"Allahu Akbar!"
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Re: "Allahu Akbar!"
IlFattoQuotidiano.it / BLOG / di Riccardo Noury
Diritti
Arabia Saudita, le prime 50 frustate per l’attivista Raif Badawi
di Riccardo Noury | 12 gennaio 2015
Commenti
Più informazioni su: Arabia Saudita, Blogger, Diritti Civili, Libertà di Espressione
Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Post | Articoli
badawiL’hanno fatto scendere da un pulmino, in catene. La piazza di fronte alla moschea al Jafali di Gedda era piena di gente, al termine della preghiera di venerdì 9 gennaio. La forte presenza di uomini della sicurezza faceva pensare che di lì a poco sarebbe successo qualcosa.
L’uomo trascinato in mezzo alla piazza era Raif Badawi, blogger, attivista e fondatore del sito “Liberali sauditi”.
È arrivato l’esecutore, protetto da agenti della sicurezza. E lì, al centro della piazza, ha iniziato a colpire con la frusta. Una, due, 10, 50 volte.
Ecco la testimonianza di chi ha assistito:
“Era a volto scoperto, tutti potevano vederlo. La gente si è messa in cerchio. Si chiedevano se fosse un assassino, uno che non pregava. Ha sollevato la testa verso il cielo, ha chiuso gli occhi e inarcato la schiena. Stava zitto, ma dall’espressione del suo volto potevi renderti conto del dolore che provava. L’agente lo ha colpito, contando ogni volta fino a 50, senza fermarsi. Quando ha finito, la folla ha iniziato a urlare ‘Allah-hu Akbar! Allah-hu Akbar!’ come se quell’uomo fosse stato purificato e liberato dal male”.
Pubblicità
Dopo 15 minuti lo “spettacolo” è terminato. Il pulmino è ripartito.
È stato stabilito che quella scena dovrà ripetersi per altre 19 settimane consecutive, fino ad arrivare alla completa esecuzione di una delle pene cui Raif Badawi è stato condannato il 1° settembre 2014: 1000 frustate.
Pensare che quella pena, un castigo medievale, sia portata a termine è impossibile. Le frustate non si cicatrizzano in una settimana, la pelle rimane aperta. Non devono farlo.
Dove non sono arrivate a fermare le prime 50 frustate, le pressioni dei governi alleati forse riusciranno a convincere le autorità saudite ad annullare le altre 950 frustate. A quel punto, se la pressione cesserà, Raif Badawi finirà nell’oblio dell’altra pena che gli è stata inflitta: 10 anni di carcere.
L’Arabia Saudita ha condannato l’attentato della scorsa settimana a Parigi contro il settimanale satirico Charlie Hebdo, “colpevole” di aver offeso l’Islam con le sue vignette. Lo stesso paese ha condannato a 1000 frustate e 10 anni di carcere un uomo “colpevole” di aver offeso l’Islam coi suoi post.
Raif Badawi è un prigioniero di coscienza, il cui unico ‘reato’ è stato quello di esercitare il diritto alla libertà d’espressione fondando un sito per il pubblico dibattito.
Qui, l’appello di Amnesty International per la sua scarcerazione.
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Arabia Saudita, le prime 50 frustate per l’attivista Raif Badawi
di Riccardo Noury | 12 gennaio 2015
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Riccardo Noury
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badawiL’hanno fatto scendere da un pulmino, in catene. La piazza di fronte alla moschea al Jafali di Gedda era piena di gente, al termine della preghiera di venerdì 9 gennaio. La forte presenza di uomini della sicurezza faceva pensare che di lì a poco sarebbe successo qualcosa.
L’uomo trascinato in mezzo alla piazza era Raif Badawi, blogger, attivista e fondatore del sito “Liberali sauditi”.
È arrivato l’esecutore, protetto da agenti della sicurezza. E lì, al centro della piazza, ha iniziato a colpire con la frusta. Una, due, 10, 50 volte.
Ecco la testimonianza di chi ha assistito:
“Era a volto scoperto, tutti potevano vederlo. La gente si è messa in cerchio. Si chiedevano se fosse un assassino, uno che non pregava. Ha sollevato la testa verso il cielo, ha chiuso gli occhi e inarcato la schiena. Stava zitto, ma dall’espressione del suo volto potevi renderti conto del dolore che provava. L’agente lo ha colpito, contando ogni volta fino a 50, senza fermarsi. Quando ha finito, la folla ha iniziato a urlare ‘Allah-hu Akbar! Allah-hu Akbar!’ come se quell’uomo fosse stato purificato e liberato dal male”.
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Dopo 15 minuti lo “spettacolo” è terminato. Il pulmino è ripartito.
È stato stabilito che quella scena dovrà ripetersi per altre 19 settimane consecutive, fino ad arrivare alla completa esecuzione di una delle pene cui Raif Badawi è stato condannato il 1° settembre 2014: 1000 frustate.
Pensare che quella pena, un castigo medievale, sia portata a termine è impossibile. Le frustate non si cicatrizzano in una settimana, la pelle rimane aperta. Non devono farlo.
Dove non sono arrivate a fermare le prime 50 frustate, le pressioni dei governi alleati forse riusciranno a convincere le autorità saudite ad annullare le altre 950 frustate. A quel punto, se la pressione cesserà, Raif Badawi finirà nell’oblio dell’altra pena che gli è stata inflitta: 10 anni di carcere.
L’Arabia Saudita ha condannato l’attentato della scorsa settimana a Parigi contro il settimanale satirico Charlie Hebdo, “colpevole” di aver offeso l’Islam con le sue vignette. Lo stesso paese ha condannato a 1000 frustate e 10 anni di carcere un uomo “colpevole” di aver offeso l’Islam coi suoi post.
Raif Badawi è un prigioniero di coscienza, il cui unico ‘reato’ è stato quello di esercitare il diritto alla libertà d’espressione fondando un sito per il pubblico dibattito.
Qui, l’appello di Amnesty International per la sua scarcerazione.
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Re: "Allahu Akbar!"
In effetti enfatizzare l'orrore in cui vivono i civili in quei paesi, indipendentemente dalla religione di appartenenza,
è una delle prime priorità.
Serve a capire e a far capire:
- che le vittime non siamo solo noi europei cristiani
- perchè, al di la della miseria, abbiamo questi flussi migratori massivi
- di quante vittime reali e potenziali parliamo (decine di migliaia all'anno,
centinaia di milioni a rischio, altro che i 12 di Charlie)
Dopodichè come CSX saremmo in grado di proporre una soluzione attuabile?
Lo chiedo perchè la miseria la sconfiggi con lo sviluppo economico e combattendo la corruzione.
Ma la violenza ideologica e materiale perpetrate dai fondamentalisti, quella no.
Quella si sconfigge con le pallottole, come nazifascismo e resistenza insegnano.
soloo42000
è una delle prime priorità.
Serve a capire e a far capire:
- che le vittime non siamo solo noi europei cristiani
- perchè, al di la della miseria, abbiamo questi flussi migratori massivi
- di quante vittime reali e potenziali parliamo (decine di migliaia all'anno,
centinaia di milioni a rischio, altro che i 12 di Charlie)
Dopodichè come CSX saremmo in grado di proporre una soluzione attuabile?
Lo chiedo perchè la miseria la sconfiggi con lo sviluppo economico e combattendo la corruzione.
Ma la violenza ideologica e materiale perpetrate dai fondamentalisti, quella no.
Quella si sconfigge con le pallottole, come nazifascismo e resistenza insegnano.
soloo42000
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Re: "Allahu Akbar!"
http://www.beppegrillo.it/videos/0_g6a1rur5.php
Passaparola - 10 anni di attacchi all'Islam di Massimo Fini
Ciao
Paolo11
Passaparola - 10 anni di attacchi all'Islam di Massimo Fini
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Paolo11
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Re: "Allahu Akbar!"
da un lato
Come l'Islam globalizzato vede l'occidente
estratto da F Q
L’Occidente responsabile di tutte le nefandezze, razzista, sfruttatore, coloniale, imperialista, capitalista; con il suo potere che viene solo da una violenza storica; gli occidentali e il loro benessere visto come usurpazione avara imposta da una società decadente d’imbecilli viziati, senza spiritualità, senz’anima. C’è un rapporto circolare di reciproco foraggiamento e amplificazione in cui da un lato l’odio politico antimperialista trova nell’ecumenismo guerriero islamista una prospettiva tradizionale di santificazione, dall’altro l’ecumenismo guerriero islamista trova nell’odio politico antimperialista un piano contemporaneo di ragione e di legittimazione sociale.
dall'altro non dimentichiamo il dualismo tra sciiti che fanno capo all'IMAM dell'Iran e i sunniti che fanno capo al Califfo legati all'Arabia Saudita da cui sono finanziati in larga parte, dualismo che esiste dopo la morte di Maometto per controllare con la religione la POLITICA da farsi in quelle regioni.
Da allora con la scoperta delle immense ricchezze del petrolio il conflitto per predominare non ha più limiti.
Una domanda che sorge spontanea:
perché con tutte quelle immense ricchezze che derivano dal petrolio dobbiamo continuare ad assistere a una continua emigrazione e a continue lotte fratricide ?
Come l'Islam globalizzato vede l'occidente
estratto da F Q
L’Occidente responsabile di tutte le nefandezze, razzista, sfruttatore, coloniale, imperialista, capitalista; con il suo potere che viene solo da una violenza storica; gli occidentali e il loro benessere visto come usurpazione avara imposta da una società decadente d’imbecilli viziati, senza spiritualità, senz’anima. C’è un rapporto circolare di reciproco foraggiamento e amplificazione in cui da un lato l’odio politico antimperialista trova nell’ecumenismo guerriero islamista una prospettiva tradizionale di santificazione, dall’altro l’ecumenismo guerriero islamista trova nell’odio politico antimperialista un piano contemporaneo di ragione e di legittimazione sociale.
dall'altro non dimentichiamo il dualismo tra sciiti che fanno capo all'IMAM dell'Iran e i sunniti che fanno capo al Califfo legati all'Arabia Saudita da cui sono finanziati in larga parte, dualismo che esiste dopo la morte di Maometto per controllare con la religione la POLITICA da farsi in quelle regioni.
Da allora con la scoperta delle immense ricchezze del petrolio il conflitto per predominare non ha più limiti.
Una domanda che sorge spontanea:
perché con tutte quelle immense ricchezze che derivano dal petrolio dobbiamo continuare ad assistere a una continua emigrazione e a continue lotte fratricide ?
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Re: "Allahu Akbar!"
Non possiamo negare che sul fronte dell'Isis non ci sia gente che conosce la comunicazione.
Prima hanno cominciato con gli sgozzamenti. Per alcuni nel mondo occidentale è stato percepito come paura se quel mondo prendesse il sopravvento. Per altri ha rappresentato orrore. Per altri ancora disgusto.
Adesso sembra abbiano smesso di tagliare le teste, sono passati alle esecuzioni per mano di un bambino di 10 anni.
Una barbarie di cui non si ha memoria nella storia dell'umanità.
Prima hanno cominciato con gli sgozzamenti. Per alcuni nel mondo occidentale è stato percepito come paura se quel mondo prendesse il sopravvento. Per altri ha rappresentato orrore. Per altri ancora disgusto.
Adesso sembra abbiano smesso di tagliare le teste, sono passati alle esecuzioni per mano di un bambino di 10 anni.
Una barbarie di cui non si ha memoria nella storia dell'umanità.
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Re: "Allahu Akbar!"
Forse... dico forse, è proprio la ricchezza ad alimentare avidità ed egoismo e quindi le lotte per il possesso e le sopraffazioni,Una domanda che sorge spontanea:
perché con tutte quelle immense ricchezze che derivano dal petrolio dobbiamo continuare
ad assistere a una continua emigrazione e a continue lotte fratricide ?
tutti i vizi che da millenni travagliano il genere umano.
Nulla ancora hanno potuto fare le varie utopie e siamo ancora a subire i danni contro l'umanità (noi stessi) e contro la natura
con il rischio concreto ed imminente di catastrofi immani e addirittura irreversibili.
Un saluto erding
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Re: "Allahu Akbar!"
Forse... dico forse, è proprio la ricchezza ad alimentare avidità ed egoismo e quindi le lotte per il possesso e le sopraffazioni, tutti i vizi che da millenni travagliano il genere umano.
Erding
Una corrente di pensiero è questa. Quello che non so è come viene classificata questo tipo di malattia.
Un’altra, minoritaria, è quella di un piano d’invasione pacifica. Del tipo quella cinese.
Erding
Una corrente di pensiero è questa. Quello che non so è come viene classificata questo tipo di malattia.
Un’altra, minoritaria, è quella di un piano d’invasione pacifica. Del tipo quella cinese.
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Re: "Allahu Akbar!"
E qual'è il motivo ?camillobenso ha scritto:Non possiamo negare che sul fronte dell'Isis non ci sia gente che conosce la comunicazione.
Prima hanno cominciato con gli sgozzamenti. Per alcuni nel mondo occidentale è stato percepito come paura se quel mondo prendesse il sopravvento. Per altri ha rappresentato orrore. Per altri ancora disgusto.
Adesso sembra abbiano smesso di tagliare le teste, sono passati alle esecuzioni per mano di un bambino di 10 anni.
Una barbarie di cui non si ha memoria nella storia dell'umanità.
Non commettiamo l'errore di pensare che sia per farci paura o per rimarcare una pretesa di dominio su tutto il genere umano.
Prima gli sgozzamenti a uso e consumo delle tv,con tanto di minacce alle tv arabe quando non li trasmettono....
poi i bambini macellati o trasformati in bombe e in carnefici....
esistono due motivazioni per questa barbarie.
-La prima è istintiva (da istinto) : essendo bestie subumane prive del minimo barlume di spirito o coscienza umana non possono fare a meno di manifestare se stessi.
-La seconda,quello volontaria che costituisce la loro strategia ragionata,è che sapendo quanto siamo sensibili su certe cose (i bambini mioddio) vogliono deliberatamente tramortirci,provocarci per farci inca**are oltre ogni limite inducendoci a reagire di getto contro i primi musulmani che ci capitano a tiro,quelli che ci vivono accanto e che sono l'biettivo finale di queste nefandezze,in modo che questi si sentano perseguitati e sviluppino un odio verso di noi che li faccia abbandonare il moderatismo e vadano a infoltire i ranghi del fondamentalismo.
Ogni volta che vedete un video per esempio con una scimmia fondamentalista (scusate il politically uncorrect che solitamente non mi appartiene ma penso se lo meritino tutto) che sgozza in mondovisione una persona,significa che quella "scimmia" vuole obbligarci a reagire con razzismo in modo che altri musulmani per reazione diventino scimmie pure loro.
Di fatto le nefandezze dei fondamentalismi hanno un mero fine di proselitismo per evitare che l'integrazione pacifica sviluppi il moderatismo per simpatia.
La cosa che mi manda in bestia è che i media tutto questo lo hanno chiarissimo ma evitano di dirlo,e sbavando per l'audience ci fanno vedere video assurdi facendo di fatto il gioco delle bestie,quando basterebbe dare le notizie in modo meno passionale (senza video per esempio o senza l'età dei boia) per evitare di innescare guerre razziste contro musulmani innocenti.
E in sovrappiù i governi occidentali si limitano a sfilare mezz'ora con un cartello per poter fare un paio di stupide leggi idrofobe che coinvolgono gli innocenti,invece che tagliare la testa al toro concentrandosi sui colpevoli e bussare presso i Paesi che ospitano i campi di addestramento scimmie e dirgli per esempio:
sentite un pò,questa foto satellite dimostra che a casa vostra ci sono le scimmie assassine e questo documento bancario dimostra che questo tizio li finanzia;noi ora che vi piaccia o no vi facciamo il favore di sterminarli tutti o aiutarvi a farlo,scegliete un pò voi da che parte mettervi.
Non è spirito guerriero.
E' la differenza tra innocenti e colpevoli,che si può concretizzare soltanto con la punizione dei colpevoli.
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Re: "Allahu Akbar!"
E' bene che si sappia
La crescita numerica dell’Islam è dovuta all’alta natalità dei paesi islamici
È probabile che al-Qataani abbia gonfiato i numeri per accrescere l’allarme tra i propri correligionari, ma le sue dichiarazioni rivelano un trend sempre più chiaro: malgrado le minacce di morte e le persecuzioni che subiscono gli “apostati, nel mondo le conversioni dall’islam al cristianesimo sono molto più numerose di quelle in senso contrario. La crescita numerica dell’islam, che di recente (come ha riconosciuto il Vaticano) ha superato il cattolicesimo come religione più praticata nel mondo, si deve infatti quasi esclusivamente all’alta natalità dei Paesi islamici, i cui tassi di mortalità infantile si sono enormemente ridotti rispetto al passato grazie alla medicina occidentale.
La crescita del cristianesimo è dovuta alle conversioni
La crescita del cristianesimo, invece, si basa soprattutto sulle conversioni degli adulti. Come ha scritto il leader cristiano evangelicale Wolfgang Simpson, «negli ultimi due decenni sono arrivati a Cristo più musulmani che in tutti i secoli precedenti».
Il calo in Africa
Nel 2006 lo sceicco Ahmad al-Qataani, intervistato da Al-Jazeera, pronunciò parole allarmate: «L’islam è sempre stato la principale religione dell’Africa e un tempo c’erano 30 lingue africane che si scrivevano in caratteri arabi. Il numero dei musulmani africani è attualmente di 316 milioni, metà dei quali sono nordafricani di cultura araba. Nella parte dell’Africa non araba il numero dei musulmani non eccede i 150 milioni. Quando si pensa che l’intera popolazione africana è di un miliardo di persone, ci si rende conto che in proporzione il numero dei musulmani è diminuito notevolmente rispetto all’inizio del secolo scorso. D’altra parte il numero dei cattolici è aumentato da un milione nel 1902 a circa 330 milioni. A questi si aggiungono 46 milioni di appartenenti ad altre confessioni cristiane. Ogni ora 667 musulmani si convertono al cristianesimo. Ogni giorno 16mila musulmani si convertono al cristianesimo. Ogni anno 6 milioni di musulmani si convertono al cristianesimo. Sono numeri enormi».
La crescita numerica dell’Islam è dovuta all’alta natalità dei paesi islamici
È probabile che al-Qataani abbia gonfiato i numeri per accrescere l’allarme tra i propri correligionari, ma le sue dichiarazioni rivelano un trend sempre più chiaro: malgrado le minacce di morte e le persecuzioni che subiscono gli “apostati, nel mondo le conversioni dall’islam al cristianesimo sono molto più numerose di quelle in senso contrario. La crescita numerica dell’islam, che di recente (come ha riconosciuto il Vaticano) ha superato il cattolicesimo come religione più praticata nel mondo, si deve infatti quasi esclusivamente all’alta natalità dei Paesi islamici, i cui tassi di mortalità infantile si sono enormemente ridotti rispetto al passato grazie alla medicina occidentale.
La crescita del cristianesimo è dovuta alle conversioni
La crescita del cristianesimo, invece, si basa soprattutto sulle conversioni degli adulti. Come ha scritto il leader cristiano evangelicale Wolfgang Simpson, «negli ultimi due decenni sono arrivati a Cristo più musulmani che in tutti i secoli precedenti».
Il calo in Africa
Nel 2006 lo sceicco Ahmad al-Qataani, intervistato da Al-Jazeera, pronunciò parole allarmate: «L’islam è sempre stato la principale religione dell’Africa e un tempo c’erano 30 lingue africane che si scrivevano in caratteri arabi. Il numero dei musulmani africani è attualmente di 316 milioni, metà dei quali sono nordafricani di cultura araba. Nella parte dell’Africa non araba il numero dei musulmani non eccede i 150 milioni. Quando si pensa che l’intera popolazione africana è di un miliardo di persone, ci si rende conto che in proporzione il numero dei musulmani è diminuito notevolmente rispetto all’inizio del secolo scorso. D’altra parte il numero dei cattolici è aumentato da un milione nel 1902 a circa 330 milioni. A questi si aggiungono 46 milioni di appartenenti ad altre confessioni cristiane. Ogni ora 667 musulmani si convertono al cristianesimo. Ogni giorno 16mila musulmani si convertono al cristianesimo. Ogni anno 6 milioni di musulmani si convertono al cristianesimo. Sono numeri enormi».
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Re: "Allahu Akbar!"
il Fatto 14.1.15
Il giurista Stefano Rodotà
“Le leggi speciali sono inutili. Sui diritti non si tratta”
di Silvia Truzzi
C’è tutto d’indicibile in quello che è accaduto a Parigi: la violenza, la paura, il pericolo, il dolore. Eppure tutto deve restare dicibile. Perché? Stefano Rodotà risponde così: “Per salvare la democrazia non si può perdere la democrazia”.
I diritti non sono se non assoluti e sempre garantiti: il problema – e non è questione da poco – sorge quando i diritti sembrano trovarsi in contraddizione, quando affermarne uno (la sicurezza) rischia di negarne un altro (la libertà).
Professore, in questi giorni qualcuno ha sostenuto che la libertà di manifestazione del pensiero ha dei limiti.
E molti altri hanno detto che si devono accettare anche le manifestazioni estreme di libertà di pensiero: è una tesi terribilmente impegnativa, implica un'assoluta coerenza nell'applicazione.
Allora vorrei far notare che al corteo di Parigi c'era anche Vicktor Orban, il primo ministro di un Paese - l'Ungheria - che ha represso in modo radicale la libertà di pensiero. E l'Unione europea non ha usato i poteri che le sono attribuiti da Maastricht per intervenire. Voglio dire: non basta affermare il primato delle libertà, bisogna trarne una serie di conseguenze. I diritti non sono a senso unico, secondo le convenienze.
Un limite è costituito dai reati d'opinione: la più recente discussione riguarda il negazionismo.
Molti in Italia - tra storici e giuristi - si sono opposti a che il negazionismo fosse considerato un reato; in altri Paesi è stato previsto come tale. Ho più volte spiegato le ragioni della mia contrarietà. Però è ovvio che se un fatto costituisce reato questo è certamente un limite: se ci sono reati, vanno perseguiti.
E dunque se c'è apologia del terrorismo, bisogna procedere di conseguenza. Il diritto alla manifestazione del pensiero però deve essere garantito sempre e nei confronti di tutti, non può essere applicato a intermittenza, con diversi pesi e misure. Sarebbe rischioso, alla luce del conflitto che si è aperto.
Siamo in “guerra”?
E' una parola sbagliata, che conduce direttamente alla tesi dello scontro di civiltà. C'è un problema che riguarda situazioni specifiche: l’orrore di Boko Ha-ram, le aggressioni di al Qaeda, le violenze omicide dell’Isis.
Non esiste in astratto una guerra tra democrazia e fondamentalismo. Se si afferma che siamo in guerra, le tutele che riguardano i diritti possono essere messe in discussione. E allora ci troviamo su un terreno scivoloso e pericoloso.
Dopo l'11 settembre presiedeva il gruppo dei garanti per il diritto alla riservatezza della Ue.
Ho negoziato duramente con gli Stati Uniti per impedire che una serie di diritti dei cittadini europei - per esempio quelli riguardanti la raccolta dei dati personali dei passeggeri negli aeroporti - fossero tanto limitati come il governo americano richiedeva. Nel febbraio 2002 l'American civil liberty union mandò una lettera alle istituzioni governative Usa dicendo che non si poteva chiedere ai cittadini europei di adeguarsi alle norme restrittive che l'America voleva imporre. E anzi sosteneva che loro avrebbero dovuto seguire le indicazioni di tutela dei diritti che venivano dall'Europa.
La democrazia vince quando si afferma completamente come tale.
"Per salvare la democrazia non dobbiamo perdere la democrazia":
il dibattito si è posto negli anni di piombo, quando si scelse la strada delle leggi speciali.
Ai tempi del decreto sul fermo di polizia - uno dei "decreti Cossiga" - ero in Parlamento: votai contro, quando il Pci votò per la fiducia al governo.
Riuscimmo a far passare un emendamento che prevedeva per il governo l'obbligo di relazionare sull'efficacia di queste leggi ogni sei mesi. Da quelle relazioni venne fuori che il fermo di polizia non serviva a nulla.
Servì, contro i brigatisti, l'isolamento politico, così come fu fondamentale la riorganizzazione delle forze di polizia.
La riduzione dei diritti è una risposta facile, che apparentemente rassicura, ma indebolisce la democrazia e non dà strumenti di lotta.
Allora come oggi le leggi speciali non servono. Adesso è fondamentale capire se l'organizzazione per il controllo e la prevenzione del terrorismo è adeguata alla situazione. La risposta sembra negativa: è su questo che bisogna agire, ad esempio con un vero coordinemento tra i servizi di sicurezza dei diversi Paesi.
È favorevole alla sospensione di Schengen?
No. E bene ha fatto il ministro Gentiloni a dire subito che non era d'accordo: ora si è aggiunta anche Angela Merkel. L'Europa non può tornare alle divisioni, negando la libertà di circolazione sul territorio. Sarebbe un atto contro la possibilità di rafforzare il patto tra gli Stati. Tra l’altro l'Italia è entrata tardi negli accordi di Schengen perché non aveva una legge sulla privacy. Da questo non si può tornare indietro.
I diritti sono più forti della paura?
Certo. E la tutela dei diritti è l'unico fattore di unificazione dei Paesi e di riconciliazione dei cittadini con le istituzioni. E' molto più facile prospettare misure straordinarie di pubblica sicurezza. Ma è sempre stata una risposta perdente: i diritti non sono in contrasto con l'efficienza organizzativa. E non sono negoziabili.
Il giurista Stefano Rodotà
“Le leggi speciali sono inutili. Sui diritti non si tratta”
di Silvia Truzzi
C’è tutto d’indicibile in quello che è accaduto a Parigi: la violenza, la paura, il pericolo, il dolore. Eppure tutto deve restare dicibile. Perché? Stefano Rodotà risponde così: “Per salvare la democrazia non si può perdere la democrazia”.
I diritti non sono se non assoluti e sempre garantiti: il problema – e non è questione da poco – sorge quando i diritti sembrano trovarsi in contraddizione, quando affermarne uno (la sicurezza) rischia di negarne un altro (la libertà).
Professore, in questi giorni qualcuno ha sostenuto che la libertà di manifestazione del pensiero ha dei limiti.
E molti altri hanno detto che si devono accettare anche le manifestazioni estreme di libertà di pensiero: è una tesi terribilmente impegnativa, implica un'assoluta coerenza nell'applicazione.
Allora vorrei far notare che al corteo di Parigi c'era anche Vicktor Orban, il primo ministro di un Paese - l'Ungheria - che ha represso in modo radicale la libertà di pensiero. E l'Unione europea non ha usato i poteri che le sono attribuiti da Maastricht per intervenire. Voglio dire: non basta affermare il primato delle libertà, bisogna trarne una serie di conseguenze. I diritti non sono a senso unico, secondo le convenienze.
Un limite è costituito dai reati d'opinione: la più recente discussione riguarda il negazionismo.
Molti in Italia - tra storici e giuristi - si sono opposti a che il negazionismo fosse considerato un reato; in altri Paesi è stato previsto come tale. Ho più volte spiegato le ragioni della mia contrarietà. Però è ovvio che se un fatto costituisce reato questo è certamente un limite: se ci sono reati, vanno perseguiti.
E dunque se c'è apologia del terrorismo, bisogna procedere di conseguenza. Il diritto alla manifestazione del pensiero però deve essere garantito sempre e nei confronti di tutti, non può essere applicato a intermittenza, con diversi pesi e misure. Sarebbe rischioso, alla luce del conflitto che si è aperto.
Siamo in “guerra”?
E' una parola sbagliata, che conduce direttamente alla tesi dello scontro di civiltà. C'è un problema che riguarda situazioni specifiche: l’orrore di Boko Ha-ram, le aggressioni di al Qaeda, le violenze omicide dell’Isis.
Non esiste in astratto una guerra tra democrazia e fondamentalismo. Se si afferma che siamo in guerra, le tutele che riguardano i diritti possono essere messe in discussione. E allora ci troviamo su un terreno scivoloso e pericoloso.
Dopo l'11 settembre presiedeva il gruppo dei garanti per il diritto alla riservatezza della Ue.
Ho negoziato duramente con gli Stati Uniti per impedire che una serie di diritti dei cittadini europei - per esempio quelli riguardanti la raccolta dei dati personali dei passeggeri negli aeroporti - fossero tanto limitati come il governo americano richiedeva. Nel febbraio 2002 l'American civil liberty union mandò una lettera alle istituzioni governative Usa dicendo che non si poteva chiedere ai cittadini europei di adeguarsi alle norme restrittive che l'America voleva imporre. E anzi sosteneva che loro avrebbero dovuto seguire le indicazioni di tutela dei diritti che venivano dall'Europa.
La democrazia vince quando si afferma completamente come tale.
"Per salvare la democrazia non dobbiamo perdere la democrazia":
il dibattito si è posto negli anni di piombo, quando si scelse la strada delle leggi speciali.
Ai tempi del decreto sul fermo di polizia - uno dei "decreti Cossiga" - ero in Parlamento: votai contro, quando il Pci votò per la fiducia al governo.
Riuscimmo a far passare un emendamento che prevedeva per il governo l'obbligo di relazionare sull'efficacia di queste leggi ogni sei mesi. Da quelle relazioni venne fuori che il fermo di polizia non serviva a nulla.
Servì, contro i brigatisti, l'isolamento politico, così come fu fondamentale la riorganizzazione delle forze di polizia.
La riduzione dei diritti è una risposta facile, che apparentemente rassicura, ma indebolisce la democrazia e non dà strumenti di lotta.
Allora come oggi le leggi speciali non servono. Adesso è fondamentale capire se l'organizzazione per il controllo e la prevenzione del terrorismo è adeguata alla situazione. La risposta sembra negativa: è su questo che bisogna agire, ad esempio con un vero coordinemento tra i servizi di sicurezza dei diversi Paesi.
È favorevole alla sospensione di Schengen?
No. E bene ha fatto il ministro Gentiloni a dire subito che non era d'accordo: ora si è aggiunta anche Angela Merkel. L'Europa non può tornare alle divisioni, negando la libertà di circolazione sul territorio. Sarebbe un atto contro la possibilità di rafforzare il patto tra gli Stati. Tra l’altro l'Italia è entrata tardi negli accordi di Schengen perché non aveva una legge sulla privacy. Da questo non si può tornare indietro.
I diritti sono più forti della paura?
Certo. E la tutela dei diritti è l'unico fattore di unificazione dei Paesi e di riconciliazione dei cittadini con le istituzioni. E' molto più facile prospettare misure straordinarie di pubblica sicurezza. Ma è sempre stata una risposta perdente: i diritti non sono in contrasto con l'efficienza organizzativa. E non sono negoziabili.
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