Il "nuovo" governo Renzi

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camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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La farsa all'italiana - 1




29 AGOSTO 2014
Renzi offre il gelato ai giornalisti: ''Quello vero è quello artigianale''
Dopo la copertina del giornale inglese, il premier si è presentato nel cortile di Palazzo Chigi con il carrettino del gelato: ''Agli amici dell'Economist vorrei dire che quello vero è quello artigianale''
(Video di Angela Nittoli)


http://video.espresso.repubblica.it/tut ... /2829/2838
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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La farsa all'italiana - 2



I “gufi” crescono, gli entusiasti resistono.
31/08/2014 di triskel182



Immagine


POSIZIONAMENTI.

Non è piaciuto il gelato, ma non ha entusiasmato nemmeno il “big bang”. I giornali del dopo consiglio dei ministri di venerdì non ci vanno leggeri né con la pantomima del gelataio dentro al chiostro di Palazzo Chigi, né con le norme “sblocca-Italia” emerse dal confronto tra i ministri. Nel Paese arrivato al punto più basso degli ultimi anni nella propria parabola economica, mentre gli italiani imparano sulla propria pelle il significato della parola “deflazione”, le slide sugli investimenti in cantieri vecchi e nuovi e le proposte sulla giustizia, hanno trovato davanti un muro di gufi scettici. Da Repubblica al Corriere della Sera, alla Stampa, le bocciature sulla capacità dei provvedimenti di produrre un qualche sviluppo sono state nette. Resistono, in alcune ridotte, gli estimatori del presidente del Consiglio. Se Mario Ajello sul Messaggero, annota, in un discorso tutto politico, che Matteo ha imparato a cambiare ritmo, la Gualmini, sulla Stampa, si lancia in una perorazione al di là di ogni qualsivoglia analisi economica auspicando che, probabilmente, l’ottimismo ostentato dal premier “non sia proprio l’unica cosa da fare”. Dopo, effettivamente, non resta che pregare.



DARIO DI VICO

Show di cui si poteva fare a meno

Peccato però che questa svolta all’insegna del buon senso si sia confusa ieri con un piccolo show di cui avremmo fatto volentieri a meno. Il presidente del Consiglio che gusta polemicamente un gelato nel cortile di Palazzo Chigi per replicare a una pessima copertina dell’Economist non è certo un’immagine destinata ad aiutare la nostra credibilità internazionale.

LUIGI FERRARELLA

Sulla giustizia pagano sempre i cittadini.

Con un decreto legge si va dai cittadini impantanati in 5,2 milioni di cause pendenti e li si invita caldamente a portarle fuori dal circuito giudiziario Tribunale / Appello, ad affidarle (salvo che per i diritti indisponibili) ad arbitri privati presi da un elenco dell’Ordine degli Avvocati, e a pagarli per ottenere quella decisione che lo Stato tardava a dare. Un’idea di dubbia attrattiva e neppure originale.

TITO BOERI

“Si respira l’odore stantìo del déjà vu”

Se si va al di là dei titoli e dei relativi cinguettii telematici, affiorano però non pochi dubbi sull’efficacia delle misure varate ieri e, a dispetto delle rivoluzioni annunciate, in molte di loro si respira l’odore stantio del déjà vu. Di sblocco sulla carta ci sono quasi solo i cantieri delle opere su rotaia. Il bonus edilizia viene semmai bloccato.

MARIO AJELLO

Matteo ha solo cambiato il passo.

Prima, era lo scattista. Quello per cui il passo è un volo. Quello che intendeva il ritmo in una maniera soltanto: il ritmo mozzafiato. Lui era la “Velocità” futurista di Giacomo Balla e adesso invece Matteo ha scoperto il senso del ritmo più graduale (ossia la pazienza al posto dell’impazienza rispetto alle cose del governo che sono più complesse di quanto lui immaginasse).

LUCA RICOLFI

Davanti allo sfascio tutti troppo compassati.

Di fronte a questo deprecabile ma comprensibile stato d’animo dell’opinione pubblica, molto mi colpisce che anche la classe dirigente del paese (…) si mantenga piuttosto calma e compassata, limitandosi alle solite invocazioni che sentiamo da trent’anni.(…) E qui non penso solo alla insostenibile leggerezza del premier, che un mese fa snobbava i primi dati negativi sul Pil.

ELISABETTA GUALMINI

L’ottimismo è l’unica cosa che c’è rimasta.

C’è da chiedersi se l’ottimismo e il continuo sforzo motivazionale del Premier siano solo un espediente per distogliere l’attenzione dall’enorme complessità dei problemi che devastano il nostro Paese o se – soprattutto finché non ci sarà una vera e propria svolta in Europa verso politiche di crescita – non sia proprio l’unica cosa da fare.

FABRIZIO FORQUET.

“La comunicazione non basta per il rilancio”

Dopo sei mesi di cura di ottimismo da parte del governo, quei dati sono la conferma che il cavallo non beve. Che l’impeto senza metodo e una comunicazione al magnesio non bastano a rilanciare l’economia. Possono creare consenso nel breve, ma non quella fiducia di lungo termine che è essenziale al rilancio dei consumi e degli investimenti.

TOMMASO LABATE

È stato un consiglio ”in parte” monstre

Doveva essere un consiglio monstre, quello di ieri. E in parte lo è stato, visto che in un colpo solo il governo Renzi ha confezionato una riforma della giustizia, ha annunciato “opere per dieci miliardi per dodici mesi” e ha garantito che d’ora in poi ci “saranno norme più semplici sugli appalti”, quest’ultime comprese in un disegno di legge delega.

Da Il Fatto Quotidiano del 31/08/2014.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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La farsa all'italiana - 3



Ritratto di premier con-gelato
(Marco Travaglio).
31/08/2014 di triskel182



Oltre ai suoi difetti, che non fa nulla per nascondere, Matteo Renzi ha mostrato finora almeno tre pregi: intelligenza, coraggio e abilità nella comunicazione. Venerdì, nella conferenza stampa sul consiglio dei ministri del Big Bang che doveva rivoluzionare l’Italia, il premier con gelato e congelato ha fatto di tutto per smentirli tutti e tre. Soltanto uno stupido può inscenare quegli spensierati sketch da cabaret o da villaggio vacanze mentre il Paese sprofonda sempre più in una crisi senza fine. Solo un pavido può rinviare a data da destinarsi misure urgenti come quelle – da lui stesso peraltro annunciate – sul disboscamento delle partecipate comunali, la prescrizione, il falso in bilancio, l’autoriciclaggio e la corruzione.

Solo un pessimo comunicatore può offendere e provocare milioni di italiani che faticano a campare con battutine e sceneggiate da “tutto va ben madama la marchesa” e con bugie dalle gambe cortissime tipo gli annunci sull’alta velocità Messina-Palermo, la “cantierabilità” (ma come parla?) di opere pubbliche per 43 miliardi (che poi sono 3,8 e stanziati dai governi precedenti), il processo telematico (avviato 15 anni fa, quando lui era all’università) e il dimezzamento dei tempi e degli arretrati nella giustizia civile. Finché racconta palle su materie tecniche e poco verificabili, la gente magari ci casca un altro po’. Ma quando sostiene di aver creato 100mila posti di lavoro in due mesi, mentre l’occupazione continua a scendere a botte di 1000 disoccupati al giorno, c’è pure il caso che s’incazzino in tanti. Poi c’è la giustizia: dopo mesi di annunci, si sperava di vedere finalmente –oltre alle slide- qualche testo di legge. Ma era troppo pretendere: la tradizione orale continua. Per sapere come pensano Renzi e il povero Orlando di dimezzare i 5,2 milioni di processi civili arretrati e la durata delle cause di primo grado, bisogna tirare a indovinare. Sperano che 2,6 milioni di fascicoli evaporino o si smaterializzino con la macumba? Diramano una circolare ai cancellieri perché si mangino o gettino nel cassonetto un fascicolo sì e l’altro no? Allestiscono pire di dossier nel cortile di via Arenula come fece Calderoli col lanciafiamme per 250mila presunte “leggi inutili”? Dalle prime indiscrezioni, pare che tenteranno di convincere 2,6 milioni di cittadini che han fatto causa e attendono da anni giustizia a lasciar perdere o ad accordarsi con chi li ha danneggiati fuori dal tribunale, sostituendo il giudice con un avvocato (tanto ne abbiamo da vendere: 250mila e passa). In alternativa, le parti potrebbero sempre giocarsi la causa a pari e dispari (bim-bum-bam), a braccio di ferro, o magari a briscola, tressette, poker e sette e mezzo. Oppure rivolgersi a Previti, che già dei giudici faceva a meno perché se li comprava e le sentenze, per sicurezza, se le scriveva da solo: un precursore. C’è poi il meraviglioso “chi sbaglia paga”, da applicarsi esclusivamente ai giudici (se valesse anche per Renzi, con tutte le stime del Pil che è riuscito a cannare in sei mesi finirebbe all’ergastolo). Lo slogan è molto popolare, specie in un paese con milioni di criminali che votano e fanno votare, e le rare volte che si riesce a condannarli si sentono tutti Enzo Tortora. Ma anche questa è pura chiacchiera: l’errore giudiziario presuppone il dolo (cioè che il giudice lo faccia apposta) o la colpa grave (un abbaglio tale da sbagliare persona o ignorare una prova gigantesca dell’innocenza o della colpevolezza dell’imputato), cose che capitano in casi eccezionali. Infine le intercettazioni: per dare un contentino ad Alfano, cioè a Berlusconi, il premier annuncia che in caso di tangenti la conversazione si pubblica ancora, mentre “se c’è del tenero tra me e il ministro Martina” non più. Purtroppo, fra tutti gli esempi che poteva fare, gli è uscito il peggiore. Se il premier andasse a letto con Martina, i cittadini avrebbero il diritto di sapere se l’ha portato al governo perché è un bravo ministro o perché è bravo a letto. Ma forse Renzi pensava a qualche altro ministro.

Da Il Fatto Quotidiano del 31/08/2014.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Richiesta di pubblicazione inviata alla redazione de Il Fatto Quotidiano in seguito alla visione dell'articolo:
"In tre anni saremo un paese civile"
Renzi risponde alle accuse di "annuncite"






Gentile direttore, Redazione de Il Fatto Quotidiano, potreste pubblicare questa risposta/domanda al mago Renzie?


Salagadula magicabula bibidi bobidi bù….

Una domanda per il nuovo mago Renzie.




Egregio Sig. Primo Ministro Renzi,

leggo ora sulla rete il suo intervento odierno in risposta alle accuse di annuncite (cronica aggiungerei): “"In tre anni saremo un paese civile"

Ci vuole gentilmente far sapere quale tipo di bacchetta magica intende usare per attuare questa mirabolante magia?

Non ci sono riusciti prima di Lei i suoi colleghi, i maghi Berlusconi, Monti, Letta nipote, perché mai ci dovrebbe riuscire Lei?

I suddetti maghi, compresi gli aiutanti del dicastero dell’Economia, oltre ad evitare accuratamente di prendere il toro per le corna, come avrebbe fatto la coppia De Gasperi – Einaudi in un contesto ultra drammatico di questo livello, hanno debitamente trascurato due fattori che concorrono a determinare l’accentuarsi della crisi economico - finanziaria già dal lontano 2008.

Un problema che voi politici, tutti quanti, senza distinzione di casacca e di credo politico evitate accuratamente di affrontare, come lo evitano gli addetti ai media al seguito dei politici e lo evitano anche gli economisti vari, è che trascurate volutamente il fatto che siamo all’interno del ciclone prodotto dalla Terza Rivoluzione industriale iniziata negli anni ‘70. Le conseguenze evidenti sono l’espulsione sistematica ed indiscriminata di operatori qualificati e non, inseriti nel sistema produttivo, commerciale e dei servizi, italiano. Unico in Italia a prospettare il problema è stato Domenico De Masi, Professore di Sociologia del lavoro presso l'Università “La Sapienza” di Roma, che nel febbraio scorso aveva annunciato che se qualora si fosse aperto un piccolo spiraglio positivo nell’andamento dell’economia italiana, gli imprenditori si sarebbero orientati ad installare robot al posto di personale umano. Detto fatto, due mesi dopo Il Sole 24 Ore annunciava che l’industria italiana dei robot registrava un’incremento della richiesta pari all’83 %.

I mille espulsi al giorno registrati dall’Istat nel sistema economico del Bel Paese sono destinati ad aumentare e non a diminuire perché da anni nessuno se ne è voluto occupare di questo gravoso problema. Adesso è troppo tardi, perché il fenomeno economico, e conseguentemente occupazionale, reagisce secondo il principio dell’inerzia di massa in fisica.

Inoltre, un certo signore che il Bel Paese apostrofa abitualmente con disprezzo chiamandolo “Il mortadella”, ma che invece conosce molto bene l’economia della produzione, circa sette anni fa ci avvisò, ed avvisò l’Europa, che se non si fossero presi provvedimenti in merito in tempo debito, saremmo entrati nel cono d’ombra della “Notte dell’Europa”. Analogo avvertimento era arrivato anche da Federico Rampini.

Quel tempo è arrivato.

Noi siamo poi anche all’interno di una guerra economica con il Paese del Dragone da almeno quindici anni.

Noi questa guerra l’abbiamo già persa, anche come europei, perché il costo medio mensile di un’operaio all’interno della Cina equivale a tre ore di paga di un operaio italiano. Se anche all’interno della Cina la sua classe dirigente impazzisse e raddoppiasse all’improvviso lo stipendio medio mensile di quegli operai, noi avremo comunque perso la guerra. Eugenio Scalfari negli anni passati affrontando il problema aveva concluso che dovevamo cinesizzarsi tutti quanti. Non credo che questa società sia orientata a seguire il suggerimento del fondatore de La Repubblica, anche perché sembra che la cinesizzazione sia rivolta solo a determinate fasce sociali, e non all’intero sistema, con conseguenti pericolosi squilibri all’interno della società italiana.

Come intende risolvere Lei, signor Primo Ministro, questi due temi epocali che comportano delle rivoluzioni di sistema che Lei non ha considerato nei suoi mille giorni e che fanno tremare i polsi all’intera Europa?



A.Hopkins
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Questo non è un Paese per giovani
di ILVO DIAMANTI

01 settembre 2014

Temo che l'immagine di Renzi cominci a risultare inadeguata per raffigurare il Paese. Troppo "giovane" e "giovanile". Troppo spavalda e, perfino, esagerata. Rispetto a un Paese che sembra viaggiare - e guardare - in direzione contraria. Cioè, verso il passato. Perché l'Italia mi sembra un Paese sempre più rassegnato. Che ostenta un ottimismo triste, attraversato da rabbia diffusa.

E' un Paese di pensionati, con tutto rispetto per chi la pensione se l'è guadagnata, dopo anni e anni di lavoro. Però, è difficile non rilevare le tensioni continue intorno al sistema pensionistico. Dal punto di vista sociale e politico. Perché l'età di accesso alla pensione si è "allungata", per contenere il costo della previdenza pubblica, in una società sempre più vecchia. Dove i pensionati sono oltre 7 ogni 10 occupati. Ma, in questo modo, l'ingresso nel mercato del lavoro per i più giovani si è ulteriormente ristretto.

Così la generazione dei padri - e, talora, dei nonni - sessantenni vorrebbe andare in pensione. Ma non ci riesce. Neppure quando il governo, come ha fatto nelle scorse settimane, lo prevede. Ad esempio: per gli insegnanti (cosiddetti) "quota 96". Che a 61 anni abbiano maturato 35 anni di contributi. Perché, dopo l'annuncio, si scopre che non ci sono le coperture, le risorse. Un po' com'è avvenuto per gli "esodati". Un'invenzione linguistica. Participio passato di un verbo che non c'è. Coniato per significare quelle persone sperdute, in "esodo" verso la pensione. Ma rimasti per strada. Pre-pensionati senza pensione. A causa di im-previsti legislativi. Esistono ma non si vedono. Sono "pensionandi". In attesa che lo Stato trovi le risorse per "pensionarli" davvero, dopo la chiusura anticipata del rapporto di lavoro, negoziata con l'impresa.

D'altronde, l'Italia è un Paese schiacciato dalla spesa pubblica. Dal debito pubblico. Nonostante che il pubblico impiego sia in costante calo. Il 7% in meno negli ultimi 5 anni. Ma circa il 20%, per quel riguarda gli statali. Con l'esito, paradossale, che la spesa pubblica non è calata. Al contrario. Perché, come ha annotato Tito Boeri, alcuni giorni fa su queste pagine, "gli stipendi pubblici in meno si sono trasformati in pensioni in più da pagare, sempre a carico del contribuente".

Questo Paese di esodati, pensionandi e aspiranti pensionati, come può avere e, prima ancora, "immaginare" il futuro? Al massimo: il presente. Ma, più facilmente, il passato prossimo. Nell'Italia di oggi, nonostante Renzi, il futuro: è ieri. Al massimo, stamattina. D'altronde, non per nulla, questo Paese per vecchi, come io stesso ho rilevato altre volte, sta perdendo e ha già perduto i suoi giovani. Che sono pochi e sempre di meno, visto che i tassi di natalità, in Italia, sono fra i più bassi dell'Occidente. Mentre i tassi di occupazione giovanile scendono e quelli di disoccupazione crescono continuamente.

I giovani: sono "esodati" anche loro. Visto che si contano circa due milioni di Neet, un altro neologismo per significare una popolazione fuori dalla scuola e dal lavoro. Dunque, anch'essa s-perduta. Tra le pieghe dell'impiego temporaneo e informale. Protetta dalle famiglie, che offrono loro un ancoraggio, in attesa di una stabilità imprevista e imprevedibile. I giovani. Se ne vanno dall'Italia, se e quando possono. Sempre più numerosi. In particolare, durante i corsi di laurea. Utilizzano l'Erasmus, programma che prevede alcuni mesi di studio presso università straniere in convenzione con quelle italiane. Ma poi, dopo la laurea, ripartono di nuovo. Proseguono la loro "formazione" in altre università straniere. E spesso trovano impiego. Altrove. Perché l'Italia è un Paese di pensionati dove i giovani "esodano". Soprattutto i "laureati". Che sono sempre meno. Il 20% della popolazione fra 25 e 34 anni. Cioè, la metà della media Ocse. D'altronde, il saldo fra giovani laureati che escono e vengono, in Italia, è negativo (-1,2%, secondo un Rapporto di Manageritalia). Il peggiore della Ue.

Così, siamo diventati un paese di vecchi, attraversato da inquietudini e paure. Perché, quando si invecchia, crescono e si diffondono anche le paure. E ci si difende dagli altri, chiudendosi in casa. Guardando tutti con crescente sospetto. In Italia, più di due persone su tre diffidano di chi hanno di fronte (Oss sulla Sicurezza, Demos-Oss. Pavia-Fond. Unipolis). Perché ci potrebbero "fregare". In particolare, preoccupano - e spaventano - gli stranieri che affollano l'Italia, in numero crescente. Perché sono tanti, sempre di più, quelli che arrivano. Con ogni mezzo. In particolare, dal Nord dell'Africa. Non per "piacere", ma spinti da paure ben più immediate e drammatiche delle nostre. Le guerre, la fame, i conflitti. Fuggono dal loro mondo che è lì, a un passo dal nostro. E intraprendono viaggi brevi ma, spesso, infiniti. Perché finiscono in modo tragico. In fondo al mare. Ai nostri mari che assomigliano a cimiteri liquidi, dove si depositano, a migliaia, i corpi di migranti che tentano di scavalcare il muro che li separa da noi. Il Mare Nostrum che ormai è divenuto un Mare Mostrum. Quel tratto di mare: è un muro, una barriera. Costruita con le nostre paure, per difendere la nostra solitudine, la nostra vecchiaia infelice. Per coltivare la nostra indifferenza.

Noi, l'estremo confine d'Europa. Ultima frontiera di una civiltà senza più civiltà. Senza più pietà. Senza più futuro. Perché se fai partire i tuoi giovani (più qualificati) e tieni lontani quelli che vorrebbero entrare, dal Sud ma anche dall'Occidente, i poveri e i disperati, ma anche i più istruiti e specializzati: che futuro vuoi avere? Al massimo un passato. Sempre più incerto, anch'esso. E annebbiato. Come la memoria.
Per questo la rappresentanza, o meglio, la "rappresentazione" offerta da Renzi, oggi, mi appare inadeguata. Troppo giovane e giovanile. Troppo giocosa. Rispetto al Paese: rischia di proporre uno specchio deformante. Difficile predicare la "crescita" se siamo in "declino" - demografico. Se i giovani sono pochi e quando possono se ne vanno. Non basterà, di certo, un gelato a farli rientrare. Né a farci ringiovanire tutti. Più facile, piuttosto, che lui, il premier, rispecchiandosi nel Paese, invecchi presto.

http://www.repubblica.it/politica/2014/ ... ef=HREC1-3
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Scuola, in arrivo la stangata per le famiglie.
Codacons: "La spesa media a 840 euro"

Secondo l'associazione dei consumatori ci sarà un maggior esborso del 2% rispetto al 201 per l'acquisto del "corredo" per gli studenti. Se si considerano anche i libri di testo, si può arrivare a un salasso da 1.100 euro a ragazzo



MILANO - In arrivo la stangata di settembre per le famiglie italiane, che con la riapertura delle scuole dovranno mettere mano al portafogli per acquistare libri, zaini, quaderni e corredo scolastico vario per gli studenti. Lo afferma il Codacons, che stima che solo il corredo scolastico comporterà un maggior esborso di circa il +2% rispetto al 2013, e per l'acquisto di penne, diari, quaderni, zaini, astucci e altro una famiglia media dovrà mettere in conto una spesa annua compresa tra i 450 e i 490 euro a studente, a cui va aggiunta una spesa media per i testi scolastici tra i 300 e i 350 euro, a seconda della scuola e del livello di istruzione, per un totale che va dai 750 agli 840 euro a studente, ma che può anche raggiungere i 1100 euro a ragazzo.

"Il Ministero dell'Istruzione - afferma il presidente Carlo Rienzi - deve intervenire per contenere la spesa delle famiglie e impedire i rincari dei testi scolastici e lo sforamento dei tetti massimi fissati dallo stesso dicastero. La stangata che attende gli italiani sul fronte della scuola, infatti, minerà i consumi in altri settori, perché le famiglie sempre più in difficoltà saranno costrette a rinunciare ad altri acquisti per poter mandare i propri figli a scuola, con evidenti danni per il commercio e l'economia nazionale".

http://www.repubblica.it/economia/2014/ ... f=HREC1-11
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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camillobenso ha scritto:Il nuovo che avanza


Firenze, sciopero dipendenti Eataly: “Farinetti santone? No, squalo capitalista”


http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/08/ ... ta/294376/


E’ il primo vero sciopero organizzato contro Eataly in Italia e a guidarlo sono alcuni dei ragazzi che lavorano presso lo store di Firenze: quelli che non vedranno rinnovato il loro contratto a fine agosto, così come il 50 per cento degli assunti dall’apertura del negozio nel dicembre 2013. Ma nella loro protesta, appoggiata dal sindacato dei Cobas, c’è di più: “Orari estenuanti, turni comunicati il giorno prima, mancanza di rappresentanza sindacale ed poca sicurezza sul lavoro”. Il tutto unito a un “clima di terrore” perpetuato dai responsabili. Lo “squalo capitalista” così viene chiamato Oscar Farinetti – fondatore della catena – non ha ancora commentato l’accaduto. Il figlio Francesco, invece, replica: “Molte tensioni sono provocate da un solo dipendente”, ma i ragazzi rispondono: “E’una scusa, siamo attivi da mesi” di Max Brod


il Fatto 31.8.14
Editoriale
Oscar e l’ideologia “neo ottimista”
di Ferruccio Sansa

Il più rimane da fare, per questo il futuro è meraviglioso”. Indovinate chi è il relatore di questa conferenza. Ma sì, Oscar Farinetti, il guru dell’ideologia renziana, il “neo-ottimismo”. Ormai in Liguria bisogna cimentarsi in uno slalom per sfuggire ai dibattiti di Farinetti. Sono finiti i bei tempi delle sagre della focaccia, delle discoteche, dei fuochi d’artificio dell’Assunta. A ogni angolo, come un’imboscata, ti aspetta un dibattito pensoso dei “neo ottimisti” stile Farinetti. Nei prossimi giorni lo segnalano a Camogli e a Sarzana. Prima al Festival della Comunicazione, poi a quello della Mente. Difficile dire che cosa c’entri con entrambi, non essendo né un giornalista, né uno scienziato o un filosofo di chiara fama. Chissà forse, come dicono i maligni, c’entra perché da quelle parti sogna di aprire nuove sedi di Eataly. O perché qui regna il Pd che organizza festival (magari sponsorizzati da enti pubblici) che sono vetrina dell’intellighenzia renziana. Non solo Farinetti, ma, come in una compagnia di giro, i soliti giornalisti simpatizzanti capaci di coraggiose inchieste sulla corruzione (in Kamchatka, però), gli intellettuali con auto-certificazione. Tutti trasformati in predicatori da lasciare disoccupati vescovi e monsignori. È il pluralismo stile Pd.
Ma il punto è anche un altro. Lo slogan scelto per il dibattito del nostro Oscar: “Il più rimane da fare, per questo il futuro è meraviglioso”. E qui Farinetti – come tanti intellettuali di fede renziana – maneggia una merce molto più delicata della carne piemontese, dei vini doc e della pasta di Gragnano: la speranza.
Il sottinteso dell’ideologia dei “nuovi ottimisti” pare chiaro: per farcela basta crederci. I cacadubbi sono nella migliore delle ipotesi dei disfattisti, nella peggiore dei falliti rancorosi. Miopi, pure un po’ minchioni.
Ma è davvero questa la speranza, una semplice – vuota, verrebbe da dire – attitudine dell’animo che prescinde dalla memoria del passato, dalla consapevolezza del presente, da un’idea di futuro? Insomma, un’azione che si compie prima di individuarne il contenuto? Un verbo senza complemento oggetto? “Io vivo, quindi spero”, diceva Leopardi. Ma proprio per questo appare insidioso il neo-ottimismo, perché riduce un bisogno vitale a slogan, a merce. Da piazzare come spot, vedi Berlusconi, o come bistecche. No, la speranza è bene prezioso, va maneggiata con cura.
Eppure non è – esclusivamente – responsabilità dei Berlusconi, dei Renzi, dei Farinetti. È colpa anche nostra che chiediamo per l’ennesima volta solo di credere, di sperare. Delegando agli altri il compito di dirci in che cosa. Anche in niente. E così rischiamo di fare la fine che descriveva Kafka: “Ci sono molte speranze, ma nessuna per noi”.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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E già lo sapevamo.................


La doccia anti Sla è solo autopromozione
Cara Rossini,

sono un grave disabile affetto da Sla di 69 anni e vivo in questo recondito scenario che è la città di Roma. Nella mia esperienza, tra i miei primi 45 anni di normalità e questi miei ultimi anni di disabilità, ho maturato il convincimento che nessuno può togliermi il diritto di vivere. Non sono ancora nella fase di totale immobilità, ma è certo che la Sla mi costringe alla necessità di assistenza continua perché il mio sventurato corpo non è in grado di compiere gli atti quotidiani. Se non avessi l’amore e il sostegno di mia moglie, non potrei vantare quella dignità di vita che ancora ho. E sì che la paura che la luce possa spegnersi, a volte, diventa una realtà liberatoria. Forse è possibile che comprendiate che il terrore di noi malati di Sla è che, di fronte al capolinea motorio, la mente possa arrendersi al blocco fisico perché è troppo doloroso. Ed è grottesco vedere esseri umani che non possono nutrirsi autonomamente costretti spesso allo sciopero della fame per ribadire il proprio diritto alla vita. Siamo circondati da buonismo e ipocrisia, e da una normativa che diviene uno strumento quasi devastante della nostra dignità di vita. Scusatemi, ma mi sento pervaso da un profondo senso di rassegnazione e di rancore. Con questa campagna viraIe tra docce vip, sexy, semiserie e ridanciane, avverto attenzione verso questa nostra condizione, ma vedo con sconcerto che ciò che muove tutto questo non mi sembra tanto il dispiacere e la solidarietà per noi malati, quanto il desiderio di mettersi sempre più in evidenza e di primeggiare sul web e sui media. Capisco che per tutti questi personaggi fare un’offerta in incognito non sarebbe altrettanto appagante. Comunque grazie di cuore da tutti coloro che hanno la Sla. Anche se non basta che se ne parli.
Pietro Pellillo

Ho dovuto tagliare la sua lunga e importante lettera per avere il privilegio di farla entrare in questo spazio. Raccontandoci la sua drammatica esperienza, lei ha la bontà di ringraziare i tanti personaggi che si sottopongono alle secchiate di acqua gelata, anche se ne denuncia gli intenti autopromozionali. Con la sensibilità di chi soffre davvero coglie così il doppio messaggio di questa nuova forma di filantropia che moltiplica, ai tempi di internet, il vecchio modello dei galà di beneficenza, fatti a fin di bene e a nutrimento della propria immagine. Quale dei due scopi abbia finora prevalso lo si deduce dalla ridicola cifra raccolta: 30 mila euro al momento in cui scriviamo. Ma per fortune anche il papa sa usare internet e risolve la questione con un magnifico tweet: “La vita di un cristiano è piena di atti generosi, ma nascosti, verso il prossimo”.

da “L’Espresso” in edicola il 29 agosto 2014


http://lettere-e-risposte.blogautore.es ... romozione/
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Due favole a confronto.

Il pifferaio magico

https://www.youtube.com/watch?v=sQ3pKgSyE-8



Il pifferaio per niente magico


#Cambiaverso e gli altri: 6 mesi di slogan
Ma Renzi: "Non sono malato di annuncite"

Tutti gli hashtag del presidente: da #lavoltabuona a #italiariparte, fino ai #centogiorni. Diventati mille
Ma il capo del governo: "Da oggi countdown di tre anni: ogni giorno elementi per fare un Paese civile"
#Cambiaverso e gli altri: 6 mesi di slogan Ma Renzi: "Non sono malato di annuncite"
Il premier presenta "passodopopasso", il sito con il quale si potrà verificare l'azione del governo nei prossimi mille giorni: "Da oggi si riparte da zero. Ci accusano di 'annuncite'? Rispondiamo con l’elenco di date a cui siamo auto-costretti". E promette: "In mille giorni mille asili nido" (leggi). Ecco le principali parole d'ordine (passate soprattutto attraverso Twitter) dei primi 6 mesi di governo del presidente del Consiglio

di Valentina Avoledo e Diego Pretini

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Governo, Renzi e l’annuncite lunga 6 mesi: tutti gli hashtag del presidente
Da #cambiaverso a #italiariparte, da #lavoltabuona a #80euro passando per i #centogiorni, diventati oggi mille con il #passodopopasso. Le parole d'ordine del premier, ai tempi di Twitter, per banalizzare i grillini, galvanizzare gli elettori, "vendere" il lavoro dell'esecutivo

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 1 settembre 2014


Appare chiaro che il suo sogno sarebbe poter fare le cose con la velocità con cui le dice. Per ciascun hashtag, una profezia che si autoavvera. E che cos’è l’hashtag? Per lui che è fiorentino come il Perozzi è fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione. Dopo la comunicazione politica trasformata in slogan (ormai consegnata dal ventennio scorso direttamente alla storia), ecco l’ulteriore riduzione in scala. Dai manifesti 6 per 3 al social network che produce, consuma e getta nel cestino milioni di parole all’ora. E così il presidente del Consiglio Matteo Renzi si è portato il #matteorisponde fuori da Twitter e dentro il governo: già eccellente con i giochi di parole, ha preso quel ritmo, quella brevità, quei tormentoni e se li è trascinati nei posti più tradizionali. Interviste sui giornali, interventi nei dibattiti televisivi (da Vespa o dalla Bignardi chi se ne frega), vertici con Hollande, Van Rompuy o Obama, cravatte, protocolli e forze dell’ordine. E perfino nei barbosi riti di partito che gli fanno venire la dermatite. Si presentò alla prima assemblea del Pd dopo il trionfo delle primarie (stravinte al suono martellante di #cambiaverso) e dal palco che una volta era battuto da libecciate di “tanto quanto”, “nella misura in cui”, “qualora” lui gridò a Beppe Grillo in piena polemica sui finanziamenti ai partiti: “Hashtag-Beppe-firma-qua” (o il buffone sei tu, terminava quel discorso).

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Gli slogan-hashtag-tormentoni sono nati e morti settimana dopo settimana, ma anche giorno dopo giorno. Palazzo Chigi riunisce le menti migliori per pettinare i comunicati stampa (“Lo rende noto…”), lui parla alla “gente”, con tre parole, o quattro. Il confronto con il vezzo di chiamare i decreti “Salva Italia” o “Cresci Italia” o “qualcosa Italia”, come fece comunque sforzandosi il quasi 70enne Mario Monti, è impietoso: sono passati due anni e sembra l’epoca dei Fenici. Le tre parole di Renzi vanno bene in tutte le occasioni: trasmettere fiducia agli italiani, galvanizzare gli elettori, comunicare il buono e tanto lavoro del governo, lisciare la sinistra del partito, banalizzare gli affondi grillini, accarezzare i compagni di partito presidenti del Consiglio subito prima del loro accompagnamento all’uscita.

“#Enricostaisereno“: la sua avventura da presidente del Consiglio nacque così. Era il 17 gennaio e da lì è stata una cascata di cancelletti. Dieci giorni prima di giurare faceva training autogeno con #proviamoci. Non soddisfatto del risultato si perfezionò 5 giorni dopo: #lavoltabuona. Pronto a trasformarlo con la sola aggiunta di una letterina in #laSvoltabuona, nel giorno del grande debutto delle slide: “Sembra un’offerta commerciale. Andiamo avanti” ironizzava mentre scorrevano le infografiche da discount, spargimenti di Obama, sfumature di corsi intensivi per manager, le riforme “di cui non parliamo oggi”, il carrello, il brusio alla comparsa del pesce rosso e “sono contento che vi piaccia”, i giornalisti chiamati per nome, Claudia, Francesco, “quant’è quella cifra, Graziano?”. Un hashtag in formato conferenza stampa, il modulo dell’hashtag a dare l’impronta a un discorso di insediamento. Nella replica a Montecitorio, nel giorno del primo voto di fiducia, non riuscì a trattenersi: “Sintetizzerò in tre tweet”. Era più forte di lui.

In altri casi è stato quasi naturale: inevitabile, alcune settimane più tardi, che diventasse una parola d’ordine #80euro. Quando ancora non era arrivata la sventagliata di indici economici deprimenti, gli bastava un accordo firmato a Genova con la Shangai Electrics per fargli stampigliare il cinguettio #italiariparte, poi ricomparso in varie versioni in occasione di annunci, piani e provvedimenti, come l’ultimo dei #millegiorni. Mille che una volta furono #centogiorni, un grande classico inventato da Berlusconi e poi riciclato da diversi suoi successori a Palazzo Chigi, Renzi compreso. Prima di #iostocondaniza, il leader del Pd ha eletto i gufi a protagonisti di Twitter, ma in senso negativo oltre che metaforico: ci si batte e si vince contro i #gufi, gli #amicigufi, #allafacciadeigufi. Quando si è trattato del primo test elettorale, ha fatto il maratoneta nelle piazze e il velocista sui social network. Sentiva forse la sfida delle manifestazioni con il Movimento Cinque Stelle e quindi comunicava di essere #inpiazza. Giravano sondaggi sempre più preoccupanti (e quindi sballati con il senno di poi) e trasformava il vecchio “vota e fai votare” con un più moschettieresco #unoxuno.

E ora che il percorso del governo si fa un po’ più in salita – con un autunno tutto da decifrare, possibile rimpasti, l’economia che non riparte e per giunta i patti con Berlusconi – invita alla calma e chiama il sito che dovrebbe rendere una casa di vetro l’azione dell’esecutivo “passodopopasso“, anche se cede a una sua vecchia metafora riciclata: in Europa dovremo essere leader, non più follower. E diventa, racconta lui, l’incubo del suo “fratello maggiore” Delrio con questa fissa di mettere le scadenze su tutto – che poi a volte non tornano nemmeno. E soffre, e maledice il mondo “perché l’espressione accountability non esiste in italiano, è un concetto di responsabilità ampia, è l’idea che ciascuno debba rendere conto di ciò che fa. Mettere una scansione precisa è stato un elemento che ha consentito in questi mesi di superare tante resistenze”. Così mettere una data a tutto, dice, serve a difendersi davanti a chi lo mette sul banco degli imputati del reato di annuncite. Subito dopo ha detto che farà mille asili nido in mille giorni.

di Valentina Avoledo e Diego Pretini


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camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

Messaggio da camillobenso »

Repubblica 3.9.14
Pd, D’Alema boccia Renzi “Risultati insoddisfacenti il partito così è a rischio”
“Non c’è una segreteria, solo fiduciari del premier” Renziani al contrattacco: “Ti brucia non andare in Ue”

di Michele Smargiassi


BOLOGNA Mille giorni? A Massimo D’Alema, per giudicare, bastano i duecento già trascorsi. «Il governo fa degli sforzi. I risultati per ora non sono soddisfacenti». Non dice «sforzi ancora insufficienti», che è la formula diplomatica di tutte le opposizioni interne, è proprio sui risultati che l’ex premier boccia il premier in carica: inutilmente volonteroso. Insomma ci prova, ma non ha le doti. Appena sceso dall’auto che lo porta alla Festa dell’Unità di Bologna apre la pagella di Matteo Renzi, ed è piena di insufficienze. «Vedremo quando arriveranno i provvedimenti, i cittadini attendono risposte sostanziali per una situazione molto pesante». I cittadini attendono. D’Alema è scettico. «A parte le modalità comunicative molto brillanti...», infierisce. Non solo sui compiti, ma anche sugli scolaretti. «Abbiamo un presidente del Consiglio molto attivo, coraggioso, generoso», e poi la botta, «per il resto penso che i cittadini avrebbero qualche difficoltà a ricordare l’elenco dei nomi del governo». Risultati insufficienti, ministri invisibili, e poi? Poi, il partito. Inesistente. Il doppio incarico di Renzi premier e segretario vuol dire che il Pd non è retto da una vera classe dirigente, ma da «un gruppo di fiduciari del presidente del Consiglio», insomma è stato ridotto a «movimento del premier». Ma così «avrà una vita molto stentata », perché i partiti non sono solo macchine per il consenso, lasciatelo dire a un uomo dell’era degli apparati solidi, «i partiti devono durare nel tempo, al di là del consenso fluttuante ». Finita la tregua, se mai c’è stata davvero, tra il più celebre dei rottamandi e colui che lo voleva rottamare. Non sembra esserci ancora riuscito. Curiosamente tempestivo, proprio ieri nella sua enews Renzi scriveva: «Non ho fatto il tifo per la rottamazione perchè volevo fare qualcosa di nuovo rispetto a quelli di prima, ma perchè volevo fare qualcosa di meglio ». E sempre ieri qualcuno ha provato a convincere D’Alema stesso che il suo tempo è finito, si rassegni. Uno dei giornali del suo stesso partito lo ha spedito impietosamente in pensione con un titolo in prima pagina: «L’ultimo stop segna la fine della carriera di D’Alema», lo stop sarebbe la sua mancata nomina a commissario europeo, e quel che è peggio, glielo scrive uno dei suoi collaboratori degli anni d’oro, Fabrizio Rondolino. È così, presidente? «Lo ha scritto Europa ... Vedo che lei segue la stampa clandestina, questo le fa onore...», tira fuori gli artigli il D’Alema di sempre.
Ma intanto, i renziani hanno capito che aria tira e imbracciato la contraerea: lo sbeffeggiano «leader Maximo perdente », twittano feroci: «D’Alema attacca Renzi perché pensa ancora alle nomine Ue». Insomma dicono: ti brucia che ti abbiamo preferito la Mogherini? Che Renzi abbia usato il tuo nome solo come spaventapasseri, per farla accettare alla Merkel? Gelido, D’Alema si chiude nella corazza: «Io continuo a fare quel che facevo prima. Presiedo un’istituzione culturale europea, sono un dirigente del Pse. Non è cambiato nulla nella mia vita». Ma poi, sul palco, davanti a trecento persone moderatamente generose di applausi, e un Pierferdinando Casini ben più generoso di lui col governo, la sua lezione di politica internazionale è all’insegna del «quando c’ero io». Libano, Ser- bia, quando l’Italia si assumeva «dolorose responsabilità», agiva, non aspettava, e «cresceva di tanto così nella considerazione internazionale». Mentre oggi? «Due mesi fa stavamo per partecipare al bombardamento di Assad, che avrebbe aperto la strada all’esercito del califfato». Gaza? «Abbiamo sentito la protesta degli Usa, ma io avrei voluto sentire prima quella dell’Italia, che non-c’è-stata», e il ministro era Mogherini. Sulla quale, ovviamente, D’Alema non si scatena. Gli basta dire che conterà poco o nulla: «È una persona preparata, ma ciò che riuscirà a fare non dipenderà solo da lei», conta ben di più la squadra che la cancelliera tedesca, «vero dominus delle nomine», ha piazzato nei posti chiave, «tutti i vertici europei sono in mano a personalità vicine alla Merkel, personalità forti, esperte, autorevoli...». «Lo dici con invidia?», lo interrompe perfido Casini. «... E conservatrici », conclude D’Alema, impassibile.
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