E X P O 2015
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E X P O 2015
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al ministro Maurizio Martina un messaggio in cui ha rimarcato che l'aumento "delle diseguaglianze tra Paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione, rende indispensabile l'adozione di un nuovo modello di sviluppo che modifichi questa inaccettabile tendenza, nel rispetto dei fondamentali valori riconosciuti e sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo".
iL PONTEFICE ci ricorda che noi " siamo i custodi e non i padroni della Terra, e se Dio perdona sempre. Gli uomini perdonano a volte. La terra non perdona mai."
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Re: E X P O 2015
Se una rottamazione vera giungesse da Lui, saremmo piu' che contenti.iospero ha scritto:Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al ministro Maurizio Martina un messaggio in cui ha rimarcato che l'aumento "delle diseguaglianze tra Paesi ricchi e popolazioni povere, in costante lotta per sopravvivere alla denutrizione, rende indispensabile l'adozione di un nuovo modello di sviluppo che modifichi questa inaccettabile tendenza, nel rispetto dei fondamentali valori riconosciuti e sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo".
iL PONTEFICE ci ricorda che noi " siamo i custodi e non i padroni della Terra, e se Dio perdona sempre. Gli uomini perdonano a volte. La terra non perdona mai."
Il bimbetto se ne avesse la capacita', farebbe ritornare indietro il tempo a prima delle elezione del PdR. Per fortuna queste capacita non le ha. Almeno spero.
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: E X P O 2015
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come ha ricordato di recente Emanuele Bernardi ne Il mais “miracoloso” (Carocci, 2014), grazie al piano Marshall gli Usa introducono in Italia e nelle campagne europee i semi di mais ibrido, che hanno successo per la loro elevata produttività, Quel mais, naturalmente, metterà ai margini e farà scomparire tutte le varietà locali, con i loro caratteri speciali, e soprattutto costringerà gli agricoltori a comprare ogni anno i semi per la semina. Ma il successo del mais ibrido non è merito esclusivo dell’innovazione genetica.
I raccolti più abbondanti si ottengono se si usano abbondantemente i concimi chimici, l’acqua, poi i pesticidi, i diserbanti che le corporation americane produrranno con ritmo crescente trovando nelle campagne europee un mercato sterminato. I semi ibridi sono stati il cavallo di Troia per scalzare un modello secolare di agricoltura. Ma ciò che è rimasto a lungo nascosto è che il miracolo dei semi era dipendente dal crescente uso della concimazione chimica. Lo storico francese Paul Bairoch, ha ricostruito le stupefacenti cifre statistiche che svelano l’arcano della nostra prosperità alimentare. Tra i primi del 900 e il 1985 i rendimenti del grano sono cresciuti nei vari paesi d’Europa di 3 o 4 volte. Ma nello stesso periodo il consumo di fertilizzanti chimici nelle campagne della Germania è aumentato 9 volte, 17 volte in Italia, 20 in Spagna, Quella fertilità non veniva dai suoli d’Europa, ma dai fosfati estratti in Marocco o nelle isole del Pacifico, dall’azoto prodotto industrialmente col petrolio pompato in qualche angolo del mondo. L’intero modello della nostra economia estrattiva, lineare, che consuma una volta per tutte, senza nulla restituire alla terra, è nelle poche cifre fornite dal geologo americano D. A. Pfeiffer nel saggio Eating fossil fuels (2006).
Negli anni in cui si realizza la cosiddetta rivoluzione verde, tra il 1950 e il 1985, la produzione mondiale del grano conosce un incremento che sarebbe sciocco non considerare senza precedenti. Essa aumenta del 250%. Ma il consumo di energia fossile negli stessi anni tocca un picco di aumento del 5.000%. L’incremento di produzione e l’innovazione tecnologica di tutto il settore (concimi, macchine, pompaggio dell’acqua, diserbanti, pesticidi) si sono fondati su un consumo gigantesco di energia, sulla dissipazione di risorse non rigenerabili del suolo e del sottosuolo.
...
http://ilmanifesto.info/la-linearita-dei-predoni/
come ha ricordato di recente Emanuele Bernardi ne Il mais “miracoloso” (Carocci, 2014), grazie al piano Marshall gli Usa introducono in Italia e nelle campagne europee i semi di mais ibrido, che hanno successo per la loro elevata produttività, Quel mais, naturalmente, metterà ai margini e farà scomparire tutte le varietà locali, con i loro caratteri speciali, e soprattutto costringerà gli agricoltori a comprare ogni anno i semi per la semina. Ma il successo del mais ibrido non è merito esclusivo dell’innovazione genetica.
I raccolti più abbondanti si ottengono se si usano abbondantemente i concimi chimici, l’acqua, poi i pesticidi, i diserbanti che le corporation americane produrranno con ritmo crescente trovando nelle campagne europee un mercato sterminato. I semi ibridi sono stati il cavallo di Troia per scalzare un modello secolare di agricoltura. Ma ciò che è rimasto a lungo nascosto è che il miracolo dei semi era dipendente dal crescente uso della concimazione chimica. Lo storico francese Paul Bairoch, ha ricostruito le stupefacenti cifre statistiche che svelano l’arcano della nostra prosperità alimentare. Tra i primi del 900 e il 1985 i rendimenti del grano sono cresciuti nei vari paesi d’Europa di 3 o 4 volte. Ma nello stesso periodo il consumo di fertilizzanti chimici nelle campagne della Germania è aumentato 9 volte, 17 volte in Italia, 20 in Spagna, Quella fertilità non veniva dai suoli d’Europa, ma dai fosfati estratti in Marocco o nelle isole del Pacifico, dall’azoto prodotto industrialmente col petrolio pompato in qualche angolo del mondo. L’intero modello della nostra economia estrattiva, lineare, che consuma una volta per tutte, senza nulla restituire alla terra, è nelle poche cifre fornite dal geologo americano D. A. Pfeiffer nel saggio Eating fossil fuels (2006).
Negli anni in cui si realizza la cosiddetta rivoluzione verde, tra il 1950 e il 1985, la produzione mondiale del grano conosce un incremento che sarebbe sciocco non considerare senza precedenti. Essa aumenta del 250%. Ma il consumo di energia fossile negli stessi anni tocca un picco di aumento del 5.000%. L’incremento di produzione e l’innovazione tecnologica di tutto il settore (concimi, macchine, pompaggio dell’acqua, diserbanti, pesticidi) si sono fondati su un consumo gigantesco di energia, sulla dissipazione di risorse non rigenerabili del suolo e del sottosuolo.
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http://ilmanifesto.info/la-linearita-dei-predoni/
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: E X P O 2015
MILANO EXPO LA FIERA DEL TAROCCO
(Alessandro Robecchi).
18/03/2015 di triskel182
PIOVONO PIETRE
Expo Milano, se va avanti così la inaugura Foody la mascotte.
Se va avanti così, a tagliare il nastro all’inaugurazione dell’Expo ci sarà solo Foody, la povera mascotte del Grande Evento, un pupazzo con la faccia di frutta e verdura che, direte voi, è sempre meglio che aver la faccia di bronzo o peggio. O forse no: a inaugurare la Grande Esposizione Universale ci saranno tutti, in pompa magna e con la banda, la propaganda a soffiare retorica del Grande Colpo di Reni italiano.
La seconda ipotesi è la più probabile, secondo la ben nota teoria da generali in pensione secondo cui è meglio dire che hai vinto anche quando hai perso. Prepariamoci.
E prepariamoci anche a un piccolo cambio di tono: non sarà una retorica di tipo imperiale rivolta al pianeta (“Ehi, mondo, guardate cosa sappiamo fare!”), ma un messaggino rassicurante per il consumo interno (“Oh, dai, ci abbiamo messo una pezza”). Ora serve una premessa solenne. Non è questione di gufi e gufismi, si spera che l’Expo vada benone, che ci si diverta, si mangi bene, eccetera, eccetera, ma i segnali non sono esattamente entusiasmanti.
Gli studi di redditività della manifestazione sbandierati fin qui parlavano di 20-24 milioni di visitatori, per esempio. E Matteo Renzi, invece, in visita a Milano, proprio su quei cantieri che sono tornati ieri sulle prime pagine (favori, Rolex e CL compresi), ha indicato come obiettivo i 10 milioni di biglietti venduti. Un dimezzamento netto degli obiettivi. Ci sarebbe dell’altro. Chi ha ragione sui biglietti già venduti? Le notizie di stampa rilanciate dall’organizzazione (fonte principale il Commissario Unico Sala) che parlano di otto e passa milioni di tagliandi già staccati, o il giovane dinamico Premier che dice (venerdì scorso a Milano) che quei milioni sono al momento solo tre?
Non proprio dettagli, se si pensa che la presenza di visitatori è il principale indicatore per valutare il successo di un grande evento. L’Expo di Hannover del 2000, per esempio, di visitatori ne ebbe diciotto milioni, ed è considerata un enorme flop (pure senza favori, Rolex e CL). Se si sommano questi dati ad altri dati, forse più impalpabili, più legati alle varie sensibilità, più “emotivi”, per così dire, si vedrà che il quadro non migliora.
Che ci sia un’inchiesta su presunti maneggi, con tanto di inchieste, arresti, intercettazioni, anche sul Padiglione Italia ha il beffardo sapore della metafora, ma anche una sua micidiale potenza evocativa. Padiglione Italia: appunto. Né migliora il quadro il peccato originale dell’Expo, che fu decidere di costruirla su terreni privati anziché valorizzare aree pubbliche.
E poi, aspetto veramente grottesco della faccenda, ci si metta anche il fatto che ancora, a un mese dall’apertura, nessuno ha la minima idea di cosa fare di tutto quello che rimarrà, insomma di come utilizzare quelle aree su cui si sono gettati a secchiate milioni e milioni di euro.
Il tutto mentre si vagheggiava di orti e contadini, cibo sano e tradizioni, sostenibilità e nutrire il pianeta, per trovarsi poi tutto quanto sponsorizzato da Coca Cola e McDonald’s. Per non dire dei diecimila e più “volontari” che lavoreranno all’evento. Gratis, tanto per mandare un segnale chiaro e forte sulla dignità del lavoro Ora, l’ottimismo obbligatorio faccia il suo corso, si applichi fino in fondo la vecchia prassi di gridare alla vittoria anche quando si perde quattro a zero.
Certo però che la frase pronunciata nei cantieri Expo dal Caro Leader suona un po’ inquietante: “Mostreremo al mondo di cosa siamo capaci”. Eh, già, il timore è proprio quello.
Da Il Fatto Quotidiano del 18/03/2015.
(Alessandro Robecchi).
18/03/2015 di triskel182
PIOVONO PIETRE
Expo Milano, se va avanti così la inaugura Foody la mascotte.
Se va avanti così, a tagliare il nastro all’inaugurazione dell’Expo ci sarà solo Foody, la povera mascotte del Grande Evento, un pupazzo con la faccia di frutta e verdura che, direte voi, è sempre meglio che aver la faccia di bronzo o peggio. O forse no: a inaugurare la Grande Esposizione Universale ci saranno tutti, in pompa magna e con la banda, la propaganda a soffiare retorica del Grande Colpo di Reni italiano.
La seconda ipotesi è la più probabile, secondo la ben nota teoria da generali in pensione secondo cui è meglio dire che hai vinto anche quando hai perso. Prepariamoci.
E prepariamoci anche a un piccolo cambio di tono: non sarà una retorica di tipo imperiale rivolta al pianeta (“Ehi, mondo, guardate cosa sappiamo fare!”), ma un messaggino rassicurante per il consumo interno (“Oh, dai, ci abbiamo messo una pezza”). Ora serve una premessa solenne. Non è questione di gufi e gufismi, si spera che l’Expo vada benone, che ci si diverta, si mangi bene, eccetera, eccetera, ma i segnali non sono esattamente entusiasmanti.
Gli studi di redditività della manifestazione sbandierati fin qui parlavano di 20-24 milioni di visitatori, per esempio. E Matteo Renzi, invece, in visita a Milano, proprio su quei cantieri che sono tornati ieri sulle prime pagine (favori, Rolex e CL compresi), ha indicato come obiettivo i 10 milioni di biglietti venduti. Un dimezzamento netto degli obiettivi. Ci sarebbe dell’altro. Chi ha ragione sui biglietti già venduti? Le notizie di stampa rilanciate dall’organizzazione (fonte principale il Commissario Unico Sala) che parlano di otto e passa milioni di tagliandi già staccati, o il giovane dinamico Premier che dice (venerdì scorso a Milano) che quei milioni sono al momento solo tre?
Non proprio dettagli, se si pensa che la presenza di visitatori è il principale indicatore per valutare il successo di un grande evento. L’Expo di Hannover del 2000, per esempio, di visitatori ne ebbe diciotto milioni, ed è considerata un enorme flop (pure senza favori, Rolex e CL). Se si sommano questi dati ad altri dati, forse più impalpabili, più legati alle varie sensibilità, più “emotivi”, per così dire, si vedrà che il quadro non migliora.
Che ci sia un’inchiesta su presunti maneggi, con tanto di inchieste, arresti, intercettazioni, anche sul Padiglione Italia ha il beffardo sapore della metafora, ma anche una sua micidiale potenza evocativa. Padiglione Italia: appunto. Né migliora il quadro il peccato originale dell’Expo, che fu decidere di costruirla su terreni privati anziché valorizzare aree pubbliche.
E poi, aspetto veramente grottesco della faccenda, ci si metta anche il fatto che ancora, a un mese dall’apertura, nessuno ha la minima idea di cosa fare di tutto quello che rimarrà, insomma di come utilizzare quelle aree su cui si sono gettati a secchiate milioni e milioni di euro.
Il tutto mentre si vagheggiava di orti e contadini, cibo sano e tradizioni, sostenibilità e nutrire il pianeta, per trovarsi poi tutto quanto sponsorizzato da Coca Cola e McDonald’s. Per non dire dei diecimila e più “volontari” che lavoreranno all’evento. Gratis, tanto per mandare un segnale chiaro e forte sulla dignità del lavoro Ora, l’ottimismo obbligatorio faccia il suo corso, si applichi fino in fondo la vecchia prassi di gridare alla vittoria anche quando si perde quattro a zero.
Certo però che la frase pronunciata nei cantieri Expo dal Caro Leader suona un po’ inquietante: “Mostreremo al mondo di cosa siamo capaci”. Eh, già, il timore è proprio quello.
Da Il Fatto Quotidiano del 18/03/2015.
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Re: E X P O 2015
I tempi dell'Expo: Maurizio tra Maroni e Formigoni
Raga, quanto manca? Dunque inizia il primo maggio parte fra 40 giorni. Ormai sarà tutto finito. Non so adesso, saranno agli ultimi preparativi E’ un’esposizione sul cibo quindi a quest’ora saranno già lì con la carbonella dovremmo già sentire l’odorino della salsiccia. Io non vedo l’ora. Cioè l’ora la vedo è che non vedo l’Expo.
http://www.la7.it/crozza/video/i-tempi- ... 015-150381
Raga, quanto manca? Dunque inizia il primo maggio parte fra 40 giorni. Ormai sarà tutto finito. Non so adesso, saranno agli ultimi preparativi E’ un’esposizione sul cibo quindi a quest’ora saranno già lì con la carbonella dovremmo già sentire l’odorino della salsiccia. Io non vedo l’ora. Cioè l’ora la vedo è che non vedo l’Expo.
http://www.la7.it/crozza/video/i-tempi- ... 015-150381
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Re: E X P O 2015
http://www.beppegrillo.it/videos/0_44lsqnbi.php
#Passaparola: Expo, la fiera della corruzione - di Gianni Barbacetto
Ciao
Paolo11
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Re: E X P O 2015
GUAI SCRIVERE MALE DI EXPO: 50 MILIONI E ADDIO CRITICHE
(Gianni Barbacetto e Marco Maroni).
27/03/2015 di triskel182
TANTO HA SPESO LA SOCIETÀ: 2,3 MILIONI AGLI EDITORI PER PAGINE E INSERTI CHE LODANO L’EVENTO. SCOMPARSI DAI QUOTIDIANI RITARDI NEI LAVORI E SCANDALI.
Milano – Solo nella giornata di ieri, il Corriere della sera ha dedicato a Expo un allegato di 44 pagine (“Orizzonti Expo”), oltre alle pagine 30 e 31 del quotidiano (“Il futuro immaginato”, sotto la testatina “Eventi Expo”).
In più, il quotidiano di via Solferino promette “ogni martedì due pagine di inchiesta sui temi globali dell’Expo: dopo l’Acqua toccherà a Terra, Energia, Cibo. È solo una delle iniziative del Corriere della sera per guidare i lettori verso l’Esposizione che parte il primo maggio.
E poi le pagine Eventi e prossimamente i supplementi speciali. Attivo già ora il canale internet Expo Corriere”.
TUTTE INIZIATIVE “positive” di promozione redazionale che, come quelle simili sulle pagine di Repubblica e di tanti altri quotidiani, non cancellano del tutto le cronache “negative” sui guai giudiziari e sui ritardi dell’esposizione: si aggiungono e cercano di controbilanciarle, per rifare l’immagine a una iniziativa che ha avuto anni difficili. Certo è che nelle ultime settimane le soglie critiche dei quotidiani sembrano essersi molto abbassate e di scandali, ritardi e camouflage non si parla più.
Expo ha pagato un fiume di denaro per avere buona stampa.
Gli investimenti in “comunicazione” superano, finora, i 50 milioni euro.
Pagati non soltanto, com’è normale, per fare pubblicità diretta, acquistando pagine sui giornali e spazi televisivi.
Expo ha dato 6 milioni di euro al gruppo Havas per “Ideazione, sviluppo e realizzazione del piano di comunicazione”; 1,54 milioni per attività di media relations internazionali, incassati dalla Hill & Knowlton e dalla Sec di Fiorenzo Tagliabue, ex portavoce di Formigoni.
Tanti soldi Expo sono arrivati anche direttamente ai giornali e agli editori.
Il grosso dei finanziamenti diretti alla stampa è stato erogato con la procedura della “manifestazione d’interesse”, il cosiddetto Request for proposal.
Funziona così: gli editori presentano loro proposte su come parlare bene dell’evento ed Expo le finanzia. La spesa per queste iniziative è finora di 2,3 milioni di euro.
Al Corriere sono andati 425 mila euro, per 12 uscite da due pagine.
Segue La Stampa, con 400 mila euro per due pagine in uno “speciale Green” più cinque inserti di 16 pagine distribuiti con La Stampa e Secolo XIX e un accordo che prevede inoltre l’utilizzo dei contenuti, tradotti, su testate estere. Repubblica incassa 399.500 euro per 72 pagine di “Guide editoriali”.
Al Sole 24 Ore sono stati versati 350 mila euro per dieci uscite, per un totale di 30 pagine. Al Giornale della famiglia Berlusconi 200 mila euro, una pagina ogni settimana per venti settimane, più quattro pagine da pubblicare il 1 maggio, giorno dell’inaugurazione. Inoltre si aggiungono non meglio precisate “attività web, social e tablet”. Il gruppo Class ha incassato 102 mila euro per sei uscite sul quotidiano economico Mf e sei su Italia Oggi. Il quotidiano Libero ha ottenuto 100 mila euro tondi per tredici uscite in doppia pagina.
A QUESTI finanziamenti in “redazionali” si sommano, oltre alle cifre investite direttamente in pagine pubblicitarie, anche altri contributi come i 160 mila euro alla Fondazione Corriere della sera, spiegati con questa (vaga) motivazione: “Contributo per massima visibilità Expo”, a cui si sono aggiunti altri 250 mila euro per l’organizzazione di una serie di incontri dal titolo “Convivio. A tavola tra cibo e sapere”.
Sempre in casa Rcs, 154 mila euro sono arrivati alla Rcs Sport, in quanto main sponsor della “Milano City Marathon” edizione 2012. Il gruppo Sole 24 Ore ha ricevuto 64 mila euro per un “Progetto Gazzettino del 2015”.
Il Foglio fondato da Giuliano Ferrara è stato beneficiato di 85 mila euro per la realizzazione di un non ancora visto “volume sull’Esposizione universale”.
Expo spa è poi tra i principali sponsor de “La Repubblica delle idee”, la manifestazione pubblica di incontri e dibattiti, con ospiti di rilievo introdotti dal direttore Ezio Mauro.
Quanto sia costata questa sponsorizzazione non è dato sapere, ma una fonte interna al gruppo Espresso-Repubblica fa sapere che i principali sponsor dell’iniziativa pagano attorno ai 500 mila euro.
La Fondazione Mondadori ha portato a casa 850 mila euro per la “Realizzazione del progetto Women for Expo”. La Fondazione Feltrinelli ha ricevuto ben 1,8 milioni di euro, per un progetto internazionale, triennale, curato da Salvatore Veca che prevede la messa a punto dei contenuti scientifici dell’esposizione.
Il contratto, benché preveda una cifra molto alta che tocca quasi i 2 milioni di euro, è stato classificato come “sponsorizzazioni e assimilabili”, in modo da poterlo firmare senza gara.
Alla Condé Nast sono stati concessi, oltre alle inserzioni pubblicitarie, due finanziamenti per la realizzazione degli eventi “Wired Next Fest” (13 mila euro) e “Fashion Night Out” (39 mila euro). Non stupisce così che il mensile Wired dedichi a Expo servizi celebrativi, compresa una guida dal titolo Expottimisti.
Nel 2014, Expo ha versato 14.892 euro a Publimedia Srl per “prenotazione di uno spazio pubblicitario sul periodico Polizia Moderna – edizione aprile/maggio”. Prezzo del tutto fuori mercato, ma meritato, visto il lavoro della polizia giudiziaria sui manager di Expo arrestati e sotto inchiesta.
IL RECORD spetta però alla Rai: 5 milioni di euro le sono stati assegnati per “Collaborazione Rai Expo”. Sono serviti a costruire una nuova struttura “crossmediale con un modello produttivo a integrazione verticale”, come si legge sul sito, con un organico di 58 persone tra dirigenti, impiegati, giornalisti, autori e tecnici e una sede predisposta ad hoc, ma non a Milano, dove si svolge l’esposizione, bensì a Roma.
Così a partire da maggio 2015 per i dipendenti e collaboratori scatteranno sei mesi di trasferta, con costi aggiuntivi per altri 2 milioni.
Da Il Fatto Quotidiano del 27/03/2015
(Gianni Barbacetto e Marco Maroni).
27/03/2015 di triskel182
TANTO HA SPESO LA SOCIETÀ: 2,3 MILIONI AGLI EDITORI PER PAGINE E INSERTI CHE LODANO L’EVENTO. SCOMPARSI DAI QUOTIDIANI RITARDI NEI LAVORI E SCANDALI.
Milano – Solo nella giornata di ieri, il Corriere della sera ha dedicato a Expo un allegato di 44 pagine (“Orizzonti Expo”), oltre alle pagine 30 e 31 del quotidiano (“Il futuro immaginato”, sotto la testatina “Eventi Expo”).
In più, il quotidiano di via Solferino promette “ogni martedì due pagine di inchiesta sui temi globali dell’Expo: dopo l’Acqua toccherà a Terra, Energia, Cibo. È solo una delle iniziative del Corriere della sera per guidare i lettori verso l’Esposizione che parte il primo maggio.
E poi le pagine Eventi e prossimamente i supplementi speciali. Attivo già ora il canale internet Expo Corriere”.
TUTTE INIZIATIVE “positive” di promozione redazionale che, come quelle simili sulle pagine di Repubblica e di tanti altri quotidiani, non cancellano del tutto le cronache “negative” sui guai giudiziari e sui ritardi dell’esposizione: si aggiungono e cercano di controbilanciarle, per rifare l’immagine a una iniziativa che ha avuto anni difficili. Certo è che nelle ultime settimane le soglie critiche dei quotidiani sembrano essersi molto abbassate e di scandali, ritardi e camouflage non si parla più.
Expo ha pagato un fiume di denaro per avere buona stampa.
Gli investimenti in “comunicazione” superano, finora, i 50 milioni euro.
Pagati non soltanto, com’è normale, per fare pubblicità diretta, acquistando pagine sui giornali e spazi televisivi.
Expo ha dato 6 milioni di euro al gruppo Havas per “Ideazione, sviluppo e realizzazione del piano di comunicazione”; 1,54 milioni per attività di media relations internazionali, incassati dalla Hill & Knowlton e dalla Sec di Fiorenzo Tagliabue, ex portavoce di Formigoni.
Tanti soldi Expo sono arrivati anche direttamente ai giornali e agli editori.
Il grosso dei finanziamenti diretti alla stampa è stato erogato con la procedura della “manifestazione d’interesse”, il cosiddetto Request for proposal.
Funziona così: gli editori presentano loro proposte su come parlare bene dell’evento ed Expo le finanzia. La spesa per queste iniziative è finora di 2,3 milioni di euro.
Al Corriere sono andati 425 mila euro, per 12 uscite da due pagine.
Segue La Stampa, con 400 mila euro per due pagine in uno “speciale Green” più cinque inserti di 16 pagine distribuiti con La Stampa e Secolo XIX e un accordo che prevede inoltre l’utilizzo dei contenuti, tradotti, su testate estere. Repubblica incassa 399.500 euro per 72 pagine di “Guide editoriali”.
Al Sole 24 Ore sono stati versati 350 mila euro per dieci uscite, per un totale di 30 pagine. Al Giornale della famiglia Berlusconi 200 mila euro, una pagina ogni settimana per venti settimane, più quattro pagine da pubblicare il 1 maggio, giorno dell’inaugurazione. Inoltre si aggiungono non meglio precisate “attività web, social e tablet”. Il gruppo Class ha incassato 102 mila euro per sei uscite sul quotidiano economico Mf e sei su Italia Oggi. Il quotidiano Libero ha ottenuto 100 mila euro tondi per tredici uscite in doppia pagina.
A QUESTI finanziamenti in “redazionali” si sommano, oltre alle cifre investite direttamente in pagine pubblicitarie, anche altri contributi come i 160 mila euro alla Fondazione Corriere della sera, spiegati con questa (vaga) motivazione: “Contributo per massima visibilità Expo”, a cui si sono aggiunti altri 250 mila euro per l’organizzazione di una serie di incontri dal titolo “Convivio. A tavola tra cibo e sapere”.
Sempre in casa Rcs, 154 mila euro sono arrivati alla Rcs Sport, in quanto main sponsor della “Milano City Marathon” edizione 2012. Il gruppo Sole 24 Ore ha ricevuto 64 mila euro per un “Progetto Gazzettino del 2015”.
Il Foglio fondato da Giuliano Ferrara è stato beneficiato di 85 mila euro per la realizzazione di un non ancora visto “volume sull’Esposizione universale”.
Expo spa è poi tra i principali sponsor de “La Repubblica delle idee”, la manifestazione pubblica di incontri e dibattiti, con ospiti di rilievo introdotti dal direttore Ezio Mauro.
Quanto sia costata questa sponsorizzazione non è dato sapere, ma una fonte interna al gruppo Espresso-Repubblica fa sapere che i principali sponsor dell’iniziativa pagano attorno ai 500 mila euro.
La Fondazione Mondadori ha portato a casa 850 mila euro per la “Realizzazione del progetto Women for Expo”. La Fondazione Feltrinelli ha ricevuto ben 1,8 milioni di euro, per un progetto internazionale, triennale, curato da Salvatore Veca che prevede la messa a punto dei contenuti scientifici dell’esposizione.
Il contratto, benché preveda una cifra molto alta che tocca quasi i 2 milioni di euro, è stato classificato come “sponsorizzazioni e assimilabili”, in modo da poterlo firmare senza gara.
Alla Condé Nast sono stati concessi, oltre alle inserzioni pubblicitarie, due finanziamenti per la realizzazione degli eventi “Wired Next Fest” (13 mila euro) e “Fashion Night Out” (39 mila euro). Non stupisce così che il mensile Wired dedichi a Expo servizi celebrativi, compresa una guida dal titolo Expottimisti.
Nel 2014, Expo ha versato 14.892 euro a Publimedia Srl per “prenotazione di uno spazio pubblicitario sul periodico Polizia Moderna – edizione aprile/maggio”. Prezzo del tutto fuori mercato, ma meritato, visto il lavoro della polizia giudiziaria sui manager di Expo arrestati e sotto inchiesta.
IL RECORD spetta però alla Rai: 5 milioni di euro le sono stati assegnati per “Collaborazione Rai Expo”. Sono serviti a costruire una nuova struttura “crossmediale con un modello produttivo a integrazione verticale”, come si legge sul sito, con un organico di 58 persone tra dirigenti, impiegati, giornalisti, autori e tecnici e una sede predisposta ad hoc, ma non a Milano, dove si svolge l’esposizione, bensì a Roma.
Così a partire da maggio 2015 per i dipendenti e collaboratori scatteranno sei mesi di trasferta, con costi aggiuntivi per altri 2 milioni.
Da Il Fatto Quotidiano del 27/03/2015
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Re: E X P O 2015
Il Paese del camufflage
Expo 2015, non c’è tempo per i collaudi: i progettisti faranno solo autocertificazioni
Cronaca
L'ultimo mese prima dell'apertura doveva essere dedicato alle verifiche sulle strutture. Ma il sito è ancora un cantiere e anzi è una lotta contro il tempo per concludere le opere entro il Primo maggio. Susanna Cantoni, direttore del dipartimento prevenzione dell’Asl di Milano, spiega: "Certificazioni di chi ha progettato, poi verifiche a campione". Cosa succederà se da quei sopralluoghi emergeranno anomalie a Esposizione avviata?
di Gianni Barbacetto e Marco Maroni | 29 marzo 2015 COMMENTI
Niente collaudi, per le strutture di Expo: non c’è tempo. Il programma prevedeva che i progetti dei padiglioni fossero presentati entro marzo 2014 e che la loro costruzione fosse ultimata per fine marzo 2015. Poi l’ultimo mese prima dell’apertura dei cancelli avrebbe dovuto essere dedicato ai collaudi finali. Invece il programma è saltato, gran parte dei padiglioni sono ancora in costruzione e i lavori finiranno, nel migliore dei casi, a fine aprile 2015. Dunque, per i collaudi non c’è tempo. Il segnale d’allarme lo ha dato Susanna Cantoni, direttore del dipartimento prevenzione dell’Asl di Milano: “Faremo i collaudi tramite autocertificazione, poi procederemo con verifiche a campione”. Bisognerà insomma fidarsi delle dichiarazioni dei progettisti, i quali dovranno certificare che il loro lavoro è fatto bene: come chiedere all’oste se il vino è buono.
Il commissario Expo Giuseppe Sala è ottimista: “Per il 1° maggio tutti i Paesi avranno terminato la costruzione. Ci saranno quattro o cinque casi in cui si continuerà a lavorare per qualche giorno alle finiture interne“. Salteranno però i collaudi. Servono a certificare l’idoneità delle strutture e la loro corrispondenza al progetto. Lo straordinario ritardo con cui sono partiti i lavori ha però reso necessarie molte modifiche in corsa: che cosa succederà se nei controlli a campione che verranno fatti si riscontreranno discrepanze tra progetto e opera terminata? Verrà chiuso il padiglione?
“A questo punto tutte le responsabilità ricadranno sui progettisti“, spiega Antonio Lareno, responsabile del progetto Expo per la Cgil. “Va considerato”, spiega il sindacalista, “che qui dovrebbero essere fatti non soltanto i collaudi statici, quelli sull’abitabilità delle strutture. Ci saranno anche 200 ristoranti, con acqua, scarichi, elettricità, fuochi, condizionatori, problemi di conservazione e smaltimento degli alimenti”.
Se c’è però un aspetto dell’Expo a cui va riconosciuta una buona gestione, è quello della sicurezza sul lavoro. L’Inail, l’Istituto nazionale per la sicurezza contro gli infortuni, aveva calcolato che per un evento come Expo si rischiavano 20 mila infortuni. Grazie alla collaborazione tra Expo spa e sindacato, il numero e l’entità degli incidenti, che pure non sono mancati, sono stati molto al di sotto delle medie statistiche: finora 93 infortuni sul lavoro, di cui solo sette gravi. Ora però il rischio è che, nel finale, per evitare brutte figure, si sorvoli sulla sicurezza dell’esposizione. Anche se Susanna Cantoni della Asl, come riportato ieri da Repubblica, esibisce tranquillità: “Le autocertificazioni sono un atto serio, chi firma si prende la responsabilità”. E poi i controlli sono stati continui, durante i lavori: “Proprio per garantire una maggiore sicurezza, i progetti sono stati esaminati da una commissione di vigilanza integrata che ha riunito tutti i protagonisti, dai Comuni ai vigili del fuoco fino ai tecnici Expo”. Ora nel sito i lavoratori sono raddoppiati, passando nell’ultima settimana da 3 mila a 6 mila, attivi su 200 cantieri in cui oggi operano 112 auto-gru.
Intanto è stata avviata un’ennesima operazione di retorica buonista, sul fronte della comunicazione: quella sulla “Carta di Milano“. È, per ora, la bozza di un “Protocollo di Milano” sulla nutrizione, catalogo di buoni propositi da sottoporre alla firma dei visitatori di Expo e dei rappresentanti dei Paesi partecipanti, con l’obiettivo di farlo sottoscrivere da 20 milioni di persone per poi consegnarlo all’Onu. È, in realtà, un testo uscito dagli uffici del Barilla Center for Food & Nutrition, ora all’esame del Comitato scientifico di Expo. Vi si legge che “le Parti si impegnano a eliminare la fame e la malnutrizione”. Proposito impegnativo. L’accordo comunque non è vincolante. La bozza sarà presentata oggi a Palazzo Vecchio di Firenze e punta a riuscire là dove hanno fallito i “Millenium Development Goals”, impegni assunti dalle Nazioni Unite che scadono proprio nel 2015.
da Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2015
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03 ... i/1548026/
Expo 2015, non c’è tempo per i collaudi: i progettisti faranno solo autocertificazioni
Cronaca
L'ultimo mese prima dell'apertura doveva essere dedicato alle verifiche sulle strutture. Ma il sito è ancora un cantiere e anzi è una lotta contro il tempo per concludere le opere entro il Primo maggio. Susanna Cantoni, direttore del dipartimento prevenzione dell’Asl di Milano, spiega: "Certificazioni di chi ha progettato, poi verifiche a campione". Cosa succederà se da quei sopralluoghi emergeranno anomalie a Esposizione avviata?
di Gianni Barbacetto e Marco Maroni | 29 marzo 2015 COMMENTI
Niente collaudi, per le strutture di Expo: non c’è tempo. Il programma prevedeva che i progetti dei padiglioni fossero presentati entro marzo 2014 e che la loro costruzione fosse ultimata per fine marzo 2015. Poi l’ultimo mese prima dell’apertura dei cancelli avrebbe dovuto essere dedicato ai collaudi finali. Invece il programma è saltato, gran parte dei padiglioni sono ancora in costruzione e i lavori finiranno, nel migliore dei casi, a fine aprile 2015. Dunque, per i collaudi non c’è tempo. Il segnale d’allarme lo ha dato Susanna Cantoni, direttore del dipartimento prevenzione dell’Asl di Milano: “Faremo i collaudi tramite autocertificazione, poi procederemo con verifiche a campione”. Bisognerà insomma fidarsi delle dichiarazioni dei progettisti, i quali dovranno certificare che il loro lavoro è fatto bene: come chiedere all’oste se il vino è buono.
Il commissario Expo Giuseppe Sala è ottimista: “Per il 1° maggio tutti i Paesi avranno terminato la costruzione. Ci saranno quattro o cinque casi in cui si continuerà a lavorare per qualche giorno alle finiture interne“. Salteranno però i collaudi. Servono a certificare l’idoneità delle strutture e la loro corrispondenza al progetto. Lo straordinario ritardo con cui sono partiti i lavori ha però reso necessarie molte modifiche in corsa: che cosa succederà se nei controlli a campione che verranno fatti si riscontreranno discrepanze tra progetto e opera terminata? Verrà chiuso il padiglione?
“A questo punto tutte le responsabilità ricadranno sui progettisti“, spiega Antonio Lareno, responsabile del progetto Expo per la Cgil. “Va considerato”, spiega il sindacalista, “che qui dovrebbero essere fatti non soltanto i collaudi statici, quelli sull’abitabilità delle strutture. Ci saranno anche 200 ristoranti, con acqua, scarichi, elettricità, fuochi, condizionatori, problemi di conservazione e smaltimento degli alimenti”.
Se c’è però un aspetto dell’Expo a cui va riconosciuta una buona gestione, è quello della sicurezza sul lavoro. L’Inail, l’Istituto nazionale per la sicurezza contro gli infortuni, aveva calcolato che per un evento come Expo si rischiavano 20 mila infortuni. Grazie alla collaborazione tra Expo spa e sindacato, il numero e l’entità degli incidenti, che pure non sono mancati, sono stati molto al di sotto delle medie statistiche: finora 93 infortuni sul lavoro, di cui solo sette gravi. Ora però il rischio è che, nel finale, per evitare brutte figure, si sorvoli sulla sicurezza dell’esposizione. Anche se Susanna Cantoni della Asl, come riportato ieri da Repubblica, esibisce tranquillità: “Le autocertificazioni sono un atto serio, chi firma si prende la responsabilità”. E poi i controlli sono stati continui, durante i lavori: “Proprio per garantire una maggiore sicurezza, i progetti sono stati esaminati da una commissione di vigilanza integrata che ha riunito tutti i protagonisti, dai Comuni ai vigili del fuoco fino ai tecnici Expo”. Ora nel sito i lavoratori sono raddoppiati, passando nell’ultima settimana da 3 mila a 6 mila, attivi su 200 cantieri in cui oggi operano 112 auto-gru.
Intanto è stata avviata un’ennesima operazione di retorica buonista, sul fronte della comunicazione: quella sulla “Carta di Milano“. È, per ora, la bozza di un “Protocollo di Milano” sulla nutrizione, catalogo di buoni propositi da sottoporre alla firma dei visitatori di Expo e dei rappresentanti dei Paesi partecipanti, con l’obiettivo di farlo sottoscrivere da 20 milioni di persone per poi consegnarlo all’Onu. È, in realtà, un testo uscito dagli uffici del Barilla Center for Food & Nutrition, ora all’esame del Comitato scientifico di Expo. Vi si legge che “le Parti si impegnano a eliminare la fame e la malnutrizione”. Proposito impegnativo. L’accordo comunque non è vincolante. La bozza sarà presentata oggi a Palazzo Vecchio di Firenze e punta a riuscire là dove hanno fallito i “Millenium Development Goals”, impegni assunti dalle Nazioni Unite che scadono proprio nel 2015.
da Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2015
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Re: E X P O 2015
Una zona a luci rosse per Expo? E ora si scatenino i perbenisti
di Eretica | 4 aprile 2015 COMMENTI
Se quando si propose a Roma si lamentarono tutt*, ciascuno per varie ragioni, vorrò vedere come reagiranno a Milano quando si diffonderà la notizia di una proposta di zoning in occasione dell’Expo.
Chi ha pensato a questa soluzione, Radicali con la consulenza del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, sa che arriveranno circa 20 milioni di persone, ma arriveranno anche 15mila di sex workers, lavoratori e lavoratrici del sesso.
Così dichiara Yuri Guaiana, consigliere radicale nella Zona 2. E aggiunge: “l’unico modo per governare il fenomeno contemperando i legittimi interessi di residenti, clienti, lavoratrici e lavoratori del sesso è quello della zonizzazione: delimitare cioè alcune aree (soprattutto quelle ad alta urbanizzazione e molto conflittuali) come spazi “off limits” sia per la contrattazione sia per lo scambio e al contempo individuare zone informali di attività dove poter far incontrare clienti, lavoratrici e lavoratori del sesso in condizioni di dignità e sicurezza creando il minor conflitto possibile con la cittadinanza”.
Nella mozione che ha presentato si chiede “l’attivazione, in via sperimentale, di uno spazio informativo e di orientamento a bassa soglia presso la stazione centrale come nodo strategico per tutto il territorio”.
Non solo le “forze dell’ordine e amministrazione pubblica, ma anche le unità di strada, che da tempo operano a Milano e conoscono il fenomeno del lavoro sessuale, i clienti, le lavoratrici e i lavoratori del sesso devono essere pienamente coinvolti in tutte le fasi dell’intervento per garantire a pieno i diritti di tutti”.
L’obiettivo perciò è quello di limitare il conflitto sociale, garantire una situazione di maggiore sicurezza, evitando anche che i/le sex workers siano esposti al rischio di gravi incidenti, e anche di controllo in relazione alle questioni igienico/sanitarie.
Quando si parlò della proposta di zoning a Roma a opporsi furono abolizioniste e gente dell’area politica conservatrice, d’accordo, come sempre, sull’idea che le donne non sappiano scegliere e che da brave imbecilli vanno salvate e poi avviate ad un percorso di redenzione. Le argomentazioni erano di un’ipocrisia irripetibile. Al solito c’è chi non si assume la responsabilità di quel che avviene o perché ritiene che boicottando questo fenomeno finisca o perché immagina di stare compiendo una crociata che non guarda in faccia niente e nessuno. Chi invece ha ben chiaro come questo fenomeno vada gestito, innanzitutto a partire dall’opinione che le stesse sex workers esprimono, viene trattat@ come la peste.
Le argomentazioni più quotate, in opposizione allo zoning, sono più o meno queste:
– poverine, come potete mettere le prostitute in un ghetto? E le zone rosse invece non sono un ghetto se sono perfettamente controllate e gestite, a garanzia della salute stessa delle sex workers e della loro sicurezza. Da chiedere a chi fornisce questa argomentazione come mai nulla dicono o fanno quando i sindaci relegano le prostitute in veri ghetti, con ordinanze pro/decoro e sanzioni ai clienti e alle stesse prostitute. Con le ordinanze i sindaci sono riusciti a ottenere la cacciata delle prostitute dalle strade delle città relegandole nelle periferie più buie, in balia di sfruttatori e clienti violenti e senza la possibilità di avere garanzie per la loro igiene.
– poverine, sono tutte quante sfruttate e quindi non ci sono vie di mezzo, bisogna salvarle tutte. Da lì, probabilmente, l’idea più plausibile di rastrellare e deportare i lavoratori e le lavoratrici del sesso conducendoli ciascuno in diversi luoghi di destinazione. Stranieri e straniere potranno godere della gentile ospitalità del Cie (centri di identificazione ed espulsione) e chiunque altr@ sarà consegnat@ al primo prete di passaggio che provvederà a redimere quelle anime impure. L’idea di massima è dunque che sarebbero tutte vittime di tratta e invece che gestire il fenomeno garantendo una possibilità di lavoro ai/alle sex workers si preferisce lasciarlo a se stesso e gestirlo eventualmente come un problema di ordine pubblico.
– poverine, i clienti sono tutti dei gran maiali e bisognerebbe intercettarli e arrestarli tutti. E invece, guardacaso, in ogni luogo in cui si discute della penalizzazione dei clienti i lavoratori e le lavoratrici del sesso ripetono fino allo sfinimento che quello non solo è il modo per togliergli il lavoro, ma è anche il modo per obbligarle a giocare al ribasso, pur di lavorare e guadagnare qualcosa, in condizioni di minima sicurezza, di maggiore marginalità e clandestinità, perché dove vige una proibizione i fenomeni non smettono. Casomai si consegna la loro gestione alla criminalità organizzata.
Chi ha dunque una proposta diversa per gestire questa situazione? Chi mai potrà immaginare di fermare un fiume in piena? E come si potrà evitare che i lavoratori e le lavoratrici del sesso arrivino per guadagnare un po’ di soldi? Perché ecco come vi vedranno, a voi che dite di volerle salvare e invece le mettete in grande difficoltà e richiamate all’uso della repressione per stabilire la giustezza del vostro punto di vista, vi vedranno come persone che impediscono loro di lavorare, come se toglieste il pane di bocca a tanta gente che vuole lavorare e guadagnare onestamente, perché, e ricordiamolo, in Italia la prostituzione è perfettamente legale. Quel che non è legale è il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione e lo zoning non risponderebbe a nessuna di queste due ipotesi.
Allora, cosa succederà nella città in cui una commissione è già formata addirittura per censurare i manifesti con corpi scoperti? Saranno le donne a gestire questo fenomeno? Vi si opporranno e basta? Nasconderanno la testa sotto la sabbia in attesa che l’Expo passi? Vincerà la sessuofobia, la puttanofobia, l’atteggiamento inquisitorio delle femministe abolizioniste? Cosa farete? Cosa faremo?
Ps: ogni volta che scrivo un post dedicato ai/alle sex workers arriva puntuale la contestazione rispetto all’uso di questo termine. Ecco un documento del 1997 in cui spiegano perché preferiscono essere chiamat* lavoratori e lavoratrici del sesso. Dunque, sex workers.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... i/1565015/
di Eretica | 4 aprile 2015 COMMENTI
Se quando si propose a Roma si lamentarono tutt*, ciascuno per varie ragioni, vorrò vedere come reagiranno a Milano quando si diffonderà la notizia di una proposta di zoning in occasione dell’Expo.
Chi ha pensato a questa soluzione, Radicali con la consulenza del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, sa che arriveranno circa 20 milioni di persone, ma arriveranno anche 15mila di sex workers, lavoratori e lavoratrici del sesso.
Così dichiara Yuri Guaiana, consigliere radicale nella Zona 2. E aggiunge: “l’unico modo per governare il fenomeno contemperando i legittimi interessi di residenti, clienti, lavoratrici e lavoratori del sesso è quello della zonizzazione: delimitare cioè alcune aree (soprattutto quelle ad alta urbanizzazione e molto conflittuali) come spazi “off limits” sia per la contrattazione sia per lo scambio e al contempo individuare zone informali di attività dove poter far incontrare clienti, lavoratrici e lavoratori del sesso in condizioni di dignità e sicurezza creando il minor conflitto possibile con la cittadinanza”.
Nella mozione che ha presentato si chiede “l’attivazione, in via sperimentale, di uno spazio informativo e di orientamento a bassa soglia presso la stazione centrale come nodo strategico per tutto il territorio”.
Non solo le “forze dell’ordine e amministrazione pubblica, ma anche le unità di strada, che da tempo operano a Milano e conoscono il fenomeno del lavoro sessuale, i clienti, le lavoratrici e i lavoratori del sesso devono essere pienamente coinvolti in tutte le fasi dell’intervento per garantire a pieno i diritti di tutti”.
L’obiettivo perciò è quello di limitare il conflitto sociale, garantire una situazione di maggiore sicurezza, evitando anche che i/le sex workers siano esposti al rischio di gravi incidenti, e anche di controllo in relazione alle questioni igienico/sanitarie.
Quando si parlò della proposta di zoning a Roma a opporsi furono abolizioniste e gente dell’area politica conservatrice, d’accordo, come sempre, sull’idea che le donne non sappiano scegliere e che da brave imbecilli vanno salvate e poi avviate ad un percorso di redenzione. Le argomentazioni erano di un’ipocrisia irripetibile. Al solito c’è chi non si assume la responsabilità di quel che avviene o perché ritiene che boicottando questo fenomeno finisca o perché immagina di stare compiendo una crociata che non guarda in faccia niente e nessuno. Chi invece ha ben chiaro come questo fenomeno vada gestito, innanzitutto a partire dall’opinione che le stesse sex workers esprimono, viene trattat@ come la peste.
Le argomentazioni più quotate, in opposizione allo zoning, sono più o meno queste:
– poverine, come potete mettere le prostitute in un ghetto? E le zone rosse invece non sono un ghetto se sono perfettamente controllate e gestite, a garanzia della salute stessa delle sex workers e della loro sicurezza. Da chiedere a chi fornisce questa argomentazione come mai nulla dicono o fanno quando i sindaci relegano le prostitute in veri ghetti, con ordinanze pro/decoro e sanzioni ai clienti e alle stesse prostitute. Con le ordinanze i sindaci sono riusciti a ottenere la cacciata delle prostitute dalle strade delle città relegandole nelle periferie più buie, in balia di sfruttatori e clienti violenti e senza la possibilità di avere garanzie per la loro igiene.
– poverine, sono tutte quante sfruttate e quindi non ci sono vie di mezzo, bisogna salvarle tutte. Da lì, probabilmente, l’idea più plausibile di rastrellare e deportare i lavoratori e le lavoratrici del sesso conducendoli ciascuno in diversi luoghi di destinazione. Stranieri e straniere potranno godere della gentile ospitalità del Cie (centri di identificazione ed espulsione) e chiunque altr@ sarà consegnat@ al primo prete di passaggio che provvederà a redimere quelle anime impure. L’idea di massima è dunque che sarebbero tutte vittime di tratta e invece che gestire il fenomeno garantendo una possibilità di lavoro ai/alle sex workers si preferisce lasciarlo a se stesso e gestirlo eventualmente come un problema di ordine pubblico.
– poverine, i clienti sono tutti dei gran maiali e bisognerebbe intercettarli e arrestarli tutti. E invece, guardacaso, in ogni luogo in cui si discute della penalizzazione dei clienti i lavoratori e le lavoratrici del sesso ripetono fino allo sfinimento che quello non solo è il modo per togliergli il lavoro, ma è anche il modo per obbligarle a giocare al ribasso, pur di lavorare e guadagnare qualcosa, in condizioni di minima sicurezza, di maggiore marginalità e clandestinità, perché dove vige una proibizione i fenomeni non smettono. Casomai si consegna la loro gestione alla criminalità organizzata.
Chi ha dunque una proposta diversa per gestire questa situazione? Chi mai potrà immaginare di fermare un fiume in piena? E come si potrà evitare che i lavoratori e le lavoratrici del sesso arrivino per guadagnare un po’ di soldi? Perché ecco come vi vedranno, a voi che dite di volerle salvare e invece le mettete in grande difficoltà e richiamate all’uso della repressione per stabilire la giustezza del vostro punto di vista, vi vedranno come persone che impediscono loro di lavorare, come se toglieste il pane di bocca a tanta gente che vuole lavorare e guadagnare onestamente, perché, e ricordiamolo, in Italia la prostituzione è perfettamente legale. Quel che non è legale è il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione e lo zoning non risponderebbe a nessuna di queste due ipotesi.
Allora, cosa succederà nella città in cui una commissione è già formata addirittura per censurare i manifesti con corpi scoperti? Saranno le donne a gestire questo fenomeno? Vi si opporranno e basta? Nasconderanno la testa sotto la sabbia in attesa che l’Expo passi? Vincerà la sessuofobia, la puttanofobia, l’atteggiamento inquisitorio delle femministe abolizioniste? Cosa farete? Cosa faremo?
Ps: ogni volta che scrivo un post dedicato ai/alle sex workers arriva puntuale la contestazione rispetto all’uso di questo termine. Ecco un documento del 1997 in cui spiegano perché preferiscono essere chiamat* lavoratori e lavoratrici del sesso. Dunque, sex workers.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... i/1565015/
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Re: E X P O 2015
LA VOX POPULI
marione • un'ora fa
Ancora una volta, siamo qui a parlare di palliativi, ed in questo ridicolo paese non siamo nemmeno capaci di copiare pari pari, il modello di diversi paesi europei dove la prostituzione è regolata, tassata e trattata come un lavoro normale.
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Ron_binson [capisci...ammè!] • 2 ore fa
Sono un perbenista ed anche un "pianista di piano bar"...
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scarlattina • 2 ore fa
Io sono una kitchen worker.
Sono spesso ghettizzata in una zoning tutta mia dove lavoro a tempo pieno.
Quelli che vogliono le mie prestazioni sono contenti di entrare nel mio territorio e di averne effettivi benefici.
Non mi sento affatto esclusa e ho una lista di clienti abbastanza lunga da soddisfare. Devo dire che le mie prestazioni in questo campo sono giudicate al di sopra della media del feudo in cui lavoriamo tutte noi cook workers. I nostri limiti? Non poter esporre le nostre " primizie" in vetrina ed è un vero peccato.
Lavoro con materiale di prima qualità e le performance sono apprezzate dai clienti abituali.
C'è qualcuno che preferisce vedermi lavorare in strada? Una specie di free take away de noiatri insomma... ma la mia closed kitchen è e rimane l'unico posto in cui esercitare senza interferenze ed intemperie.
Un caro saluto Betty Scarlett.
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lacustremigrato • 2 ore fa
'Sex workers', certo il marketing con l'ipocrisia ci va a nozze. Proporrei visto che non se ne farà nulla -dello 'zoning' cioè, delimitazioni di spazi dedicati a relazionarsi orizzontalmente, o accovacciati e/o in altri mille modi dipende da dove è la leva del cambio- proporrei, dicevo, (visto che tali intrattenimenti ludici dato il grande afflusso di ometti e donne da ogni parte del globo, avverranno ad ogni angoli di strada)... gabinetti chimici, che fungano anche da sala celtica.Quelle per intenderci che c'erano nelle caserme con bidonate di permanganato di potassio, prima che venisse scoperta la penicillina. Magari anche colorate quelle cabinette-gabinetto (toilette, per gli chic), col simbolo dell'Expo ben visibile e la scritta 'Milano takes care of you. Enjoy'.
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MILU • 2 ore fa
Ma la smetta di attaccare sempre le donne!
Non è che tutti quelli che son contro i quartieri a luci rosse son femmine eh?
Come sembra sempre sottolineare lei con i suoi articoletti!
Mi ricorda le vecchie comari che tentano sempre di metter donne contro donne
e soprattutto gli uomini di fronte
ad una scelta tra "la donna libertina e la bigotta"!!!
Nuove donne con vecchio trucco.
Detto questo il quartiere che da Milano porta verso l'Expo..è inguardabile..
prostitute in ogni dove e capannoni in rovina..
Inutile poi costruire architetture all'avanguardia se per arrivarci si deve attraversare una bidonville!!!
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marione • un'ora fa
Ancora una volta, siamo qui a parlare di palliativi, ed in questo ridicolo paese non siamo nemmeno capaci di copiare pari pari, il modello di diversi paesi europei dove la prostituzione è regolata, tassata e trattata come un lavoro normale.
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Ron_binson [capisci...ammè!] • 2 ore fa
Sono un perbenista ed anche un "pianista di piano bar"...
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scarlattina • 2 ore fa
Io sono una kitchen worker.
Sono spesso ghettizzata in una zoning tutta mia dove lavoro a tempo pieno.
Quelli che vogliono le mie prestazioni sono contenti di entrare nel mio territorio e di averne effettivi benefici.
Non mi sento affatto esclusa e ho una lista di clienti abbastanza lunga da soddisfare. Devo dire che le mie prestazioni in questo campo sono giudicate al di sopra della media del feudo in cui lavoriamo tutte noi cook workers. I nostri limiti? Non poter esporre le nostre " primizie" in vetrina ed è un vero peccato.
Lavoro con materiale di prima qualità e le performance sono apprezzate dai clienti abituali.
C'è qualcuno che preferisce vedermi lavorare in strada? Una specie di free take away de noiatri insomma... ma la mia closed kitchen è e rimane l'unico posto in cui esercitare senza interferenze ed intemperie.
Un caro saluto Betty Scarlett.
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lacustremigrato • 2 ore fa
'Sex workers', certo il marketing con l'ipocrisia ci va a nozze. Proporrei visto che non se ne farà nulla -dello 'zoning' cioè, delimitazioni di spazi dedicati a relazionarsi orizzontalmente, o accovacciati e/o in altri mille modi dipende da dove è la leva del cambio- proporrei, dicevo, (visto che tali intrattenimenti ludici dato il grande afflusso di ometti e donne da ogni parte del globo, avverranno ad ogni angoli di strada)... gabinetti chimici, che fungano anche da sala celtica.Quelle per intenderci che c'erano nelle caserme con bidonate di permanganato di potassio, prima che venisse scoperta la penicillina. Magari anche colorate quelle cabinette-gabinetto (toilette, per gli chic), col simbolo dell'Expo ben visibile e la scritta 'Milano takes care of you. Enjoy'.
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MILU • 2 ore fa
Ma la smetta di attaccare sempre le donne!
Non è che tutti quelli che son contro i quartieri a luci rosse son femmine eh?
Come sembra sempre sottolineare lei con i suoi articoletti!
Mi ricorda le vecchie comari che tentano sempre di metter donne contro donne
e soprattutto gli uomini di fronte
ad una scelta tra "la donna libertina e la bigotta"!!!
Nuove donne con vecchio trucco.
Detto questo il quartiere che da Milano porta verso l'Expo..è inguardabile..
prostitute in ogni dove e capannoni in rovina..
Inutile poi costruire architetture all'avanguardia se per arrivarci si deve attraversare una bidonville!!!
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