La Terza Guerra Mondiale

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camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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MONDO
Caos in Libia, danni economici in Italia
Aziende: "A rischio un miliardo di crediti"

Sos del presidente della Camera di commercio italo-libica: 'Da governi nulla per prevenire il disastro'
A Tripoli i miliziani islamici esultano: "Aeroporto e ministero Interno sono ormai nelle nostre mani"

Caos in Libia, danni economici in Italia Aziende: "A rischio un miliardo di crediti"
Un miliardo di euro: è il credito vantato dalle imprese italiane (150/200, operanti in vari settori) nei confronti di aziende sotto controllo statale libico e che con il caos in corso rischiano di non essere mai saldati. Lo spiega a ilfattoquotidiano.it Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica: “Si sapeva quello che stava per succedere, ma non si è fatto nulla per prevenire il disastro. Si è trattato quanto meno di indolenza da parte dei nostri due ultimi governi”

di Giusy Baioni

http://www.ilfattoquotidiano.it/

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Libia nel caos: ‘Le aziende italiane hanno crediti per 1 miliardo, rischiano di perderlo’

Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica, lancia l'allarme: "Le nostre imprese sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico, ma i governi degli ultimi due anni non hanno fatto nulla per prevenire il disastro". Gabriele Iacovino, capo analista del Cesi: "Le realtà economiche risentono della mancata stabilizzazione del paese: senza sviluppo, il Paese fallirà"

di Giusy Baioni | 24 agosto 2014Commenti (392)
libia

Un miliardo di euro in fumo: potrebbe essere uno dei costi della crisi libica per l’Italia. Un miliardo di euro di cui le imprese italiane sono creditrici nei confronti di aziende sotto controllo statale libico e che con il caos in corso rischiano di non essere mai saldati. Lo spiega a IlFattoQuotidiano.it Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica: “Per la precisione si tratta di circa 350 milioni di euro risalenti ancora agli anni Novanta e di 650 milioni degli anni Duemila. Si sapeva quello che stava per succedere. C’erano state informative dei servizi, già a maggio Marco Minniti aveva lanciato l’allarme, dicendo che c’erano sei mesi di tempo per salvare la Libia, ma non si è fatto nulla per prevenire il disastro. Si è trattato quanto meno di indolenza da parte dei nostri governi degli ultimi due anni. E le imprese italiane ne vanno di mezzo”.

Sono circa 150/200 le aziende nostrane presenti in Libia, con numeri variabili e una presenza fissa di almeno un centinaio, operanti in svariati settori, dalle infrastrutture alle costruzioni, dalla tecnologia alle telecomunicazioni, dal food a quella ittica che stava partendo in questi mesi. Nonostante la crescente e invasiva presenza turca e cinese, il made in Italy continua ad essere apprezzato. “Nei primi mesi dell’anno il flusso di traffico dall’Italia verso la Libia era aumentato, ma anche in direzione contraria c’era molto movimento: è un aspetto sottovalutato, questo, ma sono molti i privati che vengono a fare shopping da noi, e che spesso lamentano le pastoie burocratiche e la difficoltà di avere visti. Ora purtroppo è tutto fermo. Quando telefono giù, sento la gente stanca, che ha voglia di ricostruire. Distruggere la propria capitale e le sue infrastrutture è un gioco al massacro che il 95% dei libici non comprende”. Damiano prosegue ritenendo l’impostazione data finora dalla Nato sbagliatissima e ribadisce: “Le imprese in silenzio resistono, alcune continuano a lavorare tra mille difficoltà, ma solo lasciate sole. Le istituzioni non ci sono. Per i big esistono le relazioni intergovernative, ma la piccola e media impresa, quella che paga le tasse, non ha capacità di lobby ed è bistrattata”

Ma quali sviluppi può avere la situazione? “L’aeroporto di Tripoli, al centro degli scontri in atto, è un importante hub economico – spiega a IlFattoQuotidiano.it Gabriele Iacovino, responsabile degli analisti per il Medio Oriente del Cesi – Centro Studi internazionali - se non funziona ne resta compromesso tutto il paese, dato che su Bengasi ci sono pochissimi voli ed è difficile entrare dal confine tunisino. Mai come ora le autorità di Tripoli sono state in difficoltà. Lo scontro in corso, ovviamente, non è solo per il controllo dell’aeroporto, ma è un conflitto profondo tra islamisti e laici”. Su quali conseguenze ciò possa avere per il nostro paese, Iacovino è chiaro: “La sicurezza energetica italiana non è particolarmente a rischio, per ora. I danni sono circoscritti, perché negli ultimi anni i rifornimenti di petrolio e gas dalla Libia sono stati ridotti e non c’è stata una ripresa netta dell’industria estrattiva rispetto al pre Gheddafi. In una nuova escalation di violenza potrebbero esserci ripercussioni, ma comunque circoscritte”.

“Allargando il discorso alla stabilizzazione della Libia – prosegue – dovremmo fare lo sforzo di guardare alla Libia non solo come bacino energetico, ma come un partner economico e finanziario a 360 gradi, le realtà attive sono numerosissime, il problema è che dal punto di vista politico manca la forza di supportare la stabilizzazione del paese. Potrebbe essere una partnership ben oltre il rapporto energetico, un volano per lo sviluppo reciproco, non solo per noi ma soprattutto per loro: senza sviluppo economico e politico, la Libia è destinata ad essere un nuovo Stato fallito“. Che tipo di intervento servirebbe? “Se ci fosse un coraggio maggiore da parte della nostra politica estera nel prendere la leadership nel processo di ricostruzione politica, si otterrebbero indubbi vantaggi per la popolazione libica, ma si creerebbero anche i presupposti per relazioni istituzionali ed economiche: due bacini economico-finanziari a incastro, con interessi reciproci”.

Però l’Europa è già intervenuta in passato. “I paesi che portarono alla caduta del regime e poi si tirarono indietro, soprattutto la Francia di François Sarkozy, ma anche gli Usa dietro le quinte, inevitabilmente lasciano l’Italia e l’Europa in prima linea nella gestione dell’agenda libica, col rischio che senza un intervento rapido, possiamo ritrovarci un paese fallito. Le conseguenze sarebbero molto difficili da gestire dal punto di vista economico, ma anche di sicurezza: la Libia sta diventando sempre più un paese non governato, in balia di traffici illegali (dalla droga al traffico di esseri umani), paradiso di terroristi nordafricani e criminali. Ed è proprio questo il problema principale”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... o/1084776/
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

I fronti di guerra al 25 agosto 2014

1) Fronte 1 - Ucraina - Nato contro Russia
2) Fronte 2 - Iraq - Iraq - Nato contro Isis
3) Fronte 3 - Libia - Guerra civile
4) Fronte 4 - Striscia di Gaza - Hamas contro Israele
5) Fronte 5 - Siria - Siria contro Nato contro Isis
6) Fronte 6 - Italia - Fronte interno
7) Fronte 7 - Europa -
Ultima modifica di camillobenso il 25/08/2014, 22:51, modificato 2 volte in totale.
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

Cronaca di guerra - 1
Fronte - 1 - Ucraina - 1



Ucraina, Mosca sfida ancora la Nato: “Invieremo nuovo convoglio umanitario”
L'annuncio arriva dal ministro degli esteri russo, Serghiei Lavrov, secondo cui non ci sarebbe stato "nulla di umiliante" nella parata militare in cui i ribelli filorussi hanno fatto sfilare soldati ucraini prigionieri nel centro di Donetsk. Immediata la risposta dell'Alleanza Atlantica: "Mosca non è invitata al summit in Galles" del 4 e 5 settembre. Nelle regioni dell'est il conflitto si sposta sul confine: scontri tra le guardie di frontiera di Kiev e una colonna di blindati arrivati dalla Russia sono in corso nei pressi del porto
di Mariupol

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 25 agosto 2014Commenti (367)


La Russia torna a sfidare l’Occidente. Il Cremlino invierà un secondo convoglio di aiuti umanitari nell’Ucraina dell’est, ha annunciato oggi il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov in una conferenza stampa a Mosca. “La distribuzione degli aiuti umanitari russi, – giunti in Ucraina venerdì scorso tra le polemiche- è cominciata oggi a Lugansk, con la partecipazione di rappresentanti della commissione internazionale della Croce Rossa”, ha aggiunto il ministro. Il capo della diplomazia russa ha difeso anche la decisione di Mosca di inviare i propri aiuti, sostenendo che il convoglio era stato autorizzato dal ministero degli esteri ucraino il 12 agosto e che il carico conteneva solo generi di natura umanitaria.

Per quanto riguarda il secondo carico, Lavrov ha precisato che Mosca ha già informato Kiev e che il convoglio sarà inviato probabilmente questa settimana seguendo “la stessa rotta e gli stessi parametri”. “La Russia – ha aggiunto – continuerà ad essere coinvolta nella consegna di aiuti alle popolazioni civili dell’est ucraino, dove la situazione sta peggiorando”. Riguardo l’incontro di domani a Minsk tra il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo ucraino, Petro Poroshenko, focalizzato sulla crisi Ucraina, Lavrov è apparso ottimista: “La Russia è disposta e pronta a partecipare a pieno a qualsiasi tipo di negoziati sulla cessazione delle ostilità nell’est dell’Ucraina”, ha detto il ministro, secondo cui non ci sarebbe stato “nulla di umiliante” nella parata militare in cui i ribelli filorussi hanno fatto sfilare soldati ucraini prigionieri nel centro di Donetsk. A preoccupare, piuttosto, sarebbe il trattamento dei civili dell’est ucraino da parte delle forze ucraine, che per Lavrov può essere considerato un “crimine di guerra”: le truppe governative potrebbero cominciare la “pulizia etnica” nella regione.

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Nelle regioni dell’est si continua a combattere e il conflitto si sposta sul confine russo. Scontri armati tra le guardie di frontiera ucraine e una colonna di blindati arrivati dalla Russia sono in corso nei pressi dell’importante porto di Mariupol. Lo sostiene su Facebook l’ufficio stampa del comando ucraino della cosiddetta “Operazione antiterrorismo“. Secondo le forze armate di Kiev, la colonna avrebbe violato il confine nella zona di Sherbak-Novoazovsk, ma la sua avanzata sarebbe stata fermata dall’intervento delle guardie di frontiera. Prima il vice comandante del battaglione di volontari pro-Kiev ‘Azov’ aveva parlato di una colonna di circa 30 carri armati, mentre l’esperto militare Dmitri Timchuk – anche lui pro-Kiev – aveva affermato che mezzi bellici erano stati fermati dai soldati ucraini, ma altri (dieci mezzi blindati, due carri armati e due camion) continuavano a penetrare in territorio ucraino. Secondo Lavrov si tratterebbe di notizie false, secondo quanto riporta il sito Russia Today. Durante la conferenza a Mosca, il capo della diplomazia russa ha negato che armi e materiale militare stiano attraversando il confine: “Sono l’ultima di una lunga serie di malainformazione che circola in questi giorni”.

Immediata la risposta della Nato: da una fonte dell’Alleanza atlantica di Bruxelles arriva la conferma che “La Federazione russa non è stata invitata al summit della Nato in Galles” in programma il 4 e 5 settembre. La notizia era stata già anticipata in russia dal giornale “Kommersant” che, citando fonti diplomatiche, aveva scritto che “date le attuali circostanze, Mosca non conta” su un invito al summit, e per cui la partecipazione russa viene considerata “irragionevole”. Nei mesi scorsi, a causa della crisi ucraina, la Russia era già stata sospesa dal G8, mentre l’Australia, presidente di turno, sta considerando l’ipotesi di non invitarla al summit del G20 in programma a novembre.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... o/1098368/
Ultima modifica di camillobenso il 25/08/2014, 16:15, modificato 1 volta in totale.
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

La vox populi.

In un momento così difficile, torna utile conoscere il punto di vista di una parte del popolo tricolore.

Gli altri quotidiani aprono ai commenti, ma non sono così numerosi cime su Il Fatto Quotidiano.


^^^^^^^^^^

giemme74 • alcuni secondi fa
i pericolosissimi e temutissimi aiuti umanitari della Russia in distribuzione...

http://youtu.be/DAtVCiRVxIM
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Gino Pizzi • 8 minuti fa
Kiev sta perdendo la guerra ... pare che tutte le truppe migliori dell'esercito ucraino, compresi i
battaglioni "moderni" della 72 e la 24 non resistano più, e anche i
carri armati cominciano a scarseggiare, a Kiev rimane un sacco di
coscritti non addestrati e vecchi carri armati degli anni 60 e 70 fermi
da decenni che vengono rimessi in funzione alla svelta ... quanto alla nostra informazione si dimostra per quello che è roba da 3° mondo ...

http://www.1tv.ru/news/world/2...
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Peppo, Scilvio & Capaelegno • 14 minuti fa
Chi l'avrebbe mai detto che i Fasci di casa nostra, molti Peppogrulli e tanti Berluschini, un giorno sarebbero diventati ammiratori di Putin, antagonisti dell'imperialismo americano (che hanno scoperto adesso che non c'è più) e fans dei tagliacapocce dell'ISIS? Ma come fate a stare sempre dalla parte sbagliata?
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Nuvola Rossa • 15 minuti fa
Pare che ieri l'esercito ukraino abbia lanciato un missile balistico "Tochka-U" contro la città di Donetsk. Questo missile, l'equivalente del "Lance" americano, è l'arma più potente in dotazione all'esercito ukraino, e può essere dotata di testata nucleare tattica.
Se quanto riportato dalla "Voce della Russia" è vero, si tratterebbe di una azione militare disperata da parte di Kiev.
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pippo • 18 minuti fa
Il titolo è SBAGLIATO:

quello giusto è il seguente:

La NATO sfida la Russia impedendo l'accesso degli aiuti umanitari alle popolazioni sotto bombardamento di Kiev, senza elettricità, acqua, medicine e cibo.
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arrivo io pippo • 8 minuti fa
Sarebbe curioso che Kiev non difendesse il suo territorio.
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Orazio • 21 minuti fa
La Nato ha paura dei gavettoni di ferragosto.
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ipics • 23 minuti fa
SFILATA DI PRIGIONIERI UCRAINI ALLA PARATA MILITARE...NULLA DI MALE
Pensavo che l'umanità si fosse evoluta dai tempi di Vercingetorige!
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BUONRIENTROATUTTI • 25 minuti fa
Ancora con ste telenovelas ...ma sono tutti gia' d'accordo da mesi su cosa succedera' in Ucraina, StatiUniti ed alleati hanno gia' dato l'ok alla Russia per riprendersi l'Ucraina solo che devono far finta di dire di no, in cambio vedremo cosa dara' Putin, l'uomo politico piu' potente del mondo, agli occidentali.......scommetto 1 contro 10 che finira' cosi', qualcuno ci sta?
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mauro dp • 28 minuti fa
Da Mariupol news:
--- 2014/08/25 14:18 ---

In Mariupol panico: gente che vola fuori i prodotti scaffali, vicino alla stazione di gas ingorghi chilometro

La situazione in città ricorda gli eventi di maggio

---

GLORIA ALL'UCRAINA: ecco l'invasione russa in una città pacificata e libera.
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Filippo Crimpo mauro dp • 10 minuti fa
gloria manchi tu nell'aria
manchi come il sale manchi più del sole
sciogli questa neve che soffoca il mio petto
t'aspetto Gloria.

e aspettiamo, va
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mauriziorosso • 29 minuti fa
come se dise qua in veneto: "ti si un poro shenko"
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arrivo io mauriziorosso • 14 minuti fa
Infatti voi in veneto non sapete dire altro.
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camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

Filippo Crimpo • un'ora fa
"Secondo le forze armate di Kiev, una colonna russa avrebbe violato il confine nella zona di Sherbak-Novoazovsk, ma la sua avanzata sarebbe stata fermata dall’intervento delle guardie di frontiera". già in questi termini la notizia è una bufala: le guardie di frontiera ucraine non riuscirebbero a fermare un bischero a zonzo in bicicletta
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Gosha Filippo Crimpo • 27 minuti fa
Da ridere, davvero: i poliziotti di frontiera ucraini, armati di pistole e manganelli, hanno fermato una colonna di BLINDATI russi !!
Che misera informazione che fa il FQ, la sezione esteri fa davvero pena !!
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obiettivamente • un'ora fa
Ah ah alla redazione del FQ starà piangendo il cuore e per non pubblicare alcune news la cosa sarà anche dolorosissima: 2 brigate completamente annientate, perdita di inegenti quantitativi di armi, elicotteri abbattuti, i battaglioni d'elite azov e Aidar, quelli dei mercenari pagati dagli oligarchi completamente insaccati, nessuna donetsk e lughansk accerchiate, confine con la russia tenuto saldamente e controffensiva fino al mare a Mariupol. Gli Ucraini che erano 3 volte numerosi le stanno prendendo di brutto, l'offensiva rischia-tutto per vincere prima dell'arrivo dell'inverno (senza gas e carbone) di Poroshenko è saltata, nonostante fosse pagata dall'FMI in persona che non penso nel suo statuto porti il finanziamento di guerre.

Ahi ahi ahi, dopo la Libia, la Siria ora un'altra cocente batosta per il FQ....QELSI questa è l'attuale sinistra italiana, deprimente e fallimentare, ma non vi preoccupate che domani anche per l'ucraina si ripresenterà nuovamente vergine a spargere moralismo verso gli altri e presuntuosamente dettare politiche in nome di una molto presunta superiorità al grido: Chi ha avut' ha avut' chi ha dat' ha dat' scurdammc'o passat
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Dennis Pizzolla • un'ora fa
Lo spessore dei politici russi é imbarazzante rispetto all'improvvisazione ed alla demenza dei politici occidentali(d'altronde all'elite finanziaria che domina il mondo servono solo pupazzi del genere)Nonostante un' informazione falsa e diffamatoria il progetto di attacco alla Russia attraverso l'Ucraina da parte dell'occidente é ben chiaro ...Ed a questo punto ho l'impressione che la Russia dopo essere stata per diversi mesi molto conciliante abbia cambiato atteggiamento ...con mosse tattiche che ricordano molto il manuale dell'Arte della guerra, Putin ha dato inizio ad una sfida non più palese al Nuovo Ordine Mondiale...Non lo fermerá nessuno adesso.
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effimero0664 Dennis Pizzolla • 34 minuti fa
C'è chi può e chi non può.

(comunque putin, sicuramente, c'ha un ritratto di stalin da qualche parte)
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Nuvola Rossa effimero0664 • 32 minuti fa
E fa bene.
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mauriziorosso • un'ora fa
Niente invito al G8, niente gita in Galles e niente G20 e stasera a letto senza cena
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Filippo Crimpo mauriziorosso • un'ora fa
che paura
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Samaria Antonio Filippo Crimpo • 34 minuti fa
mogherini: spezzeremo le reni a Putin
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italiotamedio • un'ora fa
Bah, noi altri coglionazzi converrebbe assencondare i russi che cinesi ha bisogno dil gasse r, di vendergli vino parmigiano e prosciutto e di avere i loro mafiosi a spendere di turismo specie in Terronia, invece di stare dietro a crucchi e yanki che vogliano altre fabbriche a basso costo in Ucraina, ih ih ih
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non_rintracciabile • un'ora fa
che vantaggio trae la Russia in questa situazione a inviare una decina di carri armati oltre confine? Nessuno. Non conquista certo Mariupol, rischia di farsi ammazzare i soldati per niente e scatena reazioni diplomatiche. Putin potrà essere quel che vi pare ma non è certo un idiota, per cui questa storia dei dieci carri russi che fanno la zingarata oltre frontiera è, senza bisogno di alcuna prova se non la logica, l'ennesima burlonata di Kiev.
Quando i russi attaccano lo fanno come ogni superpotenza: in modo soverchiante e rapido, come in Georgia. Prima di tutto per dare una dimostrazione di forza al mondo, in secondo luogo per minimizzare il computo dei caduti. Per cui semmai attaccheranno l'Ucraina (e non lo faranno mai perché l'Ucraina andrà a picco da sola prima) lo faranno con la marina, con l'aviazione, con i paracadutisti e con uno stuolo di carri armati, mezzi d'artiglieria e missili balistici. Tutti coordinati e sincronizzati, da sud, da est e da nord, in modo da arrivare a Kiev entro 24 ore.
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Roberto Poletti • un'ora fa
Visto che tanto si commenta a proposito di armi ed eserciti, la barzelletta più popolare all'estero è che gli italiani in guerra si vedono solo di spalle (= sono sempre in fuga). Che in realtà dice una verità solo parziale, l'Italia in guerra la si riconosce anche dal portafoglio aperto, per pagare il nemico supplicandolo di non colpirci (vedi Afganistan, Somalia, Nassiriya fu frutto di un misunderstanding). Smettiamo di pigliarci per i fondelli. L'Italia e l'Europa in generale possono solo fare i servi di altri. Non avranno mai una loro politica indipendente.
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stefanoometto Roberto Poletti • 37 minuti fa
interessante....eppure per quanto ho girato non l'ho mai sentita....
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Il ritmo degli aggiornamenti diventa difficoltoso da seguire, per chi intende aggiornarsi li trova in Commenti su:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... o/1098368/


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/08 ... o/1098368/
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

Ai silenziosi amici del forum, chiedo se per loro è tutto tranquillo così???

Abbiamo un governo frù frù con:

1) Premier il Bomba
2) Ministro della Difesa la scout Pinotti
3) Agli Esteri la Mogherini
4) All'Interno Angelino


Tutto a posto? Siete tranquilli?

Il Bomba in Iraq ha dichiarato che insieme batteremo il terrorismo.

Cose da: Vai avanti tu che mi viene da ridere......

Ma è mai possibile che anche nei momenti più difficili noi ce la caviamo con la farsa all'italiana??????

Mandiamo gli aiuti all'Iraq, e mandiamo Kalašnikov vecchi di vent'anni sequestrati ad altri, solo per fare la sceneggiata all'italiana,.....il Beau geste.
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

LA SICUREZZA FERMA AL MURO DI BERLINO
Il grande caos e l’Onu assente
di Franco Venturini


Il tempo dell’orrore non ci ha raggiunti all’improvviso. I tagliagole dell’Isis che oggi massacrano le minoranze religiose in Iraq si esercitano da più di tre anni nella confinante Siria, dove combattono contemporaneamente contro l’esercito di Assad e contro una resistenza islamica meno assetata di stragi. Duecentomila morti, sei milioni di profughi: questo è il biglietto da visita (provvisorio) della guerra civile in Siria.

E noi, l’Occidente civile e potente, cosa abbiamo fatto per mettere fine allo scempio? Con tempi e modalità diversi, perché non ricordare che oggi si uccide anche in Libia, anche nel Sahel, anche in Somalia, anche in Afghanistan, anche nell’Africa centrale, anche a Gaza e in Israele, anche in Ucraina, mentre si teme il peggio nel Mar cinese meridionale?
Ora Barack Obama estenderà forse i suoi bombardamenti al territorio siriano. Per indebolire l’Isis, per colpirlo meglio in Iraq, per difendere certo le minoranze ma anche per tutelare i lucrosi accordi petroliferi conclusi con i curdi. E per evitare lo spauracchio peggiore, il rischio di una caduta di Bagdad che domani potrebbe costringerlo a ben altri interventi. Obama per tre anni non si è mosso (armi chimiche a parte, e fu Putin a farci miglior figura).

Adesso esita, e proietta una confusione peraltro comprensibile: pur di colpire l’Isis, gli Usa possono schierarsi oggettivamente con Assad? E che dire all’opinione pubblica, che da un lato lo critica perché è debole ma dall’altro non vuole più soldati americani impegnati all’estero?
In democrazia non è possibile ignorare l’opinione pubblica. Bisogna semmai guidarla, quando si ha il peso necessario per farlo. Ed è un segno dei tempi che questo peso a sostegno del messaggio giusto lo abbia mostrato sin qui, in ben altra sfera, soltanto papa Francesco.

Prima con una sintesi di assoluta esattezza: «siamo alla terza guerra mondiale spezzettata». Così è, dal momento che non esiste più un ordine globale, che il sangue scorre all’interno di cornici regionali, che le componenti religiose, etniche e tribali si confondono con interessi geostrategici soprattutto energetici, che l’Occidente è un concetto in oggettivo ripiegamento (persino la Nato spera nell’Ucraina per tornare alle origini e così sopravvivere all’Afghanistan).
Ma del messaggio di papa Francesco una parte sembra essere andata perduta. Lui, capo della Chiesa, non può invocare in proprio bombardamenti o guerra. Sia l’Onu a stabilire il modo per fermare l’aggressore, ha detto. Ancora parole cruciali, per chi vuole capirle.

Il sistema internazionale ha regole tanto antiche (il dopoguerra) da risultare privo di regole. Eppure la stessa Onu aveva affermato la «responsabilità di proteggere» proprio per affrontare le crisi militar-umanitarie. Nella pratica non se ne è fatto nulla. Il fatto è che nel mondo del grande disordine l’Onu va cambiata ben oltre la riforma del Consiglio di sicurezza. Che deve esistere un esercito vero alle dipendenze di un Segretario generale vero. Che le potenze devono contribuire a questa evoluzione malgrado le attuali ostilità culturali e i contrasti d’interesse. Che l’Europa deve fare la sua parte non alimentando la retorica su una politica estera comune che non può esistere senza una forte avanzata integrazionista (con o senza Ashton, con o senza Mogherini) ma piuttosto promuovendo questa avanzata.

Il mondo è cambiato, eppure sul tema della sicurezza collettiva è fermo alla caduta del Muro di Berlino. Che ce lo debba ricordare papa Francesco è una dura lezione, ed è anche un monito.

( fventurini500@gmail.com)

25 agosto 2014 | 08:15
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http://www.corriere.it/editoriali/14_ag ... 7a50.shtml
camillobenso
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Re: La Terza Guerra Mondiale

Messaggio da camillobenso »

Cronaca di guerra - 2
Fronte - 3 - Libia - 1



In Libia ormai è caos totale E l’Italia rischia
(Roberta Zunini).
25/08/2014 di triskel182


L’INFINITO DOPO-GHEDDAFI.

MISTERIOSI RAID SULL’AEROPORTO DI TRIPOLI, GLI ISLAMISTI AVANZANO E LE AZIENDE TREMANO.


Con le bombe sganciate da jet militari dall’appartenenza finora sconosciuta sull’aeroporto di Tripoli e su alcune zone della capitale libica, l’escalation della crisi libica sembra essere arrivata al punto di non ritorno e minaccia di far cadere il Paese nell’anarchia. Oltre a coinvolgere i paesi vicini. IL MINISTRO DEGLI ESTERI del confinante Egitto ha dovuto dichiarare che i jet non appartengono all’esercito del suo Paese, dopo che una tv privata libica aveva accusato il Cairo di essere l’autore dei raid. Il presidente Al Sisi, essendo noto per aver imposto un giro di vite contro la Fratellanza musulmana, diffusa anche in Libia, secondo alcune fonti potrebbe aver mandato i suoi aerei a bombardare i miliziani islamisti che hanno preso l’aeroporto e il ministero dell’Interno due giorni fa. Anche l’Italia è sempre più coinvolta, non solo sotto l’aspetto umanitario con il costante e, sempre più spesso, fatale sbarco di profughi.

La nostra economia, soprattutto per quanto riguarda gli scambi commerciali, ne sta risentendo molto. Il fatto che l’aeroporto di Tripoli da due giorni sia caduto nelle mani della coalizione “Alba”, dopo una lunga e sanguinosa battaglia con la milizia di Zintan, rende il quadro ancora più drammatico. “Alba” è infatti un fronte di milizie di ispirazione islamica in cui quella di Misurata – la città che è stata a lungo assediata dall’esercito di Gheddafi durante la rivoluzione del 2011 – risulta dominante. Le sue scelte in ambito sociale ed economico non sembrano orientate a una partnership con l’Occidente. La conquista dell’aeroporto è un passo cruciale per l’espansione e il consolidamento del suo potere, dato che l’aeroporto della capitale è l’hub attraverso cui entra ed esce gran parte dei prodotti, legali e illegali. Mentre la città è in preda a bande di giovani armati con fucili d’assalto, le poche società rimaste attive nonostante la crisi scoppiata di nuovo nel marzo scorso sono ormai al collasso . MA CIÒ CHE PREOCCUPA è che, senza sviluppo, sarà lo Stato libico ad andare in bancarotta, impedendo a decine di aziende italiane, piccole e medie, di recuperare ben un miliardo di euro . Dal Fattoquoti  diano.it  , Gian Franco Damiano, presidente della Camera di commercio italo-libica, ha spiegato che 350 milioni di euro risalgono ancora agli anni Novanta e 650 milioni agli anni Duemila. “Si sapeva quello che stava per succedere. C’erano state informative dei servizi, già a maggio il sottosegretario Marco Minniti aveva lanciato l’allarme, dicendo che c’erano sei mesi di tempo per salvare la Libia, ma non si è fatto nulla per prevenire il disastro. Si è trattato quanto meno di indolenza da parte dei nostri governi degli ultimi due anni”. Sono circa 200 le aziende italiane presenti in Libia, operanti in svariati settori, dalle infrastrutture alle costruzioni, dalla tecnologia alle telecomunicazioni. Ma tutti gli occhi sono puntati sul settore energetico. L’Eni è ovviamente ancora una realtà in Libia ma con la politica di riduzione della dipendenza dell’Italia dal suo gas, non dovremmo risentirne molto. Ne risentirà però l’economia in generale visto che nei primi mesi dell’anno il flusso di traffico dall’Italia verso la Libia e viceversa era aumentato. Sempre Damiano ha sottolineato che questo è un aspetto sottovalutato, “a sono molti i privati che vengono a fare shopping da noi, e che spesso lamentano le pastoie burocratiche e la difficoltà di avere visti”. PER CERCARE DI SALVARE il salvabile e non sprofondare nell’anarchia e di conseguenza dichiarare bancarotta, le divise autorità libiche, riunite nel Congresso generale nazionale a maggioranza islamista, hanno accettato di riconvocarsi a Tripoli, proprio su richiesta delle milizie islamiche, nonostante l’insediamento a Tobruk, a causa dell’insicurezza che vige da mesi nella capitale, del nuovo parlamento eletto il 25 giugno. Le milizie islamiche accusano l’attuale Camera dei rappresentanti di “complicità” con l’Egitto e gli Emirati Arabi. Ma in realtà anche i paesi arabi sono divisi sull’appoggio agli islamisti. Il Qatar, in rotta con l’Egitto, non sosterrà certo il controverso generale Khalifa Haftar a capo della coalizione laica, considerato addirittura uomo della Cia, dati i suoi trascorsi statunitensi dopo essere stato “ripudiato” da Gheddafi. L’Alba di domani non sarà rosea, nemmeno al Cairo dove domani si dovranno incontrare i ministri degli Esteri dei Paesi vicini. Mentre l’italiana Federica Mogherini promette un giro di telefonate tra gli “amici” della Libia.

Da Il Fatto Quotidiano del 25/08/2014.
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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Cronaca di guerra - 3
Fronte - 6 - Italia - 1



ESCLUSIVO
Chi sono i terroristi della porta accanto
L'avanzata di Isis e i rapporti dell'intelligence hanno fatto scattare l'allarme in Occidente sui terroristi in casa. L'Espresso lo scorso 8 agosto aveva raccontato le storie di quelli partiti dall'Italia: tra barbieri di Milano e muratori di Bologna. Che ora sparano in Iraq, Siria e in Libia
DI PAOLO BIONDANI
07 agosto 201


L'allarme è scattato ora in tutta Europa. Intelligence e governi parlano apertamente di rischio terrorismo a casa nostra a causa dell'altro numero di cittadini europei andati a combattere per il Jihad nelle file dello Stato islamico dell'autoproclamato califfo Abu Bakr al-Baghdadi o di altre formazioni fondamentaliste.

Come già avvenne in passato, in occasione di altre "Guerre sante", i combattenti di queste brigate internazionali una volta tornati in patria importano attentati e diffondono il credo estremista. Un pericolo che riguarda non solo Paesi di forte immigrazione passata come Inghilterra e Francia, ma anche l'Italia.


Uno faceva il barbiere a Milano. L’altro lavorava in una cooperativa di pulizie in provincia di Varese. Il terzo sfacchinava come muratore in nero nei cantieri tra Bologna e Padova. Molti si sono spaccati la schiena come braccianti nelle campagne tra Sicilia e Lazio. Qualcuno viveva di espedienti a Torino, Milano o in altre città del Nord, tra spaccio di strada, rifugi-dormitorio, documenti falsi e carcere. Ma i più rispettavano la legge e lavoravano onestamente in negozi, ristoranti e piccole imprese sparse per mezza Italia. Nel gruppo c’è anche uno studente-modello nato e cresciuto a Biella. E non manca qualche cittadino italiano di fede islamica.
Ad accomunare storie personali così diverse sono i punti di partenza e arrivo dei protagonisti: tutti hanno vissuto per anni (o da sempre) in Italia, ma in questi mesi sono partiti per andare a combattere nei fronti di guerra più terrificanti del pianeta.

Soprattutto in Siria e in Libia. Dove si sono uniti alle milizie islamiste più sanguinarie. Il fenomeno sta assumendo proporzioni che allarmano le forze di polizia di tutto l’occidente. L’incubo è che tra le migliaia di volontari della nuova jihad internazionale, i più esaltati possano tornare in Europa, magari in Italia. Con un’esperienza di battaglie, eccidi e attentati in grado di trasformarli in micidiali macchine da guerra.

“L’Espresso” ha ricostruito, sulla base delle prime informazioni raccolte dalle nostre forze di polizia, 16 casi di integralisti islamici che, dopo aver vissuto per anni nel nostro Paese, sono andati a combattere in Siria o in Libia. Gran parte di questi “jihadisti d’Italia” hanno scontato diversi anni di carcere duro in Lombardia, Calabria o Sardegna e anche per questo potrebbero nutrire un odio speciale contro le nostre istituzioni.

L’allarme a livello continentale è scattato con la strage del 24 maggio 2014 al museo ebraico di Bruxelles, che è costata la vita a quattro innocenti: il primo attacco terroristico in Europa perpetrato da un reduce dalla guerra in Siria. Mehdi Nemmouche, 29 anni, arrestato pochi giorni dopo a Marsiglia, portava ancora con sé il mitra con cui aveva sparato tra la gente in Belgio: un kalashnikov avvolto in un lenzuolo bianco con la scritta dell’Isil, la sigla del famigerato “Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”.


Al tema "l'Espresso" ha dedicato l'inchiesta di Paolo Biondani che potete leggere in questa pagina.


Cresciuto in Francia, più volte arrestato per furti e rapine, il giovane si era radicalizzato in carcere. Scontata anche l’ultima condanna, nel dicembre 2012 ha raggiunto clandestinamente la Siria, dove ha combattuto per più di un anno con quell’esercito integralista sunnita, che ha ormai conquistato anche il nord dell’Iraq proclamandovi un califfato. Dopo la strage il procuratore federale di Bruxelles ha dichiarato che le indagini antiterrorismo «sono ormai monopolizzate dalla necessità di seguire i rientri dalla Siria di diverse decine di cittadini belgi», mentre «i candidati a partire sono centinaia».

Molti degli attentati più cruenti commessi dopo l’11 settembre 2001, come le stragi di Casablanca, Madrid, Londra o Mumbai, sono stati organizzati o eseguiti da terroristi indottrinati in Afghanistan, Pakistan, Yemen e altri fronti del jihad internazionale. Ora il dilagare delle guerre civili e del terrorismo religioso dalla Siria all’Iraq, dalla Libia alla Somalia, sta formando nuove leve di combattenti che rischiano di raggiungere dimensioni incontrollabili. Secondo una stima di Europol, sono «almeno 2300» gli estremisti partiti dall’Europa per fare la jihad in Siria. I Paesi ritenuti più a rischio sono Francia e Germania, ma il nostro è tutt’altro che immune. E sconta anche il problema degli imam predicatori d’odio come quello della moschea di San Donà di Piave espulso dopo le frasi contro gli ebrei: «Allah, uccidili tutti».

In Italia nel giugno 2013 ha fatto scalpore la scoperta che un ragazzo genovese, Giuliano Delnevo, è morto a 24 anni combattendo nella zona di Aleppo al fianco dei miliziani di Al Nusra. Convertito all’Islam nel 2008, il giovane italiano predicava su Internet con il nome di Ibrahim ed era partito per la guerra santa in Siria alla fine del 2012. Dopo la strage di Bruxelles, il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha chiarito che, secondo le nostre forze di polizia, sono almeno 30 i residenti in Italia (cittadini o stranieri) che sono partiti per la guerra in Siria: otto di loro risultano morti in battaglia, come Giuliano.

Le vite dei sedici “jihadisti d’Italia” identificati da “L’Espresso” sembrano un libro di storia contemporanea. Adel Ben Mabrouk, nato nel 1970 in Tunisia, è emigrato giovanissimo in Italia, dove è vissuto in pace fino al fatidico 2001. Faceva il barbiere, abitava a Milano e frequentava la moschea di viale Jenner. La polizia italiana è rimasta molto sorpresa nel ritrovarlo rinchiuso a Guantanamo dal 2002.

Secondo i servizi americani, Adel si era unito al gruppo qaedista tunisino in Afghanistan. Nel novembre 2009, dopo otto anni di prigionia senza processo, l’amministrazione Obama lo ha rimandato in Italia grazie a un accordo con il governo di Berlusconi e Maroni. A Milano, nel frattempo, Adel era rimasto coinvolto in un’inchiesta nata dalle rivelazioni di due pentiti islamici, che ovviamente potevano parlare di lui solo fino al 2001, per cui è stato riarrestato. Al processo anche quelle accuse si sono ridimensionate: Adel è stato condannato solo a due anni. Tornato libero, è stato espulso in Tunisia, dove nel 2011 è iniziata la rivoluzione che ha abbattuto la dittatura di Ben Alì, riportando in libertà tutti gli oppositori detenuti, compresi gli islamisti. Per mesi di lui non si è più saputo nulla. Ora si scopre che l’ex barbiere di Milano ha lasciato Tunisi per andare a combattere con Al Nusra in Siria, dove secondo notizie ufficiose risulta morto in battaglia nell’agosto 2013. Di certo l’assurda prigionia senza difesa né processo a Guantanamo non l’ha curato. Anzi, in casi come il suo potrebbe aver trasformato un pesce piccolissimo in uno squalo.

Alla giustizia italiana invece, per motivi opposti di sottovalutazione e impreparazione, potrebbe creare qualche imbarazzo la strada del jihad seguita da Nasri Riad Barhoumi, conosciuto con il nome di battaglia di Abu Dujana: dall’Italia all’Afghanistan; poi da Guantanamo a Milano; e ora dalla Tunisia alla guerra in Libia. Fino al 1998 Nasri viveva fra Padova e Bologna. All’improvviso ha lasciato casa e lavoro ed è diventato, secondo le indagini di polizia e carabinieri, il capo della cosiddetta «casa dei tunisini» a Jalalabad: il centro di reclutamento dei suoi connazionali attratti dall’Afghanistan di Osama Bin Laden.

Catturato dagli americani dopo l’11 settembre, “Nasri l’italiano” è rimasto prigioniero per otto anni prima a Bagram e poi a Guantanamo. Anche lui trasferito e riarrestato in Italia, era stato condannato a sei anni in primo grado, ma poi i giudici d’appello lo hanno clamorosamente assolto.

Sentenze così ipergarantiste, commentavano gli investigatori sconfitti, rischiano di avere il paradossale effetto di giustificare le operazioni fuorilegge della Cia. Fatto sta che Abu Dujana, tornato libero in Tunisia, è entrato nell’ala militare di Ansar Al Sharia, la fazione più forte, e ora è segnalato tra i capi di una milizia islamista infiltrata nella guerra civile che sta devastando la Libia.

Per misurare la pericolosità della situazione, basta ricordare che Ansar Al Sharia è il gruppo terroristico accusato, tra l’altro, di aver organizzato l’attacco dell’11 settembre 2012 a Bengasi in cui fu ucciso l’ambasciatore americano. Il suo leader è lo sceicco Seifallah Ben Hassine, detto Abu Ayad, già imam a Londra e ora super-ricercato: anche lui è un reduce dall’Afghanistan. Per l’esattezza, aveva preso il posto di “Nasri l’italiano” come reclutatore dei tunisini a Jalalabad.

Tutta la cupola di Ansar Al Sharia ha forti legami con l’Italia. Il braccio destro dello sceicco Abu Ayad è un altro tunisino vissuto per anni in Lombardia: Sami Essid Ben Khemais, sulla carta piccolo imprenditore delle pulizie a Gallarate. In realtà era “l’emiro” per l’Italia di una cellula di veri terroristi che progettavano stragi in Europa: la polizia tedesca sequestrò ai suoi complici, da lui ospitati anche a Milano, trenta chili di Tatp, lo stesso esplosivo artigianale che fu usato, tra l’altro, dai dodici kamikaze che nel 2003 provocarono 45 morti a Casablanca.

L’emiro Essid da Gallarate è tornato in Tunisia dopo aver scontato otto anni di carcere duro in Italia. In aula con lui, a Milano, fu processato Mohamed Aouadi, un muratore allora ventisettenne, alto e stralunato, soprannominato «pennellone», condannato a quattro anni come l’ultima ruota del carro. Ora è detenuto come superterrorista a Tunisi: secondo l’accusa quell’ex gregario italo-tunisino, addestrato in Libia, è entrato nella “squadra omicidi” di Ansar Al Sharia che nel 2013 ha assassinato, con la stessa arma, i leader della sinistra Balaid Chokri e Mohamed Brahmi. Due delitti eccellenti che hanno rischiato di far precipitare anche la Tunisia nella guerra civile.

A Milano, nel 2004, fu arrestato anche Osman Rabei, l’ideologo del gruppo terroristico della strage di Madrid: ospite di ignari parenti italo-egiziani, stava indottrinando un ventenne aspirante kamikaze e gli parlava di colpire Roma, ma la Digos lo ha fermato prima.

In Italia l’unico terrorista islamico che si è fatto esplodere davanti una caserma, nel 2009 a Milano, non aveva collegamenti internazionali: si era indottrinato da sé, su Internet. Si chiama Mohamed Game, è nato in Libia 40 anni fa, è rimasto gravemente menonato e sta scontando una condanna definitiva fino al 2023.

Tutti gli altri jihadisti finora arrestati in Italia sono stati invece processati per il reato-barriera di «terrorismo internazionale», che colpisce chi recluta militanti per fare attentati anche contro i civili, ma all’estero. Ora però l’avanzata del jihad dal Nord Africa al Medio Oriente crea una doppia minaccia anche per l’occidente: gli scenari di guerra globale rischiano non solo di esaltare i potenziali “terroristi fai-da-te” come il milanese Game, ma anche di favorire il ritorno in Europa dei miliziani organizzati e ormai addestrati a combattere nelle guerre più spietate.

Tra i sedici jihadisti d’Italia che ora hanno un nome e un volto, metà sono andati a combattere in Libia, spesso passando dalla Tunisia, gli altri in Siria, dove si sono schierati fino al 2012 con Al Nusra, poi con l’Isil. Le reti di reclutamento però potrebbero essere collegate: almeno tre combattenti, dopo essere usciti dalle carceri italiane, sono stati segnalati prima in Siria e poi in Libia, o viceversa. Per ora nessuno dei jihadisti di casa nostra sembra pensare all’Italia: tutti concentrati nelle guerre all’estero.

Il ritorno dei reduci, però, è già una realtà: le nostre forze di polizia hanno cominciato da mesi a schedare riservatamente i primi integralisti che hanno iniziato a rientrare in Italia dai fronti di guerra. Per ora si tratta di casi individuali, che non risultano collegati ad alcuna organizzazione terroristica e che non coinvolgono personaggi già inquisiti né esponenti conosciuti del jihad internazionale.

L’ultimo episodio è di pochi giorni fa: alla fine di luglio, fra Trieste e Venezia, è stato pedinato, fermato e interrogato un cittadino italiano di 21 anni, nato e cresciuto a Biella da una regolarissima famiglia di origine marocchina. Non aveva alcun precedente penale, non era conosciuto neppure come integralista e ha un curriculum da studente modello, ben integrato e naturalizzato in Italia dai suoi genitori, emigrati molti anni fa dal Marocco in Piemonte, dove hanno sempre lavorato onestamente. Il classico bravo ragazzo, insomma. Che ha fatto solo una vacanza molto strana: un’estate di guerra in Siria.

http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... =HEF_RULLO
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Re: La Terza Guerra Mondiale

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La vox populi dell'Espresso.


jxkkx4 ore fa
Che il terrorismo e le bombe sugli aerei civili siano nate dopo l'occupazione dei territori palestinesi nel 67 da parte di Israele e' storia che continua ancora oggi. E' disgustoso vedere quello che accade ogni giorno in TV. sotto i nostri occhi, gente inerme, vecchi e bambini perire senza neppure poter capire il perche'. Ma quanti di noi, sommersi ormai dal materialismo senza limiti si sia chiesto almeno una volta: perche l'occidente in cui viviamo si spaccia come paladino occupando nazioni di cultura diversa con la scusa di esportare la "democrazia" quando la democrazia vera non esiste neppure a casa nostra, dove siamo dominati e impoveriti dalla corruzione politica che ci governa e dalle Banche che non hanno piu' confini al sistematico sfruttamento !?
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redflags2 giorni fa
Secondo Economist e Philip Meyer,l'ultimo quotidiano uscira' il primo trimestre dell'anno 2043, Eccessivo ottimismo !!!
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antitanti3 giorni fa
Inevitabile che succeda dopo anni di bombardamenti su popolazioni inermi, stragi, appoggio incondizionato all'oppressore che risponde al nome di israele.
Molti i dubbi che dietro ad Isis non ci sia l'esportatore di democrazia numero uno nel mondo insieme ai suoi lacchè europei.
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sen silvio3 giorni fa
finiamola di dare tutta la colpa ad israele, seppur ha le sue colpe insieme all' america.. diamo un po di colpa anche alla religione della pace
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flanker273 giorni fa
minimo minimo sei un grUllino, nel peggiore dei casi uno schizzato.
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Friederic Hengels3 giorni fa

Gentile redazione, I cittadini
italiani ricordano senza dubbio il teorema "assiomatico" sostenuto, dal compagno Bersani , della
superiorità morale del centrosinistra e che mai avrebbe preso accordi con la
destra



In questa condizione politica è la stessa costituzione ad essere
oltraggiata per cui le difese di una parte, in un conflitto impari come quello evidenziato,
non può venire da chi sostiene un governo esso stesso
illegittimo a casa propria altrimenti è la stessa nazione italiana a perdere
credibilità



Per tali ragioni ogni intervento in medio
oriente da parte dell’attuale governo
italiano sarebbe illegittima e anticostituzionale
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ittaboba3 giorni fa
Se pensi che tra chi ha scritto la costituzione ce n'erano parecchi che sognavano l'avvento di baffone in Italia,sai come la puoi usare quella carta??? te lo dico dopo
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claudio163 giorni fa
Per riappacificare la zona la meglio cosa è vendere le armi a tutti dai palestinesi
con le solite armi degli Ebrei Iracheni Curdi.
Perchè non smettere di produrle le armi così queste grandi multinazionali della gurra non assumono personale per cercare di provocarle per poi capi di stato con il coro della stampa e della televisione a schierarsi dalla parte dove l' interesse fa più comodo.
Il concetto di democrazia e le armi non sta in piedi e Gli Stati Uniti lo dimostrano quotidianamente con le loro vicende interne dove diritti edemocrazia contrastano con
i dollari delle aziende d' armi spalleggiate dallo steso governo.
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