Il "nuovo" governo Renzi
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
1. UN UOMO SOLO ALLO SCONTRO! MESSA DA PARTE LA ‘’TOPLESSATA’’ GIANNINI, IMPEGNATA CON COMUNIONE E DISPERAZIONE, RENZI S’INTESTA LA RIFORMA DELLA SCUOLA E SPIEGA CHE, COME SUL LAVORO, L’AVVERSARIO DA BATTERE SONO “I SINDACATI, I DIRIGENTI, I BUROCRATI”
2. ANCORA UNA VOLTA PITTIBIMBO NON SFUGGE ALLA RETORICA DEL “CI METTO LA FACCIA” E INDIVIDUA CON ABILITÀ DEGLI OSTACOLI, VERI O PRESUNTI, CONTRO I QUALI SCONTRARSI
3. NON C’È DUBBIO CHE LO SPACCONE DI PALAZZO CHIGI VINCERÀ LA BATTAGLIA. LA VINCERÀ PERCHÉ CONTROLLA QUELLO CHE RESTA DEL PD E LA SUA MINORANZA E PERCHÈ CON IL PATTO DEL NAZARENO PUÒ CONTARE ANCHE SUL FEDELISSIMO SOCCORSO AZZURRO-BERLUSCONE
4. I SINDACATI RESTERANNO SENZA SPONDE POLITICHE, COSTRETTI A IMPERSONARE L’ODIOSO “FRONTE DEL NO”. RESTA DA CAPIRE SE ALLA FINE LA RIFORMA DEL LAVORO SARÀ UNA BUONA RIFORMA PER L’ITALIA O SOLO UN DISTINTIVO DA METTERE SULLA GIACCA DEL PREMIER
Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia
CI PENSA SEMPRE LUI
Matteo Renzi s’intesta la riforma della scuola che verrà presentata venerdì e spiega che, anche sulla riforma del lavoro, l’avversario da battere sono “i sindacati, i dirigenti, i burocrati”, che, “così come la classe politica, devono cambiare”. Ancora una volta Renzie non sfugge alla retorica preferita del “ci metto la faccia” e individua con abilità degli ostacoli, veri o presunti, contro i quali combattere e scontrarsi. Li sceglie abilmente, li individua tra categorie antipatiche (“i burocrati”) o in forte crisi di popolarità e identità come i sindacati. Tenta di trasformare le riforme in un fatto muscolare. Punta a rendere eroico il proprio percorso sulla strada delle riforme che la Bce ci ha chiesto con insistenza.
Non c’è dubbio che vincerà la battaglia, lo spaccone di Palazzo Chigi. La vincerà perché controlla il Pd e la sua minoranza e perché con il Patto del Nazareno può contare anche sul soccorso azzurro di Forza Italia. I sindacati che proveranno a opporsi sulla riforma del lavoro resteranno isolati e senza sponde, costretti a impersonare l’odioso “fronte del no” e della “conservazione”. L’unica cosa che resta da capire è se alla fine la riforma sarà una buona riforma per l’Italia, o sarà solo un distintivo da mettere sulla giacca del premier.
2. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Fluviale intervista del Corriere a Pier Carlo Padoan che avverte: “Avanti su tagli e risparmi, ma teniamo conto della crisi. Nella ricerca dell’efficienza si possono mettere in discussione anche posizioni acquisite. Draghi? Ci sentiamo spesso. La spending review è una scelta politica”. Il ministro del Tesoro bolla come “favole, cose che mi annoiano” le voci su sue tensioni con Renzie e parla di “piena sintonia” con le posizioni del presidente della Bce (pp. 2-3).
E i tagli colpiscono anche lo Sblocca-Italia, che sembrava già pronto. Repubblica: “Enti locali, bilancio in rosso per una partecipata su quattro. Niente fondi nello Sblocca-Italia. Lo studio del commissario alla Spending Review, Cottarelli. A costo zero le misure di venerdì. Slitta la legge di Stabilità” (p. 10).
Per la Stampa, invece, “Scovate le risorse per i cantieri. Si tratterebbe di fondi stanziati e mai spesi. Domani vertice Lupi-Padoan” (p. 5). Il Messaggero spiega bene lo scontro in atto: “Ma fra Tesoro e Palazzo Chigi è braccio di ferro sugli sgravi. Misure troppo costose, deficit a rischio. Padoan frena sugli incentivi nel decreto. Sui bonus all’edilizia però Renzi non cede. Il rinnovo inserito nel provvedimento finale” (p. 3).
Intanto si fa vivo il Rigor Montis con un’intervista a Repubblica. Oltre a rivendicare il merito di aver reintrodotto la tassa sulla prima casa, il Bocconiano Sapiens si mette a giudicare Renzie: “finora un bravo allenatore, ma la squadra deve segnare qualche gol” (p. 9).
3. TUTTI A SCUOLA PER DECRETO
Renzie approfitta del fatto che il ministro Giannini sia a Rimini da Cl per presentare la riforma della scuola. “Scuola, svolta sui precari. Subito l’assunzione per 100mila professori. Renzi pronto ad annunciare venerdì la decisione. Ancora incerti i numeri, servirà un miliardo e mezzo” (Repubblica, p. 6). Il Messaggero rovina la festa e ricorda il problema dei professori che non riescono ad andare in pensione pur avendo i requisiti: “Docenti, i “quota 96” restano bloccati. Scuola, la riforma non interviene sui 4.000 che non possono andare in pensione per le norme Fornero. I sindacati continuano a chiedere un provvedimento ad hoc oppure una misura da inserire nella prossima legge di Stabilità” (p. 7).
4. GIUSTIZIA À LA CARTE
Fino all’ultimo il ministro Orlando sceglie la strategia dei ballon d’essai per la riforma della giustizia. Repubblica: “Prescrizione congelata e meno ricorsi in appello, ecco la riforma della giustizia. Nel pacchetto del ministro Orlando anche il patteggiamento allargato ai reati fino a 8 anni. E resta la legge Cirielli. Con la doppia sentenza conforme sarà impraticabile il ricorso in Cassazione. Ieri gli incontri con l’Anm e gli avvocati. Oggi quelli con i partiti di maggioranza e opposizione” (p. 17). Per il Corriere, invece: “Giustizia, il governo stringe sulla responsabilità dei giudici. Affondo di Grillo contro Orlando” (p. 11).
E sul Messaggero spuntano anche le intercettazioni: “Giustizia, giro di vite sulle intercettazioni e ricorsi più difficili. Il governo verso una legge sugli ascolti e sul processo penale. Si tratta sulla riforma. M5S contro il ministro, Forza Italia lo difende” (p. 6).
5. L’ABBRACCIO DEL CAINANO
Dopo l’allarme delle sue aziende, che hanno bisogno di “stabilità”, il Cavaliere continua nella strategia della linea morbida con il governo Renzie. “Berlusconi vede Letta e Verdini: avanti con il dialogo. L’ex premier preoccupato per gli scenari internazionali. Domani vertice con il partito sulle riforme. Il leader insiste con i suoi sulla linea della ‘coesione nazionale’” (Corriere, p. 11).
Interpretazione autentica sul Giornale di famiglia: “Il Cav aspetta il premier al varco: il fine settimana sarà decisivo. Berlusconi tace in attesa del Cdm di venerdì e del Consiglio Ue di sabato per poter valutare le iniziative di Renzi. Telefonata con il leader Ppe Poettering e incontro con Letta e Verdini”(p. 8).
6. SPRECHE-RAI
Il Cetriolo Quotidiano intervista il presidente della Vigilanza Rai, Roberto Fico, che denuncia: “In Rai ci sono 1,3 miliardi di appalti ma nessuno deve sapere. Siamo riusciti a bloccare un finanziamento di 750mila euro a Cl per il Meeting di Rimini. Ma quando abbiamo chiesto di avere l’elenco di tutte le commesse esterne, in Viale Mazzini si è alzato un vero e proprio muro di gomma” (p. 5). Forse anche qui bisogna chiamare Lurch Cottarelli, oppure la Rai è più intoccabile delle municipalizzate?
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
LODEN SPAVALDO
Mario Monti: "Renzi sbaglia a non seguire i miei consigli"
27 agosto 2014
"Il mio governo ha fatto crescere l'Italia". L'ex premier Mario Monti indossa ancora una volta il Loden, nonostante le temperature estive, e su Repubblica, in modo spavaldo, paragona il suo governo a quello attuale guidato da Matteo Renzi. Tra una carezza e una bastonata, il Prof rivendica i risultati del suo esecutivo: "Il nostro governo, a 18 giorni dal giuramento, varò con piena operatività due fondamentali riforme. Quella delle pensioni — con l’abolizione dei trattamenti di anzianità e il passaggio al contributivo per tutti — e un’imposta sulla prima casa, la cui mancanza era difficile da giustificare, in un paese che ha un’enorme ricchezza privata, in buona parte immobiliare, e un altrettanto enorme debito pubblico. Queste due riforme non hanno soltanto salvato la finanza pubblica ma anche creato spazi per la crescita. Lo ha riconosciuto anche Graziano Delrio in un’intervista a Repubblica. Questi spazi, i due governi successivi non li hanno però destinati prioritariamente alla crescita". Insomma con l'imposta sulla casa e con una riforma disastrosa delle pensioni, il Loden consiglia tra le righe, una sinistra ricetta tassarola al premier che è proprio a caccia di risorse per tappare i buchi creati dalla mancia elettorale del bonus Irpef da 80 euro. Quello che parla a Repubblica però è un Monti velenoso.
Bordate a Letta e a Renzi - Impallina prima Letta e poi Renzi, colpevoli di non aver seguito il suo "esempio": "Letta preferì soddisfare le promesse elettorali di un partito della sua maggioranza e, invece di dedicare tutte le risorse disponibili alla riduzione del cuneo fiscale, le usò per cercare di cancellare l’Imu prima casa. Renzi a sua volta ha ritenuto di privilegiare una misura molto visibile, gli 80 euro, i cui effetti sulla crescita non sono ovvi. Intanto, il presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha l’obiettivo primario di introdurre cambiamenti che porterebbero a erodere la riforma delle pensioni".
L'avvertimento - A questo punto arriva l'avvertimento: "Ho superato da decenni l’età massima dalla quale — se non si è Capo dello Stato o, forse, presidente della BCE — Renzi accetta non dico di ascoltare, ma di udire consigli. Se no, gli suggerirei di non spingere troppo in là lo sforzo motivazionale. Per esempio, quando dice che fra tre anni l’Italia ridiventerà l’economia guida d’Europa o dell’eurozona, non è credibile. Sia perché l’Italia non lo è mai stata, sia perché realisticamente è ben difficile che ciò possa accadere. Può però salire a posizioni molto migliori di oggi. Ma per ottenere questo, chi governa — soprattutto se ha il merito di essere un grande coach — dovrebbe dedicare più tempo ed energia a mettere in opera strumenti di governo. Dalla visione all’azione, dal sogno alla concretezza".
http://www.liberoquotidiano.it/news/116 ... aglia.html
Mario Monti: "Renzi sbaglia a non seguire i miei consigli"
27 agosto 2014
"Il mio governo ha fatto crescere l'Italia". L'ex premier Mario Monti indossa ancora una volta il Loden, nonostante le temperature estive, e su Repubblica, in modo spavaldo, paragona il suo governo a quello attuale guidato da Matteo Renzi. Tra una carezza e una bastonata, il Prof rivendica i risultati del suo esecutivo: "Il nostro governo, a 18 giorni dal giuramento, varò con piena operatività due fondamentali riforme. Quella delle pensioni — con l’abolizione dei trattamenti di anzianità e il passaggio al contributivo per tutti — e un’imposta sulla prima casa, la cui mancanza era difficile da giustificare, in un paese che ha un’enorme ricchezza privata, in buona parte immobiliare, e un altrettanto enorme debito pubblico. Queste due riforme non hanno soltanto salvato la finanza pubblica ma anche creato spazi per la crescita. Lo ha riconosciuto anche Graziano Delrio in un’intervista a Repubblica. Questi spazi, i due governi successivi non li hanno però destinati prioritariamente alla crescita". Insomma con l'imposta sulla casa e con una riforma disastrosa delle pensioni, il Loden consiglia tra le righe, una sinistra ricetta tassarola al premier che è proprio a caccia di risorse per tappare i buchi creati dalla mancia elettorale del bonus Irpef da 80 euro. Quello che parla a Repubblica però è un Monti velenoso.
Bordate a Letta e a Renzi - Impallina prima Letta e poi Renzi, colpevoli di non aver seguito il suo "esempio": "Letta preferì soddisfare le promesse elettorali di un partito della sua maggioranza e, invece di dedicare tutte le risorse disponibili alla riduzione del cuneo fiscale, le usò per cercare di cancellare l’Imu prima casa. Renzi a sua volta ha ritenuto di privilegiare una misura molto visibile, gli 80 euro, i cui effetti sulla crescita non sono ovvi. Intanto, il presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha l’obiettivo primario di introdurre cambiamenti che porterebbero a erodere la riforma delle pensioni".
L'avvertimento - A questo punto arriva l'avvertimento: "Ho superato da decenni l’età massima dalla quale — se non si è Capo dello Stato o, forse, presidente della BCE — Renzi accetta non dico di ascoltare, ma di udire consigli. Se no, gli suggerirei di non spingere troppo in là lo sforzo motivazionale. Per esempio, quando dice che fra tre anni l’Italia ridiventerà l’economia guida d’Europa o dell’eurozona, non è credibile. Sia perché l’Italia non lo è mai stata, sia perché realisticamente è ben difficile che ciò possa accadere. Può però salire a posizioni molto migliori di oggi. Ma per ottenere questo, chi governa — soprattutto se ha il merito di essere un grande coach — dovrebbe dedicare più tempo ed energia a mettere in opera strumenti di governo. Dalla visione all’azione, dal sogno alla concretezza".
http://www.liberoquotidiano.it/news/116 ... aglia.html
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Tutti renziani di complemento dare suggerimenti a Pittibimbo per sopravvivere. Ma questo vuol dire cambiare la natura di Renzi, snaturarlo. E' come dire a Berlusconi di diventare improvvisamente "comunista".
FORZA E DEBOLEZZA DI UN PREMIER
Le battute non bastano
di Ernesto Galli della Loggia
I gufi e i rosiconi fatidici sono stati per il momento smentiti. La campanella dell’ultimo giro che solo poche settimane fa sembrava sul punto di suonare per Matteo Renzi è viceversa rimasta muta. In questo agosto, infatti, il premier ha mostrato capacità di ripresa e d’iniziativa politica che insieme alla sua ben nota energia lo hanno fatto uscire dalla situazione di stallo in cui sembrava essersi ridotto. Anche se lo stesso Renzi ha dovuto prendere atto che, a differenza degli Stati Uniti, l’Italia non è Paese da «Cento Giorni»: per combinare qualcosa d’incisivo, da noi di giorni è meglio metterne in conto almeno mille, e infatti le molte e importanti decisioni che si annunciano nel Consiglio dei ministri di domani sembrano per l’appunto distendersi nei loro effetti su un simile arco temporale.
Sempre dando per scontato, naturalmente, quanto in Italia invece non può mai esserlo, e che infatti da decenni è il vero punto critico dell’azione di qualunque governo: cioè che alle decisioni dall’alto si sia capaci di far seguire i fatti in basso, che alle riforme a parole seguano le riforme delle cose. Dunque da questi sei primi mesi di governo Renzi esce con non molti traguardi raggiunti ma con la sua forza sostanzialmente intatta.
A mio giudizio, però, anche con due punti deboli se cancellasse i quali il nostro presidente del Consiglio ne avrebbe tutto da guadagnare. Il primo riguarda lo stile che egli ha adottato per comunicare con l’opinione pubblica. A cominciare dal tono di ottimismo e di fiducia che caratterizza regolarmente i suoi interventi, punteggiati spesso di battute, di esortazioni ironiche, di parentesi salaci su questo e quello. Non vorrei sembrare un piagnone triste e tanto meno un nostalgico dell’algida cupezza montiana, ma sono convinto che per dare la scossa a un Paese che è precipitato in una situazione difficile, molto difficile, come l’Italia, converrebbe maggiormente un discorso dal tono serio, incline alla gravità più che alla leggerezza e all’ottimismo programmatico, come invece fa Renzi. Dopo un po’ l’ottimismo, infatti, rischia sempre di apparire di maniera; e spesso finisce per costeggiare pericolosamente la fatuità, facendo sembrare fatuo anche chi lo pratica. Un pericolo certo aggravato nel caso del presidente del Consiglio dalla giovane età, che pure per altri versi gioca giustamente a suo favore.
Personalmente poi non mi sembra alla lunga efficace neppure la comunicazione spezzettata e tendenzialmente alluvionale tipica del tweet, carissima a Renzi e consistente in una serie di brevi frasi apodittiche. Forse è l’ideale per le agenzie di stampa e per la pratica della digitazione isterico-maniacale sugli smartphone in cui è impegnato 24 ore su 24 il politico professionista italiota, ma ho il sospetto che alla gente, invece, faccia l’effetto di una forma di «battutismo» che, ripetuta tre o quattro volte al giorno per 365 giorni all’anno, non depone certo a favore della serietà e dell’impegno di chi vi si dedica. Senza contare che un eccesso di comunicazione rischia sempre, alla fine, di vanificare il messaggio insieme al suo autore. Il secondo palese punto debole di Renzi sta nella mancanza intorno a lui di una vera squadra di governo: ciò che probabilmente testimonia di un suo rapporto difficile e al limite inesistente con le élite del Paese. Giunto a Roma con un piccolo gruppo di fedelissimi alla sua persona in forza di un vincolo più o meno antico d’amicizia, di essi soli egli sembra fidarsi veramente e con essi soli sembra collaborare davvero. Saranno di certo tutti abili e di provato valore, non discuto, ma una squadra di governo è un’altra cosa. Significa competenze molteplici, accesso a conoscenze specifiche, possibilità di mobilitazione di energie esterne, reti di relazioni e dunque contatti con persone e ambienti a vario titolo importanti. Significa cioè un governo che in qualche modo rappresenti, e si consideri esso stesso, il vertice della classe dirigente del Paese.
So bene che nel caso di Renzi proprio una parte almeno della classe dirigente italiana non lo vede troppo di buon occhio, ma la migliore risposta non è rinunciare ad avere un rapporto con essa, bensì semmai - per un uomo politico che voglia lasciare un segno - quella di cercare di costruirne in embrione dei nuclei alternativi. E qui il discorso inevitabilmente si allarga. A mio parere la polemica renziana contro i «salotti buoni» è sostanzialmente giusta perché si appunta contro un aspetto importante della grande ingessatura oligarchico-corporativa che immobilizza l’Italia. Ma risulta una polemica sterile, gravata per di più da uno sgradevole sospetto di risentimento personale, se essa non si traduce immediatamente nella capacità di fare appello a energie diverse, di costruire luoghi e sedi - come potrebbe essere per l’appunto una squadra di governo - dove riunire forze realmente nuove per compiti nuovi. Energie, forze, che per fortuna nella società italiana non mancano.
Per come è messo il Paese, insomma, il governo attuale rappresenta un’occasione troppo importante per vederlo perdersi tra un tweet e l’altro o avvitarsi nell’isolamento in cui finora si è mosso. Il tempo per rimediare non è molto, ma ancora c’è.
28 agosto 2014 | 08:51
© RIPRODUZIONE RISERVATAFORZA E DEBOLEZZA DI UN PREMIER
Le battute non bastano
di Ernesto Galli della Loggia
5 EDITORIALI
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (LaPresse) Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (LaPresse) shadow
I gufi e i rosiconi fatidici sono stati per il momento smentiti. La campanella dell’ultimo giro che solo poche settimane fa sembrava sul punto di suonare per Matteo Renzi è viceversa rimasta muta. In questo agosto, infatti, il premier ha mostrato capacità di ripresa e d’iniziativa politica che insieme alla sua ben nota energia lo hanno fatto uscire dalla situazione di stallo in cui sembrava essersi ridotto. Anche se lo stesso Renzi ha dovuto prendere atto che, a differenza degli Stati Uniti, l’Italia non è Paese da «Cento Giorni»: per combinare qualcosa d’incisivo, da noi di giorni è meglio metterne in conto almeno mille, e infatti le molte e importanti decisioni che si annunciano nel Consiglio dei ministri di domani sembrano per l’appunto distendersi nei loro effetti su un simile arco temporale.
Sempre dando per scontato, naturalmente, quanto in Italia invece non può mai esserlo, e che infatti da decenni è il vero punto critico dell’azione di qualunque governo: cioè che alle decisioni dall’alto si sia capaci di far seguire i fatti in basso, che alle riforme a parole seguano le riforme delle cose. Dunque da questi sei primi mesi di governo Renzi esce con non molti traguardi raggiunti ma con la sua forza sostanzialmente intatta.
A mio giudizio, però, anche con due punti deboli se cancellasse i quali il nostro presidente del Consiglio ne avrebbe tutto da guadagnare. Il primo riguarda lo stile che egli ha adottato per comunicare con l’opinione pubblica. A cominciare dal tono di ottimismo e di fiducia che caratterizza regolarmente i suoi interventi, punteggiati spesso di battute, di esortazioni ironiche, di parentesi salaci su questo e quello. Non vorrei sembrare un piagnone triste e tanto meno un nostalgico dell’algida cupezza montiana, ma sono convinto che per dare la scossa a un Paese che è precipitato in una situazione difficile, molto difficile, come l’Italia, converrebbe maggiormente un discorso dal tono serio, incline alla gravità più che alla leggerezza e all’ottimismo programmatico, come invece fa Renzi. Dopo un po’ l’ottimismo, infatti, rischia sempre di apparire di maniera; e spesso finisce per costeggiare pericolosamente la fatuità, facendo sembrare fatuo anche chi lo pratica. Un pericolo certo aggravato nel caso del presidente del Consiglio dalla giovane età, che pure per altri versi gioca giustamente a suo favore.
Personalmente poi non mi sembra alla lunga efficace neppure la comunicazione spezzettata e tendenzialmente alluvionale tipica del tweet, carissima a Renzi e consistente in una serie di brevi frasi apodittiche. Forse è l’ideale per le agenzie di stampa e per la pratica della digitazione isterico-maniacale sugli smartphone in cui è impegnato 24 ore su 24 il politico professionista italiota, ma ho il sospetto che alla gente, invece, faccia l’effetto di una forma di «battutismo» che, ripetuta tre o quattro volte al giorno per 365 giorni all’anno, non depone certo a favore della serietà e dell’impegno di chi vi si dedica. Senza contare che un eccesso di comunicazione rischia sempre, alla fine, di vanificare il messaggio insieme al suo autore. Il secondo palese punto debole di Renzi sta nella mancanza intorno a lui di una vera squadra di governo: ciò che probabilmente testimonia di un suo rapporto difficile e al limite inesistente con le élite del Paese. Giunto a Roma con un piccolo gruppo di fedelissimi alla sua persona in forza di un vincolo più o meno antico d’amicizia, di essi soli egli sembra fidarsi veramente e con essi soli sembra collaborare davvero. Saranno di certo tutti abili e di provato valore, non discuto, ma una squadra di governo è un’altra cosa. Significa competenze molteplici, accesso a conoscenze specifiche, possibilità di mobilitazione di energie esterne, reti di relazioni e dunque contatti con persone e ambienti a vario titolo importanti. Significa cioè un governo che in qualche modo rappresenti, e si consideri esso stesso, il vertice della classe dirigente del Paese.
So bene che nel caso di Renzi proprio una parte almeno della classe dirigente italiana non lo vede troppo di buon occhio, ma la migliore risposta non è rinunciare ad avere un rapporto con essa, bensì semmai - per un uomo politico che voglia lasciare un segno - quella di cercare di costruirne in embrione dei nuclei alternativi. E qui il discorso inevitabilmente si allarga. A mio parere la polemica renziana contro i «salotti buoni» è sostanzialmente giusta perché si appunta contro un aspetto importante della grande ingessatura oligarchico-corporativa che immobilizza l’Italia. Ma risulta una polemica sterile, gravata per di più da uno sgradevole sospetto di risentimento personale, se essa non si traduce immediatamente nella capacità di fare appello a energie diverse, di costruire luoghi e sedi - come potrebbe essere per l’appunto una squadra di governo - dove riunire forze realmente nuove per compiti nuovi. Energie, forze, che per fortuna nella società italiana non mancano.
Per come è messo il Paese, insomma, il governo attuale rappresenta un’occasione troppo importante per vederlo perdersi tra un tweet e l’altro o avvitarsi nell’isolamento in cui finora si è mosso. Il tempo per rimediare non è molto, ma ancora c’è.
28 agosto 2014 | 08:51
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http://www.corriere.it/editoriali/14_ag ... 1749.shtml
FORZA E DEBOLEZZA DI UN PREMIER
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di Ernesto Galli della Loggia
I gufi e i rosiconi fatidici sono stati per il momento smentiti. La campanella dell’ultimo giro che solo poche settimane fa sembrava sul punto di suonare per Matteo Renzi è viceversa rimasta muta. In questo agosto, infatti, il premier ha mostrato capacità di ripresa e d’iniziativa politica che insieme alla sua ben nota energia lo hanno fatto uscire dalla situazione di stallo in cui sembrava essersi ridotto. Anche se lo stesso Renzi ha dovuto prendere atto che, a differenza degli Stati Uniti, l’Italia non è Paese da «Cento Giorni»: per combinare qualcosa d’incisivo, da noi di giorni è meglio metterne in conto almeno mille, e infatti le molte e importanti decisioni che si annunciano nel Consiglio dei ministri di domani sembrano per l’appunto distendersi nei loro effetti su un simile arco temporale.
Sempre dando per scontato, naturalmente, quanto in Italia invece non può mai esserlo, e che infatti da decenni è il vero punto critico dell’azione di qualunque governo: cioè che alle decisioni dall’alto si sia capaci di far seguire i fatti in basso, che alle riforme a parole seguano le riforme delle cose. Dunque da questi sei primi mesi di governo Renzi esce con non molti traguardi raggiunti ma con la sua forza sostanzialmente intatta.
A mio giudizio, però, anche con due punti deboli se cancellasse i quali il nostro presidente del Consiglio ne avrebbe tutto da guadagnare. Il primo riguarda lo stile che egli ha adottato per comunicare con l’opinione pubblica. A cominciare dal tono di ottimismo e di fiducia che caratterizza regolarmente i suoi interventi, punteggiati spesso di battute, di esortazioni ironiche, di parentesi salaci su questo e quello. Non vorrei sembrare un piagnone triste e tanto meno un nostalgico dell’algida cupezza montiana, ma sono convinto che per dare la scossa a un Paese che è precipitato in una situazione difficile, molto difficile, come l’Italia, converrebbe maggiormente un discorso dal tono serio, incline alla gravità più che alla leggerezza e all’ottimismo programmatico, come invece fa Renzi. Dopo un po’ l’ottimismo, infatti, rischia sempre di apparire di maniera; e spesso finisce per costeggiare pericolosamente la fatuità, facendo sembrare fatuo anche chi lo pratica. Un pericolo certo aggravato nel caso del presidente del Consiglio dalla giovane età, che pure per altri versi gioca giustamente a suo favore.
Personalmente poi non mi sembra alla lunga efficace neppure la comunicazione spezzettata e tendenzialmente alluvionale tipica del tweet, carissima a Renzi e consistente in una serie di brevi frasi apodittiche. Forse è l’ideale per le agenzie di stampa e per la pratica della digitazione isterico-maniacale sugli smartphone in cui è impegnato 24 ore su 24 il politico professionista italiota, ma ho il sospetto che alla gente, invece, faccia l’effetto di una forma di «battutismo» che, ripetuta tre o quattro volte al giorno per 365 giorni all’anno, non depone certo a favore della serietà e dell’impegno di chi vi si dedica. Senza contare che un eccesso di comunicazione rischia sempre, alla fine, di vanificare il messaggio insieme al suo autore. Il secondo palese punto debole di Renzi sta nella mancanza intorno a lui di una vera squadra di governo: ciò che probabilmente testimonia di un suo rapporto difficile e al limite inesistente con le élite del Paese. Giunto a Roma con un piccolo gruppo di fedelissimi alla sua persona in forza di un vincolo più o meno antico d’amicizia, di essi soli egli sembra fidarsi veramente e con essi soli sembra collaborare davvero. Saranno di certo tutti abili e di provato valore, non discuto, ma una squadra di governo è un’altra cosa. Significa competenze molteplici, accesso a conoscenze specifiche, possibilità di mobilitazione di energie esterne, reti di relazioni e dunque contatti con persone e ambienti a vario titolo importanti. Significa cioè un governo che in qualche modo rappresenti, e si consideri esso stesso, il vertice della classe dirigente del Paese.
So bene che nel caso di Renzi proprio una parte almeno della classe dirigente italiana non lo vede troppo di buon occhio, ma la migliore risposta non è rinunciare ad avere un rapporto con essa, bensì semmai - per un uomo politico che voglia lasciare un segno - quella di cercare di costruirne in embrione dei nuclei alternativi. E qui il discorso inevitabilmente si allarga. A mio parere la polemica renziana contro i «salotti buoni» è sostanzialmente giusta perché si appunta contro un aspetto importante della grande ingessatura oligarchico-corporativa che immobilizza l’Italia. Ma risulta una polemica sterile, gravata per di più da uno sgradevole sospetto di risentimento personale, se essa non si traduce immediatamente nella capacità di fare appello a energie diverse, di costruire luoghi e sedi - come potrebbe essere per l’appunto una squadra di governo - dove riunire forze realmente nuove per compiti nuovi. Energie, forze, che per fortuna nella società italiana non mancano.
Per come è messo il Paese, insomma, il governo attuale rappresenta un’occasione troppo importante per vederlo perdersi tra un tweet e l’altro o avvitarsi nell’isolamento in cui finora si è mosso. Il tempo per rimediare non è molto, ma ancora c’è.
28 agosto 2014 | 08:51
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Le battute non bastano
di Ernesto Galli della Loggia
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Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (LaPresse) Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (LaPresse) shadow
I gufi e i rosiconi fatidici sono stati per il momento smentiti. La campanella dell’ultimo giro che solo poche settimane fa sembrava sul punto di suonare per Matteo Renzi è viceversa rimasta muta. In questo agosto, infatti, il premier ha mostrato capacità di ripresa e d’iniziativa politica che insieme alla sua ben nota energia lo hanno fatto uscire dalla situazione di stallo in cui sembrava essersi ridotto. Anche se lo stesso Renzi ha dovuto prendere atto che, a differenza degli Stati Uniti, l’Italia non è Paese da «Cento Giorni»: per combinare qualcosa d’incisivo, da noi di giorni è meglio metterne in conto almeno mille, e infatti le molte e importanti decisioni che si annunciano nel Consiglio dei ministri di domani sembrano per l’appunto distendersi nei loro effetti su un simile arco temporale.
Sempre dando per scontato, naturalmente, quanto in Italia invece non può mai esserlo, e che infatti da decenni è il vero punto critico dell’azione di qualunque governo: cioè che alle decisioni dall’alto si sia capaci di far seguire i fatti in basso, che alle riforme a parole seguano le riforme delle cose. Dunque da questi sei primi mesi di governo Renzi esce con non molti traguardi raggiunti ma con la sua forza sostanzialmente intatta.
A mio giudizio, però, anche con due punti deboli se cancellasse i quali il nostro presidente del Consiglio ne avrebbe tutto da guadagnare. Il primo riguarda lo stile che egli ha adottato per comunicare con l’opinione pubblica. A cominciare dal tono di ottimismo e di fiducia che caratterizza regolarmente i suoi interventi, punteggiati spesso di battute, di esortazioni ironiche, di parentesi salaci su questo e quello. Non vorrei sembrare un piagnone triste e tanto meno un nostalgico dell’algida cupezza montiana, ma sono convinto che per dare la scossa a un Paese che è precipitato in una situazione difficile, molto difficile, come l’Italia, converrebbe maggiormente un discorso dal tono serio, incline alla gravità più che alla leggerezza e all’ottimismo programmatico, come invece fa Renzi. Dopo un po’ l’ottimismo, infatti, rischia sempre di apparire di maniera; e spesso finisce per costeggiare pericolosamente la fatuità, facendo sembrare fatuo anche chi lo pratica. Un pericolo certo aggravato nel caso del presidente del Consiglio dalla giovane età, che pure per altri versi gioca giustamente a suo favore.
Personalmente poi non mi sembra alla lunga efficace neppure la comunicazione spezzettata e tendenzialmente alluvionale tipica del tweet, carissima a Renzi e consistente in una serie di brevi frasi apodittiche. Forse è l’ideale per le agenzie di stampa e per la pratica della digitazione isterico-maniacale sugli smartphone in cui è impegnato 24 ore su 24 il politico professionista italiota, ma ho il sospetto che alla gente, invece, faccia l’effetto di una forma di «battutismo» che, ripetuta tre o quattro volte al giorno per 365 giorni all’anno, non depone certo a favore della serietà e dell’impegno di chi vi si dedica. Senza contare che un eccesso di comunicazione rischia sempre, alla fine, di vanificare il messaggio insieme al suo autore. Il secondo palese punto debole di Renzi sta nella mancanza intorno a lui di una vera squadra di governo: ciò che probabilmente testimonia di un suo rapporto difficile e al limite inesistente con le élite del Paese. Giunto a Roma con un piccolo gruppo di fedelissimi alla sua persona in forza di un vincolo più o meno antico d’amicizia, di essi soli egli sembra fidarsi veramente e con essi soli sembra collaborare davvero. Saranno di certo tutti abili e di provato valore, non discuto, ma una squadra di governo è un’altra cosa. Significa competenze molteplici, accesso a conoscenze specifiche, possibilità di mobilitazione di energie esterne, reti di relazioni e dunque contatti con persone e ambienti a vario titolo importanti. Significa cioè un governo che in qualche modo rappresenti, e si consideri esso stesso, il vertice della classe dirigente del Paese.
So bene che nel caso di Renzi proprio una parte almeno della classe dirigente italiana non lo vede troppo di buon occhio, ma la migliore risposta non è rinunciare ad avere un rapporto con essa, bensì semmai - per un uomo politico che voglia lasciare un segno - quella di cercare di costruirne in embrione dei nuclei alternativi. E qui il discorso inevitabilmente si allarga. A mio parere la polemica renziana contro i «salotti buoni» è sostanzialmente giusta perché si appunta contro un aspetto importante della grande ingessatura oligarchico-corporativa che immobilizza l’Italia. Ma risulta una polemica sterile, gravata per di più da uno sgradevole sospetto di risentimento personale, se essa non si traduce immediatamente nella capacità di fare appello a energie diverse, di costruire luoghi e sedi - come potrebbe essere per l’appunto una squadra di governo - dove riunire forze realmente nuove per compiti nuovi. Energie, forze, che per fortuna nella società italiana non mancano.
Per come è messo il Paese, insomma, il governo attuale rappresenta un’occasione troppo importante per vederlo perdersi tra un tweet e l’altro o avvitarsi nell’isolamento in cui finora si è mosso. Il tempo per rimediare non è molto, ma ancora c’è.
28 agosto 2014 | 08:51
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http://www.corriere.it/editoriali/14_ag ... 1749.shtml
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
http://www.tzetze.it/redazione/2014/08/ ... esso/Paola Taverna: i cittadini li aspettiamo a Roma con o senza il vostro permesso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Sondaggio Ixé: sale fiducia in Renzi. Salvini secondo leader più apprezzato
La rilevazione segnala che l'indice di gradimento per il governo torna al livello registrato a inizio mese, e anche quello per il premier cresce. Il 24 percento degli italiani vorrebbe Enrico Letta come ministro degli Esteri europeo. Mogherini ferma al 21
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 agosto 2014
I disoccupati aumentano, , il debito sale, il PIL scende, finora tante parole, ma niente di concreto.
E gli italiani gli danno ancora tanta fiducia ? fin quando durerà ? il risveglio sarà ancora più duro.
La rilevazione segnala che l'indice di gradimento per il governo torna al livello registrato a inizio mese, e anche quello per il premier cresce. Il 24 percento degli italiani vorrebbe Enrico Letta come ministro degli Esteri europeo. Mogherini ferma al 21
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 agosto 2014
I disoccupati aumentano, , il debito sale, il PIL scende, finora tante parole, ma niente di concreto.
E gli italiani gli danno ancora tanta fiducia ? fin quando durerà ? il risveglio sarà ancora più duro.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Il nuovo che avanza
Firenze, sciopero dipendenti Eataly: “Farinetti santone? No, squalo capitalista”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/08/ ... ta/294376/
E’ il primo vero sciopero organizzato contro Eataly in Italia e a guidarlo sono alcuni dei ragazzi che lavorano presso lo store di Firenze: quelli che non vedranno rinnovato il loro contratto a fine agosto, così come il 50 per cento degli assunti dall’apertura del negozio nel dicembre 2013. Ma nella loro protesta, appoggiata dal sindacato dei Cobas, c’è di più: “Orari estenuanti, turni comunicati il giorno prima, mancanza di rappresentanza sindacale ed poca sicurezza sul lavoro”. Il tutto unito a un “clima di terrore” perpetuato dai responsabili. Lo “squalo capitalista” così viene chiamato Oscar Farinetti – fondatore della catena – non ha ancora commentato l’accaduto. Il figlio Francesco, invece, replica: “Molte tensioni sono provocate da un solo dipendente”, ma i ragazzi rispondono: “E’una scusa, siamo attivi da mesi” di Max Brod
Firenze, sciopero dipendenti Eataly: “Farinetti santone? No, squalo capitalista”
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/08/ ... ta/294376/
E’ il primo vero sciopero organizzato contro Eataly in Italia e a guidarlo sono alcuni dei ragazzi che lavorano presso lo store di Firenze: quelli che non vedranno rinnovato il loro contratto a fine agosto, così come il 50 per cento degli assunti dall’apertura del negozio nel dicembre 2013. Ma nella loro protesta, appoggiata dal sindacato dei Cobas, c’è di più: “Orari estenuanti, turni comunicati il giorno prima, mancanza di rappresentanza sindacale ed poca sicurezza sul lavoro”. Il tutto unito a un “clima di terrore” perpetuato dai responsabili. Lo “squalo capitalista” così viene chiamato Oscar Farinetti – fondatore della catena – non ha ancora commentato l’accaduto. Il figlio Francesco, invece, replica: “Molte tensioni sono provocate da un solo dipendente”, ma i ragazzi rispondono: “E’una scusa, siamo attivi da mesi” di Max Brod
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Chi comanda in Italia?Napolitano.
Sia Renzi che Padoan prima di fare qualcosa vanno a colloquio da Napolitano.
Sulla scuola si rimangiano tutto quello detto in giorno prima.
Hanno messo Cottarelli per vedere dove si annidano spreghi e altro.Poi fanno quello che voglino.
Ciao
Paolo11
Sia Renzi che Padoan prima di fare qualcosa vanno a colloquio da Napolitano.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
paolo11 ha scritto:Chi comanda in Italia?Napolitano.
Sia Renzi che Padoan prima di fare qualcosa vanno a colloquio da Napolitano.
Sulla scuola si rimangiano tutto quello detto in giorno prima.
Hanno messo Cottarelli per vedere dove si annidano spreghi e altro.Poi fanno quello che voglino.
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"Abbiamo fatto l'Italia, ora facciamo gli italiani"
Massimo Taparelli marchese d'Azeglio
Sono passati 153 anni e siamo al punto di partenza.
Comunque sia sono loro, gli italiani, che li hanno scelti.
Rizzo, segretario di uno dei tanti partiti comunisti italiani, questa settimana ne ha detta una giusta ad Agorà.
Comanda la finanza e l'economia della Ue.
A noi ci lasciano solo la libertà di scegliere il macchinista e il colore del treno.
Per il resto il treno va dove vuole l'Ue.
E noi, manco il macchinista e il colore del treno sappiamo scegliere.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
31 AGO 2014 17:41
RENZI, UN PIFFERAIO DI PANNA MONTATA - NUOVA, DURISSIMA INVETTIVA DI SCALFARI: “LA NOMINA DELLA MOGHERINI NON HA ALCUN CONTENUTO DI SOSTANZA” - “DAL SENATO ALLA CASSAZIONE, UN GOVERNO CHE MIRA A DIMINUIRE E INDEBOLIRE LO STATO DI DIRITTO”
‘’Mi domando perché, Renzi abbia puntato su quella carica e non su altre ben più consistenti: gli affari economici, la concorrenza, l’eurozona, la gestione del bilancio comunitario, etc. La risposta è semplice: dopo aver ottenuto la carica suddetta, il nostro Pifferaio la sventolerà come una bandiera di successo mentre è soltanto un segno di debolezza”….
Eugenio Scalfari per La Repubblica
Il cavallo è assetato ma non beve la panna montata
Oggi ci troviamo di fronte ad un abilissimo Pifferaio e ad una deflazione dalla quale solo Draghi potrà salvarci. Il venerdì del 29 agosto, che avrebbe dovuto essere per il governo una marcia trionfale, è stato invece un venerdì nero
Il mondo è sconvolto, non riesce a trovare un asse intorno al quale si possa organizzare una convivenza accettabile. L'Europa è sconvolta per le stesse ragioni; in un mondo multipolare ogni area continentale deve avere i propri punti di riferimento che contribuiscono all'equilibrio generale, ma in Europa quei punti di riferimento mancano, ogni nazione fa da sé e per sé e la multipolarità diventa a questo punto ragione di conflitto e di guerre.
Può sembrare assai strano a dirsi, ma l'Europa fotografata ieri, 30 agosto 2014, sembra il Paese dove l'equilibrio c'è o almeno è maggiore che altrove. Prevale il renzismo che, allo stato dei fatti, non ha alternative. Una società senza alternative è al tempo stesso fragile e robusta; fragile nella essenza, robusta nell'apparenza.
La durata di questa situazione sarà l'elemento decisivo: una durata lunga rafforza l'apparenza fino a trasformarla in sostanza. Renzi lo sa e da questa sua consapevolezza è nato il programma dei mille giorni che finiscono più o meno alla metà del 2017. Solo allora si vedrà se gli annunci sui quali il renzismo è nato circa un anno fa daranno i loro frutti.
Attenzione però: il cambiamento affidato al maturare di quei frutti può essere di buona o di cattiva qualità dal punto di vista della democrazia. Può spodestare il popolo sovrano e sostituirlo con un sovrano individuale assistito da una corte o un'oligarchia. Sono due schemi molto diversi che hanno costellato l'intera storia del nostro Paese, dall'Unità fino ad oggi.
La destra storica che fondò e amministrò nei primi sedici anni lo Stato italiano, fu un'oligarchia. Giolitti fu a mezza strada tra l'oligarchia e la corte. La Democrazia cristiana, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, fu una serie di emirati in competizione tra loro ma uniti per mantenere il potere nelle mani della confraternita.
Mussolini fu una dittatura personale, non ci fu né corte né oligarchia, faceva tutto da solo e da solo fu punito insieme alla povera Claretta Petacci.
Una corte l'ebbe a suo modo Bettino Craxi. Voleva creare l'alternativa alla Dc; ma non riuscendovi cambiò l'antropologia del suo partito e ne fece una banda, cioè una corte retribuita.
==================================================================================================
Gli italiani, nella loro ampia maggioranza, si rifugiano nell'indifferenza, gli piace avere un sovrano purché gli lasci piena libertà privata.
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Da questo punto di vista il loro ideale è stato Silvio Berlusconi, un sovrano che meglio di tutti i suoi predecessori ha rappresentato le tendenze profonde del Paese, confiscando nelle sue mani il potere politico, tutelando i propri interessi aziendali, rispettando gli interessi dei suoi governati, dando libero sfogo ai suoi privati piaceri, coltivando il proprio narciso come a tutti piacerebbe quando si fanno vincere dal proprio io senza porvi alcuna limitazione.
Questo è stato il berlusconismo. E Renzi?
Non è come lui anche se per alcuni aspetti le somiglianze sono notevoli. Solo che Berlusconi ha governato quando la crisi economica mondiale non era ancora esplosa, perciò dell'Europa poteva infischiarsene.
Berlusconi però non è ancora uscito di scena. Non è più il protagonista ma un comprimario, questo sì e Renzi lo sa. In realtà lo sanno tutti, dal Capo dello Stato ai vari partiti e movimenti che operano nella politica, alla classe dirigente economica, ai "media", alle parti sociali. Questa situazione mette Renzi in una tenaglia: Berlusconi da una parte, l'Europa dall'altra. Con in più un terzo elemento non trascurabile: i cittadini consapevoli che vorrebbero ripristinare la democrazia restituendo al popolo quella sovranità che gli viene riconosciuta in apparenza ma gli è stata confiscata nella sostanza.
Questa è la fotografia del 30 agosto, mentre era riunito il Consiglio europeo.
* * *
Ha scritto venerdì sul nostro giornale Federico Fubini: "Viviamo un tempo di deflazione del denaro e inflazione di parola. Impossibile tenere il conto di quante volte al giorno la classe politica parla di "fiducia" e di "riforme". Il governo Renzi rischia di trovare la sua sindrome nella serie di annunci ai quali non seguono i fatti". Segue un lungo elenco che tra ieri e oggi si è fortemente arricchito. Il provvedimento concernente la scuola, la sua modernizzazione e l'assunzione di centomila precari entro il 2015, cui altri ne seguiranno, è stato rinviato a data da destinarsi per mancanza di copertura e dispute sull'assegnazione delle cattedre.
La giustizia penale è stata trasferita da decretazione d'urgenza a legge-delega che funzionerà quando e come funzionerà. Nel frattempo Alfano ha ottenuto l'accettazione di due principi che la destra ha sempre sostenuto sulle intercettazioni e sulla giurisdizione.
La giustizia civile è stata sottoposta a una cura dimagrante per smaltire rapidamente (così si spera) 5 milioni di processi arretrati, affidando all'avvocatura un anno di tempo per una conciliazione con la controparte di fronte ad un giudice che assiste le parti e convalida il loro accordo. Funzionerà? Gli avvocati hanno forti dubbi e la loro collaborazione non sarà entusiastica. Del resto ogni anno nuovi processi vengono aperti per una cifra molto prossima allo stock da smaltire, sicché il numero delle liti in corso non sarà affatto diminuito.
Infine per quanto riguarda la giustizia penale c'è la norma (annunciata ma non ancora approvata) che se l'esito del processo sarà il medesimo nei primi due gradi di giudizio, il ricorso in Cassazione sarà abolito.
C'era poi l'annuncio di un vasto programma di lavori, cantieri di opere, nuovi investimenti spesso a livello comunale ma non escluse alcune grandi opere (tra le quali la linea ferroviaria ad alta velocità Bari-Napoli, già programmata e avviata da Fabrizio Barca quando era ministro della Coesione territoriale nel governo Monti).
Questi programmi sono stati preparati dai due precedenti governi Monti e Letta e i fondi di copertura in gran parte già contabilizzati nelle relative leggi di stabilità. Gli ostacoli alla loro realizzazione sono in gran parte causati dal patto di stabilità imposto ai Comuni. Quello è stato uno dei tanti buchi neri che solo con fatica si sta risolvendo. Le coperture ci sono ma il contrasto Stato-Comuni è solo parzialmente risolto. Ciò avveniva con Monti e Letta ma è stato ancora un ostacolo per Renzi. Insomma niente di nuovo sotto il sole, anzi sotto la nebbia della deflazione che sta impoverendo il Paese.
Il venerdì del 29 agosto, che avrebbe dovuto essere per il governo una sorta di marcia trionfale dell'Aida, è stato invece un venerdì nero perché mentre Renzi cercava di nascondere la necessaria ritirata verso il programma dei mille giorni molto favorito dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che rinvia l'attuazione degli annunci al 2017, l'Istat forniva le cifre di una stagnazione estremamente preoccupante dell'economia italiana in tutti i suoi vari "fondamentali": il Pil, la domanda, i consumi, il dissesto delle aziende, il bilancio strutturale, l'ammontare del debito. Una deflazione selvaggia che ha toccato una cifra identica a quella egualmente elevata del 1959, ma con una differenza fondamentale rispetto ad allora: nel '59 si stava preparando quello che fu chiamato "il miracolo italiano" e che cominciò nel 1960 e durò fino all'inizio degli anni Settanta. Si realizzò la piena occupazione, le imprese lanciarono nuovi prodotti, a cominciare dall'auto Fiat "Seicento"; il reddito e la domanda complessiva in pochi mesi fecero un salto verso l'alto che durò almeno dieci anni. Il pilota? Il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli.
Mi permettano i lettori di ricordare che nacque allora la mia amicizia con Carli, che durò poi per tutta la vita e si estese poco dopo a quella con Carlo Ciampi. È per dire che quegli anni io li ho vissuti e sono quindi in grado di distinguerli da quelli di oggi.
* * *
Tralascio ulteriori osservazioni sul venerdì nero dell'altro ieri, salvo una: la norma che abolisce ogni intervento della Cassazione nel caso in cui l'esito dei processi nei due precedenti gradi di giudizio sia conforme. Questo obiettivo (naturalmente annunciato ma non ancora raggiunto) è motivato dalla necessità di abbreviare la durata dei processi e di smaltire le ampie giacenze processuali ancora pendenti presso la Suprema Corte.
Io penso che si tratti di un obiettivo del tutto sbagliato; somiglia terribilmente all'abolizione del Senato come effettiva Camera legislativa; la filosofia è la stessa: diminuire e indebolire lo Stato di diritto, cioè il preliminare indispensabile d'ogni democrazia che non sia una favola per bambini il cui protagonista è il Pifferaio di Hamelin.
Nel caso del terzo grado di giudizio spettante alla Cassazione il codice di procedura stabilisce che la Cassazione non si occupa dei fatti accertati nei primi due gradi di giurisdizione. Nel caso di sentenze conformi nei primi due gradi, i fatti sono accertati senza più ombra di dubbio e le modalità dell'illecito o del reato coincidono.
La Cassazione si occupa di altro e cioè della legalità delle precedenti sentenze. La Corte d'Appello può aver applicato malamente la procedura ai fatti accertati. Abolendo l'intervento della Suprema Corte si diminuisce, anzi si abolisce il controllo di legalità. È mai possibile un provvedimento di questo genere? Una lesione così palese dello Stato di diritto?
Sicuramente ci sarà un magistrato - se il provvedimento sarà approvato - che solleverà il caso dinanzi alla Corte costituzionale. Personalmente mi aspetto che lo stesso Presidente della Repubblica eccepisca la lesione che così si arreca allo Stato di diritto. Ho fatto un parallelo sulla riforma del Senato che lo declassa dal potere legislativo. Sono tutte démarches che indeboliscono fortemente lo Stato di diritto e come tali dovrebbero essere respinte.
* * *
Concludo con poche considerazioni sugli appuntamenti europei del nostro Pifferaio. Ieri si sono discusse le nomine e la Mogherini è stata nominata Alta autorità europea degli Esteri e della Difesa. Ho già scritto più volte che questa nomina non ha alcun contenuto di sostanza. Lo avrebbe - e sarebbe anzi positivo - se ci fosse preliminarmente una cessione di sovranità degli Stati nazionali all'Ue, della politica estera e di quella della difesa. Senza quelle cessioni Mogherini può esercitarsi nell'emettere pareri e via col vento.
Mi domando perché, sapendo perfettamente tutto questo, Renzi abbia puntato su quella carica e non su altre ben più consistenti: gli affari economici, la concorrenza, l'eurozona, la gestione del bilancio comunitario, l'assistenza dell'Unione alle zone economicamente depresse e tante altre mansioni che la Commissione esercita.
La risposta è semplice: dopo aver ottenuto la carica suddetta, il nostro Pifferaio la sventolerà come una bandiera di successo mentre è soltanto un segno di debolezza.
Molti anni fa scrissi sull'Espresso un articolo su Gianni Agnelli del quale ero buon amico e tornai ad esserlo dopo un anno di gelo che seguì a quanto avevo scritto su di lui e al titolo che suonava così: "L'Avvocato di panna montata" un po' lo era, il suo narciso non conosceva limiti. Le sue ricchezze, le sue aziende, il suo charme, la sua notorietà nazionale e internazionale glielo consentivano.
Oggi ci troviamo di fronte ad un abilissimo Pifferaio e ad una deflazione dalla quale solo Draghi potrà salvarci. La frase per definire il crollo della domanda, usata nei circoli finanziari è: il cavallo non beve, ed è appunto quanto sta accadendo.
Perciò non vi stupirete se quest'articolo, accoppiando due immagini fortemente connesse con la realtà che scorre sotto i nostri occhi, è titolato: "Il cavallo è assetato, ma non beve panna montata". Spero che sia chiaro il suo significato.
RENZI, UN PIFFERAIO DI PANNA MONTATA - NUOVA, DURISSIMA INVETTIVA DI SCALFARI: “LA NOMINA DELLA MOGHERINI NON HA ALCUN CONTENUTO DI SOSTANZA” - “DAL SENATO ALLA CASSAZIONE, UN GOVERNO CHE MIRA A DIMINUIRE E INDEBOLIRE LO STATO DI DIRITTO”
‘’Mi domando perché, Renzi abbia puntato su quella carica e non su altre ben più consistenti: gli affari economici, la concorrenza, l’eurozona, la gestione del bilancio comunitario, etc. La risposta è semplice: dopo aver ottenuto la carica suddetta, il nostro Pifferaio la sventolerà come una bandiera di successo mentre è soltanto un segno di debolezza”….
Eugenio Scalfari per La Repubblica
Il cavallo è assetato ma non beve la panna montata
Oggi ci troviamo di fronte ad un abilissimo Pifferaio e ad una deflazione dalla quale solo Draghi potrà salvarci. Il venerdì del 29 agosto, che avrebbe dovuto essere per il governo una marcia trionfale, è stato invece un venerdì nero
Il mondo è sconvolto, non riesce a trovare un asse intorno al quale si possa organizzare una convivenza accettabile. L'Europa è sconvolta per le stesse ragioni; in un mondo multipolare ogni area continentale deve avere i propri punti di riferimento che contribuiscono all'equilibrio generale, ma in Europa quei punti di riferimento mancano, ogni nazione fa da sé e per sé e la multipolarità diventa a questo punto ragione di conflitto e di guerre.
Può sembrare assai strano a dirsi, ma l'Europa fotografata ieri, 30 agosto 2014, sembra il Paese dove l'equilibrio c'è o almeno è maggiore che altrove. Prevale il renzismo che, allo stato dei fatti, non ha alternative. Una società senza alternative è al tempo stesso fragile e robusta; fragile nella essenza, robusta nell'apparenza.
La durata di questa situazione sarà l'elemento decisivo: una durata lunga rafforza l'apparenza fino a trasformarla in sostanza. Renzi lo sa e da questa sua consapevolezza è nato il programma dei mille giorni che finiscono più o meno alla metà del 2017. Solo allora si vedrà se gli annunci sui quali il renzismo è nato circa un anno fa daranno i loro frutti.
Attenzione però: il cambiamento affidato al maturare di quei frutti può essere di buona o di cattiva qualità dal punto di vista della democrazia. Può spodestare il popolo sovrano e sostituirlo con un sovrano individuale assistito da una corte o un'oligarchia. Sono due schemi molto diversi che hanno costellato l'intera storia del nostro Paese, dall'Unità fino ad oggi.
La destra storica che fondò e amministrò nei primi sedici anni lo Stato italiano, fu un'oligarchia. Giolitti fu a mezza strada tra l'oligarchia e la corte. La Democrazia cristiana, soprattutto a partire dagli anni Sessanta, fu una serie di emirati in competizione tra loro ma uniti per mantenere il potere nelle mani della confraternita.
Mussolini fu una dittatura personale, non ci fu né corte né oligarchia, faceva tutto da solo e da solo fu punito insieme alla povera Claretta Petacci.
Una corte l'ebbe a suo modo Bettino Craxi. Voleva creare l'alternativa alla Dc; ma non riuscendovi cambiò l'antropologia del suo partito e ne fece una banda, cioè una corte retribuita.
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Gli italiani, nella loro ampia maggioranza, si rifugiano nell'indifferenza, gli piace avere un sovrano purché gli lasci piena libertà privata.
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Da questo punto di vista il loro ideale è stato Silvio Berlusconi, un sovrano che meglio di tutti i suoi predecessori ha rappresentato le tendenze profonde del Paese, confiscando nelle sue mani il potere politico, tutelando i propri interessi aziendali, rispettando gli interessi dei suoi governati, dando libero sfogo ai suoi privati piaceri, coltivando il proprio narciso come a tutti piacerebbe quando si fanno vincere dal proprio io senza porvi alcuna limitazione.
Questo è stato il berlusconismo. E Renzi?
Non è come lui anche se per alcuni aspetti le somiglianze sono notevoli. Solo che Berlusconi ha governato quando la crisi economica mondiale non era ancora esplosa, perciò dell'Europa poteva infischiarsene.
Berlusconi però non è ancora uscito di scena. Non è più il protagonista ma un comprimario, questo sì e Renzi lo sa. In realtà lo sanno tutti, dal Capo dello Stato ai vari partiti e movimenti che operano nella politica, alla classe dirigente economica, ai "media", alle parti sociali. Questa situazione mette Renzi in una tenaglia: Berlusconi da una parte, l'Europa dall'altra. Con in più un terzo elemento non trascurabile: i cittadini consapevoli che vorrebbero ripristinare la democrazia restituendo al popolo quella sovranità che gli viene riconosciuta in apparenza ma gli è stata confiscata nella sostanza.
Questa è la fotografia del 30 agosto, mentre era riunito il Consiglio europeo.
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Ha scritto venerdì sul nostro giornale Federico Fubini: "Viviamo un tempo di deflazione del denaro e inflazione di parola. Impossibile tenere il conto di quante volte al giorno la classe politica parla di "fiducia" e di "riforme". Il governo Renzi rischia di trovare la sua sindrome nella serie di annunci ai quali non seguono i fatti". Segue un lungo elenco che tra ieri e oggi si è fortemente arricchito. Il provvedimento concernente la scuola, la sua modernizzazione e l'assunzione di centomila precari entro il 2015, cui altri ne seguiranno, è stato rinviato a data da destinarsi per mancanza di copertura e dispute sull'assegnazione delle cattedre.
La giustizia penale è stata trasferita da decretazione d'urgenza a legge-delega che funzionerà quando e come funzionerà. Nel frattempo Alfano ha ottenuto l'accettazione di due principi che la destra ha sempre sostenuto sulle intercettazioni e sulla giurisdizione.
La giustizia civile è stata sottoposta a una cura dimagrante per smaltire rapidamente (così si spera) 5 milioni di processi arretrati, affidando all'avvocatura un anno di tempo per una conciliazione con la controparte di fronte ad un giudice che assiste le parti e convalida il loro accordo. Funzionerà? Gli avvocati hanno forti dubbi e la loro collaborazione non sarà entusiastica. Del resto ogni anno nuovi processi vengono aperti per una cifra molto prossima allo stock da smaltire, sicché il numero delle liti in corso non sarà affatto diminuito.
Infine per quanto riguarda la giustizia penale c'è la norma (annunciata ma non ancora approvata) che se l'esito del processo sarà il medesimo nei primi due gradi di giudizio, il ricorso in Cassazione sarà abolito.
C'era poi l'annuncio di un vasto programma di lavori, cantieri di opere, nuovi investimenti spesso a livello comunale ma non escluse alcune grandi opere (tra le quali la linea ferroviaria ad alta velocità Bari-Napoli, già programmata e avviata da Fabrizio Barca quando era ministro della Coesione territoriale nel governo Monti).
Questi programmi sono stati preparati dai due precedenti governi Monti e Letta e i fondi di copertura in gran parte già contabilizzati nelle relative leggi di stabilità. Gli ostacoli alla loro realizzazione sono in gran parte causati dal patto di stabilità imposto ai Comuni. Quello è stato uno dei tanti buchi neri che solo con fatica si sta risolvendo. Le coperture ci sono ma il contrasto Stato-Comuni è solo parzialmente risolto. Ciò avveniva con Monti e Letta ma è stato ancora un ostacolo per Renzi. Insomma niente di nuovo sotto il sole, anzi sotto la nebbia della deflazione che sta impoverendo il Paese.
Il venerdì del 29 agosto, che avrebbe dovuto essere per il governo una sorta di marcia trionfale dell'Aida, è stato invece un venerdì nero perché mentre Renzi cercava di nascondere la necessaria ritirata verso il programma dei mille giorni molto favorito dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che rinvia l'attuazione degli annunci al 2017, l'Istat forniva le cifre di una stagnazione estremamente preoccupante dell'economia italiana in tutti i suoi vari "fondamentali": il Pil, la domanda, i consumi, il dissesto delle aziende, il bilancio strutturale, l'ammontare del debito. Una deflazione selvaggia che ha toccato una cifra identica a quella egualmente elevata del 1959, ma con una differenza fondamentale rispetto ad allora: nel '59 si stava preparando quello che fu chiamato "il miracolo italiano" e che cominciò nel 1960 e durò fino all'inizio degli anni Settanta. Si realizzò la piena occupazione, le imprese lanciarono nuovi prodotti, a cominciare dall'auto Fiat "Seicento"; il reddito e la domanda complessiva in pochi mesi fecero un salto verso l'alto che durò almeno dieci anni. Il pilota? Il governatore della Banca d'Italia, Guido Carli.
Mi permettano i lettori di ricordare che nacque allora la mia amicizia con Carli, che durò poi per tutta la vita e si estese poco dopo a quella con Carlo Ciampi. È per dire che quegli anni io li ho vissuti e sono quindi in grado di distinguerli da quelli di oggi.
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Tralascio ulteriori osservazioni sul venerdì nero dell'altro ieri, salvo una: la norma che abolisce ogni intervento della Cassazione nel caso in cui l'esito dei processi nei due precedenti gradi di giudizio sia conforme. Questo obiettivo (naturalmente annunciato ma non ancora raggiunto) è motivato dalla necessità di abbreviare la durata dei processi e di smaltire le ampie giacenze processuali ancora pendenti presso la Suprema Corte.
Io penso che si tratti di un obiettivo del tutto sbagliato; somiglia terribilmente all'abolizione del Senato come effettiva Camera legislativa; la filosofia è la stessa: diminuire e indebolire lo Stato di diritto, cioè il preliminare indispensabile d'ogni democrazia che non sia una favola per bambini il cui protagonista è il Pifferaio di Hamelin.
Nel caso del terzo grado di giudizio spettante alla Cassazione il codice di procedura stabilisce che la Cassazione non si occupa dei fatti accertati nei primi due gradi di giurisdizione. Nel caso di sentenze conformi nei primi due gradi, i fatti sono accertati senza più ombra di dubbio e le modalità dell'illecito o del reato coincidono.
La Cassazione si occupa di altro e cioè della legalità delle precedenti sentenze. La Corte d'Appello può aver applicato malamente la procedura ai fatti accertati. Abolendo l'intervento della Suprema Corte si diminuisce, anzi si abolisce il controllo di legalità. È mai possibile un provvedimento di questo genere? Una lesione così palese dello Stato di diritto?
Sicuramente ci sarà un magistrato - se il provvedimento sarà approvato - che solleverà il caso dinanzi alla Corte costituzionale. Personalmente mi aspetto che lo stesso Presidente della Repubblica eccepisca la lesione che così si arreca allo Stato di diritto. Ho fatto un parallelo sulla riforma del Senato che lo declassa dal potere legislativo. Sono tutte démarches che indeboliscono fortemente lo Stato di diritto e come tali dovrebbero essere respinte.
* * *
Concludo con poche considerazioni sugli appuntamenti europei del nostro Pifferaio. Ieri si sono discusse le nomine e la Mogherini è stata nominata Alta autorità europea degli Esteri e della Difesa. Ho già scritto più volte che questa nomina non ha alcun contenuto di sostanza. Lo avrebbe - e sarebbe anzi positivo - se ci fosse preliminarmente una cessione di sovranità degli Stati nazionali all'Ue, della politica estera e di quella della difesa. Senza quelle cessioni Mogherini può esercitarsi nell'emettere pareri e via col vento.
Mi domando perché, sapendo perfettamente tutto questo, Renzi abbia puntato su quella carica e non su altre ben più consistenti: gli affari economici, la concorrenza, l'eurozona, la gestione del bilancio comunitario, l'assistenza dell'Unione alle zone economicamente depresse e tante altre mansioni che la Commissione esercita.
La risposta è semplice: dopo aver ottenuto la carica suddetta, il nostro Pifferaio la sventolerà come una bandiera di successo mentre è soltanto un segno di debolezza.
Molti anni fa scrissi sull'Espresso un articolo su Gianni Agnelli del quale ero buon amico e tornai ad esserlo dopo un anno di gelo che seguì a quanto avevo scritto su di lui e al titolo che suonava così: "L'Avvocato di panna montata" un po' lo era, il suo narciso non conosceva limiti. Le sue ricchezze, le sue aziende, il suo charme, la sua notorietà nazionale e internazionale glielo consentivano.
Oggi ci troviamo di fronte ad un abilissimo Pifferaio e ad una deflazione dalla quale solo Draghi potrà salvarci. La frase per definire il crollo della domanda, usata nei circoli finanziari è: il cavallo non beve, ed è appunto quanto sta accadendo.
Perciò non vi stupirete se quest'articolo, accoppiando due immagini fortemente connesse con la realtà che scorre sotto i nostri occhi, è titolato: "Il cavallo è assetato, ma non beve panna montata". Spero che sia chiaro il suo significato.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
"Ho appena finito di leggere il reale contenuto delle tanto sbandierate decisioni epocali prese ieri dal Consiglio dei Ministri in materia di riforma della giustizia e mi son chiesto: “ma fino a che punto è lecito truffare la buona fede degli italiani?”. Poi, però, ho letto i titoli e gli articoli dei soliti giornali di regime e soprattutto le dichiarazioni di alcuni “illuminati” Ministri e mi sono detto: “ma come possono gli italiani valutare l’effettiva bontà delle suddette riforme, se ad essi vengono propinate notizie così false e fuorvianti da rasentare il reato di truffa?”.
Volete alcuni esempi? Eccoli:
1 - “La Repubblica” così titola quel che sarebbe stato approvato ieri dal Consiglio dei Ministri: “La rivoluzione Giustizia, prescrizione congelata, nuovo falso in bilancio e vacanze dimezzate”;
2 - “Il Corriere della Sera” così sintetizza l’umore del Governo: “il Premier Renzi parla di rivoluzione, il Ministro della Giustizia Orlando è molto soddisfatto perché è riuscito a far varare dal Consiglio dei Ministri l’intero pacchetto Giustizia”;
3 - Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando (sì, tale Ministero è diretto proprio da Orlando, anche se pare impossibile) ha esclamato, all’uscita dal Consiglio dei Ministri: “sono soddisfatto, aver portato a casa il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e la nuova prescrizione lo considero un vero successo. Francamente, fino a ieri non ci avrei scommesso”.
Ma è davvero così? Nel senso che davvero è stata congelata la prescrizione? Davvero è stato ripristinato il reato di falso in bilancio e davvero è stato finalmente introdotto il reato di autoriciclaggio nel nostro sistema penale? Ed ancora: davvero i provvedimenti approvati servono a “rivoluzionare” la giustizia, nel senso di farla diventare più efficace e celere? E soprattutto: davvero tutti i provvedimenti riguardanti il cosiddetto “pacchetto Giustizia” sono stati “approvati” o non invece, ed ancora una volta, sono solo delle banali proposte, come ce ne sono già state migliaia di tante altre in questi ultimi 20 anni?
Ebbene, se esaminiamo con attenzione cosa effettivamente ha varato ieri il Consiglio dei Ministri, non possiamo non accorgerci che non ci troviamo affatto di fronte ad un nuovo e più efficace “pacchetto Giustizia” ma solo e sempre ad un ennesimo “pacco” rifilato agli italiani per illuderli che - fra 100, massimo 1000 giorni tanto cari a Renzi – vivremo tutti felici e contenti.
Ed allora, ristabiliamo una prima inconfutabile verità: in materia penale non è stato approvato alcun provvedimento “vero e reale” (dicasi decreto legge), tale cioè da poter incidere da subito e con maggiore determinazione contro la dilagante criminalità economica, istituzionale e politica che attanaglia e blocca lo sviluppo del nostro paese e ci fa rimanere, agli occhi del mondo, con il gelato (pardon, con il cerino) in mano.
E’ stata invece varata solo una sfilza di cosiddetti “disegni di legge”, vale a dire semplici “proposte” che andranno a riempire gli scaffali del Parlamento, come migliaia di tante altre proposte che già occupano i magazzini e gli scantinati di Camera e Senato, senza alcuna possibilità di poter essere in futuro approvate.
Anzi, diciamola tutta, dobbiamo pure augurarci che i disegni di legge varati ieri non vengano approvate, giacchè trattasi di proposte che – per non scontentare nessuna forza politica che, direttamente o indirettamente, rappresenta l’attuale maggioranza parlamentare “renzusconiana” in materia di giustizia – dopo essere state scopiazzate qua e là da precedenti proposte, sono state manipolate ed assemblate in modo tale che tutti i partiti della “nascosta” maggioranza possano ora dire che hanno vinto loro. Ed infatti già ieri, subito dopo il varo dei predetti disegni di legge, il leader dello sconosciuto partito NCD Angelino Alfano ha esclamato: “centrato l’obiettivo, grazie a noi!”.
L’obiettivo sarà stato pure “centrato” ma chi è stato colpito a morte non è la criminalità dei potenti, bensì la funzionalità della giustizia.
Un esempio? Eccolo. E’ stato ribadito che risponde del reato di concussione solo il pubblico ufficiale e non anche l’incaricato di pubblico servizio. Soprattutto è stato ribadito che non esiste più la figura del reato di “concussione per induzione” (cosa che invece c’era prima della famigerata riforma Severino). Ebbene, pure le pietre sanno che gli amministratori pubblici (politici e funzionari che siano) non chiedono denaro puntando addosso alle loro vittime una pistola o minacciandoli di incendiare la loro casa (come invece avviene per il reato di estorsione da parte della criminalità comune) ma semplicemente non dando seguito alla “pratica” richiesta, frapponendo mille ostacoli burocratici, fischiettando e girandosi dall’altra parte ad ogni istanza, facendo finta di non capire e così via, fino a farsi “mettere letteralmente in mano il denaro” e farsi pure dire “grazie” per essersi “abbassati” ad accettarlo! Posso assicurare che tutta l’inchiesta “Mani Pulite” a suo tempo realizzata dal Pool di Milano e le tante altre inchieste simili che si sono svolte in tutta Italia si sono basate proprio sulla contestazione del reato di concussione “per induzione” e non anche “per costrizione”, forma, questa, pure prevista dal codice penale. Ma si sa come vanno le cose nel nostro Paese: quando si scopre la malattia, invece di curare la malattia si cura “il medico” ed infatti l’unica norma immediatamente operativa approvata ieri è stata l’inasprimento della responsabilità civile dei magistrati, con il risultato che – per paura di sbagliare – c’è il rischio che qualche magistrato si accontenti di fare da “passacarte” invece che rovistare ogni angolo delle notizie di reato che riceve.
Un altro esempio? Eccolo. Per poter mettere sotto intercettazione i corrotti e corruttori non basta che ci siano “sufficienti indizi di reato” come è previsto per i delitti di mafia ma rimane sempre necessario che ci siano “gravi indizi di reato”, come se i crimini commessi dai pubblici ufficiali facciano meno danni di quelli commessi dai mafiosi!
Un altro esempio ancora? Eccolo. Il cosiddetto Ministro Orlando ieri si è vantato di aver “portato a casa la nuova prescrizione” (parole sue sparate a vanvera, giacchè, ripetesi, tutta la materia penale è stata affrontata solo con generici disegni di legge che chissà quando e chissà come vedranno la luce). In realtà, sono state previste solo brevi interruzioni dei termini di prescrizione tra un grado e l’altro del giudizio (primo grado, appello e cassazione). Invece (e lo ripeto ancora una volta), pure le pietre sanno (e figurarsi se non lo sanno i delinquenti) che l’unico modo per impedire che chi commette un delitto debba pure e quasi sempre farla franca è quello di emanare una norma che semplicemente dica: “dopo il decreto di rinvio a giudizio, la prescrizione si interrompe”. In tal modo, chi deve rispondere dei suoi reati di fronte alla legge deve necessariamente sottoporsi al processo. A questa proposta, solitamente si obietta che – siccome ogni imputato ha diritto a conoscere il suo destino giudiziario in un tempo ragionevole – se la sentenza definitiva non arriva entro un certo termine, il processo non deve farsi più. No, ogni processo può e deve farsi entro un termine ragionevole. Come? Come si fa in tutte le moderne democrazie occidentali dove è vigente il cosiddetto “sistema accusatorio” (quello, cioè che consente ad accusa e difesa di potersi confrontare alla pari durante il processo): eliminare il doppio giudizio di merito, ovvero non più giudizio di primo grado e giudizio di appello, ma un solo giudizio di merito e poi eventualmente il giudizio di legittimità riservato alla Corte di Cassazione.
Ancora un altro esempio di cosa non è stato previsto nel tanto decantato pacchetto giustizia? Eccolo. Nulla è stato previsto in merito alla necessaria riformulazione del reato di voto di scambio di cui all’art. 416 ter codice penale, furbescamente approvato (da tutti i partiti presenti in Parlamento, ad eccezione del MoVimento 5 stelle) lo scorso 16 aprile di quest’anno con la scusa di combattere meglio i “rapporti gelatinosi” fra criminalità mafiosa e politica ma che, in realtà, si è rivelata essere solo un altro modo per assicurare impunità a quei politici che – per poter essere eletti – si affidano ai mafiosi per cercare i voti necessari. Infatti, proprio in questi giorni la Cassazione ha dovuto riconoscere la non colpevolezza del cuffariano Antonello Antinoro (detto, mister Preferenze) in quanto, pur essendosi egli incontrato un paio di volte con il boss di Resuttana, ed avergli consegnato una busta di 5.000 euro in cambio di voti per le elezioni regionali del 2008, il nuovo articolo 416 ter rende penalmente irrilevanti tali comportamenti qualora non si riesce a dimostrare (come nel caso di specie) che il mafioso si sia impegnato a procurare i voti con la “forma di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà”. Insomma, secondo l’attuale art. 416 ter del codice penale (che ieri non è stato nemmeno preso in considerazione di cambiare) il mafioso che chiede all’elettore Caio di votare il politico Sempronio ma lo fa non minacciandolo esplicitamente bensì limitandosi a chiederglielo con un sorrisino di circostanza, non commetterebbe alcun reato di voto di scambio né lui né il politico che è stato favorito. Ma ve lo immaginate voi, lo stato d’animo di quei poveri cristi di elettori che – trovandosi in una ben determinata zona geografica ed in una chiara situazione ambientale sfavorevole - si vedono venire incontro un mafioso che – mani in tasca e cappello in testa - se la ride e gli chiede “il favore” di un voto? Secondo voi, essi vivono tale richiesta come una banale richiesta elettorale di questo o quel militante di partito o come un diktat a cui “resistere non potest”?
Mi fermo qui, per oggi e per non tediare oltremodo chi ha avuto la pazienza di leggermi finora ma – se mi sarà data ancora la possibilità di intervenire – potrei segnalare altre decine e decine di incongruenze di cui è infarcito il “pacchetto giustizia” presentato ieri in pompa magna dal Governo.
Per ora mi limito solo a prendere atto di una verità incontestabile: Berlusconi è sempre stato un abile venditore di fumo ma almeno nei suoi confronti vi è stata la possibilità di conoscere “l’altra versione dei fatti” grazie ad una parte degli organi di informazione che non si sono lasciati sedurre dalle sue promesse.
Con Renzi, invece, c’è un “appecoronamento” generale (ad eccezione di qualche testata, di cui pure va dato atto) che preoccupa soprattutto per la tenuta democratica del nostro paese. Ma forse no: fino a quando abbiamo un Presidente del Consiglio che “gira con il gelato in mano” per reclamizzare il prodotto Italia, il nostro paese non si trova in una situazione drammatica ma solo ridicola!
Staremo a vedere!" Antonio Di Pietro
http://www.beppegrillo.it/
Ciao
Paolo11
Volete alcuni esempi? Eccoli:
1 - “La Repubblica” così titola quel che sarebbe stato approvato ieri dal Consiglio dei Ministri: “La rivoluzione Giustizia, prescrizione congelata, nuovo falso in bilancio e vacanze dimezzate”;
2 - “Il Corriere della Sera” così sintetizza l’umore del Governo: “il Premier Renzi parla di rivoluzione, il Ministro della Giustizia Orlando è molto soddisfatto perché è riuscito a far varare dal Consiglio dei Ministri l’intero pacchetto Giustizia”;
3 - Il Ministro della Giustizia Andrea Orlando (sì, tale Ministero è diretto proprio da Orlando, anche se pare impossibile) ha esclamato, all’uscita dal Consiglio dei Ministri: “sono soddisfatto, aver portato a casa il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e la nuova prescrizione lo considero un vero successo. Francamente, fino a ieri non ci avrei scommesso”.
Ma è davvero così? Nel senso che davvero è stata congelata la prescrizione? Davvero è stato ripristinato il reato di falso in bilancio e davvero è stato finalmente introdotto il reato di autoriciclaggio nel nostro sistema penale? Ed ancora: davvero i provvedimenti approvati servono a “rivoluzionare” la giustizia, nel senso di farla diventare più efficace e celere? E soprattutto: davvero tutti i provvedimenti riguardanti il cosiddetto “pacchetto Giustizia” sono stati “approvati” o non invece, ed ancora una volta, sono solo delle banali proposte, come ce ne sono già state migliaia di tante altre in questi ultimi 20 anni?
Ebbene, se esaminiamo con attenzione cosa effettivamente ha varato ieri il Consiglio dei Ministri, non possiamo non accorgerci che non ci troviamo affatto di fronte ad un nuovo e più efficace “pacchetto Giustizia” ma solo e sempre ad un ennesimo “pacco” rifilato agli italiani per illuderli che - fra 100, massimo 1000 giorni tanto cari a Renzi – vivremo tutti felici e contenti.
Ed allora, ristabiliamo una prima inconfutabile verità: in materia penale non è stato approvato alcun provvedimento “vero e reale” (dicasi decreto legge), tale cioè da poter incidere da subito e con maggiore determinazione contro la dilagante criminalità economica, istituzionale e politica che attanaglia e blocca lo sviluppo del nostro paese e ci fa rimanere, agli occhi del mondo, con il gelato (pardon, con il cerino) in mano.
E’ stata invece varata solo una sfilza di cosiddetti “disegni di legge”, vale a dire semplici “proposte” che andranno a riempire gli scaffali del Parlamento, come migliaia di tante altre proposte che già occupano i magazzini e gli scantinati di Camera e Senato, senza alcuna possibilità di poter essere in futuro approvate.
Anzi, diciamola tutta, dobbiamo pure augurarci che i disegni di legge varati ieri non vengano approvate, giacchè trattasi di proposte che – per non scontentare nessuna forza politica che, direttamente o indirettamente, rappresenta l’attuale maggioranza parlamentare “renzusconiana” in materia di giustizia – dopo essere state scopiazzate qua e là da precedenti proposte, sono state manipolate ed assemblate in modo tale che tutti i partiti della “nascosta” maggioranza possano ora dire che hanno vinto loro. Ed infatti già ieri, subito dopo il varo dei predetti disegni di legge, il leader dello sconosciuto partito NCD Angelino Alfano ha esclamato: “centrato l’obiettivo, grazie a noi!”.
L’obiettivo sarà stato pure “centrato” ma chi è stato colpito a morte non è la criminalità dei potenti, bensì la funzionalità della giustizia.
Un esempio? Eccolo. E’ stato ribadito che risponde del reato di concussione solo il pubblico ufficiale e non anche l’incaricato di pubblico servizio. Soprattutto è stato ribadito che non esiste più la figura del reato di “concussione per induzione” (cosa che invece c’era prima della famigerata riforma Severino). Ebbene, pure le pietre sanno che gli amministratori pubblici (politici e funzionari che siano) non chiedono denaro puntando addosso alle loro vittime una pistola o minacciandoli di incendiare la loro casa (come invece avviene per il reato di estorsione da parte della criminalità comune) ma semplicemente non dando seguito alla “pratica” richiesta, frapponendo mille ostacoli burocratici, fischiettando e girandosi dall’altra parte ad ogni istanza, facendo finta di non capire e così via, fino a farsi “mettere letteralmente in mano il denaro” e farsi pure dire “grazie” per essersi “abbassati” ad accettarlo! Posso assicurare che tutta l’inchiesta “Mani Pulite” a suo tempo realizzata dal Pool di Milano e le tante altre inchieste simili che si sono svolte in tutta Italia si sono basate proprio sulla contestazione del reato di concussione “per induzione” e non anche “per costrizione”, forma, questa, pure prevista dal codice penale. Ma si sa come vanno le cose nel nostro Paese: quando si scopre la malattia, invece di curare la malattia si cura “il medico” ed infatti l’unica norma immediatamente operativa approvata ieri è stata l’inasprimento della responsabilità civile dei magistrati, con il risultato che – per paura di sbagliare – c’è il rischio che qualche magistrato si accontenti di fare da “passacarte” invece che rovistare ogni angolo delle notizie di reato che riceve.
Un altro esempio? Eccolo. Per poter mettere sotto intercettazione i corrotti e corruttori non basta che ci siano “sufficienti indizi di reato” come è previsto per i delitti di mafia ma rimane sempre necessario che ci siano “gravi indizi di reato”, come se i crimini commessi dai pubblici ufficiali facciano meno danni di quelli commessi dai mafiosi!
Un altro esempio ancora? Eccolo. Il cosiddetto Ministro Orlando ieri si è vantato di aver “portato a casa la nuova prescrizione” (parole sue sparate a vanvera, giacchè, ripetesi, tutta la materia penale è stata affrontata solo con generici disegni di legge che chissà quando e chissà come vedranno la luce). In realtà, sono state previste solo brevi interruzioni dei termini di prescrizione tra un grado e l’altro del giudizio (primo grado, appello e cassazione). Invece (e lo ripeto ancora una volta), pure le pietre sanno (e figurarsi se non lo sanno i delinquenti) che l’unico modo per impedire che chi commette un delitto debba pure e quasi sempre farla franca è quello di emanare una norma che semplicemente dica: “dopo il decreto di rinvio a giudizio, la prescrizione si interrompe”. In tal modo, chi deve rispondere dei suoi reati di fronte alla legge deve necessariamente sottoporsi al processo. A questa proposta, solitamente si obietta che – siccome ogni imputato ha diritto a conoscere il suo destino giudiziario in un tempo ragionevole – se la sentenza definitiva non arriva entro un certo termine, il processo non deve farsi più. No, ogni processo può e deve farsi entro un termine ragionevole. Come? Come si fa in tutte le moderne democrazie occidentali dove è vigente il cosiddetto “sistema accusatorio” (quello, cioè che consente ad accusa e difesa di potersi confrontare alla pari durante il processo): eliminare il doppio giudizio di merito, ovvero non più giudizio di primo grado e giudizio di appello, ma un solo giudizio di merito e poi eventualmente il giudizio di legittimità riservato alla Corte di Cassazione.
Ancora un altro esempio di cosa non è stato previsto nel tanto decantato pacchetto giustizia? Eccolo. Nulla è stato previsto in merito alla necessaria riformulazione del reato di voto di scambio di cui all’art. 416 ter codice penale, furbescamente approvato (da tutti i partiti presenti in Parlamento, ad eccezione del MoVimento 5 stelle) lo scorso 16 aprile di quest’anno con la scusa di combattere meglio i “rapporti gelatinosi” fra criminalità mafiosa e politica ma che, in realtà, si è rivelata essere solo un altro modo per assicurare impunità a quei politici che – per poter essere eletti – si affidano ai mafiosi per cercare i voti necessari. Infatti, proprio in questi giorni la Cassazione ha dovuto riconoscere la non colpevolezza del cuffariano Antonello Antinoro (detto, mister Preferenze) in quanto, pur essendosi egli incontrato un paio di volte con il boss di Resuttana, ed avergli consegnato una busta di 5.000 euro in cambio di voti per le elezioni regionali del 2008, il nuovo articolo 416 ter rende penalmente irrilevanti tali comportamenti qualora non si riesce a dimostrare (come nel caso di specie) che il mafioso si sia impegnato a procurare i voti con la “forma di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà”. Insomma, secondo l’attuale art. 416 ter del codice penale (che ieri non è stato nemmeno preso in considerazione di cambiare) il mafioso che chiede all’elettore Caio di votare il politico Sempronio ma lo fa non minacciandolo esplicitamente bensì limitandosi a chiederglielo con un sorrisino di circostanza, non commetterebbe alcun reato di voto di scambio né lui né il politico che è stato favorito. Ma ve lo immaginate voi, lo stato d’animo di quei poveri cristi di elettori che – trovandosi in una ben determinata zona geografica ed in una chiara situazione ambientale sfavorevole - si vedono venire incontro un mafioso che – mani in tasca e cappello in testa - se la ride e gli chiede “il favore” di un voto? Secondo voi, essi vivono tale richiesta come una banale richiesta elettorale di questo o quel militante di partito o come un diktat a cui “resistere non potest”?
Mi fermo qui, per oggi e per non tediare oltremodo chi ha avuto la pazienza di leggermi finora ma – se mi sarà data ancora la possibilità di intervenire – potrei segnalare altre decine e decine di incongruenze di cui è infarcito il “pacchetto giustizia” presentato ieri in pompa magna dal Governo.
Per ora mi limito solo a prendere atto di una verità incontestabile: Berlusconi è sempre stato un abile venditore di fumo ma almeno nei suoi confronti vi è stata la possibilità di conoscere “l’altra versione dei fatti” grazie ad una parte degli organi di informazione che non si sono lasciati sedurre dalle sue promesse.
Con Renzi, invece, c’è un “appecoronamento” generale (ad eccezione di qualche testata, di cui pure va dato atto) che preoccupa soprattutto per la tenuta democratica del nostro paese. Ma forse no: fino a quando abbiamo un Presidente del Consiglio che “gira con il gelato in mano” per reclamizzare il prodotto Italia, il nostro paese non si trova in una situazione drammatica ma solo ridicola!
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Ciao
Paolo11
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