Top News
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Re: Top News
Beh, nel paese di schettino succede anche che tavecchio fa il presidente federale insomma. Bah
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Top News
Anche i somari, per non dire di peggio volano.questa ne è una prova.
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Paolo11
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Re: Top News
Doveroso omaggio a un grande attore che ha scelto di andarsene. Rip
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
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Re: Top News
Mi associo.Mi ricordo che aiutava L'attore che faceva Supermen dopo la caduta da cavallo era rimasto paralizzato.
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Paolo11
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Re: Top News
Ferragosto
di maltempo Nubifragio
nel Trevigiano
Grandine in Brianza Foto
http://www.corriere.it/cronache/14_agos ... 0fda.shtml
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Re: Top News
Non sono molto portato per le arti figurative. Mi attraggono molti altri settori. Non andrei di certo al Louvre per raccontare poi di esserci andato per vedere Monna Lisa. Sarebbe pura ipocrisia. Con questo non voglio negare le capacità artistiche dell’autore nell’anticipare a suo modo la fotografia.
Passano i decenni, ma non riesco a non farmi venire il coccolone ogni volta che vedo che le opere d’arte della natura subiscono il segno del tempo.
E’ quanto avvenuto pochi minuti fa, confrontando il prima e il dopo dell’immagine di Lauren Bacaal, da poco scomparsa. Le belle donne non dovrebbero invecchiare mai, anche se vado ad intaccare il senso di uguaglianza nei confronti di tutte le donne.
16 AGO 2014 20:28
LAURENBACALLMANIA! TORNANO DAL PASSATO, PIÙ O MENO RECENTE, INCREDIBILI FOTO DI LAUREN BACALL, DA POCO SCOMPARSA, E DUE PERLE DEI CARTOON DELLA WARNER BROS DEGLI ANNI ’40
Nel primo, che gioca sul titolo sulla richiamata alle armi con Bacall/Be-call to Arms!, visto che l’America stava ancora in guerra nel 1944, vediamo uno spettatore, anzi un lupo spettatore entrare in un cinema dove si proietta il nuovo film di Humphrey Bogart, “To Have and To Have Not”….
Marco Giusti per Dagospia
LaurenBacallmania! Tornano dal passato, più o meno recente, incredibili foto di Lauren Bacall, da poco scomparsa, e due perle dei cartoon della Warner Bros degli anni ’40. Si tratta di “Bacall to Arms” di Robert Clampett, uscito nel 1946 e di “Slick Hare” di Fritz Freleng, uscito nel 1947.
Visto che la Bacall, come Hunphrey Bogart, erano sotto contratto con la Warner Bros, il dipartimento cartoon della Warner, allora sotto il controllo di Leon Schlesinger, dette vita a un paio di cartoon parodistici dedicati proprio alla coppia di star. Nel primo, che gioca sul titolo sulla richiamata alle armi con Bacall/Be-call to Arms!, visto che l’America stava ancora in guerra nel 1944, vediamo uno spettatore, anzi un lupo spettatore entrare in un cinema dove si proietta il nuovo film di Humphrey Bogart, “To Have and To Have Not”.
Il lupo è mezzo addormentato in sala e si vede una specie di cortometraggio distrattamente, mentre un grosso ippopotamo, doppiato da Tex Avery, grande regista Warner del tempo, è silenziato proprio da Bogart dallo schermo. Ma quando entra in scena Lauren Bacall il lupo si sveglia e si scatena.
“Hai da accendere?”, chiede lei a Bogart che le risponde con una specie di lanciafiamme. Il lupo non sta più nella pelle. Lei si accende la sigaretta col lanciafiamme e lascia una scia di fuoco per terra dove cammina. Quando lei si scatena con la celebre scena del fischio, il lupo prova a fischiare diventando
E per afferrare il mozzicone di cicca fumato dalla Bacall il lupo si azzarda a salire sul palco e viene direttamente freddato da Bogart. Più o meno è questo l’effetto che fece Lauren Bacall sullo schermo quando apparve per la prima volta in “To Have and To Have Not” nel 1945.
Nel successivo “Slick Hare” di Fritz Freleng, uscito un anno dopo, siamo in un locale di Hollywood, il Mocrumbo, pieno di star, da Gregory Peck a Ray Milland, da Frank Sinatra ai Fratelli Marx. Solo a un tavolo Humphrey Bogart ordina al cameriere Elmer Fudd un coniglio. E Elmer non trova di meglio in cucina che il vecchio Bugs Bunny, che non ha però alcuna voglia di finire in padella.
Inizia così una caccia sfrenata di Elmer al coniglio per tutto il locale. Bugs finirà in testa a Carme Miranda, pronto a mangiare le banane della sua folle acconciatura, poi a mettersi i baffi finti e a fumare il sigaro di Groucho Marx. Tutto pur di non venir stufato. Quando scoprirà però che il coniglio è richiesto da Lauren Bacall al tavolo di Bogart sarà lui stesso a precipitarsi dentro a un tegame con tanto di mela in bocca pazzo di passione.
Passano i decenni, ma non riesco a non farmi venire il coccolone ogni volta che vedo che le opere d’arte della natura subiscono il segno del tempo.
E’ quanto avvenuto pochi minuti fa, confrontando il prima e il dopo dell’immagine di Lauren Bacaal, da poco scomparsa. Le belle donne non dovrebbero invecchiare mai, anche se vado ad intaccare il senso di uguaglianza nei confronti di tutte le donne.
16 AGO 2014 20:28
LAURENBACALLMANIA! TORNANO DAL PASSATO, PIÙ O MENO RECENTE, INCREDIBILI FOTO DI LAUREN BACALL, DA POCO SCOMPARSA, E DUE PERLE DEI CARTOON DELLA WARNER BROS DEGLI ANNI ’40
Nel primo, che gioca sul titolo sulla richiamata alle armi con Bacall/Be-call to Arms!, visto che l’America stava ancora in guerra nel 1944, vediamo uno spettatore, anzi un lupo spettatore entrare in un cinema dove si proietta il nuovo film di Humphrey Bogart, “To Have and To Have Not”….
Marco Giusti per Dagospia
LaurenBacallmania! Tornano dal passato, più o meno recente, incredibili foto di Lauren Bacall, da poco scomparsa, e due perle dei cartoon della Warner Bros degli anni ’40. Si tratta di “Bacall to Arms” di Robert Clampett, uscito nel 1946 e di “Slick Hare” di Fritz Freleng, uscito nel 1947.
Visto che la Bacall, come Hunphrey Bogart, erano sotto contratto con la Warner Bros, il dipartimento cartoon della Warner, allora sotto il controllo di Leon Schlesinger, dette vita a un paio di cartoon parodistici dedicati proprio alla coppia di star. Nel primo, che gioca sul titolo sulla richiamata alle armi con Bacall/Be-call to Arms!, visto che l’America stava ancora in guerra nel 1944, vediamo uno spettatore, anzi un lupo spettatore entrare in un cinema dove si proietta il nuovo film di Humphrey Bogart, “To Have and To Have Not”.
Il lupo è mezzo addormentato in sala e si vede una specie di cortometraggio distrattamente, mentre un grosso ippopotamo, doppiato da Tex Avery, grande regista Warner del tempo, è silenziato proprio da Bogart dallo schermo. Ma quando entra in scena Lauren Bacall il lupo si sveglia e si scatena.
“Hai da accendere?”, chiede lei a Bogart che le risponde con una specie di lanciafiamme. Il lupo non sta più nella pelle. Lei si accende la sigaretta col lanciafiamme e lascia una scia di fuoco per terra dove cammina. Quando lei si scatena con la celebre scena del fischio, il lupo prova a fischiare diventando
E per afferrare il mozzicone di cicca fumato dalla Bacall il lupo si azzarda a salire sul palco e viene direttamente freddato da Bogart. Più o meno è questo l’effetto che fece Lauren Bacall sullo schermo quando apparve per la prima volta in “To Have and To Have Not” nel 1945.
Nel successivo “Slick Hare” di Fritz Freleng, uscito un anno dopo, siamo in un locale di Hollywood, il Mocrumbo, pieno di star, da Gregory Peck a Ray Milland, da Frank Sinatra ai Fratelli Marx. Solo a un tavolo Humphrey Bogart ordina al cameriere Elmer Fudd un coniglio. E Elmer non trova di meglio in cucina che il vecchio Bugs Bunny, che non ha però alcuna voglia di finire in padella.
Inizia così una caccia sfrenata di Elmer al coniglio per tutto il locale. Bugs finirà in testa a Carme Miranda, pronto a mangiare le banane della sua folle acconciatura, poi a mettersi i baffi finti e a fumare il sigaro di Groucho Marx. Tutto pur di non venir stufato. Quando scoprirà però che il coniglio è richiesto da Lauren Bacall al tavolo di Bogart sarà lui stesso a precipitarsi dentro a un tegame con tanto di mela in bocca pazzo di passione.
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Re: Top News
PIU' BANANE PER TUTTI - 1
LA PRIMA DECISIONE Tavecchio cancella la norma che vieta i cori razzisti allo stadio
18 agosto 2014
Tavecchio avvisa lo sponsor di Conte: "Le convocazioni le fa l'allenatore"
Figc, Tavecchio: "Conte è un condottiero e un investimento per il Paese"
Conte ha detto "sì": "Nuovo Ct azzurro"
Italia, Conte è il nuovo c.t. della Nazionale. Tavecchio: "Accordo raggiunto"
Tavecchio cancella la norma che vieta i cori razzisti allo stadio
Torna l’insulto allo stadio. Si potrà urlare: “Napoli colera” e altre offese da stadio legati alla discriminazione territoriale. Il consiglio federale della Figc ha approvato la modifica della norma sulla discriminazione territoriale che andrà immediatamente in vigore. Si è intervenuti sui testi dell’art. 11 e 12 del Codice di giustizia sportiva. Non costituisce più un comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, quella condotta che era da considerarsi, direttamente o indirettamente, di “origine territoriale” (ex art. 11).
In più, l’offesa, denigrazione o insulto per motivi di origine territoriale viene cancellata dall’art. 12 (prevenzione di fatti violenti) come causa di responsabilità oggettiva delle società. La modifica, ha spiegato il presidente Figc Carlo Taevecchio, è stata fatta “per evitare provvedimenti drastici come la chiusura delle curve” e cercare di intervenire “in modo più ponderato”
http://www.liberoquotidiano.it/news/spo ... vieta.html
LA PRIMA DECISIONE Tavecchio cancella la norma che vieta i cori razzisti allo stadio
18 agosto 2014
Tavecchio avvisa lo sponsor di Conte: "Le convocazioni le fa l'allenatore"
Figc, Tavecchio: "Conte è un condottiero e un investimento per il Paese"
Conte ha detto "sì": "Nuovo Ct azzurro"
Italia, Conte è il nuovo c.t. della Nazionale. Tavecchio: "Accordo raggiunto"
Tavecchio cancella la norma che vieta i cori razzisti allo stadio
Torna l’insulto allo stadio. Si potrà urlare: “Napoli colera” e altre offese da stadio legati alla discriminazione territoriale. Il consiglio federale della Figc ha approvato la modifica della norma sulla discriminazione territoriale che andrà immediatamente in vigore. Si è intervenuti sui testi dell’art. 11 e 12 del Codice di giustizia sportiva. Non costituisce più un comportamento discriminatorio, sanzionabile quale illecito disciplinare, quella condotta che era da considerarsi, direttamente o indirettamente, di “origine territoriale” (ex art. 11).
In più, l’offesa, denigrazione o insulto per motivi di origine territoriale viene cancellata dall’art. 12 (prevenzione di fatti violenti) come causa di responsabilità oggettiva delle società. La modifica, ha spiegato il presidente Figc Carlo Taevecchio, è stata fatta “per evitare provvedimenti drastici come la chiusura delle curve” e cercare di intervenire “in modo più ponderato”
http://www.liberoquotidiano.it/news/spo ... vieta.html
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Re: Top News
25 AGO 2014 18:41
GIULIO MANI DI FORBICE -
DAI TAGLI A ‘DON CAMILLO’ ALLE CENSURE AI FILM ANTI-AMERICANI: ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA DUE DOCUMENTARI RACCONTANO GLI ANNI DI ANDREOTTI “RE-CENSORE” (SU TUTTI LA SCOMUNICA DI ‘’LADRI DI BICICLETTE’’)
Grazie al “saccheggio” dei tesori dell’archivio Luce prodotti due documentari (con un’intervista a Rondi) in cui Andreotti e il decano dei critici si divertono a ricordare censure “esagerate”: i tagli a ogni scena di nudo del Divo Giulio e quella volta che Rondi stroncò “Le mani sulla città” di Rosi…
Natalia Aspesi per “La Repubblica”
La Mostra del cinema (27 agosto/6 settembre) ha 71 anni, è quindi nel pieno di una terza età che deve orgogliosamente onorare con film che forse non affolleranno di celebrità internazionali l’ormai sbiadito e fuori moda tappeto rosso, ma che potrebbero entusiasmare i nuovi cinefili da festival, i giovani a caccia di storie sorprendenti, di autori celebri e centenari o sconosciuti e trentenni; in tutte le sezioni, quattro ufficiali e due collaterali, un trionfo del cinema italiano, in buona parte eroico prodotto della scarsità finanziaria, quindi talvolta messo insieme con brevi documenti inviati da italiani qualsiasi che si raccontano, oppure frugando negli archivi Rai o Olivetti per recuperare vecchi filmati, ma soprattutto nei ricchi magazzini di Cinecittà, anche per festeggiare e onorare i 90 anni dell’Istituto Luce e i suoi operosi responsabili.
Il più interessante saccheggio dei tesori dell’Istituto Luce ha prodotto due documentari della sezione Classici ( 22 vecchi film restaurati di cui 9 italiani, e 10 documentari di cui 4 italiani): Il cinema visto da vicino racconta gli anni in cui a occuparsene con un forbicione ma anche con nuove leggi, fu un Giulio Andreotti allora giovane e, incredibile, persino belloccio, sottosegretario con delega allo spettacolo nel IV governo De Gasperi.
Le 70 ore d’intervista all’uomo politico risalgono a qualche anno fa, ma fin quando il 7 volte presidente del Consiglio e 22 volte ministro di questo e di quello è stato in vita (si è spento, nel maggio del 2013, a 94 anni), si è preferito non farne niente: solo adesso l’autore Tatti Sanguineti ha trovato il distributore e il finanziamento per montare il film e dargli una sopportabile misura.
Sempre arricchita da filmati d’epoca del solito Istituto Luce, Vita cinema e passione di Giorgio Treves, è una lunga intervista a Gian Luigi Rondi, critico molto amato e molto detestato, docente di cinema, ex direttore della Mostra veneziana, ex presidente della Biennale, ex presidente del Festival di Roma, e oggi, a 93 anni, presidente del più importante cinepremio italiano, i David di Donatello.
Ha in pratica da sempre in mano il nostro cinema e, quasi coetaneo di Andreotti, lo incontrò nei primi anni 50 quando l’allora superdemocristiano gli domandò se era comunista, oppure se poteva considerarlo un cattolico di sinistra: e gli chiese di dare una mano ai consulenti che dovevano redigere una legge a sostegno del cinema italiano contro l’invasione dei film americani a guerra finita (era arrivato da noi nel ‘49, con 10 anni di ritardo e un successo strepitoso, il kolossal Via col vento). E intanto il giovane sottosegretario perfezionava una severissima legge sulla censura.
Nei due documentari, il venerato critico e persino il potente ambiguo politico, riescono a risultare serenamente simpatici, ricordando con ironia i loro errori giovanili verso il nostro cinema. «I panni sporchi si lavano in famiglia! » fu la celebre frase pronunciata da un giovane Andreotti contro Ladri di biciclette, capolavoro di De Sica.
Mentre Rondi, critico di un quotidiano di destra come Il Tempo , messo in guardia dal direttore di allora, iniziò il suo articolo sull’indimenticabile capolavoro Le mani sulla città di Rosi, presentato a Venezia nel 1963 e premiato col Leone d’oro, con un minaccioso «No, no, no!». Però, ricorda Rondi, «quando il film arrivò nei cinema romani, turbato dal contrasto di opinioni che avevo provocato. tolsi quei no».
Implacabile censore, Andreotti scriveva a mano le sue decisioni. Per esempio sconsigliando di produrre in quei primi anni 50 film che rievocassero il tempo del fascismo, o facendo scomparire film azionisti come Tragica alba a Dongo , ma anche antiamericani come Guerra alla guerra prodotto dal cattolicissimo Luigi Gedda e conservato in Vaticano.
Gilles Jacob per decenni responsabile del Festival di Cannes, ricorda la capacità di persuasione di Rondi, quando nel 1980, membro della giuria presieduta da Kirk Douglas che voleva dare la Palma d’Oro all’americano All that jazz di Bob Fosse, lottò per far riconoscere Kagemusha del giapponese Kurosawa: «Alla fine la Palma d’oro fu data ex aequo».
Andreotti si diverte a sentir ricordare certe sue censure che decenni dopo anche lui ritiene esagerate, per esempio i tagli a ogni scena di nudo, che invece restano nell’edizione per la Francia. Ma anche tagli più surreali, come quello in uno dei film ispirato ai due personaggi di Guareschi, Peppone e Don Camillo, gli italiani non videro il prete Fernandel che in chiesa dava un calcio al comunista Cervi, mentre in uno dei tanti film di Totò, cui chiedevano il nome del pachiderma provvisto di proboscide, è Andreotti a far sostituire la risposta «Bartali» invece di «De Gasperi».
«È il vecchio uomo politico a ricordare come fu lui ad “attivarsi” perché Papa Pio XII accettasse di vedere Il cielo sulla palude di Genina, che raccontava la tragica storia di Maria Goretti: «Il Papa si agitò molto nel vedere le gambe dell’adolescente che impersonava la futura santa», ricorda divertito Andreotti.
Nel 2012 Rondi ha abbandonato la presidenza del Festival di Roma, incarico assegnatogli da Walter Veltroni nel 2008, per non accettare la direzione di Marco Müller, nominato dalla destra al posto di Piera Detassis, che dice lui «è il miglior direttore di Festival che abbia mai incontrato». Meglio anche dello stesso Rondi?
GIULIO MANI DI FORBICE -
DAI TAGLI A ‘DON CAMILLO’ ALLE CENSURE AI FILM ANTI-AMERICANI: ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA DUE DOCUMENTARI RACCONTANO GLI ANNI DI ANDREOTTI “RE-CENSORE” (SU TUTTI LA SCOMUNICA DI ‘’LADRI DI BICICLETTE’’)
Grazie al “saccheggio” dei tesori dell’archivio Luce prodotti due documentari (con un’intervista a Rondi) in cui Andreotti e il decano dei critici si divertono a ricordare censure “esagerate”: i tagli a ogni scena di nudo del Divo Giulio e quella volta che Rondi stroncò “Le mani sulla città” di Rosi…
Natalia Aspesi per “La Repubblica”
La Mostra del cinema (27 agosto/6 settembre) ha 71 anni, è quindi nel pieno di una terza età che deve orgogliosamente onorare con film che forse non affolleranno di celebrità internazionali l’ormai sbiadito e fuori moda tappeto rosso, ma che potrebbero entusiasmare i nuovi cinefili da festival, i giovani a caccia di storie sorprendenti, di autori celebri e centenari o sconosciuti e trentenni; in tutte le sezioni, quattro ufficiali e due collaterali, un trionfo del cinema italiano, in buona parte eroico prodotto della scarsità finanziaria, quindi talvolta messo insieme con brevi documenti inviati da italiani qualsiasi che si raccontano, oppure frugando negli archivi Rai o Olivetti per recuperare vecchi filmati, ma soprattutto nei ricchi magazzini di Cinecittà, anche per festeggiare e onorare i 90 anni dell’Istituto Luce e i suoi operosi responsabili.
Il più interessante saccheggio dei tesori dell’Istituto Luce ha prodotto due documentari della sezione Classici ( 22 vecchi film restaurati di cui 9 italiani, e 10 documentari di cui 4 italiani): Il cinema visto da vicino racconta gli anni in cui a occuparsene con un forbicione ma anche con nuove leggi, fu un Giulio Andreotti allora giovane e, incredibile, persino belloccio, sottosegretario con delega allo spettacolo nel IV governo De Gasperi.
Le 70 ore d’intervista all’uomo politico risalgono a qualche anno fa, ma fin quando il 7 volte presidente del Consiglio e 22 volte ministro di questo e di quello è stato in vita (si è spento, nel maggio del 2013, a 94 anni), si è preferito non farne niente: solo adesso l’autore Tatti Sanguineti ha trovato il distributore e il finanziamento per montare il film e dargli una sopportabile misura.
Sempre arricchita da filmati d’epoca del solito Istituto Luce, Vita cinema e passione di Giorgio Treves, è una lunga intervista a Gian Luigi Rondi, critico molto amato e molto detestato, docente di cinema, ex direttore della Mostra veneziana, ex presidente della Biennale, ex presidente del Festival di Roma, e oggi, a 93 anni, presidente del più importante cinepremio italiano, i David di Donatello.
Ha in pratica da sempre in mano il nostro cinema e, quasi coetaneo di Andreotti, lo incontrò nei primi anni 50 quando l’allora superdemocristiano gli domandò se era comunista, oppure se poteva considerarlo un cattolico di sinistra: e gli chiese di dare una mano ai consulenti che dovevano redigere una legge a sostegno del cinema italiano contro l’invasione dei film americani a guerra finita (era arrivato da noi nel ‘49, con 10 anni di ritardo e un successo strepitoso, il kolossal Via col vento). E intanto il giovane sottosegretario perfezionava una severissima legge sulla censura.
Nei due documentari, il venerato critico e persino il potente ambiguo politico, riescono a risultare serenamente simpatici, ricordando con ironia i loro errori giovanili verso il nostro cinema. «I panni sporchi si lavano in famiglia! » fu la celebre frase pronunciata da un giovane Andreotti contro Ladri di biciclette, capolavoro di De Sica.
Mentre Rondi, critico di un quotidiano di destra come Il Tempo , messo in guardia dal direttore di allora, iniziò il suo articolo sull’indimenticabile capolavoro Le mani sulla città di Rosi, presentato a Venezia nel 1963 e premiato col Leone d’oro, con un minaccioso «No, no, no!». Però, ricorda Rondi, «quando il film arrivò nei cinema romani, turbato dal contrasto di opinioni che avevo provocato. tolsi quei no».
Implacabile censore, Andreotti scriveva a mano le sue decisioni. Per esempio sconsigliando di produrre in quei primi anni 50 film che rievocassero il tempo del fascismo, o facendo scomparire film azionisti come Tragica alba a Dongo , ma anche antiamericani come Guerra alla guerra prodotto dal cattolicissimo Luigi Gedda e conservato in Vaticano.
Gilles Jacob per decenni responsabile del Festival di Cannes, ricorda la capacità di persuasione di Rondi, quando nel 1980, membro della giuria presieduta da Kirk Douglas che voleva dare la Palma d’Oro all’americano All that jazz di Bob Fosse, lottò per far riconoscere Kagemusha del giapponese Kurosawa: «Alla fine la Palma d’oro fu data ex aequo».
Andreotti si diverte a sentir ricordare certe sue censure che decenni dopo anche lui ritiene esagerate, per esempio i tagli a ogni scena di nudo, che invece restano nell’edizione per la Francia. Ma anche tagli più surreali, come quello in uno dei film ispirato ai due personaggi di Guareschi, Peppone e Don Camillo, gli italiani non videro il prete Fernandel che in chiesa dava un calcio al comunista Cervi, mentre in uno dei tanti film di Totò, cui chiedevano il nome del pachiderma provvisto di proboscide, è Andreotti a far sostituire la risposta «Bartali» invece di «De Gasperi».
«È il vecchio uomo politico a ricordare come fu lui ad “attivarsi” perché Papa Pio XII accettasse di vedere Il cielo sulla palude di Genina, che raccontava la tragica storia di Maria Goretti: «Il Papa si agitò molto nel vedere le gambe dell’adolescente che impersonava la futura santa», ricorda divertito Andreotti.
Nel 2012 Rondi ha abbandonato la presidenza del Festival di Roma, incarico assegnatogli da Walter Veltroni nel 2008, per non accettare la direzione di Marco Müller, nominato dalla destra al posto di Piera Detassis, che dice lui «è il miglior direttore di Festival che abbia mai incontrato». Meglio anche dello stesso Rondi?
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Re: Top News
Non sempre il modo di vedere tutto lo scibile che ci si para davanti tutti i giorni viene interpretato allo stesso modo all'interno di un gruppo o di un partito. Più comunemente avviane tra marito e moglie, tra amici e conoscenti, oppure con i fratelli e le sorelle o tra padri e figli.
Arriva sempre il momento in cui prima o poi si misurano delle divergenze.
Un esempio classico, è quanto è avvenuto a sinistra con la presenza di Silvietto in questi anni. Tutti schierati contro il Caimano. Poi arriva Renzi e spacca quel fronte, dividendo la ex sinistra in pro renziani che credono che la sinistra esiste ancora, quella del Bomba e quella degli anti renziani.
Capita quindi, che a volte il pensiero di qualcuno dello schieramento avverso sia condivisibile.
Per quanto mi riguarda l'ho verificato la settimana scorsa con Cirino Pomicino che ho considerato sempre come avversario in quanto un uomo di Andreotti.
Ma la settimana scorsa ad Agorà ha fatto un affermazione che condivido, avendola anticipata prima di lui.
Dove si vanno a prendere i soldi che occorrono per ripartire????
Semplice, ...dove ci sono i soldi.
Un ladro professionista va a rubare i soldi dove ci sono, ....non certamente dove non ci sono.
Ergo, i soldi vanno chiesti a quel 10 % che detiene il 47 % della ricchezza privata italiana, e non a chi potrebbe bloccare l'economia.
Diciamo che spesso ci troviamo di fronte a LUCI & OMBRE.
Vittorio Feltri è un personaggio in cui spiccano in modo evidente queste luci ed ombre.
Una quarantina di anni fa, quando era un semplice editorialista del Corriere della Sera, erano visibili più luci che ombre. Via dal Corriere le incongruenze sono diventate più sensibili.
Il suo articolo di oggi su Il Giornale, in cui afferma che secondo lui Calderoli è stato uno dei migliori ministri della Repubblica, ci fa dubitare della sua capacità di giudizio.
^^^^^^^^^^
Elogio di Calderoli, un matto lucido
Tra prodezze e porcate, per me è stato uno dei migliori ministri della Repubblica
Vittorio Feltri - Lun, 25/08/2014 - 16:02
Inorridite pure, cari lettori. Per me Roberto Calderoli è stato uno dei migliori ministri della Repubblica ed è tuttora un politico con i fiocchi. Questa ammissione mi autorizza, spero, a muovergli una critica: abusa di un linguaggio scatologico e ciò lo fa passare per un buzzurro, quando, invece, è un raffinato intenditore di questioni istituzionali.
In altre parole: è uno che studia e non parla a vanvera, anche se parla male, oltretutto con un accento orobico che fa venire i brividi persino a un suo concittadino, quale io sono.
In questi giorni egli è sulla cresta dell'onda, tanto che ieri è stato intervistato dalla Repubblica e ha affrontato un paio di problemi importanti, dei quali si è occupato.
Il senatore si definisce cattolico come quasi tutti i bergamaschi. Però, essendo leghista della prima ora, tira le orecchie a Papa Francesco, dicendo in sintesi: «Gli immigrati che arrivano a vagonate in Italia se li tenga lui». Un discorso chiaro, talmente chiaro da non richiedere spiegazioni. Poi discetta della riforma del Senato con altrettanta franchezza, nonostante lui stesso abbia fornito una decisiva collaborazione alla stesura della medesima: è una merdina, precisa. Cioè un Merdellum.
Scusa, Roberto, permetti qualche osservazione. Anni fa hai steso la legge elettorale su incarico del centrodestra e, dopo aver fatto il diavolo a quattro perché fosse votata, l'hai definita una porcata, cosicché essa è stata denominata, a furor di popolo politico, il Porcellum. Adesso hai messo mano al superamento del Senato, secondo i desiderata di Matteo Renzi, e una volta varata la legge le appioppi un nomignolo che non è esattamente un vezzeggiativo: merdina. Senti anche la necessità di motivare: all'inizio era una bella merda, poi l'abbiamo modificata ed è appunto diventata una merdina.
Dobbiamo essere soddisfatti del tuo lavoro, senatore? Certo che sì. In effetti non hai torto. Ai tempi della legge elettorale, facesti un buon lavoro. Ma, proprio perché era buono, i tuoi colleghi di schieramento pretesero che fosse cambiato. O meglio, peggiorato. Peggioralo qui, peggioralo là, è uscito fuori il citato Porcellum. Che oggi fa ribrezzo a tutti, ma se non fosse stato per la Corte costituzionale, che lo ha bocciato dieci anni appresso, sarebbe ancora in vigore. Riconosciamo, caro Calderoli, che non è colpa tua se la norma, originariamente accettabile e dignitosa, è degenerata in porcata.
La storia si è ripetuta di recente. A forza di aggiustamenti, il restauro di Palazzo Madama si è rivelato una cacca. Insisto, non è responsabilità tua nemmeno in questa circostanza. Chi se la prende con te sbaglia. Però sbagli anche tu a infilarti sempre in situazioni tanto delicate. Un paio di lustri orsono ti presentasti in pubblico con una maglietta recante la riproduzione di vignette anti islamiche disegnate da un nordico scomunicato non solo dai seguaci di Allah, ma posto all'indice addirittura dai suoi connazionali. Fosti travolto dalle polemiche. Te ne dissero di ogni colore, invocarono le tue dimissioni dal governo come se avessi fatto la pipì nella Cappella Sistina.
Trascorre un po' di tempo, ed eccoti di nuovo nell'occhio del ciclone. Enrico Letta, col beneplacito di Giorgio Napolitano, coopta nel governo Cécile Kyenge, africana di colore, in veste di ministro dell'Integrazione. E tu in un eccesso di «carineria» hai l'ardire di paragonarla a un orango. Non si incavola solamente lei, ma mezzo mondo. Non bastano le tue scuse a chiudere l'incidente, le cui conseguenze si trascinano tuttora.
Transeat. Va da sé che sarebbe opportuno ti mordessi la lingua almeno in pubblico. Invece, per interposti quadrupedi, ti impegni anche per mordere me, che pure ti stimo. Un giorno ti chiedo di rispondere ad alcune domande perché devo scrivere un articolo; tu mi inviti gentilmente a casa, e io arrivo nel parco della tua villa a Madonna del Bosco (Bergamo), dove sono ricevuto da due lupi. Non cani lupo, proprio lupi. Terrorizzato, non oso scendere dall'automobile e tu, vedendomi con gli occhi sbarrati e tremante, scoppi a ridere e mi solleciti a «non fare il cretino ché tanto le due bestione sono affettuose».
Col caXXo, replico, falle sparire o sparisco io. Dato che sei cortese, mi accontenti ed entro nel tuo salotto. Mi guardo in giro sospettoso temendo che qualche lupo sia accucciato sotto il tavolo in attesa di aggredirmi. Nulla di ciò. Ma dalla tua dimora non sono uscito indenne. Mi hai offerto un whisky così forte che, a distanza di tanto tempo, mi brucia ancora l'intero tubo digerente, e non dico di più. Tuttavia fosti impeccabile nel fornirmi le informazioni che cercavo. Neanche una virgola errata.
Racconto questi particolari in modo che i lettori si rendano conti di che razza di personaggio sei: geniale e matto lucido.
Ecco la conferma. Alcuni giorni fa apprendo dalla stampa e dai social network che rientrando nella tua abitazione sei stato sorpreso in cucina da un serpente, due metri di lunghezza. E te la sei fatta sotto esattamente quanto me quando mi imbattei nei tuoi lupi della malora. Solo che tu, a differenza del sottoscritto, hai reagito da leghista: hai stecchito il rettile con una bastonata che nemmeno Umberto Bossi in piena forma sarebbe stato in grado di rifilargli. Non pago, ti sei fatto fotografare con la vittima e hai lanciato in Rete l'immagine. Ti aspettavi applausi, forse. Viceversa, ti hanno coperto di insulti. Le invettive più feroci te le hanno riservate gli animalisti integralisti, i quali non ti perdonano di aver soppresso l'inatteso e sgradito ospite, incuranti del fatto che chiunque se lo fosse trovato tra le balle si sarebbe comportato come te, tranne il sottoscritto: sarei fuggito trascorrendo la notte in albergo.
Essi ti rimproverano di non aver capito che quel rettile non era velenoso, ma non specificano come caXXo si fa a distinguere un essere strisciante di due metri innocuo da uno pericoloso. La vicenda non si esaurisce qui. Mi dicono che sei stato denunciato perché non dovevi accoppare l'animale, bensì chiamare la Forestale di Stato affinché intervenisse in soccorso non di te, ma del serpente. È la dimostrazione che le leggi porcata in Italia sono numerose. Perciò sto dalla tua parte e ti auguro di sconfiggere alla grande e presto il problema di salute di cui hai coraggiosamente parlato. Abbiamo bisogno di matti lucidi.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 46515.html
Arriva sempre il momento in cui prima o poi si misurano delle divergenze.
Un esempio classico, è quanto è avvenuto a sinistra con la presenza di Silvietto in questi anni. Tutti schierati contro il Caimano. Poi arriva Renzi e spacca quel fronte, dividendo la ex sinistra in pro renziani che credono che la sinistra esiste ancora, quella del Bomba e quella degli anti renziani.
Capita quindi, che a volte il pensiero di qualcuno dello schieramento avverso sia condivisibile.
Per quanto mi riguarda l'ho verificato la settimana scorsa con Cirino Pomicino che ho considerato sempre come avversario in quanto un uomo di Andreotti.
Ma la settimana scorsa ad Agorà ha fatto un affermazione che condivido, avendola anticipata prima di lui.
Dove si vanno a prendere i soldi che occorrono per ripartire????
Semplice, ...dove ci sono i soldi.
Un ladro professionista va a rubare i soldi dove ci sono, ....non certamente dove non ci sono.
Ergo, i soldi vanno chiesti a quel 10 % che detiene il 47 % della ricchezza privata italiana, e non a chi potrebbe bloccare l'economia.
Diciamo che spesso ci troviamo di fronte a LUCI & OMBRE.
Vittorio Feltri è un personaggio in cui spiccano in modo evidente queste luci ed ombre.
Una quarantina di anni fa, quando era un semplice editorialista del Corriere della Sera, erano visibili più luci che ombre. Via dal Corriere le incongruenze sono diventate più sensibili.
Il suo articolo di oggi su Il Giornale, in cui afferma che secondo lui Calderoli è stato uno dei migliori ministri della Repubblica, ci fa dubitare della sua capacità di giudizio.
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Elogio di Calderoli, un matto lucido
Tra prodezze e porcate, per me è stato uno dei migliori ministri della Repubblica
Vittorio Feltri - Lun, 25/08/2014 - 16:02
Inorridite pure, cari lettori. Per me Roberto Calderoli è stato uno dei migliori ministri della Repubblica ed è tuttora un politico con i fiocchi. Questa ammissione mi autorizza, spero, a muovergli una critica: abusa di un linguaggio scatologico e ciò lo fa passare per un buzzurro, quando, invece, è un raffinato intenditore di questioni istituzionali.
In altre parole: è uno che studia e non parla a vanvera, anche se parla male, oltretutto con un accento orobico che fa venire i brividi persino a un suo concittadino, quale io sono.
In questi giorni egli è sulla cresta dell'onda, tanto che ieri è stato intervistato dalla Repubblica e ha affrontato un paio di problemi importanti, dei quali si è occupato.
Il senatore si definisce cattolico come quasi tutti i bergamaschi. Però, essendo leghista della prima ora, tira le orecchie a Papa Francesco, dicendo in sintesi: «Gli immigrati che arrivano a vagonate in Italia se li tenga lui». Un discorso chiaro, talmente chiaro da non richiedere spiegazioni. Poi discetta della riforma del Senato con altrettanta franchezza, nonostante lui stesso abbia fornito una decisiva collaborazione alla stesura della medesima: è una merdina, precisa. Cioè un Merdellum.
Scusa, Roberto, permetti qualche osservazione. Anni fa hai steso la legge elettorale su incarico del centrodestra e, dopo aver fatto il diavolo a quattro perché fosse votata, l'hai definita una porcata, cosicché essa è stata denominata, a furor di popolo politico, il Porcellum. Adesso hai messo mano al superamento del Senato, secondo i desiderata di Matteo Renzi, e una volta varata la legge le appioppi un nomignolo che non è esattamente un vezzeggiativo: merdina. Senti anche la necessità di motivare: all'inizio era una bella merda, poi l'abbiamo modificata ed è appunto diventata una merdina.
Dobbiamo essere soddisfatti del tuo lavoro, senatore? Certo che sì. In effetti non hai torto. Ai tempi della legge elettorale, facesti un buon lavoro. Ma, proprio perché era buono, i tuoi colleghi di schieramento pretesero che fosse cambiato. O meglio, peggiorato. Peggioralo qui, peggioralo là, è uscito fuori il citato Porcellum. Che oggi fa ribrezzo a tutti, ma se non fosse stato per la Corte costituzionale, che lo ha bocciato dieci anni appresso, sarebbe ancora in vigore. Riconosciamo, caro Calderoli, che non è colpa tua se la norma, originariamente accettabile e dignitosa, è degenerata in porcata.
La storia si è ripetuta di recente. A forza di aggiustamenti, il restauro di Palazzo Madama si è rivelato una cacca. Insisto, non è responsabilità tua nemmeno in questa circostanza. Chi se la prende con te sbaglia. Però sbagli anche tu a infilarti sempre in situazioni tanto delicate. Un paio di lustri orsono ti presentasti in pubblico con una maglietta recante la riproduzione di vignette anti islamiche disegnate da un nordico scomunicato non solo dai seguaci di Allah, ma posto all'indice addirittura dai suoi connazionali. Fosti travolto dalle polemiche. Te ne dissero di ogni colore, invocarono le tue dimissioni dal governo come se avessi fatto la pipì nella Cappella Sistina.
Trascorre un po' di tempo, ed eccoti di nuovo nell'occhio del ciclone. Enrico Letta, col beneplacito di Giorgio Napolitano, coopta nel governo Cécile Kyenge, africana di colore, in veste di ministro dell'Integrazione. E tu in un eccesso di «carineria» hai l'ardire di paragonarla a un orango. Non si incavola solamente lei, ma mezzo mondo. Non bastano le tue scuse a chiudere l'incidente, le cui conseguenze si trascinano tuttora.
Transeat. Va da sé che sarebbe opportuno ti mordessi la lingua almeno in pubblico. Invece, per interposti quadrupedi, ti impegni anche per mordere me, che pure ti stimo. Un giorno ti chiedo di rispondere ad alcune domande perché devo scrivere un articolo; tu mi inviti gentilmente a casa, e io arrivo nel parco della tua villa a Madonna del Bosco (Bergamo), dove sono ricevuto da due lupi. Non cani lupo, proprio lupi. Terrorizzato, non oso scendere dall'automobile e tu, vedendomi con gli occhi sbarrati e tremante, scoppi a ridere e mi solleciti a «non fare il cretino ché tanto le due bestione sono affettuose».
Col caXXo, replico, falle sparire o sparisco io. Dato che sei cortese, mi accontenti ed entro nel tuo salotto. Mi guardo in giro sospettoso temendo che qualche lupo sia accucciato sotto il tavolo in attesa di aggredirmi. Nulla di ciò. Ma dalla tua dimora non sono uscito indenne. Mi hai offerto un whisky così forte che, a distanza di tanto tempo, mi brucia ancora l'intero tubo digerente, e non dico di più. Tuttavia fosti impeccabile nel fornirmi le informazioni che cercavo. Neanche una virgola errata.
Racconto questi particolari in modo che i lettori si rendano conti di che razza di personaggio sei: geniale e matto lucido.
Ecco la conferma. Alcuni giorni fa apprendo dalla stampa e dai social network che rientrando nella tua abitazione sei stato sorpreso in cucina da un serpente, due metri di lunghezza. E te la sei fatta sotto esattamente quanto me quando mi imbattei nei tuoi lupi della malora. Solo che tu, a differenza del sottoscritto, hai reagito da leghista: hai stecchito il rettile con una bastonata che nemmeno Umberto Bossi in piena forma sarebbe stato in grado di rifilargli. Non pago, ti sei fatto fotografare con la vittima e hai lanciato in Rete l'immagine. Ti aspettavi applausi, forse. Viceversa, ti hanno coperto di insulti. Le invettive più feroci te le hanno riservate gli animalisti integralisti, i quali non ti perdonano di aver soppresso l'inatteso e sgradito ospite, incuranti del fatto che chiunque se lo fosse trovato tra le balle si sarebbe comportato come te, tranne il sottoscritto: sarei fuggito trascorrendo la notte in albergo.
Essi ti rimproverano di non aver capito che quel rettile non era velenoso, ma non specificano come caXXo si fa a distinguere un essere strisciante di due metri innocuo da uno pericoloso. La vicenda non si esaurisce qui. Mi dicono che sei stato denunciato perché non dovevi accoppare l'animale, bensì chiamare la Forestale di Stato affinché intervenisse in soccorso non di te, ma del serpente. È la dimostrazione che le leggi porcata in Italia sono numerose. Perciò sto dalla tua parte e ti auguro di sconfiggere alla grande e presto il problema di salute di cui hai coraggiosamente parlato. Abbiamo bisogno di matti lucidi.
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 46515.html
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