Il "nuovo" governo Renzi

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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iospero ha scritto:Jobs Act, Civati (Pd): “Così com’è non lo voto. Se lo vota FI, si va da Napolitano”

e allora si va al voto con la legge elettorale della Consulta ?
Silvietto, Brunetta & Co, continuano a sostenere che sono loro vecchie proposte.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Articolo 18: Napolitano, metodi da Stato di Bananas
di Antonio Padellaro | 23 settembre 2014Commenti (334)


Chissà come saranno fischiate le orecchie ai vari Bersani, D’Alema, Civati, Fassina, Chiti, Bindi, Cuperlo, Cofferati e ai tanti altri che nel Pd non intendono piegarsi all’editto di Matteo Renzi sull’abolizione dell’articolo 18. E chissà come si comporterà adesso la minoranza formata dai 110 deputati e senatori democratici decisa a dare battaglia nelle aule parlamentari sul Jobs Act, ma anche sulla legge di Stabilità, quando ieri sera si è vista arrivare tra capo e collo il super editto di Giorgio Napolitano.

Perché se il Colle intima lo stop ai “corporativismi e conservatorismi” che impediscono l’avvio di “politiche nuove e coraggiose per la crescita e l’occupazione” c’è poco da fare. O si piega la testa e ci si ritira in buon ordine o si prosegue la battaglia in un clima di caccia alle streghe. Perché nella lunga storia repubblicana mai era accaduto che il confronto democratico nella stessa maggioranza e nello stesso partito subisse una pressione così prepotente e su materie sensibili come i diritti e il lavoro a opera del suo stesso leader e premier in combutta con il Quirinale.


Appena la sinistra Pd e la Cgil hanno provato a dire che sui licenziamenti senza garanzie non erano d’accordo, cosa del tutto naturale, è partita la katiuscia. Con tanto di videomessaggio alla nazione, Renzi si è scagliato contro la “vecchia guardia che vuole lo scontro ideologico”, mentre con metodi da prefetto di disciplina la Serracchiani ha ricordato ai reietti “di essere stati eletti con e grazie al Pd” quando peraltro segretario non era Renzi, ma Bersani. Poiché non era bastato a fermare la fronda, ecco che scende in campo il capo dello Stato, che da tempo ha smesso i panni del super partes per schierarsi con il patto del Nazareno. Gli è andata bene quando ha spinto per la riduzione del Senato a ente inutile. Meno quando ha preteso l’elezione dell’indagato Bruno e di Violante alla Consulta. Adesso entra a gamba tesa nel dibattito interno del Pd e sulle decisioni del Parlamento. Metodi non da democrazia costituzionale, ma da libero Stato di bananas.

Video di Matteo Benito
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... s/1130325/
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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L'interpretazione de Il Giornale.




De Bortoli stronca Renzi e il suo governo
Il direttore del Corriere attacca frontalmente il capo del governo



Raffaello Binelli - Mer, 24/09/2014 - 10:46



Ferruccio de Bortoli ha scelto un giorno non a caso - il lancio della nuova grafica del Corriere - per rifilare una pesante bordata a Matteo Renzi.


Non tanto (e non solo) al suo esecutivo ma proprio a lui, Presidente del Consiglio e leader del Pd.

L'incipit dell'editoriale va dritto al sodo: "Devo essere sincero: Renzi non mi convince".

E spiega subito cosa intende: "Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro.

Quanto per come gestisce il potere.

Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso".


L'attacco di De Bortoli è frontale: "Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader.

Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante".


Il direttore è in uscita da via Solferino. L'ha annunciato lui stesso alla fine di luglio, dopo mesi di scontri con il gruppo che detiene la maggioranza nella proprietà, chiarendo che non era per sua scelta ("Non ho dato io le dimissioni").

Guiderà il giornale fino alla prossima primavera. In questo momento particolare per il Paese - che fatica a riprendere slancio - e particolare anche per lui, vicino al commiato dai lettori, De Bortoli decide di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. E lo fa impugnando l'alabarda. Perché l'attacco non può essere derubricato a mera critica costruttiva.

Il direttore del Corriere se la prende anche con la squadra di Palazzo Chigi: "E' in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità". Dei ministri salva solo l’ottimo Padoan, sottolineando però che il suo ruolo "è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi".


Altre critiche molto forti: "Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto". E un'altra che andrà dritto al cuore del premier: "La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto".

De Bortoli riconosce a Renzi il merito di "circondarsi di forze giovanili", ma osserva che "lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier".


Non può non riconoscere, il direttore del Corriere, che "l’oratoria del premier è straordinaria", ma puntualizza che "il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa".

Insomma, è forte il rischio che, alla fine, tutto si riduca alle chiacchiere, al "marketing della politica", al trucco (cosmesi). E su questo punto specifico osserva con malizia: "In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti".


Poteva mancare un parallelo tra Renzi e Berlusconi? Ovviamente no. Parlando del Pd De Bortoli osserva che è "quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere".




L'attacco più forte arriva alla fine. Il direttore si pone alcune domande e lascia intendere che tra i due leader vi siano patti segreti, accordi che vanno al di là della mera politica: poteri forti, in certi casi occulti, impegnati a gestire il potere, quello vero. "Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria". Dice e non dice De Bortoli. Allude. Manda segnali.




E conclude: "Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi". Poi gli dà un consiglio, che sa quasi di presa in giro: "Quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra".

A questo punto non ci resta che attendere la risposta di Renzi. Arriverà puntuale, smontando punto per punto le accuse, oppure il premier deciderà di ignorare l'affondo? Tra poco lo sapremo. Di certo fare finta di nulla, dopo un attacco di questo genere - mosso dalla prima pagina del primo giornale italiano - sarebbe come ammettere che De Bortoli ha fatto centro.

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 54243.html
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Ci sono voluti 8 mesi per capire quanto era evidente fin dall'inizio. Otto mesi persi con un'economia disastrata al massimo livello.

Adesso chi dovrà prendere in mano la situazione si troverà in mano una situazione difficilmente recuperabile.

Mi pesa doverlo dire, perché sono convintamente antifascista, e riconosco la mia libertà a chi si è battuto tra il '43 e il '45. Questo no me lo scorderò mai.

Ma gli sfascisti hanno portato l'Italia ad un punto tale che solo un uomo forte può imporre a determinati settori il cambiamento.




RENZI TEMA SOPRATTUTTO SE STESSO
Il nemico allo specchio
di FERRUCCIO DE BORTOLI


Devo essere sincero: Renzi non mi convince. Non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili, specie in materia di lavoro. Quanto per come gestisce il potere. Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso. Una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader. Quella del presidente del Consiglio è ipertrofica. Ora, avendo un uomo solo al comando del Paese (e del principale partito), senza veri rivali, la cosa non è irrilevante.
Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo. La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. L’esperienza un intralcio, non una necessità. Persino il ruolo del ministro dell’Economia, l’ottimo Padoan, è svilito dai troppi consulenti di Palazzo Chigi. Il dissenso (Delrio?) è guardato con sospetto. L’irruenza può essere una virtù, scuote la palude, ma non sempre è preferibile alla saggezza negoziale. La muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan. Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto. Circondarsi di forze giovanili è un grande merito. Lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier. E se addirittura a prevalere è la toscanità, il dubbio è fondato.
L’oratoria del premier è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa. Il marketing della politica se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso. In Europa, meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti. Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere. E qui sorge l’interrogativo più spinoso. Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria. Auguriamo a Renzi di farcela e di correggere in corsa i propri errori. Non può fallire perché falliremmo anche noi. Un consiglio: quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un Paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi troika). E tantomeno quella bianca. Buon lavoro, di squadra.


24 settembre 2014 | 07:41
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http://www.corriere.it/editoriali/14_se ... 8a02.shtml
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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L'interpretazione de IFQ




Patto del Nazareno, Corriere: “Odore di massoneria, siano pubblici i contenuti”
Nell'editoriale che inaugura il nuovo corso grafico del quotidiano di via Solferino, il direttore Ferruccio De Bortoli esprime un giudizio netto sul premier, sulla squadra di governo ("in qualche caso di una debolezza disarmante") e sull'accordo alla base delle riforme stretto con Berlusconi, che "finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 24 settembre 2014Commenti (177)


Una squadra di governo “in qualche caso di una debolezza disarmante“, in cui “la competenza appare un criterio secondario“, composta da ministri “scelti per non fare ombra al premier”.


Ma sopratutto un patto del Nazareno che eleggerà il nuovo capo dello Stato e che è in “odore di massoneria“.

Nel giorno in cui il Corriere della Sera lancia il restyling della versione cartacea, il direttore Ferruccio De Bortoli esprime un giudizio netto sul premier, sul suo operato e sull’accordo alla base delle riforme istituzionali stretto con Silvio Berlusconi. Il direttore affida il proprio pensiero all’editoriale che inaugura il nuovo corso grafico, un editoriale in cui l’eleganza delle espressioni non nasconde un giudizio negativo sulla scelta dei ministri e il modo in cui Matteo Renzi concepisce e affronta il proprio mandato.

La sentenza è contenuta nelle prime battute dell’articolo: “Devo essere sincero: Renzi non mi convince“, esordisce De Bortoli che ha avverte il premier: “Se vorrà veramente cambiare verso a questo Paese dovrà guardarsi dal più temibile dei suoi nemici: se stesso”. Perché se è vero che “una personalità egocentrica è irrinunciabile per un leader”, quella del presidente del Consiglio “è ipertrofica”. E non tanto questione di personalità, quanto di contenuti: la sua “muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan”. Perché “l’oratoria del premier è straordinaria, nondimeno il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa” e “un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto”. ”In Europa – avverte il direttore del Corriere – meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti”.

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I tratti della personalità del presidente del Consiglio non sono il suo unico limite. Secondo il direttore del quotidiano di via Solferino, a pesare negativamente è la composizione della squadra di governo, infarcita di fedelissimi e composta in base al criterio della toscanità: “Renzi ha energia leonina, tuttavia non può pensare di far tutto da solo. La sua squadra di governo è in qualche caso di una debolezza disarmante. Si faranno, si dice. Il sospetto diffuso è che alcuni ministri siano stati scelti per non far ombra al premier. La competenza appare un criterio secondario. Circondarsi di forze giovanili è un grande merito – continua De Bortoli – lo è meno se la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier. E se addirittura a prevalere è la toscanità, il dubbio è fondato“. Una gestione applicata anche al Partito Democratico: “Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere”.

Ma “l’interrogativo più spinoso”, come lo chiama De Bortoli, sorge qualche riga dopo: “Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015. Sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti. Liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria”.

De Bortoli parla di “sospetti”, ma l’accusa è netta e il giudizio impietoso: alla vigilia dei decisivi passaggi parlamentari delle riforme costituzionali e della legge elettorale che costituiranno il nuovo architrave istituzionale dello Stato, il direttore del Corriere punta i fari contro le molte contraddizioni alla base dell’accordo tra il Partito Democratico e Forza Italia. Un termine forte “massoneria”, difficilmente usato da De Bortoli soltanto per indicare la natura segreta dell’accordo. Un patto che, è il secondo interrogativo sollevato, riguarderebbe anche la televisione pubblica, primo produttore culturale del Paese, storicamente al centro degli interessi della politica e ora oggetto di un’intesa dai contenuto opachi tra il capo del governo e quel Silvio Berlusconi già padrone incontrastato dell’offerta televisiva privata.
paolo11
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

Messaggio da paolo11 »

http://www.youtube.com/watch?v=VpBcbS33 ... ploademail
Lezzi (M5S): "Rendiconto dell'Amministrazione dello Stato, ponete subito un rimedio"
Ciao
Paolo11
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

Messaggio da paolo11 »

http://www.youtube.com/watch?v=ZazpPYEN ... ploademail
Crimi (M5S): "Sulla giustizia non si interviene per decreto!"
Ciao
Paolo11
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

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Il principe dei Gufi ha creato un caso nazionale.


Finita la fase iniziale della luna di miele in cui i peana si sprecavano, adesso è cominciata la fase degli schiaffoni.

L'affondo di oggi del principe dei Gufi è un fulmine a ciel sereno all'interno del campo di battaglia di Pittibimbo, impegnato nella riedizione aggiornata di Maciste contro tutti.

La cecca pettegola di Dago, che ne sa una più del diavolo dice la sua sul suo sito.

Un'osservazione molto realistica è quella de Il Giornale, quando osserva che Pittibimbo deve dare una risposta altrimenti significa che il principe dei Gufi ha ragione.

Vedremo nelle prossime ore.

^^^

24 SET 2014 17:06
1. SIMPATICO ANTEFATTO DEL DURISSIMO ATTACCO DI OGGI: QUEST’ESTATE DE BORTOLI MANDÒ UN INVIATO NELL’ALBERGO DI RENZI AL FORTE E PITTIBIMBO S’INCAZZÒ COME UNA BELVA -


2. IL PREMIER CAZZARO SPARO' UN SMS AL CURARO LAMENTANDO UNA “INDEGNA” VIOLAZIONE ALLA PRIVACY. FLEBUCCIO GLI RICORDÒ CHE I GIORNALISTI FANNO IL LORO MESTIERE E NON SONO SPIE, PERÒ IL CRONISTA, ATTENZIONATO DALLA SECURITY, LASCIÒ L’ALBERGO -


3. GIÀ, PERCHÉ IL SILENTE E MITE DIRETTORE DEL “CORRIERE”, I SUOI EDITORIALI SI CONTANO SULLE DITA DI UNA MANO, HA TIRATO FUORI LE UNGHIE PER FARE STRAME DEL GOVERNO RENZI? -

4. L’EDITORIALE SEMBRA CONFERMARE LE VOCI SUL SUO ANTICIPATO ADDIO DA VIA SOLFERINO - 5. RE GIORGIO NAPOLITANO HA POCO GRADITO, A QUANTO APPRENDE DAGOSPIA, LA SORTITA DELL’INCURSORE FLEBUCCIO. AL QUALE MOLTI PREFIGURANO POSSA BUTTARSI IN POLITICA E CONCORRERE DOPO L’EXPO A SUCCEDERE A PISAPIA A SINDACO DI MILANO



1. DAGONEWS

C’è un curioso, e poco simpatico, antefatto dell’editoriale di oggi di Ferruccio De Bortoli contro l’ego “ipertrofico” di Renzie. Uno scambio di sms non proprio garbato da parte del premier, innervosito dalle attenzioni di un cronista del Corriere della Sera.

Erano i giorni a cavallo di Ferragosto, quando Renzie scelse un lussuoso hotel di Forte dei Marmi, il “Villa Roma Imperiale”, per qualche giorno di blindatissima vacanza con la famiglia. Il Corriere fa una cosa molto semplice: decide di mandare un suo inviato, Marco Galluzzo, a seguire il premier in Versilia e questi prende una stanza nello stesso albergo dei Renzi. Apriti cielo!


Pittibimbo la prende malissimo e manda un sms violentissimo a De Bortoli in cui parla di “indegna” volazione della sua privacy eccetera eccetera. Il direttore del Corriere gli risponde con garbo, ma con fermezza, ricordandogli che il giornalista non è una spia, ma sta solo facendo il suo dovere di cronista. Renzi non ci sta e risponde ancora più duramente.

A quel punto De Bortoli abbozza e fa cambiare albergo al proprio inviato. Il quale, nel frattempo, aveva già ricevuto la simpatica visitina della sicurezza personale del premier.

Un episodio che ovviamente non spiega il duro attacco di oggi, ma che certo non ha contribuito a far crescere la simpatia per Renzie dalle parti di via Solferino.


2. DAGOANALISI
La bomba “a tempo”, inattesa quanto micidiale, è scoppiata nelle vetrine del Corrierone nel giorno in cui era esposta alla visione dei lettori la prima copia del rinnovato (format grafico e non soltanto) dello storico quotidiano di Via Solferino. Una “rivoluzione dolce” che forse rappresenterà pure l’ultimo sigillo impresso da Flebuccio de Bortoli nel corso della sua lunga (e tormentata) direzione.

Il suo mandato, concordato con una proprietà a dir poco riluttante (Fiat) o incarognita (Della Valle), scadrà il prossimo aprile, anche se da giorni si parla di una sua uscita dalle stanze albertiniane ben prima di quella data-capestro.

L’editoriale di Flebuccio-Bakunin, che fa a pezzi (giustamente, verrebbe da aggiungere) il premier-toscocazzaro Matteo Renzi e il suo esecutivo, sembra confermare le voci sul suo anticipato addio dall’amata via Solferino.

Una presa di posizione, la sua, tanto forte e senza precedenti nella storia paludata del Corriere.

Si ricorda, per stare nell’arco della cosiddetta prima Repubblica, la pesante querelle (e conseguente querela) tra Alberto Cavallari e Craxi quando Bettino occupava Palazzo Chigi. Ma in via Solferino nessuno ha ricordo che, oltre al premier in carica, sia stato mai brutalmente bocciato in blocco (e senza appello), a parte l’”ottimo Padoan”, l’insieme del governo renziano, come ha fatto invece l’onesto Flebuccio: “una squadra di governo disarmante (…) per non fare ombra” al capo.


La dietrologia non è una scienza esatta, spesso se ne abusa, ma a volte può aiutare a capire perché, ad esempio, l’agnello Flebuccio si trasformi all’improvviso in un leone ferito nell’orgoglio.

Già, perché il silente e mite direttore del “Corriere della Sera”, i suoi editoriali si contano sulle dita di una mano, ha tirato fuori le unghie per fare strame del governo Renzi?

L’ipotesi (plausibile) che la sua secca presa di posizione possa prefigurare anche il suo congedo pubblico (e fragoroso) dal Corrierone, isolata però dal contesto politico-editoriale attuale non aiuta certo a comprendere il terremoto che da ore sta facendo vibrare i sismografi dei Palazzi romani.


Del resto non è retorico chiedersi anche su chi possa (sempre se c’è) aver armato la penna di Flebuccio-Bakunin. A dare ascolto alla mitica giallista Agatha Crhistie “ogni omicida è probabilmente il vecchio amico di qualcuno”.

Al momento, però, sembra da escludersi che Flebuccio abbia concordato la sua sortita (ripetiamo, benvenuta e correttamente motivata anche rispetto alla segretezza “massonica” del “patto del Nazzareno”) con gli attuali primi azionisti del giornalone dei Poteri marci (o marciti).

I rapporti tra de Bortoli e i torinesi della Fiat americana (Marchionne&Elkann), che puntano ancora a sostituirlo con Mario Calabresi, sono inesistenti. E, nonostante le voci insistenti (raccolte pure da Dagospia), “pulloverino” Marpionne non ha alcuna intenzione di mollare l’osso Rcs che ha in pancia anche la “Gazzetta dello Sport”, considerata strategica per gli interessi della Ferrari (auto) e della Juventus (calcio) di Andrea Agnelli.

A Cernobbio, dove ha messo brutalmente fuori i cancelli rossi di Maranello l’ex cocco dell’Avvocato, il riottoso Cordero di Montezemolo, Marpionne ha fatto intendere chiaramente al sodale-socio di Luchino, lo “scarparo” Della Valle, che non ci sarà alcuna “ritirata” in via Solferino dove le azioni si contano e non si pesano come ai tempi (morti) di Cuccia.

Nel frattempo, e in vista del consiglio d’amministrazione dell’Rcs in programma a metà novembre per il Resoconto intermedio di gestione, sono andati a vuoto tutti i tentativi di Alberto Nagel (Mediobanca) per ricomporre la “frattura insanabile” tra i soci forti dell’holding.

Per tornare al “caso” Flebuccio, ai suoi mandanti (occulti, sempre se ci sono) e soprattutto ai suoi editori litigiosi, è arcinoto poi che l’antagonista accidioso degli eredi Agnelli, Dieguito Della Valle, non ha mai avuto in gran simpatia de Bortoli.

Cinque anni fa Della Valle non ha votato il gradimento al momento della sua successione a Paolino Mieli. L’altro aderente all’allegro ex “Club di Berlino” che ora lo stesso “scarparo” sembra sponsorizzare per la presidenza del gruppo proprio in contrapposizione a quella di de Bortoli, che dalla sua parte gli è rimasto soltanto Abramo Bazoli.

Che il presidente di sorveglianza di Banca Intesa possa condividere il pensiero critico di Flebuccio sul premier-cazzaro Renzi è possibile. Anzi, è probabile per chi ha incontrato recentemente il banchiere bresciano e ascoltato il suo giudizio negativo sull’attuale governo. Da qui a sostenere che abbia armato la mano del bombarolo de Bortoli, però, ce ne passa. Sostenerlo, inoltre, farebbe torto alla onestà intellettuale (sia pure a corrente alternata) del direttore pro-tempore del Corriere.


Né si può immaginare che Flebuccio abbia voluto ingraziarsi Re Giorgio che finora ha difeso a spada tratta i firmatari dell’occulto “Patto del Nazzareno” tra Renzi e Berlusconi.



E che appena l’altro giorno ha tirato pesantemente la giacca ai parlamentari (sfiorando anche qualche strappo istituzionale) invece di lodarli (almeno paradossalmente nell’occasione) per aver bocciato ben 14 volte due “avanzi di partito” (Violante e Bruno) per la Corte costituzionale.
sergio marchionne Harald Wester e john elkann
SERGIO MARCHIONNE HARALD WESTER E JOHN ELKANN

Il “cartaro” del Quirinale appare ormai vittima dei suoi stessi giochi (di prestigio) politico-istituzionali, il cosiddetto “Papocchio Napolitano”.

Così, dopo aver pescato la “scartina” Renzi da giocare in opposizione a Enrico Letta come aveva già fatto con Monti, il capo dello Stato non appare più in grado – almeno nell’immediato -, di effettuare nuovi sparigli politici.

La stessa possibilità di buttare sul tavolo il jolly Mario Draghi sembra ancora prematura. Ecco perché Re Giorgio ha poco gradito, a quanto apprende Dagospia, la sortita dell’incursore Flebuccio. Al quale molti prefigurano possa buttarsi in politica e concorrere dopo l’Expo a succedere a Pisapia a sindaco di Milano.

Certo è che il suo ultimo editoriale, puntuto ed efficace tanto da meritarsi ad honorem il titolo di Principe dei Gufi, politicamente vale cento volte di più del programma anti-renziano di quell’Airone Passera che, invece, continua a volare rasoterra.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

Messaggio da camillobenso »

il Fatto 24.9.14
Lo scrittore Marco Belpoliti
Giovinezza, novità e velocità
È il brand del premier: sempre contro i “vecchi”

intervista di Luca De Carolis


Renzi è un brand, un marchio, con tre caratteristiche: giovinezza, novità e velocità. È comprensibile che attacchi vecchia guardia e sindacati”. Marco Belpoliti, scrittore, insegna Letteratura italiana e letterature comparate all’Università di Bergamo. Il suo ultimo libro è L’età dell’estremismo (Guanda).
Da alcuni giorni Renzi non fa che indicare nemici: i sindacati, la minoranza Pd, i cosiddetti frenatori in genere. Lo fa per spostare l’attenzione da altri problemi o per addossare altri la colpa?
Lo fa perché funziona, perché contrappone il giovane e il cambiamento al vecchio, alla casta. Ma attenzione, lui non dice certe cose dopo aver fatto ricerche di mercato. Renzi produce il suo pubblico, con la forza persuasiva del suo messaggio.
Perché?
È capace di fare ciò che riesce a gli attori o ai leader culturali: le sue parole producono la realtà. Renzi è un brand, come lo è Coca Cola. Vende se stesso, come nel marketing. Siamo come di fronte a una pubblicità. Lo faceva anche Berlusconi, anche lui aveva capito che in politica lo schema è cambiato.
Detto questo, l’attacco ai vecchi del partito...
Nello schema del brand Renzi funziona perché attira l’attenzione. E perché rientra nella “storia” che lui racconta: quella del cambiamento, del giovane che non ha paura, come accennavo prima.
Come si vende il premier, qual è la forza del suo messaggio?
I punti principali sono giovinezza, novità e velocità. Sono i messaggi che lancia a tutti gli elettori, trasversali, perché ormai siamo oltre la sinistra e la destra. E il fatto linguistico è perfino più importante del contenuto, a contare è la modernità della comunicazione.
Cioè?
Faccio un esempio: il video in cui Renzi attacca i sindacati e imita la Camusso. È una novità, non lo aveva mai fatto nessuno.
Come ci contrappone a Renzi?
Dal punto di vista del messaggio in questo momento non può farlo nessuno. E di certo non si può inseguire sui contenuti, sarebbe sbagliato. Il renzismo è una procedura di marketing che consiste nel raccontare storie.
Gli oppositori cercano sempre di assimilarlo a Berlusconi, lo accusano di intelligenza con il “nemico”.
Quell’aspetto non conta nulla. Renzi va in consiglio di amministrazione e discute con l’azionista Berlusconi. Ma è un qualcosa che rimane dietro la scena. Ciò che è importante all’esterno sono le sue battute, il far parlare di sè, la sua camicia bianca.
Perché la indossa sempre?
È un altro elemento del marchio. Evoca la pulizia, il candore, la giovinezza. E rimanda al terziario avanzato, ai white collar (colletti bianchi), ai manager.
Si è parlato molto del fatto che è ingrassato. Lei ha scritto Il corpo del Capo, incentrato su Berlusconi: che ne pensa?
Non lo ritengo un aspetto fondamentale. Forse lo rende più simpatico, sì. In fondo è anche un gesto di affetto dire a qualcuno che sta ingrassando. Ma credo che il suo peso dipenda essenzialmente dal tipo di vita che deve condurre.
camillobenso
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Re: Il "nuovo" governo Renzi

Messaggio da camillobenso »

Ha gettato la maschera...........E'già in versione Benito Mussolini.

Tra qualche settimana, se non lo mandano a casa per tempo, farà i discorsi dal balcone di Palazzo Venezia.



il Fatto 24.9.14
Minaccia renziana: “Jobs Act o dite addio al Parlamento”
La minoranza dem presenta 7 emendamenti, ma Palazzo Chigi non tratta

di Wanda Marra

Il Partito democratico non caccia nessuno. Diciamo che chi dovesse dire no alla riforma del lavoro risponderà davanti agli elettori di non voler bene alla ditta”. Così ragionano gli uomini del premier (e il vocabolo scelto per indicare il Pd non è puramente casuale, a proposito di appropriazioni) mentre le minoranze sono sul piede di guerra. Fanno riunioni su riunioni, presentano emendamenti alla legge delega sul lavoro, chiedono incontri, provano a mettere i puntini sulle i. In testa Bersani, che affonda: “Renzi governa con il mio 25%: mi va bene, non chiedo riconoscenza, ma rispetto”.
RENZI E I SUOI, però, tirano diritti. Fino alla minaccia finale: “Mettiamo che ci fosse un numero tale di no da mettere in discussione il governo. Mettiamo che si arrivasse a far cadere la legislatura: chi ne è responsabile certo non può pensare di essere ripresentato”. Con le liste bloccate previste dall’Italicum, certo. Ma con il proporzionalissimo Consultellum in vigore? “Le liste vanno votate dalla Direzione”, chiarisce un renziano. E in direzione - manco a dirlo - il segretario-premier ha la maggioranza assoluta. Per ora le quotazioni di una rottura finale vengono date al 10-12%. Un margine di rischio evidentemente c’è. Il voto in Senato è stato spostato alla settimana prossima (dopo la direzione prevista per lunedì). Le larghe intese con Berlusconi o la fine della legislatura le minacce di Renzi più o meno velate sul piatto, nel caso che la legge delega dovesse passare grazie ai voti determinanti di Forza Italia. Intanto, c’è una settimana di trattativa.
La giornata di ieri era iniziata con un’assemblea dei senatori del Pd, con il ministro del Lavoro Poletti e il responsabile economico del partito, Taddei. Segnali di apertura (condizionata e poco chiara) dal governo. Sulla possibilità di reintegra per un lavoratore licenziato per motivi illegittimi “ci sono soluzioni aperte”, dice Poletti. Il gruppo non vota. La giornata è lunga. Alle 12 alla Camera si riuniscono i capi delle sotto-correnti del partito. Ovvero leader (o aspiranti tali) delle minoranze che marciano “divise e invise” (copyright di un renzianissimo).
Ci sono Pippo Civati, poi Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre per Area Riformista (non a caso non c’è il capogruppo, Speranza, che a rompere con Renzi non ci pensa neanche). C’è Gianni Cuperlo (che ha fondato Sinistra Dem). E poi Rosy Bindi, Francesco Boccia (ex lettiano), Franco Monaco (prodiano). Insieme nel nome dell’anti-renzismo. Sull’articolo 18 si consuma la battaglia finale: da una parte la sinistra del partito gioca la sua ultima battaglia riconoscibile; dall’altra Renzi ci tiene, da una parte, ad offrire a Europa e imprenditori stranieri la sua eliminazione, dall’altra ha un gusto particolare ad asfaltare anche questo simbolo. Parla la Serracchiani: “Per come conosco io Renzi credo non accetterà diritti di veto da parte di nessuno. Nel metodo la ‘ditta’ ha le sue regole che funzionano allo stesso modo, indipendentemente da chi è in maggioranza: quando eravamo minoranza, le abbiamo accettate”.
Dalla riunione della mattina arriva l’indicazione per 7 emendamenti, firmati da circa 40 senatori. Ci sono bersaniani, ma anche civiatiani i “dissidenti” della riforma del Senato, da Chiti, a Mineo, da Tocci e Mucchetti. Il più importante, quello che chiede l’articolo 18 dopo tre anni di assunzione. Cruciale la richiesta che arrivino prima le misure per rinforzare gli ammortizzatori sociali e rendere efficienti i centri per l’impiego. Ma i 40 firmatari sono pronti a tradursi in 40 voti contrari? Difficile dirlo, anche se per mandare sotto il governo (senza il soccorso azzurro) ne servono molti meno (la maggioranza dispone di circa 12 voti di vantaggio). Il governo pensa a una mediazione. Per ora, il punto di caduta possibile potrebbe essere quello di rendere possibile il reintegro dopo 10 anni di assunzione. Un po’ poco. Magari col passar dei giorni l’asticella scenderà.
MENTRE i renziani continuano a mandare segnali di fuoco, Fassina e D’Attorre hanno chiesto una riunione col premier prima della direzione. Poi, ieri sera, a Montecitorio, l’Assemblea di Area riformista: un centinaio di parlamentari, big compresi. Anche chi c’era parla di “tanta buona volontà, ma nessun guizzo”. E nessuna strategia su come gestire lo scontro con Renzi. Aveva detto Bersani: “Leggo che starei lavorando per chissà quale piano. A Renzi e agli altri dico, state sereni, ma veramente”.
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