COME VA IL PD
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Re: COME VA IL PD
Ma credete che Renzi sia così sicuro del suo 41% ?
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Re: COME VA IL PD
La settimana scorsa Ixé l'ha dato al 39,9 %iospero ha scritto:Ma credete che Renzi sia così sicuro del suo 41% ?
Sono curioso di vedere domani mattina ad Agorà dopo i fatti di ieri.
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Re: COME VA IL PD
Per favore, puoi indicarmi quale degli articoli che compaiono cliccando il link dell'Huffigntonpost contiene quello di Pandolfi?iospero ha scritto:Alla Leopolda nasce la "nuova" destra italiana | Luigi Pandolfi
http://www.huffingtonpost.it
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Re: COME VA IL PD
PADIGLIONE ITALIA
Pippo Civati, filosofo della
scissione mediatica
Brianzolo, si muove tra web e politica, piace più a giornali e tv che alle masse
di Aldo Grasso
A volte mi sveglio la notte per chiedermi: «Cosa dirà Pippo?». Pippo Civati, filosofo brianzolo prestato al web e alla politica, specializzato nel dire qualcosa di sinistra ma fortemente indiziato di fighettismo mediale, vorrebbe portare la sinistra più a sinistra, cioè alla sconfitta.
La scissione è nell’aria. Mi chiedo se a provocarla sarà l’ufficiale asburgico dell’ortodossia Gianni Cuperlo, o Stefano Fassina, il maestro Manzi dell’Old Labour, o la maglietta della salute del sindacalismo, Maurizio Landini. Intanto, l’ala dura e pura del Pd insiste per lo strappo. La sinistra italiana insegue da anni il mito della purezza: «Soltanto con la sconfitta la purezza è difendibile, soltanto con la sconfitta non si mettono alla prova le idee e quindi si conservano intatte» (Francesco Piccolo).
Vendicatore di una sinistra che sembrerebbe evaporata nel partito parallelo della Leopolda o nei salotti di Barbara D’Urso, Pippo impugnerà la bandiera rossa dello scissionismo? «Civati - sostiene Claudio Cerasa -, al netto degli ottimi e curati vestiti di alta sartoria, può essere un Nichi Vendola con una dizione e un vocabolario migliore ma anche lui non ha il physique du rôle per poter dar vita a qualcosa che sia diverso da quello che già esiste».
Pippo appartiene alla categoria degli scissionisti potenziali: in attesa di una telefonata di Matteo che non arriva, incuriosisce più i media che le masse.
2 novembre 2014 | 10:37
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/14_nove ... 3651.shtml
Pippo Civati, filosofo della
scissione mediatica
Brianzolo, si muove tra web e politica, piace più a giornali e tv che alle masse
di Aldo Grasso
A volte mi sveglio la notte per chiedermi: «Cosa dirà Pippo?». Pippo Civati, filosofo brianzolo prestato al web e alla politica, specializzato nel dire qualcosa di sinistra ma fortemente indiziato di fighettismo mediale, vorrebbe portare la sinistra più a sinistra, cioè alla sconfitta.
La scissione è nell’aria. Mi chiedo se a provocarla sarà l’ufficiale asburgico dell’ortodossia Gianni Cuperlo, o Stefano Fassina, il maestro Manzi dell’Old Labour, o la maglietta della salute del sindacalismo, Maurizio Landini. Intanto, l’ala dura e pura del Pd insiste per lo strappo. La sinistra italiana insegue da anni il mito della purezza: «Soltanto con la sconfitta la purezza è difendibile, soltanto con la sconfitta non si mettono alla prova le idee e quindi si conservano intatte» (Francesco Piccolo).
Vendicatore di una sinistra che sembrerebbe evaporata nel partito parallelo della Leopolda o nei salotti di Barbara D’Urso, Pippo impugnerà la bandiera rossa dello scissionismo? «Civati - sostiene Claudio Cerasa -, al netto degli ottimi e curati vestiti di alta sartoria, può essere un Nichi Vendola con una dizione e un vocabolario migliore ma anche lui non ha il physique du rôle per poter dar vita a qualcosa che sia diverso da quello che già esiste».
Pippo appartiene alla categoria degli scissionisti potenziali: in attesa di una telefonata di Matteo che non arriva, incuriosisce più i media che le masse.
2 novembre 2014 | 10:37
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http://www.corriere.it/politica/14_nove ... 3651.shtml
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Re: COME VA IL PD
www.huffingtonpost.it- Alla Leopolda nasce la "nuova" destra italianacamillobenso ha scritto:Per favore, puoi indicarmi quale degli articoli che compaiono cliccando il link dell'Huffigntonpost contiene quello di Pandolfi?iospero ha scritto:Alla Leopolda nasce la "nuova" destra italiana | Luigi Pandolfi
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Re: COME VA IL PD
La Stampa 3.11.14
Zagrebelsky: quello di Renzi è decisionismo andreottiano
Il costituzionalista: usa la forza per tirare a campare, non per imporre visioni strategiche
colloquio di Giuseppe Salvaggiulo
«Professorone». Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte costituzionale, insegna Diritto costituzionale a Torino
Nei mesi scorsi aveva firmato un appello contro le riforme, polemizzando con il governo
Una conversazione con Gustavo Zagrebelsky a margine di un convegno su «Bobbio costituzionalista» conduce dalle cime della filosofia politica alle bassure italiane.
Tra i principi della democrazia secondo Bobbio c’è il voto uguale: come lo spiega ai suoi studenti che le chiedono di Porcellum e Italicum?
«Nella sentenza sul Porcellum, per la prima volta la Corte costituzionale parla dell’uguaglianza del voto non solo “in entrata”, come valore potenziale, ma anche “in uscita”, nell’attribuzione pratica dei seggi. Il premio di maggioranza creava un’abnorme distorsione. Ora si prova a superare l’obiezione stabilendo una soglia per accedere al premio. Ma c’è un criterio razionale o è puro e semplice arbitrio: 37%, 40%? Il criterio sta nelle previsioni dei partiti che sperano di avvantaggiarsene, sulla base dei sondaggi. Ma la legge elettorale deve servire ai cittadini o ai partiti? L’unica soglia giustificabile sarebbe il 50,1% dei voti: un premietto per rafforzare chi ha già la maggioranza dei voti».
La «legge truffa» del 1953.
«Famigerata. Se era truffaldina quella, che cosa dire di una legge che porta dal 37 al 55%?».
Ma che cosa ne sarebbe della governabilità, senza premio di maggioranza?
«Governabilità, parola scorretta. Che cosa significa? Attitudine a essere governato. Significato passivo. Se dico “l’Italia è ingovernabile” penso a corporazioni, corruzione, mafia. Da Craxi in poi, con un rovesciamento semantico, governabilità vale come aumento della forza di governo. Significato attivo. Tutte le riforme di cui parliamo non sono per la governabilità, perché non toccano la società, ma vogliono rafforzare il governo, razionalizzando uno spostamento di baricentro che c’è già stato».
A danno del Parlamento?
«Il Parlamento ha perso iniziativa legislativa, ratifica solo quelle del governo. Quando fu introdotta la proporzionale, un secolo fa, vi fu chi disse che tanto valeva eliminare i deputati e far decidere tutto dai segretari dei partiti, secondo il rispettivo peso elettorale. “Tanto gli eletti in ciascuna delle nostre liste devono fare quello che diciamo noi”. Una proposta che al nostro Renzi potrebbe piacere: disciplina a costo zero».
Nel frattempo il Pd è diventato il partito della nazione.
«Per Bobbio una delle condizioni della democrazia è la presenza di una pluralità di offerta politica. Il partito-tutto non è concepibile secondo la nostra definizione di democrazia. C’è una classica definizione del partito politico come “parte totale”. Quando un partito sceglie una connotazione totalizzante, come la nazione, diventa parte totalitaria».
A vocazione maggioritaria.
«A vocazione totalitaria, direi. La vocazione maggioritaria mi sembra una banalità: quale partito ambisce alla minorità?».
Come mai la suggestione totalizzante funziona?
«In una fase d’inquietudine, è ovvia la tendenza a compattare. Ma una cosa è la grande coalizione, in cui le parti restano tali contraendo un patto, altra è questa strana e melmosa combutta italica, senza nemmeno la nobiltà dell’union sacrée».
C’è un deficit di conflitto?
«Il professor Bobbio, in altri tempi, aveva usato una formula molto forte: la discordia è il sale della democrazia. Discordia è parola estrema: Tucidide la riteneva premessa della stasis, la quiete prima della tempesta della guerra civile. In realtà Bobbio, radicalmente dicotomico sul piano teorico, nella pratica era un mediatore. Infatti per lui, come per il suo maestro Kelsen, la democrazia non può esistere se non ha al fondo un compromesso e il compromesso è la Costituzione».
Arte anacronistica, il compromesso: va di moda la decisione. Renzi pare ispirarsi più a Schmitt che a Kelsen e Bobbio.
«C’è decisionismo e decisionismo. Schmitt aveva un’idea bellica della decisione: il nemico non va sconfitto, ma eliminato. L’attuale decisionismo mira piuttosto all’andreottiano tirare a campare. Serve a fronteggiare le difficoltà del giorno per giorno, a tappare buchi, a tamponare con urgenza le situazioni. Un decisionismo non tragico, diciamo in salsa mediterranea, all’amatriciana. Il governo non combatte nemici per imporre una sua visione strategica, che si stenta a vedere, ma cerca aggiustamenti temporanei, posticipando i problemi».
E la piazza fisica, delle manifestazioni di protesta?
«Schmitt avrebbe approvato la manganellatura degli operai, ovvero del nemico. Non è andata così. Il governo non ha approvato il manganello. Anzi, ha espresso solidarietà a manganellati e manganellatori: più andreottiani di così!».
Non si può dire che l’idea del nemico da riportare all’ordine sia estranea alla fase politica attuale.
«L’ordine attuale è una somma di compromessi quotidiani. L’ordine duro e puro è quello invocato per porre fine al “biennio rosso” in Italia, o al caos tinto di socialismo della Germania di Weimar. Sappiamo dove ha portato. Oggi, in Italia, il pericolo mi pare che possa derivare dal difetto d’opposizione politica efficace in Parlamento e dalla supplenza da parte d’una opposizione di piazza. Qui, vedrei il rischio della radicalizzazione. La manifestazione di Roma aveva un evidente significato ultrasindacale. Farsene troppo facilmente una ragione può essere irresponsabile».
Quando coniò la formula «democrazia dell’applauso» per Craxi, Bobbio si beccò l’insulto «intellettuale dei miei stivali». A voialtri è toccato «professoroni e parrucconi».
«È già una bella soddisfazione avere a che fare con parrucche e non con stivali. Cambiamo le parole, ma siamo sempre lì. Ci sono “no” che sono degni quanto i “sì”. Ha presente Bartleby, lo scrivano di Melville?».
Zagrebelsky: quello di Renzi è decisionismo andreottiano
Il costituzionalista: usa la forza per tirare a campare, non per imporre visioni strategiche
colloquio di Giuseppe Salvaggiulo
«Professorone». Gustavo Zagrebelsky, già presidente della Corte costituzionale, insegna Diritto costituzionale a Torino
Nei mesi scorsi aveva firmato un appello contro le riforme, polemizzando con il governo
Una conversazione con Gustavo Zagrebelsky a margine di un convegno su «Bobbio costituzionalista» conduce dalle cime della filosofia politica alle bassure italiane.
Tra i principi della democrazia secondo Bobbio c’è il voto uguale: come lo spiega ai suoi studenti che le chiedono di Porcellum e Italicum?
«Nella sentenza sul Porcellum, per la prima volta la Corte costituzionale parla dell’uguaglianza del voto non solo “in entrata”, come valore potenziale, ma anche “in uscita”, nell’attribuzione pratica dei seggi. Il premio di maggioranza creava un’abnorme distorsione. Ora si prova a superare l’obiezione stabilendo una soglia per accedere al premio. Ma c’è un criterio razionale o è puro e semplice arbitrio: 37%, 40%? Il criterio sta nelle previsioni dei partiti che sperano di avvantaggiarsene, sulla base dei sondaggi. Ma la legge elettorale deve servire ai cittadini o ai partiti? L’unica soglia giustificabile sarebbe il 50,1% dei voti: un premietto per rafforzare chi ha già la maggioranza dei voti».
La «legge truffa» del 1953.
«Famigerata. Se era truffaldina quella, che cosa dire di una legge che porta dal 37 al 55%?».
Ma che cosa ne sarebbe della governabilità, senza premio di maggioranza?
«Governabilità, parola scorretta. Che cosa significa? Attitudine a essere governato. Significato passivo. Se dico “l’Italia è ingovernabile” penso a corporazioni, corruzione, mafia. Da Craxi in poi, con un rovesciamento semantico, governabilità vale come aumento della forza di governo. Significato attivo. Tutte le riforme di cui parliamo non sono per la governabilità, perché non toccano la società, ma vogliono rafforzare il governo, razionalizzando uno spostamento di baricentro che c’è già stato».
A danno del Parlamento?
«Il Parlamento ha perso iniziativa legislativa, ratifica solo quelle del governo. Quando fu introdotta la proporzionale, un secolo fa, vi fu chi disse che tanto valeva eliminare i deputati e far decidere tutto dai segretari dei partiti, secondo il rispettivo peso elettorale. “Tanto gli eletti in ciascuna delle nostre liste devono fare quello che diciamo noi”. Una proposta che al nostro Renzi potrebbe piacere: disciplina a costo zero».
Nel frattempo il Pd è diventato il partito della nazione.
«Per Bobbio una delle condizioni della democrazia è la presenza di una pluralità di offerta politica. Il partito-tutto non è concepibile secondo la nostra definizione di democrazia. C’è una classica definizione del partito politico come “parte totale”. Quando un partito sceglie una connotazione totalizzante, come la nazione, diventa parte totalitaria».
A vocazione maggioritaria.
«A vocazione totalitaria, direi. La vocazione maggioritaria mi sembra una banalità: quale partito ambisce alla minorità?».
Come mai la suggestione totalizzante funziona?
«In una fase d’inquietudine, è ovvia la tendenza a compattare. Ma una cosa è la grande coalizione, in cui le parti restano tali contraendo un patto, altra è questa strana e melmosa combutta italica, senza nemmeno la nobiltà dell’union sacrée».
C’è un deficit di conflitto?
«Il professor Bobbio, in altri tempi, aveva usato una formula molto forte: la discordia è il sale della democrazia. Discordia è parola estrema: Tucidide la riteneva premessa della stasis, la quiete prima della tempesta della guerra civile. In realtà Bobbio, radicalmente dicotomico sul piano teorico, nella pratica era un mediatore. Infatti per lui, come per il suo maestro Kelsen, la democrazia non può esistere se non ha al fondo un compromesso e il compromesso è la Costituzione».
Arte anacronistica, il compromesso: va di moda la decisione. Renzi pare ispirarsi più a Schmitt che a Kelsen e Bobbio.
«C’è decisionismo e decisionismo. Schmitt aveva un’idea bellica della decisione: il nemico non va sconfitto, ma eliminato. L’attuale decisionismo mira piuttosto all’andreottiano tirare a campare. Serve a fronteggiare le difficoltà del giorno per giorno, a tappare buchi, a tamponare con urgenza le situazioni. Un decisionismo non tragico, diciamo in salsa mediterranea, all’amatriciana. Il governo non combatte nemici per imporre una sua visione strategica, che si stenta a vedere, ma cerca aggiustamenti temporanei, posticipando i problemi».
E la piazza fisica, delle manifestazioni di protesta?
«Schmitt avrebbe approvato la manganellatura degli operai, ovvero del nemico. Non è andata così. Il governo non ha approvato il manganello. Anzi, ha espresso solidarietà a manganellati e manganellatori: più andreottiani di così!».
Non si può dire che l’idea del nemico da riportare all’ordine sia estranea alla fase politica attuale.
«L’ordine attuale è una somma di compromessi quotidiani. L’ordine duro e puro è quello invocato per porre fine al “biennio rosso” in Italia, o al caos tinto di socialismo della Germania di Weimar. Sappiamo dove ha portato. Oggi, in Italia, il pericolo mi pare che possa derivare dal difetto d’opposizione politica efficace in Parlamento e dalla supplenza da parte d’una opposizione di piazza. Qui, vedrei il rischio della radicalizzazione. La manifestazione di Roma aveva un evidente significato ultrasindacale. Farsene troppo facilmente una ragione può essere irresponsabile».
Quando coniò la formula «democrazia dell’applauso» per Craxi, Bobbio si beccò l’insulto «intellettuale dei miei stivali». A voialtri è toccato «professoroni e parrucconi».
«È già una bella soddisfazione avere a che fare con parrucche e non con stivali. Cambiamo le parole, ma siamo sempre lì. Ci sono “no” che sono degni quanto i “sì”. Ha presente Bartleby, lo scrivano di Melville?».
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Re: COME VA IL PD
http://www.youtube.com/watch?v=6TrcLBY6 ... XGk49i8Qk8
Crimi (M5S): "A colpi di decreti e fiducie, il governo cancella il Parlamento!"
Ciao
Paolo11
Crimi (M5S): "A colpi di decreti e fiducie, il governo cancella il Parlamento!"
Ciao
Paolo11
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Re: COME VA IL PD
Credo che in caso di scissione nel PD i scissionisti avrebbero scarse probabilità di essere rieletti, per cui se prevale
la carega sarà difficile che la scissione avvenga .
la carega sarà difficile che la scissione avvenga .
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Re: COME VA IL PD
Renzi e Berlusconi, le origini. Lo zio: “Mike era un amico. Gli portai io Matteo”
Politica & Palazzo
Intervistato da Davide Vecchi per il libro 'L'Intoccabile', Nicola Bovoli racconta: "Frequentavo il Cavaliere e Dell'Utri. Ed ero amico di Mike Bongiorno: lavoravo per lui, gli portai mio nipote e lui lo prese alla 'Ruota della Fortuna'". Dove vinse 48 milioni di lire
di Davide Vecchi | 6 novembre 2014 COMMENTI
“Matteo ha ripreso da me? Mi ha vietato di dirlo. In realtà, pochi sanno che siamo parenti, tant’è che quando capita che qualcuno mi chieda – racconta Nicola Bovoli, fratello della madre del premier – se sono suo zio, rispondo di no: è Renzi che è mio nipote”.
Infatti alla Ruota della Fortuna lo portò lei.
Io lavoravo con Mike dal 1987. Nel 1994, quando Matteo partecipò alla trasmissione, eravamo amici. Mike un giorno mi confessò di essere in tensione: non riusciva a trovare un concorrente che spiccasse, così gli proposi Matteo, sostenendo che era un ragazzo vispo. Mike mi disse di fargli fare la selezione e lo prese subito; sì, lo segnalai io.
Non solo Mike. Con Mediaset ha lavorato: inventò il Quizzy.
Avevamo un contratto in esclusiva per cinque anni da 200-300 milioni di lire alla settimana, poi quando B. ha lasciato l’azienda per entrare in politica abbiamo lasciato.
Ha conosciuto Berlusconi?
Certo. Dal punto di vista politico non condivido nulla, ma come imprenditore era un genio. È stato costretto a impegnarsi per salvarsi: lui non voleva fare politica. Lo chiamò Craxi per dirgli che era tutto finito, così B. è dovuto intervenire anche perché le sue aziende non andavano bene, poi ha risolto ed è andato avanti 20 anni difendendo i suoi interessi. Dovevo avere molti soldi, tutti i giochi di Mike li ho fatti io. Ma interruppero il contratto, mi crearono un danno: dovevo avere 6-7 miliardi di lire.
“Andai da Berlusconi per risolvere una questione tra società. Sì, ho anche conosciuto Dell’Utri. Ma quale mafioso? E’ un uomo di infinita cultura
Ne parlò con Berlusconi?
Ricordo che una volta andai ad Arcore. Era il 1993, mi pare. Avevo piazzato la tombola Bingo su Sorrisi e Canzoni, il periodico Mondadori, e il concorso era collegato alle trasmissioni di Mike, ok? In quel periodo sia il giornale sia le tv erano di B., ma le due società si misero a discutere su chi doveva pagare la mia. Consideri che con quel giochino portammo le vendite di Sorrisi al record di tre milioni di copie.
Lei andò ad Arcore.
Per sbloccare la situazione andai da B.ldi entrano dalla tasca destra o da quella sinistra cosa cambia?’. Fece due telefonate e la questione si sbloccò, purtroppo era già proiettato alla politica e Dell’Utri già stava facendo i circoli di Forza Italia.
Ha conosciuto anche Marcello Dell’Utri?
E non credo che abbia avuto rapporti con la mafia, è un uomo di infinita cultura, è impossibile: non può essere un mafioso.
Ora è in carcere con una condanna in via definitiva. Non la stupisce il legame profondo tra Berlusconi e Renzi?
Non lo giudico. Servono l’uno all’altro, ciascuno fa il proprio interesse.
Lei ha aiutato suo nipote?
Gli diedi una mano per diventare sindaco a Firenze, sì. Io e altri amici. Anche Dario Nardella fu d’aiuto.
È iscritto al Pd?
Ho preso la tessera solo per votarlo alle primarie contro Bersani.
Che poi perse.
Sì, ma seguì il mio consiglio.
Quale?
Gli dissi di riconoscere la sconfitta e lo fece, è stato forse il suo discorso più bello.
Vi sentite spesso?
Se ha bisogno mi chiama. Ora ha molto da fare e deve fare qualcosa.
Sta pensando alle elezioni anticipate?
Non può, prima deve realizzare qualcosa di concreto, tradurre in realtà le cose promesse. Ha detto tanto. Gli 80 euro, ad esempio, che caXXo vogliono dire? Solo se riesce a fare qualcosa può andare alle elezioni e lui lo sa.
L’ultimo nodo è l’articolo 18.
Che è morto, se un’azienda è in crisi va in crisi che ci sia o meno l’articolo 18.
email: d.vecchi@ilfattoquotidiano.it
Da Il Fatto Quotidiano del 5 novembre 2014
Politica & Palazzo
Intervistato da Davide Vecchi per il libro 'L'Intoccabile', Nicola Bovoli racconta: "Frequentavo il Cavaliere e Dell'Utri. Ed ero amico di Mike Bongiorno: lavoravo per lui, gli portai mio nipote e lui lo prese alla 'Ruota della Fortuna'". Dove vinse 48 milioni di lire
di Davide Vecchi | 6 novembre 2014 COMMENTI
“Matteo ha ripreso da me? Mi ha vietato di dirlo. In realtà, pochi sanno che siamo parenti, tant’è che quando capita che qualcuno mi chieda – racconta Nicola Bovoli, fratello della madre del premier – se sono suo zio, rispondo di no: è Renzi che è mio nipote”.
Infatti alla Ruota della Fortuna lo portò lei.
Io lavoravo con Mike dal 1987. Nel 1994, quando Matteo partecipò alla trasmissione, eravamo amici. Mike un giorno mi confessò di essere in tensione: non riusciva a trovare un concorrente che spiccasse, così gli proposi Matteo, sostenendo che era un ragazzo vispo. Mike mi disse di fargli fare la selezione e lo prese subito; sì, lo segnalai io.
Non solo Mike. Con Mediaset ha lavorato: inventò il Quizzy.
Avevamo un contratto in esclusiva per cinque anni da 200-300 milioni di lire alla settimana, poi quando B. ha lasciato l’azienda per entrare in politica abbiamo lasciato.
Ha conosciuto Berlusconi?
Certo. Dal punto di vista politico non condivido nulla, ma come imprenditore era un genio. È stato costretto a impegnarsi per salvarsi: lui non voleva fare politica. Lo chiamò Craxi per dirgli che era tutto finito, così B. è dovuto intervenire anche perché le sue aziende non andavano bene, poi ha risolto ed è andato avanti 20 anni difendendo i suoi interessi. Dovevo avere molti soldi, tutti i giochi di Mike li ho fatti io. Ma interruppero il contratto, mi crearono un danno: dovevo avere 6-7 miliardi di lire.
“Andai da Berlusconi per risolvere una questione tra società. Sì, ho anche conosciuto Dell’Utri. Ma quale mafioso? E’ un uomo di infinita cultura
Ne parlò con Berlusconi?
Ricordo che una volta andai ad Arcore. Era il 1993, mi pare. Avevo piazzato la tombola Bingo su Sorrisi e Canzoni, il periodico Mondadori, e il concorso era collegato alle trasmissioni di Mike, ok? In quel periodo sia il giornale sia le tv erano di B., ma le due società si misero a discutere su chi doveva pagare la mia. Consideri che con quel giochino portammo le vendite di Sorrisi al record di tre milioni di copie.
Lei andò ad Arcore.
Per sbloccare la situazione andai da B.ldi entrano dalla tasca destra o da quella sinistra cosa cambia?’. Fece due telefonate e la questione si sbloccò, purtroppo era già proiettato alla politica e Dell’Utri già stava facendo i circoli di Forza Italia.
Ha conosciuto anche Marcello Dell’Utri?
E non credo che abbia avuto rapporti con la mafia, è un uomo di infinita cultura, è impossibile: non può essere un mafioso.
Ora è in carcere con una condanna in via definitiva. Non la stupisce il legame profondo tra Berlusconi e Renzi?
Non lo giudico. Servono l’uno all’altro, ciascuno fa il proprio interesse.
Lei ha aiutato suo nipote?
Gli diedi una mano per diventare sindaco a Firenze, sì. Io e altri amici. Anche Dario Nardella fu d’aiuto.
È iscritto al Pd?
Ho preso la tessera solo per votarlo alle primarie contro Bersani.
Che poi perse.
Sì, ma seguì il mio consiglio.
Quale?
Gli dissi di riconoscere la sconfitta e lo fece, è stato forse il suo discorso più bello.
Vi sentite spesso?
Se ha bisogno mi chiama. Ora ha molto da fare e deve fare qualcosa.
Sta pensando alle elezioni anticipate?
Non può, prima deve realizzare qualcosa di concreto, tradurre in realtà le cose promesse. Ha detto tanto. Gli 80 euro, ad esempio, che caXXo vogliono dire? Solo se riesce a fare qualcosa può andare alle elezioni e lui lo sa.
L’ultimo nodo è l’articolo 18.
Che è morto, se un’azienda è in crisi va in crisi che ci sia o meno l’articolo 18.
email: d.vecchi@ilfattoquotidiano.it
Da Il Fatto Quotidiano del 5 novembre 2014
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