancora la spesa pubblica e insiste con la pressione fiscale finirebbe per aggravare gli effetti depressivi della precedente».
Professore, Matteo Renzi ha detto ad Alain Fridman: «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone». È così?
«Il livello di approssimazione di certe dichiarazioni è sorprendente. Questi temi non andrebbero affrontati in modo così superficiale. Quelle cifre fanno la differenza tra un'economia che vede crescere l'occupazione e un'economia che continua a distruggere posti di lavoro, e in prospettiva possono fare la differenza tra uno Stato solvibile e uno Stato in bancarotta».
Renzi, presentando il Def, aveva detto di aver abbassato «prudenzialmente» la previsione rispetto a quella fatta dal governo Letta. Il premier si era poi detto certo, però, che sarebbe stata più alta. In un' intervista all'Espresso di qualche mese fa lei manifestò un parere opposto. E così è stato. Cosa non ha funzionato?
«A quanto pare, quelli che il nostro premier chiama "gufi" hanno avuto ragione, ancora una volta. Sono ormai più di tre anni che il governo, e la stessa Commissione europea, nel prevedere l'andamento del Pil peccano sistematicamente di ottimismo. Lo fece Monti, l'ha fatto Letta e ora lo fa Renzi. La realtà è che, se ci va bene, quest'anno ci troveremo con crescita zero».
Perché le stime si rivelano puntalmente troppo ottimistiche?
«Perché in Europa si evita di affrontare un'evidenza scientificamente inconfutabile: quando si attuano politiche di austerity la domanda di beni e servizi è destinata a cadere, e con essa cade anche il livello del Pil. Persino il Fondo monetario internazionale ha dovuto riconoscere che questo effetto era stato trascurato. La Commissione europea e i governi nazionali dell'eurozona si ostinano a eludere il problema».
E gli effetti degli 80 euro?
«Quelli non si vedono perché i lavoratori dipendenti sono stati costretti, in questi anni, a erodere i loro risparmi per far fronte alla crisi. In questo scenario è illusorio pensare che gli 80 euro in più in busta paga si possano interamente trasformare in consumi. Ma soprattutto, occorre ricordare che la famigerata manovra degli 80 euro si inscrive in una politica di bilancio che nel complesso rimane depressiva. Il governo continua a sottrarre all'economia più di quanto eroghi: l'obiettivo generale della politica economica resta infatti quello di attuare un prelievo fiscale che eccede la spesa pubblica al netto degli interessi. Questo significa che i cittadini e le imprese si trovano da un lato con 80 euro in più, ma dall'altro lato registrano tagli ulteriori ai servizi e aumenti delle tariffe. E temono incrementi di altre voci di imposta. L'effetto finale sulle capacità complessive di spesa resta dunque negativo».
Potrebbe essere più utile il jobs act, di cui pure si sono perse le tracce?
«No. Ancora una volta si ignorano i risultati accumulati dalla ricerca scientifica per oltre un ventennio: le politiche di precarizazzione non accrescono gli occupati ma fanno sì, semmai, che l'occupazione diventi più instabile. I contratti precari possono al limite indurre le imprese a creare posti di lavoro nelle fasi di espansione ma poi, quando c'è crisi, quegli stessi posti di lavoro, essendo precari, vengono immediatamente cancellati».
Sarà necessaria una correzione del Def in autunno? Il governo ancora nega la manovra correttiva...
«Una restrizione ulteriore del bilancio sarebbe una follia. Tagliare ancora la spesa e insistere con la pressione fiscale non può che aggravare gli effetti depressivi delle manovre precedenti».
Il Financial Times mette l'accento sulle privatizzazioni ferme al palo. La vendita di Fincantieri ha prodotto la metà del previsto. La dismissione del 40 per cento di Poste slitterà di un anno. Sempre il Financial Times scrive che per rispettare quanto previsto nel Def, cioè per ricavare 11 miliardi con cui ridurre il debito pubblico, il governo dovrà mettere sul mercato altre quote di Eni e Enel. È una strada?
«Anche sulle privatizzazioni i cosiddetti "gufi" avevano lanciato un chiaro allarme: in una fase di crisi i prezzi di mercato degli asset sono bassi e le privatizzazoni diventano vere e proprie svendite. L'obiettivo del governo di ricavare 11 miliardi non può che essere disatteso, come già dimostra la vicenda Fincantieri».
C'è un momento migliore per farle?
«Di certo non ora. Ma io credo che bisognerebbe mettere in discussione la logica delle privatizzazioni nel suo complesso. Questo è un paese con scarsa memoria, ma basterebbe forse ricordare gli effetti del record di privatizzazioni che l'Italia ha segnato negli anni '90. Non mi pare che quell'onda di vendite di asset pubblici abbia dato benefici al paese. Di fatto, gli unici a trarne vantaggio furono quei gruppi di interesse nazionali ed esteri che beneficiarono dello shopping di spezzoni di apparato pubblico a prezzi di saldo».
Disoccupazione, povertà relativa, crescita, debito pubblico. Tutti i valori sono peggiori di quelli registrati nel 2011, anno della lettera della Bce e della chiamata dei "tecnici". Perché eravamo più preoccupati tre anni fa?
«Per adesso siamo meno preoccupati perché Draghi ha compiuto una mossa che cambia il quadro. Nel 2011 l'Italia e gli altri paesi periferici europei erano esposti alla speculazione internazionale. Gli operatori sui mercati finanziari vendevano, i prezzi dei titoli crollavano e i tassi d'interesse - i famigerati spread - aumentavano».
Oggi questo rischio è scongiurato?
«Per il momento sì. La differenza tra allora e oggi sta nel fatto che la Bce ha preso un impegno: proteggere i paesi in difficoltà da eventuali ondate di vendite sui mercati finanziari. In caso di vendite, la Bce compra i titoli e quindi i prezzi e gli spread rimangono stabili. Il problema è che la strategia della Bce si basa sull'idea che il suo ombrello protettivo sia temporaneo. L'auspicio dichiarato della banca centrale è che le politiche di austerity e le famigerate riforme strutturali siano in grado, a un certo punto, di rilanciare i paesi in difficoltà e di rendere quindi superflua la sua protezione. Noi stiamo invece registrando che così non sarà».
E come sarà?
«Vale tuttora la previsione contenuta nel "monito degli economisti" che abbiamo pubblicato nel settembre scorso sul Financial Times: con le attuali politiche di austerity, la divergenza tra paesi deboli e paesi forti dell'eurozona continuerà ad ampliarsi. La politica monetaria non può affrontare da sola questa divaricazione. Bisognerebbe almeno affiancare le azioni della banca centrale con un piano di investimenti pubblici mirati. Le più autorevoli ricerche economiche dimostrano che l'intervento statale può esser decisivo non solo per fini di assistenza ma anche per creare condizioni di sviluppo tecnologico e produttivo, soprattutto nei paesi più deboli, che ne hanno più bisogno. Il guaio è che in Europa i dogmi del liberismo, sebbene più volte sconfessati, tuttora resistono, e l'idea di un rilancio in chiave moderna dell'intervento pubblico resta tabù».
Quali saranno dunque le implicazioni per l'eurozona?
«Le divergenze tra paesi forti e paesi deboli dell'Unione aumenteranno. Se si continua a pensare che la politica monetaria possa risolvere da sola questo enorme problema, l'Unione monetaria europea non potrà che confermarsi insostenibile. Anche se ora sembrano tutti più sereni, i nodi verranno di nuovo al pettine e presto o tardi si tornerà a vivere il clima del 2011. Sarà una previsione da "gufo", ma fino a ora i cosiddetti "gufi" hanno avuto molta più lungimiranza dei professionisti dell'ottimismo».
http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... i-1.174691
Non era necessario scomodare il Prof. Brancaccio dell'Università del Sannio. Bastava chiedere un mese dopo l'insediamento di Pittibimbo, il parere della sciura Maria, la mitica casalinga di Voghera. Il niet lo avrebbe pronunciato lei.
Comunque qui non si tratta di gufi o di altro. Qui si tratta di persone responsabili e di persone irresponsabili.
Primo fra tutti il capo dello Stato che ha ripreso per le orecchie il Caimano troppo tardi. Poi ha sbagliato Monti, ha sbagliato Letta e adesso ha sbagliato Renzi.
Chi non è mai stato all'interno del mondo del lavoro e della produzione non capirà mai come funziona l'ambaradan.
Lo stesso dicasi per il sottoscritto se dovesse essere catapultato in sala operatoria od in sala parto.
Non saprei da che parte cominciare.
Lo stesso dicasi per questa classe politica, che dire inetta sarebbe come fargli un complimento superlativo. Sono solo specializzati in mazzette tipo Expo o Mose, ma come si fa a mandare avanti il mondo della produzione non lo sanno fare.
Questa da sempre è una nazione di trasformazione. E bisogna operare in questo senso. Non con le supercazzole delle riforme del Senato ed altro.
Il declino dell'economia italiana affonda nel passato. Circa 40 anni fa. Ma tutti se ne sono sbattuti altamente. Berlusconi pensava a salvare le sue aziende ed il suo fondo schiena dalla magistratura. Da lui non ci si doveva aspettare niente. Ma grosse responsabilità le porta anche la finta opposizione di cs, con cui si è spartita la torta col Berluscone.
Non dovete mai dimenticare il ddl 3809 dell'aprile del 2011, presentato dal cassiere del Pd Sposetti in accordo col solito Verdini. Pd e Pdl chiedevano il raddoppio del finanziamento pubblico dei partiti (rimborso elettorale). In pratica pretendevano in piena crisi un appannaggio di 8 volte quanto è stato abrogato con il referendum del 1993. Mentre imprenditori, piccoli e medi, oltre agli operai si suicidavano perché non ce la facevano più ad andare avanti.
Prendi e raddoppia: il blitz dei partiti
La proposta del Pd Sposetti prevede che anche le fondazioni possano beneficiare dei rimborsi. Una norma che raddoppia i costi della politica
di Eduardo Di Blasi | 10 aprile 2011
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/04 ... ti/103428/
Rimborsi ai partiti: un anno fa volevano raddoppiarli
http://www.wallstreetitalia.com/.../rim ... -volevano-...
16/apr/2012 – Il primo firmatario del progetto di legge numero 3809, "Disciplina dei partiti ... nella seduta del 12 aprile 2011, si presentò pure un personaggio ...
Poi è arrivato il bidone da parte di Monti. Si sono accordati per Letta nipote. Altro fiasco (che a Milano lo sapevano da subito anche i sassi).
Adesso è arrivato il parolaio gigliato esperto in supercazzole prematurate.
Altro fallimento.
Oramai sono mesi che viaggiamo a cazzate sulle riforme che interessano solo i politici perché si tratta del loro posto di lavoro.
A questo punto non ne veniamo più fuori. Siamo falliti, come ha dichiarato Luttwak in collegamento con Ballarò. Gli americani ci vedono così. Ma il 40,8 % dei tricolori, a vario titolo, ha creduto o crede ancora nelle supercazzole prematurate di Pittibimbo.
ALLARME RIPRESA
Crescita a rilento e svendite di Stato
"Caro Renzi, avevano ragione i gufi"
Il governo deve fare i conti con una crescita più lenta del previsto. «Renzi, come Monti, ha sbagliato i calcoli». E le privatizzazioni sono state un flop. Ma una manovra correttiva «sarebbe una follia». Intervista all'economista Emiliano Brancaccio
DI LUCA SAPPINO
Crescita a rilento e svendite di Stato
Caro Renzi, avevano ragione i gufi
Il Fondo Monetario Internazionale e Bankitalia dimezzano la crescita che era stata prevista dal governo. «Non cadiamo mica tutti dal pero», rivendica all'Espresso l'economista Emiliano Brancaccio: «Avevamo più volte avvisato che le stime di Renzi, così come quelle di Letta, Monti e della stessa Commissione europea, erano irresponsabilmente ottimistiche».
«Quando si attuano politiche di restrizione dei bilanci pubblici», nota Brancaccio, «il risultato prevedibile è che la domanda di beni e servizi cali e il Pil venga ulteriormente depresso». «Previsto» era pure il flop delle privatizzazioni, con Fincantieri che ha fruttato la metà di quanto annunciato dal governo.
Servirà dunque una manovra correttiva?
«Sarebbe una follia», dice ancora Brancaccio, perché «una manovra che taglia ancora la spesa pubblica e insiste con la pressione fiscale finirebbe per aggravare gli effetti depressivi della precedente».
Professore, Matteo Renzi ha detto ad Alain Fridman: «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone». È così?
«Il livello di approssimazione di certe dichiarazioni è sorprendente. Questi temi non andrebbero affrontati in modo così superficiale. Quelle cifre fanno la differenza tra un'economia che vede crescere l'occupazione e un'economia che continua a distruggere posti di lavoro, e in prospettiva possono fare la differenza tra uno Stato solvibile e uno Stato in bancarotta».
Renzi, presentando il Def, aveva detto di aver abbassato «prudenzialmente» la previsione rispetto a quella fatta dal governo Letta. Il premier si era poi detto certo, però, che sarebbe stata più alta. In un' intervista all'Espresso di qualche mese fa lei manifestò un parere opposto. E così è stato. Cosa non ha funzionato?
«A quanto pare, quelli che il nostro premier chiama "gufi" hanno avuto ragione, ancora una volta. Sono ormai più di tre anni che il governo, e la stessa Commissione europea, nel prevedere l'andamento del Pil peccano sistematicamente di ottimismo. Lo fece Monti, l'ha fatto Letta e ora lo fa Renzi. La realtà è che, se ci va bene, quest'anno ci troveremo con crescita zero».
Perché le stime si rivelano puntalmente troppo ottimistiche?
«Perché in Europa si evita di affrontare un'evidenza scientificamente inconfutabile: quando si attuano politiche di austerity la domanda di beni e servizi è destinata a cadere, e con essa cade anche il livello del Pil. Persino il Fondo monetario internazionale ha dovuto riconoscere che questo effetto era stato trascurato. La Commissione europea e i governi nazionali dell'eurozona si ostinano a eludere il problema».
E gli effetti degli 80 euro?
«Quelli non si vedono perché i lavoratori dipendenti sono stati costretti, in questi anni, a erodere i loro risparmi per far fronte alla crisi. In questo scenario è illusorio pensare che gli 80 euro in più in busta paga si possano interamente trasformare in consumi. Ma soprattutto, occorre ricordare che la famigerata manovra degli 80 euro si inscrive in una politica di bilancio che nel complesso rimane depressiva. Il governo continua a sottrarre all'economia più di quanto eroghi: l'obiettivo generale della politica economica resta infatti quello di attuare un prelievo fiscale che eccede la spesa pubblica al netto degli interessi. Questo significa che i cittadini e le imprese si trovano da un lato con 80 euro in più, ma dall'altro lato registrano tagli ulteriori ai servizi e aumenti delle tariffe. E temono incrementi di altre voci di imposta. L'effetto finale sulle capacità complessive di spesa resta dunque negativo».
Potrebbe essere più utile il jobs act, di cui pure si sono perse le tracce?
«No. Ancora una volta si ignorano i risultati accumulati dalla ricerca scientifica per oltre un ventennio: le politiche di precarizazzione non accrescono gli occupati ma fanno sì, semmai, che l'occupazione diventi più instabile. I contratti precari possono al limite indurre le imprese a creare posti di lavoro nelle fasi di espansione ma poi, quando c'è crisi, quegli stessi posti di lavoro, essendo precari, vengono immediatamente cancellati».
Sarà necessaria una correzione del Def in autunno? Il governo ancora nega la manovra correttiva...
«Una restrizione ulteriore del bilancio sarebbe una follia. Tagliare ancora la spesa e insistere con la pressione fiscale non può che aggravare gli effetti depressivi delle manovre precedenti».
Il Financial Times mette l'accento sulle privatizzazioni ferme al palo. La vendita di Fincantieri ha prodotto la metà del previsto. La dismissione del 40 per cento di Poste slitterà di un anno. Sempre il Financial Times scrive che per rispettare quanto previsto nel Def, cioè per ricavare 11 miliardi con cui ridurre il debito pubblico, il governo dovrà mettere sul mercato altre quote di Eni e Enel. È una strada?
«Anche sulle privatizzazioni i cosiddetti "gufi" avevano lanciato un chiaro allarme: in una fase di crisi i prezzi di mercato degli asset sono bassi e le privatizzazoni diventano vere e proprie svendite. L'obiettivo del governo di ricavare 11 miliardi non può che essere disatteso, come già dimostra la vicenda Fincantieri».
C'è un momento migliore per farle?
«Di certo non ora. Ma io credo che bisognerebbe mettere in discussione la logica delle privatizzazioni nel suo complesso. Questo è un paese con scarsa memoria, ma basterebbe forse ricordare gli effetti del record di privatizzazioni che l'Italia ha segnato negli anni '90. Non mi pare che quell'onda di vendite di asset pubblici abbia dato benefici al paese. Di fatto, gli unici a trarne vantaggio furono quei gruppi di interesse nazionali ed esteri che beneficiarono dello shopping di spezzoni di apparato pubblico a prezzi di saldo».
Disoccupazione, povertà relativa, crescita, debito pubblico. Tutti i valori sono peggiori di quelli registrati nel 2011, anno della lettera della Bce e della chiamata dei "tecnici". Perché eravamo più preoccupati tre anni fa?
«Per adesso siamo meno preoccupati perché Draghi ha compiuto una mossa che cambia il quadro. Nel 2011 l'Italia e gli altri paesi periferici europei erano esposti alla speculazione internazionale. Gli operatori sui mercati finanziari vendevano, i prezzi dei titoli crollavano e i tassi d'interesse - i famigerati spread - aumentavano».
Oggi questo rischio è scongiurato?
«Per il momento sì. La differenza tra allora e oggi sta nel fatto che la Bce ha preso un impegno: proteggere i paesi in difficoltà da eventuali ondate di vendite sui mercati finanziari. In caso di vendite, la Bce compra i titoli e quindi i prezzi e gli spread rimangono stabili. Il problema è che la strategia della Bce si basa sull'idea che il suo ombrello protettivo sia temporaneo. L'auspicio dichiarato della banca centrale è che le politiche di austerity e le famigerate riforme strutturali siano in grado, a un certo punto, di rilanciare i paesi in difficoltà e di rendere quindi superflua la sua protezione. Noi stiamo invece registrando che così non sarà».
E come sarà?
«Vale tuttora la previsione contenuta nel "monito degli economisti" che abbiamo pubblicato nel settembre scorso sul Financial Times: con le attuali politiche di austerity, la divergenza tra paesi deboli e paesi forti dell'eurozona continuerà ad ampliarsi. La politica monetaria non può affrontare da sola questa divaricazione. Bisognerebbe almeno affiancare le azioni della banca centrale con un piano di investimenti pubblici mirati. Le più autorevoli ricerche economiche dimostrano che l'intervento statale può esser decisivo non solo per fini di assistenza ma anche per creare condizioni di sviluppo tecnologico e produttivo, soprattutto nei paesi più deboli, che ne hanno più bisogno. Il guaio è che in Europa i dogmi del liberismo, sebbene più volte sconfessati, tuttora resistono, e l'idea di un rilancio in chiave moderna dell'intervento pubblico resta tabù».
Quali saranno dunque le implicazioni per l'eurozona?
«Le divergenze tra paesi forti e paesi deboli dell'Unione aumenteranno. Se si continua a pensare che la politica monetaria possa risolvere da sola questo enorme problema, l'Unione monetaria europea non potrà che confermarsi insostenibile. Anche se ora sembrano tutti più sereni, i nodi verranno di nuovo al pettine e presto o tardi si tornerà a vivere il clima del 2011. Sarà una previsione da "gufo", ma fino a ora i cosiddetti "gufi" hanno avuto molta più lungimiranza dei professionisti dell'ottimismo».
http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... i-1.174691
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Ieri ho incontrato a Roma i parlamentari a cui ho sottoposto la proposta del Parlamento in piazza che è stata votata a larga maggioranza. Di seguito il testo del mio discorso e infine la richiesta del voto degli iscritti al M5S sulla proposta:
"Il tempo è (quasi) scaduto. Abbiamo utilizzato tutti gli strumenti della democrazia. Abbiamo pensato di migliorare il Paese attraverso le leggi popolari di Parlamento Pulito, prima vera riforma della legge elettorale, era il 2007 (leggi mai discusse in due legislature nonostante 350.0000 firme raccolte), con referendum sulla libera informazione, era il 2008 (referendum mai presi in considerazione dalle altre forze politiche e le cui firme furono cassate da Carnevale il giudice ammazza-sentenze). Ci siamo organizzati quindi in gruppo politico, il M5S, e siamo riusciti senza finanziamenti pubblici, con tutti i media contro, a diventare il primo soggetto politico nel febbraio del 2013. Da allora nei confronti del M5S c'è stata una guerra senza quartiere mai vista prima in Italia per delegittimarlo, spaccarlo, da parte del Sistema. Pd e Pdl, Napolitano regista, si sono inventati le larghe intese per tagliarci fuori, come due gangster che si spartiscono il territorio pur di non mollare nulla. Più di 160 cittadini incensurati sono entrati in Parlamento. Proposti dal basso da altri cittadini. Hanno lavorato duro per un anno e mezzo, fatto proposte di legge, emendamenti, interpellanze. Sono stati completamente ignorati, come se non ci fossero. Come se non rappresentassero milioni di elettori. Considerati come cani in chiesa. Ed ora assistiamo impotenti, grazie a partiti corrotti e complici, a un Presidente della Repubblica impresentabile e a un condannato in via definitiva. il cui partito è stato fondato con il concorso della mafia allo scempio della democrazia. Nessuna delle nostre istanze è presa in considerazione. Ci guardano con il sorriso sarcastico di chi ha il potere per diritto divino, di: "Io sono io e tu non sei un caXXo" e ci ignorano. Allora, che ci rimaniamo a fare in Parlamento? A farci prendere per il culo, a sostenere un simulacro di democrazia mentre questi fanno un colpo di Stato? Rimarremo ancora fino a quando sarà possibile cercare di impedire il colpo di Stato con l'eliminazione del Senato elettivo. Dopo, se questi rottamatori della Costituzione non ci lasceranno scelta, ce ne andremo. Meglio uscire e parlare con i cittadini nelle piazze di Roma e d'Italia, meglio fare agorà tutti i giorni tra la gente che reggere il moccolo ai traditori della democrazia e della Patria. Li lasceremo soli a rimestare le loro leggi e usciremo tra i cittadini. Aria fresca." Beppe Grillo
Sei favorevole al Parlamento in piazza per denunciare il tentativo di colpo di Stato in atto? Vota.
http://www.beppegrillo.it/
.......................................
Ho votato a favore.Tanto si è visto questo governo non ascolta va avanti a colpi di fiducia.Visto che il secondo incontro con il M5S si è risolto con devo sentire gli altri partiti.Quando li ha ascoltati gli altri partiti Renzi!.Lui ascolta solo Berlusconi.
Quindi cosa serve un parlamento del genere!
Ciao
Paolo11
"Il tempo è (quasi) scaduto. Abbiamo utilizzato tutti gli strumenti della democrazia. Abbiamo pensato di migliorare il Paese attraverso le leggi popolari di Parlamento Pulito, prima vera riforma della legge elettorale, era il 2007 (leggi mai discusse in due legislature nonostante 350.0000 firme raccolte), con referendum sulla libera informazione, era il 2008 (referendum mai presi in considerazione dalle altre forze politiche e le cui firme furono cassate da Carnevale il giudice ammazza-sentenze). Ci siamo organizzati quindi in gruppo politico, il M5S, e siamo riusciti senza finanziamenti pubblici, con tutti i media contro, a diventare il primo soggetto politico nel febbraio del 2013. Da allora nei confronti del M5S c'è stata una guerra senza quartiere mai vista prima in Italia per delegittimarlo, spaccarlo, da parte del Sistema. Pd e Pdl, Napolitano regista, si sono inventati le larghe intese per tagliarci fuori, come due gangster che si spartiscono il territorio pur di non mollare nulla. Più di 160 cittadini incensurati sono entrati in Parlamento. Proposti dal basso da altri cittadini. Hanno lavorato duro per un anno e mezzo, fatto proposte di legge, emendamenti, interpellanze. Sono stati completamente ignorati, come se non ci fossero. Come se non rappresentassero milioni di elettori. Considerati come cani in chiesa. Ed ora assistiamo impotenti, grazie a partiti corrotti e complici, a un Presidente della Repubblica impresentabile e a un condannato in via definitiva. il cui partito è stato fondato con il concorso della mafia allo scempio della democrazia. Nessuna delle nostre istanze è presa in considerazione. Ci guardano con il sorriso sarcastico di chi ha il potere per diritto divino, di: "Io sono io e tu non sei un caXXo" e ci ignorano. Allora, che ci rimaniamo a fare in Parlamento? A farci prendere per il culo, a sostenere un simulacro di democrazia mentre questi fanno un colpo di Stato? Rimarremo ancora fino a quando sarà possibile cercare di impedire il colpo di Stato con l'eliminazione del Senato elettivo. Dopo, se questi rottamatori della Costituzione non ci lasceranno scelta, ce ne andremo. Meglio uscire e parlare con i cittadini nelle piazze di Roma e d'Italia, meglio fare agorà tutti i giorni tra la gente che reggere il moccolo ai traditori della democrazia e della Patria. Li lasceremo soli a rimestare le loro leggi e usciremo tra i cittadini. Aria fresca." Beppe Grillo
Sei favorevole al Parlamento in piazza per denunciare il tentativo di colpo di Stato in atto? Vota.
http://www.beppegrillo.it/
.......................................
Ho votato a favore.Tanto si è visto questo governo non ascolta va avanti a colpi di fiducia.Visto che il secondo incontro con il M5S si è risolto con devo sentire gli altri partiti.Quando li ha ascoltati gli altri partiti Renzi!.Lui ascolta solo Berlusconi.
Quindi cosa serve un parlamento del genere!
Ciao
Paolo11
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Seguire la diretta del senato è una pena che produce un doloroso mal di stomaco.
Tutto ciò non può presagire nulla di buono.
Tutto ciò non può presagire nulla di buono.
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Di supercazzole prematurate non si campa - 1
28 LUG 2014 18:43
1. FELTRI AVVISA RENZI: “SANTO CIELO, È GIÀ COMINCIATA LA DEMOLIZIONE DEL MITO. IERI HO LETTO IL FONDO DEL ‘’CORRIERE’’ (“CRESCONO SOLO LE PROMESSE”), IN CUI SI AFFERMA CHE LEI NON HA COMPRESO UN TUBO. ATTENTO, SE CERTE COSE LE DICE IL ‘’CORRIERE’’ SIGNIFICA CHE LASSÙ, IN ALTO, I PADRONI HANNO IL POLLICE VERSO. SI RIGUARDI” - 2
. “NE SA QUALCOSA MARIO MONTI CHE, COME IL FENOMENO TOSCANO, FU ACCOLTO DALLA BANDA A PALAZZO CHIGI. LA LUNA DI MIELE DURÒ SEI MESI. A LETTA FU RISERVATO UN TRATTAMENTO ANALOGO PER UN PAIO DI MESI: CACCIATO PURE LUI CON METODI SPICCI’’ -
3. L’OROSCO DEL MAGO FELTRI: “GIORGIO NAPOLITANO, ABITUATO A GESTIRE LA REPUBBLICA COME UN NEGOZIO DI FRUTTA E VERDURA, NOMINERÀ PRO TEMPORE UN TECNICO CHE CI STRANGOLERÀ CON NUOVE IMPOSTE, INFINE INDIRÀ ELEZIONI ANTICIPATE CHE MATTEO PUNTERÀ A VINCERE NELLA SPERANZA, VANA, CHE I COMPATRIOTI SIANO DALLA SUA PARTE. NON SARÀ COSÌ. ANCHE MONTI SI ILLUDEVA DI VINCERE CON SCELTA CIVICA ALLE URNE, VICEVERSA È STATO CANCELLATO DALLA MAPPA POLITICA” -
1. SANTO CIELO, È GIÀ COMINCIATA LA DEMOLIZIONE DEL MITO.
Vittorio Feltri per “Il Giornale”
Santo cielo, è già cominciata la demolizione del mito. Il riferimento è chiaro: Matteo Renzi sta subendo i primi colpi di piccone. Povero ragazzo, così carino e così maleducato, è già costretto a difendersi. Per lui sarà una lotta dura. Quando i media danno inizio agli attacchi vuol dire che gli editori, e non solo gli editorialisti, sono scontenti e hanno perso la fiducia.
Ne sa qualcosa Mario Monti che, come il Fenomeno toscano, fu accolto dalla banda a Palazzo Chigi. Ecco l'uomo nuovo (non proprio della Provvidenza, ma quasi), ecco il professore che cambierà i destini della sonnacchiosa Italia, vessata per anni da incapaci a tutto e buoni a nulla. E giù elogi, incoraggiamenti, lodi (per non parlare di loden) sperticati.
Impossibile dimenticare la prosa incantata di tanti pennini intinti nella saliva: il bocconiano di qua, il bocconiano di là. Finalmente un'autorità alla guida del governo che aggiusterà i bilanci in disordine.
Egli prometteva addirittura la spending review e intendeva raddrizzare le gambe al signor Spread, che nessuno sapeva chi fosse ma seminava il terrore andando in altalena.
La mattina, a quei tempi non lontani, i cittadini si alzavano e sorseggiando il caffè davano un'occhiata su Internet: se lo spread calava di un punto, data l'ora, non stappavano bottiglie di champagne, ma esultavano alla maniera dei tifosi di calcio davanti a un gol della nazionale.
Monti era considerato un dio maggiore, più sobrio perfino di quello maiuscolo che per tradizione preghiamo quando siamo nei guai fino al collo.
La luna di miele durò sei mesi. All'improvviso il popolo si accorse che il bocconiano, sprovvisto di bacchetta magica, era uno qualsiasi, non attrezzato a compiere miracoli. E principiò a mandarlo al diavolo.
I parlamentari che lo avevano sostenuto con entusiasmo esagerato all'improvviso mutarono registro e dagli inchini passarono ai pernacchi. Addio Monti, sorgenti dall'acque... Silurato.
E venne un uomo piccolo piccolo: Enrico Letta. Al quale fu riservato un trattamento analogo per un paio di mesi: qualche applauso al suo esordio, molti fischi in seguito.
Cacciato pure lui con metodi spicci.
Fu la volta di Renzi. Che bel ragazzo. Quanto è simpatico.
Un grande comunicatore, svelto, deciso, abile a intortare l'uditorio.
Lo volevano fare santo subito come un Papa qualunque.
Era febbraio. Siamo alla fine di luglio e il signorino ha già rotto l'anima a parecchia gente. I segnali si avvertono nel Palazzo, nei dintorni e in periferia.
L'ex sindaco di Firenze non sarà mica un bluff?
La domanda è sempre più pressante.
La risposta sempre più netta: non ce la fa, non ce la può fare.
Non che gli manchi il quid. Quello manca ad altri. Il problema è che il giovine è un po' ingenuo: è persuaso di avere in mano le leve del potere e gli sfugge il fatto che le leve non esistono.
Si sono mangiati anche quelle.
Le hanno vendute a Carlo De Benedetti o a qualche banca o alla Merkel. Non si sa. Ma si sa che nella stanza dei bottoni non manca nulla tranne i bottoni, come diceva Pietro Nenni, buonanima.
Cosicché il premier, pur desiderando comandare, non riesce neppure a dirigere il pisellino nella direzione giusta e fa la pipì fuori dal vaso.
Ambiva al superamento del Senato e, invece, ha superato soltanto la barriera della stoltezza: non ha abolito il bicameralismo perfetto, bensì la logica.
Credeva di avere trovato la quadratura del cerchio, mica tanto magico, e si è spiaccicato contro le teste dure dei senatori che, pur di non rinunciare all'indennità sono pronti a fargli il funerale.
Altri ostacoli contro i quali Matteo è andato a sbattere: una riforma delle Province talmente cretina che le Province ci sono ancora e costano quanto in epoche più o meno lontane. Un'operazione di cui dovrebbero occuparsi gli psichiatri.
I famosi 80 euro infilati nella busta paga di chi guadagna meno di 1.500 euro netti il mese non hanno inciso sui consumi, contrariamente al previsto. Il Pil si è ulteriormente spelacchiato.
La crescita si è rivelata una bufala.
In compenso il debito pubblico si è impennato come la cresta di Renzi.
Si imporrà una manovra da 25-30 miliardi.
A carico di chi?
Degli italiani, naturalmente.
Altre tasse si profilano all'orizzonte.
Il presidente del Consiglio si appresta a erigere barricate. Farà un bel gesto.
Si dimetterà dall'incarico piuttosto che ricorrere agli aumenti fiscali, dicendo: mi hanno impedito di sistemare la baracca e allora me ne vado, non senza avere spiegato agli elettori che la colpa è degli apparati, dei partiti, dei traditori, delle opposizioni incoscienti.
Giorgio Napolitano, abituato a gestire la Repubblica come un negozio di frutta e verdura, nominerà pro tempore un tecnico che ci strangolerà con nuove imposte, infine indirà elezioni anticipate che Matteo punterà a vincere nella speranza, vana, che i compatrioti siano dalla sua parte.
Non sarà così. Anche Monti si illudeva di vincere con Scelta civica alle urne, viceversa è stato cancellato dalla mappa politica.
Caro Renzi, sa perché glielo dico? Ieri ho letto il fondo del Corriere, scritto da Antonio Polito, in cui si afferma che lei non ha compreso un tubo.
Se certe cose le dice il Corriere significa che lassù, in alto, i padroni hanno il pollice verso.
Si riguardi.
2 - CRESCONO SOLO LE PROMESSE
Antonio Polito per il “Corriere della Sera”
Matteo Renzi è davvero unico. Nessun altro primo ministro avrebbe mai detto la frase riportata da Alan Friedman nell’intervista al Corriere di venerdì scorso : «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5%, non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone».
In realtà la differenza di un punto di crescita è la differenza tra la vita e la morte per l’economia italiana, e dunque anche per le famiglie. Un punto di crescita è 16 miliardi di ricchezza in più, posti di lavoro in più, più entrate fiscali, meno deficit e rientro dal debito, quindi meno spread e più credito. E così via.
Avete presente l’effetto palla di neve? Ecco, un punto in più di Pil metterebbe l’economia italiana in un circolo virtuoso dal quale ogni sfida ci apparirebbe finalmente possibile.
Un punto in meno, un altro anno a danzare intorno allo zero, e siamo nei guai neri: in autunno tutti i mostri del videogioco (deficit, fiscal compact, disoccupazione) ricomincerebbero a mangiarsi la speranza che il governo Renzi ha acceso negli italiani e in Europa.
Dunque speriamo che il presidente del Consiglio scherzasse con Friedman, contando sulla sua innegabile simpatia.
Però speriamo anche che da ora in poi si faccia sul serio.
Si ha infatti l’impressione di essere giunti a un tornante cruciale della vita di questo governo. L’inizio era stata una scommessa basata sul «tocco magico» del premier. L’idea era di accendere una scintilla di ottimismo in un Paese troppo depresso, che lo spingesse a ricominciare a investire e a consumare: una crescita autogenerata.
Si trattava di una strategia possibile, le aspettative contano molto in economia; ma non sembra aver funzionato.
Ne era parte integrante, al netto dei suoi vantaggi elettorali, lo sconto Irpef degli 80 euro. I dati sui consumi per ora dicono che il rimbalzo sulla domanda interna non c’è stato. E, nel frattempo, anche l’altro grande salvagente dell’economia italiana, l’export e la domanda esterna, sembra sgonfiarsi. Se questa fosse una corsa ciclistica, diremmo che ci siamo piantati sui pedali, e che non ci rimane che sperare in una spinta della Bce a settembre.
Ora ci sono due strade percorribili. La prima è rimettere la testa sulle carte e ripartire dal rompicapo di sempre: le riforme di struttura. La Spagna le ha fatte e ha ripreso a crescere e a creare occupazione. Ha messo a posto le sue banche e soprattutto ha fatto una vera riforma del mercato del lavoro, più facile licenziare e più facile assumere. Noi del Jobs Act sentiamo parlare da quando Renzi faceva la Leopolda e ancora non sappiamo se affronterà finalmente il nodo fatidico dell’articolo 18.
L’altra strada, inutile girarci intorno, sono le elezioni. Di fronte alle difficoltà dell’economia Renzi può decidere di sfruttare la riforma elettorale e costituzionale che riuscirà a portare a casa per rinviare la resa dei conti pubblici con l’Europa, rilanciandosi con una fase 2.0 e con un Parlamento più fedele.
La prima strada porta a fare un discorso di verità al Paese, la seconda ad annunciare sempre nuovi traguardi e cronoprogrammi che poi non possono essere rispettati. Per quanto entrambe legittime, la prima strada ci sembra quella più diritta.
28 LUG 2014 18:43
1. FELTRI AVVISA RENZI: “SANTO CIELO, È GIÀ COMINCIATA LA DEMOLIZIONE DEL MITO. IERI HO LETTO IL FONDO DEL ‘’CORRIERE’’ (“CRESCONO SOLO LE PROMESSE”), IN CUI SI AFFERMA CHE LEI NON HA COMPRESO UN TUBO. ATTENTO, SE CERTE COSE LE DICE IL ‘’CORRIERE’’ SIGNIFICA CHE LASSÙ, IN ALTO, I PADRONI HANNO IL POLLICE VERSO. SI RIGUARDI” - 2
. “NE SA QUALCOSA MARIO MONTI CHE, COME IL FENOMENO TOSCANO, FU ACCOLTO DALLA BANDA A PALAZZO CHIGI. LA LUNA DI MIELE DURÒ SEI MESI. A LETTA FU RISERVATO UN TRATTAMENTO ANALOGO PER UN PAIO DI MESI: CACCIATO PURE LUI CON METODI SPICCI’’ -
3. L’OROSCO DEL MAGO FELTRI: “GIORGIO NAPOLITANO, ABITUATO A GESTIRE LA REPUBBLICA COME UN NEGOZIO DI FRUTTA E VERDURA, NOMINERÀ PRO TEMPORE UN TECNICO CHE CI STRANGOLERÀ CON NUOVE IMPOSTE, INFINE INDIRÀ ELEZIONI ANTICIPATE CHE MATTEO PUNTERÀ A VINCERE NELLA SPERANZA, VANA, CHE I COMPATRIOTI SIANO DALLA SUA PARTE. NON SARÀ COSÌ. ANCHE MONTI SI ILLUDEVA DI VINCERE CON SCELTA CIVICA ALLE URNE, VICEVERSA È STATO CANCELLATO DALLA MAPPA POLITICA” -
1. SANTO CIELO, È GIÀ COMINCIATA LA DEMOLIZIONE DEL MITO.
Vittorio Feltri per “Il Giornale”
Santo cielo, è già cominciata la demolizione del mito. Il riferimento è chiaro: Matteo Renzi sta subendo i primi colpi di piccone. Povero ragazzo, così carino e così maleducato, è già costretto a difendersi. Per lui sarà una lotta dura. Quando i media danno inizio agli attacchi vuol dire che gli editori, e non solo gli editorialisti, sono scontenti e hanno perso la fiducia.
Ne sa qualcosa Mario Monti che, come il Fenomeno toscano, fu accolto dalla banda a Palazzo Chigi. Ecco l'uomo nuovo (non proprio della Provvidenza, ma quasi), ecco il professore che cambierà i destini della sonnacchiosa Italia, vessata per anni da incapaci a tutto e buoni a nulla. E giù elogi, incoraggiamenti, lodi (per non parlare di loden) sperticati.
Impossibile dimenticare la prosa incantata di tanti pennini intinti nella saliva: il bocconiano di qua, il bocconiano di là. Finalmente un'autorità alla guida del governo che aggiusterà i bilanci in disordine.
Egli prometteva addirittura la spending review e intendeva raddrizzare le gambe al signor Spread, che nessuno sapeva chi fosse ma seminava il terrore andando in altalena.
La mattina, a quei tempi non lontani, i cittadini si alzavano e sorseggiando il caffè davano un'occhiata su Internet: se lo spread calava di un punto, data l'ora, non stappavano bottiglie di champagne, ma esultavano alla maniera dei tifosi di calcio davanti a un gol della nazionale.
Monti era considerato un dio maggiore, più sobrio perfino di quello maiuscolo che per tradizione preghiamo quando siamo nei guai fino al collo.
La luna di miele durò sei mesi. All'improvviso il popolo si accorse che il bocconiano, sprovvisto di bacchetta magica, era uno qualsiasi, non attrezzato a compiere miracoli. E principiò a mandarlo al diavolo.
I parlamentari che lo avevano sostenuto con entusiasmo esagerato all'improvviso mutarono registro e dagli inchini passarono ai pernacchi. Addio Monti, sorgenti dall'acque... Silurato.
E venne un uomo piccolo piccolo: Enrico Letta. Al quale fu riservato un trattamento analogo per un paio di mesi: qualche applauso al suo esordio, molti fischi in seguito.
Cacciato pure lui con metodi spicci.
Fu la volta di Renzi. Che bel ragazzo. Quanto è simpatico.
Un grande comunicatore, svelto, deciso, abile a intortare l'uditorio.
Lo volevano fare santo subito come un Papa qualunque.
Era febbraio. Siamo alla fine di luglio e il signorino ha già rotto l'anima a parecchia gente. I segnali si avvertono nel Palazzo, nei dintorni e in periferia.
L'ex sindaco di Firenze non sarà mica un bluff?
La domanda è sempre più pressante.
La risposta sempre più netta: non ce la fa, non ce la può fare.
Non che gli manchi il quid. Quello manca ad altri. Il problema è che il giovine è un po' ingenuo: è persuaso di avere in mano le leve del potere e gli sfugge il fatto che le leve non esistono.
Si sono mangiati anche quelle.
Le hanno vendute a Carlo De Benedetti o a qualche banca o alla Merkel. Non si sa. Ma si sa che nella stanza dei bottoni non manca nulla tranne i bottoni, come diceva Pietro Nenni, buonanima.
Cosicché il premier, pur desiderando comandare, non riesce neppure a dirigere il pisellino nella direzione giusta e fa la pipì fuori dal vaso.
Ambiva al superamento del Senato e, invece, ha superato soltanto la barriera della stoltezza: non ha abolito il bicameralismo perfetto, bensì la logica.
Credeva di avere trovato la quadratura del cerchio, mica tanto magico, e si è spiaccicato contro le teste dure dei senatori che, pur di non rinunciare all'indennità sono pronti a fargli il funerale.
Altri ostacoli contro i quali Matteo è andato a sbattere: una riforma delle Province talmente cretina che le Province ci sono ancora e costano quanto in epoche più o meno lontane. Un'operazione di cui dovrebbero occuparsi gli psichiatri.
I famosi 80 euro infilati nella busta paga di chi guadagna meno di 1.500 euro netti il mese non hanno inciso sui consumi, contrariamente al previsto. Il Pil si è ulteriormente spelacchiato.
La crescita si è rivelata una bufala.
In compenso il debito pubblico si è impennato come la cresta di Renzi.
Si imporrà una manovra da 25-30 miliardi.
A carico di chi?
Degli italiani, naturalmente.
Altre tasse si profilano all'orizzonte.
Il presidente del Consiglio si appresta a erigere barricate. Farà un bel gesto.
Si dimetterà dall'incarico piuttosto che ricorrere agli aumenti fiscali, dicendo: mi hanno impedito di sistemare la baracca e allora me ne vado, non senza avere spiegato agli elettori che la colpa è degli apparati, dei partiti, dei traditori, delle opposizioni incoscienti.
Giorgio Napolitano, abituato a gestire la Repubblica come un negozio di frutta e verdura, nominerà pro tempore un tecnico che ci strangolerà con nuove imposte, infine indirà elezioni anticipate che Matteo punterà a vincere nella speranza, vana, che i compatrioti siano dalla sua parte.
Non sarà così. Anche Monti si illudeva di vincere con Scelta civica alle urne, viceversa è stato cancellato dalla mappa politica.
Caro Renzi, sa perché glielo dico? Ieri ho letto il fondo del Corriere, scritto da Antonio Polito, in cui si afferma che lei non ha compreso un tubo.
Se certe cose le dice il Corriere significa che lassù, in alto, i padroni hanno il pollice verso.
Si riguardi.
2 - CRESCONO SOLO LE PROMESSE
Antonio Polito per il “Corriere della Sera”
Matteo Renzi è davvero unico. Nessun altro primo ministro avrebbe mai detto la frase riportata da Alan Friedman nell’intervista al Corriere di venerdì scorso : «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5%, non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone».
In realtà la differenza di un punto di crescita è la differenza tra la vita e la morte per l’economia italiana, e dunque anche per le famiglie. Un punto di crescita è 16 miliardi di ricchezza in più, posti di lavoro in più, più entrate fiscali, meno deficit e rientro dal debito, quindi meno spread e più credito. E così via.
Avete presente l’effetto palla di neve? Ecco, un punto in più di Pil metterebbe l’economia italiana in un circolo virtuoso dal quale ogni sfida ci apparirebbe finalmente possibile.
Un punto in meno, un altro anno a danzare intorno allo zero, e siamo nei guai neri: in autunno tutti i mostri del videogioco (deficit, fiscal compact, disoccupazione) ricomincerebbero a mangiarsi la speranza che il governo Renzi ha acceso negli italiani e in Europa.
Dunque speriamo che il presidente del Consiglio scherzasse con Friedman, contando sulla sua innegabile simpatia.
Però speriamo anche che da ora in poi si faccia sul serio.
Si ha infatti l’impressione di essere giunti a un tornante cruciale della vita di questo governo. L’inizio era stata una scommessa basata sul «tocco magico» del premier. L’idea era di accendere una scintilla di ottimismo in un Paese troppo depresso, che lo spingesse a ricominciare a investire e a consumare: una crescita autogenerata.
Si trattava di una strategia possibile, le aspettative contano molto in economia; ma non sembra aver funzionato.
Ne era parte integrante, al netto dei suoi vantaggi elettorali, lo sconto Irpef degli 80 euro. I dati sui consumi per ora dicono che il rimbalzo sulla domanda interna non c’è stato. E, nel frattempo, anche l’altro grande salvagente dell’economia italiana, l’export e la domanda esterna, sembra sgonfiarsi. Se questa fosse una corsa ciclistica, diremmo che ci siamo piantati sui pedali, e che non ci rimane che sperare in una spinta della Bce a settembre.
Ora ci sono due strade percorribili. La prima è rimettere la testa sulle carte e ripartire dal rompicapo di sempre: le riforme di struttura. La Spagna le ha fatte e ha ripreso a crescere e a creare occupazione. Ha messo a posto le sue banche e soprattutto ha fatto una vera riforma del mercato del lavoro, più facile licenziare e più facile assumere. Noi del Jobs Act sentiamo parlare da quando Renzi faceva la Leopolda e ancora non sappiamo se affronterà finalmente il nodo fatidico dell’articolo 18.
L’altra strada, inutile girarci intorno, sono le elezioni. Di fronte alle difficoltà dell’economia Renzi può decidere di sfruttare la riforma elettorale e costituzionale che riuscirà a portare a casa per rinviare la resa dei conti pubblici con l’Europa, rilanciandosi con una fase 2.0 e con un Parlamento più fedele.
La prima strada porta a fare un discorso di verità al Paese, la seconda ad annunciare sempre nuovi traguardi e cronoprogrammi che poi non possono essere rispettati. Per quanto entrambe legittime, la prima strada ci sembra quella più diritta.
Ultima modifica di camillobenso il 31/07/2014, 5:47, modificato 3 volte in totale.
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
https://www.youtube.com/watch?v=V6qACMw ... ploademail
Petrocelli (M5S): "Zanda, questa parte del Parlamento non starà in silenzio"
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Ciao erdingerding ha scritto:Seguire la diretta del senato è una pena che produce un doloroso mal di stomaco.
Tutto ciò non può presagire nulla di buono.
Le votazioni online si sono concluse. Hanno partecipato alla consultazione in 21.569. E queste sono le preferenze espresse:
Favorevoli alla proposta di Beppe: 17.770
Contrari alla proposta di Beppe: 3.799
Grazie a tutti coloro che hanno partecipato. <<<
Ciao
Paolo11
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
https://www.youtube.com/watch?v=tvnfjyw ... ploademail
#SenatoElettivo, il M5S mette il PD con le spalle al muro
Ciao
Paolo11
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Ciao
Paolo11
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Del Paese che affonda non frega niente a nessuno.
Cottarelli risponde a Giavazzi
Cottarelli: ''Se nuove spese da spending, no calo tasse''
Il commissario alla Spending Review lancia l'allarme, porta ad esempio pensionamenti scuola del decreto Pa. ''Già impegnati futuri risparmi per 1,6 mld''
ROMA - ''Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro''. E' l'allarme del commissario Spending Review, Carlo Cottarelli che fa espresso riferimento anche alle coperture per i pensionamenti della scuola del decreto Pa. "Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa" e "il totale delle risorse" già spese "prima di essere state risparmiate ammonta ora 1,6 miliardi per il 2015". Così sul blog il commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
http://www.ansa.it/sito/notizie/economi ... 258a0.html
Il mistero Cottarelli
di Francesco Giavazzi
shadow
Il magistrato Raffaele Cantone, classe 1963, dall’aprile scorso presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, è una delle buone notizie dell’Italia di Matteo Renzi. Napoletano, esprime il meglio di quella travagliata città. Nel nuovo ruolo ha esordito con la richiesta al prefetto di Milano (che l’ha accolta) di commissariare l’impresa Maltauro finita nelle indagini dell’Expo. Non era mai accaduto. Da qualche giorno si occupa delle aziende venete indagate per gli appalti del Mose.
La qualità dell’uomo e la sua determinazione (dimostrata quando, alla Direzione distrettuale antimafia, condusse le indagini contro il clan dei Casalesi) non sono l’unico motivo del suo successo, che dipende anche dalle norme che regolano la sua attività di contrasto alla corruzione. Innanzitutto il potere di proporre direttamente al prefetto il commissariamento di un’azienda. Inoltre, la possibilità di limitarlo ad un ramo dell’azienda, salvaguardando la normale operatività in altre aree non coinvolte nelle indagini. Questo è molto importante perché gli consente di intervenire anche su grandi aziende delle quali sarebbe più difficile chiedere e gestire un commissariamento totale.
Di fronte alla rapidità con cui si è mosso Cantone, ci si chiede a che punto sia il lavoro dell’altro commissario, Carlo Cottarelli, incaricato di individuare aree in cui ridurre la spesa pubblica, sprechi che spesso vanno a braccetto con la corruzione. Si pensi ad esempio alla sanità e a ciò che spesso si cela dietro le ampie differenze nei prezzi pagati da diversi ospedali per i medesimi strumenti. Da mesi non se ne sa più nulla. Le capacità della persona sono eccellenti. Forse che la sua scarsa incisività, per usare un eufemismo, dipenda dal fatto che i tagli sono una scelta politica? Neppure Cantone può commissariare un’azienda: può solo chiederlo al prefetto, il quale potrebbe negarlo, ma sarebbe obbligato a spiegare perché; nessuno impedisce a Cottarelli di rendere noto dove, come e quanto, secondo lui, si dovrebbe tagliare, mettendo il governo di fronte alla responsabilità di non farlo.
Burocrazia e sindacati stanno facendo una lotta nascosta alla riorganizzazione della pubblica amministrazione. Attraverso il Parlamento stanno cercando di smontare la riforma proposta dal governo. Sulla mobilità obbligatoria, ad esempio, il testo è stato emendato dalla Camera inserendovi eccezioni per le lavoratrici con figli sotto i tre anni, per le quali la mobilità diventa facoltativa. Si mantiene così una differenza di trattamento rispetto al settore privato. Ed è stato inserito l’obbligo di coinvolgere i sindacati nelle procedure di mobilità. Anche le retrocessioni a compiti e stipendi inferiori per gli statali in esubero che (anche qui diversamente dai lavoratori privati) hanno il privilegio di mantenere il posto di lavoro, sono state limitate ad un solo gradino, su 16, nella scala gerarchica. Delle otto sedi distaccate dei Tribunali amministrativi regionali che il governo vuole sopprimere ne sono state salvate 5, almeno fino al 2016.
E sui tagli alla spesa, dove in molti casi il governo potrebbe procedere senza il consenso del Parlamento, ancora nulla. Dottor Cottarelli, le chiediamo un po’ di coraggio! Il suo non è il lavoro di un burocrate. Le è stato chiesto di rientrare da Washington per fare proposte anche controverse. Il presidente del Consiglio si arrabbierà? Niente di male. Se non ha fiducia in lei meglio saperlo oggi che perdere altro tempo. E se possiamo dare un consiglio al premier Renzi, accorpi l’ufficio di Cottarelli all’Autorità presieduta da Cantone. Vedrà che le proposte di tagli alla spesa cominceranno a fioccare.
30 luglio 2014 | 09:00
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/editoriali/14_lu ... cc3b.shtml
Cottarelli risponde a Giavazzi
Cottarelli: ''Se nuove spese da spending, no calo tasse''
Il commissario alla Spending Review lancia l'allarme, porta ad esempio pensionamenti scuola del decreto Pa. ''Già impegnati futuri risparmi per 1,6 mld''
ROMA - ''Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa, il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro''. E' l'allarme del commissario Spending Review, Carlo Cottarelli che fa espresso riferimento anche alle coperture per i pensionamenti della scuola del decreto Pa. "Si sta diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa" e "il totale delle risorse" già spese "prima di essere state risparmiate ammonta ora 1,6 miliardi per il 2015". Così sul blog il commissario alla spending review Carlo Cottarelli.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
http://www.ansa.it/sito/notizie/economi ... 258a0.html
Il mistero Cottarelli
di Francesco Giavazzi
shadow
Il magistrato Raffaele Cantone, classe 1963, dall’aprile scorso presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, è una delle buone notizie dell’Italia di Matteo Renzi. Napoletano, esprime il meglio di quella travagliata città. Nel nuovo ruolo ha esordito con la richiesta al prefetto di Milano (che l’ha accolta) di commissariare l’impresa Maltauro finita nelle indagini dell’Expo. Non era mai accaduto. Da qualche giorno si occupa delle aziende venete indagate per gli appalti del Mose.
La qualità dell’uomo e la sua determinazione (dimostrata quando, alla Direzione distrettuale antimafia, condusse le indagini contro il clan dei Casalesi) non sono l’unico motivo del suo successo, che dipende anche dalle norme che regolano la sua attività di contrasto alla corruzione. Innanzitutto il potere di proporre direttamente al prefetto il commissariamento di un’azienda. Inoltre, la possibilità di limitarlo ad un ramo dell’azienda, salvaguardando la normale operatività in altre aree non coinvolte nelle indagini. Questo è molto importante perché gli consente di intervenire anche su grandi aziende delle quali sarebbe più difficile chiedere e gestire un commissariamento totale.
Di fronte alla rapidità con cui si è mosso Cantone, ci si chiede a che punto sia il lavoro dell’altro commissario, Carlo Cottarelli, incaricato di individuare aree in cui ridurre la spesa pubblica, sprechi che spesso vanno a braccetto con la corruzione. Si pensi ad esempio alla sanità e a ciò che spesso si cela dietro le ampie differenze nei prezzi pagati da diversi ospedali per i medesimi strumenti. Da mesi non se ne sa più nulla. Le capacità della persona sono eccellenti. Forse che la sua scarsa incisività, per usare un eufemismo, dipenda dal fatto che i tagli sono una scelta politica? Neppure Cantone può commissariare un’azienda: può solo chiederlo al prefetto, il quale potrebbe negarlo, ma sarebbe obbligato a spiegare perché; nessuno impedisce a Cottarelli di rendere noto dove, come e quanto, secondo lui, si dovrebbe tagliare, mettendo il governo di fronte alla responsabilità di non farlo.
Burocrazia e sindacati stanno facendo una lotta nascosta alla riorganizzazione della pubblica amministrazione. Attraverso il Parlamento stanno cercando di smontare la riforma proposta dal governo. Sulla mobilità obbligatoria, ad esempio, il testo è stato emendato dalla Camera inserendovi eccezioni per le lavoratrici con figli sotto i tre anni, per le quali la mobilità diventa facoltativa. Si mantiene così una differenza di trattamento rispetto al settore privato. Ed è stato inserito l’obbligo di coinvolgere i sindacati nelle procedure di mobilità. Anche le retrocessioni a compiti e stipendi inferiori per gli statali in esubero che (anche qui diversamente dai lavoratori privati) hanno il privilegio di mantenere il posto di lavoro, sono state limitate ad un solo gradino, su 16, nella scala gerarchica. Delle otto sedi distaccate dei Tribunali amministrativi regionali che il governo vuole sopprimere ne sono state salvate 5, almeno fino al 2016.
E sui tagli alla spesa, dove in molti casi il governo potrebbe procedere senza il consenso del Parlamento, ancora nulla. Dottor Cottarelli, le chiediamo un po’ di coraggio! Il suo non è il lavoro di un burocrate. Le è stato chiesto di rientrare da Washington per fare proposte anche controverse. Il presidente del Consiglio si arrabbierà? Niente di male. Se non ha fiducia in lei meglio saperlo oggi che perdere altro tempo. E se possiamo dare un consiglio al premier Renzi, accorpi l’ufficio di Cottarelli all’Autorità presieduta da Cantone. Vedrà che le proposte di tagli alla spesa cominceranno a fioccare.
30 luglio 2014 | 09:00
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http://www.corriere.it/editoriali/14_lu ... cc3b.shtml
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Spending review, Cottarelli: “No calo tasse se si spendono i risparmi”
È il ragionamento che il commissario, alle prese con il puzzle della spesa pubblica, ha scritto nel suo blog per lanciare l’allarme. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto Pa, che consente 4mila pensionamenti nella scuola. Per coprire i costi si sono usati i risparmi futuri della spending
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 luglio 2014Commenti (1)
“Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro”. Il commissario alla spending review Carlo Cottarelli, alle prese con il puzzle dei tagli alla spesa pubblica, lancia l’allarme sulla tenuta dei conti dal suo blog, con un duro attacco alla politica. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto Pa, che consente 4mila pensionamenti nella scuola e per coprire il quale si sono usati i risparmi futuri dati dalla spending review.
Il post di Cottarelli, poi, non può non essere collegato all’editoriale di Francesco Giavazzi apparso mercoledì mattina sulle pagine del Corriere della Sera in cui l’economista chiedeva in maniera critica al commissario di battere un colpo e lo accusava di essere scomparso dalla scena politica a differenza di chi come Raffaele Cantone, da poco arrivato alla anticorruzione, si mostra molto attivo e combattivo.
Puntualmente il colpo è arrivato, portando con sé l’inevitabile coro di polemiche e accuse di chi vede nel governo il bersaglio delle critiche del commissario: il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, è il primo. Cottarelli, dice, “svela l’imbroglio delle coperture di Renzi, vale a dire il continuo ricorso, da parte del governo, ai risparmi derivanti dalla Spending review per finanziare altre spese, magari relative a norme di chiaro stampo clientelare”, mentre per la Lega “il governo sta spendendo soldi che non ci sono e non si sa se ci saranno”.
Sul fronte opposto Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio alla Camera, replica: se Cottarelli “è in vena di dare consigli sull’utilizzo dei risparmi di spesa sulle pensioni, gli consiglio vivamente di rivolgersi prima al Governo e solo successivamente al Parlamento”.
La polemica ha poi trovato sponda anche nel ministero dell’Economia, che respinge l’interpretazione delle parole di Cottarelli come una critica diretta al governo Renzi. “I tentativi di fare apparire le parole di Cottarelli come una polemica nei confronti del governo anziché nei confronti di alcune prassi parlamentari sono evidentemente strumentali”, spiegano fonti del Tesoro, sottolineando che l’intervento mira invece a ribadire le posizioni comuni di Mef e Governo sulla spending. Va detto, in effetti, che proprio durante l’esame del decreto della Pa, il sottosegretario Giovanni Legnini aveva espresso il parere contrario del ministero all’emedamento sui cosiddetti “quota 96″.
Eppure non si può non leggere il post del commissario come l’apertura di crepa nel complesso del sistema che ha animato i provvedimenti del governo Renzi. “Si sta diffondendo la pratica – rincara Cottarelli – di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali”. Insomma, spiega con malcelata ironia il titolo del blog: “La revisione della spesa come strumento per il FINANZIAMENTO di nuove spese”.
Tradotto in numeri: mentre il governo sta già faticando a trovare le risorse (almeno 10 miliardi) per stabilizzare il BONUS di 80 euro nel 2015 – ai quali si aggiungono altri risparmi per fare fronte alla riduzione (per circa 4,5 miliardi) del deficit, necessario per portarlo se non al “pareggio” almeno in carreggiata – sono già stati impegnati per il 2015 ben 1,6 miliardi di risparmi ancora da trovare. E alla fine, mette in guardia Cottarelli, rischiano di scattare tagli lineari oppure, nella migliore delle ipotesi, si legifera creando una “situazione paradossale in cui la revisione della spesa (futura) viene utilizzata per facilitare l’introduzione di nuove spese. Possono – dice – sussistere mille buoni motivi per alcune nuove spese”, ma “se il parlamento legittimamente decide di introdurre nuove spese dovrebbe contestualmente coprirle con tagli di spesa lineari di pari entità”. Magari “individuandoli tra le proposte di revisione già presentate”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... i/1077622/
È il ragionamento che il commissario, alle prese con il puzzle della spesa pubblica, ha scritto nel suo blog per lanciare l’allarme. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto Pa, che consente 4mila pensionamenti nella scuola. Per coprire i costi si sono usati i risparmi futuri della spending
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 luglio 2014Commenti (1)
“Se si utilizzano risorse provenienti da risparmi sulla spesa per aumentare la spesa stessa il risparmio non potrà essere utilizzato per ridurre la tassazione su lavoro”. Il commissario alla spending review Carlo Cottarelli, alle prese con il puzzle dei tagli alla spesa pubblica, lancia l’allarme sulla tenuta dei conti dal suo blog, con un duro attacco alla politica. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’emendamento, votato alla Camera nel decreto Pa, che consente 4mila pensionamenti nella scuola e per coprire il quale si sono usati i risparmi futuri dati dalla spending review.
Il post di Cottarelli, poi, non può non essere collegato all’editoriale di Francesco Giavazzi apparso mercoledì mattina sulle pagine del Corriere della Sera in cui l’economista chiedeva in maniera critica al commissario di battere un colpo e lo accusava di essere scomparso dalla scena politica a differenza di chi come Raffaele Cantone, da poco arrivato alla anticorruzione, si mostra molto attivo e combattivo.
Puntualmente il colpo è arrivato, portando con sé l’inevitabile coro di polemiche e accuse di chi vede nel governo il bersaglio delle critiche del commissario: il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta, è il primo. Cottarelli, dice, “svela l’imbroglio delle coperture di Renzi, vale a dire il continuo ricorso, da parte del governo, ai risparmi derivanti dalla Spending review per finanziare altre spese, magari relative a norme di chiaro stampo clientelare”, mentre per la Lega “il governo sta spendendo soldi che non ci sono e non si sa se ci saranno”.
Sul fronte opposto Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio alla Camera, replica: se Cottarelli “è in vena di dare consigli sull’utilizzo dei risparmi di spesa sulle pensioni, gli consiglio vivamente di rivolgersi prima al Governo e solo successivamente al Parlamento”.
La polemica ha poi trovato sponda anche nel ministero dell’Economia, che respinge l’interpretazione delle parole di Cottarelli come una critica diretta al governo Renzi. “I tentativi di fare apparire le parole di Cottarelli come una polemica nei confronti del governo anziché nei confronti di alcune prassi parlamentari sono evidentemente strumentali”, spiegano fonti del Tesoro, sottolineando che l’intervento mira invece a ribadire le posizioni comuni di Mef e Governo sulla spending. Va detto, in effetti, che proprio durante l’esame del decreto della Pa, il sottosegretario Giovanni Legnini aveva espresso il parere contrario del ministero all’emedamento sui cosiddetti “quota 96″.
Eppure non si può non leggere il post del commissario come l’apertura di crepa nel complesso del sistema che ha animato i provvedimenti del governo Renzi. “Si sta diffondendo la pratica – rincara Cottarelli – di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali”. Insomma, spiega con malcelata ironia il titolo del blog: “La revisione della spesa come strumento per il FINANZIAMENTO di nuove spese”.
Tradotto in numeri: mentre il governo sta già faticando a trovare le risorse (almeno 10 miliardi) per stabilizzare il BONUS di 80 euro nel 2015 – ai quali si aggiungono altri risparmi per fare fronte alla riduzione (per circa 4,5 miliardi) del deficit, necessario per portarlo se non al “pareggio” almeno in carreggiata – sono già stati impegnati per il 2015 ben 1,6 miliardi di risparmi ancora da trovare. E alla fine, mette in guardia Cottarelli, rischiano di scattare tagli lineari oppure, nella migliore delle ipotesi, si legifera creando una “situazione paradossale in cui la revisione della spesa (futura) viene utilizzata per facilitare l’introduzione di nuove spese. Possono – dice – sussistere mille buoni motivi per alcune nuove spese”, ma “se il parlamento legittimamente decide di introdurre nuove spese dovrebbe contestualmente coprirle con tagli di spesa lineari di pari entità”. Magari “individuandoli tra le proposte di revisione già presentate”.
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
La vox populi.
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Vincenzo Giancristofaro • 6 ore fa
Cosa si aspettava Sig. Cottarelli.. che le dessero carta bianca, se non le è ancora chiaro, lei è l'ennesima foglia di fico di questi banditi..
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Vincenzo Giancristofaro • 6 ore fa
Cosa si aspettava Sig. Cottarelli.. che le dessero carta bianca, se non le è ancora chiaro, lei è l'ennesima foglia di fico di questi banditi..
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