Renzi
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Renzi
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11 ... t/1195695/
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Nicola Bovoli, fratello della madre di Matteo, aveva un contratto da 7 miliardi di lire col Biscione: aveva inventato "Quizzy", il telecomando-gioco. Da qui nasce la celebre partecipazione dell'attuale premier alla trasmissione di Mike Bongiorno. La strategia-Carrai e gli altri sponsor e uomini-macchina del leader di Pontassieve nel libro "L'Intoccabile" di Davide Vecchi (Chiarelettere)
Dal libro “L’intoccabile, Matteo Renzi” di Davide Vecchi, edito da Chiarelettere, da domani in libreria, pubblichiamo alcuni stralci della sezione “I padrini”.
Renzi impara molto presto che la comunicazione è tutto. Cresciuto nel ventennio berlusconiano è intimamente affascinato da quel mondo che vede per lo più in televisione e che ha il suo centro a Milano. Un mondo ben distante da Rignano sull’Arno dove Matteo trascorre l’infanzia e la giovinezza. La madre, Laura Bovoli, è un’insegnante di scuola media.
Un parente abita a Milano2 e lavora per il Biscione - Il padre Tiziano, gran lavoratore, ha sempre fatto il piccolo imprenditore, aprendo un’azienda dietro l’altra. Esclusa la prima, Raska, le altre si dedicano alla pubblicità e alla distribuzione in campo editoriale. È lo zio di Matteo, Nicola Bovoli, a creare la Speedy, di cui detiene il 50 per cento. Al cognato, suo socio, vende poi la sua quota, spingendo lui e la moglie a investire nel settore della comunicazione, di cui si occupa con buoni risultati da anni. Ha contatti, conoscenze, idee, e aiuta i coniugi Renzi a muoversi nell’ambiente. Lo zio Nicola rivoluziona la vita di casa Renzi e diventa modello ed esempio, per molti versi, del giovane Matteo, che gli somiglia anche per temperamento e carattere. È l’uomo di successo in famiglia. Veloce, sveglio, battuta sempre pronta e sorriso stampato in volto, Bovoli vive nella “Milano da bere” degli anni Ottanta e abita nel quartiere simbolo dell’imprenditoria berlusconiana: Milano 2.
“Renzi: “Ai miei compagni di coalizione è sempre difficile capire che Comunione e Liberazione è un’esperienza che può cambiare la vita davvero”
Nella seconda metà degli anni Ottanta lo zio di Matteo lavora anche per le riviste Mondadori distribuendo il Bingo e legandolo alle trasmissioni di Mike Bongiorno, con cui aveva iniziato a collaborare nel 1987. All’attività dedicata alla carta stampata Bovoli affianca nei primi anni Novanta le televisioni. Per le tre reti del Cavaliere (con cui stipula un contratto da 7 miliardi di lire) crea quella che viene da subito accolta come l’ultima frontiera dell’intrattenimento: il Quizzy, un telecomando che permette di partecipare dal divano di casa ai concorsi di alcune trasmissioni televisive. La campagna pubblicitaria di Fininvest in cui appare Mike rimanda alla Standa, dove il telecomando è in vendita a 39.800 lire.
Il Quizzy viene applicato anche alla Ruota della fortuna. Ma dura appena sette mesi, dall’ottobre del 1993 all’aprile del 1994, quando sparisce, travolto dalle proteste dei telespettatori per la poca trasparenza e le costosissime telefonate al 144. Vincere è difficile: in media arrivano tra le 50mila e le 100mila telefonate per ogni trasmissione. A fine mese la bolletta aggiunge il danno alla beffa, perché chiamare il 144 comporta un sovrapprezzo di 635 lire al minuto. Quella somma viene poi così spartita: 307 lire alla compagnia Sip, 164 alla Edifin di Nicola Bovoli, le restanti 164 lire alla Audio 5, la società della Fininvest che gestisce gli introiti per conto di Berlusconi, ceduta all’inizio del ’94 alla neonata Diakron incaricata di svolgere sondaggi per la nascente Forza Italia. Parte del ricavato viene utilizzato per finanziare i circoli che devono diffondere il verbo berlusconiano.
“Carrai: “C’è un ragazzo in gamba, va sostenuto. E via. Semplice. Persone fuori dal giro che non vogliono apparire. In Italia c’è tanta bella gente”
Quella vincita al gioco di Canale5 - Il Quizzy viene lentamente accantonato. (…) Il suo testimonial Mike Bongiorno, invece, finisce in Procura a Torino per la prima inchiesta sulle frequenze Fininvest: i magistrati sospettano una frode alla Ruota della fortuna. Il 30 settembre 1994 viene arrestato Giuseppe Mazzocchi, un perito dell’ufficio tecnico del ministero delle Poste e telecomunicazioni accusato di aver avvisato i dirigenti Fininvest che ci sarebbe stato un controllo sulle frequenze utilizzate da Italia1 per la trasmissione del Giro d’Italia. In cambio sarebbe stato invitato al quiz di Mike Bongiorno e favorito nella vincita di 30 milioni di lire. Il perito del ministero conferma le accuse: “Fui io a chiedere alle persone che conoscevo della Fininvest di aiutarmi a partecipare”.
La sua prima richiesta, inoltrata seguendo l’iter normale, era stata rifiutata. A marzo del 1994, invece, riesce a partecipare. Gli inquirenti sospettano la corruzione: se il concorrente è stato aiutato a vincere, i 30 milioni sarebbero una tangente. Nel 1999 Mazzocchi viene rinviato a giudizio, ma nel marzo del 2002 il processo si conclude con l’assoluzione: i giudici accolgono la tesi della difesa secondo cui avvisare dell’arrivo dei controlli era una prassi normale. Tra gennaio e febbraio del 1994 Matteo Renzi partecipa a cinque puntate della Ruota della fortuna, vincendo 48 milioni di lire. È lo zio Nicola ad accompagnarlo. “Ha partecipato perché lo segnalai io”.
Quando il colonnello di B. provò a “prendersi” Matteo - Il coordinatore del Pdl ha un debole per Renzi, tanto che all’inizio del 2008 il colonnello berlusconiano incontra il presidente della Provincia per arruolarlo nelle file di Arcore. Il solitamente riservato Verdini si spinge a una rara dichiarazione pubblica con una punta di dispiacere: “Renzi è uno in grado di rompere gli schemi. Certo, oggi è un candidato del Pd: ma se poi di là saltasse tutto e si facesse un percorso insieme, non escludo nulla”.
Il 31 maggio 2008, quando presiede la festa per i dieci anni di vita del suo Giornale della Toscana, Verdini è all’apice del potere. Fra i trecento invitati ci sono i parlamentari toscani del Pdl e gli imprenditori amici, ma l’ospite d’onore è lui, Matteo Renzi. Seduto al tavolo con Verdini e la moglie. (…) Nell’agosto dello stesso anno i due salgono insieme sul palco del meeting di Comunione e liberazione a Rimini. L’occasione è la presentazione del libro Sto registrando tutto per l’eternità, che raccoglie le lettere dello scomparso Graziano Grazzini, ex democristiano, ex Cdu e poi capogruppo di Forza Italia in Provincia, vicino al movimento di don Giussani dal 1980.
Il presentatore fa gli onori di casa: “Ci aiuteranno a conoscere Graziano due amici: Denis Verdini e Matteo Renzi”. Lui non si fa pregare. Sa come rendersi gradito a un universo distante anni luce da quello del centrosinistra. Alla platea ciellina Renzi parla di Grazzini in questi termini: “Comunione e liberazione gli aveva cambiato la vita. Ai miei compagni di coalizione è sempre difficile far capire che Cl è senza dubbio un’esperienza che interviene nel sociale in tutte le modalità che ritiene opportune, ma che l’esperienza di Comunione e liberazione può cambiare la vita davvero”. (…) Verdini invece parla in libertà.
“Il successo – argomenta – passa attraverso il consenso”, che si ottiene anche mediante modi per “far sognare la gente. Non voglio dire ingannare, perché sarebbe sbagliato, ma insomma, stimolare, sotto certi aspetti; e Graziano invece era una persona diversa, straordinaria dal punto di vista umano. Io gli dicevo: ‘È stupido quello che fai’, e lui invece lo faceva per generosità, perché era convinto che la politica è ‘al servizio di”. “Il problema è che lui era serio, profondamente serio”. La serietà è notoriamente un problema. “Quindi il mio rapporto con Graziano è stato molto complesso, molto difficile. Differenti profondamente in tutte le cose, però uniti da una grande simpatia”.
Un collante importante, la simpatia, anche con Renzi, che solo un mese dopo ufficializza la corsa per il Comune di Firenze. (…) Al termine dell’incontro Verdini va a cena con il suo delfino Massimo Parisi, con Paolo Carrai, cugino di Marco nonché esponente della Compagnia delle opere, e con i vertici di Cl al gran completo capitanati dai fondatori Giorgio Vittadini e Giancarlo Cesana. Al momento di sedersi a tavola, a Verdini scappa una bestemmia. Con un sorriso indulgente, Cesana ribatte: “Ho sentito benissimo, certo. Non ha bestemmiato, ha detto zio”. Verdini poteva tutto. Anche sostenere, pochi mesi dopo, un sindaco di centrosinistra contro il candidato del Pdl scelto da Berlusconi, Giovanni Galli.
L’eminenza grigia renziana organizza cene ed eventi - “Se Matteo mi chiede un consiglio io glielo do perché è il mio migliore amico, ma gliel’ho detto: su ruoli ben distinti e distanti, ben distinti e distanti”. Marco Carrai lo ripete due volte, come per ricordarlo a se stesso. La realtà è ben diversa. I ruoli non sono né distinti né distanti. Simbiotici, piuttosto. Come le loro vite. Avanzano insieme, uno a fianco dell’altro. Nel giugno del 2012 è Carrai ad accompagnare Renzi a un pranzo con Tony Blair sulla terrazza dell’hotel St. Regis in piazza Ognissanti a Firenze, poi, nel settembre dello stesso anno, alla convention democratica di Charlotte per accreditarsi con lo staff di Obama, e infine, nell’agosto del 2013, da Angela Merkel a Berlino.
Ma non ha voluto candidarsi alle politiche, né seguirlo al governo nel 2014, come invece gli aveva proposto il premier: “Matteo mi ha chiesto di fare il deputato ma non ho voluto, io faccio altro nella vita. Purtroppo ho dovuto prendere la mia prima tessera di partito, mi è toccato iscrivermi al Pd per votarlo”. Imprenditore di mestiere, per Renzi fa il lobbista e il fund raiser, ed è l’unica vera persona fidata del premier. Senza di lui, con ogni probabilità, l’ambizioso giovane di Rignano non avrebbe mai potuto trovare i fondi per finanziare l’attività politica. È lui che organizza le cene di raccolta fondi e gli eventi, invitando chi può sostenere la causa. Così, dal 2007 al 2013, vengono raccolti complessivamente circa tre milioni di euro. “Erano cene da mille euro a testa e io invitavo gli amici”. “Certo, all’inizio gli ho presentato tante persone”.
Nel 2004 Renzi lo chiama in Provincia come caposegreteria e gli chiede aiuto per comporre la sua giunta: “La sera della sua vittoria volo a casa mia in Sardegna. Lui mi chiama e mi fa: ‘Ho bisogno di una donna per fare l’assessore… una del tuo giro fiorentino”. Dico: “Giovanna Folonari”. E lui: “Chi è?”. Non lo sapeva. Rispondo: “È una persona seria. I Folonari sono una famiglia importante e poi sono i cugini dei Bazoli”. E lui subito: “Perfetto, perfetto!”.
La Firenze Parcheggi e le campagne elettorali – (…) Nel 2009, quando Renzi diventa primo cittadino (…) gli feci da consigliere economico, i primi tre mesi, poi andai da lui e gli dissi: “Matteo, qui c’è un problema, lucrum cessans, damnum emergens”. E lui: “Cioè?”. Risposi: “Be’, che il consigliere economico lo fo gratis e in più non posso far nulla a Firenze”. Quindi mi dimisi, lui mi disse: “Ascolta, ma perché non rimani in qualche azienda? Perché comunque mi piace usare la tua intelligenza”. C’era qualche nomina pubblica in scadenza e mi propose di fare il consigliere. Firenze Parcheggi era in rovina Carrai accetta l’incarico a una condizione. “Dissi a Matteo: ‘Sto il tempo limitato di ristrutturare l’azienda, ma non mi nomini tu’, infatti entro con Monte dei Paschi”. (…) Nel 2009 è anche il committente responsabile della campagna per l’elezione a sindaco di Renzi. In tale veste si becca una multa da 700 mila euro per affissioni abusive. Vero, ammette Carrai: “Gli attacchini dei manifesti li avevano messi nei posti sbagliati. Arrivò la multa, era nominale e il committente ero io”. (…) Nell’ottobre del 2013 Renzi è impegnato nell’assalto finale al Pd: a dicembre ci sono le primarie per la segreteria e non vuole di certo essere sconfitto come l’anno precedente. Perciò concentra tutte le armate sull’obiettivo.
L’evento clou è la Leopolda (…). Intanto però i giornali hanno cominciato a occuparsi di Marco Carrai, dei suoi rapporti con Renzi, delle nomine ricevute dal Comune e della sua presenza nelle partecipate e nella fondazione Big bang che finanzia l’attività politica dell’amico Matteo. “Ci fu una persona che voleva mandare soldi da Israele, ma dissi di lasciar stare, chissà poi che cosa saltava fuori”. (…)
Nell’ottobre del 2012 Renzi partecipa a una cena a porte chiuse alla fondazione Metropolitan di Milano per incontrare alcuni uomini d’affari, esponenti dell’alta finanza e imprenditori. Si diffonde la notizia che a organizzarla sia stato Davide Serra. “La cena di Milano l’avevo organizzata io. Davide è un amico, ma sbagliai, perché non pensai che sarebbe stato accostato alla finanza in maniera negativa, come poi è avvenuto”. I fondi all’ascesa renziana arrivano anche in forma diretta da “imprenditori come Guido Ghisolfi del gruppo M&G o Vito Pertosa” spiega Carrai. “Gli si dice: ‘C’è un ragazzo in gamba, va sostenuto, ti va?’. E via. Funziona così. Semplice. Persone fuori dal giro che non vogliono apparire. In Italia c’è tanta bella gente”.
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Ciao
Paolo11
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Nicola Bovoli, fratello della madre di Matteo, aveva un contratto da 7 miliardi di lire col Biscione: aveva inventato "Quizzy", il telecomando-gioco. Da qui nasce la celebre partecipazione dell'attuale premier alla trasmissione di Mike Bongiorno. La strategia-Carrai e gli altri sponsor e uomini-macchina del leader di Pontassieve nel libro "L'Intoccabile" di Davide Vecchi (Chiarelettere)
Dal libro “L’intoccabile, Matteo Renzi” di Davide Vecchi, edito da Chiarelettere, da domani in libreria, pubblichiamo alcuni stralci della sezione “I padrini”.
Renzi impara molto presto che la comunicazione è tutto. Cresciuto nel ventennio berlusconiano è intimamente affascinato da quel mondo che vede per lo più in televisione e che ha il suo centro a Milano. Un mondo ben distante da Rignano sull’Arno dove Matteo trascorre l’infanzia e la giovinezza. La madre, Laura Bovoli, è un’insegnante di scuola media.
Un parente abita a Milano2 e lavora per il Biscione - Il padre Tiziano, gran lavoratore, ha sempre fatto il piccolo imprenditore, aprendo un’azienda dietro l’altra. Esclusa la prima, Raska, le altre si dedicano alla pubblicità e alla distribuzione in campo editoriale. È lo zio di Matteo, Nicola Bovoli, a creare la Speedy, di cui detiene il 50 per cento. Al cognato, suo socio, vende poi la sua quota, spingendo lui e la moglie a investire nel settore della comunicazione, di cui si occupa con buoni risultati da anni. Ha contatti, conoscenze, idee, e aiuta i coniugi Renzi a muoversi nell’ambiente. Lo zio Nicola rivoluziona la vita di casa Renzi e diventa modello ed esempio, per molti versi, del giovane Matteo, che gli somiglia anche per temperamento e carattere. È l’uomo di successo in famiglia. Veloce, sveglio, battuta sempre pronta e sorriso stampato in volto, Bovoli vive nella “Milano da bere” degli anni Ottanta e abita nel quartiere simbolo dell’imprenditoria berlusconiana: Milano 2.
“Renzi: “Ai miei compagni di coalizione è sempre difficile capire che Comunione e Liberazione è un’esperienza che può cambiare la vita davvero”
Nella seconda metà degli anni Ottanta lo zio di Matteo lavora anche per le riviste Mondadori distribuendo il Bingo e legandolo alle trasmissioni di Mike Bongiorno, con cui aveva iniziato a collaborare nel 1987. All’attività dedicata alla carta stampata Bovoli affianca nei primi anni Novanta le televisioni. Per le tre reti del Cavaliere (con cui stipula un contratto da 7 miliardi di lire) crea quella che viene da subito accolta come l’ultima frontiera dell’intrattenimento: il Quizzy, un telecomando che permette di partecipare dal divano di casa ai concorsi di alcune trasmissioni televisive. La campagna pubblicitaria di Fininvest in cui appare Mike rimanda alla Standa, dove il telecomando è in vendita a 39.800 lire.
Il Quizzy viene applicato anche alla Ruota della fortuna. Ma dura appena sette mesi, dall’ottobre del 1993 all’aprile del 1994, quando sparisce, travolto dalle proteste dei telespettatori per la poca trasparenza e le costosissime telefonate al 144. Vincere è difficile: in media arrivano tra le 50mila e le 100mila telefonate per ogni trasmissione. A fine mese la bolletta aggiunge il danno alla beffa, perché chiamare il 144 comporta un sovrapprezzo di 635 lire al minuto. Quella somma viene poi così spartita: 307 lire alla compagnia Sip, 164 alla Edifin di Nicola Bovoli, le restanti 164 lire alla Audio 5, la società della Fininvest che gestisce gli introiti per conto di Berlusconi, ceduta all’inizio del ’94 alla neonata Diakron incaricata di svolgere sondaggi per la nascente Forza Italia. Parte del ricavato viene utilizzato per finanziare i circoli che devono diffondere il verbo berlusconiano.
“Carrai: “C’è un ragazzo in gamba, va sostenuto. E via. Semplice. Persone fuori dal giro che non vogliono apparire. In Italia c’è tanta bella gente”
Quella vincita al gioco di Canale5 - Il Quizzy viene lentamente accantonato. (…) Il suo testimonial Mike Bongiorno, invece, finisce in Procura a Torino per la prima inchiesta sulle frequenze Fininvest: i magistrati sospettano una frode alla Ruota della fortuna. Il 30 settembre 1994 viene arrestato Giuseppe Mazzocchi, un perito dell’ufficio tecnico del ministero delle Poste e telecomunicazioni accusato di aver avvisato i dirigenti Fininvest che ci sarebbe stato un controllo sulle frequenze utilizzate da Italia1 per la trasmissione del Giro d’Italia. In cambio sarebbe stato invitato al quiz di Mike Bongiorno e favorito nella vincita di 30 milioni di lire. Il perito del ministero conferma le accuse: “Fui io a chiedere alle persone che conoscevo della Fininvest di aiutarmi a partecipare”.
La sua prima richiesta, inoltrata seguendo l’iter normale, era stata rifiutata. A marzo del 1994, invece, riesce a partecipare. Gli inquirenti sospettano la corruzione: se il concorrente è stato aiutato a vincere, i 30 milioni sarebbero una tangente. Nel 1999 Mazzocchi viene rinviato a giudizio, ma nel marzo del 2002 il processo si conclude con l’assoluzione: i giudici accolgono la tesi della difesa secondo cui avvisare dell’arrivo dei controlli era una prassi normale. Tra gennaio e febbraio del 1994 Matteo Renzi partecipa a cinque puntate della Ruota della fortuna, vincendo 48 milioni di lire. È lo zio Nicola ad accompagnarlo. “Ha partecipato perché lo segnalai io”.
Quando il colonnello di B. provò a “prendersi” Matteo - Il coordinatore del Pdl ha un debole per Renzi, tanto che all’inizio del 2008 il colonnello berlusconiano incontra il presidente della Provincia per arruolarlo nelle file di Arcore. Il solitamente riservato Verdini si spinge a una rara dichiarazione pubblica con una punta di dispiacere: “Renzi è uno in grado di rompere gli schemi. Certo, oggi è un candidato del Pd: ma se poi di là saltasse tutto e si facesse un percorso insieme, non escludo nulla”.
Il 31 maggio 2008, quando presiede la festa per i dieci anni di vita del suo Giornale della Toscana, Verdini è all’apice del potere. Fra i trecento invitati ci sono i parlamentari toscani del Pdl e gli imprenditori amici, ma l’ospite d’onore è lui, Matteo Renzi. Seduto al tavolo con Verdini e la moglie. (…) Nell’agosto dello stesso anno i due salgono insieme sul palco del meeting di Comunione e liberazione a Rimini. L’occasione è la presentazione del libro Sto registrando tutto per l’eternità, che raccoglie le lettere dello scomparso Graziano Grazzini, ex democristiano, ex Cdu e poi capogruppo di Forza Italia in Provincia, vicino al movimento di don Giussani dal 1980.
Il presentatore fa gli onori di casa: “Ci aiuteranno a conoscere Graziano due amici: Denis Verdini e Matteo Renzi”. Lui non si fa pregare. Sa come rendersi gradito a un universo distante anni luce da quello del centrosinistra. Alla platea ciellina Renzi parla di Grazzini in questi termini: “Comunione e liberazione gli aveva cambiato la vita. Ai miei compagni di coalizione è sempre difficile far capire che Cl è senza dubbio un’esperienza che interviene nel sociale in tutte le modalità che ritiene opportune, ma che l’esperienza di Comunione e liberazione può cambiare la vita davvero”. (…) Verdini invece parla in libertà.
“Il successo – argomenta – passa attraverso il consenso”, che si ottiene anche mediante modi per “far sognare la gente. Non voglio dire ingannare, perché sarebbe sbagliato, ma insomma, stimolare, sotto certi aspetti; e Graziano invece era una persona diversa, straordinaria dal punto di vista umano. Io gli dicevo: ‘È stupido quello che fai’, e lui invece lo faceva per generosità, perché era convinto che la politica è ‘al servizio di”. “Il problema è che lui era serio, profondamente serio”. La serietà è notoriamente un problema. “Quindi il mio rapporto con Graziano è stato molto complesso, molto difficile. Differenti profondamente in tutte le cose, però uniti da una grande simpatia”.
Un collante importante, la simpatia, anche con Renzi, che solo un mese dopo ufficializza la corsa per il Comune di Firenze. (…) Al termine dell’incontro Verdini va a cena con il suo delfino Massimo Parisi, con Paolo Carrai, cugino di Marco nonché esponente della Compagnia delle opere, e con i vertici di Cl al gran completo capitanati dai fondatori Giorgio Vittadini e Giancarlo Cesana. Al momento di sedersi a tavola, a Verdini scappa una bestemmia. Con un sorriso indulgente, Cesana ribatte: “Ho sentito benissimo, certo. Non ha bestemmiato, ha detto zio”. Verdini poteva tutto. Anche sostenere, pochi mesi dopo, un sindaco di centrosinistra contro il candidato del Pdl scelto da Berlusconi, Giovanni Galli.
L’eminenza grigia renziana organizza cene ed eventi - “Se Matteo mi chiede un consiglio io glielo do perché è il mio migliore amico, ma gliel’ho detto: su ruoli ben distinti e distanti, ben distinti e distanti”. Marco Carrai lo ripete due volte, come per ricordarlo a se stesso. La realtà è ben diversa. I ruoli non sono né distinti né distanti. Simbiotici, piuttosto. Come le loro vite. Avanzano insieme, uno a fianco dell’altro. Nel giugno del 2012 è Carrai ad accompagnare Renzi a un pranzo con Tony Blair sulla terrazza dell’hotel St. Regis in piazza Ognissanti a Firenze, poi, nel settembre dello stesso anno, alla convention democratica di Charlotte per accreditarsi con lo staff di Obama, e infine, nell’agosto del 2013, da Angela Merkel a Berlino.
Ma non ha voluto candidarsi alle politiche, né seguirlo al governo nel 2014, come invece gli aveva proposto il premier: “Matteo mi ha chiesto di fare il deputato ma non ho voluto, io faccio altro nella vita. Purtroppo ho dovuto prendere la mia prima tessera di partito, mi è toccato iscrivermi al Pd per votarlo”. Imprenditore di mestiere, per Renzi fa il lobbista e il fund raiser, ed è l’unica vera persona fidata del premier. Senza di lui, con ogni probabilità, l’ambizioso giovane di Rignano non avrebbe mai potuto trovare i fondi per finanziare l’attività politica. È lui che organizza le cene di raccolta fondi e gli eventi, invitando chi può sostenere la causa. Così, dal 2007 al 2013, vengono raccolti complessivamente circa tre milioni di euro. “Erano cene da mille euro a testa e io invitavo gli amici”. “Certo, all’inizio gli ho presentato tante persone”.
Nel 2004 Renzi lo chiama in Provincia come caposegreteria e gli chiede aiuto per comporre la sua giunta: “La sera della sua vittoria volo a casa mia in Sardegna. Lui mi chiama e mi fa: ‘Ho bisogno di una donna per fare l’assessore… una del tuo giro fiorentino”. Dico: “Giovanna Folonari”. E lui: “Chi è?”. Non lo sapeva. Rispondo: “È una persona seria. I Folonari sono una famiglia importante e poi sono i cugini dei Bazoli”. E lui subito: “Perfetto, perfetto!”.
La Firenze Parcheggi e le campagne elettorali – (…) Nel 2009, quando Renzi diventa primo cittadino (…) gli feci da consigliere economico, i primi tre mesi, poi andai da lui e gli dissi: “Matteo, qui c’è un problema, lucrum cessans, damnum emergens”. E lui: “Cioè?”. Risposi: “Be’, che il consigliere economico lo fo gratis e in più non posso far nulla a Firenze”. Quindi mi dimisi, lui mi disse: “Ascolta, ma perché non rimani in qualche azienda? Perché comunque mi piace usare la tua intelligenza”. C’era qualche nomina pubblica in scadenza e mi propose di fare il consigliere. Firenze Parcheggi era in rovina Carrai accetta l’incarico a una condizione. “Dissi a Matteo: ‘Sto il tempo limitato di ristrutturare l’azienda, ma non mi nomini tu’, infatti entro con Monte dei Paschi”. (…) Nel 2009 è anche il committente responsabile della campagna per l’elezione a sindaco di Renzi. In tale veste si becca una multa da 700 mila euro per affissioni abusive. Vero, ammette Carrai: “Gli attacchini dei manifesti li avevano messi nei posti sbagliati. Arrivò la multa, era nominale e il committente ero io”. (…) Nell’ottobre del 2013 Renzi è impegnato nell’assalto finale al Pd: a dicembre ci sono le primarie per la segreteria e non vuole di certo essere sconfitto come l’anno precedente. Perciò concentra tutte le armate sull’obiettivo.
L’evento clou è la Leopolda (…). Intanto però i giornali hanno cominciato a occuparsi di Marco Carrai, dei suoi rapporti con Renzi, delle nomine ricevute dal Comune e della sua presenza nelle partecipate e nella fondazione Big bang che finanzia l’attività politica dell’amico Matteo. “Ci fu una persona che voleva mandare soldi da Israele, ma dissi di lasciar stare, chissà poi che cosa saltava fuori”. (…)
Nell’ottobre del 2012 Renzi partecipa a una cena a porte chiuse alla fondazione Metropolitan di Milano per incontrare alcuni uomini d’affari, esponenti dell’alta finanza e imprenditori. Si diffonde la notizia che a organizzarla sia stato Davide Serra. “La cena di Milano l’avevo organizzata io. Davide è un amico, ma sbagliai, perché non pensai che sarebbe stato accostato alla finanza in maniera negativa, come poi è avvenuto”. I fondi all’ascesa renziana arrivano anche in forma diretta da “imprenditori come Guido Ghisolfi del gruppo M&G o Vito Pertosa” spiega Carrai. “Gli si dice: ‘C’è un ragazzo in gamba, va sostenuto, ti va?’. E via. Funziona così. Semplice. Persone fuori dal giro che non vogliono apparire. In Italia c’è tanta bella gente”.
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Re: Renzi
24 DIC 2014 10:54
- SCALFARI FA FUORI RENZI: “AVEVA PROMESSO UNA RIFORMA AL MESE. MA SE FAI TROPPI ANNUNCI PUÒ FINIR MALE”
– ‘’IL NOME PER IL DOPO NAPOLITANO? PADOAN’’
Il fondatore di Repubblica a Ballarò critica il premier: “Bisogna chiedersi perché, nonostante gli 80€, milioni di persone sono scese in piazza contro il governo” - L’omaggio a papa Francesco e a Benigni: “Sbaglia chi lo considera un comico, interpreta lo spirito del popolo italiano”...
Da “La Repubblica”
«Si è presentato promettendo una riforma al mese. Ma se fai troppi annunci può finire male». Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, parla dell’azione di Matteo Renzi a Ballarò, rispondendo alle domande di Massimo Giannini. «Bisogna chiedersi perché, nonostante gli 80 euro, milioni di persone sono scese in piazza contro il governo».
Nell’intervista anche il Quirinale: «Un nome per il dopo Napolitano? Padoan è un tecnico molto conosciuto in Europa, con lui la politica economica è in mani esperte». Il colloquio si era aperto con un omaggio a Roberto Benigni («sbaglia chi lo considera un comico, interpreta lo spirito del popolo italiano»). E si è chiuso sottolineando l’importanza del ruolo di papa Francesco
- SCALFARI FA FUORI RENZI: “AVEVA PROMESSO UNA RIFORMA AL MESE. MA SE FAI TROPPI ANNUNCI PUÒ FINIR MALE”
– ‘’IL NOME PER IL DOPO NAPOLITANO? PADOAN’’
Il fondatore di Repubblica a Ballarò critica il premier: “Bisogna chiedersi perché, nonostante gli 80€, milioni di persone sono scese in piazza contro il governo” - L’omaggio a papa Francesco e a Benigni: “Sbaglia chi lo considera un comico, interpreta lo spirito del popolo italiano”...
Da “La Repubblica”
«Si è presentato promettendo una riforma al mese. Ma se fai troppi annunci può finire male». Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, parla dell’azione di Matteo Renzi a Ballarò, rispondendo alle domande di Massimo Giannini. «Bisogna chiedersi perché, nonostante gli 80 euro, milioni di persone sono scese in piazza contro il governo».
Nell’intervista anche il Quirinale: «Un nome per il dopo Napolitano? Padoan è un tecnico molto conosciuto in Europa, con lui la politica economica è in mani esperte». Il colloquio si era aperto con un omaggio a Roberto Benigni («sbaglia chi lo considera un comico, interpreta lo spirito del popolo italiano»). E si è chiuso sottolineando l’importanza del ruolo di papa Francesco
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Re: Renzi
'La polizia ha coperto il raid fascista del figlio di Alemanno'
http://www.tzetze.it/redazione/2014/12/ ... _alemanno/
“La polizia ha coperto il raid fascista del figlio di Alemanno”
Il Fatto Quotidiano riporta la notizia di una novità nell’indagine sull’aggressione subita da un ragazzo da parte di un gruppo di giovani tra cui c’era anche Manfredi Alemanno, il figlio del sindaco di Roma. Due poliziotti sono indagati per aver coperto quella vicenda.
Due agenti della questura di Roma sotto accusa per una vicenda che – lo racconta Il Fatto Quotidiano – ha coinvolto Manfredi Alemanno, il figlio del sindaco di Roma Gianni. I due poliziotti sono Roberto Macellaro, autista personale nel tempo libero del sindaco e della moglie, e Pietro Ronca, ispettore capo prima del commissariato Flaminio, poi trasferito a Primavalle. Sono indagati per falso in atto pubblico, favoreggiamento e omessa denuncia e l’inchiesta che li riguarda risale al 2 giugno 2009. In quella data l’allora quattordicenne Manfredi Alemanno partecipò insieme ad altri coetanei a una festa nella piscina di un condominio della Camilluccia, quartiere della Roma bene. In quell’occasione vennero fuori cori fascisti e saluti romani. Delle esternazioni di estrema destra non gradite però a tutti coloro che partecipavano alla festa tanto che chi aveva organizzato la giornata decise di invitare il gruppetto di amici a lasciare la piscina. Ed è a quel punto che la situazione degenerò: uno degli amici del figlio del sindaco Alemanno cominciò a fare decine di telefonate e ben presto arrivano altri ragazzi, questa volta maggiorenni, che iniziarono a pestare (anche con un casco) il ragazzino che si era opposto e che aveva osato mandare via Manfredi e gli altri.
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E' risaputo che certe forze dell'ordine hanno un debole per i fascisti.
Ciao
paolo11
http://www.tzetze.it/redazione/2014/12/ ... _alemanno/
“La polizia ha coperto il raid fascista del figlio di Alemanno”
Il Fatto Quotidiano riporta la notizia di una novità nell’indagine sull’aggressione subita da un ragazzo da parte di un gruppo di giovani tra cui c’era anche Manfredi Alemanno, il figlio del sindaco di Roma. Due poliziotti sono indagati per aver coperto quella vicenda.
Due agenti della questura di Roma sotto accusa per una vicenda che – lo racconta Il Fatto Quotidiano – ha coinvolto Manfredi Alemanno, il figlio del sindaco di Roma Gianni. I due poliziotti sono Roberto Macellaro, autista personale nel tempo libero del sindaco e della moglie, e Pietro Ronca, ispettore capo prima del commissariato Flaminio, poi trasferito a Primavalle. Sono indagati per falso in atto pubblico, favoreggiamento e omessa denuncia e l’inchiesta che li riguarda risale al 2 giugno 2009. In quella data l’allora quattordicenne Manfredi Alemanno partecipò insieme ad altri coetanei a una festa nella piscina di un condominio della Camilluccia, quartiere della Roma bene. In quell’occasione vennero fuori cori fascisti e saluti romani. Delle esternazioni di estrema destra non gradite però a tutti coloro che partecipavano alla festa tanto che chi aveva organizzato la giornata decise di invitare il gruppetto di amici a lasciare la piscina. Ed è a quel punto che la situazione degenerò: uno degli amici del figlio del sindaco Alemanno cominciò a fare decine di telefonate e ben presto arrivano altri ragazzi, questa volta maggiorenni, che iniziarono a pestare (anche con un casco) il ragazzino che si era opposto e che aveva osato mandare via Manfredi e gli altri.
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E' risaputo che certe forze dell'ordine hanno un debole per i fascisti.
Ciao
paolo11
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Re: Renzi
Repubblica 27.12.14
Il processo
Corte dei Conti, Renzi a giudizio respinta la richiesta di stop
FIRENZE Andrà avanti il processo contabile a carico di Matteo Renzi, a giudizio davanti alla Corte dei Conti insieme ad altre sette persone per un presunto danno erariale legato al conferimento di incarichi di direttore generale realizzato quando era presidente della Provincia di Firenze, tra il 2006 e il 2009. Sul caso la sezione giurisdizionale della Toscana ha emesso una «sentenza non definitiva con contestuale ordinanza».
Alberto Bianchi, avvocato del premier, aveva chiesto di non accettare l’atto di citazione con cui nel marzo scorso la Corte, nonostante la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura, aveva disposto il giudizio contabile. Invece secondo i giudici anche Renzi deve presentarsi all’udienza fissata per il 15 luglio 2015.
Il processo
Corte dei Conti, Renzi a giudizio respinta la richiesta di stop
FIRENZE Andrà avanti il processo contabile a carico di Matteo Renzi, a giudizio davanti alla Corte dei Conti insieme ad altre sette persone per un presunto danno erariale legato al conferimento di incarichi di direttore generale realizzato quando era presidente della Provincia di Firenze, tra il 2006 e il 2009. Sul caso la sezione giurisdizionale della Toscana ha emesso una «sentenza non definitiva con contestuale ordinanza».
Alberto Bianchi, avvocato del premier, aveva chiesto di non accettare l’atto di citazione con cui nel marzo scorso la Corte, nonostante la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura, aveva disposto il giudizio contabile. Invece secondo i giudici anche Renzi deve presentarsi all’udienza fissata per il 15 luglio 2015.
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Re: Renzi
Io, tutta questa omosessualità tricolore, mica la capisco.
Sarebbe tutto molto più semplice se potessi spiegarmi con i vocaboli che usavano i ragazzini dei primi anni ’50 da queste parti.
Piuttosto espliciti che andavano direttamente a bomba senza girarci troppo intorno. Un modo di esprimersi poi prolungato in tutto il periodo della scuola e poi ancora durante il periodo militare.
Però siamo su di un forum politico e dovrò limitarmi a girarci intorno assai, assai.
Il fenomeno allargato, si era già manifestato diffusamente durante l’ultimo ventennio. In modo particolare l’artefice era il solito Silvietto.
Con tutta la comprensione possibile ed immaginabile per gli orfani del Pentapartito defunto con Mani Pulite, il fenomeno Silvietto andava al di là di ogni ragionevole comprensione.
continua
Sarebbe tutto molto più semplice se potessi spiegarmi con i vocaboli che usavano i ragazzini dei primi anni ’50 da queste parti.
Piuttosto espliciti che andavano direttamente a bomba senza girarci troppo intorno. Un modo di esprimersi poi prolungato in tutto il periodo della scuola e poi ancora durante il periodo militare.
Però siamo su di un forum politico e dovrò limitarmi a girarci intorno assai, assai.
Il fenomeno allargato, si era già manifestato diffusamente durante l’ultimo ventennio. In modo particolare l’artefice era il solito Silvietto.
Con tutta la comprensione possibile ed immaginabile per gli orfani del Pentapartito defunto con Mani Pulite, il fenomeno Silvietto andava al di là di ogni ragionevole comprensione.
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Re: Renzi
Da subito, qualcuno di noi, alla fine del 1993 quando Silvietto annunciò di voler scendere nell’agone politico per fermare i “comunisti”, si accorse che si trattava di una bufala del solito spaccone, (bauscia, come dicono da queste parti, ma anche “barlafùs”,
Dal Dialetto milanese...
Barlafùs
Ovvero...
Persona su cui non si può fare affidamento),
da parte del signor “Ghe pensi mi”.
Lo avevamo intuito, ma poi con gli anni arrivarono le prove. Già nel 1994, La Repubblica pubblicò un’articolo sulla furiosa lite tra Berlusconi e Craxi, una domenica mattina della primavera del ’93, a Villa San Martino.
Silvietto non ne voleva sapere di entrare in politica perché gli stava a pennello il ruolo di gran corruttore della politica. Meno faticoso del fare politica ottenendo anche maggiori risultati manovrando dietro le quinte.
Bettino gran mariuolo, ma certamente non stupido politicamente, cercava di far capire all’amico che era finita. Mani Pulite aveva fatto fuori il CAF e che lui si preparava a fuggire all’estero. Silvio e le sue aziende rimanevano senza protezione. La magistratura, crollate le protezioni politiche si apprestava a procedere circa le infrazioni del passato.
I giornali dell’epoca scrivevano che Fininvest era alla canna del gas. E avevano ragione perché qualche anno dopo Wikipedia pubblicò questo dato di Mediobanca:
..le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992, 7.140 miliardi di lire di
debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.
Se Silvietto voleva salvare sé stesso e le sue aziende doveva scendere in campo di prima persona cercando di porre rimedio a qualsiasi costo. Qualsiasi costo. E così iniziò la seconda Repubblica ed il ventennio berlusconiano.
continua
Dal Dialetto milanese...
Barlafùs
Ovvero...
Persona su cui non si può fare affidamento),
da parte del signor “Ghe pensi mi”.
Lo avevamo intuito, ma poi con gli anni arrivarono le prove. Già nel 1994, La Repubblica pubblicò un’articolo sulla furiosa lite tra Berlusconi e Craxi, una domenica mattina della primavera del ’93, a Villa San Martino.
Silvietto non ne voleva sapere di entrare in politica perché gli stava a pennello il ruolo di gran corruttore della politica. Meno faticoso del fare politica ottenendo anche maggiori risultati manovrando dietro le quinte.
Bettino gran mariuolo, ma certamente non stupido politicamente, cercava di far capire all’amico che era finita. Mani Pulite aveva fatto fuori il CAF e che lui si preparava a fuggire all’estero. Silvio e le sue aziende rimanevano senza protezione. La magistratura, crollate le protezioni politiche si apprestava a procedere circa le infrazioni del passato.
I giornali dell’epoca scrivevano che Fininvest era alla canna del gas. E avevano ragione perché qualche anno dopo Wikipedia pubblicò questo dato di Mediobanca:
..le aziende del gruppo Berlusconi avevano nel 1992, 7.140 miliardi di lire di
debiti (4.475 finanziari e 2.665 commerciali), mentre il loro capitale netto ammontava a 1.053 miliardi.
Se Silvietto voleva salvare sé stesso e le sue aziende doveva scendere in campo di prima persona cercando di porre rimedio a qualsiasi costo. Qualsiasi costo. E così iniziò la seconda Repubblica ed il ventennio berlusconiano.
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Re: Renzi
Silvietto, è stato quindi il precursore dei Grandi Sodomizzatori italiani. Per vent’anni ha raccontato di tutto e la maggioranza degli italiani l’ha votato con trasporto. Dalla parte opposta, perché è difficile definirla di sinistra o di centrosinistra, si sono sempre chiesti come facevano ad essere così stupidi a votare Berlusconi.
Ma ora scopriamo che anche nel campo che si definisce di sinistra, ma non lo è, succede la stessa cosa con l’accalappia merli. Da qui, anche vedendo cosa succede in altri partiti, non si può non arrivare alla conclusione che una buona parte degli italiani adulti è propenso alla sodomia volontaria. Esattamente come nei tempi biblici di Sodoma e Gomorra.
Ma l’omosessualità è diventata così diffusa in questa striscia di terra a forma di Stivale?
Ma ora scopriamo che anche nel campo che si definisce di sinistra, ma non lo è, succede la stessa cosa con l’accalappia merli. Da qui, anche vedendo cosa succede in altri partiti, non si può non arrivare alla conclusione che una buona parte degli italiani adulti è propenso alla sodomia volontaria. Esattamente come nei tempi biblici di Sodoma e Gomorra.
Ma l’omosessualità è diventata così diffusa in questa striscia di terra a forma di Stivale?
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Re: Renzi
MEDIA & REGIME
Renzi: pensavo fosse il premier invece era un calesse
Non era Crozza, anche se sembrava. Era quello vero, quello originale. Matteo Renzi in persona. La conferenza di fine anno è stata l’occasione giusta per esaltare la prossemica d’ordinanza: faccette caricaturali, sguardo all’insù tipo Verdone e risatine di chi si crede Lenny Bruce ma pare piuttosto un Panariello in diesis assai minore. Protetto da domande quasi sempre accomodanti (mancava solo “Preferisce pandoro o panettone?”), Renzi ha dispensato una volta di più ottimismo, che come noto è il profumo della vita.
Per l’occasione aveva i capelli scompigliati, quasi a lasciare intendere che lui di notte non organizza cene eleganti ma si occupa di massimi sistemi e Norman Atlantic. L’effetto scenico è stato un po’ diverso, al punto che un satirico come Luca Bottura ha twittato: “Vorrei fare a Renzi la critica politica che lo infastidirà di più: ha un sacco di capelli bianchi nuovi e non li lava da qualche giorno”. L’apice politico è stato riassunto in una frase che ha saputo inebriare le masse: “Voglio cambiare l’umore degli italiani.
La parola del 2015 sarà ritmo”. E tutti, subito, a chiedersi se ci attenda un anno di merengue, rumba o meneito: è da questi particolari che si giudica uno statista.
(https://www.youtube.com/watch?v=nt-Zm6o1fCs) (ndt)
Da questi e dalle supercazzole regalate come fossero grandine d’estate sulle vigne: “Dobbiamo cambiare il paradigma economico dell’Europa” (tapioca a destra), “Punire chi sbaglia” (prematurata a sinistra), “I prossimi 12 mesi saranno decisivi” (come fosse Antani), “Meglio arroganti che disertori” (con scappellamento tarapìa tapiòco) e il misericordioso “Se ce la facciamo ha vinto l’Italia, se non ce la facciamo ho perso io”. Frase, quest’ultima, che ha ispirato su Twitter la replica greve del comico Pinuccio: “Renzi: ‘Se non ce la facciamo ho perso io’. Ma ce la prendiamo in culo noi”.
(vedo che il linguaggio anche sui media è cambiato. Si scrive come si parla - ndt)
Particolarmente entusiasmante la fenomenologia sui gufi: “Non penso che l’Italia sia spacciata, come pensano gufi e non solo”.
Renzi si è qui doviziosamente dilungato, con capacità analitica assai puntuta: “Non voglio lasciare l’Italia a chi parla male dell’Italia”. Renzi ha alfine risolto il più annoso dei quesiti: sì, ma chi sono esattamente i “gufi”? Marmorea la risposta: “Gufo è chi parla male dell’Italia, non del governo”. Amen.
Qua e là, avvincenti Sticazzi-Moments, per esempio quando Renzi ha fatto sapere che adora la serie tivù Newsrooom.
Il Presidente del Consiglio, disgraziatamente, a un certo punto ha detto la verità: “Mi vanto di avere fatto meno leggi di tutti”.
Gli è uscita come un rigurgito, come un riflusso esofageo mal trattenuto. Resosi conto dell’inciampo, Renzi ha prontamente stigmatizzato l’oltraggioso atteggiamento dei siti da lui compunsati ogni minuto, forse per rubacchiare idee o forse per vedere se il suo nome era diventato Trending Topic: avevano appena osato rilanciare che “Renzi si vanta di avere fatto poche leggi”, anche se lui ovviamente intendeva tutt’altro.
Proprio come capitava quando c’era (e c’è) Silvio. Esortando la plebe ad avere fuducia nel futuro, come lui stesso ripeteva al predecessore Letta, Renzi ha parlato tanto per dire pochissimo. Quando – per disgrazia – arrivava una domanda appena insidiosa, lui sparacchiava la palla in tribuna.
Fortunatamente le amate citazioni non sono mancate. Nei primi libri citava i Righeira, nei primi discorsi a Camera e Senato i Jalisse e Gigliola Cinquetti. Ieri, non potendo scomodare alcuni dei suoi capisaldi culturali – Jerry Calà, Minnie e Jimmy Il Fenomeno – ha riesumato “Indovina chi”. Roba forte, mai però come l’ardito riferimento filmico: “Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica”.
Una citazione appena consunta e scontata, ma retorica e banalità sono cifre che il renzismo applica pure al citazionismo. Accadde anche quando la nota statista Boschi scomodò Fanfani per citare una frase – “Le bugie non servono in politica” – così debole che sarebbe venuta in mente anche alla Picierno (forse).
E’ stata comunque una conferenza stampa bellissima. Per certi versi ha ricordato Pensavo fosse amore invece era un calesse. Massimo Troisi, nel film, viene lasciato da Francesca Neri.
Gli amici gli dicono che lei adesso sta con un uomo coraggioso e bellissimo, dunque non c’è speranza. Troisi non si arrende e scopre che il rivale è Marco Messeri, non proprio un adone, e di professione fa il giudice di sedia in gare tra barbieri: non esattamente un eroe.
Quando però Troisi lo fa notare, tutti lo trattano come un invidioso. Come un rosicone, come un gufo. Ecco: ieri si è nuovamente vissuta questa sensazione di tragicomica sbornia collettiva. E purtroppo Troisi non c’era.
Il Fatto Quotidiano, 30 dicembre 2014
Con video
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... e/1304877/
Renzi: pensavo fosse il premier invece era un calesse
Non era Crozza, anche se sembrava. Era quello vero, quello originale. Matteo Renzi in persona. La conferenza di fine anno è stata l’occasione giusta per esaltare la prossemica d’ordinanza: faccette caricaturali, sguardo all’insù tipo Verdone e risatine di chi si crede Lenny Bruce ma pare piuttosto un Panariello in diesis assai minore. Protetto da domande quasi sempre accomodanti (mancava solo “Preferisce pandoro o panettone?”), Renzi ha dispensato una volta di più ottimismo, che come noto è il profumo della vita.
Per l’occasione aveva i capelli scompigliati, quasi a lasciare intendere che lui di notte non organizza cene eleganti ma si occupa di massimi sistemi e Norman Atlantic. L’effetto scenico è stato un po’ diverso, al punto che un satirico come Luca Bottura ha twittato: “Vorrei fare a Renzi la critica politica che lo infastidirà di più: ha un sacco di capelli bianchi nuovi e non li lava da qualche giorno”. L’apice politico è stato riassunto in una frase che ha saputo inebriare le masse: “Voglio cambiare l’umore degli italiani.
La parola del 2015 sarà ritmo”. E tutti, subito, a chiedersi se ci attenda un anno di merengue, rumba o meneito: è da questi particolari che si giudica uno statista.
(https://www.youtube.com/watch?v=nt-Zm6o1fCs) (ndt)
Da questi e dalle supercazzole regalate come fossero grandine d’estate sulle vigne: “Dobbiamo cambiare il paradigma economico dell’Europa” (tapioca a destra), “Punire chi sbaglia” (prematurata a sinistra), “I prossimi 12 mesi saranno decisivi” (come fosse Antani), “Meglio arroganti che disertori” (con scappellamento tarapìa tapiòco) e il misericordioso “Se ce la facciamo ha vinto l’Italia, se non ce la facciamo ho perso io”. Frase, quest’ultima, che ha ispirato su Twitter la replica greve del comico Pinuccio: “Renzi: ‘Se non ce la facciamo ho perso io’. Ma ce la prendiamo in culo noi”.
(vedo che il linguaggio anche sui media è cambiato. Si scrive come si parla - ndt)
Particolarmente entusiasmante la fenomenologia sui gufi: “Non penso che l’Italia sia spacciata, come pensano gufi e non solo”.
Renzi si è qui doviziosamente dilungato, con capacità analitica assai puntuta: “Non voglio lasciare l’Italia a chi parla male dell’Italia”. Renzi ha alfine risolto il più annoso dei quesiti: sì, ma chi sono esattamente i “gufi”? Marmorea la risposta: “Gufo è chi parla male dell’Italia, non del governo”. Amen.
Qua e là, avvincenti Sticazzi-Moments, per esempio quando Renzi ha fatto sapere che adora la serie tivù Newsrooom.
Il Presidente del Consiglio, disgraziatamente, a un certo punto ha detto la verità: “Mi vanto di avere fatto meno leggi di tutti”.
Gli è uscita come un rigurgito, come un riflusso esofageo mal trattenuto. Resosi conto dell’inciampo, Renzi ha prontamente stigmatizzato l’oltraggioso atteggiamento dei siti da lui compunsati ogni minuto, forse per rubacchiare idee o forse per vedere se il suo nome era diventato Trending Topic: avevano appena osato rilanciare che “Renzi si vanta di avere fatto poche leggi”, anche se lui ovviamente intendeva tutt’altro.
Proprio come capitava quando c’era (e c’è) Silvio. Esortando la plebe ad avere fuducia nel futuro, come lui stesso ripeteva al predecessore Letta, Renzi ha parlato tanto per dire pochissimo. Quando – per disgrazia – arrivava una domanda appena insidiosa, lui sparacchiava la palla in tribuna.
Fortunatamente le amate citazioni non sono mancate. Nei primi libri citava i Righeira, nei primi discorsi a Camera e Senato i Jalisse e Gigliola Cinquetti. Ieri, non potendo scomodare alcuni dei suoi capisaldi culturali – Jerry Calà, Minnie e Jimmy Il Fenomeno – ha riesumato “Indovina chi”. Roba forte, mai però come l’ardito riferimento filmico: “Mi sento come Al Pacino in Ogni maledetta domenica”.
Una citazione appena consunta e scontata, ma retorica e banalità sono cifre che il renzismo applica pure al citazionismo. Accadde anche quando la nota statista Boschi scomodò Fanfani per citare una frase – “Le bugie non servono in politica” – così debole che sarebbe venuta in mente anche alla Picierno (forse).
E’ stata comunque una conferenza stampa bellissima. Per certi versi ha ricordato Pensavo fosse amore invece era un calesse. Massimo Troisi, nel film, viene lasciato da Francesca Neri.
Gli amici gli dicono che lei adesso sta con un uomo coraggioso e bellissimo, dunque non c’è speranza. Troisi non si arrende e scopre che il rivale è Marco Messeri, non proprio un adone, e di professione fa il giudice di sedia in gare tra barbieri: non esattamente un eroe.
Quando però Troisi lo fa notare, tutti lo trattano come un invidioso. Come un rosicone, come un gufo. Ecco: ieri si è nuovamente vissuta questa sensazione di tragicomica sbornia collettiva. E purtroppo Troisi non c’era.
Il Fatto Quotidiano, 30 dicembre 2014
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Re: Renzi
C'è chi si accorge e chi no.....
Prete del Catanzarese ai fedeli: ‘Renzi è un pifferaio magico, ha superato Berlusconi’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2014/12/ ... ni/326067/
Prete del Catanzarese ai fedeli: ‘Renzi è un pifferaio magico, ha superato Berlusconi’
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