Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Passaparola: Le #NuoveTangentopoli, di Piercamillo Davigo
Nicola Morra ha intervistato il giudice Piercamillo Davigo sul tema della corruzione e della legalità
Test di integrità per scoprire i corrotti
Morra: Allora giudice, nel '92 inizia mani pulite. Da allora voi come magistrati avete fatto un lavoro notevolissimo e pur tuttavia ancora non si è riusciti a estirpare la corruzione, soprattutto nei pubblici uffici. Qual è a sua avviso la causa di tutto ciò? E come si può intervenire per sradicare del tutto?
Davigo: La ragione principale è che l'attività della politica degli ultimi anni non è stata quella di rendere più difficile commettere reati di corruzione, ma è stata quella di rendere più difficili le indagini sulla corruzione, sono state cambiate le norme (a favore degli autori dei reati!); sono state azzerate le prove acquisite e sono stati introdotti vari ostacoli. E' evidente quindi che se si rende più difficile la repressione della corruzione, è ovvio che aumentino i casi di corruzione stessa e diminuiscano le condanne, che è esattamente quello che è accaduto in Italia. Oggi la situazione rischia di essere fuori controllo: il numero dei fatti, la loro gravità, l'alto numeri di persone coinvolte in questi fatti, richiede strumenti straordinari. Io sono convinto che la soluzione o una delle soluzioni, potrebbe essere quella di introdurre quello che gli anglosassoni definiscono il “test di integrità”, cioè le operazioni sotto copertura in questa materia. Negli Stati Uniti io mi sono sentito fare questa osservazione: “Ma voi in Italia fate le indagini sulla corruzione?” E alla mia risposta affermativa mi hanno detto: “Ma no, ma è troppo difficile.” E allora io sorpreso, chiesi: “Ma perchè voi non intervenite? Li lasciate rubare?” e loro, di tutta risposta: “No, noi facciamo il test di integrità. Significa che subito dopo le elezioni mandiamo la polizia sotto copertura a offrire denaro agli eletti e quelli che li prendono vengono arrestati. Per cui a ogni elezione ripuliamo la classe politica”. E' una soluzione che potrebbe essere ancorata magari a elementi indiziali già forti, come per esempio la sperequazione fra i redditi e i tenori di vita, per essere sicuri di andare a individuare persone che già sono sospettabili.
Mose, Expo, MafiaCapitale: le nuove tangentopoli
Morra: Quindi test di integrità e massima trasparenza possibile. L'idea di un politometro poteva anche essere efficace. Io sono convinto per esempio che tutti gli ufficiali pubblici debbano dar conto di quello che guadagnano e consumano. Giudice però con gli scandali degli anni 90 che hanno funestato la partitocrazia dell'epoca ci fu una reazione popolare molto feroce, indignata. Io ricordo molto bene che tantissimi italiani seguivano giornalmente i collegamenti con la procura di Milano perchè volevano aver notizia. Adesso invece sembra che MOSE, EXPO, MafiaCapitale, siano seguiti quasi con distrazione perchè quasi ci si è fatti l'idea che queste patologie siano inestirpabili dal costume italico. Le sembra corretta questa analisi? E' come se ci fossimo assuefatti?
Davigo: Io credo che più che assuefatta l'opinione pubblica sia rassegnata, nel senso che essendo state vanificate molte volte le speranze di un miglioramento della situazione, ritenga inevitabile ciò che sta accadendo. Però bisogna tener presente che uno dei problemi principali che scoraggia gli investimenti dall'estero che determina il malfunzionamento della pubblica amministrazione sono il crimine organizzato e la corruzione. Se l'Italia non affronta questi due problemi drammatici non uscirà mai dalla situazione di difficoltà in cui si trova, anche nei rapporti con gli altri paesi. Non dobbiamo mai dimenticare che al contrario di quello che si è raccontato per diverso tempo, l'Italia non è affatto un paese insicuro, però ha due forme molto gravi di criminalità: uno è il crimine organizzato, l'altra è la devianza delle classi dirigenti che in queste misure sono tipiche solo dell'Italia. Noi esportiamo criminalità organizzata in altri paesi che ce l'hanno perchè l'abbiamo portata noi. Così come in altri paesi per atti di gravità infinitamente minore rispetto a quelli che ogni sera apprendiamo dai notiziari televisivi, le persone vengono costrette alle dimissioni. Da noi restano al loro posto fino a quando non vengono i carabinieri a prenderli!
Le norme anticorruzione non esistono
Morra: Giudice un'ultima domanda. Da circa nove mesi il cosiddetto pacchetto anticorruzione giace in Senato, ogni tanto viene ripreso, ogni tanto poi viene bloccato e di fatto le aspettative relative all'approvazione di nuove norme che con vigore contrastino la corruzione vengono puntualmente deluse. Di cosa c'è necessità, anche, per esempio, a livello parlamentare? Come si può fare per far sì che il paese si doti di norme certe? Anche perchè gli ultimi avvenimenti di natura parlamentare e ministeriale raccontano di manine che introducono norme, come dire... “opinabili”, rimanendo sull'eufemismo...
Davigo: Anche qui io credo che se ci fosse una maggiore sensibilità da parte dei parlamentari, soprattutto alle pressioni che vengono dalla comunità internazionale, la quale da molto tempo chiede all'Italia di fare pulizia della sua classe dirigente e ci chiede l'attuazione delle convenzioni internazionali che l'Italia ha sottoscritto, a cominciare da quella dell'OCSE sulla corruzione transnazionale, a quella dell'ONU sulla corruzione, da quella del Consiglio d'Europa sempre sulla corruzione, di introdurre una serie di normative che riducano il fenomeno a fisologia, dando per scontato che la situazione italiana non è affatto fisiologica. Del resto negli indici di percezioni siamo agli ultimi posti in Europa.
L'importanza della cultura
Morra: Quindi da questo punto di vista dobbiamo sperare che l'Europa rappresenti una via d'uscita e non una causa di ulteriore aggravamento della situazione. Un ultimissimo quesito, di natura... cultural-morale: lei che per tanti anni ha dedicato la vita all'amministrazione della giustizia, cosa pensa si possa e si debba fare in termini di investimenti culturali per far fare al nostro paese questo benedetto “salto di qualità”? Perchè io noto che proprio in termini di percezione della corruzione e anche dell'effettività delle norme noi anche nelle piccole cose siamo ormai rassegnati a veder sempre chi evade la norma, chi viola la norma a farla franca. C'è proprio un atteggiamento diffuso.
Davigo: C'è un problema molto serio che riguarda anche le istituzioni scolastiche. Io racconto sempre che pur essendo andato alle scuole elementari in un piccolo comune della provincia di Pavia dove sono nato, alle scuole elementari ho ricevuto una formazione culturale di tipo mafioso, perchè quando il maestro usciva di classe, lasciava al capoclasse l'incarico di segnare sulla lavagna i buoni e i cattivi. Il capoclasse andava alla lavagna a tirare una riga, scriveva i buoni e i cattivi sottolineati, solo sulla base di rapporti clientelari: chi gli dava il cioccolato, chi gli dava gli pallone, cose di questo genere. I cattivi non li segnava mai. Se qualcuno esagerava nel fare baccano, dopo averlo richiamato varie volte, cominciava a scrivere le prime lettere del cognome dei cattivi e immancabilmente dai banchi arrivava il grido "SPIA"! Ora, quando si è spia? Si è spia rispetto al nemico invasore, si è spia rispetto al tiranno. Non si è spia rispetto alla legittima autorità del proprio paese. Nessuno di noi aveva mai dubitato che il maestro fosse investito di legittima autorità. E che anche il capoclasse, ancorchè fetente, fosse investito di legittima autorità per delega del maestro. Ma in quel contesto il grido “spia” diventava apologia dell'omertà che è uno dei pilastri fondanti della cultura mafiosa. Cioè non importa che quello sia davvero cattivo, tu non lo devi scrivere. C'è però di più e di peggio. Sono stato ovviamente studente anche io e ho dovuto verificare sula base dei miei ricordi che era vero quello che diceva l'onorevole Andreatta e cioè che la scuola italiana crea pessimi studenti abituati a coalizzarsi fra di loro a danno dell'insegnante e in prospettiva saranno pessimi cittadini perchè il rapporto insegnate-studenti è metafora del rapporto Stato-cittadini. Una volta negli Stati Uniti mi hanno raccontato una cosa a cui ho stentato a credere. E allora mi hanno portato in una scuola per convincermi che era vero. La cosa a cui non ero disposto a credere era che gli insegnanti dessero esercizi da fare a casa a tempo. Per cui gli studenti andavano a casa, mettevano il contaminuti e allo scadere del tempo smettevano di fare l'esercizio che stavano facendo e tornavano a scuola il giorno dopo con il compito al punto in cui erano arrivati. Ora, andai in questa scuola e la prima cosa che mi colpì fu lo stupore di insegnanti e studenti per la mia incredulità, cioè non riuscivano a capire perchè io non volessi credere a una cosa che per loro era ovvia. E poi mi hanno spiegato perchè funzionava così, dopo che io dissi a loro guardate che da noi non è così, se a noi viene data una ricerca da fare a casa vengono mobilitati parenti e affini fino al quindicesimo grado per far fare una bella ricerca allo studente. E mi spiegarono che da loro nessuno copia. Se qualcuno non sa una cosa si alza e chiede spiegazioni all'insegnante. Al mio stuopore mi spiegarono che questo accade, intanto perchè non c'è il valore legale del titolo di studio e quindi non conta ciò che uno è ma ciò che uno sa, ma soprattutto gli esami importanti nella vita non sono come da noi quelli di uscita da un ciclo scolastico, ma quelli di entrata e di ammissione al ciclo scolastico successivo. Esami che gli studenti faranno davanti a persone che non hanno mai visto. In quel contesto l'insegnante è l'allenatore che li prepara alle prove vere che faranno davanti a qualcun'altro. Ingannare non ha alcun senso. Io non so se la loro scuola sia migliore della nostra, magari no, non è questo. Ma la loro scuola insegna la lealtà. La nostra insegna la furbizia.
Morra: anche da questo punto di vista c'è molto da lavorare. Giudice, la ringrazio.
http://www.beppegrillo.it/2015/01/passa ... avigo.html
Nicola Morra ha intervistato il giudice Piercamillo Davigo sul tema della corruzione e della legalità
Test di integrità per scoprire i corrotti
Morra: Allora giudice, nel '92 inizia mani pulite. Da allora voi come magistrati avete fatto un lavoro notevolissimo e pur tuttavia ancora non si è riusciti a estirpare la corruzione, soprattutto nei pubblici uffici. Qual è a sua avviso la causa di tutto ciò? E come si può intervenire per sradicare del tutto?
Davigo: La ragione principale è che l'attività della politica degli ultimi anni non è stata quella di rendere più difficile commettere reati di corruzione, ma è stata quella di rendere più difficili le indagini sulla corruzione, sono state cambiate le norme (a favore degli autori dei reati!); sono state azzerate le prove acquisite e sono stati introdotti vari ostacoli. E' evidente quindi che se si rende più difficile la repressione della corruzione, è ovvio che aumentino i casi di corruzione stessa e diminuiscano le condanne, che è esattamente quello che è accaduto in Italia. Oggi la situazione rischia di essere fuori controllo: il numero dei fatti, la loro gravità, l'alto numeri di persone coinvolte in questi fatti, richiede strumenti straordinari. Io sono convinto che la soluzione o una delle soluzioni, potrebbe essere quella di introdurre quello che gli anglosassoni definiscono il “test di integrità”, cioè le operazioni sotto copertura in questa materia. Negli Stati Uniti io mi sono sentito fare questa osservazione: “Ma voi in Italia fate le indagini sulla corruzione?” E alla mia risposta affermativa mi hanno detto: “Ma no, ma è troppo difficile.” E allora io sorpreso, chiesi: “Ma perchè voi non intervenite? Li lasciate rubare?” e loro, di tutta risposta: “No, noi facciamo il test di integrità. Significa che subito dopo le elezioni mandiamo la polizia sotto copertura a offrire denaro agli eletti e quelli che li prendono vengono arrestati. Per cui a ogni elezione ripuliamo la classe politica”. E' una soluzione che potrebbe essere ancorata magari a elementi indiziali già forti, come per esempio la sperequazione fra i redditi e i tenori di vita, per essere sicuri di andare a individuare persone che già sono sospettabili.
Mose, Expo, MafiaCapitale: le nuove tangentopoli
Morra: Quindi test di integrità e massima trasparenza possibile. L'idea di un politometro poteva anche essere efficace. Io sono convinto per esempio che tutti gli ufficiali pubblici debbano dar conto di quello che guadagnano e consumano. Giudice però con gli scandali degli anni 90 che hanno funestato la partitocrazia dell'epoca ci fu una reazione popolare molto feroce, indignata. Io ricordo molto bene che tantissimi italiani seguivano giornalmente i collegamenti con la procura di Milano perchè volevano aver notizia. Adesso invece sembra che MOSE, EXPO, MafiaCapitale, siano seguiti quasi con distrazione perchè quasi ci si è fatti l'idea che queste patologie siano inestirpabili dal costume italico. Le sembra corretta questa analisi? E' come se ci fossimo assuefatti?
Davigo: Io credo che più che assuefatta l'opinione pubblica sia rassegnata, nel senso che essendo state vanificate molte volte le speranze di un miglioramento della situazione, ritenga inevitabile ciò che sta accadendo. Però bisogna tener presente che uno dei problemi principali che scoraggia gli investimenti dall'estero che determina il malfunzionamento della pubblica amministrazione sono il crimine organizzato e la corruzione. Se l'Italia non affronta questi due problemi drammatici non uscirà mai dalla situazione di difficoltà in cui si trova, anche nei rapporti con gli altri paesi. Non dobbiamo mai dimenticare che al contrario di quello che si è raccontato per diverso tempo, l'Italia non è affatto un paese insicuro, però ha due forme molto gravi di criminalità: uno è il crimine organizzato, l'altra è la devianza delle classi dirigenti che in queste misure sono tipiche solo dell'Italia. Noi esportiamo criminalità organizzata in altri paesi che ce l'hanno perchè l'abbiamo portata noi. Così come in altri paesi per atti di gravità infinitamente minore rispetto a quelli che ogni sera apprendiamo dai notiziari televisivi, le persone vengono costrette alle dimissioni. Da noi restano al loro posto fino a quando non vengono i carabinieri a prenderli!
Le norme anticorruzione non esistono
Morra: Giudice un'ultima domanda. Da circa nove mesi il cosiddetto pacchetto anticorruzione giace in Senato, ogni tanto viene ripreso, ogni tanto poi viene bloccato e di fatto le aspettative relative all'approvazione di nuove norme che con vigore contrastino la corruzione vengono puntualmente deluse. Di cosa c'è necessità, anche, per esempio, a livello parlamentare? Come si può fare per far sì che il paese si doti di norme certe? Anche perchè gli ultimi avvenimenti di natura parlamentare e ministeriale raccontano di manine che introducono norme, come dire... “opinabili”, rimanendo sull'eufemismo...
Davigo: Anche qui io credo che se ci fosse una maggiore sensibilità da parte dei parlamentari, soprattutto alle pressioni che vengono dalla comunità internazionale, la quale da molto tempo chiede all'Italia di fare pulizia della sua classe dirigente e ci chiede l'attuazione delle convenzioni internazionali che l'Italia ha sottoscritto, a cominciare da quella dell'OCSE sulla corruzione transnazionale, a quella dell'ONU sulla corruzione, da quella del Consiglio d'Europa sempre sulla corruzione, di introdurre una serie di normative che riducano il fenomeno a fisologia, dando per scontato che la situazione italiana non è affatto fisiologica. Del resto negli indici di percezioni siamo agli ultimi posti in Europa.
L'importanza della cultura
Morra: Quindi da questo punto di vista dobbiamo sperare che l'Europa rappresenti una via d'uscita e non una causa di ulteriore aggravamento della situazione. Un ultimissimo quesito, di natura... cultural-morale: lei che per tanti anni ha dedicato la vita all'amministrazione della giustizia, cosa pensa si possa e si debba fare in termini di investimenti culturali per far fare al nostro paese questo benedetto “salto di qualità”? Perchè io noto che proprio in termini di percezione della corruzione e anche dell'effettività delle norme noi anche nelle piccole cose siamo ormai rassegnati a veder sempre chi evade la norma, chi viola la norma a farla franca. C'è proprio un atteggiamento diffuso.
Davigo: C'è un problema molto serio che riguarda anche le istituzioni scolastiche. Io racconto sempre che pur essendo andato alle scuole elementari in un piccolo comune della provincia di Pavia dove sono nato, alle scuole elementari ho ricevuto una formazione culturale di tipo mafioso, perchè quando il maestro usciva di classe, lasciava al capoclasse l'incarico di segnare sulla lavagna i buoni e i cattivi. Il capoclasse andava alla lavagna a tirare una riga, scriveva i buoni e i cattivi sottolineati, solo sulla base di rapporti clientelari: chi gli dava il cioccolato, chi gli dava gli pallone, cose di questo genere. I cattivi non li segnava mai. Se qualcuno esagerava nel fare baccano, dopo averlo richiamato varie volte, cominciava a scrivere le prime lettere del cognome dei cattivi e immancabilmente dai banchi arrivava il grido "SPIA"! Ora, quando si è spia? Si è spia rispetto al nemico invasore, si è spia rispetto al tiranno. Non si è spia rispetto alla legittima autorità del proprio paese. Nessuno di noi aveva mai dubitato che il maestro fosse investito di legittima autorità. E che anche il capoclasse, ancorchè fetente, fosse investito di legittima autorità per delega del maestro. Ma in quel contesto il grido “spia” diventava apologia dell'omertà che è uno dei pilastri fondanti della cultura mafiosa. Cioè non importa che quello sia davvero cattivo, tu non lo devi scrivere. C'è però di più e di peggio. Sono stato ovviamente studente anche io e ho dovuto verificare sula base dei miei ricordi che era vero quello che diceva l'onorevole Andreatta e cioè che la scuola italiana crea pessimi studenti abituati a coalizzarsi fra di loro a danno dell'insegnante e in prospettiva saranno pessimi cittadini perchè il rapporto insegnate-studenti è metafora del rapporto Stato-cittadini. Una volta negli Stati Uniti mi hanno raccontato una cosa a cui ho stentato a credere. E allora mi hanno portato in una scuola per convincermi che era vero. La cosa a cui non ero disposto a credere era che gli insegnanti dessero esercizi da fare a casa a tempo. Per cui gli studenti andavano a casa, mettevano il contaminuti e allo scadere del tempo smettevano di fare l'esercizio che stavano facendo e tornavano a scuola il giorno dopo con il compito al punto in cui erano arrivati. Ora, andai in questa scuola e la prima cosa che mi colpì fu lo stupore di insegnanti e studenti per la mia incredulità, cioè non riuscivano a capire perchè io non volessi credere a una cosa che per loro era ovvia. E poi mi hanno spiegato perchè funzionava così, dopo che io dissi a loro guardate che da noi non è così, se a noi viene data una ricerca da fare a casa vengono mobilitati parenti e affini fino al quindicesimo grado per far fare una bella ricerca allo studente. E mi spiegarono che da loro nessuno copia. Se qualcuno non sa una cosa si alza e chiede spiegazioni all'insegnante. Al mio stuopore mi spiegarono che questo accade, intanto perchè non c'è il valore legale del titolo di studio e quindi non conta ciò che uno è ma ciò che uno sa, ma soprattutto gli esami importanti nella vita non sono come da noi quelli di uscita da un ciclo scolastico, ma quelli di entrata e di ammissione al ciclo scolastico successivo. Esami che gli studenti faranno davanti a persone che non hanno mai visto. In quel contesto l'insegnante è l'allenatore che li prepara alle prove vere che faranno davanti a qualcun'altro. Ingannare non ha alcun senso. Io non so se la loro scuola sia migliore della nostra, magari no, non è questo. Ma la loro scuola insegna la lealtà. La nostra insegna la furbizia.
Morra: anche da questo punto di vista c'è molto da lavorare. Giudice, la ringrazio.
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Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
E' una vittoria di Pirlo??? Una corrente di pensiero sostiene di sì.
Ora Ncd si spacca sul Quirinale. Saltamartini dà le dimissioni
La convergenza sul nome di Mattarella non convince tutti i Popolari. Il portavoce del gruppo lascia in disaccordo
Luca Romano - Sab, 31/01/2015 - 11:00
Alla fine il Nuovo centrodestra ha ceduto e deciso di seguire la linea proposta dal Partito democratico.
Una scelta, quella di convergere sul nome di Sergio Mattarella per la presidenza della Repubblica, che ha causato una serie di tensioni all'interno del gruppo Ndc-Udc.
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Ncd decide per il "sì" a Mattarella
Un caso che potrebbe portare il capogruppo di Area popolare al Senato, Maurizio Sacconi, a presentare le sue dimissioni da presidente, in polemica con una scelta che ancora ieri aveva giudicato inaccettabile, tra i più convinti a non cedere alla scelta proposta dal Partito Democratico. Questa mattina non ha partecipato alla riunione di Area Popolare, un segnale forte.
E in casa Ncd, Sacconi non è neppure l'unico a essere in disaccordo. Barbara Saltamartini ha annunciato le sue dimissioni da portavoce, convinta sulla scheda bianca, "per rispetto delle istituzioni". Il punto su cui insiste la parlamentare non è per altro il nome di Mattarella, bensì "il metodo con cui si è arrivati a questa scelta", che "compromette la possibilità di poter ricostruire un nuovo grande schieramento di centrodestra".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 88065.html
Ora Ncd si spacca sul Quirinale. Saltamartini dà le dimissioni
La convergenza sul nome di Mattarella non convince tutti i Popolari. Il portavoce del gruppo lascia in disaccordo
Luca Romano - Sab, 31/01/2015 - 11:00
Alla fine il Nuovo centrodestra ha ceduto e deciso di seguire la linea proposta dal Partito democratico.
Una scelta, quella di convergere sul nome di Sergio Mattarella per la presidenza della Repubblica, che ha causato una serie di tensioni all'interno del gruppo Ndc-Udc.
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E in casa Ncd, Sacconi non è neppure l'unico a essere in disaccordo. Barbara Saltamartini ha annunciato le sue dimissioni da portavoce, convinta sulla scheda bianca, "per rispetto delle istituzioni". Il punto su cui insiste la parlamentare non è per altro il nome di Mattarella, bensì "il metodo con cui si è arrivati a questa scelta", che "compromette la possibilità di poter ricostruire un nuovo grande schieramento di centrodestra".
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 88065.html
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Re: Diario della caduta di un regime.
Mattarella, caos Forza Italia e Ncd. Renzi: “Riforme? Scommetto su Berlusconi”
Il presidente del Consiglio conferma l'impegno con Berlusconi: “Patto del Nazareno a rischio? Non è colpa di Berlusconi ma di chi gli sta intorno”. Alfano sotto processo, ma il leader Pd insiste: "Avanti fino al 2018"
di Diego Pretini | 31 gennaio 2015
Artitolo + VIDEO della Santanché
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01 ... qus_thread
Il presidente del Consiglio conferma l'impegno con Berlusconi: “Patto del Nazareno a rischio? Non è colpa di Berlusconi ma di chi gli sta intorno”. Alfano sotto processo, ma il leader Pd insiste: "Avanti fino al 2018"
di Diego Pretini | 31 gennaio 2015
Artitolo + VIDEO della Santanché
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01 ... qus_thread
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Re: Diario della caduta di un regime.
Corruzione: Italia ferma al 69° posto (Transparency)
https://www.transparency.it/wp-content/ ... ts_NEW.pdf
https://www.transparency.it/wp-content/ ... ts_NEW.pdf
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: Diario della caduta di un regime.
flaviomob ha scritto:Corruzione: Italia ferma al 69° posto (Transparency)
https://www.transparency.it/wp-content/ ... ts_NEW.pdf
L'ipocrisia truffaldina che domina l'Europa e l'Italia negli ultimi 20 anni, è quella di parlare e pontificare in generale in maniera del tutto generica.
BISOGNA FARE LE RIFORME.
Ma mai nessun politico della Ue o tricolore entra nello specifico.
Una di queste ad esempio è la riforma per ridurre drasticamente la corruzione.
Non si può far ripartire l'economia se non si mette mano alla corruzione.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Essendo appena arrivato, non sono ancora coinvolto nella discussione sui dettagli concreti e tendo a rimanere sulle generali, più ancora di quanto sono portato a fare in base alla mappa ideologica che mi guida da almeno vent'anni - mappa che mi sono disegnato sulla falsariga del "pessimismo della ragione" e che, però, mi fa essere insofferente verso la full immersion nello scandalismo della cronaca quotidiana.
Questo thread di Camillo è, comunque, una specie di luna park, che offre tutti gli spunti possibili e immaginabili, sia per le riflessioni millenaristiche, sia per l'analisi sulla psicologia di massa, sia per varie e diverse sfaccettature sociologiche offerte dal quotidiano: il suo titolo - diario della caduta di un regime - potrebbe essere il titolo dell'intero forum, o di una sua corposa sezione.
Detto tutto ciò, confesso di essere attratto da un dettaglio dell'intervista a Davigo: la scuola e l'esperienza americana.
Prima di addentrarmi nella riflessione, una premessa personale, che non guasta: io sono sempre stato, e sono tuttora, uno inguaribilmente "leale". Quando gioco a carte, distolgo lo sguardo se per caso mi si offrono alla vista quelle in mano all'avversario. Non ho mai copiato un compito, nemmeno quelli di matematica. Non ho mai approfittato della debolezza o della distrazione di un insegnante eventualmente debole o distratto.
E tuttavia non sono mai stato un legalista, ho sempre evitato di fare il capoclasse, ho sempre ignorato le regole imposte e ho sempre preferito seguire quelle che inventavo per mio conto: credo che la legge migliore sia quella più flessibile, non quella più tassativa, perché non credo che la realtà sia riducibile a una casistica predeterminata - predeterminazione come antefatto dello stato etico e autoritario.
La scuola americana e in generale il modello educativo anglosassone è perfettamente funzionale a formare perfetti sportivi, e cittadini esemplari. Ma anche cittadini conformisti, e spontaneamente subordinati al sistema e al potere.
Perfettamente coerente con la "civiltà del diritto", esattamente contrapposta alla "civiltà dell'amore", che caratterizza i paesi latini, mediterranei e, specialmente, quelli cattolici.
La civiltà del diritto non ha bisogno di spiegazioni, non solo perchè il nome è grosso modo esaustivo, ma perché è alla base delle istituzioni liberali che regolano le moderne democrazie - e alla base, anche, dei limiti delle moderne democrazie, e della loro attuale crisi, oltre che dei suoi paradossi e di molte ingiustizie.
La civiltà dell'amore è quella regolata secondo i criterii (assai soggettivi, discutibili all'infinito) di bello e di giusto, e di opportuno, basati sull'affetto, sull'amicizia, sulla relatività del bisogno, e sul concetto di "colpa" (secondo coscienza) piuttosto che su quello di "reato" (secondo la legge).
La civiltà dell'amore, giudicata dal punto di vista di quella del diritto, ne esce a pezzi.
La civiltà del diritto, giudicata secondo i criteri di quella dell'amore, ne esce a pezzi.
La sinistra ha il compito, storico e allo stesso tempo contingente, di valutare i pezzi e recuperarli selettivamente.
Ogni volta che la sinistra si è lasciata coinvolgere da una o l'altra versione di "civiltà" (o da una loro interpretazione subordinata) e l'ha adottata, ha sbagliato, o meglio, ha perduto la sua sostanziale ragion d'essere e la sua identità.
Rispetto all'esempio portato da Davigo, che esalta il concetto di legalità, non possiamo fare a meno di pensare che la sinistra ha rappresentato, fin dalle origini, il rifiuto della sottomissione all'autorità, in nome di un'etica superiore, in difesa della dignità individuale e della giustizia, contrapposte a una struttura istituzionale e a una legalità costruite a difesa del privilegio di classe e dello sfruttamento oppressivo - e di una "educazione delle coscienze" funzionale all'accettazione acritica di questa struttura di potere.
In una società come quella italiana, è comprensibile che si sottolinei il senso della legalità, intesa come educazione della coscienza.
In una società come quella americana, io credo che ci sarebbe bisogno di una robusta iniezione di illegalismo, di anarchismo della coscienza: no, mi sono preso un'ora in più, perché durante la ricerca ho seguito un inaspettato filone del discorso, che mi ha affascinato - o, il compito non l'ho fatto, perché ho preferito stare in compagnia di un amico che aveva dei problemi.
La libertà ha una carica eversiva che non è possibile esorcizzare, o reprimere, e anzi è ottusamente delittuoso reprimere.
E spetta alla sinistra, da sempre, decidere quale interpretazione fondamentale dare al concetto di "giustizia": quella dei tribunali, o quella dettata dalla coscienza del suo opposto, l'ingiustizia.
Questo thread di Camillo è, comunque, una specie di luna park, che offre tutti gli spunti possibili e immaginabili, sia per le riflessioni millenaristiche, sia per l'analisi sulla psicologia di massa, sia per varie e diverse sfaccettature sociologiche offerte dal quotidiano: il suo titolo - diario della caduta di un regime - potrebbe essere il titolo dell'intero forum, o di una sua corposa sezione.
Detto tutto ciò, confesso di essere attratto da un dettaglio dell'intervista a Davigo: la scuola e l'esperienza americana.
Prima di addentrarmi nella riflessione, una premessa personale, che non guasta: io sono sempre stato, e sono tuttora, uno inguaribilmente "leale". Quando gioco a carte, distolgo lo sguardo se per caso mi si offrono alla vista quelle in mano all'avversario. Non ho mai copiato un compito, nemmeno quelli di matematica. Non ho mai approfittato della debolezza o della distrazione di un insegnante eventualmente debole o distratto.
E tuttavia non sono mai stato un legalista, ho sempre evitato di fare il capoclasse, ho sempre ignorato le regole imposte e ho sempre preferito seguire quelle che inventavo per mio conto: credo che la legge migliore sia quella più flessibile, non quella più tassativa, perché non credo che la realtà sia riducibile a una casistica predeterminata - predeterminazione come antefatto dello stato etico e autoritario.
La scuola americana e in generale il modello educativo anglosassone è perfettamente funzionale a formare perfetti sportivi, e cittadini esemplari. Ma anche cittadini conformisti, e spontaneamente subordinati al sistema e al potere.
Perfettamente coerente con la "civiltà del diritto", esattamente contrapposta alla "civiltà dell'amore", che caratterizza i paesi latini, mediterranei e, specialmente, quelli cattolici.
La civiltà del diritto non ha bisogno di spiegazioni, non solo perchè il nome è grosso modo esaustivo, ma perché è alla base delle istituzioni liberali che regolano le moderne democrazie - e alla base, anche, dei limiti delle moderne democrazie, e della loro attuale crisi, oltre che dei suoi paradossi e di molte ingiustizie.
La civiltà dell'amore è quella regolata secondo i criterii (assai soggettivi, discutibili all'infinito) di bello e di giusto, e di opportuno, basati sull'affetto, sull'amicizia, sulla relatività del bisogno, e sul concetto di "colpa" (secondo coscienza) piuttosto che su quello di "reato" (secondo la legge).
La civiltà dell'amore, giudicata dal punto di vista di quella del diritto, ne esce a pezzi.
La civiltà del diritto, giudicata secondo i criteri di quella dell'amore, ne esce a pezzi.
La sinistra ha il compito, storico e allo stesso tempo contingente, di valutare i pezzi e recuperarli selettivamente.
Ogni volta che la sinistra si è lasciata coinvolgere da una o l'altra versione di "civiltà" (o da una loro interpretazione subordinata) e l'ha adottata, ha sbagliato, o meglio, ha perduto la sua sostanziale ragion d'essere e la sua identità.
Rispetto all'esempio portato da Davigo, che esalta il concetto di legalità, non possiamo fare a meno di pensare che la sinistra ha rappresentato, fin dalle origini, il rifiuto della sottomissione all'autorità, in nome di un'etica superiore, in difesa della dignità individuale e della giustizia, contrapposte a una struttura istituzionale e a una legalità costruite a difesa del privilegio di classe e dello sfruttamento oppressivo - e di una "educazione delle coscienze" funzionale all'accettazione acritica di questa struttura di potere.
In una società come quella italiana, è comprensibile che si sottolinei il senso della legalità, intesa come educazione della coscienza.
In una società come quella americana, io credo che ci sarebbe bisogno di una robusta iniezione di illegalismo, di anarchismo della coscienza: no, mi sono preso un'ora in più, perché durante la ricerca ho seguito un inaspettato filone del discorso, che mi ha affascinato - o, il compito non l'ho fatto, perché ho preferito stare in compagnia di un amico che aveva dei problemi.
La libertà ha una carica eversiva che non è possibile esorcizzare, o reprimere, e anzi è ottusamente delittuoso reprimere.
E spetta alla sinistra, da sempre, decidere quale interpretazione fondamentale dare al concetto di "giustizia": quella dei tribunali, o quella dettata dalla coscienza del suo opposto, l'ingiustizia.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
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- Iscritto il: 08/01/2015, 0:53
Re: Diario della caduta di un regime.
Io penso anche che quanto ha percepito Davigo nella scuola americana vada contestualizzato: ci sono scuole per ricchi dove è anche possibile scorgere una estrema dissonanza con alcune situazioni nostrane, ma bisogna anche dire che si tratta di istituzioni in cui essere onesti "conviene", onesti non come concetto generale ma come modo di rapportarsi col gruppo e con i docenti, anche perché se si viene beccati ci si ritrova isolati e marchiati per sempre. Immagino però che la situazione in tante scuole pubbliche di periferia americane non sia esattamente quella che descrive l'intervista e forse assomigli molto di più al vissuto di Davigo nella sua scuola elementare italiana (dove peraltro la mia esperienza personale è diversissima, e Monza è a pochi chilometri da Pavia, quindi evidentemente ci sono tanti altri fattori di microcontesto che pesano, o magari solo un po' di fortuna). Anzi devo dire che da noi spesso le scuole superiori private si trasformano in diplomifici (anche se in alcune in effetti il rapporto numerico permette di seguire meglio i ragazzi, in altre se paparino paga ti puoi diplomare anche frequentando un giorno sì e cinque no), mentre nel pubblico si mantiene ancora un insieme dignitoso.
Poi, saltando dalla scuola al tipo di società che produce, non mi pare proprio che gli USA siano un grande esempio di "legalismo": ovvero, in casa propria la giustizia funziona ancora con criteri classisti talvolta palesemente razzisti, mentre in casa d'altri va ancora peggio, fanno quello che pare a loro senza rendere conto a nessuno, visto che di fatto si sentono l'unica superpotenza sopravvissuta. Così se proprio non possono violare una "loro" regola giocando in casa, si inventano una Guantanamo o una rendition.
Poi, saltando dalla scuola al tipo di società che produce, non mi pare proprio che gli USA siano un grande esempio di "legalismo": ovvero, in casa propria la giustizia funziona ancora con criteri classisti talvolta palesemente razzisti, mentre in casa d'altri va ancora peggio, fanno quello che pare a loro senza rendere conto a nessuno, visto che di fatto si sentono l'unica superpotenza sopravvissuta. Così se proprio non possono violare una "loro" regola giocando in casa, si inventano una Guantanamo o una rendition.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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- Iscritto il: 18/03/2012, 10:43
Re: Diario della caduta di un regime.
E gli Usa sono anche fra i primi stati che predicano un'economia senza regole, non c'è un contratto nazionale di lavoro e sono basse le imposte per i ceti alti.
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- Iscritto il: 29/01/2015, 12:46
Re: Diario della caduta di un regime.
Certamente, Flavio, il legalismo americano, come quello anglosassone, corrisponde a quella che Luttwak definì - una volta che si parlava del Caimano e del suo scadente senso della decenza - come necessaria "ipocrisia istituzionale": quella che non impedisce le truffe e gli imbrogli, le tangenti e le collusioni mafiose, ma che costringe alle dimissioni e all'ostracismo da parte del proprio stesso entourage chi viene colto con il sorcio in bocca.
Limitandoci alla politica (e alla sua dimensione speculare, l'opinione pubblica), tutta la manfrina delle primarie e delle campagne presidenziali non serve a selezionare il migliore o il più intelligente, il più competente, ma quello che se la sa cavare meglio in mezzo al terreno minato delle "rivelazioni" e degli scandali, il meno vulnerabile ai ricatti, insomma il fighter più efficiente e più credibile: come ogni selezione, anche questa ha bisogno di poggiarsi su criteri generalmente condivisi, gli stessi che valgono a guadagnarsi una buona "popolarità" nell'ambiente di di lavoro o nella carriera scolastica, insomma nella vita di gruppo.
Questo genere di conformismo ha criteri specifici, ma è pur sempre una forma di "omertà sociale", e in quanto omertà non è diversa da quella basata su altri criteri, altre "conformazioni" ad altri vizi e all'esaltazione di altre vere o presunte virtù: la "correttezza sportiva" è l'antefatto possibile e probabile del formalismo, così come la duttilità e la libertà di pensiero sono il possibile antefatto della furbizia e dell'opportunismo, ossia delle doti del ladro e dell'imbroglione.
La famosa "natura umana" costituisce la parte immersa dell'icebrg individuale e sociale: le diversità culurali si giocano sul settimo emergente, cioè su come quel genere di cultura e di società gestisce ciò che proviene dalla parte sommersa.
Nella cultura mediterranea e latina le regole sono vissute come una sovrastruttura che risponde a criteri astratti, ideologici, alla quale decidere di volta in volta, individualmente, se e quanto allinearsi o sottomettersi sulla base delle situazioni concrete e della convenienza personale: un criterio pragmatico, questo, che ha un riconoscimento sociale, non è solo una forma di auto-giustificazione utilitaristica o edonistica. Un dualismo che trova corrispondenza nella concezione cattolica del peccato/perdono, ossia nella libertà lasciata alle e nelle due diverse dimensioni dell'ideale e del pratico, della santità e della normalità. Il massimo della libertà individuale che convive col massimo della dottrina, e perfino del dogma e del formalismo rituale.
Questa tecnologia esistenziale ha consentito che il potere consumasse le peggiori nefandezze dovute all'ideologia e al dogma - e s'identificasse perfino col dogma e con le sue nequizie - ma conservando un'apprezzabile umanità sul piano individuale e popolare, o almeno un salutare scetticismo di fondo.
La società del diritto tende invece a identificare la prassi con la teoria (l'ideale), comprimendo l'ambivalenza dentro il concetto delle "regole": uno schematismo che garantisce con eficacia un tasso prederminato di libertà convenzionale, che non è però né libertà ideale, né piena libertà reale. Le regole costituiscono la stessa coscienza, e la coscienza si esaurisce nelle regole.
Questo genere di tecnologia esistenziale consente che una società formalmente democratica e rispettosa dei diritti sia capace di nefandezze uguali a quelle delle società dogmatiche, o perfino peggiori - perché il potere è il potere - nelle quali però i sentimenti individuali rimangono imprigionati, senza possibilità di dissociazione, né pratica, né soprattutto ideale, a meno di chiamarsi fuori dalla società stessa - dropout, displayed men, per non dire disadattati.
(segue?)
Limitandoci alla politica (e alla sua dimensione speculare, l'opinione pubblica), tutta la manfrina delle primarie e delle campagne presidenziali non serve a selezionare il migliore o il più intelligente, il più competente, ma quello che se la sa cavare meglio in mezzo al terreno minato delle "rivelazioni" e degli scandali, il meno vulnerabile ai ricatti, insomma il fighter più efficiente e più credibile: come ogni selezione, anche questa ha bisogno di poggiarsi su criteri generalmente condivisi, gli stessi che valgono a guadagnarsi una buona "popolarità" nell'ambiente di di lavoro o nella carriera scolastica, insomma nella vita di gruppo.
Questo genere di conformismo ha criteri specifici, ma è pur sempre una forma di "omertà sociale", e in quanto omertà non è diversa da quella basata su altri criteri, altre "conformazioni" ad altri vizi e all'esaltazione di altre vere o presunte virtù: la "correttezza sportiva" è l'antefatto possibile e probabile del formalismo, così come la duttilità e la libertà di pensiero sono il possibile antefatto della furbizia e dell'opportunismo, ossia delle doti del ladro e dell'imbroglione.
La famosa "natura umana" costituisce la parte immersa dell'icebrg individuale e sociale: le diversità culurali si giocano sul settimo emergente, cioè su come quel genere di cultura e di società gestisce ciò che proviene dalla parte sommersa.
Nella cultura mediterranea e latina le regole sono vissute come una sovrastruttura che risponde a criteri astratti, ideologici, alla quale decidere di volta in volta, individualmente, se e quanto allinearsi o sottomettersi sulla base delle situazioni concrete e della convenienza personale: un criterio pragmatico, questo, che ha un riconoscimento sociale, non è solo una forma di auto-giustificazione utilitaristica o edonistica. Un dualismo che trova corrispondenza nella concezione cattolica del peccato/perdono, ossia nella libertà lasciata alle e nelle due diverse dimensioni dell'ideale e del pratico, della santità e della normalità. Il massimo della libertà individuale che convive col massimo della dottrina, e perfino del dogma e del formalismo rituale.
Questa tecnologia esistenziale ha consentito che il potere consumasse le peggiori nefandezze dovute all'ideologia e al dogma - e s'identificasse perfino col dogma e con le sue nequizie - ma conservando un'apprezzabile umanità sul piano individuale e popolare, o almeno un salutare scetticismo di fondo.
La società del diritto tende invece a identificare la prassi con la teoria (l'ideale), comprimendo l'ambivalenza dentro il concetto delle "regole": uno schematismo che garantisce con eficacia un tasso prederminato di libertà convenzionale, che non è però né libertà ideale, né piena libertà reale. Le regole costituiscono la stessa coscienza, e la coscienza si esaurisce nelle regole.
Questo genere di tecnologia esistenziale consente che una società formalmente democratica e rispettosa dei diritti sia capace di nefandezze uguali a quelle delle società dogmatiche, o perfino peggiori - perché il potere è il potere - nelle quali però i sentimenti individuali rimangono imprigionati, senza possibilità di dissociazione, né pratica, né soprattutto ideale, a meno di chiamarsi fuori dalla società stessa - dropout, displayed men, per non dire disadattati.
(segue?)
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
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- Iscritto il: 24/01/2015, 20:23
Re: Diario della caduta di un regime.
Un punto mi fa riflettere dell'intervista al Giudice Davigo.
I test di integrità per scoprire i corruttibili ha i suoi effetti positivi di ripulire la classe politica, anche se la tattica è nota per cui i neoeletti prendono le opportune precauzioni.
Ma ha anche un risvolto negativo sul piano della democrazia: la corruzione è un reato per il cittadino e lo deve essere anche per uno Stato democratico, che non deve sentirsi al di sopra o fuori dalla legge. Uno Stato basato sul diritto, non deve consentire di commettere reati a dei suoi rappresentanti.
Non pretendo che l'analogia sia condivisa, ma io ce la vedo: è come assolvere un poliziotto che uccide una persona, sulla base di un suo infondato sospetto e/o usando prevaricazione ed eccesso di violenza gratuita, 'perché fa il suo lavoro-dovere'.
Il poliziotto Wilson, che ha sparato e ucciso il diciottenne Brown disarmato, viene assolto dal Gran Giury nonostante le testimonianze di 60 testimoni.
E poi avvengono le reazioni popolari e le ritorsioni di qualcuno che uccide dei poliziotti. Perché?
Oltre che alla somma di comportamenti eccessivamente autoritari da parte di rappresentanti dello Stato, con l'aggravante della connotazione raziale, c'è una motivazione più profonda.
Secondo me la causa di tanta reazione è consistita proprio nel fatto che è stata spezzata una delle due gambe su cui cammina la democrazia: il rispetto della legge; con maggior danno se la legge non viene rispettata da parte dello Stato.
La reazione non è dovuta solo al singolo episodio ma al fatto che il reato tende ad essere giustificato e assolto dallo Stato, dando la percezione di uno Stato autoritario che si assolve da un suo reato.Wilson, parte di quello Stato, dice: "La mia coscienza è a posto".
In sintesi, non concordo sull'uso di quella tattica di tentare il corruttibile commettendo il reato di tentata corruzione.
La politica va pulita dalla corruzione. Ma va anche ripulita la società dagli omicidi limitando l'uso delle armi; non ce la fanno eppure non ricorrono a metodi investigativi di quel tipo. Però vanno usati strumenti legali.
Credo che il 'principio di legalità' vada rispettato da parte dello Stato in tutte le sue forme.
E' altrettanto doveroso il rispetto della legge da parte dei cittadini, sempre al fine di mantenere in piedi la democrazia.
Per tornare a casa nostra ed alla prima necessità esposta dal Giudice Davigo, a quando una seria lotta alla corruzione, senza 3% di falso in bilancio?
Caso avvenuto sotto i miei occhi: si fa la multa di 180 € ad un contadino che vende senza fatturare 50 € di prodotti agricoli in un mercatino domenicale (utile netto 30 €; 180/30 = 6 domeniche di guadagno di sopravvivenza perso).
Bene.
Ma si vorrebbe consentire a chi ha un bilancio di 10 mln di evadere tasse per un importo del 3% pari a 300.000 € (cioè l'utile di 10.000 domeniche di mercatino del contadino). E non si dica che questa evasione è una svista contabile fatta senza intento e senza dolo, perché è un'offesa verso le capacità dei contabili che invece i conti li fanno in funzione proprio di quel 3%.
Per non parlare di qualche milione di qualche altro...
Per Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze, è «un enorme regalo ai grandi evasori».
A quando un investimento significativo sull'informatizzazione dei tribunali, per esempio, per ridurre i tempi e consentire di accertare i reati e sanzionare, senza trucchi e test vari?
Interessante l'intervento di Rom (quello di primo; il secondo ancora non l'ho letto; il piatto è a tavola) sulle forme diverse di civiltà, 'del diritto' e dell'amore'.
Credo che, come qualunque cosa, anche ciascuna di queste abbia i suoi aspetti positivi e quelli negativi.
Quello negativo della nostra 'civiltà dell'amore', limitatamente alle scuole, è che l'amore verso gli imprenditori che le gestiscono spinge a dare loro finanziamenti, e l'amore degli imprenditori verso gli 'studenti' spinge i primi a regalare diplomi ai secondi.
Una equilibrata dose di rispetto del diritto e amore (o almeno solidarietà e tolleranza) non sarebbe male, per una convivenza civile pacifica.
E certamente nel rispetto di ciò va consentita la libertà individuale. L'uomo nasce libero: è contenuto nell'art.1 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
cardif
I test di integrità per scoprire i corruttibili ha i suoi effetti positivi di ripulire la classe politica, anche se la tattica è nota per cui i neoeletti prendono le opportune precauzioni.
Ma ha anche un risvolto negativo sul piano della democrazia: la corruzione è un reato per il cittadino e lo deve essere anche per uno Stato democratico, che non deve sentirsi al di sopra o fuori dalla legge. Uno Stato basato sul diritto, non deve consentire di commettere reati a dei suoi rappresentanti.
Non pretendo che l'analogia sia condivisa, ma io ce la vedo: è come assolvere un poliziotto che uccide una persona, sulla base di un suo infondato sospetto e/o usando prevaricazione ed eccesso di violenza gratuita, 'perché fa il suo lavoro-dovere'.
Il poliziotto Wilson, che ha sparato e ucciso il diciottenne Brown disarmato, viene assolto dal Gran Giury nonostante le testimonianze di 60 testimoni.
E poi avvengono le reazioni popolari e le ritorsioni di qualcuno che uccide dei poliziotti. Perché?
Oltre che alla somma di comportamenti eccessivamente autoritari da parte di rappresentanti dello Stato, con l'aggravante della connotazione raziale, c'è una motivazione più profonda.
Secondo me la causa di tanta reazione è consistita proprio nel fatto che è stata spezzata una delle due gambe su cui cammina la democrazia: il rispetto della legge; con maggior danno se la legge non viene rispettata da parte dello Stato.
La reazione non è dovuta solo al singolo episodio ma al fatto che il reato tende ad essere giustificato e assolto dallo Stato, dando la percezione di uno Stato autoritario che si assolve da un suo reato.Wilson, parte di quello Stato, dice: "La mia coscienza è a posto".
In sintesi, non concordo sull'uso di quella tattica di tentare il corruttibile commettendo il reato di tentata corruzione.
La politica va pulita dalla corruzione. Ma va anche ripulita la società dagli omicidi limitando l'uso delle armi; non ce la fanno eppure non ricorrono a metodi investigativi di quel tipo. Però vanno usati strumenti legali.
Credo che il 'principio di legalità' vada rispettato da parte dello Stato in tutte le sue forme.
E' altrettanto doveroso il rispetto della legge da parte dei cittadini, sempre al fine di mantenere in piedi la democrazia.
Per tornare a casa nostra ed alla prima necessità esposta dal Giudice Davigo, a quando una seria lotta alla corruzione, senza 3% di falso in bilancio?
Caso avvenuto sotto i miei occhi: si fa la multa di 180 € ad un contadino che vende senza fatturare 50 € di prodotti agricoli in un mercatino domenicale (utile netto 30 €; 180/30 = 6 domeniche di guadagno di sopravvivenza perso).
Bene.
Ma si vorrebbe consentire a chi ha un bilancio di 10 mln di evadere tasse per un importo del 3% pari a 300.000 € (cioè l'utile di 10.000 domeniche di mercatino del contadino). E non si dica che questa evasione è una svista contabile fatta senza intento e senza dolo, perché è un'offesa verso le capacità dei contabili che invece i conti li fanno in funzione proprio di quel 3%.
Per non parlare di qualche milione di qualche altro...
Per Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze, è «un enorme regalo ai grandi evasori».
A quando un investimento significativo sull'informatizzazione dei tribunali, per esempio, per ridurre i tempi e consentire di accertare i reati e sanzionare, senza trucchi e test vari?
Interessante l'intervento di Rom (quello di primo; il secondo ancora non l'ho letto; il piatto è a tavola) sulle forme diverse di civiltà, 'del diritto' e dell'amore'.
Credo che, come qualunque cosa, anche ciascuna di queste abbia i suoi aspetti positivi e quelli negativi.
Quello negativo della nostra 'civiltà dell'amore', limitatamente alle scuole, è che l'amore verso gli imprenditori che le gestiscono spinge a dare loro finanziamenti, e l'amore degli imprenditori verso gli 'studenti' spinge i primi a regalare diplomi ai secondi.
Una equilibrata dose di rispetto del diritto e amore (o almeno solidarietà e tolleranza) non sarebbe male, per una convivenza civile pacifica.
E certamente nel rispetto di ciò va consentita la libertà individuale. L'uomo nasce libero: è contenuto nell'art.1 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
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