Il "nuovo" governo Renzi

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camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Per un anno Massimo Cacciari ha continuato ad insistere che Renzi è l'ultima spiaggia. Dello stesso parere Francesco Giavazzi. Anche Padellaro ha paventato una simile ipotesi anche se Renzi non è certo di suo gradimento. Anche un certo numero di italiani compresi i non renziani, vedono in Renzi l'ultima possibilità.

Credo invece che Dogospia abbia visto giusto. La Merkel prenderebbe due piccioni con una fava.

Draghi a Roma fornirebbe le giuste garanzie per Bruxelles e Francoforte.

I tedeschi si tirerebbero fuori dai piedi Draghi che si è mosso in contrapposizione con la Banca Centrale tedesca.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Renzi, il Grande Twittatore
di Marco Travaglio | 13 settembre 2014Commenti (824)



Renzi ha perso 15 punti di fiducia in tre mesi. Così ha deciso di moltiplicare i tweet, che sono per lui il prolungamento del pene.

Non bastandone più uno alla volta, ieri ne ha sparati cinque tutti insieme, così chi era in crisi di astinenza s’è fatto la scorta e poi se li è delibati uno per uno con godimento multiplo. Il contenuto, del Pentatwitter, al solito, non è granché: lui è felice di aver nominato Descalzi all’Eni, infatti è indagato per corruzione, sono soddisfazioni;

Matteo Renzi ✔ @matteorenzi
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5. Sono felice di aver scelto Claudio Descalzi ceo di ENI. Potessi lo rifarei domattina. Io rispetto le indagini e aspetto le sentenze
10:16 - 12 Set 2014
265 RETWEET 289 PREFERITI

i candidati li scelgono i cittadini (soprattutto uno: lui) e non le Procure (che si limitano a compilare il registro degli indagati su cui lui sceglie i candidati);

Matteo Renzi ✔ @matteorenzi
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4. I candidati del PD li scelgono i cittadini con le primarie, non soggetti esterni. In Emilia Romagna vinca il migliore.
10:10 - 12 Set 2014
379 RETWEET 373 PREFERITI

e supercazzole sfuse su India, tagli a Regioni e sanità, Europa e il 3%. Ma il mezzo conta più del messaggio.

Sul Grande Twittatore è uscito un libro per Fazi Editore, dal titolo arrembante #Arrivo Arrivo, liberamente ispirato all’arriba-arriba-àndale-àndale di Speedy Gonzales.

Sottotitolo: “La corsa di @matteorenzi da Twitter a Palazzo Chigi” (e ritorno).

Autori i giornalisti infatuati Matteo Grandi e Roberto Tallei. Prefatore l’inutile Luca Sofri.

In copertina il Nostro, slanciato come una pera, corre e sorride al futuro in tenuta da jogging.


Primo capitolo: “Il tweet Vangelo secondo Matteo”.

Mecojoni.

Svolgimento: “Il primissimo tweet di Renzi, cimelio storico da esporre nel museo della comunicazione, datato 8.1.2009, già lasciava intravvedere il suo potenziale comunicativo”. Eccolo: “Torna a pensare che per il Pd fiorentino più che le primarie ci voglia il primario!”.

Torna chi? Parla di sé in terza persona come Povia, il Divino Otelma e i reclusi nei manicomi criminali? Boh. Però il primo tweet non si scorda mai, e già lascia intravvedere.

Come pure gli altri: “Pensa che arrivare in Palazzo Vecchio al mattino presto e lavorare da solo nel silenzio della sala Clemente VII”, punto, fine e morta lì. Già pensare è un verbo impegnativo.

“Ha lasciato la sala del Consiglio ed è tornato in ufficio. All’una di notte, da solo, con il ritmo dei passi…”, segue rimando a Facebook, che sta a Twitter come le linee-guida alle slide: “…ad accompagnare il rumore del silenzio mentre la penombra illuminava il Salone dei 500. Ci sono dei momenti in cui ti rendi conto di quanto sei fortunato a poter servire la tua comunità. Oggi è uno di questi. Viva Fiorenza!”. Lirismo puro, Dolce Tweet Novo.

Dopo due anni esatti di cure, il 12.1.2011 Matteo nostro riesce finalmente a cinguettare in prima persona: è la scoperta dell’Io, non meno devastante del Lui.

Infatti El Twitador inizia subito a cazziare quelli che comunicano in terza persona: “@Donadelli74 entrare su Twitter e lasciarci il portavoce è roba da sfigati”.

Concetto alato, tipico degli statisti momentaneamente ristretti a fare i sindaci.

Siccome però scripta manent e i tweet di più, fa tenerezza rileggere quelli con cui il Twittatore Folle deliziava i fiorentini: “Io sono per abolizione finanziamento pubblico a partiti e giornali e per mostrare conti correnti e proprietà dei politici”.

Ma non del finanziere Marco Carrai, che nello stesso periodo gli metteva gratuitamente a disposizione un pied à terre in via degli Alfani 8, all’insaputa degli elettori e dei lettori di Twitter. In ogni caso, non appena andrà al governo, Renzi dimenticherà prontamente l’abolizione dei fondi pubblici a partiti e giornali.

A volte, sopraffatto dalla fatica, il sindaco 2.0 twittava “XimNd” e subito dopo, per maggiore chiarezza, “Xvhgcuy” (13.2.2012), poi però si riaveva dal deliquio e chiariva aitante: “Apprezzabile lo sforzo esegetico per capire i miei ultimi tweet! Ma è solo l’iPhone lasciato aperto. Stavo Twittando #amiainsaputa”.

Peccato, perché “XimNd” e “Xvhgcuy” resteranno i tweet più sinceri del conte Mascetti reincarnato.

Seguiranno “#enricostaisereno” e “un forte abbraccio a @EnricoLetta”, un attimo prima dell’incaprettamento.

Il mitico “Berlusconi sa che se vinciamo noi lui è il 1° rottamato”. E l’imperituro “Scegliendo le persone più competenti, l’Italia può diventare la più bella startup del mondo”, 13 mesi prima di scegliere Boschi, Madia, Pinotti, Alfano, Lupi, Lorenzin, Orlando, Guidi e la vigilessa. Manca giusto #ladonnabarbuta.

il Fatto Quotidiano, 13 Settembre 2014
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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“Lo sgorbio delle riforme e il nuovo ventennio Renzi-B.” (Silvia Truzzi).

14/09/2014 di triskel182



Franco Cordero – professore emerito di procedura penale a La Sapienza, editorialista di Repubblica e scrittore – s’intende del morbo italico (titolo d’un suo libro, uscito l’anno scorso, Laterza), e se gli domandate come sta l’Italia, scova i precedenti.

“La pesca politica dei consensi muove da enunciati narrativi: l’agonista presenta gli scenari d’un suo mondo; la platea gli crede o no; spesso le viscere contano più della materia grigia. Mussolini vantava armi irresistibili e anima guerriera buttandosi nell’avventura abissina, assurda sotto ogni aspetto. Gl’italiani donano l’oro degli anelli nuziali: Benedetto Croce consegna la medaglietta da senatore; Vittorio Emanuele Orlando, vecchio leone liberale, è pronto, solo che Dux chiami.


Quando poi Londra e Parigi mandano l’ultimatum a Hitler invasore della Polonia, i patrioti tirano il fiato, contenti d’essere alla finestra; nel trionfo tedesco della tarda primavera 1940, però, chiedono guerra, finta beninteso, e bottino enorme, gratis: Nizza, Corsica, Algeria, Tunisia, Egitto, Sudan, Medio Oriente, sponda atlantica; costoro hanno gli occhi più capaci dello stomaco, commenta Joachim von Ribbentrop.

Non arriva nemmeno un grano di sabbia. Sei mesi squadrano i fatti: era fumo l’Impero; tra Sidi Barrani e la Sirte carri inglesi sbaragliano armate elefantiache (rintanato nel sottosuolo d’una ciclopica tomba romana, le comandava da lontano Rodolfo Graziani, detto l’Africano, implacabile contro indigeni inermi, qui piagnucoloso); pesci spada biplani affondano nel porto due navi da battaglia; l’attacco alla Grecia la presupponeva genuflessa, invece combatte e l’aggressore incassa figure ignobili. A Mentone i doganieri espongono un cartello: ‘grecs, arrêtez-vous; ici France’. I sogni d’euforia rendono poco nella veglia”.

Professore, veniamo al pre- Desta dubbi il modo in cui Renzi salta sul palco: Letta nipote guidava un’équipe affetta da marasma organico, sotto l’insegna “larghe intese”; Rex Neapolitanus, patrono delle stesse, gestiva l’abnorme secondo settennio. L’incoronato dalle primarie considerava rottami gli oligarchi. Era presumibile che rifiutasse la staffetta a Palazzo Chigi: ‘Non bevo veleni’; abdichi lo stratega défaillant e il successore sciolga le Camere , elette con una legge talmente perversa da fregiarsi del marchio suino.

Invece raccoglie l’eredità fallimentare, capo del governo rischiosamente vivo finché Berlusco Magnus glielo permetta. Vigono accordi sotto banco. Lo pseudostatista pirata, tre volte presidente del consiglio, sa cosa vuole: gonfiare l’impero economico e mediatico (“conflitto d’interessi” è formula tabù, sepolta nel convito bicamerale dalemiano 18 anni fa); uscire impunito dai processi; giustizia penale rispettosa dei colletti bianchi, et cetera.

Restano occulti i patti del Nazareno, sabato 28 gennaio 2014, ma l’uomo nuovo confessa “profonda sintonia”. Non era l’esordio migliore.

Che pensa dell’impetuoso premier riformatore? Lo spettacolo culmina nello sketch dei gelati venerdì sera 29 agosto, contro l’Economist. Parla a fiotti: ogni tanto spende battute tracotanti; annuncia mirabilia come bastasse dire qualcosa perché diventi fatto.

Sinora l’unica mezza opera è la nuova figura del Senato, bollata quale sgorbio dai competenti.

Nel qualificarsi unico possibile salvatore, imita l’omonimo notaio romano Cola di Rienzo o dei Rienzi (mercoledì 1° agosto 1347): “candidatus Spiritus Sancti miles, Nicolaus Severus et Clemens, liberator Urbis”, ecc.; sfoderata la spada, taglia il mondo in tre fette ogni volta esclamando “è mia”.

Corre del feeling tra i due condottieri 2014, affini in carica vitale, anima pragmatica, estro socievole.

Non avendo figliolo politico, Sua Maestà d’Arcore volentieri adotterebbe l’ex sindaco fiorentino, così disinvolto e talentuoso (s’era distinto in una gara televisiva Mediaset): fra’ Girolamo scolpiva i sermoni in lessico scabro; l’attuale postpiagnone cinguetta ai tasti nel gergo d’ultimo grido.

Esistono punti incompatibili, in particolare sulla giustizia, perché Re Lanterna cava grosse rendite elettorali dal malaffare white collar; ma Pd, Ncd, Forza Italia vanno convergendo; stia tranquilla la palude “moderata”: hanno un futuro linea criminofila, privilegi, dissesto economico.

Rivive anche Berlusconi, resuscitato per l’ennesima volta . Lo vediamo insolitamente quieto. Non era mai stato così poco visibile: diserta i fasti balneari; pratiche igieniche gli tolgono qualche chilo; studia la storia d’Italia nei documentari

Luce sul ventennio nero. Non che se ne vada, stanco della vita attiva: nient’affatto, dà sicura la rentrée, Pater constituens; gli serve una seconda persona (nome latino della maschera che indossano i commedianti).


Qui vengono utili fonti alchimistiche : il re ha cicli vitali; invecchiando s’indebolisce, divaga, sbaglia; poi muore e rinasce.

Talvolta l’ammazzano dei rivoltosi (Stolcius de Stolcenberg, Viridarium chymicum, 1524): forse compiono l’opera Angelino Alfano, Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello; o lo divora un lupo cattolico con pingue portafoglio ministeriale, e l’estinto riappare poco distante, uscendo incolume dal fuoco (Michael Maier, Scrutinium chymicum, 1687: iconografia in C.G. Jung). Divus Ber-lusco, dunque, non passerà lo scettro al concorrente giovane, imitando Carlo V, dedito a passatempi funerari in un monastero, ma ogni giorno i partners diventano più simili.

Nella Fattoria degli animali i maiali insorti camminano ritti, ormai umanoidi, e giocano a carte col padrone espulso, litigando quando saltano fuori due assi di picche.

Va formandosi un blocco amorfo, luogo del nudo potere. Resta da vedere chi comandi: M.R. rampa, invade, strepita; S.B. ha soldi che escono dalle orecchie, televisioni, giornali, sopraffino know-how criminaloide.

E se venisse fuori una diarchia? Conta ventun anni la versione sabaudo-mussoliniana. Che festoso capolavoro sarebbe l’Olonese insediato al Quirinale. Ipotesi da contemplare nel Guignol politico italiano.

Da Il Fatto Quotidiano del 14/09/2014.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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il Fatto 14.9.14
Fischi e striscioni
Ilva di Taranto, Matteo accolto a bottigliate

di Francesco Casula

Taranto Dagli applausi del Gargano agli insulti di Taranto e le proteste a Bari. La giornata di Matteo Renzi in Puglia è il racconto di popolazioni della stessa regione che guardano alle istituzioni con animo opposto. A Peschici, dopo l’alluvione che ha causato due morti e oltre 70 milioni di euro di danni, c’è chi crede davvero nell’aiuto del Governo. Nella città dell’Ilva, invece, vince la rabbia di un centinaio tra operai dell’Ilva e ambientalisti.


Nel Gargano, l’ex rottamatore si è fermato a parlare con i cittadini: “Non vi lascerò soli”
( lo ha detto anche ai lavoratori del Sulcis durante la campagna elettorale -ndt) e “il governo farà la sua parte com’è doveroso”.


I cittadini di Taranto, invece, sono rimasti fuori dalla prefettura, dove il primo ministro ha incontrato il sindaco, il presidente di Confindustria e i sindacati metalmeccanici.

Renzi non ha trovato tempo per parlare con i manifestanti che al suo arrivo gli hanno dedicato il coro “Buffone! Buffone! ” e alla sua partenza hanno rincarato la dose con insulti e il lancio di qualche bottiglietta. “Se questo Matteo Renzi è il nuovo che avanza – ha commentato il comitato dei Liberi e pensanti - permetteteci di dire che assomiglia terribilmente al vecchio; a quella vecchia politica che ha immolato la città di Taranto a vittima sacrificale, sull’altare degli interessi dei grandi gruppi industriali e dello Stato”.


PER RENZI non c’è stato nemmeno il tempo per incontrare i pediatri tarantini che avevano chiesto un incontro per approfondire la drammatica situazione ambientale e sanitaria: “Mi sono fatto dare il numero di telefono della pediatra – ha detto ai giornalisti - la chiamerò. L’Ilva è una questione nazionale, la scommessa di come si può fare impresa rispettando la salute”.


Una scommessa, tuttavia, che nonostante una valanga di decreti varati da tre diversi governi, lo Stato non sembra aver vinto. Inoltre, sul progetto “Tempa Rossa” che prevede l’espansione della raffineria Eni di Taranto e l’aumento del 12 per cento delle emissioni, Renzi è stato evasivo: “È uno dei grandi temi che suscitano grandi dibattiti nella popolazione, sono questioni su cui talvolta c’è un elemento di tensione slegata dalla reale portata dei problemi”. Un progetto contro cui anche il comune di Taranto ha detto ufficialmente “no”, mentre il governo, incurante, sta procedendo speditamente. Poco prima di partire per la Fiera del Levante, infine, il presidente del Consiglio ha annunciato che tornerà “nel periodo di Natale, alla fine dell’anno a fare il punto della situazione”. Ma le proteste lo hanno accompagnato anche nella successiva parte della giornata pugliese. A Bari, in risposta alla “buffonata” del gelato a Palazzo Chigi, studenti e giovani precari con un carretto di gelati davanti alla stazione centrale di Bari hanno contestato Renzi spiegando che “non abbiamo bisogno delle buffonate del governo, ma di un nuovo welfare, un reddito minimo garantito che consenta continuità di reddito per chi non ha continuità di lavoro, serve dire basta alla precarietà che contribuisce all’aggravarsi della crisi e all’aumento delle diseguaglianze”.


MA AL SUO arrivo alla fiera del Levante, Renzi ha dovuto fare i conti anche con i sindaci e i cittadini del Salento contrari al gasdotto Tap. “Noi siamo pronti a rispettare chi dice ‘No’ – ha risposto il premier - ma chi dice ‘no’ non può dire ‘stop’. Parliamo di tutto senza problemi ma non si può dire ‘no’ a un’opera così”. La Tap nel Salento come Tempa Rossa a Taranto quindi: non importa cosa dicano istituzioni locali e cittadini, il premier va avanti perché “ha la testa dura” e, secondo lui, “c’è la gente che fa il tifo”.




il Fatto 14.9.14
Matteo, inauguratore seriale di aziende (degli amici)
A Bari Renzi ha battezzato la fabbrica di Vito Pertosa, finanziatore della Leopolda

di Marco Palombi

Diciamo che è un po’ un vizio. Niente di illegale, però è bizzarro: ci sarà in Italia una fabbrica, una realtà produttiva meritevole di una visita del presidente del Consiglio che non appartenga a qualche suo amico, finanziatore, alleato? Ieri pomeriggio, per dire, Matteo Renzi ha inaugurato lo stabilimento Sitael - una società che opera nel settore dell’aviazione e dell’aerospazio - a Mola di Bari: il proprietario, informano le agenzie, è la “Angelo Investments” di Vito Pertosa, che è pure a capo del Gruppo Mer-Mec, storica impresa di Monopoli (Bari), che lavora tra gli altri per le Ferrovie dello Stato ed è già stata benedetta da una visita del premier a maggio, durante la campagna per le Europee.
NIENTE DI MALE, ma Vito Pertosa risulta essere un grande sostenitore del Pd in generale e di Renzi in particolare fin dalla prima Leopolda (era presente): ieri ad esempio, a Mola di Bari, c’era pure Romano Prodi, di cui Pertosa fu finanziatore anche per via dell’amicizia con Angelo Rovati, plenipotenziario del Professore per i rapporti con le imprese. Questioni di opportunità, ad esempio, potevano consigliare il presidente del Consiglio di non fare la seconda visita in due mesi a uno stabilimento della famiglia Per-tosa, visto che il Gruppo - assicurano al Fatto Quotidiano fonti del ministero per lo Sviluppo - riceve anche fondi pubblici: oltre sei milioni di euro nell’ultimo anno. Il rapporto tra Pertosa e Renzi, però, è talmente forte che supera persino l’imprenditoria: sui giornali pugliesi a lungo l’imprenditore è stato dipinto come il candidato del premier, in funzione anti-Emiliano (nel senso di Michele), alle primarie per il governatore pugliese.
Chiedergli cautela, comunque, è inutile. In questo Renzi è molto “americano”: non nasconde i suoi rapporti, anche economici, anzi li esibisce. Nel dicembre scorso, per dire, appena diventato segretario del Pd, si presentò a inaugurare la sede di Eataly di Firenze: il patron Oscar Farinetti, come si sa, è uno degli imprenditori più vicini al capo del governo e qualcuno lo vaticinò pure ministro.


DA PRESIDENTE del Consiglio, va detto a suo merito (forse), non ha cambiato abitudini. A maggio, per dire, oltre a fare la prima visita in un impianto di Pertosa, durante un tour elettorale in Emilia Romagna, ci ha regalato delle indimenticabili foto mentre si allena nel Technogym Village di Cesena: il giovane premier è attento al fisico, si sa, e accanto a lui - tanto in palestra a sudare che nel cortile della fabbrica per i flash - c’è un signore che risponde al nome di Nerio Alessandri, che poi è il fondatore e proprietario di Technogym, nonché storico finanziatore degli happening renziani. Pure durante il tour nel Mezzogiorno fatto a Ferragosto, il capo del governo ha trovato il modo di far visita a un amico: Renzi, durante la sua permanenza-lampo a Napoli, annullò le passeggiate a Scampia e a Pompei e andò invece a Ponticelli, dove ha sede la K4A (Knowledge for aviation), impresa che produce elicotteri leggeri fondata e diretta da Dario Scalella, manager napoletano e amico del premier (che peraltro Luigi De Magistris ad aprile aveva fatto fuori da Napoli Servizi Spa a favore di un presidente in quota Udc, Domenico Allocca). Anche in questo caso il rapporto di stima va oltre la politica, visto che Scalella è stato inserito nella terna dei possibili presidenti della Autorità portuale di Napoli e in questi giorni il suo nome viene associato con costanza anche alla carica di commissario per il risanamento dell’area di Bagnoli.


PURE LA VISITA di venerdì scorso, al nuovo stabilimento delle Rubinetterie Bresciane a Gussago, è stato calcolato in un’ottica - per così dire - amicale. È servito a Renzi, infatti, per cementare plasticamente l’alleanza con la Confindustria di Giorgio Squinzi (l’economia reale) contro il circoletto dei poteri spompati riuniti al Forum Ambrosetti di Cernobbio, tradizionale punto d’incontro tra la finanza privata e quel “capitalismo di relazione” sempre esecrato da Renzi (a meno che le relazioni non siano le sue).
La nuova fabbrica del Gruppo Bonomi - guidato da Aldo Bo-nomi, vicepresidente di Confindustria con delega alle politiche territoriali, ai distretti industriali e alle reti d’impresa - è stato il palcoscenico in cui il premier ha rilanciato la veltroniana “alleanza dei produttori” contro l’immobilismo dei salotti.

È vero che tanto Squinzi che Bonomi non sono tanto a loro agio col nuovismo renziano e, a quanto risulta, non sono nemmeno mai stati alla Leopolda. Nella vita, comunque, per fare ammenda c’è sempre tempo.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Corriere 14.9.14
Il leader amplia lo staff. Da Firenze il «tuttofare»
La segreteria al completo costerà un milione e 300 mila euro
In squadra pure Nicodemo

di Claudio Bozza

FIRENZE — Dal segretario particolare Franco Bellacci, una specie di «sono Wolf, risolvo problemi» mutuato dal personaggio del film Pulp Fiction , al «risponditore» Pilade Cantini, già dipendente di Palazzo Vecchio, che gestirà la corrispondenza con le migliaia di cittadini che scrivono al premier. Sono due delle ultime sette assunzioni che completano la segreteria di Matteo Renzi, che con quest’ultima tranche di fedelissimi conta di far viaggiare a dovere la sua «macchina» sei mesi dopo essere arrivato a Palazzo Chigi. Quasi tutti fiorentini e di fiducia, anche per chiudere gli spifferi nei corridoi, dove le informazioni corrono troppo ogni volta che qualche compito delicato viene delegato a qualcuno fuori dal cerchio più stretto. A regime, la segreteria al completo costerà circa 1,3 milioni l’anno, 2-300 mila euro in meno rispetto a quella di Enrico Letta.
Il decreto con le ultime assunzioni a tempo determinato è alla firma del presidente, che ha formalizzato anche la collaborazione con il governo di 15 consiglieri giuridico-economici (tra cui anche l’ex assessore alla Cultura di Palazzo Vecchio, Giuliano da Empoli), tutti consulenti, a differenza della segreteria, a titolo gratuito che percepiranno solo rimborsi spese.
Da Palazzo Vecchio arriverà nei prossimi giorni Franco Bellacci, detto «Franchino», uno dei pochi abituato all’attivismo del premier e pronto a risolvere i suoi piccoli-grandi problemi pratici: dal computer che si blocca all’alba alle slide da preparare a notte fonda. C’è un segreto per riuscire a sopportare i ritmi di Renzi? «Tanta voglia di lavorare e altrettanto sacrificio. Poi è chiaro: bisogna fare rinunce, ma le soddisfazioni non sono mai mancate — raccontò Bellacci al Corriere Fiorentino —. Semmai il vero segreto è che ci vuole l’umiltà di affrontare con la stessa attenzione i problemi semplici e quelli complessi. E poi, per stare dietro a Matteo ci vuole il fisico: io, ad esempio, ho dovuto perdere 20 chili».
A Roma si trasferirà anche Pilade Cantini, che prima di arrivare a Palazzo Vecchio era stato assessore in un Comune del Pisano per Rifondazione Comunista. Un curriculum politico opposto a quello del moderato Renzi, che di Cantini apprezza le capacità letterarie, tanto da chiamarlo per rispondere alle migliaia di mail che ogni giorno arrivano a matteo@governo.it. Il decreto prevede anche l’assunzione di Elena Ulivieri, moglie di Cantini.
A capo della segreteria tecnica arriverà a Palazzo Chigi Giovanni Palumbo, già dirigente a chiamata del Comune di Firenze. Dal Pd si sposterà invece Francesco Nicodemo, che lascerà il suo posto al Nazareno pochi giorni prima che Renzi nomini la nuova segreteria. Nicodemo, napoletano, laureato in Lettere ed esperto di social network e social media, gestirà la comunicazione del governo via Facebook, Twitter e altre piattaforme di dibattito virtuale.
Infine, anche se al di fuori dalle nomine di questo decreto, il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi avrà un portavoce ufficiale: Luca Di Bonaventura, ex giornalista dell’Ansa, che finora aveva seguito il sottosegretario Luca Lotti, braccio destro del premier.
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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L’agenda sbagliata del premier

14/09/2014
LUCA RICOLFI




Dice il nostro premier che il suo governo va giudicato fra 1000 giorni, anziché dopo i primi 200, quanti ne sono passati dal suo insediamento a Palazzo Chigi.

Ha ovviamente ragione, se si riferisce al corpo elettorale, che potrà esprimersi solo al momento del voto (a proposito: quando si voterà? La legislatura non scade fra 1000 giorni, bensì un anno più in là…).

Ma non ha ragione se si riferisce all’opinione pubblica, che ha tutto il diritto di discutere e giudicare il suo governo «passo dopo passo». Un governo si promuove o si boccia con le elezioni politiche, ma si discute e si giudica giorno per giorno.

Sette mesi non sono tanti, ma non sono neppure pochissimi per valutare l’azione di un governo. Dopotutto, la domanda che quasi tutti ci facciamo è una sola: Renzi ce la farà a «cambiare verso» all’Italia, interrompendo un regime di stagnazione e recessione che dura da troppo tempo?

è il caso di notare, per cominciare, che un successo di Renzi se lo augurano non solo i renziani, ma anche buona parte degli italiani che non hanno votato Pd nel 2013 (alle Politiche), o non hanno votato Renzi nel 2014 (alle Europee).

(in questo caso ha ragione Padellaro quando scrive:

Nel mondo anestetico dei tweet e delle slide non esistono gesti rivelatori perché non ci sono gesti ma fiabe che rimandano al campo dei miracoli nei pressi del paese di Acchiappa-citrulli dove gli zecchini crescono di notte.
E non capisco perché Ricolfi sia così indulgente - ndt)


Nessun governo precedente, della prima o della seconda Repubblica, ha mai goduto di aspettative così diffuse e trasversali agli schieramenti.

Nessun premier ha beneficiato di un’apertura di credito così ampia e convinta.

Nessun governo, tranne forse il governo di solidarietà nazionale ai tempi del terrorismo, ha mai goduto di un appoggio esterno benevolo come quello che Forza Italia sta fornendo al governo Renzi. Altroché gufi, nessun premier ha avuto mai così tanti tifosi!

Dunque le possibilità di Renzi, sulla carta, sono decisamente buone.
(cosa c'entra che le possibilità sono buone con la palese incapacità di Renzi e della sua band? Sartori aveva capito subito con chi si aveva a che fare: Un governo di incompetenti guidato da un'incompetente -ndt )


Nonostante tutte queste condizioni favorevoli, nelle ultime settimane è cominciato a serpeggiare il dubbio che Renzi possa non farcela o, stando ai critici più severi, che la sua volontà di cambiare l’Italia sia più gattopardesca di quel che era sembrata all’inizio.

Come mai?

Alcune ragioni sono evidenti: l’inflazione degli annunci (la cosiddetta «annuncite»), il mancato rispetto delle scadenze spavaldamente fissate per le varie riforme epocali (legge elettorale, lavoro, fisco, giustizia, pubblica amministrazione), la litigiosità dei parlamentari del Pd, la natura pasticciata di alcuni provvedimenti, l’incertezza in materia di tasse, compreso il tormentone del rinnovo del bonus di 80 euro, per il quale ancora oggi nessuna legge stabilisce le coperture nel 2015.

C’è una ragione, tuttavia, che a me pare più influente di tutte le altre. Da qualche settimana anche gli osservatori più benevoli cominciano a sospettare che Renzi abbia completamente sbagliato le priorità e, soprattutto, che ormai sia troppo tardi per recuperare.
(sai che roba sono proprio dei fulmini di guerra a capire le cose- ndt)

Il ragionamento, in breve, è questo: se vuoi far ripartire la crescita, come tutti i politici affermano di voler fare, devi prendere alcune decisioni impopolari in campo economico-sociale (tagli di spesa pubblica, liberalizzazione del mercato del lavoro); ma quelle decisioni le puoi prendere solo quando il tuo consenso è al massimo, ovvero durante i primi mesi di governo (la cosiddetta luna di miele); e se lasci passare quella finestra di opportunità, tutto diventa più difficile, se non impossibile.

Ora il punto è che la luna di miele pare stia già tramontando.

Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato, condotto da Demos & Pi e presentato da Ilvo Diamanti su Repubblica, fra giugno e settembre il Pd ha perso 4 punti, ma la popolarità di Renzi è scesa di ben 14 punti, ossia 10 punti di più. E’ vero che la rilevazione di giugno era drogata dal successo alle Europee, ma resta il fatto che il consenso di Renzi risulta in diminuzione anche rispetto a marzo e a maggio.


La fine della luna di miele, un fatto fisiologico dopo 200 giorni di governo, sembra dare ragione a quanti, da mesi, non si stancano di ripetere che è stato un grandissimo errore dare la precedenza, mediatica e parlamentare, al cambiamento della legge elettorale della Costituzione, e rimandare tutte le riforme economico-sociali più importanti, a partire dal Jobs Act. Il cambiamento delle regole, infatti, produrrà effetti solo fra qualche anno, e comunque non incontra alcun serio ostacolo da parte dell’opinione pubblica, che ha ben altre priorità. Alcune riforme economico-sociali, invece, possono produrre effetti molto più rapidamente, ma richiedono il massimo di consenso dell’opinione pubblica, per vincere le inevitabili resistenze delle mille lobby che temono di perdere i loro privilegi. Secondo questi critici Renzi doveva dare assoluta priorità al mercato del lavoro, ai tagli di spesa e alla riduzione del costo del lavoro per le imprese, lasciando che le riforme delle regole elettorali e istituzionali facessero tranquillamente il loro corso parlamentare, senza ritardare le assai più urgenti e vitali riforme economico-sociali.

Il fatto curioso è che questa mancanza di coraggio (ma forse sarebbe meglio dire: questa mancanza di tempismo) in campo economico-sociale si sta già ritorcendo contro il governo. Renzi ha deciso da tempo di non rispettare l’obiettivo del 2.6% di deficit che egli stesso aveva imprudentemente fissato a primavera, e si appresta a negoziare con l’Europa un’interpretazione flessibile degli impegni assunti. Ma le sue possibilità di riuscire nell’intento, e soprattutto di evitare la reazione negativa dei mercati di fronte all’ennesimo ritardo nel percorso di risanamento dei conti pubblici, sono state enormemente ridotte precisamente dalla scelta, fatta a marzo, di posticipare le riforme difficili, che sono quelle economico-sociali, e di trastullarsi con quelle facili, legge elettorale e svuotamento del Senato, il cui percorso parlamentare è garantito dall’accordo con Silvio Berlusconi.


Si potrebbe pensare, o meglio sperare, che le «riforme strutturali», a partire da quella del mercato del lavoro (cui tuttora mancano i tre tasselli fondamentali: codice semplificato, contratto a tutele crescenti, ammortizzatori sociali universali), siano solo un’ossessione degli studiosi, i detestati «esperti» da cui il nostro suscettibile premier «non accetta lezioni». Sfortunatamente non è così. I mercati finanziari si sono già accorti della nostra lentezza, anche se i politici preferiscono non vedere il segnale che essi ci mandano. Eppure quel segnale è chiaro e forte: fra gennaio e oggi la diminuzione dello spread, che ha coinvolto un po’ tutti i Paesi dell’eurozona, è stata in Italia minore che negli altri Pigs, ossia Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Segno che i mercati percepiscono la differenza fra le velocità con cui i Paesi più indebitati ristrutturano le loro economie.

In concreto, tutto ciò significa che aver rimandato le riforme che contano potrebbe costarci caro. Subito, sotto forma di minore disponibilità dell’Europa a concedere sconti ai soliti inaffidabili italiani. In prospettiva, sotto forma di rischio sui mercati finanziari: se un’altra crisi dovesse scuotere l’euro, l’Italia non ne sarebbe al riparo, perché troppo poco ha fatto e sta facendo per fermare il proprio declino.
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http://www.lastampa.it/2014/09/14/cultu ... agina.html
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Ue, Katainen a Renzi: “Bene progettare riforme, ma poi bisogna farle”

Il futuro vicepresidente della Commissione europea riconosce che l'agenda dell'esecutivo di Roma è "molto ambiziosa" ma avverte: "se hai la ricetta del medico ma poi non prendi la medicina, non aiuta". E il ministro dell'Economia Padoan, smentendo la linea del premier, dice che "il controllo europeo sulle riforme è utile". Al centro del vertice il rilancio degli investimenti per far ripartire la crescita economica, che ormai "è la priorità di tutti"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 settembre 2014Commenti



“Molti Paesi stanno progettando riforme”, ma “anche l’implementazione è importante. Se hai la ricetta del medico ma poi non prendi la medicina, non aiuta”. Il commissario agli Affari economici Jyrki Katainen, futuro vicepresidente della Commissione con responsabilità su tutti i portafogli economici, colpisce ancora. Dopo il botta e risposta a distanza di venerdì con il premier Matteo Renzi sul ruolo di Bruxelles nel valutare se e quanto gli Stati della Ue “rispettano le promesse”, in conferenza stampa al termine della riunione dell’Ecofin il “falco” finlandese ha riconosciuto che l’agenda dell’esecutivo di Roma è “molto ambiziosa”. E che, “se tutto sarà fatto, l’economia italiana riceverà una spinta importante”. Ma ha anche espresso senza troppi giri di parole, con la metafora della “medicina” già usata in luglio, qualche perplessità sulla concreta attuazione delle misure messe in campo.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... e/1119491/
iospero
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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da ciwati
Il Consiglio regionale toscano ha sostituito alla vecchia legge elettorale (da cui era nato il Porcellum) una nuova (da cui forse nascerà l’Italicum, le somiglianze essendo già molte).

Per fare ciò ha (soprattutto) sostituito ai consiglieri del Pd quelli del Pdl (oggi di Fi e del Ncd): al momento del voto finale 8 consiglieri del Pd sono usciti dall’aula consiliare e l’approvazione invece è avvenuta con i voti del centrodestra (nuovo e vecchio, appunto).

Mi pare un episodio politicamente inedito e dagli effetti molto gravi sia sulla compattezza del Pd, sia sulla distinzione tra destra e sinistra, sia sullo spostamento del Pd, ovviamente verso destra.

È facile notare come anche in questo caso (come per l’italicum, la riforma costituzionale del Senato, la riforma del lavoro ecc.), si è cercata prima e piuttosto che la condivisione di una posizione nel partito, ascoltando tutti, una condivisione con altri partiti. Sempre gli stessi.

Poiché la legge elettorale toscana – come ricordavo anche qualche settimana fa – è stata già in passato il viaticum di quella nazionale c’è da preoccuparsi. Nel merito: per le liste bloccate (almeno in parte, che però per i piccoli – come in una sineddoche – potrebbe diventare il tutto), le soglie di sbarramento e i premi di maggioranza, che in Toscana potranno andare subito al primo turno anche a una coalizione, ad esempio, del 30% o del 25% (violando apertamente quanto detto dalla Corte costituzionale nella sentenza sull’incostituzionalità del porcellum) se, in virtù del voto disgiunto il Presidente avrà ottenuto il 40% (infatti è sui voti di quest’ultimo che si calcola il premio, come avviene a livello comunale, dove già non va bene, trattandosi comunque di un livello diverso che non esercita la funzione legislativa). E soprattutto c’è da preoccuparsi nel metodo: il caso conferma come nel Pd si segua la linea di imporre sbrigativamente posizioni maturate al di fuori di una discussione aperta (magari in qualche retrostanza tra leader e leaderini) che – sarà un caso – va sempre contro una parte del partito, inascoltata (quando non umiliata), e quelli che sarebbero i naturali alleati per una forza politica che miri a unire tutto il centrosinistra come protagonista del socialismo europeo.

Ma se questo è il viaticum siamo purtroppo molto lontani da questo obiettivo. E chi lo pensa dovrebbe dirlo con la chiarezza con cui lo facciamo noi, prima che sia già tutto deciso.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Liberadestra, Fini: “Renzi? A metà tra Pifferaio di Hamelin e Capitan Fracassa”


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http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/09/ ... sa/296584/

“Renzi? Basta, lo vediamo tutte le sere in ogni salsa. Risparmiatecelo, almeno qua. Qualche volta mi sembra una via di mezzo tra il Pifferaio di Hamelin e Capitan Fracassa. Però sono prevenuto in questo”. E’ il commento di Gianfranco Fini durante il talk show di approfondimento politico, ‘Agorà Estate’, su Rai Tre. L’ex presidente della Camera non risparmia qualche critica all’operato del premier: “L’operazione che ha fatto Renzi di presentare al Paese come un grande successo dell’Italia la nomina del ministro Mogherini è stata il più grande infingimento, il fumo buttato negli occhi. Il problema non è la Mogherini, che non giudico e che può essere un ottimo ministro. Se ci andavano Einaudi o De Gasperi” – conclude – “era la stessa cosa. La politica estera comune dell’Europa è come il regno di Fiabilandia: non c’è”
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Governo Renzi, “80 euro inefficaci per i consumi, niente su industria”
L'analisi de "lavoce.info" sui primi 6 mesi dell'esecutivo. Sul lavoro "barriere più alte tra contratti temporanei e definitivi". Sul rapporto con l'Ue "l'azione è stata finora piuttosto debole"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 15 settembre 2014Commenti (567)



Non ci sono le coperture strutturali per mantenere gli 80 euro anche per i prossimi anni, sul lavoro l’unico effetto è l’innalzamento delle barriere tra contratti temporanei e definitivi, sulla politica industriale solo annunci a parte un appello a non licenziare, sulla scuola vari annunci “ma non sono stati presentati disegni di legge o provvedimenti ministeriali”.


A fare la radiografia dei primi sei mesi di governo Renzi è lavoce.info. Il breve rapporto mette sotto osservazione anche la giustizia civile, il cosiddetto “Sblocca Italia” (il cui testo ufficiale è stato firmato dopo settimane di annunci), le riforme istituzionali e il rapporto con l’Europa.

“Gli 80 euro? Compromessa l’efficacia del sostegno ai consumi”
La misura più forte dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi è stata quella della riduzione del cuneo fiscale sul lavoro attraverso l’ok agli 80 euro dal maggio scorso, dalla quale comunque – ricorda lavoce.info – sono rimasti fuori i redditi troppo bassi per pagare le tasse (gli “incapienti”), oltre che i disoccupati. “A tutt’oggi – si legge nella relazione – non ci sono le coperture strutturali per il bonus e questo ne compromette l’efficacia nel sostenere i consumi”.

Lavoro, “barriere più alte tra contratti temporanei e definitivi”
Quanto al lavoro “le garanzie giovani sin qui sono state solo promesse. Forse troppe”, esordisce l’approfondimento de lavoce.info. “Il Jobs act – aggiunge – doveva essere la prima riforma. Ma il governo Renzi ha solo varato un decreto sui contratti a tempo determinato che, con la nuova prova triennale, rende del tutto improponibile un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti come quello che dovrebbe essere nel Jobs act. Aumenta così il dualismo nel mercato del lavoro e innalza le barriere che separano i contratti temporanei da quelli a tempo indeterminato”.

Scuola, “vari annunci ma nessun disegno di legge”

La scuola è uno delle questioni più presenti nell’agenda di Renzi. Eppure, si legge nell’analisi della Voce – “ci sono stati vari annunci del ministro Stefania Giannini non sempre seguiti da un dibattito in consiglio dei ministri, ma ad oggi non sono stati presentati disegni di legge o provvedimenti ministeriali”. Tra le varie misure annunciate vengono elencate l’abolizione del test di ammissione a medicina, l’abolizione delle graduatorie dei precari, l’aumento della quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario e la sperimentazione dell’accorciamento della scuola secondaria. L’unica novità nel frattempo è stato il via libera a oltre 30mila assunzioni per docenti (anche di sostegno) e Ata.

Politica per la famiglia e industriale
Più netto il giudizio su politiche per la famiglia e soprattutto politica industriale. A entrambi i capitoli lavoce.info dedica una riga o poco più. Nel primo caso, spiega il breve rapporto, “il governo Renzi sinora non ha fatto nulla se non annunci”. Nel secondo “non si ricordano interventi significativi, a parte l’appello del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi a non licenziare”.

Il rapporto con l’Ue: “Renzi gioca in difesa”
Poco coraggio, a dispetto delle parole, anche nel rapporto con l’Unione Europea. “Al di là degli annunci di ‘cambiare verso’ e di ‘mettere la crescita al centro dell’agenda’, non sembra che ci siano stati veri cambiamenti rispetto al passato – si legge nel capitolo sul tema firmato da Angelo Baglioni – Sembra anzi che l’imperativo di ‘fare i compiti a casa e rispettare i paletti fissati dal fiscal compact’ domini ancora il rapporto tra Italia ed Europa”. Per il momento ci si può affidare solo alla nomina a commissario europeo agli Affari economici di Pierre Moscovici ma per quanto riguarda la flessibilità, per esempio, “ci è stato semplicemente concesso di fare il migliore uso di quella già prevista dalle regole del Patto di stabilità e crescita, grazie, ma occorreva dirlo?”. E nessuna concessione neanche “sul fronte degli investimenti pubblici: sulla golden rule (scomputo di alcuni investimenti dal calcolo del deficit) la Germania non ha fatto sconti a Renzi, come non ne aveva fatti a Monti e a Letta”. “Almeno – prosegue Baglioni – Monti poteva dire che questa linea era imposta da uno spread alle stelle che segnalava il pericolo di un default dell’Italia”. Ma ora questo non è più vero quindi “ci vorrebbe il coraggio di dire che il vincolo del 3 per cento può essere superato e che l’Italia non teme la procedura per deficit eccessivo, purché si prendano davvero (in Italia e in Europa) le iniziative per rilanciare la crescita”. Insomma “Renzi dovrebbe mettere sul piatto una politica fiscale più espansiva da parte di quei Paesi che possono permetterselo, a cominciare dalla Germania”.

In conclusione, aggiunge Baglioni, “sembra che Renzi stia giocando sulla difensiva in Europa, contraddicendo il motto calcistico secondo cui ‘la migliore difesa è l’attacco’. In questo senso, il fatto che il ministro dell’Economia sia un grigio difensore dell’ortodossia (Padoan) non lo aiuta. Con un pizzico di cattiveria, potremmo dire che l’unico fronte sul quale Renzi è andato all’attacco in Europa è quello delle nomine, sostenendo a oltranza la candidatura della Mogherini ad alto rappresentante della Ue per la politica estera”.

Giustizia civile, “aggredire l’arretrato è centrale”
Una promozione arriva invece per le misure sulla giustizia civile: “E’ un punto centrale – si legge – per uscire finalmente a ridurre significativamente i tempi” e questo “è un obiettivo corretto”. “Per rendere efficaci nuovi eventuali interventi che servano a raggiungere obiettivi di efficienza (e non solo a contenere la crescita di congestione), eliminare l’arretrato non è solo indispensabile – si legge – ma è un passaggio ineludibile. Il fatto che si sia giunti ad affrontare la questione in momento di crisi economica profonda e di scarsezza di risorse di finanza pubblica complica non poco le cose”. Quindi la strategia è “incentivare gli avvocati a spingere le parti in giudizio a scegliere soluzioni fuori dal foro”. Tuttavia “in tempi di crisi è difficile prevedere se chi tiene comportamenti opportunistici sceglierà l’uovo (l’arbitrato), la gallina (il processo fino a sentenza) o entrambi”. Infine un passaggio sull’effetto su separazioni e divorzi: debole sulle prime, più radicale sui secondi.

“Grandi opere? Non sono la chiave più efficace per sbloccare l’Italia”
Poi la critica alla ricomparsa delle grandi opere. “E’ necessario – si legge ancora – ripetere per l’ennesima volta che le grandi opere non sono la chiave più efficace per sbloccare l’Italia?”. I motivi sono vari: “sono di realizzazione comunque lenta (solo per la Napoli-Bari si prevedono 10 anni)”, “hanno un moltiplicatore più basso di altre spese ‘cementizie’ (ovvero un miliardo speso nelle grandi opere genera meno posti di lavoro e meno domanda indotta di un miliardo speso, per esempio, nell’edilizia scolastica o ospedaliera”, “hanno minori effetti ‘di offerta’ rispetto agli investimenti in ricerca e sviluppo”. Riserve anche sulle singole opere “sbloccate” (si tratta infatti di lavori inseriti nello “Sblocca Italia”). “A cosa potrà mai servire l’alta velocità a Malpensa se il nuovo dominus dei cieli nazionali (Etihad) punta a fare di quello scalo il principale aeroporto cargo d’Italia (e forse d’Europa)? E a cosa servirà puntare tanti soldi su ben tre valichi ferroviari (Torino-Lione, Brennero e terzo valico) quando il trasporto cargo su ferrovia è ai minimi storici per motivi ‘gestionali’ e non infrastrutturali?”.

Le riforme, dal Senato all’Italicum
Paolo Balduzzi e Massimo Bordignon, per lavoce.info, si soffermano anche sulle riforme istituzionali. La legge elettorale segue il percorso della riforma costituzionale e deve fare i conti con gli equilibri interni al Pd e alla maggioranza di governo e quindi la sua approvazione è “ancora molto aleatoria”. Sulla trasformazione del Senato in Camera delle autonomie pesa proprio il nuovo passaggio a Palazzo Madama (dopo la prima “battaglia” tra luglio e agosto): “Il testo approvato in prima lettura dovrà tornare allo stesso Senato per una seconda votazione (non prima di tre mesi dall’approvazione della Camera). Sarà dunque quello il passaggio cruciale che determinerà il successo della riforma e, probabilmente, anche dell’intera legislatura”. Infine le Province per le quali si prevedevano “tempi rapidissimi, ma per il momento nulla si è visto”. Poi la risposta alla domanda principale di questi mesi: ma non era meglio partire dalle riforme economiche e non da quelle istituzionali? “Ma il paese ha certo bisogno di istituzioni più rapide ed efficienti e soprattutto sulle riforme costituzionali, visti i vincoli temporali per l’approvazione e la necessità di ampie maggioranze, o si cominciava subito o non si sarebbe portato a casa nulla (ammesso che così ci si riesca)”.

“Il comunicatore inflazionato”
Un’ultima parte del breve rapporto de lavoce è dedicata alla comunicazione di Renzi. Si nota un cambio di tono, necessario dopo che gli indicatori economici non seguono l’ottimismo del presidente del Consiglio.

Così si è passati a slogan più cauti come #millegiorni e #passodopopasso“. “A questo proposito – scrive Riccardo Puglisi – penso che Renzi possa trarre insegnamenti utili dalla comunicazione e dall’azione dei banchieri centrali, per i quali è sì importante la prima impressione che si fa davanti al pubblico e agli investitori (su questo il presidente del Consiglio ha poco da imparare), ma è soprattutto cruciale la credibilità, cioè la corrispondenza quasi esatta tra quello che un banchiere centrale promette di fare e ciò che farà.

Anche nell’ambito della politica vera e propria la comunicazione è potenziata dal fatto che gli slogan e le promesse siano seguiti da risultati corrispondenti e verificabili, mentre il rischio da evitare accuratamente è che gli slogan restino parole vuote senza esecuzione. Se questo accade, il capitale di credibilità si asciuga velocemente e gli slogan si ritorcono contro il loro brillante proponente”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... a/1121570/
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