Il "nuovo" governo Renzi
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
5 SET 2014 17:17
UN PREMIER DI FUFFA! DAL JOBS ACT SPIAGGIATO IN PARLAMENTO ALL’ITALICUM DESAPARECIDO: NEI PRIMI 6 MESI A PALAZZO CHIGI SOLO POPULISMO POP DA RENZI - A DAR RETTA A LUI AVREMMO GIÀ DOVUTO AVERE LA RIFORMA DI GIUSTIZIA E FISCO E PAGARE TUTTI I DEBITI DELLA PA
Travaglio: “Dopo aver generato illusioni che neanche un incrocio fra Cavour e De Gaulle avrebbe mai potuto soddisfare, Renzi tenta la fuga verso la normalità: 1000 giorni al posto di 100, ma doveva pensarci prima. Sei mesi di populismo yeyè e futurismo alla fiorentina hanno inoculato nel Paese un’ansia da prestazione che ora gli si ritorce contro”...
Marco Travaglio per “Il Fatto Quotidiano”
Sguazzare nel magico mondo di Matteo Renzi è impresa faticosa e noiosa, ma istruttiva. Catalogare annunci, promesse, impegni, imperativi, scadenze, ultimatum, slogan, parole d’ordine, slide, tweet, hashtag, post, persino sms è un modo come un altro per studiare l’Italia e gli italiani del 2014.
Dopo le mille balle blu berlusconiane, siamo tutti in una comunità di recupero per disintossicarci con terapia omeopatica e graduale: drogati da quattro lustri di patacche e bufale, rischiamo la crisi se ce le tolgono di colpo. Renzi è il metadone: l’oppioide che surroga sostanze psicotrope più forti e previene l’astinenza.
Non bastasse l’annuncite che lui stesso ha confessato (negandola) l’altro giorno, quando ha annunciato “basta annunci” annunciandone di nuovi, ad aggravarla provvede la cosiddetta informazione. Che, come già con Monti & Letta, puntella il terzo governo estraneo agli elettori con un surplus di promesse, di solito su progetti segretissimi, anche per chi dovrebbe averli partoriti.
Quando Renzi dice “i giornali sono pieni di progetti segreti del governo, talmente segreti che non li conosce nemmeno il governo”, ha le sue buone ragioni. Ma ha il torto di accorgersene tardi: quando aveva il vento in poppa e tutti i poteri forti ai suoi piedi con stampa e tv al seguito, sull’annuncite marciava felice. Intanto generava illusioni che neppure un incrocio fra Cavour, Roosevelt e De Gaulle avrebbe mai potuto soddisfare, dunque destinate a trasformarsi in delusioni. Ora che l’elastico torna indietro, lui tenta la fuga verso la normalità. Mille giorni al posto di cento (“una riforma al mese”).
“Passodopopasso ” anziché “tuttoquisubito”. Ma doveva pensarci prima. Sei mesi di populismo e futurismo alla fiorentina, pancia in dentro petto in fuori, yeyé e brumbrum, ha inoculato nel Paese un’ansia da prestazione che ora gli si ritorce contro. Nessuno, a parte B., aveva tanto personalizzato la politica in una sola faccia, un solo corpo, una sola bocca perennemente aperta.
E dire che all’inizio Renzi pareva saperlo che a metter troppa carne al fuoco si produce tanto fumo da oscurare le poche cose davvero fatte: “Basta spot, tanti fatti e pochi annunci. Concretezza da sindaci. I miei ministri devono lavorare e tacere” (22-2). “Voglio uscire dal Truman Show, siamo qui per parlare il linguaggio della franchezza, al limite della brutalità” (24-2). Ma erano annunci, pure quelli. Poi, come scrisse Panorama, partì il Ballo del Blabla.
ARTICOLO 18. “Non parlo dell’articolo 18” (Giuliano Poletti, Pd, ministro del Lavoro, 26-2). “Abolire l’articolo 18 entro fine agosto” (Angelino Alfano, Ncd, ministro dell’Interno, 11-8). “L’articolo 18 è un totem ideologico, inutile discuterne: bisogna riscrivere tutto lo Statuto dei lavoratori” (Renzi, 12-8). “Taglio di 3 anni per i nuovi assunti. Primo passo per cambiare l’articolo 18” (Corriere, 14-8).
“Via l’articolo 18” (Enrico Zanetti, Sc, sottosegretario Economia, Libero, 14-8). “Poletti: non serve abolire l’articolo 18. Basta il contratto di inserimento” (Corriere, 17-8). “Il problema non è l’articolo 18, riguarda 3 mila persone” (Renzi, 1-9). Nel ddl delega “Jobs Act” c’è solo un accenno al “contratto a tutele crescenti”.
AUTO BLU. “Le auto blu andranno all’asta come abbiamo fatto a Firenze. Dal 26 marzo diremo ‘venghino signori venghino’” (Renzi, 12-3). “Vendesi auto quasi nuova colore blu. 100 auto blu all’asta online dal 26 marzo” (slide di Renzi, 12-3). “Le autoblu su eBay dovrebbero fruttare 370 mila euro” (28-4).
“L’auto blu piace usata e su internet scatta la corsa all’acquisto” (Repubblica, 28-3). “Pazzi per le auto blu: boom di offerte e prezzi più alti della media” (Corriere, 6-4). “Sono state vendute tutte le 52 auto blu messe all’asta su eBay” (Palazzo Chigi, 18-4). In realtà ne sono state vendute solo 7 e hanno fruttato appena 50 mila euro.
BUROCRAZIA. “Decreto ‘licenzierà’ i consiglieri di Stato” (Repubblica, 24-2). “Ora una violenta lotta alla burocrazia” (Renzi, 11-4). “Il piano anti-burocrazia. Renzi: ‘Entro mille giorni tutti i certificati online o inviati a casa entro 48 ore’” (Repubblica, 11-7).“Certificati online per dire addio alle code” (Stampa, 11-7). Tutto fermo.
CARCERI. “Non è possibile un nuovo indulto-amnistia dopo 7 anni dall’ultimo. Non serio, non educativo e non responsabile. Sarebbe un autogol e un vulnus al principio di legalità che la gente non capirebbe” (Renzi, 12-10-2013). “Approvato in Senato il decreto carceri: risarcimenti e sconti di pena ai detenuti in celle sovraffollate, stretta sulla custodia cautelare, niente carcere se la pena non supererà i 3 anni. Lega e M5S: ‘Indulto mascherato’” (Stampa, 3-8). “La polizia ad Alfano: ‘Con lo svuotacarceri dimezzati gli arresti degli spacciatori’” (Repubblica, 18-8).
CASA. “Piano casa da 1 miliardo e mezzo” (Stampa, 1-3). “Arriva il piano casa con affitto e riscatto” (Repubblica, 2-3). “Riforma del catasto a breve” (Corriere, 5-6). “Altolà di Padoan alle spese: il pacchetto casa a rischio” (Repubblica, 26-8). “Sconto fiscale per chi affitta alloggi nuovi” (Corriere, 28-8). Bloccato quasi tutto per mancanza di fondi.
CONFLITTO DI INTERESSI. “Occorre una legge sul conflitto di interessi” (Delrio, 23-2). Mai vista.
CORRUZIONE. “Caro Roberto... un’altra emergenza, strettamente connessa a quelle delle mafie, pure da affrontare – come ci ha di recente ricordato l’Unione europea – è la corruzione il cui costo ammonta a 60 miliardi ogni anno, pari al 4% del Pil italiano, circa metà dei danni provocati in tutta Europa” (Renzi, lettera aperta a Roberto Saviano, Repubblica, 2-3). “Senato, il ddl anticorruzione slitta al 10 giugno” (Messaggero, 27-5). “Renzi: Daspo a vita contro i corrotti.
Stretta nel codice etico dei Dem” (Repubblica, 11-6). Il 16 giugno il ddl Grasso anticorruzione, discusso in commissione per un anno ed emendato da partiti e governo, è pronto per l’approvazione alla Camera. Ma il governo, previo colloquio di Renzi con B. e Verdini, lo blocca annunciandone uno nuovo. Che per ora non c’è né è all’ordine del giorno.
COSTI DELLA CASTA. “Dimezzare subito il numero e le indennità dei parlamentari. E vogliamo sceglierli noi con i voti, non farli scegliere a Roma con gli inchini al potente di turno” (Renzi, 18-10-2010). Con l’Italicum e il Senato delle Autonomie, i parlamentari non si dimezzano, ma scendono da 950 a 730, e le indennità dei 630 deputati restano intatte. “Io da sindaco di Firenze guadagno 50 mila euro netti l’anno.
Perché un parlamentare o un consigliere regionale deve guadagnare molto più di me?” (18-7-2011). Ma con le sue riforme i deputati continueranno a guadagnare molto più dei sindaci. “Ridurre gli stipendi e dimezzare il numero dei parlamentari e abolire tutti i tipi di privilegi che fanno credere alla gente che i politici siano tutti uguali” (7-11-2012). Ora anche i sindaci e iconsiglieri regionali nominati senatori avranno un privilegio in più: l’immunità parlamentare.
CRESCITA DEL PIL. “La domanda interna si rianima, il calo dei prezzi aiuta i redditi più bassi” (Mario Draghi, presidente Bce, 23-2). “Con misure serie, irreversibili, legate non solo alla revisione della spesa, nel primo semestre 2014 avremo già i primi risultati” (Renzi, 24-2). “‘Il taglio dell’Irpef può aumentare la crescita dello 0,4%’: per gli economisti tra 5 e 6 miliardi in più l’effetto sui consumi” (Stampa, 14-3). “Alimentari, trasporti e abiti: le famiglie spenderanno così 9 miliardi del bonus Irpef” (Repubblica, 16-3). “Il governo accelera sul Def. Sale la stima sul Pil: potrebbe salire all’1,1%” (Repubblica, 24-3).
“La crescita del Pil quest’anno potrebbe arrivare fino all’1%” (Ignazio Visco, governatore Bankitalia, 12-4). “Abbiamo abbassato le previsioni di crescita del Pil rispetto al governo Letta. Sono prudenti, ma saranno smentite. Lo prometto” (Renzi, 8-5. Letta prevedeva un +1% annuo, Renzi un +0,8 annuo: verranno entrambi smentiti, ma al ribasso). “Arriva il rimbalzino del Pil: secondo trimestre positivo.
Attesa una crescita compresa tra lo 0,1 e lo 0,4%” (Stampa, 31-5). “Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente per la vita quotidiana delle persone” (Renzi, 24-7). “Renzi: ‘Difficile confermare il Pil a +0,8% del Def’” (Repubblica, 25-7). “Il Pil non me lo aspettavo così giù. La ripresa non arriva: avevamo previsto lo 0,8, invece sarà inferiore” (Renzi, 30-7). “Renzi: l'Italia non fallirà” (Corriere, 26-8). A fine anno si prevede una crescita negativa. Consumi ancora giù. Consumatori sempre più pessimisti.
DEBITI DELLA PA. “Sblocco totale e non parziale dei debiti delle PA per dare uno choc” (24-2). Ma 22,5 miliardi il Tesoro li ha già pagati; altri 25 li ha già stanziati e coperti Letta; gli altri 47 sono fuori bilancio, mai certificati. “Entro 15 giorni il decreto per sbloccare 60 miliardi alle imprese” (Renzi, 25-2). Poi si scopre che non è un decreto, ma un disegno di legge. “Entro luglio pagheremo tutti i debiti della PA: oltre ai 22 miliardi già pagati, 68 miliardi totali” (Renzi, 12-3).
“Il premier: subito 60 miliardi per pagare le imprese. Ma Padoan non è convinto” (Stampa, 26-2). “Così il governo restituirà grazie a Cdp 60 miliardi alle aziende creditrici” (Repubblica, 27-2). “Renzi si accorda con le banche per dare 60 miliardi alle imprese” (Libero, 5-3). “Crediti alle imprese, lo Stato paga tutto” (Repubblica, 8-3). “Caro Vespa, scommettiamo che rimborseremo alle aziende tutti i debiti della PA entro il 21 settembre, il mio onomastico? Se perde lei va in pellegrinaggio a piedi al santuario di Monte Senario, ma se perdo io sa dove mi mandano gli italiani?” (Renzi, 13-3).
“Il grosso dei pagamenti avverrà nel 2015” (Delrio, 14-5). “Padoan: debiti PA a 6 miliardi: ‘Entro l’estate paghiamo’. Per Bankitalia sono 91 miliardi, Confindustria li stima in 100, il governo ne certifica molti meno” (Repubblica, 29-5). “Entro il 21 settembre dovremmo riuscire a pagare tutti i debiti della PA” (Renzi, 24-7). Al 21-7, sul sito del Tesoro, risultano pagati 26,1 miliardi, più 30,1 di risorse rese disponibili agli enti debitori ma non ancora pagate (totale: il 63% degli stanziamenti 2013). Il governo Renzi ha stanziato 13 miliardi. E adesso ha passato la palla a Cassa Depositi e Prestiti e alle banche.
DEBITO PUBBLICO. “Nessuna preoccupazione sui conti pubblici” (Renzi, 2-8). “Debito pubblico record: 2168 miliardi. In 6 mesi 100 miliardi in più” (Stampa, 14-8).
EUROPA. “Non sforeremo il 3%” (Renzi, 15-3). “L’intesa tra Obama e Renzi: ‘Giusto cambiare l’Europa’” (Repubblica, 28-3). “Renzi a Obama: ‘Convincere la Merkel a cambiare verso’” (Repubblica, 28-3). “L’Europa ci darà più tempo per rispettare il Fiscal compact sul debito: nell’apparato di sorveglianza europeo ci sono margini” (Padoan, 2-4). “Asse tra Renzi e Cameron per rivedere i trattati Ue” (Corriere, 3-4).
“L’Europa deve cambiare. Ora contiamo come Berlino” (Renzi, 27-5). “Prima sfida Renzi-Merkel” (Stampa, 28-5). “Stimo la Merkel, non è un nemico. Ma basta austerità” (Renzi, Stampa, 31-5). “Non temo le pagelle Ue, ma vanno cambiate le regole. Basta con gli eurotecnocrati” (Renzi, 1-6). “Merkel frena la sfida con Renzi” (Stampa, 5-7). “Non prendo ordini dall’Ue” (Renzi, Stampa, 10-8).
“Le riforme in Italia le decido io, non Troika, Bce e Commissione” (Renzi, 10-8). “Sulle riforme condivido dalla A alla Z le parole di Draghi” (Renzi, 12-8). “Riforme, Renzi rassicura Draghi. Due ore di incontro informale” (Stampa, 14-8). “Sforiamo il 3%” (Enrico Zanetti, sottosegretario Economia, Libero, 14-8). “Zanetti parla a titolo personale” (Padoan, 14-8). “Renzi prepara la battaglia: ‘La crisi colpisce tutti, non siamo noi il problema dell’Ue, la Merkel si ammorbidirà’” (Repubblica, 15-8). Nei fatti, il governo non contesta alcun trattato: rispetta il 3% e vuole rinviare il pareggio di bilancio strutturale al 2016.
EVASIONE FISCALE. “Avanti con la lotta all’evasione: non con i blitz a Cortina o Ponte Vecchio, ma con la tecnologia” (Renzi, 9-4). “Fisco, anche le bollette per la caccia agli evasori. Nel piano l’incrocio delle banche dati, dai conti correnti alle utenze” (Corriere, 10-4). “L’evasione non si combatte con nuove norme. Serve la volontà politica. Più controlli? È una logica parziale, rafforza l’idea che l’Agenzia delle Entrate è il nemico. Invece dev’essere un partner, un amico” (Renzi, 20-4). Nessun cambiamento fissato o previsto in materia.
FAMIGLIE. “Ora aiuti alle famiglie” (Renzi, Repubblica, 20-4). “Arriva lo sconto fiscale per le mamme lavoratrici: ecco gli aiuti alle famiglie. Il governo prepara l’intervento sul ‘quoziente’” (Repubblica, 22-4). “Sul bonus alle famiglie stop del Tesoro” (Corriere, 31-5). “Rinvio sul bonus alle famiglie numerose” (Corriere, 4-6). Nulla, non c’è un euro.
FISCO. “Maggio, riforma del fisco” (Renzi, 17-2). “Ora nuovo fisco” (Pierpaolo Baretta, Pd, sottosegretario all’Economia, l’Unità, 1-6). “Scontrini detraibili, il 730 sarà precompilato” Corriere, 28-2). “Nuovo catasto e 730 precompilato, parte la riforma delle tasse” (Corriere, 2-6). “Tasse e fatture digitali. Fisco più semplice” (Corriere, 21-7). Tutto fermo in attesa dei decreti alla delega fiscale.
FLESSIBILITÀ. “Ue: più riforme più flessibilità. Renzi: vertice tosto ma è un successo. Accordo molto buono” (l’Unità, 28-6). “(La flessibilità ottenuta da Renzi in Europa) non è poco... Quando si calcola il deficit non viene considerata, o meglio viene considerata flessibile, una parte della spesa. Di fatto si allenta il Patto di Stabilità. Parliamo di circa 7 miliardi di euro” (Graziano Delrio, Corriere, 30-6).
“Renzi non ha mai chiesto maggiore flessibilità” (Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, Financial Times, 30-6). “Flessibilità, la sfida di Renzi” (Stampa, 3-7). “La crescita di Renzi spacca la Ue” (l’Unità, 3-7). “Renzi, scontro con i tedeschi sulla flessibilità” (Repubblica, 3-7). “Matteo snobba i falchi: ‘Il patto è con la Merkel, flessibilità o Juncker salta’” (Repubblica, 3-7). “La Bundesbank non si intrometta, non ci fa paura: decide la Merkel e la sua linea è un’altra” (Renzi, 4-7).
“La flessibilità serve a tutti, non solo a noi” (Renzi, 4-7). “Duello Renzi-Ecofin sulla flessibilità. Padoan crede nella vittoria sui falchi: ‘Eviteremo manovra e infrazione’” (Repubblica, 9-7). “Governo-Ue, patto sulla flessibilità. Sul tavolo uno ‘sconto’ da 5 miliardi” (Repubblica, 17-8). “Sconto all’Italia, apertura Ue. Spiraglio da Bruxelles: sul tavolo in autunno” (Repubblica, 18-8). “La Commissione Ue frena: la trattativa sulla flessibilità? Solo una congettura” (Stampa, 18-8). “‘Flessibilità a chi fa riforme’. Renzi trova la sponda Bce” (Repubblica, 24-8). Nessun accordo raggiunto, nessun negoziato formale, solo il rinvio unilaterale del pareggio di bilancio al 2016 da parte dell’Italia.
F35. “Sì ai supercaccia F35, ma sui numeri il governo glisserà” (Stampa, 27-3). “Renzi a Obama: ‘L’Italia taglierà le spese militari’” (Repubblica, 28-3). “Difesa, il rebus dei tagli. Renzi: ‘Anche sugli F35’. Ma Pinotti rassicura i militari: ‘Sono necessari alla sicurezza’” (Repubblica, 29-3). “ ‘Le spese militari non vanno ridotte’ : pressing di Obama” (Stampa, 29-3).
“Gli Usa confermano: ‘Dall’Italia nessun taglio alla fornitura di F35’ ” (Stampa, 6-4). “Taglio agli F35. Il governo insiste: 150 milioni in meno” (Stampa, 18-4). “Ecco il piano segreto per tagliare gli F35: via metà degli aerei. Il governo ha deciso: ne acquisterà solo 45” (Repubblica, 22-4). “Il Pentagono lascia a terra gli F35. Mogherini: discussione aperta. Inchiesta Usa sulla sicurezza dopo l’incendio a bordo di uno dei jet” (Corriere, 5-7). “F35, dopo i guasti la Pinotti frena: ‘Non compreremo niente che non sia sicuro e non funzioni perfettamente’” (Repubblica, 16-7). Nessuna riduzione degli acquisti di F35.
GIUSTIZIA. “Entro giugno faremo un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente” (Renzi, 17-2). “Basta con i nostri derby ideologici: fare della giustizia un asset reale per lo sviluppo del Paese” (Renzi, 24-2). “Caro Roberto... quello che va aggredito, hai ragione, è la ‘Mafia SpA’, presente in ogni comparto economico e finanziario del Paese...
Gli appartenenti alle organizzazioni criminali sanno di non rischiare molto sul piano penale, anche perché manca il reato di autoriciclaggio. Il paradosso di un estorsore o uno spacciatore di droga che non viene punito se da solo ricicla o reimpiega il provento dei suoi delitti sarà superato con assoluta urgenza attraverso l’introduzione del delitto di autoriciclaggio.
Aggredire i patrimoni mafiosi può essere una delle grandi risposte che il governo è in grado di dare, dal punto di vista economico, per fronteggiare la crisi” (Renzi, lettera aperta a Roberto Saviano, Repubblica, 2-3). “La riforma della giustizia si fa entro giugno” (Renzi 30-5, 31-5, 1-6, 7-6, 13-6, 14-6). “Giustizia, riforma a tappe. Pronto il testo che introduce l’autoriciclaggio” (Corriere, 22-4). “A giugno la riforma della giustizia, partendo dai Tar” (Renzi, Repubblica, 20-4). “La riforma della giustizia sarà al Consiglio dei ministri del 30 giugno” (Boschi, 20-6.
In realtà il 30 giugno vengono presentate 12 righe di generiche “linee guida”). “Nessuna stretta sulle intercettazioni” (Andrea Orlando, Pd, ministro della Giustizia, 26-6). “Stretta sulle intercettazioni” (Repubblica, 1-7). “Intercettazioni e privacy, quel testo segreto contro l’Italia degli origliatori. Processo alla gogna” (Foglio, 1-7).
“Giustizia, la ricetta del governo in 12 punti” (Corriere, 1-7). “Renzi: processo civile in un anno” (Stampa, 1-7). “Ho incontrato Renzi e mi ha assicurato che i 12 punti della giustizia li scriveremo insieme” (Silvio Berlusconi, 3-7). “Riforma della giustizia entro il 20 agosto” (Orlando, 26-7). “Processo civile, boom dell’online e tempi giù del 62%” (Repubblica, 2-8). “Per cambiare la giustizia ci confronteremo anche con le opposizioni” (Orlando, Repubblica, 3-8). “Giro di vite sull’azione disciplinare contro le toghe del Tar” (Corriere, 15-8).
“Giustizia, il governo accelera sulla prescrizione” (Repubblica, 17-8). “Accelerazione sulla giustizia. Orlando da Napolitano, che raccomanda: ‘Massima attenzione ai temi divisivi’: intercettazioni, prescrizione e falso in bilancio” (Corriere, 19-8). “Giustizia, scontro sulle intercettazioni” (Repubblica, 20-8). “Giustizia, si parte subito da civile e dalla responsabilità delle toghe” (Corriere, 20-8). “Giustizia, primo via libera. Ma serve più tempo per Csm e intercettazioni” (Corriere, 21-8). “Orlando vuole procuratori-manager” (Repubblica, 21-8).
“Limiti ai pm e mini-bavaglio ai giornali. Stretta in arrivo sulle intercettazioni” (Repubblica, 22-8). “Giustizia, il piano del governo. Non solo il processo civile: subito anche la prescrizione” (Corriere, 22-8). “Il Guardasigilli assicura: niente rinvii” (Corriere, 26-8). “Prescrizione congelata e meno ricorsi in appello: ecco la riforma della giustizia” (Repubblica, 27-8). “Giustizia, il governo stringe sulla responsabilità dei giudici” (Corriere, 27-8). “Giustizia, ecco la riforma. Ma sulle intercettazioni è scontro nel governo” (Repubblica, 28-8). “Sì alla stretta sugli ascolti dei non indagati” (Repubblica, 28-8). “La giustizia torna a dividere. FI attacca su intercettazioni e prescrizioni” (Corriere, 28-8).
“Prescrizione congelata solo per i nuovi processi” (Repubblica, 29-8). “Giustizia, Alfano porta a casa la stretta sulle intercettazioni” (Stampa, 29-8). “Processo civile, subito un decreto. Sul penale il governo prende tempo: legge delega sui temi più dibattuti. Novità sulla prescrizione” (Corriere, 29-8). “Pensiamo a un tribunale con competenze più ampie per le imprese” (Renzi, 29-8. Ma il Tribunale delle Imprese l’aveva già istituito il governo Monti nel maggio 2012). “Intercettazioni, nella riforma le linee guida” (Stampa, 30-8). “Renzi: giudici, chi sbaglia paga” (Stampa, 30-8).
“La ‘rivoluzione’ giustizia: prescrizione congelata, nuovo falso in bilancio e vacanze dimezzate” (Repubblica, 30-8). “Ferie dei giudici, Orlando frena il premier” (Repubblica, 31-8). “Le 7 mosse ‘sblocca-giustizia’: un decreto e 6 ddl per recuperare efficienza” (Sole 24 Ore, 31-8). Per il governo è urgente solo il processo civile (decreto); non invece prescrizione, falso in bilancio e autoriciclaggio (ddl solo annunciati, senza una maggioranza in Parlamento che li voti).
IMMIGRATI.“Cie, Alfano studia il taglio dei tempi di permanenza e pensa di abbassare il limite di 18 a 4-6 mesi” (l’Unità, 26-3). “Profughi nelle caserme di tutte le Regioni: ecco il piano Alfano” (Repubblica, 15-6). “Al via operazione Spiagge Sicure. Gli italiani stanchi di essere insolentiti da orde di vu’ cumprà, dobbiamo radere al suolo la contraffazione” (Alfano, 11-8). “Alfano: pronti a fermare Mare Nostrum” (Repubblica, 25-8). Approvata una legge delega sui Cie. Per il resto zero.
ITALICUM. “Occorre una legge elettorale per scegliere direttamente gli eletti e un tetto di tre mandati parlamentari, senza eccezioni” (Renzi, 3-4-2011. Ma, con le sue “riforme”, i partiti continueranno a nominarsi i deputati e per il Senato si aboliscono addirittura le elezioni. Nessuna traccia dei tre mandati). “Il Porcellum è la peggior legge elettorale possibile, in cui i parlamentari sono nominati” (Renzi, 15-4-2011). Infatti sostituisce la peggior legge elettorale possibile con la peggior legge elettorale possibile, in cui i parlamentari sono più nominati di prima. “Vogliamo una legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere il presidente del Consiglio e i parlamentari in modo libero, come succede nei Comuni. I partiti devono consentire alla gente di scegliersi le persone, perché un cittadino possa guardare in faccia i propri rappresentanti.
Poi se fanno bene li conferma, se fanno male li manda a casa e magari i politici proveranno l’ebbrezza di tornare a lavorare” (Renzi, 26-4-2012). “Facciano quel che gli pare, purché lo facciano e che a scegliere siano i cittadini” (Renzi, 1-10-2012). “L’importante è dare ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente, non necessariamente di incasellarsi in destra o sinistra. Comunque la pensi, puoi scegliere chi votare di volta in volta in base alla personalità di chi si candida, delle idee che esprime, del programma” (Renzi, 7-11-2012).
Ma con le sue “riforme” i partiti seguiteranno a impedire alla gente di scegliere e guardare in faccia i propri rappresentanti. “Il Porcellum non è il male assoluto, peggio c’è solo il proporzionale puro. Ma è molto meglio il Mattarellum: almeno vedi in faccia i parlamentari, perché con queste liste elettorali possono mettere dentro di tutto” (Renzi, 19-11-2013).
Ora, con le liste dell’Italicum, Renzi potrà mettere dentro di tutto. “Il Mattarellum è senz’altro migliore del Porcellum: se, per garantire la governabilità, si aggiungesse un premio di maggioranza del 25%, sarebbe perfetto. Ma la soluzione migliore sarebbe la legge elettorale per l’elezione dei sindaci” (Renzi, 22-11-2013). Sia il Mattarellum sia la legge dei sindaci consentono ai cittadini di scegliere: Renzi preferisce l’Italicum, che non lo consente.
“Berlusconi e Grillo fanno le larghe intese per conservare il Porcellum” (Renzi, 19-11-2013). Poi le larghe intese con B. Le ha fatte Renzi per conservare il peggio del Porcellum nell’Italicum. “Nonostante i gufi, la legge elettorale è passata alla Camera ed entro settembre sarà approvata: non ci saranno mai più larghe intese e chi vince governa 5 anni. È una rivoluzione impressionante, chi vince governa. Politica 1 - Disfattismo 0” (Renzi, 12-3-2014). “Italicum entro l’anno” (Renzi, 2-8). Approvato dalla Camera, l’Italicum è uscito dall’agenda parlamentare: insanabili dissensi fra tutti i partiti.
LAVORO. “Il 17 marzo, all’incontro con la Merkel, avrò pronto il piano sul lavoro” (Renzi, 26-2). “Renzi: ora un Jobs Act da 100 miliardi” (l’Unità, 28-2). “Sussidio disoccupazione anche per i precari: 1.000 euro al mese per chi perde il posto. Il piano costerà 8,8 miliardi” (Repubblica, 28-2).
“Ecco il Jobs Act targato Renzi: sussidio di disoccupazione anche per i precari. Col Naspi circa 1.000 euro al mese per chi perde il posto” (Repubblica, 1-3). “Il Jobs Act va bene così: tra 10 mesi vedrete i risultati” (Giuliano Poletti, Pd, ministro del Lavoro, Repubblica, 16-3). “Slitta a settembre il Jobs Act” (Corriere, 18-7). Il Jobs Act è un ddl delega spiaggiato in Parlamento. Ora il governo promette di approvarlo entro il 2014. Per i decreti attuativi passerebbe un altro anno.
MAFIA. “Caro Roberto, so che... vi aspettate che la lotta alla criminalità organizzata diventi per davvero la priorità del governo. Questo impegno io lo assumo... Il cuore delle organizzazioni criminali è negli affari... e anche in quel confine sottile, sottilissimo, che esiste tra lecito e illecito con l’appoggio, con il consenso, con la collusione e qualche volta semplicemente col silenzio di chi ha ruoli di responsabilità nella politica, nelle amministrazioni e nell’economia.
Sono questi i legami che dobbiamo smascherare e recidere. Faremo un lavoro serio e puntiglioso... per adottare le misure necessarie sul piano legislativo e amministrativo. Con una proposta organica in base al lavoro della commissione istituita a Palazzo Chigi con Cantone e Gratteri per elaborare strumenti e contributi per rendere più incisiva la lotta alla criminalità organizzata... Porterò questi temi anche sui tavoli del semestre Ue. C’è tanto lavoro da fare” (Renzi, lettera aperta a Saviano, Repubblica, 2-3). Niente di fatto, né di annunciato.
MANAGER PUBBLICI. “Abbassando il tetto degli stipendi lordi a quanto guadagna il presidente della Repubblica, circa 250 mila euro l’anno, risparmieremo 500 milioni” (Renzi, 14-3). “Manager di Stato, 500 milioni in meno: tetto a 248 mila euro senza deroghe” (Repubblica, 14-3). “Ecco il ‘tetto’ agli stipendi dei manager pubblici. Da aprile scatta il limite: non oltre 311 mila euro lordi” (l’Unità, 29-3). “Tagli ai manager, mossa del Tesoro. Da aprile scattano i primi risparmi” (Corriere, 25-3). “Da aprile tetto agli stipendi dei manager” (Repubblica, 29-3).
“Stretta sui manager pubblici” (Corriere, 29-3). “Stipendi ai manager, subito i tagli” (Corriere, 29-3). “Arriva la stretta sui manager di Stato” (Stampa, 29-3). “Manager, nuova stretta del governo. Stipendi, tetto per tutti i dirigenti: taglio del 25% nelle società quotate” (Repubblica, 30-3). “Il tetto agli stipendi pubblici? Salito di 37 mila euro.
Le retribuzioni dei burocrati ancorata alla Cassazione” (Corriere, 6-4). “La sforbiciata sui dirigenti può valere un miliardo l'anno” (Stampa, 8-4). “Gli stipendi dei dirigenti saranno agganciati al Pil. Palazzo Chigi apripista” (Repubblica, 8-4). “Per i superdirigenti il taglio dello stipendio vale fino a 65 mila euro l’anno” (Stampa, 10-4).
“Stipendi ridotti a 238 mila euro, ma non per tutti” (Repubblica, 15-4). “Pronto il tetto agli stipendi. I dirigenti divisi in quattro fasce. Riduzioni anche per Bankitalia e Consulta” (Stampa, 18-4). “Dirigenti e manager di Stato, sorpresa di Pasqua amara: nuovo taglio di stipendi. La scure dei 240 mila euro su chi si era salvato dal primo tetto. Ora sacrifici anche in Rai, Ragioneria e vertici Polizia” (Repubblica, 20-4). La norma è passata, ma la platea degli interessati è molto più ristretta del previsto con risparmi di meno di 200 milioni, anziché di 500.
UN PREMIER DI FUFFA! DAL JOBS ACT SPIAGGIATO IN PARLAMENTO ALL’ITALICUM DESAPARECIDO: NEI PRIMI 6 MESI A PALAZZO CHIGI SOLO POPULISMO POP DA RENZI - A DAR RETTA A LUI AVREMMO GIÀ DOVUTO AVERE LA RIFORMA DI GIUSTIZIA E FISCO E PAGARE TUTTI I DEBITI DELLA PA
Travaglio: “Dopo aver generato illusioni che neanche un incrocio fra Cavour e De Gaulle avrebbe mai potuto soddisfare, Renzi tenta la fuga verso la normalità: 1000 giorni al posto di 100, ma doveva pensarci prima. Sei mesi di populismo yeyè e futurismo alla fiorentina hanno inoculato nel Paese un’ansia da prestazione che ora gli si ritorce contro”...
Marco Travaglio per “Il Fatto Quotidiano”
Sguazzare nel magico mondo di Matteo Renzi è impresa faticosa e noiosa, ma istruttiva. Catalogare annunci, promesse, impegni, imperativi, scadenze, ultimatum, slogan, parole d’ordine, slide, tweet, hashtag, post, persino sms è un modo come un altro per studiare l’Italia e gli italiani del 2014.
Dopo le mille balle blu berlusconiane, siamo tutti in una comunità di recupero per disintossicarci con terapia omeopatica e graduale: drogati da quattro lustri di patacche e bufale, rischiamo la crisi se ce le tolgono di colpo. Renzi è il metadone: l’oppioide che surroga sostanze psicotrope più forti e previene l’astinenza.
Non bastasse l’annuncite che lui stesso ha confessato (negandola) l’altro giorno, quando ha annunciato “basta annunci” annunciandone di nuovi, ad aggravarla provvede la cosiddetta informazione. Che, come già con Monti & Letta, puntella il terzo governo estraneo agli elettori con un surplus di promesse, di solito su progetti segretissimi, anche per chi dovrebbe averli partoriti.
Quando Renzi dice “i giornali sono pieni di progetti segreti del governo, talmente segreti che non li conosce nemmeno il governo”, ha le sue buone ragioni. Ma ha il torto di accorgersene tardi: quando aveva il vento in poppa e tutti i poteri forti ai suoi piedi con stampa e tv al seguito, sull’annuncite marciava felice. Intanto generava illusioni che neppure un incrocio fra Cavour, Roosevelt e De Gaulle avrebbe mai potuto soddisfare, dunque destinate a trasformarsi in delusioni. Ora che l’elastico torna indietro, lui tenta la fuga verso la normalità. Mille giorni al posto di cento (“una riforma al mese”).
“Passodopopasso ” anziché “tuttoquisubito”. Ma doveva pensarci prima. Sei mesi di populismo e futurismo alla fiorentina, pancia in dentro petto in fuori, yeyé e brumbrum, ha inoculato nel Paese un’ansia da prestazione che ora gli si ritorce contro. Nessuno, a parte B., aveva tanto personalizzato la politica in una sola faccia, un solo corpo, una sola bocca perennemente aperta.
E dire che all’inizio Renzi pareva saperlo che a metter troppa carne al fuoco si produce tanto fumo da oscurare le poche cose davvero fatte: “Basta spot, tanti fatti e pochi annunci. Concretezza da sindaci. I miei ministri devono lavorare e tacere” (22-2). “Voglio uscire dal Truman Show, siamo qui per parlare il linguaggio della franchezza, al limite della brutalità” (24-2). Ma erano annunci, pure quelli. Poi, come scrisse Panorama, partì il Ballo del Blabla.
ARTICOLO 18. “Non parlo dell’articolo 18” (Giuliano Poletti, Pd, ministro del Lavoro, 26-2). “Abolire l’articolo 18 entro fine agosto” (Angelino Alfano, Ncd, ministro dell’Interno, 11-8). “L’articolo 18 è un totem ideologico, inutile discuterne: bisogna riscrivere tutto lo Statuto dei lavoratori” (Renzi, 12-8). “Taglio di 3 anni per i nuovi assunti. Primo passo per cambiare l’articolo 18” (Corriere, 14-8).
“Via l’articolo 18” (Enrico Zanetti, Sc, sottosegretario Economia, Libero, 14-8). “Poletti: non serve abolire l’articolo 18. Basta il contratto di inserimento” (Corriere, 17-8). “Il problema non è l’articolo 18, riguarda 3 mila persone” (Renzi, 1-9). Nel ddl delega “Jobs Act” c’è solo un accenno al “contratto a tutele crescenti”.
AUTO BLU. “Le auto blu andranno all’asta come abbiamo fatto a Firenze. Dal 26 marzo diremo ‘venghino signori venghino’” (Renzi, 12-3). “Vendesi auto quasi nuova colore blu. 100 auto blu all’asta online dal 26 marzo” (slide di Renzi, 12-3). “Le autoblu su eBay dovrebbero fruttare 370 mila euro” (28-4).
“L’auto blu piace usata e su internet scatta la corsa all’acquisto” (Repubblica, 28-3). “Pazzi per le auto blu: boom di offerte e prezzi più alti della media” (Corriere, 6-4). “Sono state vendute tutte le 52 auto blu messe all’asta su eBay” (Palazzo Chigi, 18-4). In realtà ne sono state vendute solo 7 e hanno fruttato appena 50 mila euro.
BUROCRAZIA. “Decreto ‘licenzierà’ i consiglieri di Stato” (Repubblica, 24-2). “Ora una violenta lotta alla burocrazia” (Renzi, 11-4). “Il piano anti-burocrazia. Renzi: ‘Entro mille giorni tutti i certificati online o inviati a casa entro 48 ore’” (Repubblica, 11-7).“Certificati online per dire addio alle code” (Stampa, 11-7). Tutto fermo.
CARCERI. “Non è possibile un nuovo indulto-amnistia dopo 7 anni dall’ultimo. Non serio, non educativo e non responsabile. Sarebbe un autogol e un vulnus al principio di legalità che la gente non capirebbe” (Renzi, 12-10-2013). “Approvato in Senato il decreto carceri: risarcimenti e sconti di pena ai detenuti in celle sovraffollate, stretta sulla custodia cautelare, niente carcere se la pena non supererà i 3 anni. Lega e M5S: ‘Indulto mascherato’” (Stampa, 3-8). “La polizia ad Alfano: ‘Con lo svuotacarceri dimezzati gli arresti degli spacciatori’” (Repubblica, 18-8).
CASA. “Piano casa da 1 miliardo e mezzo” (Stampa, 1-3). “Arriva il piano casa con affitto e riscatto” (Repubblica, 2-3). “Riforma del catasto a breve” (Corriere, 5-6). “Altolà di Padoan alle spese: il pacchetto casa a rischio” (Repubblica, 26-8). “Sconto fiscale per chi affitta alloggi nuovi” (Corriere, 28-8). Bloccato quasi tutto per mancanza di fondi.
CONFLITTO DI INTERESSI. “Occorre una legge sul conflitto di interessi” (Delrio, 23-2). Mai vista.
CORRUZIONE. “Caro Roberto... un’altra emergenza, strettamente connessa a quelle delle mafie, pure da affrontare – come ci ha di recente ricordato l’Unione europea – è la corruzione il cui costo ammonta a 60 miliardi ogni anno, pari al 4% del Pil italiano, circa metà dei danni provocati in tutta Europa” (Renzi, lettera aperta a Roberto Saviano, Repubblica, 2-3). “Senato, il ddl anticorruzione slitta al 10 giugno” (Messaggero, 27-5). “Renzi: Daspo a vita contro i corrotti.
Stretta nel codice etico dei Dem” (Repubblica, 11-6). Il 16 giugno il ddl Grasso anticorruzione, discusso in commissione per un anno ed emendato da partiti e governo, è pronto per l’approvazione alla Camera. Ma il governo, previo colloquio di Renzi con B. e Verdini, lo blocca annunciandone uno nuovo. Che per ora non c’è né è all’ordine del giorno.
COSTI DELLA CASTA. “Dimezzare subito il numero e le indennità dei parlamentari. E vogliamo sceglierli noi con i voti, non farli scegliere a Roma con gli inchini al potente di turno” (Renzi, 18-10-2010). Con l’Italicum e il Senato delle Autonomie, i parlamentari non si dimezzano, ma scendono da 950 a 730, e le indennità dei 630 deputati restano intatte. “Io da sindaco di Firenze guadagno 50 mila euro netti l’anno.
Perché un parlamentare o un consigliere regionale deve guadagnare molto più di me?” (18-7-2011). Ma con le sue riforme i deputati continueranno a guadagnare molto più dei sindaci. “Ridurre gli stipendi e dimezzare il numero dei parlamentari e abolire tutti i tipi di privilegi che fanno credere alla gente che i politici siano tutti uguali” (7-11-2012). Ora anche i sindaci e iconsiglieri regionali nominati senatori avranno un privilegio in più: l’immunità parlamentare.
CRESCITA DEL PIL. “La domanda interna si rianima, il calo dei prezzi aiuta i redditi più bassi” (Mario Draghi, presidente Bce, 23-2). “Con misure serie, irreversibili, legate non solo alla revisione della spesa, nel primo semestre 2014 avremo già i primi risultati” (Renzi, 24-2). “‘Il taglio dell’Irpef può aumentare la crescita dello 0,4%’: per gli economisti tra 5 e 6 miliardi in più l’effetto sui consumi” (Stampa, 14-3). “Alimentari, trasporti e abiti: le famiglie spenderanno così 9 miliardi del bonus Irpef” (Repubblica, 16-3). “Il governo accelera sul Def. Sale la stima sul Pil: potrebbe salire all’1,1%” (Repubblica, 24-3).
“La crescita del Pil quest’anno potrebbe arrivare fino all’1%” (Ignazio Visco, governatore Bankitalia, 12-4). “Abbiamo abbassato le previsioni di crescita del Pil rispetto al governo Letta. Sono prudenti, ma saranno smentite. Lo prometto” (Renzi, 8-5. Letta prevedeva un +1% annuo, Renzi un +0,8 annuo: verranno entrambi smentiti, ma al ribasso). “Arriva il rimbalzino del Pil: secondo trimestre positivo.
Attesa una crescita compresa tra lo 0,1 e lo 0,4%” (Stampa, 31-5). “Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente per la vita quotidiana delle persone” (Renzi, 24-7). “Renzi: ‘Difficile confermare il Pil a +0,8% del Def’” (Repubblica, 25-7). “Il Pil non me lo aspettavo così giù. La ripresa non arriva: avevamo previsto lo 0,8, invece sarà inferiore” (Renzi, 30-7). “Renzi: l'Italia non fallirà” (Corriere, 26-8). A fine anno si prevede una crescita negativa. Consumi ancora giù. Consumatori sempre più pessimisti.
DEBITI DELLA PA. “Sblocco totale e non parziale dei debiti delle PA per dare uno choc” (24-2). Ma 22,5 miliardi il Tesoro li ha già pagati; altri 25 li ha già stanziati e coperti Letta; gli altri 47 sono fuori bilancio, mai certificati. “Entro 15 giorni il decreto per sbloccare 60 miliardi alle imprese” (Renzi, 25-2). Poi si scopre che non è un decreto, ma un disegno di legge. “Entro luglio pagheremo tutti i debiti della PA: oltre ai 22 miliardi già pagati, 68 miliardi totali” (Renzi, 12-3).
“Il premier: subito 60 miliardi per pagare le imprese. Ma Padoan non è convinto” (Stampa, 26-2). “Così il governo restituirà grazie a Cdp 60 miliardi alle aziende creditrici” (Repubblica, 27-2). “Renzi si accorda con le banche per dare 60 miliardi alle imprese” (Libero, 5-3). “Crediti alle imprese, lo Stato paga tutto” (Repubblica, 8-3). “Caro Vespa, scommettiamo che rimborseremo alle aziende tutti i debiti della PA entro il 21 settembre, il mio onomastico? Se perde lei va in pellegrinaggio a piedi al santuario di Monte Senario, ma se perdo io sa dove mi mandano gli italiani?” (Renzi, 13-3).
“Il grosso dei pagamenti avverrà nel 2015” (Delrio, 14-5). “Padoan: debiti PA a 6 miliardi: ‘Entro l’estate paghiamo’. Per Bankitalia sono 91 miliardi, Confindustria li stima in 100, il governo ne certifica molti meno” (Repubblica, 29-5). “Entro il 21 settembre dovremmo riuscire a pagare tutti i debiti della PA” (Renzi, 24-7). Al 21-7, sul sito del Tesoro, risultano pagati 26,1 miliardi, più 30,1 di risorse rese disponibili agli enti debitori ma non ancora pagate (totale: il 63% degli stanziamenti 2013). Il governo Renzi ha stanziato 13 miliardi. E adesso ha passato la palla a Cassa Depositi e Prestiti e alle banche.
DEBITO PUBBLICO. “Nessuna preoccupazione sui conti pubblici” (Renzi, 2-8). “Debito pubblico record: 2168 miliardi. In 6 mesi 100 miliardi in più” (Stampa, 14-8).
EUROPA. “Non sforeremo il 3%” (Renzi, 15-3). “L’intesa tra Obama e Renzi: ‘Giusto cambiare l’Europa’” (Repubblica, 28-3). “Renzi a Obama: ‘Convincere la Merkel a cambiare verso’” (Repubblica, 28-3). “L’Europa ci darà più tempo per rispettare il Fiscal compact sul debito: nell’apparato di sorveglianza europeo ci sono margini” (Padoan, 2-4). “Asse tra Renzi e Cameron per rivedere i trattati Ue” (Corriere, 3-4).
“L’Europa deve cambiare. Ora contiamo come Berlino” (Renzi, 27-5). “Prima sfida Renzi-Merkel” (Stampa, 28-5). “Stimo la Merkel, non è un nemico. Ma basta austerità” (Renzi, Stampa, 31-5). “Non temo le pagelle Ue, ma vanno cambiate le regole. Basta con gli eurotecnocrati” (Renzi, 1-6). “Merkel frena la sfida con Renzi” (Stampa, 5-7). “Non prendo ordini dall’Ue” (Renzi, Stampa, 10-8).
“Le riforme in Italia le decido io, non Troika, Bce e Commissione” (Renzi, 10-8). “Sulle riforme condivido dalla A alla Z le parole di Draghi” (Renzi, 12-8). “Riforme, Renzi rassicura Draghi. Due ore di incontro informale” (Stampa, 14-8). “Sforiamo il 3%” (Enrico Zanetti, sottosegretario Economia, Libero, 14-8). “Zanetti parla a titolo personale” (Padoan, 14-8). “Renzi prepara la battaglia: ‘La crisi colpisce tutti, non siamo noi il problema dell’Ue, la Merkel si ammorbidirà’” (Repubblica, 15-8). Nei fatti, il governo non contesta alcun trattato: rispetta il 3% e vuole rinviare il pareggio di bilancio strutturale al 2016.
EVASIONE FISCALE. “Avanti con la lotta all’evasione: non con i blitz a Cortina o Ponte Vecchio, ma con la tecnologia” (Renzi, 9-4). “Fisco, anche le bollette per la caccia agli evasori. Nel piano l’incrocio delle banche dati, dai conti correnti alle utenze” (Corriere, 10-4). “L’evasione non si combatte con nuove norme. Serve la volontà politica. Più controlli? È una logica parziale, rafforza l’idea che l’Agenzia delle Entrate è il nemico. Invece dev’essere un partner, un amico” (Renzi, 20-4). Nessun cambiamento fissato o previsto in materia.
FAMIGLIE. “Ora aiuti alle famiglie” (Renzi, Repubblica, 20-4). “Arriva lo sconto fiscale per le mamme lavoratrici: ecco gli aiuti alle famiglie. Il governo prepara l’intervento sul ‘quoziente’” (Repubblica, 22-4). “Sul bonus alle famiglie stop del Tesoro” (Corriere, 31-5). “Rinvio sul bonus alle famiglie numerose” (Corriere, 4-6). Nulla, non c’è un euro.
FISCO. “Maggio, riforma del fisco” (Renzi, 17-2). “Ora nuovo fisco” (Pierpaolo Baretta, Pd, sottosegretario all’Economia, l’Unità, 1-6). “Scontrini detraibili, il 730 sarà precompilato” Corriere, 28-2). “Nuovo catasto e 730 precompilato, parte la riforma delle tasse” (Corriere, 2-6). “Tasse e fatture digitali. Fisco più semplice” (Corriere, 21-7). Tutto fermo in attesa dei decreti alla delega fiscale.
FLESSIBILITÀ. “Ue: più riforme più flessibilità. Renzi: vertice tosto ma è un successo. Accordo molto buono” (l’Unità, 28-6). “(La flessibilità ottenuta da Renzi in Europa) non è poco... Quando si calcola il deficit non viene considerata, o meglio viene considerata flessibile, una parte della spesa. Di fatto si allenta il Patto di Stabilità. Parliamo di circa 7 miliardi di euro” (Graziano Delrio, Corriere, 30-6).
“Renzi non ha mai chiesto maggiore flessibilità” (Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco, Financial Times, 30-6). “Flessibilità, la sfida di Renzi” (Stampa, 3-7). “La crescita di Renzi spacca la Ue” (l’Unità, 3-7). “Renzi, scontro con i tedeschi sulla flessibilità” (Repubblica, 3-7). “Matteo snobba i falchi: ‘Il patto è con la Merkel, flessibilità o Juncker salta’” (Repubblica, 3-7). “La Bundesbank non si intrometta, non ci fa paura: decide la Merkel e la sua linea è un’altra” (Renzi, 4-7).
“La flessibilità serve a tutti, non solo a noi” (Renzi, 4-7). “Duello Renzi-Ecofin sulla flessibilità. Padoan crede nella vittoria sui falchi: ‘Eviteremo manovra e infrazione’” (Repubblica, 9-7). “Governo-Ue, patto sulla flessibilità. Sul tavolo uno ‘sconto’ da 5 miliardi” (Repubblica, 17-8). “Sconto all’Italia, apertura Ue. Spiraglio da Bruxelles: sul tavolo in autunno” (Repubblica, 18-8). “La Commissione Ue frena: la trattativa sulla flessibilità? Solo una congettura” (Stampa, 18-8). “‘Flessibilità a chi fa riforme’. Renzi trova la sponda Bce” (Repubblica, 24-8). Nessun accordo raggiunto, nessun negoziato formale, solo il rinvio unilaterale del pareggio di bilancio al 2016 da parte dell’Italia.
F35. “Sì ai supercaccia F35, ma sui numeri il governo glisserà” (Stampa, 27-3). “Renzi a Obama: ‘L’Italia taglierà le spese militari’” (Repubblica, 28-3). “Difesa, il rebus dei tagli. Renzi: ‘Anche sugli F35’. Ma Pinotti rassicura i militari: ‘Sono necessari alla sicurezza’” (Repubblica, 29-3). “ ‘Le spese militari non vanno ridotte’ : pressing di Obama” (Stampa, 29-3).
“Gli Usa confermano: ‘Dall’Italia nessun taglio alla fornitura di F35’ ” (Stampa, 6-4). “Taglio agli F35. Il governo insiste: 150 milioni in meno” (Stampa, 18-4). “Ecco il piano segreto per tagliare gli F35: via metà degli aerei. Il governo ha deciso: ne acquisterà solo 45” (Repubblica, 22-4). “Il Pentagono lascia a terra gli F35. Mogherini: discussione aperta. Inchiesta Usa sulla sicurezza dopo l’incendio a bordo di uno dei jet” (Corriere, 5-7). “F35, dopo i guasti la Pinotti frena: ‘Non compreremo niente che non sia sicuro e non funzioni perfettamente’” (Repubblica, 16-7). Nessuna riduzione degli acquisti di F35.
GIUSTIZIA. “Entro giugno faremo un pacchetto organico di revisione della giustizia che non lasci fuori niente” (Renzi, 17-2). “Basta con i nostri derby ideologici: fare della giustizia un asset reale per lo sviluppo del Paese” (Renzi, 24-2). “Caro Roberto... quello che va aggredito, hai ragione, è la ‘Mafia SpA’, presente in ogni comparto economico e finanziario del Paese...
Gli appartenenti alle organizzazioni criminali sanno di non rischiare molto sul piano penale, anche perché manca il reato di autoriciclaggio. Il paradosso di un estorsore o uno spacciatore di droga che non viene punito se da solo ricicla o reimpiega il provento dei suoi delitti sarà superato con assoluta urgenza attraverso l’introduzione del delitto di autoriciclaggio.
Aggredire i patrimoni mafiosi può essere una delle grandi risposte che il governo è in grado di dare, dal punto di vista economico, per fronteggiare la crisi” (Renzi, lettera aperta a Roberto Saviano, Repubblica, 2-3). “La riforma della giustizia si fa entro giugno” (Renzi 30-5, 31-5, 1-6, 7-6, 13-6, 14-6). “Giustizia, riforma a tappe. Pronto il testo che introduce l’autoriciclaggio” (Corriere, 22-4). “A giugno la riforma della giustizia, partendo dai Tar” (Renzi, Repubblica, 20-4). “La riforma della giustizia sarà al Consiglio dei ministri del 30 giugno” (Boschi, 20-6.
In realtà il 30 giugno vengono presentate 12 righe di generiche “linee guida”). “Nessuna stretta sulle intercettazioni” (Andrea Orlando, Pd, ministro della Giustizia, 26-6). “Stretta sulle intercettazioni” (Repubblica, 1-7). “Intercettazioni e privacy, quel testo segreto contro l’Italia degli origliatori. Processo alla gogna” (Foglio, 1-7).
“Giustizia, la ricetta del governo in 12 punti” (Corriere, 1-7). “Renzi: processo civile in un anno” (Stampa, 1-7). “Ho incontrato Renzi e mi ha assicurato che i 12 punti della giustizia li scriveremo insieme” (Silvio Berlusconi, 3-7). “Riforma della giustizia entro il 20 agosto” (Orlando, 26-7). “Processo civile, boom dell’online e tempi giù del 62%” (Repubblica, 2-8). “Per cambiare la giustizia ci confronteremo anche con le opposizioni” (Orlando, Repubblica, 3-8). “Giro di vite sull’azione disciplinare contro le toghe del Tar” (Corriere, 15-8).
“Giustizia, il governo accelera sulla prescrizione” (Repubblica, 17-8). “Accelerazione sulla giustizia. Orlando da Napolitano, che raccomanda: ‘Massima attenzione ai temi divisivi’: intercettazioni, prescrizione e falso in bilancio” (Corriere, 19-8). “Giustizia, scontro sulle intercettazioni” (Repubblica, 20-8). “Giustizia, si parte subito da civile e dalla responsabilità delle toghe” (Corriere, 20-8). “Giustizia, primo via libera. Ma serve più tempo per Csm e intercettazioni” (Corriere, 21-8). “Orlando vuole procuratori-manager” (Repubblica, 21-8).
“Limiti ai pm e mini-bavaglio ai giornali. Stretta in arrivo sulle intercettazioni” (Repubblica, 22-8). “Giustizia, il piano del governo. Non solo il processo civile: subito anche la prescrizione” (Corriere, 22-8). “Il Guardasigilli assicura: niente rinvii” (Corriere, 26-8). “Prescrizione congelata e meno ricorsi in appello: ecco la riforma della giustizia” (Repubblica, 27-8). “Giustizia, il governo stringe sulla responsabilità dei giudici” (Corriere, 27-8). “Giustizia, ecco la riforma. Ma sulle intercettazioni è scontro nel governo” (Repubblica, 28-8). “Sì alla stretta sugli ascolti dei non indagati” (Repubblica, 28-8). “La giustizia torna a dividere. FI attacca su intercettazioni e prescrizioni” (Corriere, 28-8).
“Prescrizione congelata solo per i nuovi processi” (Repubblica, 29-8). “Giustizia, Alfano porta a casa la stretta sulle intercettazioni” (Stampa, 29-8). “Processo civile, subito un decreto. Sul penale il governo prende tempo: legge delega sui temi più dibattuti. Novità sulla prescrizione” (Corriere, 29-8). “Pensiamo a un tribunale con competenze più ampie per le imprese” (Renzi, 29-8. Ma il Tribunale delle Imprese l’aveva già istituito il governo Monti nel maggio 2012). “Intercettazioni, nella riforma le linee guida” (Stampa, 30-8). “Renzi: giudici, chi sbaglia paga” (Stampa, 30-8).
“La ‘rivoluzione’ giustizia: prescrizione congelata, nuovo falso in bilancio e vacanze dimezzate” (Repubblica, 30-8). “Ferie dei giudici, Orlando frena il premier” (Repubblica, 31-8). “Le 7 mosse ‘sblocca-giustizia’: un decreto e 6 ddl per recuperare efficienza” (Sole 24 Ore, 31-8). Per il governo è urgente solo il processo civile (decreto); non invece prescrizione, falso in bilancio e autoriciclaggio (ddl solo annunciati, senza una maggioranza in Parlamento che li voti).
IMMIGRATI.“Cie, Alfano studia il taglio dei tempi di permanenza e pensa di abbassare il limite di 18 a 4-6 mesi” (l’Unità, 26-3). “Profughi nelle caserme di tutte le Regioni: ecco il piano Alfano” (Repubblica, 15-6). “Al via operazione Spiagge Sicure. Gli italiani stanchi di essere insolentiti da orde di vu’ cumprà, dobbiamo radere al suolo la contraffazione” (Alfano, 11-8). “Alfano: pronti a fermare Mare Nostrum” (Repubblica, 25-8). Approvata una legge delega sui Cie. Per il resto zero.
ITALICUM. “Occorre una legge elettorale per scegliere direttamente gli eletti e un tetto di tre mandati parlamentari, senza eccezioni” (Renzi, 3-4-2011. Ma, con le sue “riforme”, i partiti continueranno a nominarsi i deputati e per il Senato si aboliscono addirittura le elezioni. Nessuna traccia dei tre mandati). “Il Porcellum è la peggior legge elettorale possibile, in cui i parlamentari sono nominati” (Renzi, 15-4-2011). Infatti sostituisce la peggior legge elettorale possibile con la peggior legge elettorale possibile, in cui i parlamentari sono più nominati di prima. “Vogliamo una legge elettorale che consenta ai cittadini di scegliere il presidente del Consiglio e i parlamentari in modo libero, come succede nei Comuni. I partiti devono consentire alla gente di scegliersi le persone, perché un cittadino possa guardare in faccia i propri rappresentanti.
Poi se fanno bene li conferma, se fanno male li manda a casa e magari i politici proveranno l’ebbrezza di tornare a lavorare” (Renzi, 26-4-2012). “Facciano quel che gli pare, purché lo facciano e che a scegliere siano i cittadini” (Renzi, 1-10-2012). “L’importante è dare ai cittadini la possibilità di scegliere liberamente, non necessariamente di incasellarsi in destra o sinistra. Comunque la pensi, puoi scegliere chi votare di volta in volta in base alla personalità di chi si candida, delle idee che esprime, del programma” (Renzi, 7-11-2012).
Ma con le sue “riforme” i partiti seguiteranno a impedire alla gente di scegliere e guardare in faccia i propri rappresentanti. “Il Porcellum non è il male assoluto, peggio c’è solo il proporzionale puro. Ma è molto meglio il Mattarellum: almeno vedi in faccia i parlamentari, perché con queste liste elettorali possono mettere dentro di tutto” (Renzi, 19-11-2013).
Ora, con le liste dell’Italicum, Renzi potrà mettere dentro di tutto. “Il Mattarellum è senz’altro migliore del Porcellum: se, per garantire la governabilità, si aggiungesse un premio di maggioranza del 25%, sarebbe perfetto. Ma la soluzione migliore sarebbe la legge elettorale per l’elezione dei sindaci” (Renzi, 22-11-2013). Sia il Mattarellum sia la legge dei sindaci consentono ai cittadini di scegliere: Renzi preferisce l’Italicum, che non lo consente.
“Berlusconi e Grillo fanno le larghe intese per conservare il Porcellum” (Renzi, 19-11-2013). Poi le larghe intese con B. Le ha fatte Renzi per conservare il peggio del Porcellum nell’Italicum. “Nonostante i gufi, la legge elettorale è passata alla Camera ed entro settembre sarà approvata: non ci saranno mai più larghe intese e chi vince governa 5 anni. È una rivoluzione impressionante, chi vince governa. Politica 1 - Disfattismo 0” (Renzi, 12-3-2014). “Italicum entro l’anno” (Renzi, 2-8). Approvato dalla Camera, l’Italicum è uscito dall’agenda parlamentare: insanabili dissensi fra tutti i partiti.
LAVORO. “Il 17 marzo, all’incontro con la Merkel, avrò pronto il piano sul lavoro” (Renzi, 26-2). “Renzi: ora un Jobs Act da 100 miliardi” (l’Unità, 28-2). “Sussidio disoccupazione anche per i precari: 1.000 euro al mese per chi perde il posto. Il piano costerà 8,8 miliardi” (Repubblica, 28-2).
“Ecco il Jobs Act targato Renzi: sussidio di disoccupazione anche per i precari. Col Naspi circa 1.000 euro al mese per chi perde il posto” (Repubblica, 1-3). “Il Jobs Act va bene così: tra 10 mesi vedrete i risultati” (Giuliano Poletti, Pd, ministro del Lavoro, Repubblica, 16-3). “Slitta a settembre il Jobs Act” (Corriere, 18-7). Il Jobs Act è un ddl delega spiaggiato in Parlamento. Ora il governo promette di approvarlo entro il 2014. Per i decreti attuativi passerebbe un altro anno.
MAFIA. “Caro Roberto, so che... vi aspettate che la lotta alla criminalità organizzata diventi per davvero la priorità del governo. Questo impegno io lo assumo... Il cuore delle organizzazioni criminali è negli affari... e anche in quel confine sottile, sottilissimo, che esiste tra lecito e illecito con l’appoggio, con il consenso, con la collusione e qualche volta semplicemente col silenzio di chi ha ruoli di responsabilità nella politica, nelle amministrazioni e nell’economia.
Sono questi i legami che dobbiamo smascherare e recidere. Faremo un lavoro serio e puntiglioso... per adottare le misure necessarie sul piano legislativo e amministrativo. Con una proposta organica in base al lavoro della commissione istituita a Palazzo Chigi con Cantone e Gratteri per elaborare strumenti e contributi per rendere più incisiva la lotta alla criminalità organizzata... Porterò questi temi anche sui tavoli del semestre Ue. C’è tanto lavoro da fare” (Renzi, lettera aperta a Saviano, Repubblica, 2-3). Niente di fatto, né di annunciato.
MANAGER PUBBLICI. “Abbassando il tetto degli stipendi lordi a quanto guadagna il presidente della Repubblica, circa 250 mila euro l’anno, risparmieremo 500 milioni” (Renzi, 14-3). “Manager di Stato, 500 milioni in meno: tetto a 248 mila euro senza deroghe” (Repubblica, 14-3). “Ecco il ‘tetto’ agli stipendi dei manager pubblici. Da aprile scatta il limite: non oltre 311 mila euro lordi” (l’Unità, 29-3). “Tagli ai manager, mossa del Tesoro. Da aprile scattano i primi risparmi” (Corriere, 25-3). “Da aprile tetto agli stipendi dei manager” (Repubblica, 29-3).
“Stretta sui manager pubblici” (Corriere, 29-3). “Stipendi ai manager, subito i tagli” (Corriere, 29-3). “Arriva la stretta sui manager di Stato” (Stampa, 29-3). “Manager, nuova stretta del governo. Stipendi, tetto per tutti i dirigenti: taglio del 25% nelle società quotate” (Repubblica, 30-3). “Il tetto agli stipendi pubblici? Salito di 37 mila euro.
Le retribuzioni dei burocrati ancorata alla Cassazione” (Corriere, 6-4). “La sforbiciata sui dirigenti può valere un miliardo l'anno” (Stampa, 8-4). “Gli stipendi dei dirigenti saranno agganciati al Pil. Palazzo Chigi apripista” (Repubblica, 8-4). “Per i superdirigenti il taglio dello stipendio vale fino a 65 mila euro l’anno” (Stampa, 10-4).
“Stipendi ridotti a 238 mila euro, ma non per tutti” (Repubblica, 15-4). “Pronto il tetto agli stipendi. I dirigenti divisi in quattro fasce. Riduzioni anche per Bankitalia e Consulta” (Stampa, 18-4). “Dirigenti e manager di Stato, sorpresa di Pasqua amara: nuovo taglio di stipendi. La scure dei 240 mila euro su chi si era salvato dal primo tetto. Ora sacrifici anche in Rai, Ragioneria e vertici Polizia” (Repubblica, 20-4). La norma è passata, ma la platea degli interessati è molto più ristretta del previsto con risparmi di meno di 200 milioni, anziché di 500.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
PROVINCE I NOMINATI SE LI SPARTISCONO IL PD E FORZA ITALIA
(Carlo Tecce).
05/09/2014 di triskel182
ENTRO IL 12 OTTOBRE VERRANNO RINNOVATI 64 CONSIGLI E COSTITUITE 8 CITTÀ METROPOLITANE: NIENTE ELETTORI, SOLO LOGICHE DI PARTITO. AZZERATE LE LISTE CIVICHE.
Un po’ ristrette, un po’ insolventi, molto disordinate, però le Province stanno bene. E tra un paio di settimane, senza che le piazze siano invase da ingombranti palchetti per i comizi e senza consultare i cittadini con relativo scrutinio notturno e le proiezioni dei sondaggisti, saranno persino rinnovate, rimpinguate. Ci saranno presidenti (64), consiglieri (760); presidenti di città metropolitane (8) e consiglieri di città metropolitane (162): una carovana un po’ ridotta, rispetto all’epoca di elezione di primo livello, questa è di secondo livello, politici votati votano politici: ce n’erano 2500, adesso saranno 986, ma si scelgono tra loro.
Entro il 12 ottobre e non vi sentite in difetto se la notizia non vi tocca, sparse e con regole miste, ciascuna applica un decreto su misura, le Province si fanno simbolicamente più snelle (anche di democrazia). Così “leggere” che Vincenzo Bernazzoli di Parma non riesce a scovare 30.000 euro (trentamila euro, avete letto bene) per la manutenzione ordinaria di fatiscenti edifici scolastici. E ancora covano nei bilanci gli effetti dei continui mancati trasferimenti statali, e ancora le buche attendono una toppa, e i servizi un po’ di carburante: all’improvviso, oggi il problema non è risolto, bensì scomparso. Il governo di Matteo Renzi, che ha spinto la Costituzione in sala operatoria con l’assistenza di un (ex) Cavaliere, non promette (pardon, non annuncia) nulla sul destino di queste 64 Province: forse un domani saranno abolite davvero, adesso i presidenti si prendono un mandato di 4 anni, i consiglieri s’accontentano di un biennio e sindaci, assessori e sconosciuti membri dei comuni s’apprestano a spartirsi un piccolo, desolante, eremo di potere. ANCHE SE LE PIAZZE non pullulano di manifesti, la campagna elettorale è cominciata da settimane. E le campagne elettorali locali, proverbialmente faticose e cervellotiche, svolte dai politici per i politici non sono nient’altro che riunioni condominiali per distribuire le poltrone con maggiore comodità. Lo spirito riformista accompagna le trattative di queste ore, al centrosinistra (cioè al Partito democratico) e al centrodestra (cioè a Forza Italia) non pare vero: possono dividersi la Puglia e la Liguria, siglare patti più o meno segreti, senza temere la bocciatura popolare. Azzerate le liste civiche: pesano poco. A Taranto il sindaco è di Sel, Ippazio Stefano, la Regione di Sel, di Nichi Vendola. E allora democratici e forzisti, giocando a campo largo sull’intera regione, volevano assegnare la Provincia tarantina al partito di Berlusconi, al primo cittadino di Massafra, Mario Carmelo detto Martino Tamburrano. Il coordinatore Michele Emiliano ha protestato, i dem pugliesi l’hanno seguito, e l’inciucio pare evitato. A La Spezia, dove i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni detengono egregie quote elettorali e la concorrenza è fragile da qualsiasi punto di vista e per chiunque (nessuno ha voglia di prendersi questa incombenza), i dem hanno cercato l’approccio con i forzisti: reazione freddina. Neanche quattro mesi fa, i padovani hanno incoronato sindaco il leghista Massimo Bitonci: dopo il centrodestra e il centrosinistra, la città ha scelto un leghista. A Forza Italia non piace più. E così Manuel Bianzale, capogruppo di Forza Italia al Comune di Padova, rivendica la presidenza. Per spaventare il Carroccio, i forzisti minacciano alleanze con il Nuovo Centrodestra di Alfano: direte, che minacce pericolose. Sbagliato, perché il movimento di Angelino sarà quasi ininfluente se votano i cittadini, ma determinante se votano i politici. A Bergamo, anche per continuità storica, i democratici sostengono il consigliere uscente Matteo Rossi che, commosso, ha presentato il simbolo e divulgato un messaggio (non ai cittadini, semmai ai colleghi): “Fin dall’oratorio, la mia passione è quella di tenere insieme e di fare insieme”. I LEGHISTI dovevano ratificare la linea di Matteo Salvini, il segretario contestatore che, appunto, voleva contestare la farsa di queste Province mezze vive e mezze morte: il partito locale l’ha smentito. E la Lega lancia Giuseppe Pezzoni da Treviglio, quasi 30.000 abitanti. Occhio alla Toscana, dialogo fitto tra i democratici e l’emissario di Denis Verdini, Massimo Parisi. Nessun ostacolo, come abitudine, a Firenze: i forzisti si apparentano con i leghisti. I sindaci capoluogo di 8 città metropolitane (mancano Reggio Calabria e Venezia commissariate) si prendono l’intera provincia, estendono il territorio. Il chirurgo Ignazio Marino potrà operare sino a Frascati. I grandi vincono dove lo spazio è grande, i piccoli s’azzuffano. Chi vuole conquistare la Provincia di Avellino deve trattare con Ciriaco De Mita, 86 anni, sindaco di Nusco, elettore.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/09/2014.
(Carlo Tecce).
05/09/2014 di triskel182
ENTRO IL 12 OTTOBRE VERRANNO RINNOVATI 64 CONSIGLI E COSTITUITE 8 CITTÀ METROPOLITANE: NIENTE ELETTORI, SOLO LOGICHE DI PARTITO. AZZERATE LE LISTE CIVICHE.
Un po’ ristrette, un po’ insolventi, molto disordinate, però le Province stanno bene. E tra un paio di settimane, senza che le piazze siano invase da ingombranti palchetti per i comizi e senza consultare i cittadini con relativo scrutinio notturno e le proiezioni dei sondaggisti, saranno persino rinnovate, rimpinguate. Ci saranno presidenti (64), consiglieri (760); presidenti di città metropolitane (8) e consiglieri di città metropolitane (162): una carovana un po’ ridotta, rispetto all’epoca di elezione di primo livello, questa è di secondo livello, politici votati votano politici: ce n’erano 2500, adesso saranno 986, ma si scelgono tra loro.
Entro il 12 ottobre e non vi sentite in difetto se la notizia non vi tocca, sparse e con regole miste, ciascuna applica un decreto su misura, le Province si fanno simbolicamente più snelle (anche di democrazia). Così “leggere” che Vincenzo Bernazzoli di Parma non riesce a scovare 30.000 euro (trentamila euro, avete letto bene) per la manutenzione ordinaria di fatiscenti edifici scolastici. E ancora covano nei bilanci gli effetti dei continui mancati trasferimenti statali, e ancora le buche attendono una toppa, e i servizi un po’ di carburante: all’improvviso, oggi il problema non è risolto, bensì scomparso. Il governo di Matteo Renzi, che ha spinto la Costituzione in sala operatoria con l’assistenza di un (ex) Cavaliere, non promette (pardon, non annuncia) nulla sul destino di queste 64 Province: forse un domani saranno abolite davvero, adesso i presidenti si prendono un mandato di 4 anni, i consiglieri s’accontentano di un biennio e sindaci, assessori e sconosciuti membri dei comuni s’apprestano a spartirsi un piccolo, desolante, eremo di potere. ANCHE SE LE PIAZZE non pullulano di manifesti, la campagna elettorale è cominciata da settimane. E le campagne elettorali locali, proverbialmente faticose e cervellotiche, svolte dai politici per i politici non sono nient’altro che riunioni condominiali per distribuire le poltrone con maggiore comodità. Lo spirito riformista accompagna le trattative di queste ore, al centrosinistra (cioè al Partito democratico) e al centrodestra (cioè a Forza Italia) non pare vero: possono dividersi la Puglia e la Liguria, siglare patti più o meno segreti, senza temere la bocciatura popolare. Azzerate le liste civiche: pesano poco. A Taranto il sindaco è di Sel, Ippazio Stefano, la Regione di Sel, di Nichi Vendola. E allora democratici e forzisti, giocando a campo largo sull’intera regione, volevano assegnare la Provincia tarantina al partito di Berlusconi, al primo cittadino di Massafra, Mario Carmelo detto Martino Tamburrano. Il coordinatore Michele Emiliano ha protestato, i dem pugliesi l’hanno seguito, e l’inciucio pare evitato. A La Spezia, dove i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni detengono egregie quote elettorali e la concorrenza è fragile da qualsiasi punto di vista e per chiunque (nessuno ha voglia di prendersi questa incombenza), i dem hanno cercato l’approccio con i forzisti: reazione freddina. Neanche quattro mesi fa, i padovani hanno incoronato sindaco il leghista Massimo Bitonci: dopo il centrodestra e il centrosinistra, la città ha scelto un leghista. A Forza Italia non piace più. E così Manuel Bianzale, capogruppo di Forza Italia al Comune di Padova, rivendica la presidenza. Per spaventare il Carroccio, i forzisti minacciano alleanze con il Nuovo Centrodestra di Alfano: direte, che minacce pericolose. Sbagliato, perché il movimento di Angelino sarà quasi ininfluente se votano i cittadini, ma determinante se votano i politici. A Bergamo, anche per continuità storica, i democratici sostengono il consigliere uscente Matteo Rossi che, commosso, ha presentato il simbolo e divulgato un messaggio (non ai cittadini, semmai ai colleghi): “Fin dall’oratorio, la mia passione è quella di tenere insieme e di fare insieme”. I LEGHISTI dovevano ratificare la linea di Matteo Salvini, il segretario contestatore che, appunto, voleva contestare la farsa di queste Province mezze vive e mezze morte: il partito locale l’ha smentito. E la Lega lancia Giuseppe Pezzoni da Treviglio, quasi 30.000 abitanti. Occhio alla Toscana, dialogo fitto tra i democratici e l’emissario di Denis Verdini, Massimo Parisi. Nessun ostacolo, come abitudine, a Firenze: i forzisti si apparentano con i leghisti. I sindaci capoluogo di 8 città metropolitane (mancano Reggio Calabria e Venezia commissariate) si prendono l’intera provincia, estendono il territorio. Il chirurgo Ignazio Marino potrà operare sino a Frascati. I grandi vincono dove lo spazio è grande, i piccoli s’azzuffano. Chi vuole conquistare la Provincia di Avellino deve trattare con Ciriaco De Mita, 86 anni, sindaco di Nusco, elettore.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/09/2014.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Il Sole 5.9.14
Il blocco degli stipendi nella pubblica amministrazione
Il bonus non compensa il blocco
Chi riceve gli 80 euro perderà il 4,1% del salario, gli altri il 9%
di Gianni Trovati
Con la sua estensione al 2015 annunciata mercoledì dal governo, il lungo blocco dei contratti pubblici arriverà a costare in media l'anno prossimo il 9% dello stipendio netto; per le fasce di reddito più basse, interessate quindi dal «bonus» di 80 euro introdotto a maggio dal decreto Irpef, il costo cumulato delle manovre non si azzera, ma scende sensibilmente fino ad attestarsi al 4,1 per cento.
Si possono sintetizzare così gli effetti del lungo stop contrattuale, che nel pubblico impiego ha fermato i rinnovi dal 2010, quando la crisi che si era estesa alla finanza pubblica e al debito convinse il Governo Berlusconi-Tremonti a fermare i rinnovi contrattuali: uno stop confermato da Monti e Letta, secondo un filone che ora segue anche Matteo Renzi com'era prevedibile dalla lettura del Def di primavera e soprattutto dallo stato della finanza pubblica italiana.
Per pesare il costo effettivo, calcolato naturalmente in termini di mancati aumenti, che la fila indiana di manovre sul pubblico impiego ha imposto alle buste paga dei dipendenti statali e locali bisogna far riferimento all'Ipca, cioè l'«indice dei prezzi al consumo armonizzato» che l'Istat comunica ogni anno e che avrebbe dovuto misurare dal 2010 gli aumenti di ogni tornata contrattuale. Con la nuova puntata del 2015 (la legge di stabilità si occuperà del triennio, ma vista la temperatura politica sul tema è prematuro ora esplorare orizzonti più ampi del prossimo anno), il congelamento dei rinnovi contrattuali si tradurrebbe in un taglio cumulato dell'11,8% sugli stipendi lordi (l'Ipca 2015 per ora previsto è dell'1,3%). In termini effettivi, cioè al netto delle tasse, la manovra si rivela un po' meno pesante, soprattutto perché la corsa del Fisco regionale e locale avrebbe assorbito una parte degli aumenti contrattuali: tenendo presente questo fattore (i calcoli nella tabella qui a fianco si riferiscono a un lavoratore che risiede a Roma), il costo effettivo si rivela del 9 per cento.
In altri termini, se crisi finanziaria e Governi non avessero fermato la macchina contrattuale, lo stipendio 2015 degli statali sarebbe stato mediamente del 9% più alto rispetto a quello che sarà scritto nei cedolini reali. Per i vertici delle agenzie fiscali si tratta in media di quasi 10.100 euro all'anno in meno, per un dirigente medio ministeriale la "perdita" netta si avvicina ai 4.600 euro all'anno mentre per un impiegato con anzianità media di Palazzo Chigi supera di poco i 2.500 euro.
I valori in gioco cambiano però per i tanti dipendenti pubblici che, lontani dalle fasce dirigenziali e soprattutto con poca anzianità, rientrano nel raggio d'azione del «bonus» da 80 euro che il Governo ha intenzione di rendere strutturale con la legge di stabilità. Nel confronto fra «bonus» e rinnovo contrattuale evocato dal ministro della Pa Maria Anna Madia, il primo è sicuramente vincente se si guarda solo al 2014-2015: riavviare la macchina contrattuale, senza ovviamente recuperare gli arretrati anche perché questa ipotesi è esclusa espressamente dalle vecchie manovre, porterebbe a uno stipendio netto da 17.100 euro poco più di 200 euro netti all'anno (275 euro lordi), mentre il bonus ne promette per il prossimo anno 960.
Questa spinta, però, non basta a recuperare tutte le risorse lasciate sul campo negli anni passati: dal 2010 a oggi, con la macchina contrattuale a regime, lo stipendio iniziale da 17mila euro netti di un dipendente a inizio carriera sarebbe salito verso quota 18.800 euro, mentre il «bonus-Renzi» non riesce ad alzarlo oltre quota 18.100. L'effetto-congelamento, insomma, riguarda anche le fasce di reddito basse, anche se fermandosi al 4,1% è più che dimezzato rispetto al 9% "pagato" dagli altri.
Il blocco degli stipendi nella pubblica amministrazione
Il bonus non compensa il blocco
Chi riceve gli 80 euro perderà il 4,1% del salario, gli altri il 9%
di Gianni Trovati
Con la sua estensione al 2015 annunciata mercoledì dal governo, il lungo blocco dei contratti pubblici arriverà a costare in media l'anno prossimo il 9% dello stipendio netto; per le fasce di reddito più basse, interessate quindi dal «bonus» di 80 euro introdotto a maggio dal decreto Irpef, il costo cumulato delle manovre non si azzera, ma scende sensibilmente fino ad attestarsi al 4,1 per cento.
Si possono sintetizzare così gli effetti del lungo stop contrattuale, che nel pubblico impiego ha fermato i rinnovi dal 2010, quando la crisi che si era estesa alla finanza pubblica e al debito convinse il Governo Berlusconi-Tremonti a fermare i rinnovi contrattuali: uno stop confermato da Monti e Letta, secondo un filone che ora segue anche Matteo Renzi com'era prevedibile dalla lettura del Def di primavera e soprattutto dallo stato della finanza pubblica italiana.
Per pesare il costo effettivo, calcolato naturalmente in termini di mancati aumenti, che la fila indiana di manovre sul pubblico impiego ha imposto alle buste paga dei dipendenti statali e locali bisogna far riferimento all'Ipca, cioè l'«indice dei prezzi al consumo armonizzato» che l'Istat comunica ogni anno e che avrebbe dovuto misurare dal 2010 gli aumenti di ogni tornata contrattuale. Con la nuova puntata del 2015 (la legge di stabilità si occuperà del triennio, ma vista la temperatura politica sul tema è prematuro ora esplorare orizzonti più ampi del prossimo anno), il congelamento dei rinnovi contrattuali si tradurrebbe in un taglio cumulato dell'11,8% sugli stipendi lordi (l'Ipca 2015 per ora previsto è dell'1,3%). In termini effettivi, cioè al netto delle tasse, la manovra si rivela un po' meno pesante, soprattutto perché la corsa del Fisco regionale e locale avrebbe assorbito una parte degli aumenti contrattuali: tenendo presente questo fattore (i calcoli nella tabella qui a fianco si riferiscono a un lavoratore che risiede a Roma), il costo effettivo si rivela del 9 per cento.
In altri termini, se crisi finanziaria e Governi non avessero fermato la macchina contrattuale, lo stipendio 2015 degli statali sarebbe stato mediamente del 9% più alto rispetto a quello che sarà scritto nei cedolini reali. Per i vertici delle agenzie fiscali si tratta in media di quasi 10.100 euro all'anno in meno, per un dirigente medio ministeriale la "perdita" netta si avvicina ai 4.600 euro all'anno mentre per un impiegato con anzianità media di Palazzo Chigi supera di poco i 2.500 euro.
I valori in gioco cambiano però per i tanti dipendenti pubblici che, lontani dalle fasce dirigenziali e soprattutto con poca anzianità, rientrano nel raggio d'azione del «bonus» da 80 euro che il Governo ha intenzione di rendere strutturale con la legge di stabilità. Nel confronto fra «bonus» e rinnovo contrattuale evocato dal ministro della Pa Maria Anna Madia, il primo è sicuramente vincente se si guarda solo al 2014-2015: riavviare la macchina contrattuale, senza ovviamente recuperare gli arretrati anche perché questa ipotesi è esclusa espressamente dalle vecchie manovre, porterebbe a uno stipendio netto da 17.100 euro poco più di 200 euro netti all'anno (275 euro lordi), mentre il bonus ne promette per il prossimo anno 960.
Questa spinta, però, non basta a recuperare tutte le risorse lasciate sul campo negli anni passati: dal 2010 a oggi, con la macchina contrattuale a regime, lo stipendio iniziale da 17mila euro netti di un dipendente a inizio carriera sarebbe salito verso quota 18.800 euro, mentre il «bonus-Renzi» non riesce ad alzarlo oltre quota 18.100. L'effetto-congelamento, insomma, riguarda anche le fasce di reddito basse, anche se fermandosi al 4,1% è più che dimezzato rispetto al 9% "pagato" dagli altri.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
il manifesto 5.9.14
Pubblico impiego, ora sappiamo chi è Renzi
Si dice che continui la luna di miele tra il governo e il paese. Renzi se ne vanta, con quella vanità gonfia di vuoto che Musil definiva biblica. Fosse vero, si riproporrebbe un classico problema. Sa que-sto popolo giudicare? O forse ama essere irriso, deriso, abbindolato? Era meglio persino Monti (ci si passi l’iperbole), il nostro cancellier Morte (parola del Financial Times, che ebbe modo di assimilarlo al rigorista che spianò la strada a Hitler). In pochi mesi Monti rase al suolo la parte più indifesa del paese, ma almeno non vestiva panni altrui. Renzi non fa praticamente altro che infinocchiare il prossimo, con quella sua faccia di bronzo da bambino viziato e prepotente.
Le balle più odiose riguardano ovviamente la riduzione delle tasse (gli 80 euro per i quali si ribloccano i salari del pubblico impiego). Nonché la difesa di ceti medi e lavoro dipendente. In realtà il governo colpisce duro entrambi.
Nei diritti (è vero, l’art. 18 è un simbolo: poi c’è la sostanza, come dimostra questa novità del mana ger scolastico che arbitrerà le carriere dei colleghi a propria discrezione). Nelle tutele (persino l’Ocse segnala che la «riforma» Poletti esagera con la precarietà). Nei già esangui redditi. Tornano
i tagli lineari, vergognosi in sé, e tanto più perché valgono a sostenere l’indifferenza tra bisogni essenziali (la salute, la formazione, la vita stessa) e sprechi veri, a cominciare dalla scandalosa spesa militare. E torna – per la quinta volta – il blocco degli scatti nelle retribuzioni dei dipendenti pubblici. Non una porcheria: un vero e proprio furto.
Hanno lor signori idea di che significhi di questi tempi in Italia per milioni di famiglie, specie al Sud, perdere mille euro l’anno? Certo, per chi ne guadagna quindicimila al mese o più, è una bazzecola. Per molti invece è un dramma, come dimostra quel 5% di famiglie (l’anno scorso era appena l’1%) costrette a indebitarsi con banche e finanziarie per comprare libri e corredo scolastico. Anche di quella che continua a chiamarsi scuola dell’obbligo.
Il peggio è la motivazione fornita cinicamente dalla ministra Madia. «Non ci sono risorse». Il che può tradursi in un solo modo: «Per questo governo sono intangibili rendite e patrimoni, pur in larga misura accumulati con l’illegalità» (leggi: elusione ed evasione fiscale).
Ora finalmente chiediamoci: che razza di governo è mai questo? Chiediamocelo senza guardare alle etichette, badando alle cose che fa e progetta, dalla politica economica alle scelte internazionali, dalla controriforma del lavoro a quella della Costituzione.
Chiediamocelo noi. Ma se lo chiedano prima di tutti seriamente sindacati e politici. La Cgil minaccia mobilitazioni in difesa del pubblico impiego. Vedremo. Parte del Pd mugugna e medita di dar batt-aglia sull’art. 81 della Costituzione. Vedremo. Ma all’una e all’altra suggeriamo di guardarsi final- mente dall’errore che ci ha portati a questo stato.
Non c’è più tempo per traccheggiare. Ne va della loro residua credibilità, ma soprattutto della vita di milioni di persone.
il manifesto 5.9.14
Governo in affanno, Colle in allarme
In attesa di sbloccare l’Italia, come da auspicio dell’ultimo decreto, il governo sta riuscendo a bloc- care le camere. L’allarme per l’ingorgo di provvedimenti all’esame di camera e senato è rosso. Mat- teo Renzi minimizza, nell’ultima conferenza stampa (quella appunto sullo «sblocca Italia») si è per- sino meravigliato in diretta, sentendo descrivere dalla ministra Boschi la fila dei decreti e dei disegni di legge. «Ma come, è tutto al senato?», la sua domanda. Non tutto. Anche la camera ha un’agenda pesante che per essere portata avanti richiederà il costante ricorso alla questione di fiducia. Se il premier minimizza, il presidente della Repubblica non nasconde la preoccupazione. Tanto che ieri ha ricevuto la ministra Boschi (rapporti con il parlamento). Al termine è stato il Quirinale ha comun- icare che la ministra «ha prospettato il quadro della possibile programmazione dei lavori parlam- entari all’indomani della ripresa dell’attività».
Passaggio per nulla rituale. Non è al Quirinale che si scrive il calendario dei lavori del parlamento; Napolitano si è solo informato dando però alla cosa grande enfasi. L’esito del precedente incontro con Renzi, del resto, non lascia dubbi: salito al Colle il 28 agosto con l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell’indomani già pubblicato, il presidente del Consiglio si è visto costretto a sfilare la riforma della scuola — «c’è troppa carne al fuoco». Anzi, per successivi aggiustamenti, quella riforma è finita al 2015. Prima le emergenze e tra le emergenze al Quirinale sta a cuore soprattutto l’economia. Il decreto sblocca Italia — finito alla camera — è poca cosa, non arriva a 4 miliardi. Assai più attesa la legge di stabilità, che dovrebbe contenere una manovra almeno cinque volte più pesante. Anche questa andrà alla camera, ma dopo la metà di ottobre. Prima, molto prima, toccherà al decreto che dovrebbe velocizzare il processo civile, e che però sta procedendo assai lentamente tra i palazzi romani. Dato per «pronto» ormai sette giorni fa, non è stato ancora recapitato al Colle, dove resterà qualche giorno per le verifiche di competenza del presidente, prima di transitare alla seconda commissione di Montecitorio. Dove, se finalmente vedranno la luce, arriveranno i disegni di legge del pacchetto giustizia.
Non tutti (sono sei). Molti prenderanno la strada del senato, visto che quel ramo del parlamento era già a buon punto su diversi argomenti (responsabilità civile dei magistrati, crimini economici, magi- stratura onoraria). Però palazzo Madama è alle prese con altri due pilastri del «riformismo» renziano, la delega lavoro in 11esima commissione e la pubblica amministrazione, in affari costituzionali. Pro- prio lì, in prima commissione, fa la fila la più urgente delle riforme, quella della legge elettorale (dovrà poi tornare alla camera). Napolitano non vuole che finisca troppo in fondo, e così ieri ha fatto sapere di aver chiesto dettagli proprio su questa come sulla riforma costituzionale, che alla camera dovrà però attendere l’approvazione della legge di stabilità. Se ne parlerà a natale.
il manifesto 5.9.14
Rossana Dettori (Fp Cgil): «La pubblica amministrazione è nel caos più totale, la reazione sarà durissima»
Pubblico impiego. La segretaria generale della Fp Cgil al manifesto: "Dalla ministra Madia solo false promesse e prese in giro. Il governo si contraddice. La mobilitazione sarà durissima, bisogna rinnovare i contratti"
di Massimo Franchi
«Questo governo non ci parla e adesso è arrivato perfino a smentire se stesso. Non ci stiamo più a essere presi in giro: ci mobiliteremo sicuramente, spero unitariamente, diversamente sciope- reremo come sola Cgil». Il giorno dopo l’annuncio della ministra Madia sull’ennesimo blocco del con- tratto degli statali, le sue parole suonano ancora più beffarde. E mentre partono gli scioperi spont- anei, la segretaria generale della Fp Cgil — Rossana Dettori — spiega le ragioni di una risposta che «dovrà essere all’altezza della cattiveria e della superficialità del governo».
Dica la verità: credeva davvero che il governo Renzi avrebbe rinnovato il contratto?
Io ero realmente convinta che questo ministro potesse sbloccarlo. Lo aveva detto in più occasioni:
a noi a primavera nell’unico incontro faccia a faccia avuto con lei, lo aveva ribadito quando l’Istat aveva quantificato il taglio degli stipendi pubblici parlando «di sacrosanto diritto al rinnovo contra- ttuale». Poi invece è partito un balletto di notizie e smentite con il ministero dell’Economia, concluso dalla chiusura totale della Madia che ci ha veramente stupito. False promesse, false rassicurazioni: è troppo chiedere un governo che sia almeno coerente?
Ciò che ha stupito molti è la tempistica dell’annuncio: nel giorno del varo della riforma della scuola, Madia «copre» la notizia di Renzi con un annuncio che di certo non ha fatto piacere a tre milioni di potenziali elettori..
Mi sembra che nel governo le idee non siano molto chiare: da «una riforma al mese» siamo passati al «passo dopo passo», al «giudicateci fra mille giorni». Anzi, sulla riforma della Pa siamo al caos in attesa di 29 decreti attuativi, e al pressappochismo più totale. Basta vedere come è stata gestita la vicenda del taglio dei distacchi. La circolare è arrivata a metà agosto e le persone dovevano tornare al lavoro il primo settembre senza che le amministrazioni fossero state avvertite con problemi gran- dissimi anche per i nostri che al Sud avevano denunciato le amministrazioni in cui dovevano tornare. Il risparmio di 150 milioni si è rivelato una bufala: bene che vada saranno una decina di milioni per gli insegnanti che venivano sostituiti.
Eppure Madia ricorda che gli 80 euro sono andati anche agli statali e che non ce ne fosse un gran bisogno visto che ne hanno usufruito solo un lavoratore su quattro...
Il dato mi sembra sottostimato — gran parte dei lavoratori della sanità e degli enti locali prendono meno di 1.500 euro al mese — ciò che non accetto del ragionamento del ministro è che anche se fosse, questo non la esimia a rinnovare i contratti, diritto sacrosanto dei lavoratori. Allargando a tutti i comparti il ragionamento si arriverebbe all’assurdo: «Visto che abbiamo dato gli 80 euro non rinn- oviamo più nessun contratto». Una follia.
La rabbia è già scoppiata e specie i lavoratori del comparto sicurezza stanno protestando. Chied- erete deroghe per loro?
Per noi tutti i lavoratori hanno diritto al rinnovo del contratto. Il solo corpo di Polizia ha una contra- ttazione specifica e vedremo cosa succederà. Per noi l’obiettivo è il rinnovo per tutti e per questo ci mobiliteremo.
Sarà sciopero unitario con Cisl e Uil o vi mobiliterete assieme a tutta la Cgil?
Ho sempre lavorato per l’unità sindacale perché credo fermamente che sia nell’interesse di tutti i lavoratori. Le prime dichiarazioni di Cisl Fp e Uilpa mi sembra siano per la mobilitazione. Dopo le assemblee sui luoghi di lavoro, la prossima settimana ci incontreremo e vedremo se siamo d’accordo sulle forme di protesta. Se non sarà così, scenderemo in piazza come sola Cgil, non possiamo più permettere di essere presi in giro.
Il ministro Madia ha comunque confermato la volontà di rinnovo della parte normativa del contratto. Non c’è il rischio che, visto il tenore della riforma, si rischi di peggiorare ancora le condizioni dei lavoratori?
Assolutamente sì. Anche perché nel decreto 90 della riforma si sono messe mano a questioni come mobilità e demansionamento che invece sono proprie della contrattazione. La mobilità entro i 50 km per ora può essere applicata a tutti i lavoratori, sul demansionamento per fortuna un emendamento Pd — da noi chiesto — ha precisato che potrà essere solo di un livello: non era specificato.
il manifesto 5.9.14
“Basta Renzi, le forze dell’ordine scioperano”
Contratto. Poliziotti, esercito e carabinieri pronti a mobilitarsi contro il blocco degli aumenti: «Siamo stra-incazzati con il governo». Il premier replica: «Vi incontro ma non accetterò ricatti»
di Antonio Sciotto
«Noi non siamo incazzati con il governo Renzi: siamo straincazzati». Se parli con i poliziotti riesci a capire come in poche ore, nel pomeriggio di ieri, sia montata la rabbia di tutto il comparto forze dell’ordine, fino a minacciare – per la prima volta nella storia italiana – uno «sciopero generale» di polizia, carabinieri, vigili del fuoco, esercito, marina, aeronautica e guardia di finanza. Annunciato dai sindacati e dal Cocer interforze.
In serata il premier Renzi ha risposto: «Riceverò gli agenti di polizia, ma non accetterò ricatti», ha detto. È ingiusto, ha aggiunto, scioperare per un aumento di stipendio quando ci sono milioni di disoccupati.
Nel mirino della protesta, il blocco dei contratti del pubblico impiego annunciato dalla ministra Marianna Madia due giorni fa. In realtà, queste forze non hanno il diritto di scioperare, ma assicurano che troveranno delle formule per arrivare al massimo impatto possibile. Perché si parli di loro e delle loro condizioni di lavoro, ormai al limite: la stessa parola «sciopero generale» è stata usata apposta, perché “bucasse” l’informazione.
La protesta ieri è montata improvvisamente, mentre parallelamente si facevano sentire anche gli altri settori del pubblico impiego, che pure annunciano iniziative. Ma forse perché più “compresse” in strette maglie di disciplina, le forze dell’ordine sono esplose: prima hanno annunciato il blocco degli straordinari i poliziotti di Bologna, poi è arrivata la nota nazionale, con l’annuncio di uno «sciopero generale entro fine settembre».
Lo si farà probabilmente nella forma di una grande manifestazione nazionale, o con l’indizione contemporanea e in tutte le città di assemblee sindacali (ma se la polizia ha diritto a farle, i carabinieri ad esempio non possono usufruire di questa possibilità). «Siamo anche disposti a mandare avanti qualcuno e a farci denunciare», dicono i poliziotti in piena arrabbiatura.
«Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica – spiegano nella nota sindacati e Cocer – siamo costretti a dichiarare lo sciopero generale» del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, «verificata la totale chiusura del governo ad ascoltare le esigenze delle donne e degli uomini in uniforme».
«Quando abbiamo scelto di servire il Paese, per garantire Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico – prosegue la nota – eravamo consci di aver intrapreso una missione votata alla totale dedizione alla Patria e ai suoi cittadini con condizioni difficili per mancanza di mezzi e di risorse. Quello che non credevamo è che chi è stato onorato dal popolo italiano a rappresentare le Istituzioni democratiche ai massimi livelli, non avesse nemmeno la riconoscenza per coloro che, per poco più di 1300 euro al mese, sono pronti a sacrificare la propria vita per il Paese».
Daniele Tissone, segretario del Silp Cgil, spiega che la sopportazione della categoria è arrivata al limite, non solo per la mancanza di mezzi e personale, che rende sempre più arduo e rischioso il lavoro, ma per il fatto che gli stipendi sono bloccati da ben cinque anni. E ora si prepara addirittura il sesto.
«Nel 2009 abbiamo avuto l’ultimo aumento contrattuale – afferma Tissone – pari a 130–140 euro lordi in tre anni. Ma a parte il contratto, ci sono stati bloccati, a partire dal 2011, anche gli scatti di anzianità, le promozioni, gli assegni di funzione. In pratica, se sei promosso, assumi ruoli e responsabilità del grado superiore, ma la paga resta ferma». Insomma, negli ultimi quattro anni, per questi ulteriori blocchi, alcuni poliziotti sono arrivati a perdere anche 300 euro netti al mese. Mica bruscolini.
Dalle forze dell’ordine la protesta potrebbe allargarsi all’intero pubblico impiego: ieri la segretaria della Cgil Susanna Camusso ha parlato di «blocco incomprensibile dei contratti», e Raffaele Bonanni (Cisl) ha annunciato «mobilitazioni». L’Usb attuerà invece «una guerriglia, con azioni non convenzionali».
il manifesto 5.9.14
Scuola, Gelmini canta vittoria: “La riforma Renzi è nostra”
Quando la sinistra impone le riforme della destra liberista
L'ex ministro forzitaliota dell'Istruzione rivendica il "patto educativo" presentato dall'attuale presidente del Consiglio
Merito, valutazione, aziendalizzazione e privati, la critica del 68
Valori "berlusconiani" applicati dal Pd
di Roberto Ciccarelli
Chiamatela riforma Renzi-Gelmini. Perché ieri l’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, colei che ha tagliato 8,4 miliardi di euro alla scuola e 1,1 all’università nel 2008, ha assimilato il «patto educativo» proposto dall’attuale presidente del Consiglio e dal suo ministro dell’Istruzione Stefania Giannini alla «tradizione di Forza Italia».
«Alla fine il tempo ci ha dato ragione: dopo anni di battaglie per risollevare un sistema educativo intorbidito dalla coda del ’68, ora anche la sinistra finalmente ha dovuto dare atto ai governi Berlusconi di aver agito nella direzione giusta per riportare la scuola italiana ai fasti che merita — ha detto Gelmini — Parole quali merito, carriera dei docenti, valutazione, premialità, raccordo scuole-impresa, modifica degli organi collegiali della scuola, sono state portate alla ribalta dal centrodestra, seppur subendo le censure e le aspre critiche da parte di sinistra e sindacati».
Gelmini fa torto alla «sinistra» che nel suo linguaggio viene assimilata all’attuale Partito Democratico. Nel 2008, quando presentò la doppia proposta di riforma dell’università e della scuola (la legge Aprea) il centro-sinistra era d’accordo. Ma cambiò idea solo perchè milioni di insegnanti, maestri, studenti scesero in piazza. Stesso discorso vale per la seconda parte di una vicenda che terminò con il voto in Senato del 23 dicembre 2010. Invece di contestare il voto irregolare su alcuni emendamenti, autorizzati da una memorabile Rosi Mauro (Lega Nord) allora in presidenza dell’aula, la capogruppo Pd Anna Finocchiaro si distinse per un lungo discorso auto-critico sul 68. Quello della «sinistra» non è dunque uno «sdoganamento» dell’ideologia del merito e della valutazione, ma il compimento di un lungo percorso iniziato nel 2006 quando a viale Trastevere c’era Fabio Mussi.
Forza Italia resta scettica sulle coperture finanziarie per l’assunzione di 150 mila precari nel 2015, in tempi in cui il governo non riesce a trovare 416 milioni per mandare in pensione i «Quota 96». «Se Renzi pensa di cavare un solo centesimo da nuove tasse — sostiene Gelmini — troverà in Fi un’opposizione irriducibile».
Gelmini riesce anche a identificare una vecchia regola delle politiche dell’istruzione, del lavoro e della conoscenza in Italia. Le “riforme” ci sono quando è la sinistra a stare al governo. Quella “sinistra” che si vanta ancora di avere un rapporto di concertazione o contiguità con i sindacati, o comunque un potere di interdizione. Senza contare — particolare non secondario — che molti degli insegnanti come dei precari continuano a votarla.
Nelle prossime settimane si capirà se reggerà questo legame con le “vestali del ceto medio”, citando il titolo dispregiativo di un’analisi in realtà classica di Marzio Barbagli sulla scuola italiana negli anni Sessanta. Ci sono altri fattori da considerare. Nel 2008 il mondo dell’istruzione insorse, ma c’era al governo Berlusconi (da poco tornato a Palazzo Chigi) e l’anti-berlusconismo (e le campagne anti-casta) stavano diventando la grammatica dell’opposizione.
Oggi c’è Renzi che gode di una buona salute mediatica, sebbene gli editorialisti di tutti i giornali non abbiano nascosto critiche e perplessità sul suo modo di governare. Nel frattempo l’opposizione studentesca e sindacale è stata fiaccata, anche dalla crisi e dalla precarietà dilagante. Elementi problematici che non lascerebbero, al momento, spazio per un movimento paragonabile al 2008 e, ancor più, al 2010. In ogni caso, gli studenti medi confermano la loro prima data di contestazione: il 10 ottobre in centinaia di piazze in tutto il paese.
Pubblico impiego, ora sappiamo chi è Renzi
Si dice che continui la luna di miele tra il governo e il paese. Renzi se ne vanta, con quella vanità gonfia di vuoto che Musil definiva biblica. Fosse vero, si riproporrebbe un classico problema. Sa que-sto popolo giudicare? O forse ama essere irriso, deriso, abbindolato? Era meglio persino Monti (ci si passi l’iperbole), il nostro cancellier Morte (parola del Financial Times, che ebbe modo di assimilarlo al rigorista che spianò la strada a Hitler). In pochi mesi Monti rase al suolo la parte più indifesa del paese, ma almeno non vestiva panni altrui. Renzi non fa praticamente altro che infinocchiare il prossimo, con quella sua faccia di bronzo da bambino viziato e prepotente.
Le balle più odiose riguardano ovviamente la riduzione delle tasse (gli 80 euro per i quali si ribloccano i salari del pubblico impiego). Nonché la difesa di ceti medi e lavoro dipendente. In realtà il governo colpisce duro entrambi.
Nei diritti (è vero, l’art. 18 è un simbolo: poi c’è la sostanza, come dimostra questa novità del mana ger scolastico che arbitrerà le carriere dei colleghi a propria discrezione). Nelle tutele (persino l’Ocse segnala che la «riforma» Poletti esagera con la precarietà). Nei già esangui redditi. Tornano
i tagli lineari, vergognosi in sé, e tanto più perché valgono a sostenere l’indifferenza tra bisogni essenziali (la salute, la formazione, la vita stessa) e sprechi veri, a cominciare dalla scandalosa spesa militare. E torna – per la quinta volta – il blocco degli scatti nelle retribuzioni dei dipendenti pubblici. Non una porcheria: un vero e proprio furto.
Hanno lor signori idea di che significhi di questi tempi in Italia per milioni di famiglie, specie al Sud, perdere mille euro l’anno? Certo, per chi ne guadagna quindicimila al mese o più, è una bazzecola. Per molti invece è un dramma, come dimostra quel 5% di famiglie (l’anno scorso era appena l’1%) costrette a indebitarsi con banche e finanziarie per comprare libri e corredo scolastico. Anche di quella che continua a chiamarsi scuola dell’obbligo.
Il peggio è la motivazione fornita cinicamente dalla ministra Madia. «Non ci sono risorse». Il che può tradursi in un solo modo: «Per questo governo sono intangibili rendite e patrimoni, pur in larga misura accumulati con l’illegalità» (leggi: elusione ed evasione fiscale).
Ora finalmente chiediamoci: che razza di governo è mai questo? Chiediamocelo senza guardare alle etichette, badando alle cose che fa e progetta, dalla politica economica alle scelte internazionali, dalla controriforma del lavoro a quella della Costituzione.
Chiediamocelo noi. Ma se lo chiedano prima di tutti seriamente sindacati e politici. La Cgil minaccia mobilitazioni in difesa del pubblico impiego. Vedremo. Parte del Pd mugugna e medita di dar batt-aglia sull’art. 81 della Costituzione. Vedremo. Ma all’una e all’altra suggeriamo di guardarsi final- mente dall’errore che ci ha portati a questo stato.
Non c’è più tempo per traccheggiare. Ne va della loro residua credibilità, ma soprattutto della vita di milioni di persone.
il manifesto 5.9.14
Governo in affanno, Colle in allarme
In attesa di sbloccare l’Italia, come da auspicio dell’ultimo decreto, il governo sta riuscendo a bloc- care le camere. L’allarme per l’ingorgo di provvedimenti all’esame di camera e senato è rosso. Mat- teo Renzi minimizza, nell’ultima conferenza stampa (quella appunto sullo «sblocca Italia») si è per- sino meravigliato in diretta, sentendo descrivere dalla ministra Boschi la fila dei decreti e dei disegni di legge. «Ma come, è tutto al senato?», la sua domanda. Non tutto. Anche la camera ha un’agenda pesante che per essere portata avanti richiederà il costante ricorso alla questione di fiducia. Se il premier minimizza, il presidente della Repubblica non nasconde la preoccupazione. Tanto che ieri ha ricevuto la ministra Boschi (rapporti con il parlamento). Al termine è stato il Quirinale ha comun- icare che la ministra «ha prospettato il quadro della possibile programmazione dei lavori parlam- entari all’indomani della ripresa dell’attività».
Passaggio per nulla rituale. Non è al Quirinale che si scrive il calendario dei lavori del parlamento; Napolitano si è solo informato dando però alla cosa grande enfasi. L’esito del precedente incontro con Renzi, del resto, non lascia dubbi: salito al Colle il 28 agosto con l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri dell’indomani già pubblicato, il presidente del Consiglio si è visto costretto a sfilare la riforma della scuola — «c’è troppa carne al fuoco». Anzi, per successivi aggiustamenti, quella riforma è finita al 2015. Prima le emergenze e tra le emergenze al Quirinale sta a cuore soprattutto l’economia. Il decreto sblocca Italia — finito alla camera — è poca cosa, non arriva a 4 miliardi. Assai più attesa la legge di stabilità, che dovrebbe contenere una manovra almeno cinque volte più pesante. Anche questa andrà alla camera, ma dopo la metà di ottobre. Prima, molto prima, toccherà al decreto che dovrebbe velocizzare il processo civile, e che però sta procedendo assai lentamente tra i palazzi romani. Dato per «pronto» ormai sette giorni fa, non è stato ancora recapitato al Colle, dove resterà qualche giorno per le verifiche di competenza del presidente, prima di transitare alla seconda commissione di Montecitorio. Dove, se finalmente vedranno la luce, arriveranno i disegni di legge del pacchetto giustizia.
Non tutti (sono sei). Molti prenderanno la strada del senato, visto che quel ramo del parlamento era già a buon punto su diversi argomenti (responsabilità civile dei magistrati, crimini economici, magi- stratura onoraria). Però palazzo Madama è alle prese con altri due pilastri del «riformismo» renziano, la delega lavoro in 11esima commissione e la pubblica amministrazione, in affari costituzionali. Pro- prio lì, in prima commissione, fa la fila la più urgente delle riforme, quella della legge elettorale (dovrà poi tornare alla camera). Napolitano non vuole che finisca troppo in fondo, e così ieri ha fatto sapere di aver chiesto dettagli proprio su questa come sulla riforma costituzionale, che alla camera dovrà però attendere l’approvazione della legge di stabilità. Se ne parlerà a natale.
il manifesto 5.9.14
Rossana Dettori (Fp Cgil): «La pubblica amministrazione è nel caos più totale, la reazione sarà durissima»
Pubblico impiego. La segretaria generale della Fp Cgil al manifesto: "Dalla ministra Madia solo false promesse e prese in giro. Il governo si contraddice. La mobilitazione sarà durissima, bisogna rinnovare i contratti"
di Massimo Franchi
«Questo governo non ci parla e adesso è arrivato perfino a smentire se stesso. Non ci stiamo più a essere presi in giro: ci mobiliteremo sicuramente, spero unitariamente, diversamente sciope- reremo come sola Cgil». Il giorno dopo l’annuncio della ministra Madia sull’ennesimo blocco del con- tratto degli statali, le sue parole suonano ancora più beffarde. E mentre partono gli scioperi spont- anei, la segretaria generale della Fp Cgil — Rossana Dettori — spiega le ragioni di una risposta che «dovrà essere all’altezza della cattiveria e della superficialità del governo».
Dica la verità: credeva davvero che il governo Renzi avrebbe rinnovato il contratto?
Io ero realmente convinta che questo ministro potesse sbloccarlo. Lo aveva detto in più occasioni:
a noi a primavera nell’unico incontro faccia a faccia avuto con lei, lo aveva ribadito quando l’Istat aveva quantificato il taglio degli stipendi pubblici parlando «di sacrosanto diritto al rinnovo contra- ttuale». Poi invece è partito un balletto di notizie e smentite con il ministero dell’Economia, concluso dalla chiusura totale della Madia che ci ha veramente stupito. False promesse, false rassicurazioni: è troppo chiedere un governo che sia almeno coerente?
Ciò che ha stupito molti è la tempistica dell’annuncio: nel giorno del varo della riforma della scuola, Madia «copre» la notizia di Renzi con un annuncio che di certo non ha fatto piacere a tre milioni di potenziali elettori..
Mi sembra che nel governo le idee non siano molto chiare: da «una riforma al mese» siamo passati al «passo dopo passo», al «giudicateci fra mille giorni». Anzi, sulla riforma della Pa siamo al caos in attesa di 29 decreti attuativi, e al pressappochismo più totale. Basta vedere come è stata gestita la vicenda del taglio dei distacchi. La circolare è arrivata a metà agosto e le persone dovevano tornare al lavoro il primo settembre senza che le amministrazioni fossero state avvertite con problemi gran- dissimi anche per i nostri che al Sud avevano denunciato le amministrazioni in cui dovevano tornare. Il risparmio di 150 milioni si è rivelato una bufala: bene che vada saranno una decina di milioni per gli insegnanti che venivano sostituiti.
Eppure Madia ricorda che gli 80 euro sono andati anche agli statali e che non ce ne fosse un gran bisogno visto che ne hanno usufruito solo un lavoratore su quattro...
Il dato mi sembra sottostimato — gran parte dei lavoratori della sanità e degli enti locali prendono meno di 1.500 euro al mese — ciò che non accetto del ragionamento del ministro è che anche se fosse, questo non la esimia a rinnovare i contratti, diritto sacrosanto dei lavoratori. Allargando a tutti i comparti il ragionamento si arriverebbe all’assurdo: «Visto che abbiamo dato gli 80 euro non rinn- oviamo più nessun contratto». Una follia.
La rabbia è già scoppiata e specie i lavoratori del comparto sicurezza stanno protestando. Chied- erete deroghe per loro?
Per noi tutti i lavoratori hanno diritto al rinnovo del contratto. Il solo corpo di Polizia ha una contra- ttazione specifica e vedremo cosa succederà. Per noi l’obiettivo è il rinnovo per tutti e per questo ci mobiliteremo.
Sarà sciopero unitario con Cisl e Uil o vi mobiliterete assieme a tutta la Cgil?
Ho sempre lavorato per l’unità sindacale perché credo fermamente che sia nell’interesse di tutti i lavoratori. Le prime dichiarazioni di Cisl Fp e Uilpa mi sembra siano per la mobilitazione. Dopo le assemblee sui luoghi di lavoro, la prossima settimana ci incontreremo e vedremo se siamo d’accordo sulle forme di protesta. Se non sarà così, scenderemo in piazza come sola Cgil, non possiamo più permettere di essere presi in giro.
Il ministro Madia ha comunque confermato la volontà di rinnovo della parte normativa del contratto. Non c’è il rischio che, visto il tenore della riforma, si rischi di peggiorare ancora le condizioni dei lavoratori?
Assolutamente sì. Anche perché nel decreto 90 della riforma si sono messe mano a questioni come mobilità e demansionamento che invece sono proprie della contrattazione. La mobilità entro i 50 km per ora può essere applicata a tutti i lavoratori, sul demansionamento per fortuna un emendamento Pd — da noi chiesto — ha precisato che potrà essere solo di un livello: non era specificato.
il manifesto 5.9.14
“Basta Renzi, le forze dell’ordine scioperano”
Contratto. Poliziotti, esercito e carabinieri pronti a mobilitarsi contro il blocco degli aumenti: «Siamo stra-incazzati con il governo». Il premier replica: «Vi incontro ma non accetterò ricatti»
di Antonio Sciotto
«Noi non siamo incazzati con il governo Renzi: siamo straincazzati». Se parli con i poliziotti riesci a capire come in poche ore, nel pomeriggio di ieri, sia montata la rabbia di tutto il comparto forze dell’ordine, fino a minacciare – per la prima volta nella storia italiana – uno «sciopero generale» di polizia, carabinieri, vigili del fuoco, esercito, marina, aeronautica e guardia di finanza. Annunciato dai sindacati e dal Cocer interforze.
In serata il premier Renzi ha risposto: «Riceverò gli agenti di polizia, ma non accetterò ricatti», ha detto. È ingiusto, ha aggiunto, scioperare per un aumento di stipendio quando ci sono milioni di disoccupati.
Nel mirino della protesta, il blocco dei contratti del pubblico impiego annunciato dalla ministra Marianna Madia due giorni fa. In realtà, queste forze non hanno il diritto di scioperare, ma assicurano che troveranno delle formule per arrivare al massimo impatto possibile. Perché si parli di loro e delle loro condizioni di lavoro, ormai al limite: la stessa parola «sciopero generale» è stata usata apposta, perché “bucasse” l’informazione.
La protesta ieri è montata improvvisamente, mentre parallelamente si facevano sentire anche gli altri settori del pubblico impiego, che pure annunciano iniziative. Ma forse perché più “compresse” in strette maglie di disciplina, le forze dell’ordine sono esplose: prima hanno annunciato il blocco degli straordinari i poliziotti di Bologna, poi è arrivata la nota nazionale, con l’annuncio di uno «sciopero generale entro fine settembre».
Lo si farà probabilmente nella forma di una grande manifestazione nazionale, o con l’indizione contemporanea e in tutte le città di assemblee sindacali (ma se la polizia ha diritto a farle, i carabinieri ad esempio non possono usufruire di questa possibilità). «Siamo anche disposti a mandare avanti qualcuno e a farci denunciare», dicono i poliziotti in piena arrabbiatura.
«Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica – spiegano nella nota sindacati e Cocer – siamo costretti a dichiarare lo sciopero generale» del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, «verificata la totale chiusura del governo ad ascoltare le esigenze delle donne e degli uomini in uniforme».
«Quando abbiamo scelto di servire il Paese, per garantire Difesa, Sicurezza e Soccorso pubblico – prosegue la nota – eravamo consci di aver intrapreso una missione votata alla totale dedizione alla Patria e ai suoi cittadini con condizioni difficili per mancanza di mezzi e di risorse. Quello che non credevamo è che chi è stato onorato dal popolo italiano a rappresentare le Istituzioni democratiche ai massimi livelli, non avesse nemmeno la riconoscenza per coloro che, per poco più di 1300 euro al mese, sono pronti a sacrificare la propria vita per il Paese».
Daniele Tissone, segretario del Silp Cgil, spiega che la sopportazione della categoria è arrivata al limite, non solo per la mancanza di mezzi e personale, che rende sempre più arduo e rischioso il lavoro, ma per il fatto che gli stipendi sono bloccati da ben cinque anni. E ora si prepara addirittura il sesto.
«Nel 2009 abbiamo avuto l’ultimo aumento contrattuale – afferma Tissone – pari a 130–140 euro lordi in tre anni. Ma a parte il contratto, ci sono stati bloccati, a partire dal 2011, anche gli scatti di anzianità, le promozioni, gli assegni di funzione. In pratica, se sei promosso, assumi ruoli e responsabilità del grado superiore, ma la paga resta ferma». Insomma, negli ultimi quattro anni, per questi ulteriori blocchi, alcuni poliziotti sono arrivati a perdere anche 300 euro netti al mese. Mica bruscolini.
Dalle forze dell’ordine la protesta potrebbe allargarsi all’intero pubblico impiego: ieri la segretaria della Cgil Susanna Camusso ha parlato di «blocco incomprensibile dei contratti», e Raffaele Bonanni (Cisl) ha annunciato «mobilitazioni». L’Usb attuerà invece «una guerriglia, con azioni non convenzionali».
il manifesto 5.9.14
Scuola, Gelmini canta vittoria: “La riforma Renzi è nostra”
Quando la sinistra impone le riforme della destra liberista
L'ex ministro forzitaliota dell'Istruzione rivendica il "patto educativo" presentato dall'attuale presidente del Consiglio
Merito, valutazione, aziendalizzazione e privati, la critica del 68
Valori "berlusconiani" applicati dal Pd
di Roberto Ciccarelli
Chiamatela riforma Renzi-Gelmini. Perché ieri l’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, colei che ha tagliato 8,4 miliardi di euro alla scuola e 1,1 all’università nel 2008, ha assimilato il «patto educativo» proposto dall’attuale presidente del Consiglio e dal suo ministro dell’Istruzione Stefania Giannini alla «tradizione di Forza Italia».
«Alla fine il tempo ci ha dato ragione: dopo anni di battaglie per risollevare un sistema educativo intorbidito dalla coda del ’68, ora anche la sinistra finalmente ha dovuto dare atto ai governi Berlusconi di aver agito nella direzione giusta per riportare la scuola italiana ai fasti che merita — ha detto Gelmini — Parole quali merito, carriera dei docenti, valutazione, premialità, raccordo scuole-impresa, modifica degli organi collegiali della scuola, sono state portate alla ribalta dal centrodestra, seppur subendo le censure e le aspre critiche da parte di sinistra e sindacati».
Gelmini fa torto alla «sinistra» che nel suo linguaggio viene assimilata all’attuale Partito Democratico. Nel 2008, quando presentò la doppia proposta di riforma dell’università e della scuola (la legge Aprea) il centro-sinistra era d’accordo. Ma cambiò idea solo perchè milioni di insegnanti, maestri, studenti scesero in piazza. Stesso discorso vale per la seconda parte di una vicenda che terminò con il voto in Senato del 23 dicembre 2010. Invece di contestare il voto irregolare su alcuni emendamenti, autorizzati da una memorabile Rosi Mauro (Lega Nord) allora in presidenza dell’aula, la capogruppo Pd Anna Finocchiaro si distinse per un lungo discorso auto-critico sul 68. Quello della «sinistra» non è dunque uno «sdoganamento» dell’ideologia del merito e della valutazione, ma il compimento di un lungo percorso iniziato nel 2006 quando a viale Trastevere c’era Fabio Mussi.
Forza Italia resta scettica sulle coperture finanziarie per l’assunzione di 150 mila precari nel 2015, in tempi in cui il governo non riesce a trovare 416 milioni per mandare in pensione i «Quota 96». «Se Renzi pensa di cavare un solo centesimo da nuove tasse — sostiene Gelmini — troverà in Fi un’opposizione irriducibile».
Gelmini riesce anche a identificare una vecchia regola delle politiche dell’istruzione, del lavoro e della conoscenza in Italia. Le “riforme” ci sono quando è la sinistra a stare al governo. Quella “sinistra” che si vanta ancora di avere un rapporto di concertazione o contiguità con i sindacati, o comunque un potere di interdizione. Senza contare — particolare non secondario — che molti degli insegnanti come dei precari continuano a votarla.
Nelle prossime settimane si capirà se reggerà questo legame con le “vestali del ceto medio”, citando il titolo dispregiativo di un’analisi in realtà classica di Marzio Barbagli sulla scuola italiana negli anni Sessanta. Ci sono altri fattori da considerare. Nel 2008 il mondo dell’istruzione insorse, ma c’era al governo Berlusconi (da poco tornato a Palazzo Chigi) e l’anti-berlusconismo (e le campagne anti-casta) stavano diventando la grammatica dell’opposizione.
Oggi c’è Renzi che gode di una buona salute mediatica, sebbene gli editorialisti di tutti i giornali non abbiano nascosto critiche e perplessità sul suo modo di governare. Nel frattempo l’opposizione studentesca e sindacale è stata fiaccata, anche dalla crisi e dalla precarietà dilagante. Elementi problematici che non lascerebbero, al momento, spazio per un movimento paragonabile al 2008 e, ancor più, al 2010. In ogni caso, gli studenti medi confermano la loro prima data di contestazione: il 10 ottobre in centinaia di piazze in tutto il paese.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Diciamo che Weber non ha fatto tempo a testare con le scelte del blocco degli stipendi degli statali
PER AGORÀ
Sondaggio Ixè, fiducia in Matteo Renzi giù del 2%, quella nel governo dell'1%
05 settembre 2014
La fiducia nel governo scende di un punto e quella nel leader Matteo Renzi di due. Il sondaggio Ixè per Agorà (Raitre) registra un raffreddamento degli entusiasmi degli italiani nei confronti del premier, sebbene secondo il presidente dell'istituto di ricerca, Roberto Weber, si viaggi sempre a livelli sopra la media. Il dato più interessante, però, è l'indicazione che gli intervistati rivolgono a Silvio Berlusconi: Forza Italia deve continuare a sostenere l'esecutivo, non solo sulle riforme istituzionali ma pure sulle misure economiche.
Fiducia nei leader, Salvini in alto - Il 49% degli italiani (contro il 50% di una settimana fa) afferma di avere fiducia nell'esecutivo, quota "altissima" secondo Weber: "Nella mia esperienza di sondaggista non ricordo un governo che abbia mantenuto una fiducia così alta per un tempo così lungo". Allo stesso modo, tra i leader, Renzi scivola al 50% (dal 52%). Stabili rispetto alla scorsa settimana Matteo Salvini della Lega Nord (19%), Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle (18%), Berlusconi (16%) e Angelino Alfano di Ncd (12%).
Berlusconi e il sostegno a Renzi - Cauto ottimismo sul futuro della legislatura. Secondo il 46% degli intervistati Renzi riuscirà a portare a termine il programma dei MilleGiorni, mentre per il 36% si tornerà al voto prima del 2017. In quest'ottica, sarà fondamentale il rapporto tra premier Silvio Berlusconi: secondo il 68% degli intervistati Forza Italia deve sostenere l'esecutivo sulle riforme economiche, quota che sale addirittura all'87% tra gli elettori azzurri. "La posizione di opposizione al governo di Forza Italia - ha avvertito Weber - sta diventando piuttosto opaca agli occhi degli elettori".
PER AGORÀ
Sondaggio Ixè, fiducia in Matteo Renzi giù del 2%, quella nel governo dell'1%
05 settembre 2014
La fiducia nel governo scende di un punto e quella nel leader Matteo Renzi di due. Il sondaggio Ixè per Agorà (Raitre) registra un raffreddamento degli entusiasmi degli italiani nei confronti del premier, sebbene secondo il presidente dell'istituto di ricerca, Roberto Weber, si viaggi sempre a livelli sopra la media. Il dato più interessante, però, è l'indicazione che gli intervistati rivolgono a Silvio Berlusconi: Forza Italia deve continuare a sostenere l'esecutivo, non solo sulle riforme istituzionali ma pure sulle misure economiche.
Fiducia nei leader, Salvini in alto - Il 49% degli italiani (contro il 50% di una settimana fa) afferma di avere fiducia nell'esecutivo, quota "altissima" secondo Weber: "Nella mia esperienza di sondaggista non ricordo un governo che abbia mantenuto una fiducia così alta per un tempo così lungo". Allo stesso modo, tra i leader, Renzi scivola al 50% (dal 52%). Stabili rispetto alla scorsa settimana Matteo Salvini della Lega Nord (19%), Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle (18%), Berlusconi (16%) e Angelino Alfano di Ncd (12%).
Berlusconi e il sostegno a Renzi - Cauto ottimismo sul futuro della legislatura. Secondo il 46% degli intervistati Renzi riuscirà a portare a termine il programma dei MilleGiorni, mentre per il 36% si tornerà al voto prima del 2017. In quest'ottica, sarà fondamentale il rapporto tra premier Silvio Berlusconi: secondo il 68% degli intervistati Forza Italia deve sostenere l'esecutivo sulle riforme economiche, quota che sale addirittura all'87% tra gli elettori azzurri. "La posizione di opposizione al governo di Forza Italia - ha avvertito Weber - sta diventando piuttosto opaca agli occhi degli elettori".
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
TUTTI CONTRO RENZI
(Salvatore Cannavò).
05/09/2014 di triskel182
LA RIVOLTA È IN DIVISA: POLIZIA IN SCIOPERO CONTRO RENZI
IL PREMIER ANNUNCIA LA CONVOCAZIONE MA DICE: “NON ACCETTERÒ RICATTI”.
POLIZIA ESERCITO MARINA FORESTALI MEDICI VIGILI DEL FUOCO.
Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici (fino al 2020, dice il Def) scatena la furibonda reazione degli uomini in divisa, che annunciano il primo sciopero della storia repubblicana. Il premier corre ai ripari e li convoca, ma avverte: “Nessun ricatto”. La ministra Madia: “I soldi non ci sono”. Cgil, Cisl e Uil pronti a una manifestazione nazionale.
Lo schiaffo più esplicito viene dalle Forze dell’ordine. “Per la prima volta siamo costretti a scioperare” dicono i sindacati di Polizia e il Cocer Interforze che rappresenta i militari. Dichiarazione dura, a tratti inquietante, visto che si tratta di divise. Ma, in ogni caso, una sconfessione diretta della decisione del governo di bloccare ancora nel 2015, dopo un blocco che dura dal 2010, gli stipendi dei dipendenti pubblici. Non a caso Matteo Renzi cerca di correre ai ripari annunciando una imminente convocazione, ma facendo sapere di “non accettare ricatti”: proclamare gli scioperi quando ci sono tanti disoccupati “non è giusto”, dice il premier.
POLIZIA E MILITARI si dicono soddisfatti per la convocazione ma non abbassano i toni. Parlano di “maltolto” e rivendicano quanto scritto nella nota del pomeriggio: “Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica siamo costretti, verificata la totale chiusura del governo, a dichiarare lo sciopero generale”. Lo sciopero vero e proprio, in realtà, alle forze di polizia è precluso nel caso in cui venga interrotto il servizio. Ma la posizione si carica di un forte valore simbolico. Ai ministri Alfano e Pinotti, che si sono fatti garanti dello sblocco degli stipendi, ad esempio, chiedono di scegliere: “O state con noi oppure vi dimettete”. In ogni caso, a Bologna i sindacati di polizia hanno dichiarato il blocco degli straordinari . Toni analoghi a quelli della Polizia penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco che definiscono le dichiarazioni della ministra Madia “l’ennesima umiliazione” che rischia di provocare una “frattura insanabile proprio per chi si sacrifica ogni giorno”. Non parlano di sciopero o altre proteste eclatanti, ma si dicono “delusi e amareggiati” anche i medici del Servizio sanitario nazionale. Il presidente del Sindacato dei medici, Cimo, Riccardo Cassi, si aspettava almeno qualche apertura mentre il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise, accusa il governo di “rastrellare risorse dai soliti”. Il segretario nazionale della Cgil Medici, Massimo Cozza, fa il conto dei giorni di blocco contrattuale “oltre 1800 giorni” e il vice presidente dell’Aaaroi-Emac Fabio Cricelli, teme l’estensione del blocco “anche per il 2016”. Intervengono anche i medici veterinari della Fvm secondo i quali “ancora una volta il governo fa cassa attraverso il bancomat dei dipendenti pubblici”. Sono solo le manifestazioni più irritate ed evidenti della protesta strisciante che corre lungo tutto il pubblico impiego e che si irradia verso le varie categorie sindacali. Fino a raggiungere i vertici confederali. IL SEGRETARIO della Cisl, Raffaele Bonanni, ad esempio, si dice profondamente deluso dall’atteggiamento del governo che comunica notizie come quella del blocco degli stipendi senza nemmeno “il minimo galateo” di convocare i sindacati. “Nemmeno a Cuba succedono cose come questa”, sbuffa il leader della Cisl che giura di essere “il più inc… di tutti”. Più della Cgil che pure interviene con Susanna Ca-musso, segretario generale, definendo “incomprensibile” l’atteggiamento del governo finalizzato a colpire “i soliti noti” per tutelare altri interessi. Interessi che più esplicitamente mette in rilievo Bonanni quando fa notare che le concessioni alle Autostrade vengono varate in fretta e furia mentre misure come il blocco degli stipendi o il taglio dei permessi sindacali vengono fatti senza nessuna discussione preventiva. Il malumore cresce nei posti di lavoro e la realtà della prima mobilitazione sindacale contro il governo Renzi si fa sempre più concreta. Non ci sono ancora date né modalità. Le prime riunioni operative si terranno la prossima settimana ma sembra certo che si vedranno anche i segretari di Cgil, Cisl e Uil. C’è il tema del Pubblico impiego ma anche nella Scuola si avverte il disagio di chi ritiene la riforma degli scatti stipendiali una limitazione delle prerogative degli insegnanti. “La buona scuola” di Renzi garantisce l’assunzione dei precari ma non piace a chi nella scuola pubblica già ci lavora. NON DOVREBBE però esserci uno sciopero generale. La Cisl non vuole e la Cgil punta alla massima unità. L’idea che circola è di imitare le proteste dei pubblici dipendenti dei comuni di Roma e Venezia che sono state molto massicce e molto visibili. La modalità, quindi, potrebbe essere quella di una manifestazione nazionale da tenersi a Roma di sabato, quindi senza proclamare lo sciopero. Cgil, Cisl e Uil sono stati finora ampiamente provocate da Renzi e ora si trovano nel passaggio in cui scegliere se rispondere ai colpi subiti oppure condannarsi all’impotenza. Una scelta che potrebbe aprire una nuova fase nella vita del governo Renzi. Ma che potrebbe anche affossare la credibilità residua delle organizzazioni sindacali. spesa pubblica strutturale nel 2015 e 32 l’anno dopo: sarà ormai chiaro a tutti che chi non siede al tavolo, è sul menù. SECONDO il ministro Madia, però, uno statale che con straordinari e tutto il resto guadagna 26mila euro l’anno è ricco, quindi deve pagare un po’ perché il momento è difficile: “#bloccocontratti 80 euro a 1 lavoratore pubblico su 4. Prima chi guadagna meno. Usciamo tutti insieme da crisi #passodopopasso”, ha scritto su Twitter. Il bonus Irpef, alla fine, è l’alfa e l’omega della visione di questo governo: “Noi – ha spiegato Madia alla Festa del Pd – siamo trasversali ai blocchi sociali ed elettorali tradizionali. L’alleanza è sulle persone. Non sono qui a difendere solo i lavoratori pubblici, sono qui a difendere i lavoratori della Repubblica Italiana”. Vabbè.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/09/2014.
(Salvatore Cannavò).
05/09/2014 di triskel182
LA RIVOLTA È IN DIVISA: POLIZIA IN SCIOPERO CONTRO RENZI
IL PREMIER ANNUNCIA LA CONVOCAZIONE MA DICE: “NON ACCETTERÒ RICATTI”.
POLIZIA ESERCITO MARINA FORESTALI MEDICI VIGILI DEL FUOCO.
Il blocco degli stipendi dei dipendenti pubblici (fino al 2020, dice il Def) scatena la furibonda reazione degli uomini in divisa, che annunciano il primo sciopero della storia repubblicana. Il premier corre ai ripari e li convoca, ma avverte: “Nessun ricatto”. La ministra Madia: “I soldi non ci sono”. Cgil, Cisl e Uil pronti a una manifestazione nazionale.
Lo schiaffo più esplicito viene dalle Forze dell’ordine. “Per la prima volta siamo costretti a scioperare” dicono i sindacati di Polizia e il Cocer Interforze che rappresenta i militari. Dichiarazione dura, a tratti inquietante, visto che si tratta di divise. Ma, in ogni caso, una sconfessione diretta della decisione del governo di bloccare ancora nel 2015, dopo un blocco che dura dal 2010, gli stipendi dei dipendenti pubblici. Non a caso Matteo Renzi cerca di correre ai ripari annunciando una imminente convocazione, ma facendo sapere di “non accettare ricatti”: proclamare gli scioperi quando ci sono tanti disoccupati “non è giusto”, dice il premier.
POLIZIA E MILITARI si dicono soddisfatti per la convocazione ma non abbassano i toni. Parlano di “maltolto” e rivendicano quanto scritto nella nota del pomeriggio: “Per la prima volta nella storia della nostra Repubblica siamo costretti, verificata la totale chiusura del governo, a dichiarare lo sciopero generale”. Lo sciopero vero e proprio, in realtà, alle forze di polizia è precluso nel caso in cui venga interrotto il servizio. Ma la posizione si carica di un forte valore simbolico. Ai ministri Alfano e Pinotti, che si sono fatti garanti dello sblocco degli stipendi, ad esempio, chiedono di scegliere: “O state con noi oppure vi dimettete”. In ogni caso, a Bologna i sindacati di polizia hanno dichiarato il blocco degli straordinari . Toni analoghi a quelli della Polizia penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco che definiscono le dichiarazioni della ministra Madia “l’ennesima umiliazione” che rischia di provocare una “frattura insanabile proprio per chi si sacrifica ogni giorno”. Non parlano di sciopero o altre proteste eclatanti, ma si dicono “delusi e amareggiati” anche i medici del Servizio sanitario nazionale. Il presidente del Sindacato dei medici, Cimo, Riccardo Cassi, si aspettava almeno qualche apertura mentre il segretario nazionale dell’Anaao Assomed, Costantino Troise, accusa il governo di “rastrellare risorse dai soliti”. Il segretario nazionale della Cgil Medici, Massimo Cozza, fa il conto dei giorni di blocco contrattuale “oltre 1800 giorni” e il vice presidente dell’Aaaroi-Emac Fabio Cricelli, teme l’estensione del blocco “anche per il 2016”. Intervengono anche i medici veterinari della Fvm secondo i quali “ancora una volta il governo fa cassa attraverso il bancomat dei dipendenti pubblici”. Sono solo le manifestazioni più irritate ed evidenti della protesta strisciante che corre lungo tutto il pubblico impiego e che si irradia verso le varie categorie sindacali. Fino a raggiungere i vertici confederali. IL SEGRETARIO della Cisl, Raffaele Bonanni, ad esempio, si dice profondamente deluso dall’atteggiamento del governo che comunica notizie come quella del blocco degli stipendi senza nemmeno “il minimo galateo” di convocare i sindacati. “Nemmeno a Cuba succedono cose come questa”, sbuffa il leader della Cisl che giura di essere “il più inc… di tutti”. Più della Cgil che pure interviene con Susanna Ca-musso, segretario generale, definendo “incomprensibile” l’atteggiamento del governo finalizzato a colpire “i soliti noti” per tutelare altri interessi. Interessi che più esplicitamente mette in rilievo Bonanni quando fa notare che le concessioni alle Autostrade vengono varate in fretta e furia mentre misure come il blocco degli stipendi o il taglio dei permessi sindacali vengono fatti senza nessuna discussione preventiva. Il malumore cresce nei posti di lavoro e la realtà della prima mobilitazione sindacale contro il governo Renzi si fa sempre più concreta. Non ci sono ancora date né modalità. Le prime riunioni operative si terranno la prossima settimana ma sembra certo che si vedranno anche i segretari di Cgil, Cisl e Uil. C’è il tema del Pubblico impiego ma anche nella Scuola si avverte il disagio di chi ritiene la riforma degli scatti stipendiali una limitazione delle prerogative degli insegnanti. “La buona scuola” di Renzi garantisce l’assunzione dei precari ma non piace a chi nella scuola pubblica già ci lavora. NON DOVREBBE però esserci uno sciopero generale. La Cisl non vuole e la Cgil punta alla massima unità. L’idea che circola è di imitare le proteste dei pubblici dipendenti dei comuni di Roma e Venezia che sono state molto massicce e molto visibili. La modalità, quindi, potrebbe essere quella di una manifestazione nazionale da tenersi a Roma di sabato, quindi senza proclamare lo sciopero. Cgil, Cisl e Uil sono stati finora ampiamente provocate da Renzi e ora si trovano nel passaggio in cui scegliere se rispondere ai colpi subiti oppure condannarsi all’impotenza. Una scelta che potrebbe aprire una nuova fase nella vita del governo Renzi. Ma che potrebbe anche affossare la credibilità residua delle organizzazioni sindacali. spesa pubblica strutturale nel 2015 e 32 l’anno dopo: sarà ormai chiaro a tutti che chi non siede al tavolo, è sul menù. SECONDO il ministro Madia, però, uno statale che con straordinari e tutto il resto guadagna 26mila euro l’anno è ricco, quindi deve pagare un po’ perché il momento è difficile: “#bloccocontratti 80 euro a 1 lavoratore pubblico su 4. Prima chi guadagna meno. Usciamo tutti insieme da crisi #passodopopasso”, ha scritto su Twitter. Il bonus Irpef, alla fine, è l’alfa e l’omega della visione di questo governo: “Noi – ha spiegato Madia alla Festa del Pd – siamo trasversali ai blocchi sociali ed elettorali tradizionali. L’alleanza è sulle persone. Non sono qui a difendere solo i lavoratori pubblici, sono qui a difendere i lavoratori della Repubblica Italiana”. Vabbè.
Da Il Fatto Quotidiano del 05/09/2014.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Riforme: l’antiberlusconiano ‘viscerale’, una nuova carica a vita
di Furio Colombo | 7 settembre 2014
Non ci saranno più i senatori a vita. Subentra un altro titolo e ruolo che, data la situazione politica italiana, non può finire. È “l’antiberlusconiano viscerale a vita”. Come tutti sanno, “viscerali” sono coloro che non hanno mai rinunciato a denunciare la collezione di reati di Berlusconi, oltre ai continui attentati alla Costituzione. Mossa imprudente, che molti hanno notato in tempo, predisponendosi sempre di più “al dialogo” e inserendo sempre più accenni cordiali. Ma per provare questa affermazione dovrò condurvi in uno strano gioco dell’oca.
Per esempio ogni mattina, oppure ogni sera di ogni giorno, Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Pd, si incontra con Denis Verdini, un banchiere in bancarotta con qualche imputazione, però molto simpatico e di Firenze. Devono mettere a punto alcune cose, in piena intesa, come sanno fare loro, sia su questa o quella riforma. Sia sulle “nomine”. Ecco la zona calda, le nomine. Sono uno strano rito della nostra Repubblica. Si dividono in nomine dirette del governo ad enti o agenzie. E in liste blindate che, una volta formulate da uomini con il potere di Renzi e Verdini saranno inviate al Parlamento, e mitemente votate.
Si tratta di giudici della Corte costituzionale, o di membri del Csm, e di molte altre agenzie e Istituzioni. Non temete, non sto sopravvalutando il fenomeno che è sempre accaduto, in Italia. La ragione è che qui, adesso, stiamo parlando di qualcosa di nuovo. Le nomine avvengono in un periodo politico in cui il Partito democratico è in piena ebollizione di energia e iniziativa. E mentre Berlusconi, nel frattempo, non solo non più ha vinto le elezioni che lo avevano portato a governare e dominare per la maggior parte degli ultimi due decenni, ma è stato condannato in via definitiva a sei anni di reclusione (da scontare con opere di bene) per una grande truffa fiscale (dunque ai danni dello Stato).
Eppure fra il leader Pd e Berlusconi viene stipulato uno strano patto, detto “del Nazareno”, che produce alcune conseguenze. Eccole:
a) Berlusconi co-dirige il governo a causa di quel patto che lo lega a Renzi e, attraverso di lui, a ciò che resta della sinistra italiana;
b) Berlusconi non è capo di niente, eletto a nulla, trascina un partito disastrato. Ma gli viene riconosciuta pari dignità e pari autorità. Anzi, diciamo pure che, nelle condizioni descritte, la situazione non è di parità, ma di supervisione e controllo.
c) Berlusconi fa le nomine, nel senso che nessuna nomina può essere fatta che non sia sua o di suo gradimento.
Da questo punto cruciale discendono due conseguenze. La prima è che – qualunque cosa si pensi di Renzi, pregi e difetti – lo Stato si sta riplasmando a immagine e somiglianza di Berlusconi. Perché nessuna figura direttiva può comparire o scomparire senza la sua partecipazione, suggerimento o approvazione, e non si vede alcuna fessura da cui possa infiltrarsi un italiano diverso (fate conto Rodotà, per fare un esempio eccessivo ma efficace). La seconda conseguenza è che l’intero mondo delle nomine, dal giornalismo alle aziende, a cominciare dalle televisioni (chi dirige, chi conduce, chi partecipa) viene determinato restando rigorosamente dentro il recinto tracciato da Renzi e Verdini, a nome e per conto di Berlusconi.
Questo non vuol dire che Renzi non abbia o non possa avere i suoi preferiti. Li ha, e si vedono. L’importante è che adesso, o a suo tempo, abbiano detto e fatto la cosa giusta, ovvero tenersi ben lontani dal fenomeno detto (allora e adesso) “antiberlusconismo viscerale”.
Per meritarlo, fin dall’inizio del regime, bastava un riferimento inequivoco dei rapporti fra il capo del governo e la mafia. Ma a quel tempo nessuno sapeva che “l’antiberlusconismo viscerale” sarebbe diventato un titolo di esclusione a vita, perché si pensava che, prima o poi, Berlusconi sarebbe andato a casa o in prigione. E qui siamo alla scoperta più interessante e più nuova di alcune conseguenze del “Patto del Nazareno” che sarà difficile spiegare in futuro a quelli che non c’erano.
È per questo che vale la pena di soffermarci un momento sul sistema delle nomine. È qui che si capisce che è giusto ma anche immensamente prudente “essere come tutti”, cioè zitti, come insegna il libro-guida del nostro tempo, autore il bravo scrittore Francesco Piccolo, giustamente vincitore del Premio Strega. Esaminate con cura ogni curriculum di “nominati” nella serie Renzi-Verdini e trovatemi un gesto, un atto, una frase nella vita degli interessati, che sia stata di repulsione del regime, di rivelazione dell’atto illegale, di denuncia delle abituali dichiarazioni false e truffaldine. Poi cercatele nella Rai e in tutte le altre reti, a tutti i livelli. Infine esplorate l’albo di coloro che sono invitati ai talk show anche dieci volte in una settimana. Ma non escludete gli inviti alle feste dell’Unità (che si celebra allegramente senza Unità). E domandatevi se tutto ciò non avrà, per forza, un riverbero sull’intera vita sociale (dalle omesse citazioni dei nomi dei “viscerali” da articoli o libri su eventi che li riguardano, agli omessi inviti a ricordare e discutere fatti e ricorrenze di fatti a cui, nel tempo, sono stati protagonisti o testimoni).
Il punto è: non c’è e non potrà mai esserci un dopo Berlusconi. Infatti, insieme, ma un po’ al di sopra di Renzi e Verdini, Berlusconi governa e nomina, irrorando l’Italia di “gente come tutti”. Ovvero gente come lui. Ci invitano ad apprezzarli perché la guerra è finita. Non sentite che profumo di legalità?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1113037/
di Furio Colombo | 7 settembre 2014
Non ci saranno più i senatori a vita. Subentra un altro titolo e ruolo che, data la situazione politica italiana, non può finire. È “l’antiberlusconiano viscerale a vita”. Come tutti sanno, “viscerali” sono coloro che non hanno mai rinunciato a denunciare la collezione di reati di Berlusconi, oltre ai continui attentati alla Costituzione. Mossa imprudente, che molti hanno notato in tempo, predisponendosi sempre di più “al dialogo” e inserendo sempre più accenni cordiali. Ma per provare questa affermazione dovrò condurvi in uno strano gioco dell’oca.
Per esempio ogni mattina, oppure ogni sera di ogni giorno, Matteo Renzi, presidente del Consiglio e segretario del Pd, si incontra con Denis Verdini, un banchiere in bancarotta con qualche imputazione, però molto simpatico e di Firenze. Devono mettere a punto alcune cose, in piena intesa, come sanno fare loro, sia su questa o quella riforma. Sia sulle “nomine”. Ecco la zona calda, le nomine. Sono uno strano rito della nostra Repubblica. Si dividono in nomine dirette del governo ad enti o agenzie. E in liste blindate che, una volta formulate da uomini con il potere di Renzi e Verdini saranno inviate al Parlamento, e mitemente votate.
Si tratta di giudici della Corte costituzionale, o di membri del Csm, e di molte altre agenzie e Istituzioni. Non temete, non sto sopravvalutando il fenomeno che è sempre accaduto, in Italia. La ragione è che qui, adesso, stiamo parlando di qualcosa di nuovo. Le nomine avvengono in un periodo politico in cui il Partito democratico è in piena ebollizione di energia e iniziativa. E mentre Berlusconi, nel frattempo, non solo non più ha vinto le elezioni che lo avevano portato a governare e dominare per la maggior parte degli ultimi due decenni, ma è stato condannato in via definitiva a sei anni di reclusione (da scontare con opere di bene) per una grande truffa fiscale (dunque ai danni dello Stato).
Eppure fra il leader Pd e Berlusconi viene stipulato uno strano patto, detto “del Nazareno”, che produce alcune conseguenze. Eccole:
a) Berlusconi co-dirige il governo a causa di quel patto che lo lega a Renzi e, attraverso di lui, a ciò che resta della sinistra italiana;
b) Berlusconi non è capo di niente, eletto a nulla, trascina un partito disastrato. Ma gli viene riconosciuta pari dignità e pari autorità. Anzi, diciamo pure che, nelle condizioni descritte, la situazione non è di parità, ma di supervisione e controllo.
c) Berlusconi fa le nomine, nel senso che nessuna nomina può essere fatta che non sia sua o di suo gradimento.
Da questo punto cruciale discendono due conseguenze. La prima è che – qualunque cosa si pensi di Renzi, pregi e difetti – lo Stato si sta riplasmando a immagine e somiglianza di Berlusconi. Perché nessuna figura direttiva può comparire o scomparire senza la sua partecipazione, suggerimento o approvazione, e non si vede alcuna fessura da cui possa infiltrarsi un italiano diverso (fate conto Rodotà, per fare un esempio eccessivo ma efficace). La seconda conseguenza è che l’intero mondo delle nomine, dal giornalismo alle aziende, a cominciare dalle televisioni (chi dirige, chi conduce, chi partecipa) viene determinato restando rigorosamente dentro il recinto tracciato da Renzi e Verdini, a nome e per conto di Berlusconi.
Questo non vuol dire che Renzi non abbia o non possa avere i suoi preferiti. Li ha, e si vedono. L’importante è che adesso, o a suo tempo, abbiano detto e fatto la cosa giusta, ovvero tenersi ben lontani dal fenomeno detto (allora e adesso) “antiberlusconismo viscerale”.
Per meritarlo, fin dall’inizio del regime, bastava un riferimento inequivoco dei rapporti fra il capo del governo e la mafia. Ma a quel tempo nessuno sapeva che “l’antiberlusconismo viscerale” sarebbe diventato un titolo di esclusione a vita, perché si pensava che, prima o poi, Berlusconi sarebbe andato a casa o in prigione. E qui siamo alla scoperta più interessante e più nuova di alcune conseguenze del “Patto del Nazareno” che sarà difficile spiegare in futuro a quelli che non c’erano.
È per questo che vale la pena di soffermarci un momento sul sistema delle nomine. È qui che si capisce che è giusto ma anche immensamente prudente “essere come tutti”, cioè zitti, come insegna il libro-guida del nostro tempo, autore il bravo scrittore Francesco Piccolo, giustamente vincitore del Premio Strega. Esaminate con cura ogni curriculum di “nominati” nella serie Renzi-Verdini e trovatemi un gesto, un atto, una frase nella vita degli interessati, che sia stata di repulsione del regime, di rivelazione dell’atto illegale, di denuncia delle abituali dichiarazioni false e truffaldine. Poi cercatele nella Rai e in tutte le altre reti, a tutti i livelli. Infine esplorate l’albo di coloro che sono invitati ai talk show anche dieci volte in una settimana. Ma non escludete gli inviti alle feste dell’Unità (che si celebra allegramente senza Unità). E domandatevi se tutto ciò non avrà, per forza, un riverbero sull’intera vita sociale (dalle omesse citazioni dei nomi dei “viscerali” da articoli o libri su eventi che li riguardano, agli omessi inviti a ricordare e discutere fatti e ricorrenze di fatti a cui, nel tempo, sono stati protagonisti o testimoni).
Il punto è: non c’è e non potrà mai esserci un dopo Berlusconi. Infatti, insieme, ma un po’ al di sopra di Renzi e Verdini, Berlusconi governa e nomina, irrorando l’Italia di “gente come tutti”. Ovvero gente come lui. Ci invitano ad apprezzarli perché la guerra è finita. Non sentite che profumo di legalità?
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1113037/
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
La realtà e la finzione
Gli italiani sono delle autentiche carte assorbenti.
Basta confrontare quanto scritto sopra da Furio Colombo con le supercazzole di Renzi trasmesse dai Tg in merito alla Festa dell'Unità di Bologna.
Gli italiani sono degli autentici merli che si bevono tutto e di più.
Gli italiani sono delle autentiche carte assorbenti.
Basta confrontare quanto scritto sopra da Furio Colombo con le supercazzole di Renzi trasmesse dai Tg in merito alla Festa dell'Unità di Bologna.
Gli italiani sono degli autentici merli che si bevono tutto e di più.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi
Scienza della comunicazione - 1
Ci invitano ad apprezzarli perché la guerra è finita
Furio Colombo
Da mesi sono i devoti del Caimano che non mancano di rimarcare in Tv che la guerra è finita.
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