Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!!!!!
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
http://www.repubblica.it/economia/2014/ ... ref=HREA-1
Beh, renzi, E ALLORA?
Adesso che fai, ti dimetti?
Mi sa di no,
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Adesso che fai, ti dimetti?
Mi sa di no,
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
https://www.youtube.com/watch?v=zf66_xhxfyo
Censurato da Tutti i TG Deputata M5S fa Tremare i Burocrati Europei sul TTIP
Ciao
Paolo11
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Paolo11
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Non ci sono più speranze, forse è meglio se chiamiamo la Troika a governarci e la NATO a combattere la malavita organizzata e la corruzione dilagante...peanuts ha scritto:http://www.repubblica.it/economia/2014/ ... ref=HREA-1
Beh, renzi, E ALLORA?
Adesso che fai, ti dimetti?
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Maucat ha scritto:Non ci sono più speranze, forse è meglio se chiamiamo la Troika a governarci e la NATO a combattere la malavita organizzata e la corruzione dilagante...peanuts ha scritto:http://www.repubblica.it/economia/2014/ ... ref=HREA-1
Beh, renzi, E ALLORA?
Adesso che fai, ti dimetti?
Mi sa di no,
L’arrivo della Troika prima o poi sarà inevitabile. Il vecchio Scalfari ha lanciato il sasso domenica dalle colonne del giornale dai lui fondato, in controtendenza rispetto alla proprietà e alla redazione, creando un putiferio.
Sul il Fatto ha raccolto per questa provocazione, nei commenti, insulti di tutti i tipi. Penso che però questa volta abbia visto giusto.
Il problema, come al solito, però è quello di non aver spiegato per filo e per segno cosa s’intende per l’arrivo della Troika.
Se la Troika arriva per:
1) Ridurre l’evasione fiscale dal 189 miliardi/anno ( con molta parsimonia, assicurando di non far chiudere le aziende che fanno fatica ad andare avanti, che devono scegliere a fine mese se pagare lo Stato o i dipendenti)
2) Ridurre l’economia illegale (lavoro nero) che oggi ammonta a 340, miliardi/anno
3) Ad annullare la corruzione, ammontante a 60 miliardi/anno
4) Ad annullare le perdite inutili delle partecipate. 30 miliardi/anno
5) Ad annullare i 30 miliardi/anno che lo Stato regala alle imprese amiche, dove certamente ci stanno dentro anche le mazzette di ritorno
6) Ad annullare tutti gli Enti inutili, ammontanti a 11,5 miliardi/anno
7) A fare un spending review minima necessaria.
8) Ad abolire il finanziamento ai quotidiani
9) A ridurre ad una cifra equa il finanziamento ai partiti.
10) Rimettere in sesto la sanità
e a tantissime altre cose,………………allora come Maucat e Scalfari anch’io dico ben venga la Troika.
Se invece viene per fare l’ennesimo interesse dei mandarini della casta spremendo quanto non si può più spremere agli italiani, allora il pollice è verso.
Non so se sia capitato anche a voi nei primi 8 anni di scuola. Ma io mi sono spesso chiesto perché dai Paesi a Nord di Chiasso o da est o da ovest calavano gli stranieri per mettere ordine alle contese italiane. Così riportavano i libri di storia.
Forse l’ho capito a 70 anni, osservando quanto accade. Noi dobbiamo ricorrere sempre ad altri per mettere ordine alle nostre faccende.
Sono fermamente convinto che se non si fossero attestate le forze anglo-americane, ed altre oltre la linea Gotica, noi non avremmo mai avuto la Resistenza e forse, vedendo l’apatia e l’indifferenza italiana, saremmo ancora in camicia nera.
Se veramente la Nato servisse per combattere le mafie, sarebbe un’occasione unica da non perdere. Perché non ci ricapiterà mai più.
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
La domanda sorge spontanea:
Secondo voi quanto durerà questa agonia,....prima che succeda qualcosa,.... qualsiasi cosa????????
Secondo voi quanto durerà questa agonia,....prima che succeda qualcosa,.... qualsiasi cosa????????
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
80 euro e non sentirli Effetto zero del bonus sui consumi del Paese
(Gianluca Roselli).
06/08/2014 di triskel182
CONFCOMMERCIO: LA MISURA NON È SERVITA. RENZI RISPONDE PICCATO: “11 MILIONI DI ITALIANI NON LA PENSANO COSÌ”.
Forse nei libri acquistati ieri a Roma per l’estate (oggetto del suo shopping alla galleria Sordi sono stati, tra gli altri, Lo stato innovatore di Mariana Mazzucato e Forza lavoro di Maurizio Landini), Matteo Renzi troverà qualche spunto per il rilancio dell’economia che ancora non arriva. “La rispresa è come l’estate: è un po’ in ritardo, non è bella come volevamo, ma poi arriva”, è l metafora usata dal premier. Che fa il paio con quella sportiva, con il governo che “ha abbandonato il passo dello sprinter per adottare quello del maratoneta”. PER ADESSO, però, il cammino è lento e tutto in salita. Giugno doveva essere il primo mese in cui si dovevano vedere gli effetti degli 80 euro arrivati agli italiani in busta paga a maggio.
In attesa dei dati ufficiali dell’Istat sul Pil del secondo semestre in arrivo oggi, le stime rese note da Confcommercio sono impietose. Secondo lo studio dell’indicatore dei Consumi (Icc), a giungo si rileva una crescita dello 0,4% rispetto a un anno fa, ma solo dello 0,1 rispetto a maggio 2014. “Sono segnali positivi ma straordinariamente deboli e insufficienti per affermare che la domanda delle famiglie sia a un punto di svolta. Si conferma il permanere di un quadro economico privo di una precisa direzione di marcia, situazione che, dopo un lungo periodo recessivo, non può che non preoccupare molto”, si legge nella relazione che accompagna i dati. Il presidente Carlo Sangalli, poi, rincara la dose. “Il BONUSdi 80 euro non ha raggiunto l’obbiettivo di un effetto shock sui consumi e di generare una fiducia diffusa, fondamentale per far ripartire la domanda interna”, osserva Sangalli. Che aggiunge: “Il primo effetto degli 80 euro sembra bruciato dall’incertezza del momento e dalle troppe tasse. La misura va nella giusta direzione, ma bisognava fare di più per ricostituire il reddito delle famiglie tornato ai livelli di trenta anni fa”. Effetto quasi zero, dunque. E nessun ciclo virtuoso. Confermato anche dalle associazioni dei consumatori. “Chi ha sperato in una ripresa dei consumi ha ricevuto una grande delusione. Questo perché le famiglie preferiscono usare quei soldi in più per pagare bollette, rate e debiti vari, continuando a tagliare le spese non indispensabili”, sostiene il presidente di Codacons Carlo Rienzi. Forse nemmeno il premier si aspettava grandi cose da giugno. Ma la risposta di Renzi è piccata. “A chi dice che gli 80 euro non servono a niente ricordo che 11 milioni di italiani la pensano diversamente. Non siamo ancora fuori dalle difficoltà, c’è ancora molto da fare, ma faremo di più e meglio. Se era facile non eravamo qui”, afferma il presidente del consiglio. È possibile che l’associazione di Sangalli abbia il dente avvelenato con Renzi viste le misure del governo contro le camere di commercio (un’altra stoccata era arrivata la scorsa settimana), ma i dati sono quelli. Oggettivi. E la risposta del premier conferma un certo nervosismo. Tanto che l’azzurro Daniele Capezzone invita Matteo alla prudenza consigliandogli “di non polemizzare ogni giorno con qualcuno”. IL BONUS DI 80 EURO in busta paga, infatti, è stata la bandiera del governo nei primi mesi di vita. Il provvedimento di cui il premier andava più fiero. Una fiducia forse più di facciata che reale, visto che l’andamento dei consumi è da sempre una variabile impossibile da calcolare con certezza. Questo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan lo sanno bene, tanto che nel Def l’impatto del BONUS viene stabilito in un più 0,1% del Pil nel 2014 e in un più 0,3 nel 2015. Quasi niente. Inoltre ci siano i soldi per mantenere il bonus anche nel 2015 è ancora tutto da dimostrare. Mentre solo da pochi giorni il Tesoro ha confermato le risorse per mantenerlo nel 2014. Questo teatrino, però, ha avuto come conseguenza quella di far percepire il BONUS come un provvedimento temporaneo e non come una misura permanente. Così, secondo gli esperti, gli italiani preferiscono conservare gli 80 euro in vista di tempi peggiori invece di spenderli. Il solo mese di giugno – oltretutto zeppo di scadenze fiscali – è troppo poco per giudicare. Ma la tendenza è quella. Secondo Confcommercio “i segnali sono deboli e insufficienti”. Altra cosa sarebbe stata se “fosse stato esteso a tutte le categorie”. IERI, INTANTO, Renzi ha visto il ministro Padoan. Tra i due il feeling rimane solido, ma lo stesso non si può dire dei rispettivi staff. Al ministero dell’Economia, infatti, continua il nervosismo per la decisione del primo ministro di istituire una squadra economica a Palazzo Chigi composta da tecnici di sua stretta fiducia come Guido Tabellini e Tommaso Nannicini, oltre al suo consigliere economico Yoram Gutgeld. Un’equipe messa in piedi per fare da contraltare al Tesoro. E infatti i tecnici di Via XX Settembre sono da giorni in fibrillazione.
Da Il Fatto Quotidiano del 06/08/2014.
(Gianluca Roselli).
06/08/2014 di triskel182
CONFCOMMERCIO: LA MISURA NON È SERVITA. RENZI RISPONDE PICCATO: “11 MILIONI DI ITALIANI NON LA PENSANO COSÌ”.
Forse nei libri acquistati ieri a Roma per l’estate (oggetto del suo shopping alla galleria Sordi sono stati, tra gli altri, Lo stato innovatore di Mariana Mazzucato e Forza lavoro di Maurizio Landini), Matteo Renzi troverà qualche spunto per il rilancio dell’economia che ancora non arriva. “La rispresa è come l’estate: è un po’ in ritardo, non è bella come volevamo, ma poi arriva”, è l metafora usata dal premier. Che fa il paio con quella sportiva, con il governo che “ha abbandonato il passo dello sprinter per adottare quello del maratoneta”. PER ADESSO, però, il cammino è lento e tutto in salita. Giugno doveva essere il primo mese in cui si dovevano vedere gli effetti degli 80 euro arrivati agli italiani in busta paga a maggio.
In attesa dei dati ufficiali dell’Istat sul Pil del secondo semestre in arrivo oggi, le stime rese note da Confcommercio sono impietose. Secondo lo studio dell’indicatore dei Consumi (Icc), a giungo si rileva una crescita dello 0,4% rispetto a un anno fa, ma solo dello 0,1 rispetto a maggio 2014. “Sono segnali positivi ma straordinariamente deboli e insufficienti per affermare che la domanda delle famiglie sia a un punto di svolta. Si conferma il permanere di un quadro economico privo di una precisa direzione di marcia, situazione che, dopo un lungo periodo recessivo, non può che non preoccupare molto”, si legge nella relazione che accompagna i dati. Il presidente Carlo Sangalli, poi, rincara la dose. “Il BONUSdi 80 euro non ha raggiunto l’obbiettivo di un effetto shock sui consumi e di generare una fiducia diffusa, fondamentale per far ripartire la domanda interna”, osserva Sangalli. Che aggiunge: “Il primo effetto degli 80 euro sembra bruciato dall’incertezza del momento e dalle troppe tasse. La misura va nella giusta direzione, ma bisognava fare di più per ricostituire il reddito delle famiglie tornato ai livelli di trenta anni fa”. Effetto quasi zero, dunque. E nessun ciclo virtuoso. Confermato anche dalle associazioni dei consumatori. “Chi ha sperato in una ripresa dei consumi ha ricevuto una grande delusione. Questo perché le famiglie preferiscono usare quei soldi in più per pagare bollette, rate e debiti vari, continuando a tagliare le spese non indispensabili”, sostiene il presidente di Codacons Carlo Rienzi. Forse nemmeno il premier si aspettava grandi cose da giugno. Ma la risposta di Renzi è piccata. “A chi dice che gli 80 euro non servono a niente ricordo che 11 milioni di italiani la pensano diversamente. Non siamo ancora fuori dalle difficoltà, c’è ancora molto da fare, ma faremo di più e meglio. Se era facile non eravamo qui”, afferma il presidente del consiglio. È possibile che l’associazione di Sangalli abbia il dente avvelenato con Renzi viste le misure del governo contro le camere di commercio (un’altra stoccata era arrivata la scorsa settimana), ma i dati sono quelli. Oggettivi. E la risposta del premier conferma un certo nervosismo. Tanto che l’azzurro Daniele Capezzone invita Matteo alla prudenza consigliandogli “di non polemizzare ogni giorno con qualcuno”. IL BONUS DI 80 EURO in busta paga, infatti, è stata la bandiera del governo nei primi mesi di vita. Il provvedimento di cui il premier andava più fiero. Una fiducia forse più di facciata che reale, visto che l’andamento dei consumi è da sempre una variabile impossibile da calcolare con certezza. Questo Renzi e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan lo sanno bene, tanto che nel Def l’impatto del BONUS viene stabilito in un più 0,1% del Pil nel 2014 e in un più 0,3 nel 2015. Quasi niente. Inoltre ci siano i soldi per mantenere il bonus anche nel 2015 è ancora tutto da dimostrare. Mentre solo da pochi giorni il Tesoro ha confermato le risorse per mantenerlo nel 2014. Questo teatrino, però, ha avuto come conseguenza quella di far percepire il BONUS come un provvedimento temporaneo e non come una misura permanente. Così, secondo gli esperti, gli italiani preferiscono conservare gli 80 euro in vista di tempi peggiori invece di spenderli. Il solo mese di giugno – oltretutto zeppo di scadenze fiscali – è troppo poco per giudicare. Ma la tendenza è quella. Secondo Confcommercio “i segnali sono deboli e insufficienti”. Altra cosa sarebbe stata se “fosse stato esteso a tutte le categorie”. IERI, INTANTO, Renzi ha visto il ministro Padoan. Tra i due il feeling rimane solido, ma lo stesso non si può dire dei rispettivi staff. Al ministero dell’Economia, infatti, continua il nervosismo per la decisione del primo ministro di istituire una squadra economica a Palazzo Chigi composta da tecnici di sua stretta fiducia come Guido Tabellini e Tommaso Nannicini, oltre al suo consigliere economico Yoram Gutgeld. Un’equipe messa in piedi per fare da contraltare al Tesoro. E infatti i tecnici di Via XX Settembre sono da giorni in fibrillazione.
Da Il Fatto Quotidiano del 06/08/2014.
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
MANOVRA L’alternativa d’autunno: tasse o mercato
(Stefano Feltri).
06/08/2014 di triskel182
TI GIURO che la manovra non ci sarà”. Qualunque renziano osservante che segue le questioni economiche in questo periodo ripete le stesse rassicurazioni. Anche se la crescita del 2014 sarà +0,2 o, peggio, zero, invece del +0,8 previsto dal governo, non ci sarà nessuna manovra. Matteo Renzi non può permettersela politicamente. Però anche se le rigidità del Fiscal compact saranno aggirate, i problemi resteranno. Le lezioni che l’Italia avrebbe dovuto apprendere in questi anni sono semplici. La flessibilità europea non esiste: si può scegliere di sfondare i vincoli – come ha fatto la Francia – e prendersi da soli i margini di manovra, a costo di subire le sanzioni dell’Europa. Oppure si possono rispettare gli impegni, come sta facendo l’Italia, sperando di essere premiati (non succede mai). Ma la vera questione resta quella della crescita. Rimandare sempre i problemi economici all’autunno, quando i primi nove mesi dell’anno sono già passati, significa fare politica economica soltanto con i tagli o le tasse una tantum. Il problema dell’Italia ormai non è più il 2014, ma il 2015: una crescita inferiore allo 0,9-1,3 per cento stimato sarebbe un disastro.
Bisogna adottare quindi provvedimenti immediati, che producano risultati in mesi, non in anni. A sentire i parlamentari sembra che ci siano solo due opzioni: una grossa patrimoniale che redistribuisca ricchezza (Sel) o un drastico intervento sul mercato del lavoro per indebolire ancora l’articolo 18 sui licenziamenti e rendere più precari e meno costosi i giovani (Pd-Forza Italia). Non è così. Basta essere un po più creativi e coraggiosi. Due esempi: al Senato si sta discutendo di come incentivare i “mutui a rovescio”: l’anziana signora con 400 euro di pensione e la casa in centro è povera e massacrata dall’Imu, ma potrebbe ottenere un flusso mensile di denaro dalla banca che, dopo un certo periodo, magari quando alla signora non serve più, diventa proprietaria della casa. Misure come questa aumentano reddito e consumi in modo più efficace della patrimoniale. Altro spunto: ci sono migliaia e migliaia di giovani laureati che lavorano gratis per professionisti strapagati ed evasori, come praticanti negli studi legali, di commercialisti, di architetti. Non si potrebbe vietare questo lavoro gratuito e costringere gli avvocati a pagare – decentemente e non in nero – i praticanti? Sarebbe una redistribuzione interna alla categoria che farebbe un gran bene a tutti. Poi ci sono le liberalizzazioni: il caso ormai dimenticato delle parafarmacie dimostra che si possono creare posti di lavoro con un tratto di penna (è l’unico vantaggio di vivere in un Paese iper-burocratico). Coraggio, cari parlamentare, un po’ di fantasia per superare il binomio tasse&tagli.
Da Il Fatto Quotidiano del 06/08/2014.
(Stefano Feltri).
06/08/2014 di triskel182
TI GIURO che la manovra non ci sarà”. Qualunque renziano osservante che segue le questioni economiche in questo periodo ripete le stesse rassicurazioni. Anche se la crescita del 2014 sarà +0,2 o, peggio, zero, invece del +0,8 previsto dal governo, non ci sarà nessuna manovra. Matteo Renzi non può permettersela politicamente. Però anche se le rigidità del Fiscal compact saranno aggirate, i problemi resteranno. Le lezioni che l’Italia avrebbe dovuto apprendere in questi anni sono semplici. La flessibilità europea non esiste: si può scegliere di sfondare i vincoli – come ha fatto la Francia – e prendersi da soli i margini di manovra, a costo di subire le sanzioni dell’Europa. Oppure si possono rispettare gli impegni, come sta facendo l’Italia, sperando di essere premiati (non succede mai). Ma la vera questione resta quella della crescita. Rimandare sempre i problemi economici all’autunno, quando i primi nove mesi dell’anno sono già passati, significa fare politica economica soltanto con i tagli o le tasse una tantum. Il problema dell’Italia ormai non è più il 2014, ma il 2015: una crescita inferiore allo 0,9-1,3 per cento stimato sarebbe un disastro.
Bisogna adottare quindi provvedimenti immediati, che producano risultati in mesi, non in anni. A sentire i parlamentari sembra che ci siano solo due opzioni: una grossa patrimoniale che redistribuisca ricchezza (Sel) o un drastico intervento sul mercato del lavoro per indebolire ancora l’articolo 18 sui licenziamenti e rendere più precari e meno costosi i giovani (Pd-Forza Italia). Non è così. Basta essere un po più creativi e coraggiosi. Due esempi: al Senato si sta discutendo di come incentivare i “mutui a rovescio”: l’anziana signora con 400 euro di pensione e la casa in centro è povera e massacrata dall’Imu, ma potrebbe ottenere un flusso mensile di denaro dalla banca che, dopo un certo periodo, magari quando alla signora non serve più, diventa proprietaria della casa. Misure come questa aumentano reddito e consumi in modo più efficace della patrimoniale. Altro spunto: ci sono migliaia e migliaia di giovani laureati che lavorano gratis per professionisti strapagati ed evasori, come praticanti negli studi legali, di commercialisti, di architetti. Non si potrebbe vietare questo lavoro gratuito e costringere gli avvocati a pagare – decentemente e non in nero – i praticanti? Sarebbe una redistribuzione interna alla categoria che farebbe un gran bene a tutti. Poi ci sono le liberalizzazioni: il caso ormai dimenticato delle parafarmacie dimostra che si possono creare posti di lavoro con un tratto di penna (è l’unico vantaggio di vivere in un Paese iper-burocratico). Coraggio, cari parlamentare, un po’ di fantasia per superare il binomio tasse&tagli.
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
Pil: il livello del secondo trimestre 2014 peggiore da 14 anni
06 agosto 2014
06 agosto 2014
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
DECRESCITA
L'Italia torna in recessione
Nel secondo trimestre 2014 il Pil scende peggio del previsto: meno 0,2 per cento
DI STEFANO VERGINE
06 agosto 2014
L'Italia torna in recessione
Il calo del Pil nel secondo trimestre dell'anno fa ripiombare l'Italia in recessione, espressione che indica una diminuzione del prodotto interno lordo per due trimestri consecutivi. Dopo il calo dello 0,1 per cento dei primi tre mesi del 2014 (rispetto all'ultimo trimestre del 2013), l'Istat ha certificato oggi che anche nel secondo trimestre, cioè da aprile a giugno, la produzione di beni e servizi è scesa: meno 0,2 per cento, peggio delle ultime previsioni degli esperti. L'economia italiana torna dunque ad inanellare dati negativi dopo il rialzo di fine 2013, unico periodo degli ultimi tre anni anni in cui il prodotto interno lordo è cresciuto. Il valore reale del Pil a fine giugno si è attestato a 340,1 miliardi, il punto più basso da 14 anni a questa parte.
La contrazione nel secondo trimestre dell'anno era attesa dagli economisti, ma in misura minore rispetto quanto annunciato oggi dall'Istat. Lo stesso Istituto di statistica nazionale, nella sua nota di fine luglio, aveva previsto una possibile variazione negativa compresa tra - 0,1 e + 0,3 per cento. Invece le cose sono andate un po' peggio del previsto. In miglioramento è la produzione industriale, di cui sempre l'Istat ha pubblicato oggi i dati: a giugno è aumentata dello 0,9 per cento rispetto a maggio. Ma se si considera il dato trimestrale si nota come anche qui non ci sia incremento, anzi in confronto al trimestre precedente la produzione è calata dello 0,4 per cento, trainata al ribasso soprattutto dai cali delle attività estrattiva, di raffinazione e di produzione di prodotti elettrici.
I dati del Pil hanno mostrato il primo effetto in Borsa, dove il Ftse Mib, il principale indice di Piazza Affari, poco dopo la pubblicazione da parte dell'Istat ha allargato le perdite oltre il 2,5 per cento. Il timore è che un arretramento del Pil maggiore del previsto possa intaccare il rapporto deficit/Pil, parametro cardine delle regole europee, che deve restare sotto il 3 per cento per evitare il commissariamento ufficiale, cioè l'arrivo a Roma della cosiddetta Troika a dettar legge sulla politica nostrana, proprio come è successo a Cipro, in Grecia, Irlanda e Portogallo. Con una crescita annuale del Pil dello 0,8 per cento, aveva detto il governo ad aprile, il rapporto deficit/Pil non andrà oltre il 2,6 per cento. Ora però le cose sono cambiate, e pure peggio rispetto alle previsioni degli analisti più pessimisti. Finora chi vedeva più nero per l'Italia, come ad esempio il centro studi di Confindustria, aveva stimato per il 2014 una crescita piatta, cioè nulla. Il timore è che, visti gli ultimi dati, anche questo possa diventare un anno di decrescita.
Il governo sembra esserne consapevole. Ieri, al termine di un lungo incontro a Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si sono detti d'accordo nel far sapere che, nonostante il peggioramento della situazione, non ci sarà bisogno di manovre correttive, che il rapporto deficit/Pil resterà sotto il 3 per cento anche nel 2015 e nel 2016, e che per rimettere a posto le cose sarà sufficiente andare avanti con le riforme annunciate, a partire dalla revisione della spesa pubblica e dalle privatizzazioni. Capitoli che, per la verità, finora non hanno dato grandi soddisfazioni. La spending review, scritta dal commissario Carlo Cottarelli ultimamente entrato in attrito con Renzi, resta per ora in attesa di essere realizzata, mentre la prima privatizzazione rilevante, quella di Fincantieri, non ha dato i frutti sperati.
http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... =HEF_RULLO
L'Italia torna in recessione
Nel secondo trimestre 2014 il Pil scende peggio del previsto: meno 0,2 per cento
DI STEFANO VERGINE
06 agosto 2014
L'Italia torna in recessione
Il calo del Pil nel secondo trimestre dell'anno fa ripiombare l'Italia in recessione, espressione che indica una diminuzione del prodotto interno lordo per due trimestri consecutivi. Dopo il calo dello 0,1 per cento dei primi tre mesi del 2014 (rispetto all'ultimo trimestre del 2013), l'Istat ha certificato oggi che anche nel secondo trimestre, cioè da aprile a giugno, la produzione di beni e servizi è scesa: meno 0,2 per cento, peggio delle ultime previsioni degli esperti. L'economia italiana torna dunque ad inanellare dati negativi dopo il rialzo di fine 2013, unico periodo degli ultimi tre anni anni in cui il prodotto interno lordo è cresciuto. Il valore reale del Pil a fine giugno si è attestato a 340,1 miliardi, il punto più basso da 14 anni a questa parte.
La contrazione nel secondo trimestre dell'anno era attesa dagli economisti, ma in misura minore rispetto quanto annunciato oggi dall'Istat. Lo stesso Istituto di statistica nazionale, nella sua nota di fine luglio, aveva previsto una possibile variazione negativa compresa tra - 0,1 e + 0,3 per cento. Invece le cose sono andate un po' peggio del previsto. In miglioramento è la produzione industriale, di cui sempre l'Istat ha pubblicato oggi i dati: a giugno è aumentata dello 0,9 per cento rispetto a maggio. Ma se si considera il dato trimestrale si nota come anche qui non ci sia incremento, anzi in confronto al trimestre precedente la produzione è calata dello 0,4 per cento, trainata al ribasso soprattutto dai cali delle attività estrattiva, di raffinazione e di produzione di prodotti elettrici.
I dati del Pil hanno mostrato il primo effetto in Borsa, dove il Ftse Mib, il principale indice di Piazza Affari, poco dopo la pubblicazione da parte dell'Istat ha allargato le perdite oltre il 2,5 per cento. Il timore è che un arretramento del Pil maggiore del previsto possa intaccare il rapporto deficit/Pil, parametro cardine delle regole europee, che deve restare sotto il 3 per cento per evitare il commissariamento ufficiale, cioè l'arrivo a Roma della cosiddetta Troika a dettar legge sulla politica nostrana, proprio come è successo a Cipro, in Grecia, Irlanda e Portogallo. Con una crescita annuale del Pil dello 0,8 per cento, aveva detto il governo ad aprile, il rapporto deficit/Pil non andrà oltre il 2,6 per cento. Ora però le cose sono cambiate, e pure peggio rispetto alle previsioni degli analisti più pessimisti. Finora chi vedeva più nero per l'Italia, come ad esempio il centro studi di Confindustria, aveva stimato per il 2014 una crescita piatta, cioè nulla. Il timore è che, visti gli ultimi dati, anche questo possa diventare un anno di decrescita.
Il governo sembra esserne consapevole. Ieri, al termine di un lungo incontro a Palazzo Chigi, il premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, si sono detti d'accordo nel far sapere che, nonostante il peggioramento della situazione, non ci sarà bisogno di manovre correttive, che il rapporto deficit/Pil resterà sotto il 3 per cento anche nel 2015 e nel 2016, e che per rimettere a posto le cose sarà sufficiente andare avanti con le riforme annunciate, a partire dalla revisione della spesa pubblica e dalle privatizzazioni. Capitoli che, per la verità, finora non hanno dato grandi soddisfazioni. La spending review, scritta dal commissario Carlo Cottarelli ultimamente entrato in attrito con Renzi, resta per ora in attesa di essere realizzata, mentre la prima privatizzazione rilevante, quella di Fincantieri, non ha dato i frutti sperati.
http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... =HEF_RULLO
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Re: Sveglia ragazzi!!!!!.....Stiamo per saltare!!!!!!!!!!!!!
CRESCITA
Il numero non riuscito di Matteo Renzi
Ecco come il Pil cambia la vita delle persone
Qual è stato l'impatto economico del governo Renzi sulla crescita? L'esecutivo, già costretto a rivedere al ribasso le previsioni, snobba numeri e percentali. Ma se il cruccio di Berlusconi, Monti e Letta si chiamava spread, quello dell'attuale premier ha un altro nome: Prodotto interno lordo
DI STEFANO VERGINE
05 agosto 2014
Il numero non riuscito di Matteo Renzi
Ecco come il Pil cambia la vita delle persone
«Che la crescita del Pil sia dello 0,4 o 0,8 o 1,5 per cento non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone». La teoria enunciata un paio di settimane fa dal premier Matteo Renzi si avvicina al momento della verità. Domani l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, comunicherà la variazione del Pil, cioè il prodotto interno lordo, nel secondo trimestre dell'anno. In parole semplici, ci dirà com'è andata la nostra economia da aprile a giugno, se cioè la produzione di beni e servizi in Italia è aumentata o diminuita rispetto al trimestre precedente, e a quanto ammonta questa variazione. Il numero che si conquisterà i titoli dei giornali sarà uno zero virgola: una percentuale di poco sopra o sotto lo zero, almeno queste sono le previsioni degli esperti. Il punto è capire se questo numero conta o meno per «la vita quotidiana delle persone».
LA TEORIA
Dall'andamento del Pil dipende il bilancio dello Stato. Se il Pil aumenta, a crescere sarà il gettito fiscale, visto che per ogni bene o servizio venduto ufficialmente vengono pagate tasse e imposte. Dunque, se il Pil cresce lo Stato ha più risorse a disposizione. Soldi con cui può ad esempio costruire strade, abbassare le tasse, migliorare scuole e ospedali, continuare a finanziare il BONUS da 80 euro e magari allargare la platea dei beneficari. Se invece il Pil diminuisce, anche le entrate pubbliche decrescono. E qui nascono i problemi. Perché quando un governo pianifica cosa fare, basa le proprie decisioni sulle previsioni di crescita economica. Che succede se un provvedimento è stato realizzato ipotizzando una crescita del Pil dell'1 per cento e invece alla fine questo scende? Succede che il governo deve trovare comunque quei soldi, e la cosa più facile da fare è aumentare le imposte indirette come ad esempio l'Iva, il bollo dell'auto o le accise sui tabacchi.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Il governo di Renzi, nel Documento di economia e finanza (Def) pubblicato ad aprile, aveva stimato per il 2014 una crescita del Pil pari allo 0,8 per cento. E aveva basato su queste stime la garanzia che il rapporto deficit/Pil, parametro cardine delle regole europee, sarebbe rimasto sotto il 3 per cento, soglia massima fissata da Bruxelles per evitare il commissariamento ufficiale, cioè l'arrivo a Roma della cosiddetta Troika a dettar legge sulla politica nostrana, proprio come è successo a Cipro, in Grecia, Irlanda e Portogallo. Con una crescita del Pil dello 0,8 per cento, aveva detto il governo ad aprile, il rapporto deficit/Pil non andrà oltre il 2,6 per cento. Ora però le cose sono cambiate. L'Istat, nella sua nota mensile pubblicata a fine luglio, ha scritto che «il recupero della crescita economica si preannuncia più difficile di quanto prospettato».
Tradotto in numeri, se due mesi fa l'Istituto di statistica aveva previsto una variazione compresa tra - 0,1 e + 0,3 per cento, domani le cose potrebbero andare peggio, tant'è che lo stesso staff economico del governo ha già ristretto la forchetta tra - 0,1 e +0,1 per cento. Se il segno sarà negativo, l'Italia rientrerà in recessione tecnica, formula che indica due trimestri consecutivi di crescita negativa (nel primo trimestre il Pil è calato dello 0,1 per cento). Se invece il segno sarà positivo, non ci sarà comunque molto per cui gioire. Il rallentamento trimestrale VEDI ANCHE:
ESPRESSOMUNAFO-20140728155828688-jpg
Crescita a rilento e svendite di Stato
"Caro Renzi, avevano ragione i gufi"
Il governo deve fare i conti con una crescita più lenta del previsto. «Renzi, come Monti, ha sbagliato i calcoli». E le privatizzazioni sono state un flop. Ma una manovra correttiva «sarebbe una follia». Intervista all'economista Emiliano Brancaccio
del Pil avrà infatti un effetto negativo sul risultato di fine anno. Non a caso parecchi economisti hanno già detto che l'Italia non riuscirà a raggiungere la crescita dello 0,8 per cento prospettata dal governo solo quattro mesi fa. Fondo monetario internazionale, Ocse, Banca d'Italia, Confindustria: le stime vanno da un massimo dello 0,6 per cento a un minimo di 0. Un pioggia di previsioni ribassiste che ha costretto anche il governo ad arrendersi, con Renzi stesso che ha recentemente definito «molto difficile» il raggiungimento dell'obiettivo fissato nel Def.
LE CONSEGUENZE
La promessa disattesa avrà conseguenze negative soprattutto sul rapporto deficit/Pil. Per ora Renzi si dice sicuro che «resteremo sotto il 3 per cento», ma l'eventualità di una manovra correttiva non è più un tabù, tanto che il premier nei giorni scorsi ha dichiarato che, nel caso fosse necessaria, «non imporremo nuove tasse». Le alternative non mancano, in teoria. Per contenere il rapporto deficit/Pil, in assenza di crescita e non volendo aumentare le entrate dello Stato, bisognerebbe ridurre i costi. Il punto di partenza, dice Renzi, resta la revisione della spesa, quella messa a punto dal commissario Carlo Cottarelli con cui lo stesso premier è entrato ultimamente in conflitto: «Con i 16 miliardi di risparmi previsti dalla spending review, confermati anche se Carlo Cottarelli dovesse lasciare, il rapporto deficit/Pil arriverebbe al 2,3 per cento», ha dichiarato qualche giorno fa Renzi. Certo, se poi l'economia dovesse peggiorare ulteriormente, nemmeno le forbici di Cottarelli potrebbero essere più sufficienti per tenere lontana la Troika. E allora sì che «la crescita del Pil dello 0,4 o 0,8 o 1,5 per cento» cambierebbe «la vita quotidiana delle persone».
© Riproduzione riservata 05 agosto 2014
http://espresso.repubblica.it/affari/20 ... e-1.175909
Il numero non riuscito di Matteo Renzi
Ecco come il Pil cambia la vita delle persone
Qual è stato l'impatto economico del governo Renzi sulla crescita? L'esecutivo, già costretto a rivedere al ribasso le previsioni, snobba numeri e percentali. Ma se il cruccio di Berlusconi, Monti e Letta si chiamava spread, quello dell'attuale premier ha un altro nome: Prodotto interno lordo
DI STEFANO VERGINE
05 agosto 2014
Il numero non riuscito di Matteo Renzi
Ecco come il Pil cambia la vita delle persone
«Che la crescita del Pil sia dello 0,4 o 0,8 o 1,5 per cento non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone». La teoria enunciata un paio di settimane fa dal premier Matteo Renzi si avvicina al momento della verità. Domani l'Istat, l'istituto nazionale di statistica, comunicherà la variazione del Pil, cioè il prodotto interno lordo, nel secondo trimestre dell'anno. In parole semplici, ci dirà com'è andata la nostra economia da aprile a giugno, se cioè la produzione di beni e servizi in Italia è aumentata o diminuita rispetto al trimestre precedente, e a quanto ammonta questa variazione. Il numero che si conquisterà i titoli dei giornali sarà uno zero virgola: una percentuale di poco sopra o sotto lo zero, almeno queste sono le previsioni degli esperti. Il punto è capire se questo numero conta o meno per «la vita quotidiana delle persone».
LA TEORIA
Dall'andamento del Pil dipende il bilancio dello Stato. Se il Pil aumenta, a crescere sarà il gettito fiscale, visto che per ogni bene o servizio venduto ufficialmente vengono pagate tasse e imposte. Dunque, se il Pil cresce lo Stato ha più risorse a disposizione. Soldi con cui può ad esempio costruire strade, abbassare le tasse, migliorare scuole e ospedali, continuare a finanziare il BONUS da 80 euro e magari allargare la platea dei beneficari. Se invece il Pil diminuisce, anche le entrate pubbliche decrescono. E qui nascono i problemi. Perché quando un governo pianifica cosa fare, basa le proprie decisioni sulle previsioni di crescita economica. Che succede se un provvedimento è stato realizzato ipotizzando una crescita del Pil dell'1 per cento e invece alla fine questo scende? Succede che il governo deve trovare comunque quei soldi, e la cosa più facile da fare è aumentare le imposte indirette come ad esempio l'Iva, il bollo dell'auto o le accise sui tabacchi.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Il governo di Renzi, nel Documento di economia e finanza (Def) pubblicato ad aprile, aveva stimato per il 2014 una crescita del Pil pari allo 0,8 per cento. E aveva basato su queste stime la garanzia che il rapporto deficit/Pil, parametro cardine delle regole europee, sarebbe rimasto sotto il 3 per cento, soglia massima fissata da Bruxelles per evitare il commissariamento ufficiale, cioè l'arrivo a Roma della cosiddetta Troika a dettar legge sulla politica nostrana, proprio come è successo a Cipro, in Grecia, Irlanda e Portogallo. Con una crescita del Pil dello 0,8 per cento, aveva detto il governo ad aprile, il rapporto deficit/Pil non andrà oltre il 2,6 per cento. Ora però le cose sono cambiate. L'Istat, nella sua nota mensile pubblicata a fine luglio, ha scritto che «il recupero della crescita economica si preannuncia più difficile di quanto prospettato».
Tradotto in numeri, se due mesi fa l'Istituto di statistica aveva previsto una variazione compresa tra - 0,1 e + 0,3 per cento, domani le cose potrebbero andare peggio, tant'è che lo stesso staff economico del governo ha già ristretto la forchetta tra - 0,1 e +0,1 per cento. Se il segno sarà negativo, l'Italia rientrerà in recessione tecnica, formula che indica due trimestri consecutivi di crescita negativa (nel primo trimestre il Pil è calato dello 0,1 per cento). Se invece il segno sarà positivo, non ci sarà comunque molto per cui gioire. Il rallentamento trimestrale VEDI ANCHE:
ESPRESSOMUNAFO-20140728155828688-jpg
Crescita a rilento e svendite di Stato
"Caro Renzi, avevano ragione i gufi"
Il governo deve fare i conti con una crescita più lenta del previsto. «Renzi, come Monti, ha sbagliato i calcoli». E le privatizzazioni sono state un flop. Ma una manovra correttiva «sarebbe una follia». Intervista all'economista Emiliano Brancaccio
del Pil avrà infatti un effetto negativo sul risultato di fine anno. Non a caso parecchi economisti hanno già detto che l'Italia non riuscirà a raggiungere la crescita dello 0,8 per cento prospettata dal governo solo quattro mesi fa. Fondo monetario internazionale, Ocse, Banca d'Italia, Confindustria: le stime vanno da un massimo dello 0,6 per cento a un minimo di 0. Un pioggia di previsioni ribassiste che ha costretto anche il governo ad arrendersi, con Renzi stesso che ha recentemente definito «molto difficile» il raggiungimento dell'obiettivo fissato nel Def.
LE CONSEGUENZE
La promessa disattesa avrà conseguenze negative soprattutto sul rapporto deficit/Pil. Per ora Renzi si dice sicuro che «resteremo sotto il 3 per cento», ma l'eventualità di una manovra correttiva non è più un tabù, tanto che il premier nei giorni scorsi ha dichiarato che, nel caso fosse necessaria, «non imporremo nuove tasse». Le alternative non mancano, in teoria. Per contenere il rapporto deficit/Pil, in assenza di crescita e non volendo aumentare le entrate dello Stato, bisognerebbe ridurre i costi. Il punto di partenza, dice Renzi, resta la revisione della spesa, quella messa a punto dal commissario Carlo Cottarelli con cui lo stesso premier è entrato ultimamente in conflitto: «Con i 16 miliardi di risparmi previsti dalla spending review, confermati anche se Carlo Cottarelli dovesse lasciare, il rapporto deficit/Pil arriverebbe al 2,3 per cento», ha dichiarato qualche giorno fa Renzi. Certo, se poi l'economia dovesse peggiorare ulteriormente, nemmeno le forbici di Cottarelli potrebbero essere più sufficienti per tenere lontana la Troika. E allora sì che «la crescita del Pil dello 0,4 o 0,8 o 1,5 per cento» cambierebbe «la vita quotidiana delle persone».
© Riproduzione riservata 05 agosto 2014
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