LA LUNGA AGONIA ITALIANA
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Magari fossero solo 40...
principali banche USA:
JPM assets per 2,5 trn $ derivati per 68 trn $
CITI assets per 1,9 trn $ derivati per 60 trn $
GS assets per 0,9 trn $ derivati per 55 trn $
BOA assets per 2,2 trn $ derivati per 55 trn $
MS assets per 0,8 trn $ derivati per 45 trn $
in Europa
DB assets per 0,7 trn $ derivati per 75 trn $
Tanto per capire il PIL annuo del mondo è 70 trn $ (Europa 15 trn $)
e il volume dei derivati è passato dai 500 trn $ del 2007 (prima della crisi) ai 710 trn $ di oggi...
Tanto per ricordare 1 trn è 1.000.000.000.000
principali banche USA:
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CITI assets per 1,9 trn $ derivati per 60 trn $
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BOA assets per 2,2 trn $ derivati per 55 trn $
MS assets per 0,8 trn $ derivati per 45 trn $
in Europa
DB assets per 0,7 trn $ derivati per 75 trn $
Tanto per capire il PIL annuo del mondo è 70 trn $ (Europa 15 trn $)
e il volume dei derivati è passato dai 500 trn $ del 2007 (prima della crisi) ai 710 trn $ di oggi...
Tanto per ricordare 1 trn è 1.000.000.000.000
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
La politica è un'insieme di schifezze messe una in fila all'altra. Per fortuna ci siamo evitata almeno questa sciagura:
BERLUSCONI L’HA CAPITA: “IL MIO ERRORE? NON FINGERMI DI SINISTRA. SE LO FOSSI STATO MI AVREBBERO PORTATO IN GIRO COME LA MADONNA”
Ci mancava solo questa nella Treccani delle porcate della sinistra italiana. "Silvietto che si fingeva di sinistra solo per fare li cazzi sua" , come direbbe il Razzi- Crozza.
Quei boccaloni della sinistra Pci-Pds-Ds comunque stanno portando in giro come la madonna "il figliolo" politico di Silvietto. Pittibimbo da Rignano sull'Arno.
Forse, e ripeto forse, se ne sono accorti nell'Emilia ex rossa, domenica scorsa alle primarie per le regionali, facendo mancare l'86 % delle presenze.
^^^^
1 OTT 2014 12:39
BERLUSCONI L’HA CAPITA: “IL MIO ERRORE? NON FINGERMI DI SINISTRA. SE LO FOSSI STATO MI AVREBBERO PORTATO IN GIRO COME LA MADONNA”
- E CONGELA IL SOCCORSO AZZURRO A RENZI SUL JOBS ACT: “IL PREMIER È SCESO A PATTI CON LA MINORANZA PD”
Il giudizio del Cav sulla riforma del lavoro resta sospeso in attesa del testo che arriverà al Senato - L’ex premier attacca l’amico Erdogan: “Sta facendo passi terribili verso l’ islamismo. All’università le studentesse non si possono neanche truccare”...
Salvatore Dama per “Libero Quotidiano”
L’uveite all’occhio non è ancora passata. Ma, nel complesso, ai dirigenti ricevuti ieri
A Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi è apparso in forma.Tonico. Tanto che in serata si concede un’uscita.
In realtà, un semplice giro dell’isolato per inaugurare la biennale dell’antiquariato allestita dentro Palazzo Venezia. (Come pezzo d'antiquariato ha senz'altro fatto bella mostra anche Silvietto - ndt) Ad aspettarlo c’è il finto Renzi di “Striscia la notizia”, interpretato da Ballantini. Silvio gli stringe la mano divertito. Il vero Matteo, l’altra sera, è stato bravo a mettere in riga “l’antiquariato” del Pd. I vari D’Alema, Bersani. Però il giudizio dell’ex premier sulla riforma del lavoro rimane sospesa.
«Scendere a patti con la minoranza interna vuol dire annacquare la riforma dell’articolo 18», riflette Berlusconi. Tra le varie alternative che aveva davanti, Renzi ha scelto quella «meno coraggiosa». Ora bisogna vedere il testo che arriverà in Senato. Se la maggioranza è capace di votarselo con le proprie forze, «vuol dire che avranno avuto la meglio i mediatori».
E allora Forza Italia non offrirà i suoi voti. «Io non sono di sinistra. E forse ho sbagliato. Se lo fossi stato, mi avrebbero portato in giro come la Madonna...». Ma meglio l’Italia che la Turchia, dice Silvio, dove il suo ex amico «Erdogan sta facendo passi indietro terribili, dal laicismo spinto all'islamismo. È stato fatto un editto gravissimo: le ragazze possono andare all’università solo con il velo e non possono truccarsi».
Però arrivano cose turche anche dal Pd. Paolo Romani spiega qual è la linea azzurra: wait and see. «Fino a quando non avremo un testo chiaro, la legge delega resta confusa e imprecisa». Con la relazione in direzione Pd, nota il presidente dei senatori forzisti, «Renzi ha forse realizzato un obiettivo, tentare di ricomporre il dissenso all’interno del suo partito, ma ne ha mancato un altro: dare regole certe al mondo del lavoro».
Mantenere la possibilità del reintegro anche dopo un licenziamento disciplinare «lascia che sia sempre un giudice a decidere». Insomma, il rischio è di lasciare la situazione inalterata. Peggio, di rimettere in discussione anche la riforma Fornero: «Non è chiaro se Renzi voglia fare un passo in avanti o indietro».
Ma anche la mediazione all’interno dei dem lascia il tempo che trova. Perché, spiega Renato Brunetta, «Renzi controlla la maggioranza del partito, ma non controlla i gruppi parlamentari». Per cui, secondo il capogruppo di Fi a Montecitorio, «il compromesso» di lunedì sera «sa tanto di imbroglio». Che Matteo abbia deluso le aspettative azzurre, lo si capisce anche dal commento di Giovanni Toti: «Riforma del lavoro, tanto rumore per nulla?», il tutto mentre «i giovani disoccupati aumentano».
Il Jobs act è «ancora un compromesso al ribasso, si fa finta di cambiare ma non cambia nulla», attacca Annagrazia Calabria. A chiacchiere, attacca Raffaele Fitto, il capo del governo «si è espresso in modo coraggioso»,ma nei fatti «ha annacquato il testo della delega». Non c’è Jobs act che tenga, invece, per gli ex dipendenti del Pdl. E per quelli di Forza Italia che potrebbero essere licenziati nei prossimi mesi per motivi economici, dal momento che il partito non ha più un soldo in cassa.
Domani è in programma la riunione al ministero del Lavoro per decidere sulla concessione della cassa integrazione al personale ex pidiellino. Che sarà assistito, nella trattativa, dalla Uil- Tucs.
BERLUSCONI L’HA CAPITA: “IL MIO ERRORE? NON FINGERMI DI SINISTRA. SE LO FOSSI STATO MI AVREBBERO PORTATO IN GIRO COME LA MADONNA”
Ci mancava solo questa nella Treccani delle porcate della sinistra italiana. "Silvietto che si fingeva di sinistra solo per fare li cazzi sua" , come direbbe il Razzi- Crozza.
Quei boccaloni della sinistra Pci-Pds-Ds comunque stanno portando in giro come la madonna "il figliolo" politico di Silvietto. Pittibimbo da Rignano sull'Arno.
Forse, e ripeto forse, se ne sono accorti nell'Emilia ex rossa, domenica scorsa alle primarie per le regionali, facendo mancare l'86 % delle presenze.
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1 OTT 2014 12:39
BERLUSCONI L’HA CAPITA: “IL MIO ERRORE? NON FINGERMI DI SINISTRA. SE LO FOSSI STATO MI AVREBBERO PORTATO IN GIRO COME LA MADONNA”
- E CONGELA IL SOCCORSO AZZURRO A RENZI SUL JOBS ACT: “IL PREMIER È SCESO A PATTI CON LA MINORANZA PD”
Il giudizio del Cav sulla riforma del lavoro resta sospeso in attesa del testo che arriverà al Senato - L’ex premier attacca l’amico Erdogan: “Sta facendo passi terribili verso l’ islamismo. All’università le studentesse non si possono neanche truccare”...
Salvatore Dama per “Libero Quotidiano”
L’uveite all’occhio non è ancora passata. Ma, nel complesso, ai dirigenti ricevuti ieri
A Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi è apparso in forma.Tonico. Tanto che in serata si concede un’uscita.
In realtà, un semplice giro dell’isolato per inaugurare la biennale dell’antiquariato allestita dentro Palazzo Venezia. (Come pezzo d'antiquariato ha senz'altro fatto bella mostra anche Silvietto - ndt) Ad aspettarlo c’è il finto Renzi di “Striscia la notizia”, interpretato da Ballantini. Silvio gli stringe la mano divertito. Il vero Matteo, l’altra sera, è stato bravo a mettere in riga “l’antiquariato” del Pd. I vari D’Alema, Bersani. Però il giudizio dell’ex premier sulla riforma del lavoro rimane sospesa.
«Scendere a patti con la minoranza interna vuol dire annacquare la riforma dell’articolo 18», riflette Berlusconi. Tra le varie alternative che aveva davanti, Renzi ha scelto quella «meno coraggiosa». Ora bisogna vedere il testo che arriverà in Senato. Se la maggioranza è capace di votarselo con le proprie forze, «vuol dire che avranno avuto la meglio i mediatori».
E allora Forza Italia non offrirà i suoi voti. «Io non sono di sinistra. E forse ho sbagliato. Se lo fossi stato, mi avrebbero portato in giro come la Madonna...». Ma meglio l’Italia che la Turchia, dice Silvio, dove il suo ex amico «Erdogan sta facendo passi indietro terribili, dal laicismo spinto all'islamismo. È stato fatto un editto gravissimo: le ragazze possono andare all’università solo con il velo e non possono truccarsi».
Però arrivano cose turche anche dal Pd. Paolo Romani spiega qual è la linea azzurra: wait and see. «Fino a quando non avremo un testo chiaro, la legge delega resta confusa e imprecisa». Con la relazione in direzione Pd, nota il presidente dei senatori forzisti, «Renzi ha forse realizzato un obiettivo, tentare di ricomporre il dissenso all’interno del suo partito, ma ne ha mancato un altro: dare regole certe al mondo del lavoro».
Mantenere la possibilità del reintegro anche dopo un licenziamento disciplinare «lascia che sia sempre un giudice a decidere». Insomma, il rischio è di lasciare la situazione inalterata. Peggio, di rimettere in discussione anche la riforma Fornero: «Non è chiaro se Renzi voglia fare un passo in avanti o indietro».
Ma anche la mediazione all’interno dei dem lascia il tempo che trova. Perché, spiega Renato Brunetta, «Renzi controlla la maggioranza del partito, ma non controlla i gruppi parlamentari». Per cui, secondo il capogruppo di Fi a Montecitorio, «il compromesso» di lunedì sera «sa tanto di imbroglio». Che Matteo abbia deluso le aspettative azzurre, lo si capisce anche dal commento di Giovanni Toti: «Riforma del lavoro, tanto rumore per nulla?», il tutto mentre «i giovani disoccupati aumentano».
Il Jobs act è «ancora un compromesso al ribasso, si fa finta di cambiare ma non cambia nulla», attacca Annagrazia Calabria. A chiacchiere, attacca Raffaele Fitto, il capo del governo «si è espresso in modo coraggioso»,ma nei fatti «ha annacquato il testo della delega». Non c’è Jobs act che tenga, invece, per gli ex dipendenti del Pdl. E per quelli di Forza Italia che potrebbero essere licenziati nei prossimi mesi per motivi economici, dal momento che il partito non ha più un soldo in cassa.
Domani è in programma la riunione al ministero del Lavoro per decidere sulla concessione della cassa integrazione al personale ex pidiellino. Che sarà assistito, nella trattativa, dalla Uil- Tucs.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
1 OTT 2014 16:27
CORVO RENZI NON AVRAI IL MIO SCALPO
- L’AVVELENATA DEL MARCHESE FULVIO ABBATE ANTI-MATTEUCCIO: “NON ACCETTERÒ DI VENIRE A PATTI COL GRADO MENO ZERO DEL PENSIERO CAZZARO INTERESSATO. PROVA AD ASCOLTARE LA PICIERNO, E POI VERRAI AD ABBRACCIARMI IN LACRIME”
Abbate: “E’ cosa buona e giusta accettare il ricambio ma immaginare che i giovani abbiano dalla loro parte un così devastante vuoto mentale è una tragedia umana ancor prima che politica - Ancora con ‘sti discorsi di sinistra? Sinistra, tua sorella. Si chiama pensiero, cretini!”….
Fulvio Abbate per “il Garantista"
Corvo Renzi non avrai il mio scalpo! Detta così, la cosa suona davvero retorica, visto che chiama in causa un film degli anni Settanta, antichi scazzi tra indiani e visi pallidi, roba scaduta, roba che farà subito dire “uffa, che palle!” a chi vuol credere senza indugi alle parole del suo Matteo, come fosse il generale Custer durante l'ultima carica, a chi ritiene a occhi chiusi che sia giunto il momento del “nuovo”.
E invece di tratta di semplice esercizio critico per non cedere alla semplificazione di chi, sempre Renzi e il suo complesso, sembra voler cancellare l’intera storia del pensiero politico, filosofico e perfino sindacale puntando tutto su battute portatili, “easy”, su un pensiero monociglio che probabilmente si riassume ampiamente nelle categorie del "gufare” e “rosicare ". Questo e nient’altro. Categorie che potranno andare bene per Picierno, Boschi, Guerrini, Serracchiani, Lotti, ma non sfiorano il cuore, e neppure la milza, di chi ritiene che la storia del genere umano non sia iniziata con UFO Robot e Lady Oscar.
Se la consegna è dunque un bel siamo alla frutta (a questo punto semplifico anch’io, affinché sia chiaro l’oggetto filosofico e concreto del contendere), di più, all’ammazzacaffè, all'apericena, bene, se è così, se è il momento di scappare tutti in pigiama sotto il peso della crisi economica, allora il presidente del Consiglio Matteo Renzi lo dica con chiarezza, così ognuno di noi potrà decidere se farsi sorprendere dal si-salvi-chi-può definitivo in slip, boxer, pigiama palazzo o magari in alta uniforme da ussaro, a seconda delle inclinazioni di stile, gusto e rango. Altrimenti, no, tutto ma non la semplificazione, la vaghezza, il dito puntato con parole standard contro il “vecchio” responsabile di avere pretesto pane e rose quando, come sanno bene gli scout, sarebbe bastata una barretta di “Ciocorì” o in subordine, della più anodina “Girella”.
Corvo Renzi non avrà il mio scalpo perché non siamo nati ieri, perché abbiamo già visto quale minestra orrenda, alcuni suoi predecessori che l’Africa ancora attende, gli stessi che ancora adesso ne fiancheggiano la passeggiata tra i “selfie”, hanno cercato di far mangiare agli altri in nome della “vocazione maggioritaria”, e dunque, almeno personalmente, non accetterò di venire a patti con un pensiero che si fonda interamente su ciò che Berlusconi ha già testato per sé ottenendo ottimi risultati, spianando la strada al grado meno zero del pensiero cazzaro interessato.
Lo so, Corvo Renzi ha buon gioco, può contare sulla banalità di massa che ammorba il quotidiano del Paese come nuovo tempo, tra twitt degni di Pieraccioni e battute da polisportiva salesiana, il qualunquismo endemico, la semplificazione e ancora la semplificazione che fa dire “ma insomma che caXXo vogliono questi che ancora vanno avanti con questi discorsi che richiamano il Sessantotto?” perfino a quelli di sinistra che cominciano a vedere in lui una sorta di benefico dispensatore di elettroshock, un lobotomizzatore dal volto umano, più per ultima spiaggia che per reale compromissione e tornaconto personale.
Su tutto, riflettendo sull’intero umano scenario devastante andrebbe anche spesa qualche parola in merito al silenzio tombale, forse, chi può dirlo?, perfino creativo, degli amici intellettuali, scrittori, registi di film, inventori di storie immaginarie, pittori, fumettari, o come cavolo si chiamano ormai; nei giorni scorsi, per esempio, il mio amico Andrea Scanzi, sul “Fatto Quotidiano”, ha provato a sondare le ragioni della narcosi politico-intellettuale profonda di Nanni Moretti
(e anche di Roberto Benigni, ma qui l’afasia è più facile da intuire assodato il tratto da San Domenico Savio democratico assunto da quest'ultimo) non una parola, non un’obiezione, non un segno di insofferenza da parte delle teste d’uovo dell’immaginazione a sinistra sull’avviamento al nulla di Renzi, non mi pare però che Andrea abbia ancora ottenuto risposta, neppure un “ma chi te conosce?” Neppure un’accusa d’essere l’ennesimo perfido che “rosica”. Stanchezza, scazzamento o convinzione che ribellarsi sia poco fine, poco gusto “Sacher torte”?
Corvo Renzi non avrà il mio scalpo nonostante si sappia benissimo che il peggiore senso comune, per intero, sta dalla sua parte, quel senso comune incarnato un tempo dai nostri più stupidi compagni di scuola o perfino dalle nostre fidanzate, o fidanzati, dai nostri vicini di casa che sempre subiamo durante le riunioni di condominio al momento della ripartizione delle spese per millesimi, che, messi alle strette sul binario del ragionamento logico, dialettico, induttivo trovavano e ancora trovano la via di fuga che fa pronunciare un grande “in che senso?”
Corvo Renzi non avrà il mio scalpo perché - la citazione è fatta di proposito per intuire l’“uffa, ancora co’ ‘sto Brecht?” dei suoi sostenitori acefali che non vanno oltre la pagina del compagno di strada Baricco – come diceva appunto quello stronzo di Bertolt “punta il dito su ogni cosa”.
E’ cosa buona e giusta accettare il ricambio, il cambio generazionale, le fisiologica congiura che porta i giovani a sbarazzarsi dei vecchi, ma immaginare che questi ultimi abbiano dalla loro parte un così devastante vuoto mentale è una tragedia umana incalcolabile ancor prima che politica. Se non mi credi, prova ad ascoltare l’onorevole Pina Picierno, e poi verrai ad abbracciarmi in lacrime. Ultimi vennero quelli dalle sopracciglia modellate come la Boschi a dire: “ancora con ‘sti discorsi di sinistra?” Sinistra, tua sorella. Si chiama pensiero, cretini!
CORVO RENZI NON AVRAI IL MIO SCALPO
- L’AVVELENATA DEL MARCHESE FULVIO ABBATE ANTI-MATTEUCCIO: “NON ACCETTERÒ DI VENIRE A PATTI COL GRADO MENO ZERO DEL PENSIERO CAZZARO INTERESSATO. PROVA AD ASCOLTARE LA PICIERNO, E POI VERRAI AD ABBRACCIARMI IN LACRIME”
Abbate: “E’ cosa buona e giusta accettare il ricambio ma immaginare che i giovani abbiano dalla loro parte un così devastante vuoto mentale è una tragedia umana ancor prima che politica - Ancora con ‘sti discorsi di sinistra? Sinistra, tua sorella. Si chiama pensiero, cretini!”….
Fulvio Abbate per “il Garantista"
Corvo Renzi non avrai il mio scalpo! Detta così, la cosa suona davvero retorica, visto che chiama in causa un film degli anni Settanta, antichi scazzi tra indiani e visi pallidi, roba scaduta, roba che farà subito dire “uffa, che palle!” a chi vuol credere senza indugi alle parole del suo Matteo, come fosse il generale Custer durante l'ultima carica, a chi ritiene a occhi chiusi che sia giunto il momento del “nuovo”.
E invece di tratta di semplice esercizio critico per non cedere alla semplificazione di chi, sempre Renzi e il suo complesso, sembra voler cancellare l’intera storia del pensiero politico, filosofico e perfino sindacale puntando tutto su battute portatili, “easy”, su un pensiero monociglio che probabilmente si riassume ampiamente nelle categorie del "gufare” e “rosicare ". Questo e nient’altro. Categorie che potranno andare bene per Picierno, Boschi, Guerrini, Serracchiani, Lotti, ma non sfiorano il cuore, e neppure la milza, di chi ritiene che la storia del genere umano non sia iniziata con UFO Robot e Lady Oscar.
Se la consegna è dunque un bel siamo alla frutta (a questo punto semplifico anch’io, affinché sia chiaro l’oggetto filosofico e concreto del contendere), di più, all’ammazzacaffè, all'apericena, bene, se è così, se è il momento di scappare tutti in pigiama sotto il peso della crisi economica, allora il presidente del Consiglio Matteo Renzi lo dica con chiarezza, così ognuno di noi potrà decidere se farsi sorprendere dal si-salvi-chi-può definitivo in slip, boxer, pigiama palazzo o magari in alta uniforme da ussaro, a seconda delle inclinazioni di stile, gusto e rango. Altrimenti, no, tutto ma non la semplificazione, la vaghezza, il dito puntato con parole standard contro il “vecchio” responsabile di avere pretesto pane e rose quando, come sanno bene gli scout, sarebbe bastata una barretta di “Ciocorì” o in subordine, della più anodina “Girella”.
Corvo Renzi non avrà il mio scalpo perché non siamo nati ieri, perché abbiamo già visto quale minestra orrenda, alcuni suoi predecessori che l’Africa ancora attende, gli stessi che ancora adesso ne fiancheggiano la passeggiata tra i “selfie”, hanno cercato di far mangiare agli altri in nome della “vocazione maggioritaria”, e dunque, almeno personalmente, non accetterò di venire a patti con un pensiero che si fonda interamente su ciò che Berlusconi ha già testato per sé ottenendo ottimi risultati, spianando la strada al grado meno zero del pensiero cazzaro interessato.
Lo so, Corvo Renzi ha buon gioco, può contare sulla banalità di massa che ammorba il quotidiano del Paese come nuovo tempo, tra twitt degni di Pieraccioni e battute da polisportiva salesiana, il qualunquismo endemico, la semplificazione e ancora la semplificazione che fa dire “ma insomma che caXXo vogliono questi che ancora vanno avanti con questi discorsi che richiamano il Sessantotto?” perfino a quelli di sinistra che cominciano a vedere in lui una sorta di benefico dispensatore di elettroshock, un lobotomizzatore dal volto umano, più per ultima spiaggia che per reale compromissione e tornaconto personale.
Su tutto, riflettendo sull’intero umano scenario devastante andrebbe anche spesa qualche parola in merito al silenzio tombale, forse, chi può dirlo?, perfino creativo, degli amici intellettuali, scrittori, registi di film, inventori di storie immaginarie, pittori, fumettari, o come cavolo si chiamano ormai; nei giorni scorsi, per esempio, il mio amico Andrea Scanzi, sul “Fatto Quotidiano”, ha provato a sondare le ragioni della narcosi politico-intellettuale profonda di Nanni Moretti
(e anche di Roberto Benigni, ma qui l’afasia è più facile da intuire assodato il tratto da San Domenico Savio democratico assunto da quest'ultimo) non una parola, non un’obiezione, non un segno di insofferenza da parte delle teste d’uovo dell’immaginazione a sinistra sull’avviamento al nulla di Renzi, non mi pare però che Andrea abbia ancora ottenuto risposta, neppure un “ma chi te conosce?” Neppure un’accusa d’essere l’ennesimo perfido che “rosica”. Stanchezza, scazzamento o convinzione che ribellarsi sia poco fine, poco gusto “Sacher torte”?
Corvo Renzi non avrà il mio scalpo nonostante si sappia benissimo che il peggiore senso comune, per intero, sta dalla sua parte, quel senso comune incarnato un tempo dai nostri più stupidi compagni di scuola o perfino dalle nostre fidanzate, o fidanzati, dai nostri vicini di casa che sempre subiamo durante le riunioni di condominio al momento della ripartizione delle spese per millesimi, che, messi alle strette sul binario del ragionamento logico, dialettico, induttivo trovavano e ancora trovano la via di fuga che fa pronunciare un grande “in che senso?”
Corvo Renzi non avrà il mio scalpo perché - la citazione è fatta di proposito per intuire l’“uffa, ancora co’ ‘sto Brecht?” dei suoi sostenitori acefali che non vanno oltre la pagina del compagno di strada Baricco – come diceva appunto quello stronzo di Bertolt “punta il dito su ogni cosa”.
E’ cosa buona e giusta accettare il ricambio, il cambio generazionale, le fisiologica congiura che porta i giovani a sbarazzarsi dei vecchi, ma immaginare che questi ultimi abbiano dalla loro parte un così devastante vuoto mentale è una tragedia umana incalcolabile ancor prima che politica. Se non mi credi, prova ad ascoltare l’onorevole Pina Picierno, e poi verrai ad abbracciarmi in lacrime. Ultimi vennero quelli dalle sopracciglia modellate come la Boschi a dire: “ancora con ‘sti discorsi di sinistra?” Sinistra, tua sorella. Si chiama pensiero, cretini!
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
il Fatto 1.10.14
Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi di Milano
Da Blair e Schröder in poi
“La sinistra? Guarda a destra. Ed è finita”
di Carlo Di Foggia
Il cambiamento è epocale. Immaginiamo l’articolo 18 come un perno: “Ci si appoggia per rivoltare la sinistra in qualcosa di diverso, senza una matrice socialista e lungo il solco tracciato da quelle che un tempo furono le sinistre socialdemocratiche europee”.
E che oggi, per Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi di Milano, sono agonizzanti: “Se Matteo Renzi vede in Tony Blair il suo mentore, allora è normale che cerchi di spezzare il legame con i sindacati: lo hanno fatto i laburisti inglesi e i socialdemocratici tedeschi. I primi non si sono ancora ripresi e vivono delle disgrazie altrui, i secondi fanno parte di una coalizione su cui non riescono a incidere, a parte il salario minimo, lo strumento che dovrebbe far salire gli stipendi dei mini job creati durante il mandato del socialdemocratico Gerhard Schröder”.
Il premier sull’articolo 18 rischia di spaccare il suo partito.
Nessuno pensa che questo, in una fase recessiva, generi posti di lavoro.[/color]
A cosa serve allora?
Ci si rivolge all’Europa, ma soprattutto a un pubblico più ampio: quello che apprezza la politica antisindacale.
L’elettorato di destra?
Il ceto medio, che è poi quello che si deve sobbarcare il peso maggiore delle tutele sociali. Così si aumenta la base elettorale: è la sfida che si è posta di fronte ai partiti socialisti europei dopo la lunga fase degli anni 80 lontani dal governo.
Con quali risultati?
La fine della sinistra come la conoscevamo. E con essa il difensore del welfare state (le tutele dello stato sociale, ndr) e dell’economia mista: la compresenza di due poli - il pubblico e il privato - come motori dell’economia. Un declino iniziato negli anni 80 con le idee di Margareth Thatcher e proseguito con Blair e Schröder.
Tutti contro i sindacati?
Blair non fece nulla per sanare gli squilibri creati dalla Lady di Ferro, Schröder fece di peggio: affidò le riforme del mercato del lavoro a Peter Hartz, capo del personale della Volkswagen, poi condannato per corruzione dei rappresentanti sindacali.
Perché il welfare state è rimesso in discussione?
Perché costa, tanto. Perfino i partiti socialdemocratici scandinavi si sono indeboliti difendendolo. Nel ’76, prima della Thatcher, dopo 40 anni al governo la socialdemocrazia svedese perse le elezioni: era il segno dell’insofferenza verso una forma di tutele che comporta una pressione fiscale elevata, ma è anche l’unica via per ridurre le disuguaglianze.
La sinistra è in disarmo. La svolta a favore della globalizzazione, se all’inizio li ha riportati al governo, li ha poi svuotati della loro stessa natura. Ora ne pagano le conseguenze: i socialisti francesi sono al minimo storico. Zero idee e mancanza di coraggio: hanno perfino accolto l’euro senza porsi il problema delle conseguenze.
Colpa della globalizzazione?
Vi hanno aderito convinti, come se contenesse un moltiplicatore di ricchezza, ma la globalizzazione riduce l’autonomia degli Stati - consentendo alla grande industria di trasferire gli investimenti dove più conviene - e la sinistra ha sempre fatto perno sullo Stato-Nazione.
Renzi ha in mente questo piano?
Segue la stessa logica.
Ma una riforma del lavoro può essere utile.
Certo, ma c’è un paradosso incredibile: si riforma il mercato del lavoro senza sapere qual è il modello economico che vogliamo adottare, e con una gigantesca incertezza sugli ammortizzatori sociali. In Europa si vuole tutelare il lavoratore sul mercato e non all’interno del luogo di lavoro. Lo Statuto dei Lavoratori fa l’esatto opposto, perché è nato in un contesto molto diverso. Nessuno dei due è giusto o sbagliato a prescindere, ma bisogna saper scegliere. Invece si attacca il sindacato.
Che però si è dimenticato di milioni di lavoratori precari.
Ha colpe gigantesche, ma i problemi sono altri: abbiamo perso un quarto dell’apparato produttivo.
Ora si parla di “modello tedesco”.
Lì si è fatto perno sulla potenza di fuoco di alcune grandi imprese, con buoni ammortizzatori sociali. Ma si rischia l’implosione. Se lei fa un giro a Berlino si accorge che i supermercati sono vuoti e la vita costa meno che a Torino: significa che la domanda interna è depressa.
Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi di Milano
Da Blair e Schröder in poi
“La sinistra? Guarda a destra. Ed è finita”
di Carlo Di Foggia
Il cambiamento è epocale. Immaginiamo l’articolo 18 come un perno: “Ci si appoggia per rivoltare la sinistra in qualcosa di diverso, senza una matrice socialista e lungo il solco tracciato da quelle che un tempo furono le sinistre socialdemocratiche europee”.
E che oggi, per Giuseppe Berta, storico dell’industria e docente alla Bocconi di Milano, sono agonizzanti: “Se Matteo Renzi vede in Tony Blair il suo mentore, allora è normale che cerchi di spezzare il legame con i sindacati: lo hanno fatto i laburisti inglesi e i socialdemocratici tedeschi. I primi non si sono ancora ripresi e vivono delle disgrazie altrui, i secondi fanno parte di una coalizione su cui non riescono a incidere, a parte il salario minimo, lo strumento che dovrebbe far salire gli stipendi dei mini job creati durante il mandato del socialdemocratico Gerhard Schröder”.
Il premier sull’articolo 18 rischia di spaccare il suo partito.
Nessuno pensa che questo, in una fase recessiva, generi posti di lavoro.[/color]
A cosa serve allora?
Ci si rivolge all’Europa, ma soprattutto a un pubblico più ampio: quello che apprezza la politica antisindacale.
L’elettorato di destra?
Il ceto medio, che è poi quello che si deve sobbarcare il peso maggiore delle tutele sociali. Così si aumenta la base elettorale: è la sfida che si è posta di fronte ai partiti socialisti europei dopo la lunga fase degli anni 80 lontani dal governo.
Con quali risultati?
La fine della sinistra come la conoscevamo. E con essa il difensore del welfare state (le tutele dello stato sociale, ndr) e dell’economia mista: la compresenza di due poli - il pubblico e il privato - come motori dell’economia. Un declino iniziato negli anni 80 con le idee di Margareth Thatcher e proseguito con Blair e Schröder.
Tutti contro i sindacati?
Blair non fece nulla per sanare gli squilibri creati dalla Lady di Ferro, Schröder fece di peggio: affidò le riforme del mercato del lavoro a Peter Hartz, capo del personale della Volkswagen, poi condannato per corruzione dei rappresentanti sindacali.
Perché il welfare state è rimesso in discussione?
Perché costa, tanto. Perfino i partiti socialdemocratici scandinavi si sono indeboliti difendendolo. Nel ’76, prima della Thatcher, dopo 40 anni al governo la socialdemocrazia svedese perse le elezioni: era il segno dell’insofferenza verso una forma di tutele che comporta una pressione fiscale elevata, ma è anche l’unica via per ridurre le disuguaglianze.
La sinistra è in disarmo. La svolta a favore della globalizzazione, se all’inizio li ha riportati al governo, li ha poi svuotati della loro stessa natura. Ora ne pagano le conseguenze: i socialisti francesi sono al minimo storico. Zero idee e mancanza di coraggio: hanno perfino accolto l’euro senza porsi il problema delle conseguenze.
Colpa della globalizzazione?
Vi hanno aderito convinti, come se contenesse un moltiplicatore di ricchezza, ma la globalizzazione riduce l’autonomia degli Stati - consentendo alla grande industria di trasferire gli investimenti dove più conviene - e la sinistra ha sempre fatto perno sullo Stato-Nazione.
Renzi ha in mente questo piano?
Segue la stessa logica.
Ma una riforma del lavoro può essere utile.
Certo, ma c’è un paradosso incredibile: si riforma il mercato del lavoro senza sapere qual è il modello economico che vogliamo adottare, e con una gigantesca incertezza sugli ammortizzatori sociali. In Europa si vuole tutelare il lavoratore sul mercato e non all’interno del luogo di lavoro. Lo Statuto dei Lavoratori fa l’esatto opposto, perché è nato in un contesto molto diverso. Nessuno dei due è giusto o sbagliato a prescindere, ma bisogna saper scegliere. Invece si attacca il sindacato.
Che però si è dimenticato di milioni di lavoratori precari.
Ha colpe gigantesche, ma i problemi sono altri: abbiamo perso un quarto dell’apparato produttivo.
Ora si parla di “modello tedesco”.
Lì si è fatto perno sulla potenza di fuoco di alcune grandi imprese, con buoni ammortizzatori sociali. Ma si rischia l’implosione. Se lei fa un giro a Berlino si accorge che i supermercati sono vuoti e la vita costa meno che a Torino: significa che la domanda interna è depressa.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
A chi la poltrona???
A noi!!!!
C'erano una volta i Pepponi....ma alla fine hanno vinto i nipoti di Don Camillo...
Che brutta fine hanno fatto i Pepponi.
^^^^^^
SPOSETTI CONFESSA: “IL PARTITO CI FA VOTARE CON VERDINI”
(Carlo Tecce).
02/10/2014 di triskel182
[img]
https://triskel182.files.wordpress.com/ ... 1002&h=248[/img]
L’EX TESORIERE DS: “NON È COLPA MIA, È TUTTO DECISO DAL PATTO DEL NAZARENO”.
Il senatore Ugo Sposetti, depositario di memorie e patrimoni comunisti e diessini, non contesta la percentuale: il 99,7% delle volte ha votato come Denis Verdini, ha pigiato lo stesso pulsante, ha accolto o respinto. Il marchingegno di Open Polis non lo imbarazza, Sposetti fa il saggio: “Ragazzi miei, non c’è nulla da studiare perché non c’è nulla da apprendere. E la domanda è mal posta, il destinatario è sbagliato”. E perché? “Io mi adeguo, io seguo la linea del Nazareno. Se mi portano in braccio a Forza Italia, se ci fanno confondere, non è colpa mia, e non dovete chiedere a me”. Vada su Open Polis, giochi con le combinazioni: oltre Sposetti-Verdini, ci sono Verdini-Zanda, Romani-Zanda e via scartabellando. L’ex tesoriere Ds non vuole cianciare: “Ho di meglio da fare e nuove cose da imparare. Queste vostre scoperte, mi spiace, le conosco già”.
Quasi perfetta coincidenza, quasi un movimento unico, un partito unico. Maurizio Bianconi, toscano, un deputato forzista che non utilizza il politichese, vuole commentare, e sospira: “Non c’è bisogno di fondere i gruppi di Camera e Senato, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi gestiscono la stessa macchina: si supportano, si spartiscono le poltrone, la gente non se ne accorge. Voi, le Provinciali senza elezioni le avete seguite? I patti non scritti?”. Un obbligo, Bianconi: “E allora non prendiamoci per i fondelli. Attenti, però, che un pezzo di Forza Italia si sta organizzando, guarda altrove, chissà se pure al Nazareno si ribellano un pochino”.
LE STATISTICHE di Augusto Minzolini lo rendono un estraneo in Forza Italia: in 911 casi su 1310 (69%), l’ex direttore Rai s’è trovato d’accordo con il capogruppo Paolo Romani. Il dem Luigi Zanda lo batte, 91%. “Minzo” si sente un senatore lungimirante: “Io anticipo quello che poi accade. Fui tra i primi a rifiutare la riforma costituzionale di Enrico Letta, poi mi seguirono molti colleghi. Io comprendo i cittadini che non riescono più a distinguere tra Forza Italia e Democratici.
In tanti non rispettano la propria identità: non puoi lottare per l’elezione diretta del capo dello Stato e poi accettare che neanche Palazzo Madama sia più un organismo con degli eletti”.
Poi, Minzolini si deprime: “Non siamo più in un sistema bipolare, tripolare, non c’è il bianco e non c’è il nero, siamo pieni di grigio. I berlusconiani e i renziani occupano il medesimo spazio: occhio, che arriva qualcuno e li frega”.
Miguel Gotor, bersaniano, promesso ministro e ora provetto ribelle, non sapeva di queste spietate analisi di Open Polis che lo rendono (al momento del voto) simile a Verdini (al 99,7%, Minzolini fa molto peggio) oppure a Paolo Romani. Gotor assicura che si vuole informare, poi non chiamerà più. È uomo di mondo, non sarà traumatizzato. Avremo la sua versione, presto.
Oltre i numeri, ci sono le azioni, le trame. E le telefonate. Quella tra gli alleati Renzi e Berlusconi per ricalibrare l’ambo da proporre in Parlamento per la Corte costituzionale: ritirato Donato Bruno, i forzisti vorrebbero indicare Ignazio Francesco Caramazza, ex avvocato generale dello Stato. I dem insistono con Luciano Violante. La coppia va bene a Silvio e dunque va bene a Matteo, va bene al Quirinale: che vada bene anche al Parlamento, che dovrà scrivere i nome corretti sulla schede. Ma lo scrutinio segreto trasmette coraggio, e il partito unico soffre un po’.
Da Il Fatto Quotidiano del 02/10/2014.
A noi!!!!
C'erano una volta i Pepponi....ma alla fine hanno vinto i nipoti di Don Camillo...
Che brutta fine hanno fatto i Pepponi.
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SPOSETTI CONFESSA: “IL PARTITO CI FA VOTARE CON VERDINI”
(Carlo Tecce).
02/10/2014 di triskel182
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L’EX TESORIERE DS: “NON È COLPA MIA, È TUTTO DECISO DAL PATTO DEL NAZARENO”.
Il senatore Ugo Sposetti, depositario di memorie e patrimoni comunisti e diessini, non contesta la percentuale: il 99,7% delle volte ha votato come Denis Verdini, ha pigiato lo stesso pulsante, ha accolto o respinto. Il marchingegno di Open Polis non lo imbarazza, Sposetti fa il saggio: “Ragazzi miei, non c’è nulla da studiare perché non c’è nulla da apprendere. E la domanda è mal posta, il destinatario è sbagliato”. E perché? “Io mi adeguo, io seguo la linea del Nazareno. Se mi portano in braccio a Forza Italia, se ci fanno confondere, non è colpa mia, e non dovete chiedere a me”. Vada su Open Polis, giochi con le combinazioni: oltre Sposetti-Verdini, ci sono Verdini-Zanda, Romani-Zanda e via scartabellando. L’ex tesoriere Ds non vuole cianciare: “Ho di meglio da fare e nuove cose da imparare. Queste vostre scoperte, mi spiace, le conosco già”.
Quasi perfetta coincidenza, quasi un movimento unico, un partito unico. Maurizio Bianconi, toscano, un deputato forzista che non utilizza il politichese, vuole commentare, e sospira: “Non c’è bisogno di fondere i gruppi di Camera e Senato, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi gestiscono la stessa macchina: si supportano, si spartiscono le poltrone, la gente non se ne accorge. Voi, le Provinciali senza elezioni le avete seguite? I patti non scritti?”. Un obbligo, Bianconi: “E allora non prendiamoci per i fondelli. Attenti, però, che un pezzo di Forza Italia si sta organizzando, guarda altrove, chissà se pure al Nazareno si ribellano un pochino”.
LE STATISTICHE di Augusto Minzolini lo rendono un estraneo in Forza Italia: in 911 casi su 1310 (69%), l’ex direttore Rai s’è trovato d’accordo con il capogruppo Paolo Romani. Il dem Luigi Zanda lo batte, 91%. “Minzo” si sente un senatore lungimirante: “Io anticipo quello che poi accade. Fui tra i primi a rifiutare la riforma costituzionale di Enrico Letta, poi mi seguirono molti colleghi. Io comprendo i cittadini che non riescono più a distinguere tra Forza Italia e Democratici.
In tanti non rispettano la propria identità: non puoi lottare per l’elezione diretta del capo dello Stato e poi accettare che neanche Palazzo Madama sia più un organismo con degli eletti”.
Poi, Minzolini si deprime: “Non siamo più in un sistema bipolare, tripolare, non c’è il bianco e non c’è il nero, siamo pieni di grigio. I berlusconiani e i renziani occupano il medesimo spazio: occhio, che arriva qualcuno e li frega”.
Miguel Gotor, bersaniano, promesso ministro e ora provetto ribelle, non sapeva di queste spietate analisi di Open Polis che lo rendono (al momento del voto) simile a Verdini (al 99,7%, Minzolini fa molto peggio) oppure a Paolo Romani. Gotor assicura che si vuole informare, poi non chiamerà più. È uomo di mondo, non sarà traumatizzato. Avremo la sua versione, presto.
Oltre i numeri, ci sono le azioni, le trame. E le telefonate. Quella tra gli alleati Renzi e Berlusconi per ricalibrare l’ambo da proporre in Parlamento per la Corte costituzionale: ritirato Donato Bruno, i forzisti vorrebbero indicare Ignazio Francesco Caramazza, ex avvocato generale dello Stato. I dem insistono con Luciano Violante. La coppia va bene a Silvio e dunque va bene a Matteo, va bene al Quirinale: che vada bene anche al Parlamento, che dovrà scrivere i nome corretti sulla schede. Ma lo scrutinio segreto trasmette coraggio, e il partito unico soffre un po’.
Da Il Fatto Quotidiano del 02/10/2014.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Fulmini di guerra
Il quinquennio 2001-2006 è quello del ritorno di Silvietto al potere.
Verrà ricordato per aver aumentato la forbice tra ricchi e poveri.
I ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri.
E' stata anche la legislatura in cui Berlusconi ha pensato solo ai problemi personali, con una serie di leggi ad personam. Alla fine pagherà il tutto lasciando il posto a Prodi.
Una crisi italiana delle aziende oltre il periodo di incubazione.
Con la crisi del 2007 dovuta al fallimento della Lehman Brothers e delle porcate di carta straccia piazzate ovunque, nel mondo Occidentale prende forma una crisi che aveva da subito i contorni di quella del 1929.
Ovviamente, nella stragrande maggioranza dei Paesi Occidentali questa crisi è stata ampiamente sottovalutata.
Non sono stati attuati quei provvedimenti che potessero mettere sotto controllo la crisi e successivamente debellarla.
Adesso ne paghiamo interamente le conseguenze.
Questa mattina il Prof. Piga, ad Agorà, annuncia che questa crisi è addirittura peggiore di quella del '29.
MEGLIO TARDI CHE MAI. PERLOMENO CON 5 ANNI DI RITARDO.
Ovviamente, farlo presente anni addietro, non risparmiava di prendersi etichette di disfattista, di pessimista, di corvo, e in tempi più recenti il termine alla moda, di gufo.
Solo una decina di giorni fa un allegro economista della bocconi, renziano, si è sfogato con un "catastrofista" per il solo fatto di collegare il profeta alla crisi.
Ma ora non è solo il Prof Piga a parlare di crisi peggiore di quella del '29, lo ha fatto anche il ministro dell'Economia, Padoan.
Notizie relative a ultime su: questa crisi è peggio di quella ...
ultime su: questa crisi è peggio di quella del '29
Il Sole 24 Ore
Padoan, questa crisi peggio di quella del '29
Online-News - 12 ore fa
La crisi per l'Italia è stata peggio della Grande depressione del '29. ... legge di Stabilità orientata alla crescita che potrà contare su una 'dotè di ...
**
Def, Padoan: "Crisi italiana peggio di quella della Grande ...
http://www.tgcom24.mediaset.it/.../def- ... i-quella-d...
21 ore fa - Def, Padoan: "Crisi italiana peggio di quella della Grande depressione" - Lo ... 23:08 - "In termini cumulati la caduta del Pil in Italia è superiore rispetto a quella verificatasi durante la Grande depressione del '29". ... attraverso una legge di Stabilità orientata alla crescita che potrà contare su una "dote" di ...
Def, secondo Padoan la crisi italiana è peggio di quella del '29
news.fidelityhouse.eu/.../def-padoan-crisi-italiana-quella-29-50546.html
11 ore fa - Def, secondo Padoan la crisi italiana è peggio di quella del '29 ... decisiva e per farlo serve una legge di Stabilità mirata alla crescita, che potrà contare sulla flessibilità ... Con questa frase molte coppie rischiano di scoppiare.
Def, Padoan: "Crisi italiana peggio di quella della ... - Intopic.it
www.intopic.it/notizia/7179129/
14 ore fa - Segnala questa pagina su Facebook ... Padoan: 'Con crisi, caduta del Pil superiore al crollo del '29. ... abbienti e per le imprese oltre a una clausola di salvaguardia sulle aliquote Iva .... Il notiziario viene creato automaticamente con le ultimissime novità dai quotidiani e le agenzie di stampa online italiane.
**
Verrebbe spontaneo dire: "MEGLIO TARDI CHE MAI", ma la profondità della crisi non ci permette neppure questo tipo di affermazioni.
Il quinquennio 2001-2006 è quello del ritorno di Silvietto al potere.
Verrà ricordato per aver aumentato la forbice tra ricchi e poveri.
I ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri.
E' stata anche la legislatura in cui Berlusconi ha pensato solo ai problemi personali, con una serie di leggi ad personam. Alla fine pagherà il tutto lasciando il posto a Prodi.
Una crisi italiana delle aziende oltre il periodo di incubazione.
Con la crisi del 2007 dovuta al fallimento della Lehman Brothers e delle porcate di carta straccia piazzate ovunque, nel mondo Occidentale prende forma una crisi che aveva da subito i contorni di quella del 1929.
Ovviamente, nella stragrande maggioranza dei Paesi Occidentali questa crisi è stata ampiamente sottovalutata.
Non sono stati attuati quei provvedimenti che potessero mettere sotto controllo la crisi e successivamente debellarla.
Adesso ne paghiamo interamente le conseguenze.
Questa mattina il Prof. Piga, ad Agorà, annuncia che questa crisi è addirittura peggiore di quella del '29.
MEGLIO TARDI CHE MAI. PERLOMENO CON 5 ANNI DI RITARDO.
Ovviamente, farlo presente anni addietro, non risparmiava di prendersi etichette di disfattista, di pessimista, di corvo, e in tempi più recenti il termine alla moda, di gufo.
Solo una decina di giorni fa un allegro economista della bocconi, renziano, si è sfogato con un "catastrofista" per il solo fatto di collegare il profeta alla crisi.
Ma ora non è solo il Prof Piga a parlare di crisi peggiore di quella del '29, lo ha fatto anche il ministro dell'Economia, Padoan.
Notizie relative a ultime su: questa crisi è peggio di quella ...
ultime su: questa crisi è peggio di quella del '29
Il Sole 24 Ore
Padoan, questa crisi peggio di quella del '29
Online-News - 12 ore fa
La crisi per l'Italia è stata peggio della Grande depressione del '29. ... legge di Stabilità orientata alla crescita che potrà contare su una 'dotè di ...
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Def, Padoan: "Crisi italiana peggio di quella della Grande ...
http://www.tgcom24.mediaset.it/.../def- ... i-quella-d...
21 ore fa - Def, Padoan: "Crisi italiana peggio di quella della Grande depressione" - Lo ... 23:08 - "In termini cumulati la caduta del Pil in Italia è superiore rispetto a quella verificatasi durante la Grande depressione del '29". ... attraverso una legge di Stabilità orientata alla crescita che potrà contare su una "dote" di ...
Def, secondo Padoan la crisi italiana è peggio di quella del '29
news.fidelityhouse.eu/.../def-padoan-crisi-italiana-quella-29-50546.html
11 ore fa - Def, secondo Padoan la crisi italiana è peggio di quella del '29 ... decisiva e per farlo serve una legge di Stabilità mirata alla crescita, che potrà contare sulla flessibilità ... Con questa frase molte coppie rischiano di scoppiare.
Def, Padoan: "Crisi italiana peggio di quella della ... - Intopic.it
www.intopic.it/notizia/7179129/
14 ore fa - Segnala questa pagina su Facebook ... Padoan: 'Con crisi, caduta del Pil superiore al crollo del '29. ... abbienti e per le imprese oltre a una clausola di salvaguardia sulle aliquote Iva .... Il notiziario viene creato automaticamente con le ultimissime novità dai quotidiani e le agenzie di stampa online italiane.
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Verrebbe spontaneo dire: "MEGLIO TARDI CHE MAI", ma la profondità della crisi non ci permette neppure questo tipo di affermazioni.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Nell'occhiello de IFQ di oggi:
Francesco: "Non va smantellato il diritto fondamentale del lavoro". A Renzi
saranno fischiate le orecchie. E' solo il Papa a dire qualcosa di sinistra.
Francesco: "Non va smantellato il diritto fondamentale del lavoro". A Renzi
saranno fischiate le orecchie. E' solo il Papa a dire qualcosa di sinistra.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
GIUSTIZIA & IMPUNITÀ
Grasso: "La legge sui soldi sporchi?
Puniva i colletti bianchi, ma è bloccata"
Intervista al presidente del Senato: "Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013
la proposta è in commissione Giustizia in Senato. Il ministro ne ha promesse altre. Ma non si va avanti"
Grasso: "La legge sui soldi sporchi? Puniva i colletti bianchi, ma è bloccata"
Intervistato dal Fatto Quotidiano il presidente Piero Grasso torna sul suo testo sull'autoriclaggio depositato a inizio legislatura, che "colpiva sia i reati economici della mafia che quelli dei colletti bianchi, insomma qualsiasi reato che genera profitto. Solo così si può garantire l’integrità del sistema economico e finanziario e recuperare miliardi di euro alle casse dello Stato". Ma dopo un anno e mezzo il suo testo giace ancora in commissione: "Il ministro ne ha promesse altre, eppure non si va avanti"
di Gianni Barbacetto
^^^^^^
Autoriciclaggio, Grasso: “Lentezza e confusione, così hanno fermato la mia proposta”
Intervista al presidente del Senato: "Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013 la mia proposta è ancora in commissione Giustizia in Senato. Ce n’è una alla Camera che affronta alcuni degli stessi temi. Il ministro ne ha promesse altre. Eppure non si va avanti". Non solo: nel testo che circola si dice che non c'è reato "quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate al godimento personale"
di Gianni Barbacetto | 3 ottobre 2014Commenti (21)
Partorito ieri un nuovo testo sull’autoriciclaggio, dopo mesi di rinvii e contrapposizioni. Si sono messi attorno a un tavolo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, quello dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e quello delle Riforme, Maria Elena Boschi. Uno dei nodi da sciogliere era quello della soglia: secondo il testo proposto una settimana fa dal ministro della Giustizia, l’autoriciclaggio sarebbe perseguito soltanto quando il reato presupposto (quello che ha prodotto i soldi sporchi da ripulire) è punibile con una pena superiore a 5 anni. Contrario alla soglia era invece il ministro Padoan, che vorrebbe veder punito per autoriciclaggio anche chi reimpiega fondi neri ottenuti con reati economici e fiscali. Il compromesso raggiunto ieri diversifica le pene: da 2 a 8 anni sopra quella soglia, da 1 a 4 sotto. Ma nel testo che circola, al comma 3, si dice che non c’è il reato “quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale”. E per cos’altro dovrebbero essere impiegati? Questo comma finisce per azzerare del tutto l’autoriciclaggio. Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, aveva proposto misure anticorruzione, tra cui l’autoriciclaggio, appena entrato in Parlamento, un anno e mezzo fa. Per il suo ruolo attuale di presidente del Senato non commenta un testo ancora non definitivo. Ma, più in generale, denuncia ritardi e insufficienze negli interventi sulla giustizia.
Al festival del Diritto di Piacenza, qualche giorno fa, lei si era fatto una domanda: “Mi chiedo quali interessi blocchino la mia legge sulla corruzione”. È riuscito a darsi una risposta?
Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013 la mia proposta è ancora in commissione Giustizia in Senato. Ce n’è una alla Camera che affronta alcuni degli stessi temi. Il ministro ne ha promesse altre. Eppure non si va avanti.
È evidente che ci sono diversità di vedute su come introdurre il reato di autoriciclaggio. C’è chi, per la propria esperienza, è più sensibile alla lotta antimafia e chi preferirebbe introdurre il nuovo reato per contrastare la criminalità economica. Poi c’è qualcuno che proprio non lo vuole…
Ci sono proposte diverse, ma sulla mia ultimamente si è fatta un po’ di confusione. Quella che lei ieri ha definito “linea Grasso” è in realtà quella del testo unico in discussione in commissione, redatto dal relatore D’Ascola sulla base del mio e di numerosi altri disegni di legge. Naturalmente la dizione è “Grasso e altri”, ma è ben lontana dal mio testo originale che, al contrario di quanto da lei scritto, colpiva sia i reati economici della mafia che quelli dei colletti bianchi, insomma qualsiasi reato che genera profitto. Solo così si può garantire l’integrità del sistema economico e finanziario e recuperare miliardi di euro alle casse dello Stato.
È accettabile la soluzione di compromesso, che sotto i 5 anni, prevedendo pene minori, non dà la possibilità di intercettare?
Nella mia proposta originaria avevo previsto una pena da 1 a 6 anni, anche per consentire l’utilizzo delle intercettazioni, così come avevo previsto l’attenuante speciale per chi collabora con la giustizia e le aggravanti per professionisti, pubblici ufficiali e intermediari finanziari. Lunedì scorso, a Milano, avevo proposto io stesso una soluzione di accettabile compromesso, ovvero aggiungere che nei casi di lieve entità sia prevista solo la pena pecuniaria e non il carcere, mantenendo però tutte le pene accessorie: confisca, decadenza e revoca delle concessioni e delle autorizzazioni, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, interdizione dai pubblici uffici e così via.
Chi frena sull’autoriciclaggio obietta che la stessa persona rischia di essere punita più volte per lo stesso comportamento.
Sono reati diversi che tutelano interessi diversi: il patrimonio, l’integrità dell’economia, l’interesse della pubblica amministrazione e via dicendo. Nel nostro codice l’ipotesi è già regolamentata dal “reato continuato”: non si sommano le pene. Nel caso di più reati, si applica la pena del reato più grave con solo un aumento per gli altri.
Oltre all’autoriciclaggio, quali sono le misure più urgenti che dovrebbero essere introdotte per combattere la corruzione?
L’introduzione della figura del collaboratore di giustizia. L’eliminazione della punibilità del privato vittima di abusi nella corruzione per induzione. L’aumento della pena nel traffico di influenze illecite. La revisione della corruzione tra privati. Il ripristino della punibilità del falso in bilancio. La revisione dei reati societari. Tutto questo sotto il profilo della repressione, poi occorre intervenire anche sulla prevenzione. Ma il problema più grande resta quello etico e culturale.
Non è necessario intervenire anche sulla prescrizione?
Ho sempre detto che la cosa migliore sarebbe intervenire in senso generale, per tutti i reati, sospendendone il decorso dopo il rinvio a giudizio.
Da Il Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10 ... a/1142183/
Grasso: "La legge sui soldi sporchi?
Puniva i colletti bianchi, ma è bloccata"
Intervista al presidente del Senato: "Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013
la proposta è in commissione Giustizia in Senato. Il ministro ne ha promesse altre. Ma non si va avanti"
Grasso: "La legge sui soldi sporchi? Puniva i colletti bianchi, ma è bloccata"
Intervistato dal Fatto Quotidiano il presidente Piero Grasso torna sul suo testo sull'autoriclaggio depositato a inizio legislatura, che "colpiva sia i reati economici della mafia che quelli dei colletti bianchi, insomma qualsiasi reato che genera profitto. Solo così si può garantire l’integrità del sistema economico e finanziario e recuperare miliardi di euro alle casse dello Stato". Ma dopo un anno e mezzo il suo testo giace ancora in commissione: "Il ministro ne ha promesse altre, eppure non si va avanti"
di Gianni Barbacetto
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Autoriciclaggio, Grasso: “Lentezza e confusione, così hanno fermato la mia proposta”
Intervista al presidente del Senato: "Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013 la mia proposta è ancora in commissione Giustizia in Senato. Ce n’è una alla Camera che affronta alcuni degli stessi temi. Il ministro ne ha promesse altre. Eppure non si va avanti". Non solo: nel testo che circola si dice che non c'è reato "quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate al godimento personale"
di Gianni Barbacetto | 3 ottobre 2014Commenti (21)
Partorito ieri un nuovo testo sull’autoriciclaggio, dopo mesi di rinvii e contrapposizioni. Si sono messi attorno a un tavolo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, quello dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e quello delle Riforme, Maria Elena Boschi. Uno dei nodi da sciogliere era quello della soglia: secondo il testo proposto una settimana fa dal ministro della Giustizia, l’autoriciclaggio sarebbe perseguito soltanto quando il reato presupposto (quello che ha prodotto i soldi sporchi da ripulire) è punibile con una pena superiore a 5 anni. Contrario alla soglia era invece il ministro Padoan, che vorrebbe veder punito per autoriciclaggio anche chi reimpiega fondi neri ottenuti con reati economici e fiscali. Il compromesso raggiunto ieri diversifica le pene: da 2 a 8 anni sopra quella soglia, da 1 a 4 sotto. Ma nel testo che circola, al comma 3, si dice che non c’è il reato “quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale”. E per cos’altro dovrebbero essere impiegati? Questo comma finisce per azzerare del tutto l’autoriciclaggio. Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, aveva proposto misure anticorruzione, tra cui l’autoriciclaggio, appena entrato in Parlamento, un anno e mezzo fa. Per il suo ruolo attuale di presidente del Senato non commenta un testo ancora non definitivo. Ma, più in generale, denuncia ritardi e insufficienze negli interventi sulla giustizia.
Al festival del Diritto di Piacenza, qualche giorno fa, lei si era fatto una domanda: “Mi chiedo quali interessi blocchino la mia legge sulla corruzione”. È riuscito a darsi una risposta?
Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013 la mia proposta è ancora in commissione Giustizia in Senato. Ce n’è una alla Camera che affronta alcuni degli stessi temi. Il ministro ne ha promesse altre. Eppure non si va avanti.
È evidente che ci sono diversità di vedute su come introdurre il reato di autoriciclaggio. C’è chi, per la propria esperienza, è più sensibile alla lotta antimafia e chi preferirebbe introdurre il nuovo reato per contrastare la criminalità economica. Poi c’è qualcuno che proprio non lo vuole…
Ci sono proposte diverse, ma sulla mia ultimamente si è fatta un po’ di confusione. Quella che lei ieri ha definito “linea Grasso” è in realtà quella del testo unico in discussione in commissione, redatto dal relatore D’Ascola sulla base del mio e di numerosi altri disegni di legge. Naturalmente la dizione è “Grasso e altri”, ma è ben lontana dal mio testo originale che, al contrario di quanto da lei scritto, colpiva sia i reati economici della mafia che quelli dei colletti bianchi, insomma qualsiasi reato che genera profitto. Solo così si può garantire l’integrità del sistema economico e finanziario e recuperare miliardi di euro alle casse dello Stato.
È accettabile la soluzione di compromesso, che sotto i 5 anni, prevedendo pene minori, non dà la possibilità di intercettare?
Nella mia proposta originaria avevo previsto una pena da 1 a 6 anni, anche per consentire l’utilizzo delle intercettazioni, così come avevo previsto l’attenuante speciale per chi collabora con la giustizia e le aggravanti per professionisti, pubblici ufficiali e intermediari finanziari. Lunedì scorso, a Milano, avevo proposto io stesso una soluzione di accettabile compromesso, ovvero aggiungere che nei casi di lieve entità sia prevista solo la pena pecuniaria e non il carcere, mantenendo però tutte le pene accessorie: confisca, decadenza e revoca delle concessioni e delle autorizzazioni, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, interdizione dai pubblici uffici e così via.
Chi frena sull’autoriciclaggio obietta che la stessa persona rischia di essere punita più volte per lo stesso comportamento.
Sono reati diversi che tutelano interessi diversi: il patrimonio, l’integrità dell’economia, l’interesse della pubblica amministrazione e via dicendo. Nel nostro codice l’ipotesi è già regolamentata dal “reato continuato”: non si sommano le pene. Nel caso di più reati, si applica la pena del reato più grave con solo un aumento per gli altri.
Oltre all’autoriciclaggio, quali sono le misure più urgenti che dovrebbero essere introdotte per combattere la corruzione?
L’introduzione della figura del collaboratore di giustizia. L’eliminazione della punibilità del privato vittima di abusi nella corruzione per induzione. L’aumento della pena nel traffico di influenze illecite. La revisione della corruzione tra privati. Il ripristino della punibilità del falso in bilancio. La revisione dei reati societari. Tutto questo sotto il profilo della repressione, poi occorre intervenire anche sulla prevenzione. Ma il problema più grande resta quello etico e culturale.
Non è necessario intervenire anche sulla prescrizione?
Ho sempre detto che la cosa migliore sarebbe intervenire in senso generale, per tutti i reati, sospendendone il decorso dopo il rinvio a giudizio.
Da Il Fatto Quotidiano del 3 ottobre 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10 ... a/1142183/
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Metti una sòla a cena - 1
Pd, crolla il tesseramento al partito: nel 2014 persi più di 400mila iscritti
La previsione per la fine dell'anno è quella di raccogliere circa 100mila tessere (erano 539.354 nel 2013). E dopo il flop alle primarie dell'Emilia Romagna di domenica 28, crescono le preoccupazioni dei dirigenti. Guerini: "Non diffondere dati a caso"
(Guerini,...un'altra sòla-ndt)
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 3 ottobre 2014Commenti (287)
E’ emergenza iscritti nel partito di Matteo Renzi. Come riporta Repubblica, saranno meno di 100mila le tessere nel 2014 per il Partito democratico. Per ora è una semplice previsione, ma difficile che in pochi mesi si possa arrivare al dato del 2013, quando le iscrizioni furono in totale 539.354. Che le cose non stessero andando per il verso giusto in termini di raccolta fondi e nuovi iscritti si è capito domenica 28 settembre a Bologna. Le primarie per la scelta del candidato alla Regione hanno portato alle urne solo 58mila elettori, con un flop senza precedenti soprattutto nella terra rossa di volontari e feste dell’unità.
I dati però scoraggiano in tutta Italia. Si è vicini al numero di zero tessere in Puglia, Sardegna, Molise, Basilicata e Sicilia. A Napoli nel 2013 gli iscritti erano 70mila, oggi guardando anche alle province si arriva a malapena all’ordine delle centinaia. Torino conta per ora 3mila aderenti, mentre solo l’anno scorso erano 10mila. Venezia non è da meno: in dodici mesi si è passati da 5500 tessere a 2mila. In Umbria erano 14mila, oggi sono meno della metà. Un risultato preoccupante per i 7200 circoli presenti in Italia e gli 89 all’estero.
Il partito “rottamato” che da tempo Matteo Renzi predica, comporta anche un cambio nella struttura che spaventa i dirigenti. La testa è già al bilancio. La riduzione del finanziamento pubblico ai partiti (che per il 2017 arriverà a zero) comporta che i soldi arrivati in cassa dallo Stato siano quest’anno 12,8 milioni (nel 2011 ad esempio erano 60). E se gli aderenti non contribuiscono almeno con le tessere, il futuro per la cassa del partito sarà sempre più nero. “Sarebbe bello”, ha scritto il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, “che sui tesseramenti non venissero diffusi dati a caso”.
Pd, crolla il tesseramento al partito: nel 2014 persi più di 400mila iscritti
La previsione per la fine dell'anno è quella di raccogliere circa 100mila tessere (erano 539.354 nel 2013). E dopo il flop alle primarie dell'Emilia Romagna di domenica 28, crescono le preoccupazioni dei dirigenti. Guerini: "Non diffondere dati a caso"
(Guerini,...un'altra sòla-ndt)
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 3 ottobre 2014Commenti (287)
E’ emergenza iscritti nel partito di Matteo Renzi. Come riporta Repubblica, saranno meno di 100mila le tessere nel 2014 per il Partito democratico. Per ora è una semplice previsione, ma difficile che in pochi mesi si possa arrivare al dato del 2013, quando le iscrizioni furono in totale 539.354. Che le cose non stessero andando per il verso giusto in termini di raccolta fondi e nuovi iscritti si è capito domenica 28 settembre a Bologna. Le primarie per la scelta del candidato alla Regione hanno portato alle urne solo 58mila elettori, con un flop senza precedenti soprattutto nella terra rossa di volontari e feste dell’unità.
I dati però scoraggiano in tutta Italia. Si è vicini al numero di zero tessere in Puglia, Sardegna, Molise, Basilicata e Sicilia. A Napoli nel 2013 gli iscritti erano 70mila, oggi guardando anche alle province si arriva a malapena all’ordine delle centinaia. Torino conta per ora 3mila aderenti, mentre solo l’anno scorso erano 10mila. Venezia non è da meno: in dodici mesi si è passati da 5500 tessere a 2mila. In Umbria erano 14mila, oggi sono meno della metà. Un risultato preoccupante per i 7200 circoli presenti in Italia e gli 89 all’estero.
Il partito “rottamato” che da tempo Matteo Renzi predica, comporta anche un cambio nella struttura che spaventa i dirigenti. La testa è già al bilancio. La riduzione del finanziamento pubblico ai partiti (che per il 2017 arriverà a zero) comporta che i soldi arrivati in cassa dallo Stato siano quest’anno 12,8 milioni (nel 2011 ad esempio erano 60). E se gli aderenti non contribuiscono almeno con le tessere, il futuro per la cassa del partito sarà sempre più nero. “Sarebbe bello”, ha scritto il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini, “che sui tesseramenti non venissero diffusi dati a caso”.
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Re: LA LUNGA AGONIA ITALIANA
Forse il PD imploderà non per motivi politici di dissenso fra le sue due anime ma per motivi economici: senza soldi da distribuire i cacciatori di voti spariranno e la vecchia base dei rottamati non ne vuole sapere di Renzi e del suo cerchio magico...
Perdere l'80% delle tessere in un anno è un risultato tale da annichilire qualsiasi partito figuriamoci uno dilaniato dai litigi interni e dal protagonismo del capo...
PS la mia tessera non ce l'hanno più da diversi anni...
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