Come se ne viene fuori ?
-
- Messaggi: 3688
- Iscritto il: 22/02/2012, 14:30
Re: Come se ne viene fuori ?
Adesso da tempo parlano di vendere certi beni dello stato, per fare cassa.Sarò malfidente ma se vendono questi immobili, li svenderanno ai soliti noti.Alla fine
non avremo ne soldi ne immobili andranno mangiati nei vari modi che abbiamo visto fino ad ora.Abbiamo dei politici che fanno pena, chi ha visto una certa trasmissione dove lo stato ha venduto ai privati lo stabile per poi pagargli l'affitto. Alla fine dopo pochi annni avevamo superato i soldi intascati dalla vendita
dell'immobile.Questi sono i nostri politicanti.
Ciao
Paolo11
non avremo ne soldi ne immobili andranno mangiati nei vari modi che abbiamo visto fino ad ora.Abbiamo dei politici che fanno pena, chi ha visto una certa trasmissione dove lo stato ha venduto ai privati lo stabile per poi pagargli l'affitto. Alla fine dopo pochi annni avevamo superato i soldi intascati dalla vendita
dell'immobile.Questi sono i nostri politicanti.
Ciao
Paolo11
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
Le care salme
Più che antipolitica si tratta di anticasta.
LA SITUAZIONE
di Annalisa Cruzzocrea
Duello sull'antipolitica
Si allontana lo spettro delle elezioni anticipate
"Siamo sicuri di vincere nel 2013, non abbiamo nessuna fretta". Massimo D'Alema ostenta sicurezza. E rigetta l'idea che qualcuno nel Pd voglia andare al voto a ottobre.
Gli fa eco il segretario pdl Angelino Alfano, "Noi non vogliamo elezioni anticipate", e lo stesso Silvio Berlusconi - salito al Quirinale per un colloquio con Napolitano - assicura di non aver alcuna intenzione di far cadere il governo Monti. Anche se continua a chiedere misure per la crescita e una minore pressione fiscale, mentre cerca soprattutto una sponda sul fronte giustizia: il primo obiettivo, in pieno ciclone Ruby, è frenare la pubblicazione delle intercettazioni. Casini e Fini blindano l'operato dell'esecutivo: parlare di abbassare le tasse adesso è da irresponsabili, torna a dire il primo.
I sacrifici servono per i nostri figli, spiega il secondo, devono solo essere equamente distribuiti.
La sensazione però è che per prendere le decisioni vere stiano tutti aspettando le amministrative del 6 e del 7 maggio. Solo allora i partiti decideranno se cambiare la legge elettorale, e - in base a quella - quali dovranno essere le alleanze future. Per ora si annusano.
E incassano male i colpi di Beppe Grillo: "Se il presidente della Repubblica parlando di qualunquismo si riferiva al mio movimento sbaglia", dice il leader del Movimento 5 stelle, che attacca ancora: "I partiti non sono fondamentali, c'è democrazia anche senza i partiti".
La Lega è in piena convulsione: il senatore Stiffoni si è autosospeso e dimesso da amministratore del gruppo al Senato, Bossi si sentirebbe "abbandonato" davanti alle nuove rivelazioni del tesoriere Belsito contro di lui.
La Repubblica.it
Più che antipolitica si tratta di anticasta.
LA SITUAZIONE
di Annalisa Cruzzocrea
Duello sull'antipolitica
Si allontana lo spettro delle elezioni anticipate
"Siamo sicuri di vincere nel 2013, non abbiamo nessuna fretta". Massimo D'Alema ostenta sicurezza. E rigetta l'idea che qualcuno nel Pd voglia andare al voto a ottobre.
Gli fa eco il segretario pdl Angelino Alfano, "Noi non vogliamo elezioni anticipate", e lo stesso Silvio Berlusconi - salito al Quirinale per un colloquio con Napolitano - assicura di non aver alcuna intenzione di far cadere il governo Monti. Anche se continua a chiedere misure per la crescita e una minore pressione fiscale, mentre cerca soprattutto una sponda sul fronte giustizia: il primo obiettivo, in pieno ciclone Ruby, è frenare la pubblicazione delle intercettazioni. Casini e Fini blindano l'operato dell'esecutivo: parlare di abbassare le tasse adesso è da irresponsabili, torna a dire il primo.
I sacrifici servono per i nostri figli, spiega il secondo, devono solo essere equamente distribuiti.
La sensazione però è che per prendere le decisioni vere stiano tutti aspettando le amministrative del 6 e del 7 maggio. Solo allora i partiti decideranno se cambiare la legge elettorale, e - in base a quella - quali dovranno essere le alleanze future. Per ora si annusano.
E incassano male i colpi di Beppe Grillo: "Se il presidente della Repubblica parlando di qualunquismo si riferiva al mio movimento sbaglia", dice il leader del Movimento 5 stelle, che attacca ancora: "I partiti non sono fondamentali, c'è democrazia anche senza i partiti".
La Lega è in piena convulsione: il senatore Stiffoni si è autosospeso e dimesso da amministratore del gruppo al Senato, Bossi si sentirebbe "abbandonato" davanti alle nuove rivelazioni del tesoriere Belsito contro di lui.
La Repubblica.it
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
I sacrifici servono per i nostri figli, spiega il secondo, devono solo essere equamente distribuiti.
Gianfranco Fini
****
A Napoli direbbero: “ma vattinne”
La stessa cosa l’aveva detta Ciampi quando ha presentato la sua finanziaria da 141.970 miliardi di lire (http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VE ... LF1994.pdf)
<<Dobbiamo fare i sacrifici per i nostri figli e nipoti>>
Gli italiani i sacrifici li hanno fatti, ..ma solo per riempire le casse dello Stato perché i politici cominciassero a depredarle una seconda volta.
Oggi ripete la stessa esortazione Fini affinché vengano riempite per tempo le casse per il Partito della Nazione.
Gianfranco Fini
****
A Napoli direbbero: “ma vattinne”
La stessa cosa l’aveva detta Ciampi quando ha presentato la sua finanziaria da 141.970 miliardi di lire (http://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VE ... LF1994.pdf)
<<Dobbiamo fare i sacrifici per i nostri figli e nipoti>>
Gli italiani i sacrifici li hanno fatti, ..ma solo per riempire le casse dello Stato perché i politici cominciassero a depredarle una seconda volta.
Oggi ripete la stessa esortazione Fini affinché vengano riempite per tempo le casse per il Partito della Nazione.
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
L'EDITORIALE
La rabbia sociale male del secolo
di EUGENIO SCALFARI
L'ondata dell'antipolitica si sta ingrossando e proviene da destra, da sinistra e anche dal profondo della società, indipendentemente dalle etichette politiche di originaria appartenenza.
L'ondata ricorda lo "tsunami", si verifica a lunghi intervalli, è capace di produrre distruzioni e danni enormi ma con la stessa velocità con cui arriva si placa lasciando tuttavia dietro di sé un cumulo di rovine.
L'onda lunga è invece quella degli oceani, un moto naturale delle acque che alimenta la vita del mondo marino e terrestre e dell'atmosfera che ci circonda e ci sovrasta. Se vogliamo utilizzare questi fenomeni per meglio comprendere quanto sta accadendo da qualche anno nelle economie dell'Occidente, possiamo dire che allo "tsunami" dell'antipolitica fa riscontro l'onda lunga della politica. Ma dobbiamo anche aggiungere che in alcuni paesi l'ondata antipolitica è più frequente che in altri. L'Italia è uno di questi; l'antipolitica da noi è quasi un fatto permanente e minaccioso d'una società che ha conosciuto assai tardivamente lo Stato e lo ha visto sempre come una potenza ostile da combattere e da frodare.
I democratici di buona volontà dovrebbero dunque sforzarsi di rinnovare e rafforzare l'onda lunga della politica, cioè di una consapevole visione del bene comune da opporre allo "tsunami" dell'antipolitica. Accade invece che la politica galleggi su acque stagnanti e paludose, infestate da miasmi e malarie.
I democratici di buona volontà si trovano insomma a dover combattere l'ondata dell'antipolitica e la palude della politica. In Italia la situazione è questa e se guardiamo all'Europa come al progetto di un futuro Stato federale, le cose stanno più o meno allo stesso modo. Anche la politica europea galleggia infatti su acque stagnanti e paludose. Non c'è un'opinione pubblica seriamente europeista, non ci sono interessi forti che spingano verso la federazione e tanto meno valori egemoni che servano da punti di riferimento. Ci sono soltanto minoranze elitarie, non sufficienti a mutare l'acqua stagnante in onda lunga e vitale.
* * *
Ho più volte ricordato in questi mesi che c'è un punto preliminare da cui dobbiamo prender le mosse: l'economia globale ha messo in contatto tra loro le masse di persone che vivono in paesi di antica opulenza e le masse che abitano paesi di antica povertà.
Questi due campi di forze così diversi e finora refrattari tra loro sono entrati in comunicazione ormai permanente e crescente e questa comunicazione ha creato un improvviso squilibrio nell'uno e nell'altro campo. La tendenza ad un nuovo equilibrio crea un trasferimento inevitabile di benessere dai paesi ricchi a quelli poveri o meno ricchi e quel trasferimento è destinato a continuare fino a quando l'equilibrio tra i due campi non sarà stato raggiunto.
Ci sono molti strumenti economici e politici per ridurre i costi sociali di questo percorso che tuttavia resta un dato di fondo al quale è del tutto inutile ribellarsi.
* * *
Ribadita questa premessa, veniamo ai fatti rilevanti di questa fase. L'evento principale è la vittoria del socialista Hollande al primo turno delle presidenziali francesi, la forte probabilità della sua elezione al secondo turno e la contemporanea comparsa del neo-lepenismo di massa (18 per cento dei voti espressi) che potrà notevolmente influire sul formarsi d'una nuova destra populista e anti-europea.
Se Hollande sarà proclamato Presidente della Repubblica domenica prossima, sappiamo già che il suo primo incontro dopo la formazione del governo sarà quello con Angela Merkel con l'obiettivo di costruire su nuove basi il patto di amicizia che lega le due maggiori nazioni europee.
Hollande punta sulla crescita dell'economia europea, ma anche la Merkel punta sulla crescita. Prima lo diceva con voce sommessa, ora lo dice con voce alta e sicura. Con la stessa voce alta e sicura lo dice anche Mario Draghi e anche il nostro Mario Monti, sostenuto in questa sua linea da tutti e tre i partiti che appoggiano il suo governo. E perciò crescita crescita crescita. Ma con quali strumenti per ottenerla? E con quali tempi necessari a vederne gli effetti?
* * *
Gli strumenti proposti da Hollande sono di ottenere l'esenzione delle spese per investimenti dal patto di stabilità fiscale voluto dalla Germania e approvato dalle Autorità europee; ottenere l'emissione di "project bond" per finanziare infrastrutture europee; accrescere le risorse del bilancio europeo amministrato dalla Commissione di Bruxelles e aumentare le risorse della Banca d'investimento (Bei) destinate anch'esse a specifici progetti di infrastrutture inter-frontaliere.
Le richieste francesi sono in larga misura condivise dalle Autorità di Bruxelles. La Germania - e la Bce di Draghi - ne condividono alcune ma escludono i "project bond" e sono molto caute sugli investimenti della Bei. Mario Monti si colloca a metà strada tra le richieste di Hollande e le probabili risposte negative della Merkel ad alcune di esse. In più Monti aggiunge la richiesta dei diciotto paesi dell'Unione di aumentare l'intensità delle liberalizzazioni sul mercato dei servizi in tutta l'area dell'Unione.
Il negoziato - sempre che Hollande vinca il secondo turno delle presidenziali - avverrà tra l'8 maggio e le riunioni dei vertici europei di fine giugno. Un compromesso positivo è molto probabile. Per quanto riguarda l'Italia l'esito del negoziato ha grande importanza ma non esaurisce i nostri problemi politici, economici e sociali. Restano infatti da risolvere le maggiori tutele sociali (esodati), la tenuta dei partiti della "strana maggioranza" e i loro reciproci conflitti; l'esito politico delle amministrative del 6 e 7 maggio; la riforma della legge elettorale; gli strumenti da adottare nella lotta contro la recessione; l'approvazione della riforma del lavoro; la "governance" della Rai. E scusate se è poco.
* * *
Tralascio di approfondire i temi di questo lungo elenco che sono stati già ampiamente esaminati su queste pagine nei giorni scorsi. Ma ce n'è uno che tutti li contiene e può determinarne l'esito; riguarda l'atteggiamento dei partiti che appoggiano l'attuale governo. Essi temono che l'ondata antipolitica, già prossima ad intercettare il 20 per cento dei voti stando ai sondaggi, possa ulteriormente crescere fino a rappresentare un quarto dei voti espressi e a creare anche una diffusa astensione, tale da ridurre fino al 60 per cento il numero degli elettori che andranno alle urne. Il combinato disposto tra astensioni e voti antipolitici produrrebbe un colpo estremamente grave per i partiti "costituzionali" (chiamiamoli impropriamente così) e metterebbe in serio periglio la stessa sopravvivenza della democrazia parlamentare.
La tentazione di anticipare il voto al prossimo ottobre traluce ormai da ripetute sortite e rende più incerta l'azione del governo e l'andamento dei mercati. D'altra parte la preoccupazione dei partiti è comprensibile. L'"impasse" in cui si trovano è di difficilissima soluzione: anticipare il voto rischia di squalificarli ancora di più e getterebbe il paese in una fase d'insicurezza assai grave; aspettare ancora un anno fino alla scadenza naturale della legislatura prolungherebbe però la loro cottura a fuoco lento. Qual è dunque la soluzione del rebus?
Una soltanto: i partiti che chiamiamo costituzionali votino intanto una legge elettorale che abolisca il premio di maggioranza o lo faccia scattare soltanto per chi superi il 40 per cento dei voti, ponga una soglia alta (5 per cento) per entrare in Parlamento, vieti le coalizioni elettorali, abolisca dalla scheda elettorale il nome del leader, prenda a modello la legge elettorale tedesca applicata a collegi di piccole dimensioni come previsto dalla legge spagnola.
Nel frattempo il governo, ricevuta l'assicurazione formale e solenne della sua permanenza in carica fino al termine della legislatura, adotti una serie di provvedimenti capaci di accrescere le tutele sociali estendendone la durata e ampliandone la sfera d'applicazione, tagli le spese improduttive e persegua - come sta già energicamente facendo - il recupero dell'evasione fiscale; cartolarizzi una parte del patrimonio pubblico vendibile e mandi avanti il pagamento del debito pregresso verso le imprese fornitrici.
Con le risorse prodotte con questi interventi, diminuisca le imposte sul lavoro, aumenti i crediti d'imposta per investimenti destinati a innovazioni e ricerca, rilanci l'apertura dei cantieri edilizi e introduca sgravi d'imposta sui redditi medio-bassi del lavoro dipendente.
Le risorse recuperabili dalle fonti sopra indicate possono arrivare sicuramente a 80 miliardi, forse a cento e quindi sono in grado di produrre un allentamento della tensione sociale in attesa che le liberalizzazioni e la riforma pensionistica producano gli attesi effetti sul gettito delle entrate.
Questi interventi-ponte sono oltremodo necessari e urgenti per diminuire o almeno non far aumentare il tasso di rabbia sociale che, se lasciato alla deriva, può creare uno sconvolgimento economico con i relativi effetti sui mercati finanziari.
Chi si preoccupa soltanto dello "spread" e considera la rabbia sociale come un fenomeno marginale e sopportabile, non coglie un aspetto fondamentale del problema. La "polis" deve tenere nello stesso conto le leggi economiche e le dinamiche sociali da esse provocate; non a caso i classici della scienza economica, a cominciare da Adam Smith, insegnavano filosofia morale. Chi si proclama "smithiano" dovrebbe almeno studiare il pensiero e la formazione culturale del suo autore di riferimento prima d'impegnarsi sui precetti del liberismo senza se e senza ma.
Un'ultima osservazione: il presidente Monti punta giustamente sull'aumento della produttività delle imprese e sulla loro competitività. Mi auguro che non cada nell'errore di far coincidere l'aumento della produttività con la diminuzione del costo del lavoro. Quest'ultimo è soltanto uno dei componenti d'una maggiore produttività e neppure il più importante. I più importanti sono l'innovazione dei prodotti e dei processi di produzione e dipendono sia l'uno che l'altro dagli imprenditori e non dai lavoratori. Quanto al costo del lavoro dipendente esso deriva in buona parte dalla differenza tra salario lordo e salario netto. In questo caso la sua diminuzione si verifica con un taglio del cosiddetto cuneo fiscale e cioè con la fiscalizzazione dei contributi. Sono sicuro che il professor Monti queste cose le conosce molto meglio di me e agirà quindi di conseguenza.
(29 aprile 2012)
La Repubblica
La rabbia sociale male del secolo
di EUGENIO SCALFARI
L'ondata dell'antipolitica si sta ingrossando e proviene da destra, da sinistra e anche dal profondo della società, indipendentemente dalle etichette politiche di originaria appartenenza.
L'ondata ricorda lo "tsunami", si verifica a lunghi intervalli, è capace di produrre distruzioni e danni enormi ma con la stessa velocità con cui arriva si placa lasciando tuttavia dietro di sé un cumulo di rovine.
L'onda lunga è invece quella degli oceani, un moto naturale delle acque che alimenta la vita del mondo marino e terrestre e dell'atmosfera che ci circonda e ci sovrasta. Se vogliamo utilizzare questi fenomeni per meglio comprendere quanto sta accadendo da qualche anno nelle economie dell'Occidente, possiamo dire che allo "tsunami" dell'antipolitica fa riscontro l'onda lunga della politica. Ma dobbiamo anche aggiungere che in alcuni paesi l'ondata antipolitica è più frequente che in altri. L'Italia è uno di questi; l'antipolitica da noi è quasi un fatto permanente e minaccioso d'una società che ha conosciuto assai tardivamente lo Stato e lo ha visto sempre come una potenza ostile da combattere e da frodare.
I democratici di buona volontà dovrebbero dunque sforzarsi di rinnovare e rafforzare l'onda lunga della politica, cioè di una consapevole visione del bene comune da opporre allo "tsunami" dell'antipolitica. Accade invece che la politica galleggi su acque stagnanti e paludose, infestate da miasmi e malarie.
I democratici di buona volontà si trovano insomma a dover combattere l'ondata dell'antipolitica e la palude della politica. In Italia la situazione è questa e se guardiamo all'Europa come al progetto di un futuro Stato federale, le cose stanno più o meno allo stesso modo. Anche la politica europea galleggia infatti su acque stagnanti e paludose. Non c'è un'opinione pubblica seriamente europeista, non ci sono interessi forti che spingano verso la federazione e tanto meno valori egemoni che servano da punti di riferimento. Ci sono soltanto minoranze elitarie, non sufficienti a mutare l'acqua stagnante in onda lunga e vitale.
* * *
Ho più volte ricordato in questi mesi che c'è un punto preliminare da cui dobbiamo prender le mosse: l'economia globale ha messo in contatto tra loro le masse di persone che vivono in paesi di antica opulenza e le masse che abitano paesi di antica povertà.
Questi due campi di forze così diversi e finora refrattari tra loro sono entrati in comunicazione ormai permanente e crescente e questa comunicazione ha creato un improvviso squilibrio nell'uno e nell'altro campo. La tendenza ad un nuovo equilibrio crea un trasferimento inevitabile di benessere dai paesi ricchi a quelli poveri o meno ricchi e quel trasferimento è destinato a continuare fino a quando l'equilibrio tra i due campi non sarà stato raggiunto.
Ci sono molti strumenti economici e politici per ridurre i costi sociali di questo percorso che tuttavia resta un dato di fondo al quale è del tutto inutile ribellarsi.
* * *
Ribadita questa premessa, veniamo ai fatti rilevanti di questa fase. L'evento principale è la vittoria del socialista Hollande al primo turno delle presidenziali francesi, la forte probabilità della sua elezione al secondo turno e la contemporanea comparsa del neo-lepenismo di massa (18 per cento dei voti espressi) che potrà notevolmente influire sul formarsi d'una nuova destra populista e anti-europea.
Se Hollande sarà proclamato Presidente della Repubblica domenica prossima, sappiamo già che il suo primo incontro dopo la formazione del governo sarà quello con Angela Merkel con l'obiettivo di costruire su nuove basi il patto di amicizia che lega le due maggiori nazioni europee.
Hollande punta sulla crescita dell'economia europea, ma anche la Merkel punta sulla crescita. Prima lo diceva con voce sommessa, ora lo dice con voce alta e sicura. Con la stessa voce alta e sicura lo dice anche Mario Draghi e anche il nostro Mario Monti, sostenuto in questa sua linea da tutti e tre i partiti che appoggiano il suo governo. E perciò crescita crescita crescita. Ma con quali strumenti per ottenerla? E con quali tempi necessari a vederne gli effetti?
* * *
Gli strumenti proposti da Hollande sono di ottenere l'esenzione delle spese per investimenti dal patto di stabilità fiscale voluto dalla Germania e approvato dalle Autorità europee; ottenere l'emissione di "project bond" per finanziare infrastrutture europee; accrescere le risorse del bilancio europeo amministrato dalla Commissione di Bruxelles e aumentare le risorse della Banca d'investimento (Bei) destinate anch'esse a specifici progetti di infrastrutture inter-frontaliere.
Le richieste francesi sono in larga misura condivise dalle Autorità di Bruxelles. La Germania - e la Bce di Draghi - ne condividono alcune ma escludono i "project bond" e sono molto caute sugli investimenti della Bei. Mario Monti si colloca a metà strada tra le richieste di Hollande e le probabili risposte negative della Merkel ad alcune di esse. In più Monti aggiunge la richiesta dei diciotto paesi dell'Unione di aumentare l'intensità delle liberalizzazioni sul mercato dei servizi in tutta l'area dell'Unione.
Il negoziato - sempre che Hollande vinca il secondo turno delle presidenziali - avverrà tra l'8 maggio e le riunioni dei vertici europei di fine giugno. Un compromesso positivo è molto probabile. Per quanto riguarda l'Italia l'esito del negoziato ha grande importanza ma non esaurisce i nostri problemi politici, economici e sociali. Restano infatti da risolvere le maggiori tutele sociali (esodati), la tenuta dei partiti della "strana maggioranza" e i loro reciproci conflitti; l'esito politico delle amministrative del 6 e 7 maggio; la riforma della legge elettorale; gli strumenti da adottare nella lotta contro la recessione; l'approvazione della riforma del lavoro; la "governance" della Rai. E scusate se è poco.
* * *
Tralascio di approfondire i temi di questo lungo elenco che sono stati già ampiamente esaminati su queste pagine nei giorni scorsi. Ma ce n'è uno che tutti li contiene e può determinarne l'esito; riguarda l'atteggiamento dei partiti che appoggiano l'attuale governo. Essi temono che l'ondata antipolitica, già prossima ad intercettare il 20 per cento dei voti stando ai sondaggi, possa ulteriormente crescere fino a rappresentare un quarto dei voti espressi e a creare anche una diffusa astensione, tale da ridurre fino al 60 per cento il numero degli elettori che andranno alle urne. Il combinato disposto tra astensioni e voti antipolitici produrrebbe un colpo estremamente grave per i partiti "costituzionali" (chiamiamoli impropriamente così) e metterebbe in serio periglio la stessa sopravvivenza della democrazia parlamentare.
La tentazione di anticipare il voto al prossimo ottobre traluce ormai da ripetute sortite e rende più incerta l'azione del governo e l'andamento dei mercati. D'altra parte la preoccupazione dei partiti è comprensibile. L'"impasse" in cui si trovano è di difficilissima soluzione: anticipare il voto rischia di squalificarli ancora di più e getterebbe il paese in una fase d'insicurezza assai grave; aspettare ancora un anno fino alla scadenza naturale della legislatura prolungherebbe però la loro cottura a fuoco lento. Qual è dunque la soluzione del rebus?
Una soltanto: i partiti che chiamiamo costituzionali votino intanto una legge elettorale che abolisca il premio di maggioranza o lo faccia scattare soltanto per chi superi il 40 per cento dei voti, ponga una soglia alta (5 per cento) per entrare in Parlamento, vieti le coalizioni elettorali, abolisca dalla scheda elettorale il nome del leader, prenda a modello la legge elettorale tedesca applicata a collegi di piccole dimensioni come previsto dalla legge spagnola.
Nel frattempo il governo, ricevuta l'assicurazione formale e solenne della sua permanenza in carica fino al termine della legislatura, adotti una serie di provvedimenti capaci di accrescere le tutele sociali estendendone la durata e ampliandone la sfera d'applicazione, tagli le spese improduttive e persegua - come sta già energicamente facendo - il recupero dell'evasione fiscale; cartolarizzi una parte del patrimonio pubblico vendibile e mandi avanti il pagamento del debito pregresso verso le imprese fornitrici.
Con le risorse prodotte con questi interventi, diminuisca le imposte sul lavoro, aumenti i crediti d'imposta per investimenti destinati a innovazioni e ricerca, rilanci l'apertura dei cantieri edilizi e introduca sgravi d'imposta sui redditi medio-bassi del lavoro dipendente.
Le risorse recuperabili dalle fonti sopra indicate possono arrivare sicuramente a 80 miliardi, forse a cento e quindi sono in grado di produrre un allentamento della tensione sociale in attesa che le liberalizzazioni e la riforma pensionistica producano gli attesi effetti sul gettito delle entrate.
Questi interventi-ponte sono oltremodo necessari e urgenti per diminuire o almeno non far aumentare il tasso di rabbia sociale che, se lasciato alla deriva, può creare uno sconvolgimento economico con i relativi effetti sui mercati finanziari.
Chi si preoccupa soltanto dello "spread" e considera la rabbia sociale come un fenomeno marginale e sopportabile, non coglie un aspetto fondamentale del problema. La "polis" deve tenere nello stesso conto le leggi economiche e le dinamiche sociali da esse provocate; non a caso i classici della scienza economica, a cominciare da Adam Smith, insegnavano filosofia morale. Chi si proclama "smithiano" dovrebbe almeno studiare il pensiero e la formazione culturale del suo autore di riferimento prima d'impegnarsi sui precetti del liberismo senza se e senza ma.
Un'ultima osservazione: il presidente Monti punta giustamente sull'aumento della produttività delle imprese e sulla loro competitività. Mi auguro che non cada nell'errore di far coincidere l'aumento della produttività con la diminuzione del costo del lavoro. Quest'ultimo è soltanto uno dei componenti d'una maggiore produttività e neppure il più importante. I più importanti sono l'innovazione dei prodotti e dei processi di produzione e dipendono sia l'uno che l'altro dagli imprenditori e non dai lavoratori. Quanto al costo del lavoro dipendente esso deriva in buona parte dalla differenza tra salario lordo e salario netto. In questo caso la sua diminuzione si verifica con un taglio del cosiddetto cuneo fiscale e cioè con la fiscalizzazione dei contributi. Sono sicuro che il professor Monti queste cose le conosce molto meglio di me e agirà quindi di conseguenza.
(29 aprile 2012)
La Repubblica
Re: Come se ne viene fuori ?
camillobenso ha scritto:L'EDITORIALE
La rabbia sociale male del secolo
di EUGENIO SCALFARI
....
i partiti che chiamiamo costituzionali votino intanto una legge elettorale che abolisca il premio di maggioranza o lo faccia scattare soltanto per chi superi il 40 per cento dei voti, ponga una soglia alta (5 per cento) per entrare in Parlamento, vieti le coalizioni elettorali, abolisca dalla scheda elettorale il nome del leader, prenda a modello la legge elettorale tedesca applicata a collegi di piccole dimensioni come previsto dalla legge spagnola.
un desiderio / consiglio non avvalorato da fatti o dichiarazioni, non mi pare che ABC vadano in questa direzione .
Nel frattempo il governo, ricevuta l'assicurazione formale e solenne della sua permanenza in carica fino al termine della legislatura, adotti una serie di provvedimenti capaci di accrescere le tutele sociali estendendone la durata e ampliandone la sfera d'applicazione, tagli le spese improduttive e persegua - come sta già energicamente facendo - il recupero dell'evasione fiscale; cartolarizzi una parte del patrimonio pubblico vendibile e mandi avanti il pagamento del debito pregresso verso le imprese fornitrici.
energicamente sì, selettivamente pure. pesci piccoli , o medi. pesci grossi nisba.
spese improduttive ...non ha toccato i grossi centri di spesa tipo province, o manager di enti... solo infermieri , dottori e ticket , gli ospedali sono al collasso e vanno avanti a botte di "ordini di servizio" .
La Repubblica
-
- Messaggi: 1188
- Iscritto il: 21/02/2012, 22:55
Re: Come se ne viene fuori ?
Giulietto Chiesa: ormai per salvarci dovremo combattere
Sessantasette anni fa uscivamo dal fascismo e della guerra, l’Italia era fisicamente distrutta ma moralmente stava rinascendo: lo dimostra la Costituzione democratica, una delle più belle dell’Occidente. Oggi usciamo dal ventennio definito “berlusconiano”: «Non tanto perché Berlusconi fosse un grande personaggio, quanto perché l’intera classe politica si è arresa a un piccolo personaggio». L’Italia? «E’ più distrutta di allora: distrutta moralmente, economicamente e socialmente». Ma non tutta l’Italia: «Col referendum del 2011 abbiamo verificato che la gran parte del popolo italiano, la maggioranza assoluta del corpo elettorale, ha respinto quel disegno. Però l’Italia è stata guastata, il nostro tessuto comune è stato lesionato, le nostre istituzioni hanno smesso di funzionare: l’Italia è un paese in ginocchio». Come uscirne? Spazzare via la “casta”, unire le forze e prepararsi allo scontro: «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
Giulietto Chiesa non ha dubbi: se la stragrande maggioranza degli italiani è scontenta, ancora non basta; occorre ripudiare fino in fondo i partiti-Casini, Bersani e Alfanovergogna e costruire una nuova alleanza popolare. Primo: capire da cosa è stata originata la crisi nella quale stiamo precipitando. Secondo: condividere una via d’uscita, una visione comune del futuro. «Ricevo decine di mail, telefonate, appelli qualche volta disperati: bisogna fare qualcosa, mi dicono, “prendi l’iniziativa”». E’ esattamente quello che, da un paio d’anni, Giulietto Chiesa sta cercando di fare: «Ho fondato “Alternativa” proprio per questa ragione: volevo costruire una proposta, per unire. Non mi sono mai illuso che “Alternativa”, da sola, potesse risolvere questo problema. Ma penso tuttora che ci vorrebbe qualcosa che aiuti questo processo». Tanti tasselli, tutti utili, come le due assemblee concomitanti del 28 aprile a Firenze: quella del Comitato No-Debito e quella del “nuovo soggetto politico”. Due tentativi «entrambi positivi, purché riescano a convergere», perché gli italiani – inorriditi dallo spettacolo degli attuali partiti – devono poter avere a disposizione un’autentica alternativa.
«Non possiamo evitare questo problema», insiste Chiesa: «Avremo bisogno di una rappresentanza democratica per quei milioni di italiani, che sono la maggioranza, che non sanno più a che santo votarsi». Ma c’è ancora troppa confusione: non manca chi si aspetta risposte dall’attuale nomenklatura di potere. «Molti ancora non l’hanno capito: non si può cercare questa alternativa nei vertici dei partiti, nella “casta”: questi sono perduti, non sono più recuperabili», e per svariate ragioni: «Perché sono alla fine del loro percorso, perché non hanno idee, perché sono contro di noi, perché la “casta” ci è nemica». E dunque, «qualunque idea di ripartire da lì è destinata al fallimento: non ci si può alleare col nemico, il nemico lo si deve combattere». Un equivoco, nel quale cadono milioni di persone, deluse e Giulietto Chiesa sfiduciate, ma ancora rassegnate al “meno peggio”. Errore fatale, perché i partiti moribondi, semplicemente, non hanno soluzioni: non capiscono la crisi e non vedono vie d’uscita diverse dal “massacro sociale” che ci sta già devastando.
«E’ evidente che non solo la sinistra, ma l’intero campo democratico è stato sbaragliato: non solo diviso – sarebbe già grave, e sappiamo che così è stato – ma privo di visione: in quasi nessuno c’è la visione di cos’è la crisi che stiamo affrontando. Non manca solo una guida unica, manca un’idea su quello che sta accadendo e, soprattutto, su quello che ci attende». Le forze sane esistono: ma devono mettere a fuoco il problema e studiare una strategia unitaria, sapendo che la sfida sarà durissima: «Lo ribadisco: dobbiamo innalzare il livello del conflitto sociale, perché questa gente – non parlo solo della “casta”, ma parlo dei nostri “dominatori”, dei banchieri, dei “proprietari universali” – non se ne andrà senza combattere». Dobbiamo prepararci a «difenderci» ovunque possibile, «in tutte le forme legittime». Nessuna illusione: «Pensare a una forma di pacificazione unificatoria, un embrassons-nous, un “mettiamoci tutti d’accordo”, senza capire che siamo in un momento in cui bisogna combattere, non produrrà nulla di buono». Diritti, sovranità democratica: dovremo lottare, uniti, per riconquistare la nostra libertà.
http://www.libreidee.org/2012/04/giulie ... di+idee%29
Sessantasette anni fa uscivamo dal fascismo e della guerra, l’Italia era fisicamente distrutta ma moralmente stava rinascendo: lo dimostra la Costituzione democratica, una delle più belle dell’Occidente. Oggi usciamo dal ventennio definito “berlusconiano”: «Non tanto perché Berlusconi fosse un grande personaggio, quanto perché l’intera classe politica si è arresa a un piccolo personaggio». L’Italia? «E’ più distrutta di allora: distrutta moralmente, economicamente e socialmente». Ma non tutta l’Italia: «Col referendum del 2011 abbiamo verificato che la gran parte del popolo italiano, la maggioranza assoluta del corpo elettorale, ha respinto quel disegno. Però l’Italia è stata guastata, il nostro tessuto comune è stato lesionato, le nostre istituzioni hanno smesso di funzionare: l’Italia è un paese in ginocchio». Come uscirne? Spazzare via la “casta”, unire le forze e prepararsi allo scontro: «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
Giulietto Chiesa non ha dubbi: se la stragrande maggioranza degli italiani è scontenta, ancora non basta; occorre ripudiare fino in fondo i partiti-Casini, Bersani e Alfanovergogna e costruire una nuova alleanza popolare. Primo: capire da cosa è stata originata la crisi nella quale stiamo precipitando. Secondo: condividere una via d’uscita, una visione comune del futuro. «Ricevo decine di mail, telefonate, appelli qualche volta disperati: bisogna fare qualcosa, mi dicono, “prendi l’iniziativa”». E’ esattamente quello che, da un paio d’anni, Giulietto Chiesa sta cercando di fare: «Ho fondato “Alternativa” proprio per questa ragione: volevo costruire una proposta, per unire. Non mi sono mai illuso che “Alternativa”, da sola, potesse risolvere questo problema. Ma penso tuttora che ci vorrebbe qualcosa che aiuti questo processo». Tanti tasselli, tutti utili, come le due assemblee concomitanti del 28 aprile a Firenze: quella del Comitato No-Debito e quella del “nuovo soggetto politico”. Due tentativi «entrambi positivi, purché riescano a convergere», perché gli italiani – inorriditi dallo spettacolo degli attuali partiti – devono poter avere a disposizione un’autentica alternativa.
«Non possiamo evitare questo problema», insiste Chiesa: «Avremo bisogno di una rappresentanza democratica per quei milioni di italiani, che sono la maggioranza, che non sanno più a che santo votarsi». Ma c’è ancora troppa confusione: non manca chi si aspetta risposte dall’attuale nomenklatura di potere. «Molti ancora non l’hanno capito: non si può cercare questa alternativa nei vertici dei partiti, nella “casta”: questi sono perduti, non sono più recuperabili», e per svariate ragioni: «Perché sono alla fine del loro percorso, perché non hanno idee, perché sono contro di noi, perché la “casta” ci è nemica». E dunque, «qualunque idea di ripartire da lì è destinata al fallimento: non ci si può alleare col nemico, il nemico lo si deve combattere». Un equivoco, nel quale cadono milioni di persone, deluse e Giulietto Chiesa sfiduciate, ma ancora rassegnate al “meno peggio”. Errore fatale, perché i partiti moribondi, semplicemente, non hanno soluzioni: non capiscono la crisi e non vedono vie d’uscita diverse dal “massacro sociale” che ci sta già devastando.
«E’ evidente che non solo la sinistra, ma l’intero campo democratico è stato sbaragliato: non solo diviso – sarebbe già grave, e sappiamo che così è stato – ma privo di visione: in quasi nessuno c’è la visione di cos’è la crisi che stiamo affrontando. Non manca solo una guida unica, manca un’idea su quello che sta accadendo e, soprattutto, su quello che ci attende». Le forze sane esistono: ma devono mettere a fuoco il problema e studiare una strategia unitaria, sapendo che la sfida sarà durissima: «Lo ribadisco: dobbiamo innalzare il livello del conflitto sociale, perché questa gente – non parlo solo della “casta”, ma parlo dei nostri “dominatori”, dei banchieri, dei “proprietari universali” – non se ne andrà senza combattere». Dobbiamo prepararci a «difenderci» ovunque possibile, «in tutte le forme legittime». Nessuna illusione: «Pensare a una forma di pacificazione unificatoria, un embrassons-nous, un “mettiamoci tutti d’accordo”, senza capire che siamo in un momento in cui bisogna combattere, non produrrà nulla di buono». Diritti, sovranità democratica: dovremo lottare, uniti, per riconquistare la nostra libertà.
http://www.libreidee.org/2012/04/giulie ... di+idee%29
-
- Messaggi: 1007
- Iscritto il: 21/02/2012, 22:08
Re: Come se ne viene fuori ?
Ho evidenziato le riflessioni del grande Eugenio Scalfari, quelle che per me sono condivisibili, altre meno.camillobenso ha scritto:L'EDITORIALE
La rabbia sociale male del secolo
di EUGENIO SCALFARI
..............
..............
I democratici di buona volontà dovrebbero dunque sforzarsi di rinnovare e rafforzare l'onda lunga della politica, cioè di una consapevole visione del bene comune da opporre allo "tsunami" dell'antipolitica. Accade invece che la politica galleggi su acque stagnanti e paludose, infestate da miasmi e malarie.
I democratici di buona volontà si trovano insomma a dover combattere l'ondata dell'antipolitica e la palude della politica. In Italia la situazione è questa e se guardiamo all'Europa come al progetto di un futuro Stato federale, le cose stanno più o meno allo stesso modo. Anche la politica europea galleggia infatti su acque stagnanti e paludose. Non c'è un'opinione pubblica seriamente europeista, non ci sono interessi forti che spingano verso la federazione e tanto meno valori egemoni che servano da punti di riferimento. Ci sono soltanto minoranze elitarie, non sufficienti a mutare l'acqua stagnante in onda lunga e vitale.
* * *
Ho più volte ricordato in questi mesi che c'è un punto preliminare da cui dobbiamo prender le mosse: l'economia globale ha messo in contatto tra loro le masse di persone che vivono in paesi di antica opulenza e le masse che abitano paesi di antica povertà.
Questi due campi di forze così diversi e finora refrattari tra loro sono entrati in comunicazione ormai permanente e crescente e questa comunicazione ha creato un improvviso squilibrio nell'uno e nell'altro campo. La tendenza ad un nuovo equilibrio crea un trasferimento inevitabile di benessere dai paesi ricchi a quelli poveri o meno ricchi e quel trasferimento è destinato a continuare fino a quando l'equilibrio tra i due campi non sarà stato raggiunto.
Ci sono molti strumenti economici e politici per ridurre i costi sociali di questo percorso che tuttavia resta un dato di fondo al quale è del tutto inutile ribellarsi.
* * *
Ribadita questa premessa, veniamo ai fatti rilevanti di questa fase. L'evento principale è la vittoria del socialista Hollande al primo turno delle presidenziali francesi, la forte probabilità della sua elezione al secondo turno e la contemporanea comparsa del neo-lepenismo di massa (18 per cento dei voti espressi) che potrà notevolmente influire sul formarsi d'una nuova destra populista e anti-europea.
Se Hollande sarà proclamato Presidente della Repubblica domenica prossima, sappiamo già che il suo primo incontro dopo la formazione del governo sarà quello con Angela Merkel con l'obiettivo di costruire su nuove basi il patto di amicizia che lega le due maggiori nazioni europee.
Hollande punta sulla crescita dell'economia europea, ma anche la Merkel punta sulla crescita. Prima lo diceva con voce sommessa, ora lo dice con voce alta e sicura. Con la stessa voce alta e sicura lo dice anche Mario Draghi e anche il nostro Mario Monti, sostenuto in questa sua linea da tutti e tre i partiti che appoggiano il suo governo. E perciò crescita crescita crescita. Ma con quali strumenti per ottenerla? E con quali tempi necessari a vederne gli effetti?
* * *
Gli strumenti proposti da Hollande sono di ottenere l'esenzione delle spese per investimenti dal patto di stabilità fiscale voluto dalla Germania e approvato dalle Autorità europee; ottenere l'emissione di "project bond" per finanziare infrastrutture europee; accrescere le risorse del bilancio europeo amministrato dalla Commissione di Bruxelles e aumentare le risorse della Banca d'investimento (Bei) destinate anch'esse a specifici progetti di infrastrutture inter-frontaliere.
...........
...........
Il negoziato - sempre che Hollande vinca il secondo turno delle presidenziali - avverrà tra l'8 maggio e le riunioni dei vertici europei di fine giugno. Un compromesso positivo è molto probabile. Per quanto riguarda l'Italia l'esito del negoziato ha grande importanza ma non esaurisce i nostri problemi politici, economici e sociali. Restano infatti da risolvere le maggiori tutele sociali (esodati), la tenuta dei partiti della "strana maggioranza" e i loro reciproci conflitti; l'esito politico delle amministrative del 6 e 7 maggio; la riforma della legge elettorale; gli strumenti da adottare nella lotta contro la recessione; l'approvazione della riforma del lavoro; la "governance" della Rai. E scusate se è poco.
.........
.........
Qual è dunque la soluzione del rebus?
Una soltanto: i partiti che chiamiamo costituzionali votino intanto una legge elettorale che abolisca il premio di maggioranza o lo faccia scattare soltanto per chi superi il 40 per cento dei voti, ponga una soglia alta (5 per cento) per entrare in Parlamento, vieti le coalizioni elettorali, abolisca dalla scheda elettorale il nome del leader, prenda a modello la legge elettorale tedesca applicata a collegi di piccole dimensioni come previsto dalla legge spagnola.
Nel frattempo il governo, ricevuta l'assicurazione formale e solenne della sua permanenza in carica fino al termine della legislatura, adotti una serie di provvedimenti capaci di accrescere le tutele sociali estendendone la durata e ampliandone la sfera d'applicazione, tagli le spese improduttive e persegua - come sta già energicamente facendo - il recupero dell'evasione fiscale; cartolarizzi una parte del patrimonio pubblico vendibile e mandi avanti il pagamento del debito pregresso verso le imprese fornitrici.
Con le risorse prodotte con questi interventi, diminuisca le imposte sul lavoro, aumenti i crediti d'imposta per investimenti destinati a innovazioni e ricerca, rilanci l'apertura dei cantieri edilizi e introduca sgravi d'imposta sui redditi medio-bassi del lavoro dipendente.
Le risorse recuperabili dalle fonti sopra indicate possono arrivare sicuramente a 80 miliardi, forse a cento e quindi sono in grado di produrre un allentamento della tensione sociale in attesa che le liberalizzazioni e la riforma pensionistica producano gli attesi effetti sul gettito delle entrate.
.......
.......
Un'ultima osservazione: il presidente Monti punta giustamente sull'aumento della produttività delle imprese e sulla loro competitività. Mi auguro che non cada nell'errore di far coincidere l'aumento della produttività con la diminuzione del costo del lavoro. Quest'ultimo è soltanto uno dei componenti d'una maggiore produttività e neppure il più importante. I più importanti sono l'innovazione dei prodotti e dei processi di produzione e dipendono sia l'uno che l'altro dagli imprenditori e non dai lavoratori. Quanto al costo del lavoro dipendente esso deriva in buona parte dalla differenza tra salario lordo e salario netto. In questo caso la sua diminuzione si verifica con un taglio del cosiddetto cuneo fiscale e cioè con la fiscalizzazione dei contributi. Sono sicuro che il professor Monti queste cose le conosce molto meglio di me e agirà quindi di conseguenza.
(29 aprile 2012)
La Repubblica
Cmq non ho nulla da aggiungere a parole sagge, di alto valore morale di una persona anziana ma lucida.
Il nostro PdR dovrebbe secondo me dare un riconoscimento della repubblica (non il cavalierato) a questo grande italiano.
Ma forse non lo farà, visto che Repubblica è in prima linea nella difesa al diritto di informazioni del cittadino/lettore pubblicando tutte le intercettazioni del processo Ruby senza sconti a Berlusconi.
B. è andato ieri dal PdR per cercare sponde contro i PM milanesi e contro Repubblica dichiarando come moneta di scambio il fatto che "non aspiro al Colle, e fatte le riforme (giustizia, e frequenze TV, ndr) mi ritiro".
Ancora ricatti, su ricatti!
NON NE POSSIAMO PIU'.
Augh
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
Re: Come se ne viene fuori ?
Queste non sono le posizioni di Monti, che dopo l'incontro con Barroso ha parlato di crescita da perseguire non attraverso il debito (leggi: no "project bond") ma attraverso "riforme di struttura" (altri tagli al welfare?) e "maggiore competitività delle imprese" (salari più bassi come adombra lo stesso Scalfari?).eugenio scalfari ha scritto:Gli strumenti proposti da Hollande sono di ottenere l'esenzione delle spese per investimenti dal patto di stabilità fiscale voluto dalla Germania e approvato dalle Autorità europee; ottenere l'emissione di "project bond" per finanziare infrastrutture europee; accrescere le risorse del bilancio europeo amministrato dalla Commissione di Bruxelles e aumentare le risorse della Banca d'investimento (Bei) destinate anch'esse a specifici progetti di infrastrutture inter-frontaliere.
Bersani, a precisa domanda di Maria Latella su Sky circa la posizione del PD rispetto a probabili divergenze tra Hollande e Merkel-Monti, in pratica non ha risposto.
Staremo a vedere, ma il PD non si illuda, prima o poi dovrà scegliere.
-
- Messaggi: 1007
- Iscritto il: 21/02/2012, 22:08
Re: Come se ne viene fuori ?
Il PD si prenda tutto il tempo che vuole fino alla scadenza di fine legislatura, NOI o perlomeno IOmariok ha scritto:Queste non sono le posizioni di Monti, che dopo l'incontro con Barroso ha parlato di crescita da perseguire non attraverso il debito (leggi: no "project bond") ma attraverso "riforme di struttura" (altri tagli al welfare?) e "maggiore competitività delle imprese" (salari più bassi come adombra lo stesso Scalfari?).eugenio scalfari ha scritto:Gli strumenti proposti da Hollande sono di ottenere l'esenzione delle spese per investimenti dal patto di stabilità fiscale voluto dalla Germania e approvato dalle Autorità europee; ottenere l'emissione di "project bond" per finanziare infrastrutture europee; accrescere le risorse del bilancio europeo amministrato dalla Commissione di Bruxelles e aumentare le risorse della Banca d'investimento (Bei) destinate anch'esse a specifici progetti di infrastrutture inter-frontaliere.
Bersani, a precisa domanda di Maria Latella su Sky circa la posizione del PD rispetto a probabili divergenze tra Hollande e Merkel-Monti, in pratica non ha risposto.
Staremo a vedere, ma il PD non si illuda, prima o poi dovrà scegliere.
abbiamo fatto la nostra scelta ed è che siamo con Hollande, anzi aggiungerei che siamo per gli Eurobond tout court con la presa d'atto che, fatto fronte comune con altri 25 paesi zona euro, se la Merkel e la Germania non ci stanno .... è la Germania ad andare fuori dall'euro.
Augh
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
-
- Messaggi: 17353
- Iscritto il: 06/04/2012, 20:00
Re: Come se ne viene fuori ?
Una situazione complicata - 3
Comunque la si pensi, questa è e rimane una società primitiva prigioniera degli istinti primordiali dell’homo erectus. Non deve trarre in inganno la disponibilità odierna dell’Ipod, o se si può andare da Milano a Roma in meno di tre ore con Italo, la vita sociale è ancora di tipo primitivo.
Su Repubblica di stamani a pagina 10 possiamo leggere:
“Le gite di Formigoni sui 6 yacht di Daccò”
In 8 anni il faccendiere ha speso 7 milioni in barche.
Daccò, Simone e il Celeste appartengono ad una sottotribù che ufficialmente professa la castità e la povertà.
Nella Regione Lombardia, Cl con il potere che detiene ha bloccato l’attuazione della legge 194, perché loro si dicono seguaci del movimento per la vita.
Ma quando si tratta della vita di esseri umani appartenenti al mondo del lavoro che si suicidano per difficoltà finanziarie, non fanno neppure una piega.
A loro basta vivere bene, un vivere bene che spesso deriva da operazioni che interessano la magistratura. A loro non importa se, in concorso con altri sottraggono fondi pubblici alla sanità, e quindi allo Stato, e che inevitabilmente vanno a mettere in grande difficoltà altri settori dove piccoli imprenditori e dipendenti non riuscendo a reggere la crisi decidono di suicidarsi.
Al cattolicissimo “Celeste” votato alla castità e alla povertà, tutto questo non lo sfiora neppure lontanamente, perché se gli altri sono degli “sfigati”, lui non può farci assolutamente niente.
La società umana è sempre la stessa, c’è chi campa come se fosse nel paradiso terrestre e chi vive all’inferno.
Erding ha pubblicato l’articolo: “Giulietto Chiesa: ormai per salvarci dovremo combattere”, che anticipa i tempi.
Mentre Scalfari conclude il suo intervento domenicale con: “Sono sicuro che il professor Monti queste cose le conosce molto meglio di me e agirà quindi di conseguenza.”, fiducioso che Monti metterà le cose a posto, come lo è anche il direttore dell’Espresso nel suo editoriale di questa settimana, Giulietto Chiesa non ha la stessa fiducia.
Sessantasette anni fa uscivamo dal fascismo e della guerra, l’Italia era fisicamente distrutta ma moralmente stava rinascendo: lo dimostra la Costituzione democratica, una delle più belle dell’Occidente.
Innegabile.
Oggi usciamo dal ventennio definito “berlusconiano”: «Non tanto perché Berlusconi fosse un grande personaggio, quanto perché l’intera classe politica si è arresa a un piccolo personaggio».
Anche questo è innegabile, ma nello stesso tempo altamente tragico.
Il cav burlesque è un personaggio da operetta. Se la classe politica si è arresa a questo personaggio scadente significa che è ancora più scadente di lui.
Però l’Italia è stata guastata, il nostro tessuto comune è stato lesionato, le nostre istituzioni hanno smesso di funzionare: l’Italia è un paese in ginocchio». Come uscirne?
Anche il giornalista piemontese si chiede: Come uscirne?
Spazzare via la “casta”, unire le forze e prepararsi allo scontro: «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
Anche questo è innegabile come è innegabile che : «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
«Non possiamo evitare questo problema», insiste Chiesa: «Avremo bisogno di una rappresentanza democratica per quei milioni di italiani, che sono la maggioranza, che non sanno più a che santo votarsi». Ma c’è ancora troppa confusione: non manca chi si aspetta risposte dall’attuale nomenklatura di potere. «Molti ancora non l’hanno capito: non si può cercare questa alternativa nei vertici dei partiti, nella “casta”: questi sono perduti, non sono più recuperabili», e per svariate ragioni: «Perché sono alla fine del loro percorso, perché non hanno idee, perché sono contro di noi, perché la “casta” ci è nemica».
In questo momento la casta ha una considerazione del 2,5 %, il livello più basso mai toccato nella storia repubblicana.
E dunque, «qualunque idea di ripartire da lì è destinata al fallimento: non ci si può alleare col nemico, il nemico lo si deve combattere». Un equivoco, nel quale cadono milioni di persone, deluse e Giulietto Chiesa sfiduciate, ma ancora rassegnate al “meno peggio”. Errore fatale, perché i partiti moribondi, semplicemente, non hanno soluzioni: non capiscono la crisi e non vedono vie d’uscita diverse dal “massacro sociale” che ci sta già devastando.
Visione pesante ma reale.
«E’ evidente che non solo la sinistra, ma l’intero campo democratico è stato sbaragliato: non solo diviso – sarebbe già grave, e sappiamo che così è stato – ma privo di visione: in quasi nessuno c’è la visione di cos’è la crisi che stiamo affrontando. Non manca solo una guida unica, manca un’idea su quello che sta accadendo e, soprattutto, su quello che ci attende»
Che stessimo per arrivare a questo punto era chiaro da almeno due anni, solo che due anni fa nessuno avrebbe mai creduto che fosse possibile scivolare lungo la china giorno dopo giorno.
Anche se molti percepiscono il malessere che ci circonda,..Chiesa ha ragione quando sostiene : Non manca solo una guida unica, manca un’idea su quello che sta accadendo e, soprattutto, su quello che ci attende
Le forze sane esistono: ma devono mettere a fuoco il problema e studiare una strategia unitaria, sapendo che la sfida sarà durissima.
In effetti ieri a Firenze si può dire che si sono riunite le forze sane.
Paul Anthony Ginsborg (Londra, 1945) è uno storico inglese, naturalizzato italiano, tra i più noti studiosi contemporanei della storia d'Italia si sta muovendo in questa direzione.
Non è di certo un rivoluzionario, è un uomo sufficientemente concreto che usa la parola per farsi capire e convincere. In questi ultimi dieci anni ci ha provato in ogni modo, ma la casta ha altri obiettivi e quindi è sorda ad ogni forma di rinnovamento.
«Lo ribadisco: dobbiamo innalzare il livello del conflitto sociale, perché questa gente – non parlo solo della “casta”, ma parlo dei nostri “dominatori”, dei banchieri, dei “proprietari universali” – non se ne andrà senza combattere». Dobbiamo prepararci a «difenderci» ovunque possibile, «in tutte le forme legittime». Nessuna illusione: «Pensare a una forma di pacificazione unificatoria, un embrassons-nous, un “mettiamoci tutti d’accordo”, senza capire che siamo in un momento in cui bisogna combattere, non produrrà nulla di buono». Diritti, sovranità democratica: dovremo lottare, uniti, per riconquistare la nostra libertà.
Questa è la parte più pesante che scuote le coscienze individuali.
In questi giorni stiamo assistendo come sia profondo l’attaccamento alla poltrona, al potere, al mondo dorato dei privilegi da parte del Celeste. Non illudiamoci, gli altri non sono da meno.
Calearo che arriva dalla società civile è un altro che non molla. La sua azienda oggi è in Polonia ed è composta da 285 unità, malgrado questo sostiene di aver bisogno dei soldi da Parlamentare per continuare a pagare il mutuo.
Ci aspettano prossimamente certamente giorni difficili.
Comunque la si pensi, questa è e rimane una società primitiva prigioniera degli istinti primordiali dell’homo erectus. Non deve trarre in inganno la disponibilità odierna dell’Ipod, o se si può andare da Milano a Roma in meno di tre ore con Italo, la vita sociale è ancora di tipo primitivo.
Su Repubblica di stamani a pagina 10 possiamo leggere:
“Le gite di Formigoni sui 6 yacht di Daccò”
In 8 anni il faccendiere ha speso 7 milioni in barche.
Daccò, Simone e il Celeste appartengono ad una sottotribù che ufficialmente professa la castità e la povertà.
Nella Regione Lombardia, Cl con il potere che detiene ha bloccato l’attuazione della legge 194, perché loro si dicono seguaci del movimento per la vita.
Ma quando si tratta della vita di esseri umani appartenenti al mondo del lavoro che si suicidano per difficoltà finanziarie, non fanno neppure una piega.
A loro basta vivere bene, un vivere bene che spesso deriva da operazioni che interessano la magistratura. A loro non importa se, in concorso con altri sottraggono fondi pubblici alla sanità, e quindi allo Stato, e che inevitabilmente vanno a mettere in grande difficoltà altri settori dove piccoli imprenditori e dipendenti non riuscendo a reggere la crisi decidono di suicidarsi.
Al cattolicissimo “Celeste” votato alla castità e alla povertà, tutto questo non lo sfiora neppure lontanamente, perché se gli altri sono degli “sfigati”, lui non può farci assolutamente niente.
La società umana è sempre la stessa, c’è chi campa come se fosse nel paradiso terrestre e chi vive all’inferno.
Erding ha pubblicato l’articolo: “Giulietto Chiesa: ormai per salvarci dovremo combattere”, che anticipa i tempi.
Mentre Scalfari conclude il suo intervento domenicale con: “Sono sicuro che il professor Monti queste cose le conosce molto meglio di me e agirà quindi di conseguenza.”, fiducioso che Monti metterà le cose a posto, come lo è anche il direttore dell’Espresso nel suo editoriale di questa settimana, Giulietto Chiesa non ha la stessa fiducia.
Sessantasette anni fa uscivamo dal fascismo e della guerra, l’Italia era fisicamente distrutta ma moralmente stava rinascendo: lo dimostra la Costituzione democratica, una delle più belle dell’Occidente.
Innegabile.
Oggi usciamo dal ventennio definito “berlusconiano”: «Non tanto perché Berlusconi fosse un grande personaggio, quanto perché l’intera classe politica si è arresa a un piccolo personaggio».
Anche questo è innegabile, ma nello stesso tempo altamente tragico.
Il cav burlesque è un personaggio da operetta. Se la classe politica si è arresa a questo personaggio scadente significa che è ancora più scadente di lui.
Però l’Italia è stata guastata, il nostro tessuto comune è stato lesionato, le nostre istituzioni hanno smesso di funzionare: l’Italia è un paese in ginocchio». Come uscirne?
Anche il giornalista piemontese si chiede: Come uscirne?
Spazzare via la “casta”, unire le forze e prepararsi allo scontro: «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
Anche questo è innegabile come è innegabile che : «Quella gente non se ne andrà senza combattere».
«Non possiamo evitare questo problema», insiste Chiesa: «Avremo bisogno di una rappresentanza democratica per quei milioni di italiani, che sono la maggioranza, che non sanno più a che santo votarsi». Ma c’è ancora troppa confusione: non manca chi si aspetta risposte dall’attuale nomenklatura di potere. «Molti ancora non l’hanno capito: non si può cercare questa alternativa nei vertici dei partiti, nella “casta”: questi sono perduti, non sono più recuperabili», e per svariate ragioni: «Perché sono alla fine del loro percorso, perché non hanno idee, perché sono contro di noi, perché la “casta” ci è nemica».
In questo momento la casta ha una considerazione del 2,5 %, il livello più basso mai toccato nella storia repubblicana.
E dunque, «qualunque idea di ripartire da lì è destinata al fallimento: non ci si può alleare col nemico, il nemico lo si deve combattere». Un equivoco, nel quale cadono milioni di persone, deluse e Giulietto Chiesa sfiduciate, ma ancora rassegnate al “meno peggio”. Errore fatale, perché i partiti moribondi, semplicemente, non hanno soluzioni: non capiscono la crisi e non vedono vie d’uscita diverse dal “massacro sociale” che ci sta già devastando.
Visione pesante ma reale.
«E’ evidente che non solo la sinistra, ma l’intero campo democratico è stato sbaragliato: non solo diviso – sarebbe già grave, e sappiamo che così è stato – ma privo di visione: in quasi nessuno c’è la visione di cos’è la crisi che stiamo affrontando. Non manca solo una guida unica, manca un’idea su quello che sta accadendo e, soprattutto, su quello che ci attende»
Che stessimo per arrivare a questo punto era chiaro da almeno due anni, solo che due anni fa nessuno avrebbe mai creduto che fosse possibile scivolare lungo la china giorno dopo giorno.
Anche se molti percepiscono il malessere che ci circonda,..Chiesa ha ragione quando sostiene : Non manca solo una guida unica, manca un’idea su quello che sta accadendo e, soprattutto, su quello che ci attende
Le forze sane esistono: ma devono mettere a fuoco il problema e studiare una strategia unitaria, sapendo che la sfida sarà durissima.
In effetti ieri a Firenze si può dire che si sono riunite le forze sane.
Paul Anthony Ginsborg (Londra, 1945) è uno storico inglese, naturalizzato italiano, tra i più noti studiosi contemporanei della storia d'Italia si sta muovendo in questa direzione.
Non è di certo un rivoluzionario, è un uomo sufficientemente concreto che usa la parola per farsi capire e convincere. In questi ultimi dieci anni ci ha provato in ogni modo, ma la casta ha altri obiettivi e quindi è sorda ad ogni forma di rinnovamento.
«Lo ribadisco: dobbiamo innalzare il livello del conflitto sociale, perché questa gente – non parlo solo della “casta”, ma parlo dei nostri “dominatori”, dei banchieri, dei “proprietari universali” – non se ne andrà senza combattere». Dobbiamo prepararci a «difenderci» ovunque possibile, «in tutte le forme legittime». Nessuna illusione: «Pensare a una forma di pacificazione unificatoria, un embrassons-nous, un “mettiamoci tutti d’accordo”, senza capire che siamo in un momento in cui bisogna combattere, non produrrà nulla di buono». Diritti, sovranità democratica: dovremo lottare, uniti, per riconquistare la nostra libertà.
Questa è la parte più pesante che scuote le coscienze individuali.
In questi giorni stiamo assistendo come sia profondo l’attaccamento alla poltrona, al potere, al mondo dorato dei privilegi da parte del Celeste. Non illudiamoci, gli altri non sono da meno.
Calearo che arriva dalla società civile è un altro che non molla. La sua azienda oggi è in Polonia ed è composta da 285 unità, malgrado questo sostiene di aver bisogno dei soldi da Parlamentare per continuare a pagare il mutuo.
Ci aspettano prossimamente certamente giorni difficili.
Chi c’è in linea
Visitano il forum: Majestic-12 [Bot] e 17 ospiti