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Ma che bella notizia. Ne avevamo proprio bisogno................
Cooperante in Cile. “A 30 anni sono il più vecchio della ong. Qui vogliono i giovani”
Matteo Bianco, dopo la laurea a Torino e porte chiuse in Italia nel terzo settore, si è trasferito a Santiago. "Se escludiamo i quattro direttori generali sono il più anziano", dice. Gli mancano gli affetti di casa ma la delusione per i troppi 'no' prevale. Al momento
di Chiara Carbone | 29 settembre 2014Commenti (50)
Di lavori in Italia ne ha fatti tanti, ma per riuscire a realizzare il sogno di lavorare nella cooperazione ha dovuto cambiare continente. Matteo Bianco ha 30 anni, è nato e si è laureato a Torino ma da quattro mesi si è trasferito a Santiago del Cile per lavorare per una ong. “Ho frequentato la facoltà di giurisprudenza – racconta – interrompendola al secondo anno perché non mi vedevo come avvocato. Ho deciso allora di iniziare a lavorare per mantenermi e provare a farmi strada così, senza avere un titolo. Ho fatto un po’ di tutto, dal muratore all’elettricista, poi il rappresentante per un’industria tedesca che vendeva acciaio e infine il barista”. Però il suo sogno era ancora lontano: “Ho deciso di ricominciare a studiare mentre lavoravo al bar. Mi sono riscritto a giurisprudenza, con indirizzo diritto internazionale. E’ stata molto dura, andavo a lezione la mattina, poi staccavo per il pranzo e tornavo il pomeriggio a lezione, di nuovo a lavorare per la cena e andavo a dormire all’una. Poi si ricominciava”.
Pubblicità
Dopo la laurea cerca un lavoro nel terzo settore, ma senza avere risultati: “Ho inviato tantissimi curricula, cercando lavoro sotto forma di stage, ma mi sono sempre sentito rispondere che non c’era nessuna possibilità. Mi sono offerto anche a titolo gratuito pur di poter fare esperienza, ma niente”. Così arriva la decisione di partire, spinto anche da un amico architetto che aveva studiato in Cile e che era deciso a trasferirsi lì perché anche lui in Italia era disoccupato. “Io non sapevo lo spagnolo, non sapevo nulla di questo Paese – confessa Matteo – ma dopo essermi fatto aiutare a scrivere il cv, in un mese ho fatto tre colloqui. E ho trovato uno stage pagato, con possibilità di inserimento futuro in una ong, America Solidaria, che opera in America del Sud e del Nord per il superamento della povertà attraverso progetti nello sviluppo, nell’educazione e nella sanità”. Finalmente il suo sogno sembra così prendere forma: “Io lavoro nell’area ‘alianzas’, che si occupa di ricercare partnership, ma a marzo mi piacerebbe partire per un anno e andare ad Haiti per un progetto sul campo”.
Il Cile lo ha accolto a braccia aperte e Matteo ha imparato ad apprezzare la dinamicità di questo Paese in espansione: “Sono felice, sento che qui i giovani sono valorizzati: per esempio nella mia fondazione, che sviluppa grandi progetti. Io che ho 30 anni sono il più ‘vecchio’, esclusi i quattro direttori generali. E, in generale, preferiscono proprio assumere i giovani. E ora che una ragazza lascerà il posto di lavoro, per il suo sostituto si cerca qualcuno che non abbia più di 25 anni”. Del Cile Matteo elenca quelli che a suo avviso sono pregi e difetti: “Il Paese è in sviluppo, il costo della vita per adesso non è alto e c’è una bassa pressione fiscale. Però vedo un forte consumismo, oltre che un grande inquinamento. In più istruzione e sanità sono quasi solo private”. Dell’Italia, però, gli mancano gli affetti. “Mia madre, a cui devo tutto e che ho sempre nel cuore. E i miei amici”, spiega. Ma per il momento la delusione per i tanti rifiuti ricevuti in patria è troppo forte: “Uno che deve fare a un certo punto? Prende i suoi sogni, le sue speranze, le mette in una valigia e cerca fortuna da un’altra parte, sperando di poter tornare un giorno. Come dicono qui, ‘ojalà’, speriamo”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... i/1132805/
Cooperante in Cile. “A 30 anni sono il più vecchio della ong. Qui vogliono i giovani”
Matteo Bianco, dopo la laurea a Torino e porte chiuse in Italia nel terzo settore, si è trasferito a Santiago. "Se escludiamo i quattro direttori generali sono il più anziano", dice. Gli mancano gli affetti di casa ma la delusione per i troppi 'no' prevale. Al momento
di Chiara Carbone | 29 settembre 2014Commenti (50)
Di lavori in Italia ne ha fatti tanti, ma per riuscire a realizzare il sogno di lavorare nella cooperazione ha dovuto cambiare continente. Matteo Bianco ha 30 anni, è nato e si è laureato a Torino ma da quattro mesi si è trasferito a Santiago del Cile per lavorare per una ong. “Ho frequentato la facoltà di giurisprudenza – racconta – interrompendola al secondo anno perché non mi vedevo come avvocato. Ho deciso allora di iniziare a lavorare per mantenermi e provare a farmi strada così, senza avere un titolo. Ho fatto un po’ di tutto, dal muratore all’elettricista, poi il rappresentante per un’industria tedesca che vendeva acciaio e infine il barista”. Però il suo sogno era ancora lontano: “Ho deciso di ricominciare a studiare mentre lavoravo al bar. Mi sono riscritto a giurisprudenza, con indirizzo diritto internazionale. E’ stata molto dura, andavo a lezione la mattina, poi staccavo per il pranzo e tornavo il pomeriggio a lezione, di nuovo a lavorare per la cena e andavo a dormire all’una. Poi si ricominciava”.
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Dopo la laurea cerca un lavoro nel terzo settore, ma senza avere risultati: “Ho inviato tantissimi curricula, cercando lavoro sotto forma di stage, ma mi sono sempre sentito rispondere che non c’era nessuna possibilità. Mi sono offerto anche a titolo gratuito pur di poter fare esperienza, ma niente”. Così arriva la decisione di partire, spinto anche da un amico architetto che aveva studiato in Cile e che era deciso a trasferirsi lì perché anche lui in Italia era disoccupato. “Io non sapevo lo spagnolo, non sapevo nulla di questo Paese – confessa Matteo – ma dopo essermi fatto aiutare a scrivere il cv, in un mese ho fatto tre colloqui. E ho trovato uno stage pagato, con possibilità di inserimento futuro in una ong, America Solidaria, che opera in America del Sud e del Nord per il superamento della povertà attraverso progetti nello sviluppo, nell’educazione e nella sanità”. Finalmente il suo sogno sembra così prendere forma: “Io lavoro nell’area ‘alianzas’, che si occupa di ricercare partnership, ma a marzo mi piacerebbe partire per un anno e andare ad Haiti per un progetto sul campo”.
Il Cile lo ha accolto a braccia aperte e Matteo ha imparato ad apprezzare la dinamicità di questo Paese in espansione: “Sono felice, sento che qui i giovani sono valorizzati: per esempio nella mia fondazione, che sviluppa grandi progetti. Io che ho 30 anni sono il più ‘vecchio’, esclusi i quattro direttori generali. E, in generale, preferiscono proprio assumere i giovani. E ora che una ragazza lascerà il posto di lavoro, per il suo sostituto si cerca qualcuno che non abbia più di 25 anni”. Del Cile Matteo elenca quelli che a suo avviso sono pregi e difetti: “Il Paese è in sviluppo, il costo della vita per adesso non è alto e c’è una bassa pressione fiscale. Però vedo un forte consumismo, oltre che un grande inquinamento. In più istruzione e sanità sono quasi solo private”. Dell’Italia, però, gli mancano gli affetti. “Mia madre, a cui devo tutto e che ho sempre nel cuore. E i miei amici”, spiega. Ma per il momento la delusione per i tanti rifiuti ricevuti in patria è troppo forte: “Uno che deve fare a un certo punto? Prende i suoi sogni, le sue speranze, le mette in una valigia e cerca fortuna da un’altra parte, sperando di poter tornare un giorno. Come dicono qui, ‘ojalà’, speriamo”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09 ... i/1132805/
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Re: World News
Corriere 3.10.14
I lavoratori si svegliano anche in Asia
«L’idea che la sicurezza sul lavoro sia un diritto umano fondamentale si sta facendo strada anche in Asia meridionale», scrive sul quotidiano pachistano Dawn l’esperta Zeenat Hisam . Si tratta di Paesi «gravati da un concetto del destino che porta la gente a pensare che, se il tetto ti cade addosso, era scritto che tu morissi così». Ma oggi i lavoratori del Bangladesh sono un modello per i vicini: dopo 2.000 morti, dal 2005 al 2013, nelle fabbriche di abiti, chiedono tutele. Un accordo del 2013 tra sindacati e multinazionali sta offrendo più controlli. Ma lo Stato (gli Stati) dovrebbero fare di più.
I lavoratori si svegliano anche in Asia
«L’idea che la sicurezza sul lavoro sia un diritto umano fondamentale si sta facendo strada anche in Asia meridionale», scrive sul quotidiano pachistano Dawn l’esperta Zeenat Hisam . Si tratta di Paesi «gravati da un concetto del destino che porta la gente a pensare che, se il tetto ti cade addosso, era scritto che tu morissi così». Ma oggi i lavoratori del Bangladesh sono un modello per i vicini: dopo 2.000 morti, dal 2005 al 2013, nelle fabbriche di abiti, chiedono tutele. Un accordo del 2013 tra sindacati e multinazionali sta offrendo più controlli. Ma lo Stato (gli Stati) dovrebbero fare di più.
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Re: World News
IL GIORNO DELLA BESTIA
Messico, i 43 studenti desaparecidos “uccisi e bruciati vivi dai narcos”
Erano scomparsi nello stato di Guerrero il 26 settembre. Tre narcotrafficanti hanno confessato la strage. I resti, irriconoscibili, saranno inviati in un laboratorio specializzato in Austria per consentire l'identificazione
di F. Q. | 8 novembre 2014 COMMENTI
Uccisi e bruciati dai narcos mentre erano ancora in vita e poi gettati in una discarica. Ma il loro riconoscimento sarà complicato, perché i sicari ne hanno spezzettato le ossa, per fare sparire ogni traccia della strage. Sono queste le conclusioni delle indagini della procura di Iguala, nello stato di Guerrero (sud del Messico), sul caso dei 43 studenti “desaparecidos” scomparsi lo scorso 26 settembre.
“Sono conscio dell’enorme dolore che produce questa notizia”, ha detto il procuratore federale Jesus Murillo Karam in conferenza stampa a Chilpancingo, capitale di Guerrero. Cruciale nella risoluzione del caso le rivelazioni di tre uomini arrestati dalla gendarmeria e appartenenti alla gang Guerreros Unidos. I trafficanti hanno confessato di aver ucciso gli studenti, attaccati e poi detenuti dalla polizia municipale di Iguala su ordine del sindaco della cittadina, José Luis Abarca, considerato il mandante della strage insieme alla moglie, Angeles Pineda Villa, e al suo responsabile della sicurezza pubblica, tuttora latitante. Il primo cittadino e la sua compagna sono stati arrestati a Città del Messico, dove si erano nascosti, mentre rimane ancora latitante il capo della polizia della cittadina.
Murillo ha spiegato che i tre sicari – Patricio Retes, detto El Pato; Juan Osorio, detto El Jona e Agustin Garcia Reyes, detto El Chereje – hanno raccontato di aver preso in consegna gli studenti e averli portati in una discarica nella vicina località di Cocula. Circa 15 studenti sarebbero morti per asfissia prima di arrivare a destinazione, dove i narcos “hanno chiesto lor a che gruppo (criminale) appartenessero”. Ma loro, ha proseguito Karam, “dicevano che non appartenevano a nessuna banda”. Da Iguala, infatti, avevano informato che nel gruppo si erano infiltrati uomini di Los Rojos, una banda rivale.
All’arrivo alla discarica, 15 studenti erano già morti soffocati nel camion e gli altri sono stati uccisi a colpi di pistola. Poi i corpi sono stati ricoperti di carburante e dati alle fiamme insieme a copertoni ed altri rifiuti. Il fuoco ha bruciato per 14 ore, poi i resti sono stati rinchiusi in sacchi di plastica e gettati in un fiume. Per questo, ha avvisato Murillo, sarà “molto difficile estrarre il Dna dai resti per permettere l’identificazione”. Ciò che è rimasto dei corpi sarà quindi inviato in un laboratorio specializzato in Austria.
I genitori delle vittime, però, non si arrendono e chiedono giustizia. “Finché non avremo i risultati del test del Dna, per noi i nostri figli sono vivi”, ha dichiarato Felipe de la Cruz, padre di uno dei rapiti che è il portavoce degli altri familiari, aggiungendo che “oggi stanno cercando di chiudere il caso in questo modo, un nuovo tentativo di aumentare la tortura compiuta dal governo federale ai nostri danni”. Dello stesso tono le dichiarazioni degli altri genitori che hanno chiesto che vengano presentate “prove incontrovertibili” della loro morte.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... s/1199695/
Messico, i 43 studenti desaparecidos “uccisi e bruciati vivi dai narcos”
Erano scomparsi nello stato di Guerrero il 26 settembre. Tre narcotrafficanti hanno confessato la strage. I resti, irriconoscibili, saranno inviati in un laboratorio specializzato in Austria per consentire l'identificazione
di F. Q. | 8 novembre 2014 COMMENTI
Uccisi e bruciati dai narcos mentre erano ancora in vita e poi gettati in una discarica. Ma il loro riconoscimento sarà complicato, perché i sicari ne hanno spezzettato le ossa, per fare sparire ogni traccia della strage. Sono queste le conclusioni delle indagini della procura di Iguala, nello stato di Guerrero (sud del Messico), sul caso dei 43 studenti “desaparecidos” scomparsi lo scorso 26 settembre.
“Sono conscio dell’enorme dolore che produce questa notizia”, ha detto il procuratore federale Jesus Murillo Karam in conferenza stampa a Chilpancingo, capitale di Guerrero. Cruciale nella risoluzione del caso le rivelazioni di tre uomini arrestati dalla gendarmeria e appartenenti alla gang Guerreros Unidos. I trafficanti hanno confessato di aver ucciso gli studenti, attaccati e poi detenuti dalla polizia municipale di Iguala su ordine del sindaco della cittadina, José Luis Abarca, considerato il mandante della strage insieme alla moglie, Angeles Pineda Villa, e al suo responsabile della sicurezza pubblica, tuttora latitante. Il primo cittadino e la sua compagna sono stati arrestati a Città del Messico, dove si erano nascosti, mentre rimane ancora latitante il capo della polizia della cittadina.
Murillo ha spiegato che i tre sicari – Patricio Retes, detto El Pato; Juan Osorio, detto El Jona e Agustin Garcia Reyes, detto El Chereje – hanno raccontato di aver preso in consegna gli studenti e averli portati in una discarica nella vicina località di Cocula. Circa 15 studenti sarebbero morti per asfissia prima di arrivare a destinazione, dove i narcos “hanno chiesto lor a che gruppo (criminale) appartenessero”. Ma loro, ha proseguito Karam, “dicevano che non appartenevano a nessuna banda”. Da Iguala, infatti, avevano informato che nel gruppo si erano infiltrati uomini di Los Rojos, una banda rivale.
All’arrivo alla discarica, 15 studenti erano già morti soffocati nel camion e gli altri sono stati uccisi a colpi di pistola. Poi i corpi sono stati ricoperti di carburante e dati alle fiamme insieme a copertoni ed altri rifiuti. Il fuoco ha bruciato per 14 ore, poi i resti sono stati rinchiusi in sacchi di plastica e gettati in un fiume. Per questo, ha avvisato Murillo, sarà “molto difficile estrarre il Dna dai resti per permettere l’identificazione”. Ciò che è rimasto dei corpi sarà quindi inviato in un laboratorio specializzato in Austria.
I genitori delle vittime, però, non si arrendono e chiedono giustizia. “Finché non avremo i risultati del test del Dna, per noi i nostri figli sono vivi”, ha dichiarato Felipe de la Cruz, padre di uno dei rapiti che è il portavoce degli altri familiari, aggiungendo che “oggi stanno cercando di chiudere il caso in questo modo, un nuovo tentativo di aumentare la tortura compiuta dal governo federale ai nostri danni”. Dello stesso tono le dichiarazioni degli altri genitori che hanno chiesto che vengano presentate “prove incontrovertibili” della loro morte.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... s/1199695/
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Re: World News
DEVO AVER SBAGLIATO PIANETA - 1
Pazzi invasati. E' sufficiente per definire questo tipo di esseri umani?
Afghanistan, kamikaze si fa esplodere a partita di volley: “45 morti e 56 feriti”
Mondo
L’attentato è avvenuto nel distretto di Yahyakhail durante una competizione tra distretti cui era presente una folla numerosa. Questa mattina il Parlamento afghano ha ratificato l’accordo che consentirà alla Nato e agli Stati Uniti di mantenere militari in Afghanistan oltre la fine dell’anno
di F. Q. | 23 novembre 2014 COMMENTI
Nuova strage di innocenti in Afghanistan. Un kamikaze si è fatto esplodere mentre era in corso una partita di pallavolo nel distretto di Yahyakhail, nell’est del Paese. Il bilancio è di 45 morti e 56 feriti, fra cui giovani, anziani ed anche bambini. Lo riferiscono le tv locali. L’attentato è avvenuto nel distretto di Yahyakhail. Mokhis Afghan, portavoce del governatore della provincia di Paktika, al confine con il Pakistan, ha affermato che l’attacco è avvenuto durante una competizione tra distretti e che era presente una folla numerosa. L’attentatore era a piedi, tra la gente. Questa mattina il Parlamento afghano ha ratificato l’accordo che consentirà alla Nato e agli Stati Uniti di mantenere militari in Afghanistan oltre la fine dell’anno.
Il presidente Ashraf Ghani ha duramente condannato l’attentato, offrendo le sue condoglianze alle famiglie delle vittime. In un comunicato, il Palazzo presidenziale ha confermato che molte delle persone decedute sono giovani di tre distretti della provincia di Paktika (Yahaykhel, Khairkot e Yusof Khail) che partecipavano al torneo di pallavolo. Intanto il primo vice presidente ed ex Signore della Guerra, generale Abdul Rashid Dostum, ha sottolineato in un tweet che “il barbaro attacco a civili di Paktika non è accettabile, è un massacro ed i terroristi sono responsabili di queste morti”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... i/1229359/
Pazzi invasati. E' sufficiente per definire questo tipo di esseri umani?
Afghanistan, kamikaze si fa esplodere a partita di volley: “45 morti e 56 feriti”
Mondo
L’attentato è avvenuto nel distretto di Yahyakhail durante una competizione tra distretti cui era presente una folla numerosa. Questa mattina il Parlamento afghano ha ratificato l’accordo che consentirà alla Nato e agli Stati Uniti di mantenere militari in Afghanistan oltre la fine dell’anno
di F. Q. | 23 novembre 2014 COMMENTI
Nuova strage di innocenti in Afghanistan. Un kamikaze si è fatto esplodere mentre era in corso una partita di pallavolo nel distretto di Yahyakhail, nell’est del Paese. Il bilancio è di 45 morti e 56 feriti, fra cui giovani, anziani ed anche bambini. Lo riferiscono le tv locali. L’attentato è avvenuto nel distretto di Yahyakhail. Mokhis Afghan, portavoce del governatore della provincia di Paktika, al confine con il Pakistan, ha affermato che l’attacco è avvenuto durante una competizione tra distretti e che era presente una folla numerosa. L’attentatore era a piedi, tra la gente. Questa mattina il Parlamento afghano ha ratificato l’accordo che consentirà alla Nato e agli Stati Uniti di mantenere militari in Afghanistan oltre la fine dell’anno.
Il presidente Ashraf Ghani ha duramente condannato l’attentato, offrendo le sue condoglianze alle famiglie delle vittime. In un comunicato, il Palazzo presidenziale ha confermato che molte delle persone decedute sono giovani di tre distretti della provincia di Paktika (Yahaykhel, Khairkot e Yusof Khail) che partecipavano al torneo di pallavolo. Intanto il primo vice presidente ed ex Signore della Guerra, generale Abdul Rashid Dostum, ha sottolineato in un tweet che “il barbaro attacco a civili di Paktika non è accettabile, è un massacro ed i terroristi sono responsabili di queste morti”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... i/1229359/
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Re: World News
DEVO AVER SBAGLIATO PIANETA - 2
Pedofili a Westminster “Così agivano gli orchi protetti dai servizi segreti”
(ENRICO FRANCESCHINI).
24/11/2014 di triskel182
Abusi e violenze negli anni ’80, le nuove rivelazioni “L’Intelligence insabbiò la verità sui politici coinvolti”.
LONDRA - IN AUTUNNO inoltrato la sera scende precoce a queste latitudini, avvolgendo le rive del Tamigi in una fitta oscurità già alle quattro del pomeriggio. Sulla città cala un’atmosfera tenebrosa, da romanzo gotico, clima con cui del resto l’Inghilterra ha dimestichezza: da Jack lo Squartatore al dottor Jekyll e mister Hyde, l’ horror story sembra scritta nel suo dna. Ma forse gli inglesi non avevano mai sentito, neanche nei romanzi di Robert Louis Stevenson, una storia spaventosa come quella raccontata negli ultimi giorni dalla stampa locale. Una rete di pedofili a cui appartenevano deputati, ministri, generali delle forze armate e potenti uomini d’affari avrebbe stuprato per anni decine di ragazzini in una lussuosa magione vicino al parlamento di Westminster, uccidendo poi, a seconda delle versioni, una, tre o addirittura diciassette delle giovani vittime, verosimilmente per chiuderne per sempre la bocca. «È solo la punta dell’iceberg », ammette il ministro degli Interni Theresa May. E adesso sul banco degli imputati salgono perfino i servizi segreti britannici, accusati di avere dapprima messo a tacere i giornali che volevano indagare sulla torbida vicenda, quindi di avere fatto scomparire ogni prova dai propri archivi.
I fatti risalgono agli anni ‘80: ci sono dunque voluti tre decenni per farli emergere, ritardo che induce a credere a una qualche forma di occultamento. C’è più di un sospetto che gli orchi di Londra godessero di protezioni al massimo livello. Nel fine settimana due stimati giornalisti si sono fatti avanti sostenendo di avere ricevuto un monito da Mi6 e Mi5, lo spionaggio e il controspionaggio di Sua Maestà, che pubblicare notizie sul presunto “Westminster pedophile ring”, la banda dei pedofili di Westminster — così la definisce ora la stampa inglese — avrebbe costituito un danno alla sicurezza nazionale.
Avvertimenti di questo genere vengono emessi dall’intelligence britannica in rarissime occasioni: da mezza dozzina a una dozzina di ingiunzioni all’anno. In gergo si chiamano “D notices”. Trent’anni or sono, quando era direttore del Bury Messenger, un apprezzato giornale locale, Don Hale ricevette una soffiata da una ex ministro laburista, Barbara Castle, secondo cui a Elm Guest House, un edificio vicino al parlamento di Westminster dove molti deputati avevano un appartamento, si svolgevano festini di pedofili vip in cui erano coinvolti dei giovani fatti arrivare da un orfanatrofio della capitale.
Il direttore si ritrovò fra le mani un faldone di accuse. Voleva farci un grosso articolo di denuncia. Ma il giorno seguente gli piombarono in redazione quindici agenti in borghese e due in uniforme, recapitandogli per l’appunto una “D notice”, l’avvertimento che mettere in pagina il pezzo equivaleva a mettere a rischio o tradire la patria. Così non ne fece niente. Hilton Times, direttore di un altro piccolo giornale, il Sussex Comet, racconta di avere ricevuto una minaccia analoga: voleva mandare un cronista a indagare sulle presunte orge di deputati a Elm Guest House, ma ricevette un monito dai servizi segreti, gli fu detto di lasciar perdere e obbedì.
Erano altri tempi: pre-Wikileaks, pre-Datagate (sebbene post-Watergate). E chissà se avvertimenti simili arrivarono anche a giornali londinesi ben più importanti delle due gazzette di provincia. Ma adesso che tutta la stampa nazionale si è buttata a capofitto nella storia della “banda dei pedofili di Westminster”, quei moniti, incredibilmente, non si trovano più. Negli archivi dei servizi segreti, riportava ieri l’ Observer, le “D notices” del 1984 sono scomparse o perlomeno risultano incomplete. «La corrispondenza di routine viene distrutta, se non appare significativa dal punto di vista storico», ha spiegato al giornale domenicale un portavoce dell’intelligence. «Distrutta?», si indigna Simon Danczuk, deputato del Labour. «E perché mai? I nostri servizi segreti emettono un pugno di moniti di questo genere ogni anno. Da dove viene l’urgente necessità di distruggerli? Queste sono serie domande che richiedono una risposta urgente».
Un altro deputato laburista, Tom Watson, ha chiesto al primo ministro David Cameron di formare una task-force per condurre un’inchiesta a tutto campo su pedofilia e insabbiamenti. Già, perché non sarebbe il primo caso di prove occultate: in luglio è saltato fuori che un dossier su 114 casi di abusi sessuali collegati a parlamentari, anche quello risalente agli anni ‘80, è misteriosamente sparito dagli archivi di Scotland Yard.
L’epoca è la stessa del vaso di pandora di nefandezze emerso tra presentatori, attori e dj della Bbc , che ha recentemente portato a processi, condanne e profondo sdegno da parte dell’opinione pubblica britannica: volti che entravano benigni nelle case di tutti, attraverso la televisione, si sono rivelati nel privato dei mostri maligni, che abusavano di bambini, ragazze, disabili negli ospedali, orfanelli e in almeno un caso di macabra perversione, quello del dj Jimmy Savile, addirittura di cadaveri all’obitorio. Dentro alla Bbc , sia pure con grave ritardo, è stata fatta giustizia. Si vedrà se è possibile farla anche dentro al mondo della politica.
Così come è legittimo domandarsi quali siano le cause di questo male ignobile, cosi diffuso, almeno in passato, nella società britannica: frustrazioni sessuali conseguenza del puritanesimo vittoriano? Le boarding school, le scuole private maschili, dove gli alunni vivono a stretto contatto con gli insegnanti, in cui fino a non molto tempo venivano impartite punizioni corporali (frustrate sul sedere con rami di betulla, a calzoni abbassati: succedeva a Eton) davanti a tutta la classe? Le ombre tenebrose che si allungano sul Tamigi, di fronte alle guglie del palazzo di Westminster, non sono soltanto quelle della sera che scende precoce sulla Londra autunnale.
Da La Repubblica del 24/11/2014.
Pedofili a Westminster “Così agivano gli orchi protetti dai servizi segreti”
(ENRICO FRANCESCHINI).
24/11/2014 di triskel182
Abusi e violenze negli anni ’80, le nuove rivelazioni “L’Intelligence insabbiò la verità sui politici coinvolti”.
LONDRA - IN AUTUNNO inoltrato la sera scende precoce a queste latitudini, avvolgendo le rive del Tamigi in una fitta oscurità già alle quattro del pomeriggio. Sulla città cala un’atmosfera tenebrosa, da romanzo gotico, clima con cui del resto l’Inghilterra ha dimestichezza: da Jack lo Squartatore al dottor Jekyll e mister Hyde, l’ horror story sembra scritta nel suo dna. Ma forse gli inglesi non avevano mai sentito, neanche nei romanzi di Robert Louis Stevenson, una storia spaventosa come quella raccontata negli ultimi giorni dalla stampa locale. Una rete di pedofili a cui appartenevano deputati, ministri, generali delle forze armate e potenti uomini d’affari avrebbe stuprato per anni decine di ragazzini in una lussuosa magione vicino al parlamento di Westminster, uccidendo poi, a seconda delle versioni, una, tre o addirittura diciassette delle giovani vittime, verosimilmente per chiuderne per sempre la bocca. «È solo la punta dell’iceberg », ammette il ministro degli Interni Theresa May. E adesso sul banco degli imputati salgono perfino i servizi segreti britannici, accusati di avere dapprima messo a tacere i giornali che volevano indagare sulla torbida vicenda, quindi di avere fatto scomparire ogni prova dai propri archivi.
I fatti risalgono agli anni ‘80: ci sono dunque voluti tre decenni per farli emergere, ritardo che induce a credere a una qualche forma di occultamento. C’è più di un sospetto che gli orchi di Londra godessero di protezioni al massimo livello. Nel fine settimana due stimati giornalisti si sono fatti avanti sostenendo di avere ricevuto un monito da Mi6 e Mi5, lo spionaggio e il controspionaggio di Sua Maestà, che pubblicare notizie sul presunto “Westminster pedophile ring”, la banda dei pedofili di Westminster — così la definisce ora la stampa inglese — avrebbe costituito un danno alla sicurezza nazionale.
Avvertimenti di questo genere vengono emessi dall’intelligence britannica in rarissime occasioni: da mezza dozzina a una dozzina di ingiunzioni all’anno. In gergo si chiamano “D notices”. Trent’anni or sono, quando era direttore del Bury Messenger, un apprezzato giornale locale, Don Hale ricevette una soffiata da una ex ministro laburista, Barbara Castle, secondo cui a Elm Guest House, un edificio vicino al parlamento di Westminster dove molti deputati avevano un appartamento, si svolgevano festini di pedofili vip in cui erano coinvolti dei giovani fatti arrivare da un orfanatrofio della capitale.
Il direttore si ritrovò fra le mani un faldone di accuse. Voleva farci un grosso articolo di denuncia. Ma il giorno seguente gli piombarono in redazione quindici agenti in borghese e due in uniforme, recapitandogli per l’appunto una “D notice”, l’avvertimento che mettere in pagina il pezzo equivaleva a mettere a rischio o tradire la patria. Così non ne fece niente. Hilton Times, direttore di un altro piccolo giornale, il Sussex Comet, racconta di avere ricevuto una minaccia analoga: voleva mandare un cronista a indagare sulle presunte orge di deputati a Elm Guest House, ma ricevette un monito dai servizi segreti, gli fu detto di lasciar perdere e obbedì.
Erano altri tempi: pre-Wikileaks, pre-Datagate (sebbene post-Watergate). E chissà se avvertimenti simili arrivarono anche a giornali londinesi ben più importanti delle due gazzette di provincia. Ma adesso che tutta la stampa nazionale si è buttata a capofitto nella storia della “banda dei pedofili di Westminster”, quei moniti, incredibilmente, non si trovano più. Negli archivi dei servizi segreti, riportava ieri l’ Observer, le “D notices” del 1984 sono scomparse o perlomeno risultano incomplete. «La corrispondenza di routine viene distrutta, se non appare significativa dal punto di vista storico», ha spiegato al giornale domenicale un portavoce dell’intelligence. «Distrutta?», si indigna Simon Danczuk, deputato del Labour. «E perché mai? I nostri servizi segreti emettono un pugno di moniti di questo genere ogni anno. Da dove viene l’urgente necessità di distruggerli? Queste sono serie domande che richiedono una risposta urgente».
Un altro deputato laburista, Tom Watson, ha chiesto al primo ministro David Cameron di formare una task-force per condurre un’inchiesta a tutto campo su pedofilia e insabbiamenti. Già, perché non sarebbe il primo caso di prove occultate: in luglio è saltato fuori che un dossier su 114 casi di abusi sessuali collegati a parlamentari, anche quello risalente agli anni ‘80, è misteriosamente sparito dagli archivi di Scotland Yard.
L’epoca è la stessa del vaso di pandora di nefandezze emerso tra presentatori, attori e dj della Bbc , che ha recentemente portato a processi, condanne e profondo sdegno da parte dell’opinione pubblica britannica: volti che entravano benigni nelle case di tutti, attraverso la televisione, si sono rivelati nel privato dei mostri maligni, che abusavano di bambini, ragazze, disabili negli ospedali, orfanelli e in almeno un caso di macabra perversione, quello del dj Jimmy Savile, addirittura di cadaveri all’obitorio. Dentro alla Bbc , sia pure con grave ritardo, è stata fatta giustizia. Si vedrà se è possibile farla anche dentro al mondo della politica.
Così come è legittimo domandarsi quali siano le cause di questo male ignobile, cosi diffuso, almeno in passato, nella società britannica: frustrazioni sessuali conseguenza del puritanesimo vittoriano? Le boarding school, le scuole private maschili, dove gli alunni vivono a stretto contatto con gli insegnanti, in cui fino a non molto tempo venivano impartite punizioni corporali (frustrate sul sedere con rami di betulla, a calzoni abbassati: succedeva a Eton) davanti a tutta la classe? Le ombre tenebrose che si allungano sul Tamigi, di fronte alle guglie del palazzo di Westminster, non sono soltanto quelle della sera che scende precoce sulla Londra autunnale.
Da La Repubblica del 24/11/2014.
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Re: World News
DEVO AVER SBAGLIATO PIANETA - 3
Studenti scomparsi in Messico, padre Solalinde al Fatto.it: ‘Bruciati nei forni’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/11/ ... to/315063/
Padre Alejandro Solalinde è il sacerdote messicano che nell’ottobre 2014 ha denunciato la responsabilità del governo e delle istituzioni nel caso dei 43 studenti scomparsi ad Ayotzinapa in Messico. Un’accusa basata su fonti riservate che nel corso delle settimane è diventata concreta con l’arresto del sindaco di Iguala colluso con il narcotraffico. Fino a quel momento, le autorità ufficiali messicane avevano minimizzato il caso riducendolo ad uno scontro tra gruppi criminali rivali. Oggi il sacerdote messicano, ospite della Carovana per i Migranti che ha fatto tappa a Lampedusa, ha lanciato una nuova accusa contro l’esercito: “Un’ipotesi possibile è che i corpi degli studenti di Ayotzinapa siano stati bruciati nei forni dell’esercito – spiega Solalinde – ci sono diverse prove a questo proposito tra cui la connessione tra la famiglia Abarca (n.d.a. il sindaco di Iguala è tutt’ora in carcere con l’accusa di aver ordinato il massacro insieme alla moglie) e le forze armate”. Nelle scorse settimane, si sono intensificate le minacce nei confronti del sacerdote, da anni impegnato nel campo della tutela dei migranti. L’ultima della lista è la falsa notizia della sua morte pubblicata in un tweet anonimo. Ma Solalinde insieme ai familiari degli studenti scomparsi continua a chiedere verità denunciando quello che sta accadendo nel paese: “Il Messico sta diventano una macchina perfetta per far sparire le persone. Negli ultimi anni sono oltre 140mila le persone scomparse senza contare gli oltre 10mila migranti morti nell’attraversare il deserto”
di Simone Bauducco
Studenti scomparsi in Messico, padre Solalinde al Fatto.it: ‘Bruciati nei forni’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/11/ ... to/315063/
Padre Alejandro Solalinde è il sacerdote messicano che nell’ottobre 2014 ha denunciato la responsabilità del governo e delle istituzioni nel caso dei 43 studenti scomparsi ad Ayotzinapa in Messico. Un’accusa basata su fonti riservate che nel corso delle settimane è diventata concreta con l’arresto del sindaco di Iguala colluso con il narcotraffico. Fino a quel momento, le autorità ufficiali messicane avevano minimizzato il caso riducendolo ad uno scontro tra gruppi criminali rivali. Oggi il sacerdote messicano, ospite della Carovana per i Migranti che ha fatto tappa a Lampedusa, ha lanciato una nuova accusa contro l’esercito: “Un’ipotesi possibile è che i corpi degli studenti di Ayotzinapa siano stati bruciati nei forni dell’esercito – spiega Solalinde – ci sono diverse prove a questo proposito tra cui la connessione tra la famiglia Abarca (n.d.a. il sindaco di Iguala è tutt’ora in carcere con l’accusa di aver ordinato il massacro insieme alla moglie) e le forze armate”. Nelle scorse settimane, si sono intensificate le minacce nei confronti del sacerdote, da anni impegnato nel campo della tutela dei migranti. L’ultima della lista è la falsa notizia della sua morte pubblicata in un tweet anonimo. Ma Solalinde insieme ai familiari degli studenti scomparsi continua a chiedere verità denunciando quello che sta accadendo nel paese: “Il Messico sta diventano una macchina perfetta per far sparire le persone. Negli ultimi anni sono oltre 140mila le persone scomparse senza contare gli oltre 10mila migranti morti nell’attraversare il deserto”
di Simone Bauducco
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Re: World News
https://www.youtube.com/watch?v=FmlMoS3 ... ploademail
Nicola Morra dà voce alla disperazione di un cittadino calabrese
Ciao
Paolo11
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Re: World News
Ma 'ndo caxxo sò capitato?
E' pur vero che percorrendo il secondo novecento ne ho viste di cotte e di crude, ma la violenza contro chi non c'entra, verso i più deboli, verso chi non si può difendere, così diffusa non l'avevo mai vista. Se non attraverso scritti e filmati sul nazismo.
Manco il pernacchio di Eduardo riesce a dare l'idea minima della schifezza, della schifezza, della schifezza, della schifezza 'e uommane.
https://www.youtube.com/watch?v=ydsc0q-FMEo
^^^^^^^^
Quei sogni spezzati dei bambini uccisi nel nome della violenza
(ANITA NAIR).
18/12/2014 di triskel182
[img]
https://triskel182.files.wordpress.com/ ... .jpg?w=500[/img]
La scrittrice indiana e la strage nella scuola pachistana “Gli assassini colpiscono l’innocenza del mondo E così mostrano di non conoscere davvero il Corano”.
ME LO immagino. Perché è questo che faccio io: immagino storie. Lo vedo nella mia mente. Un giorno di scuola come gli altri. Quelli del primo banco che seguono attenti, quelli dei banchi in fondo che cercano annoiati di nascondere i loro sbadigli. Il ragazzino di 12 anni nell’angolo sta giocando con una fascetta di gomma e una pallina di carta. Da un’altra parte, una ragazza di 15 anni sta disegnando cuori e freccette sulla pagina posteriore del suo taccuino. È innamorata di un ragazzo della sua classe, con le spalle larghe e un sorriso sfacciato, e spera che anche lui provi gli stessi sentimenti. Chissà, forse questa sera finalmente guarderà dalla sua parte.
Un insegnante mentre corregge i compiti sta pensando alla telefonata che deve fare alla sua vecchia madre. Un’altra sta progettando una cena di compleanno per il marito con cui è sposata da sei mesi mentre mostra agli studenti la soluzione di un problema di matematica alla lavagna. Tutto è calmo, tutto è tranquillo, tutto va bene, finché non entrano gli uomini, sbucati quasi dal nulla, sembra. I loro visi sono scoperti, le loro voci sono inespressive. Spari, grida e sangue. Una strage.
Ma stanotte non ho bisogno di immaginarlo. È successo veramente. In una scuola di Peshawar, in Pakistan, dove sono state massacrate a sangue freddo 145 persone, in maggioranza studenti fra i 12 e i 16 anni. La vita non sarà mai più la stessa. Per i feriti e per le famiglie dei bambini e degli adulti morti. Per ognuno di noi.
A volte mi chiedo se la profezia del profeta Geremia («Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta d’essere consolata, perché non sono più», Geremia 31: 15) si riferisse soltanto a Erode e al suo ordine di uccidere tutti i bambini di Betlemme e dintorni. L’aria si riempie così spesseguaci so di singhiozzi e lutto quando vengono strappate vite innocenti, e tutto in nome della fede.
Tristemente, gli artefici di questa raccapricciante guerra contro la vita sono in gran parte dell’Islam, e inducono il resto del mondo a interrogarsi su una religione che sembra propagare il terrorismo. E inducono me a domandarmi se questi macellai abbiano anche solo mai letto il Corano. Perché il Corano dice in modo forte e chiaro che chiunque «ucciderà una persona senza che questa abbia ucciso un’altra o portato la corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso l’umanità intera, e chiunque avrà vivificato una persona sarà come se avesse dato vita all’umanità intera» (sura V: 32).
Ditemi, Taliban, ditemi, tutti voi fondamentalisti islamici, in che modo, nel vostro distorto sistema di giustizia, potete accusare dei bambini di aver ucciso altre persone o portato corruzione sulla terra? Quale sura del Corano autorizza ad ammazzare bambini? Quale detto del profeta esorta a farlo? Al contrario: Abu Bakr al-Siddiq, il primo califfo, dava queste istruzioni ai suoi eserciti: «Vi istruisco in dieci materie: non uccidete donne, bambini, vecchi o infermi; non tagliate alberi che producono frutti; non distruggete nessuna città…» (dal Libro del Jihad).
I bambini non sanno che cosa santifica o proibisce la religione. I bambini non sanno che cos’è il governo, o che cosa sono i confini. I bambini non progettano strategie di guerra o operazioni militari. I bambini non sono responsabili di quello che fa una terra o gli adulti di quella terra. I bambini sono la nostra speranza per il domani.
E allora come potete, voi che combattete guerre di religione, convivere con la consapevolezza di aver preso la vita a dei bambini? Loro che sono il cuore del futuro, perché devono pagare il prezzo del presente e del passato?
Dimenticatevi la Janna, nessuna delle otto porte del vostro paradiso, nemmeno la Baab al-Jihad , si aprirà per voi. Perché come si può condurre un jihad contro dei bambini? Perché le vostre mani sono macchiate del sangue degli innocenti e la vostra anima è contaminata da un male che non potrà mai essere cancellato.
Immaginate l’insensatezza della vostra esistenza se il paradiso in cui credete non ha posto per voi. Immaginate le lacrime di madri e padri dei feriti e dei morti. Immaginate un mondo senza bambini… e sappiate che siete stati voi a crearlo. Purtroppo noi non dobbiamo più immaginare nulla: l’umanità finisce così, nella tragica realtà di una scuola pachistana.
( Traduzione di Fabio Galimberti).
Da La Repubblica del 18/12/2014.
E' pur vero che percorrendo il secondo novecento ne ho viste di cotte e di crude, ma la violenza contro chi non c'entra, verso i più deboli, verso chi non si può difendere, così diffusa non l'avevo mai vista. Se non attraverso scritti e filmati sul nazismo.
Manco il pernacchio di Eduardo riesce a dare l'idea minima della schifezza, della schifezza, della schifezza, della schifezza 'e uommane.
https://www.youtube.com/watch?v=ydsc0q-FMEo
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Quei sogni spezzati dei bambini uccisi nel nome della violenza
(ANITA NAIR).
18/12/2014 di triskel182
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https://triskel182.files.wordpress.com/ ... .jpg?w=500[/img]
La scrittrice indiana e la strage nella scuola pachistana “Gli assassini colpiscono l’innocenza del mondo E così mostrano di non conoscere davvero il Corano”.
ME LO immagino. Perché è questo che faccio io: immagino storie. Lo vedo nella mia mente. Un giorno di scuola come gli altri. Quelli del primo banco che seguono attenti, quelli dei banchi in fondo che cercano annoiati di nascondere i loro sbadigli. Il ragazzino di 12 anni nell’angolo sta giocando con una fascetta di gomma e una pallina di carta. Da un’altra parte, una ragazza di 15 anni sta disegnando cuori e freccette sulla pagina posteriore del suo taccuino. È innamorata di un ragazzo della sua classe, con le spalle larghe e un sorriso sfacciato, e spera che anche lui provi gli stessi sentimenti. Chissà, forse questa sera finalmente guarderà dalla sua parte.
Un insegnante mentre corregge i compiti sta pensando alla telefonata che deve fare alla sua vecchia madre. Un’altra sta progettando una cena di compleanno per il marito con cui è sposata da sei mesi mentre mostra agli studenti la soluzione di un problema di matematica alla lavagna. Tutto è calmo, tutto è tranquillo, tutto va bene, finché non entrano gli uomini, sbucati quasi dal nulla, sembra. I loro visi sono scoperti, le loro voci sono inespressive. Spari, grida e sangue. Una strage.
Ma stanotte non ho bisogno di immaginarlo. È successo veramente. In una scuola di Peshawar, in Pakistan, dove sono state massacrate a sangue freddo 145 persone, in maggioranza studenti fra i 12 e i 16 anni. La vita non sarà mai più la stessa. Per i feriti e per le famiglie dei bambini e degli adulti morti. Per ognuno di noi.
A volte mi chiedo se la profezia del profeta Geremia («Una voce si ode da Rama, lamento e pianto amaro: Rachele piange i suoi figli, rifiuta d’essere consolata, perché non sono più», Geremia 31: 15) si riferisse soltanto a Erode e al suo ordine di uccidere tutti i bambini di Betlemme e dintorni. L’aria si riempie così spesseguaci so di singhiozzi e lutto quando vengono strappate vite innocenti, e tutto in nome della fede.
Tristemente, gli artefici di questa raccapricciante guerra contro la vita sono in gran parte dell’Islam, e inducono il resto del mondo a interrogarsi su una religione che sembra propagare il terrorismo. E inducono me a domandarmi se questi macellai abbiano anche solo mai letto il Corano. Perché il Corano dice in modo forte e chiaro che chiunque «ucciderà una persona senza che questa abbia ucciso un’altra o portato la corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso l’umanità intera, e chiunque avrà vivificato una persona sarà come se avesse dato vita all’umanità intera» (sura V: 32).
Ditemi, Taliban, ditemi, tutti voi fondamentalisti islamici, in che modo, nel vostro distorto sistema di giustizia, potete accusare dei bambini di aver ucciso altre persone o portato corruzione sulla terra? Quale sura del Corano autorizza ad ammazzare bambini? Quale detto del profeta esorta a farlo? Al contrario: Abu Bakr al-Siddiq, il primo califfo, dava queste istruzioni ai suoi eserciti: «Vi istruisco in dieci materie: non uccidete donne, bambini, vecchi o infermi; non tagliate alberi che producono frutti; non distruggete nessuna città…» (dal Libro del Jihad).
I bambini non sanno che cosa santifica o proibisce la religione. I bambini non sanno che cos’è il governo, o che cosa sono i confini. I bambini non progettano strategie di guerra o operazioni militari. I bambini non sono responsabili di quello che fa una terra o gli adulti di quella terra. I bambini sono la nostra speranza per il domani.
E allora come potete, voi che combattete guerre di religione, convivere con la consapevolezza di aver preso la vita a dei bambini? Loro che sono il cuore del futuro, perché devono pagare il prezzo del presente e del passato?
Dimenticatevi la Janna, nessuna delle otto porte del vostro paradiso, nemmeno la Baab al-Jihad , si aprirà per voi. Perché come si può condurre un jihad contro dei bambini? Perché le vostre mani sono macchiate del sangue degli innocenti e la vostra anima è contaminata da un male che non potrà mai essere cancellato.
Immaginate l’insensatezza della vostra esistenza se il paradiso in cui credete non ha posto per voi. Immaginate le lacrime di madri e padri dei feriti e dei morti. Immaginate un mondo senza bambini… e sappiate che siete stati voi a crearlo. Purtroppo noi non dobbiamo più immaginare nulla: l’umanità finisce così, nella tragica realtà di una scuola pachistana.
( Traduzione di Fabio Galimberti).
Da La Repubblica del 18/12/2014.
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Re: World News
Il crac era stato previsto la scorsa settimana. Ora sta arrivando a grandi passi.
Noi quando parliamo di guerra pensiamo subito a quella guerreggiata. Ma che anche quella economica è una guerra.
Questa guerra che sta mietendo vittime, da chi è pilotata?
Fitch: “Venezuela a un passo dal crac, col crollo del petrolio. Rating Ccc”
Numeri & News
di F. Q. | 18 dicembre 2014 COMMENTI
Fitch ha tagliato il rating del Venezuela di due gradini da B a CCC, una categoria che contraddistingue i Paesi che vedono una “reale possibilità” di default. Lo comunica l’agenzia di rating, secondo cui il Paese latinoamericano è messo a rischio dalla vertiginosa caduta dei prezzi petroliferi che “erode la principale fonte di valute per l’economia” di un Paese con poche riserve e bassa liquidità.
La decisione dell’agenzia è arrivata proprio nel giorno in cui le quotazioni del petrolio hanno registrato un rimbalzo che ha frenato per un attimo la caduta con il Wti che ha toccato un massimo di 59,29 dollari al barile per poi ripiegare a 56 dollari. Valori comunque proibitivi per Caracas che deve il 96% delle sue entrate in valuta estera proprio all’export di greggio e nei prossimi due anni dovrà rimborsare 10 miliardi di dollari agli investitori che hanno in pancia i suoi titoli di Stato e per riuscirci ha bisogno del prezzo del petrolio ad almeno 117-120 dollari al barile.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... c/1286698/
Noi quando parliamo di guerra pensiamo subito a quella guerreggiata. Ma che anche quella economica è una guerra.
Questa guerra che sta mietendo vittime, da chi è pilotata?
Fitch: “Venezuela a un passo dal crac, col crollo del petrolio. Rating Ccc”
Numeri & News
di F. Q. | 18 dicembre 2014 COMMENTI
Fitch ha tagliato il rating del Venezuela di due gradini da B a CCC, una categoria che contraddistingue i Paesi che vedono una “reale possibilità” di default. Lo comunica l’agenzia di rating, secondo cui il Paese latinoamericano è messo a rischio dalla vertiginosa caduta dei prezzi petroliferi che “erode la principale fonte di valute per l’economia” di un Paese con poche riserve e bassa liquidità.
La decisione dell’agenzia è arrivata proprio nel giorno in cui le quotazioni del petrolio hanno registrato un rimbalzo che ha frenato per un attimo la caduta con il Wti che ha toccato un massimo di 59,29 dollari al barile per poi ripiegare a 56 dollari. Valori comunque proibitivi per Caracas che deve il 96% delle sue entrate in valuta estera proprio all’export di greggio e nei prossimi due anni dovrà rimborsare 10 miliardi di dollari agli investitori che hanno in pancia i suoi titoli di Stato e per riuscirci ha bisogno del prezzo del petrolio ad almeno 117-120 dollari al barile.
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Re: World News
Sempre peggio. Altro che pianeta delle scimmie.
Isis, 150 donne uccise e gettate in fossa comune: non volevano sposare jihadisti
Mondo
Le donne, che vivevano nella città di al-Wafa, nel nord della provincia di al-Anbar, sono state catturate e poi uccise. Centinaia di persone stanno fuggendo dai paesi limitrofi per paura delle ritorsioni del califfato
di F. Q. | 18 dicembre 2014 COMMENTI
Si erano rifiutate di diventare le spose di jihadisti e per questo sono state giustiziate e gettate in una fossa comune. Sono state uccise così 150 donne che i militanti dell’Isis volevano in spose, alcune delle quali incinte, ma che si sono rifiutate di passare il resto della loro vita al fianco dei fondamentalisti. A dare la notizia è il ministero per i Diritti umani di Baghdad, citato da Al Arabiya.
Dal ministero spiegano che altre famiglie in tutta la zona sono state minacciate di morte dai miliziani fedeli all’autoproclamato califfo, Abu Bakr al-Baghdadi, e sono state costrette a fuggire dalle loro case: “Molte famiglie – dicono – sono state obbligate a migrare dalla città di al-Wafa dopo che centinaia di residenti hanno ricevuto minacce di morte“. Lo Stato Islamico sta continuando a guadagnare terreno nella provincia, espandendo il loro controllo verso ovest, e tutte le città che toccano entrano sotto il loro controllo e rispondono alle loro leggi, per questo in tutta l’area si assiste spesso a migrazioni di massa dalle città.
Intanto, i peshmerga sono riusciti a respingere l’assedio del monte Sinjar, nel nord dell’Iraq, da parte dei miliziani del califfato. Nella città si trovavano intrappolate centinaia di famiglie della minoranza degli Yazidi, perseguitati dallo Stato Islamico. A dare la notizia è stato il figlio del presidente del Kurdistan iracheno Massoud Barzani, Masrour, che è a capo del consiglio di sicurezza.
Le esecuzioni, inoltre, sono molto frequenti nelle città controllate dallo Stato islamico. Un mese fa, 50 uomini, donne e bambini sono stati fucilati. In altre zone controllate dal califfato vengono eseguite anche decapitazioni pubbliche di massa contro oppositori o “miscredenti”. Queste persone vengono spesso convertiti con la forza, ridotte in schiavitù e costrette (le donne) a sposarsi con i jihadisti.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... q/1286713/
Isis, 150 donne uccise e gettate in fossa comune: non volevano sposare jihadisti
Mondo
Le donne, che vivevano nella città di al-Wafa, nel nord della provincia di al-Anbar, sono state catturate e poi uccise. Centinaia di persone stanno fuggendo dai paesi limitrofi per paura delle ritorsioni del califfato
di F. Q. | 18 dicembre 2014 COMMENTI
Si erano rifiutate di diventare le spose di jihadisti e per questo sono state giustiziate e gettate in una fossa comune. Sono state uccise così 150 donne che i militanti dell’Isis volevano in spose, alcune delle quali incinte, ma che si sono rifiutate di passare il resto della loro vita al fianco dei fondamentalisti. A dare la notizia è il ministero per i Diritti umani di Baghdad, citato da Al Arabiya.
Dal ministero spiegano che altre famiglie in tutta la zona sono state minacciate di morte dai miliziani fedeli all’autoproclamato califfo, Abu Bakr al-Baghdadi, e sono state costrette a fuggire dalle loro case: “Molte famiglie – dicono – sono state obbligate a migrare dalla città di al-Wafa dopo che centinaia di residenti hanno ricevuto minacce di morte“. Lo Stato Islamico sta continuando a guadagnare terreno nella provincia, espandendo il loro controllo verso ovest, e tutte le città che toccano entrano sotto il loro controllo e rispondono alle loro leggi, per questo in tutta l’area si assiste spesso a migrazioni di massa dalle città.
Intanto, i peshmerga sono riusciti a respingere l’assedio del monte Sinjar, nel nord dell’Iraq, da parte dei miliziani del califfato. Nella città si trovavano intrappolate centinaia di famiglie della minoranza degli Yazidi, perseguitati dallo Stato Islamico. A dare la notizia è stato il figlio del presidente del Kurdistan iracheno Massoud Barzani, Masrour, che è a capo del consiglio di sicurezza.
Le esecuzioni, inoltre, sono molto frequenti nelle città controllate dallo Stato islamico. Un mese fa, 50 uomini, donne e bambini sono stati fucilati. In altre zone controllate dal califfato vengono eseguite anche decapitazioni pubbliche di massa contro oppositori o “miscredenti”. Queste persone vengono spesso convertiti con la forza, ridotte in schiavitù e costrette (le donne) a sposarsi con i jihadisti.
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