G R E C I A

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iospero
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Re: G R E C I A

Messaggio da iospero »

Abbiamo dimenticato come Papandreou fosse ricattato per aver messo milioni di euro in Svizzera e ciò era risaputo dai grandi che gli hanno imposto la Troika, l'ACQUISTO dei sommergibili ecc.ecc....

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Avete firmato l'appello per condividere la manifestazione di sabato 14 a ROMA, anche se resta DIFFICILE PER NOI PARTECIPARE, alla manifestazione hanno aderito L'Altra Europa.., SEL, RifondAZZIONE, FIOM, ma a Lecco la Fiom , contattata, non sa gran chè.

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Detto tra noi, il programma presentato da Tsipras perché non dovrebbe essere accettato ?
Non dice : NON pagheremo i debiti, ma li pagheremo facendo le riforme annunziate, prima fare la crescita e poi pagare i debiti, non mettiamo limiti temporali, ma prima un minimo che permetta alle persone di vivere degnamente e contemporaneamente lotta all'evasione, alla corruzione, agli alti redditi e patrimoni .
Cosa possono replicare i governi dell'Europa che , visti i risultati negativi della troika da LORO imposti, hanno ottenuto solo un macello sociale e aumentato il debito pubblico ?
Cioè si direbbe forse la medicina era giusta, ma il paziente è morto.
Il problema politico posto dalla Grecia va affrontato per il bene dell'Europa e l'Italia non può
far finta di essere sulla buona strada per un miglioramento da prefisso telefonico senza accorgersi
che il futuro attualmente non promette nulla di buoni.
Maucat
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Re: G R E C I A

Messaggio da Maucat »

Intanto si parla già di un accordo ponte della durata di sei mesi (la possibilità che russi e/o cinesi finanzino i greci sta avendo i suoi primi effetti a Francoforte...)
erding
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Re: G R E C I A

Messaggio da erding »

«La Merkel ha dimenticato quando l’Europa dimezzò i debiti di guerra alla Germania»


«Scheitert Europa?», «L’Europa fallisce?» si chiede l’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer nel suo libro, appena pubblicato, in Germania che è un durissimo atto di accusa contro le «politiche di euroegoismo» attuate dalla Cancelliera Angela Merkel e dal suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, la politica dell’«ognuno per sé», come la definisce l’ex leader dei verdi, politico-maratoneta, voce critica dell’attuale dirigenza tedesca.

Fischer scrive che è «sorprendente» che la Germania abbia dimenticato la storica Conferenza di Londra del 1953, quando l’Europa le cancellò buona parte dei debiti di guerra. «Senza quel regalo - scrive l’ex ministro tedesco nel suo libro - non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati. La Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miratolo economico».
La cura di austerità imposta dalla coppia Merkel-Schaeuble, secondo l’ex ministro tedesco, è stata «devastante» perché ha imposto ai Paesi del Sud Europa «una deflazione dei salari e dei prezzi» impossibile da superare con il peso del rigore; «alla trappola della spirale dei debiti», che condanna questi Paesi a non uscire dalla crisi con il pretesto del risanamento dei conti. Fischer, in definitiva, accusa la Germania della signora Merkel e della sua grande coalizione di «euroegoismo» e di avere la memoria troppo corta. «Se la Bce non avesse seguito le decisioni di Draghi ma le obiezioni dei tedeschi a quest’ora l’euro non esisterebbe più. Il più grande pericolo per l’Europa - conclude il politico tedesco -attualmente è la Germania».

Ma cosa si decise alla Conferenza di Londra del 1953? La prima della classe Germania è andata in default due volte durante il Novecento (nel 1923 e, di fatto, nel secondo dopoguerra). In quella conferenza internazionale le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per darle la possibilità di ripartire. Tra i Paesi che decisero allora di non esigere il conto c’era l’Italia di De Gasperi, padre fondatore dell’Europa, e anche la povera e malandata Grecia, che pure subì enormi danni durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedeschi alle sue infrastrutture stradali, portuali e ai suoi impianti produttivi.

L'ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora). Una cifra colossale che era pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre. Guerre da essa stessa provocate. I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino.

Il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato a Londra, le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto.


L’altro 50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l'eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto. Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro. Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni.

Il resto della storia è noto. E’ scritto nei sacrifici imposti dalla rigida posizione tedesca ai Paesi del Sud Europa che da anni combattono con una crisi che sembra senza fine. Fischer non ha dubbi. E punta il dito contro la sua connazionale Merkel: «Né Schmidt e né Kohl avrebbero reagito in modo così indeciso, voltandosi dall’altra parte come ha fatto la cancelliera. Avrebbero anzi approfittato della impasse causata dalla crisi per fare un altro passo avanti verso l’integrazione europea. La Merkel così distrugge l’Europa».

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=ABkKN62B

*Accordo sui debiti esterni germanici
Conchiuso a Londra il
27 febbraio 1953
Approvato dall’Assemblea federale il 30 settembre 1953
Entrato in vigore per la Svizzera il 31 dicembre 1953

"Chi non ha più nemici non ha pietà"(S.E.)
camillobenso
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Re: G R E C I A

Messaggio da camillobenso »

Immagine

Descrizione 1
Per oltre un secolo la Germania ha perseguito una volontà di egemonia nei confronti dell'Europa. Un progetto geopolitico che si è tradotto in due sanguinose guerre mondiali. Quando il problema tedesco sembrava definitivamente superato dalla storia, anche grazie alla costruzione unitaria europea, ecco che riappare all'orizzonte. Quella egemonia che la Germania non è riuscita a conquistare con le armi sembra essere stata "pacificamente" conseguita con l'arma economica. L'era della moneta unica europea, infatti, è diventata l'epoca della grande egemonia tedesca, in cui Berlino prospera e gli altri popoli europei soffrono una recessione senza precedenti. È stato il "Washington Post", in un commento del settembre scorso di Anne Applebaum, intitolato "Angela Merkel, the empress of Europe", a coniare l'espressione "quarto Reich". Definizione da brivido, probabilmente esagerata ma che potrebbe riassumere i sentimenti di molti cittadini europei di fronte a una crisi di questa portata.

Descrizione 2
Lettere riservate a capi di governo, telefonate segrete alle più alte cariche di Stati sovrani, pressioni esercitate in mille modi da poteri forti che si muovono al di fuori e al di sopra delle elementari regole democratiche. La storia del ruolo svolto in questo inizio secolo dalla Germania in Europa, e in particolare nell'Unione europea, è ancora tutta da raccontare, soprattutto in relazione alle vicende politiche dell'Italia, il paese che per decenni è stato suo partner amichevole ma anche temibile concorrente economico sui mercati mondiali. Di questa storia, Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano tracciano qui il quadro generale e non esitano a parlare di "Quarto Reich", una formula che, lungi dall'essere una banalizzazione giornalistica, è la sintesi estrema, e forse inquietante, della situazione venutasi a creare nell'area euro. In un decennio, infatti, grazie alla moneta unica e alla gabbia istituzionale dell'Unione, la Germania è riuscita a costruire sul Vecchio Continente una condizione di predominio economico e di egemonia politica. L'impossibilità di dissentire sulle leggi del rigore dettate dagli euroburocrati e ispirate da Berlino ha privato gli altri paesi membri di ogni reale sovranità economica e ha concentrato tutto il potere decisionale nelle mani delle élite e delle strutture comunitarie. Ma se per i cittadini tedeschi l'"era del Quarto Reich" significa benessere, lavoro e crescita, per le altre nazioni, soprattutto del Sud Europa, vuol dire povertà, disoccupazione e recessione.


IL SAGGIO DEL DIRETTORE
Vittorio Feltri spiega come è nato il "Quarto Reich" di Angela Merkel
07 ottobre 2014

Merkel incastrata dai documenti: "Il piano per far fallire mezza Europa"



Da anni non è raro imbattersi in manifesti e prime pagine di giornali che raffiguravano Angela Merkel in divisa nazista, con la svastica al braccio e i baffetti di Adolf Hitler. Quell’immagine è apparsa nelle piazze greche, cipriote, spagnole e anche italiane. Una larga parte delle popolazioni degli stati cosiddetti periferici è convinta che la Germania democratica persegua lo stesso disegno egemonico sull’Europa della Germania nazista e che la Merkel sia riuscita laddove Hitler ha fallito. Il dominio sul continente non è stato ottenuto con i panzer ma attraverso l’Euro, in una maniera meno violenta ma perfino più opprimente. In Francia Marine Le Pen, che appartiene a una cultura profondamente di destra, parlando della sua battaglia contro la germanizzazione dell’Europa non ha esitato a fare riferimento alla Resistenza francese contro l’invasione nazista durante la Seconda guerra mondiale. Parole d’ordine simili vengono utilizzate da forze di estrema sinistra come Syriza in Grecia. E critiche dello stesso tenore non sono mancate in ambienti europeisti: El Pais, il principale quotidiano spagnolo progressista, in un editoriale (poi ritrattato) ha accusato la Merkel di essere «come Hitler, che ha dichiarato guerra al resto del continente, stavolta per garantire alla Germania il suo spazio economico vitale». Per il settimanale britannico laburista New Statesman Angela Merkel è la più grande minaccia all’ordine globale, più del dittatore nordcoreano Kim Jong-un e dell’iraniano Ahmadinejad: «Merkel è il leader tedesco più pericoloso dopo Hitler».
Se si guarda a questo contesto il titolo forte dell’ultimo libro di Vittorio Feltri e Gennaro Sangiuliano, Il Quarto Reich. Come la Germania ha sottomesso l’Europa (Mondadori, pp. 111, euro 17) raffigura un sentimento diffuso e un’analisi abbastanza condivisa, ovvero che la Germania si sia avvantaggiata della crisi a discapito degli altri partner europei. I deboli governi italiani hanno subìto le rigide regole europee senza neppure riuscire a rispettarle, la spesa pubblica non è stata toccata, niente privatizzazioni e liberalizzazioni, pareggio di bilancio rinviato di anno in anno al 2017. Ma usciti di scena Zapatero, Berlusconi e Sarkozy, la leadership della Merkel appare incontrastata, senza che ci sia nessuno in grado di resistere all’egemonia tedesca, di strappare condizioni più favorevoli. C’è solo Mario Draghi, al vertice della Bce, imbrigliato dalla tattica «poliziotto buono - poliziotto cattivo» dei tedeschi, con la Merkel che si dice disponibile ad aiutare i Paesi in difficoltà e il capo della BuBa Jens Weidmann e i giudici costituzionali tedeschi nella parte dei custodi dei soldi e della sovranità nazionale dei tedeschi.
«Nessun politico tedesco vuole imporre una guida tedesca» ha cercato di rassicurare gli europei il presidente tedesco Joachim Gauck. Ma l’antico dilemma posto da Thomas Mann, se cioè il futuro ci avrebbe consegnato «un’Europa germanica o una Germania europea», sembra propendere secondo gli autori nel primo senso. Feltri e Sangiuliano spiegano come sono cambiati i rapporti di forza in Europa negli anni della moneta unica, come la Germania ha accresciuto la sua potenza politico-economica e ripercorrono le radici storiche e culturali della pulsione egemonica tedesca. Nelle pagine del libro non c’è acrimonia nei confronti della Germania e non si usano argomenti populisti e ideologicamente anti-tedeschi. Anzi, al fondo c’è anche ammirazione verso una classe politica e un popolo in grado di far uscire il proprio Paese da guerre perse, riunificazioni e crisi economiche sempre più forte di prima: «Siamo al guinzaglio della Merkel - scrivono - la quale evidentemente fa gli interessi della Germania, non i nostri, e quindi proseguiamo nel nostro rapido, inarrestabile declino. Siamo noi che non siamo capaci di darci una Merkel italiana. Forse dobbiamo accettare l’idea che di fronte al Quarto Reich, pur criticandolo, c’è solo da restare ammirati». Un atto d’accusa contro l’egemonia tedesca, ma anche contro l’incapacità della classe dirigente italiana di fare gli interessi del proprio Paese.
di Luciano Capone
http://www.liberoquotidiano.it/news/lib ... -nato.html
flaviomob
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Re: G R E C I A

Messaggio da flaviomob »

Sono d'accordo Iospero. Per me alla Grecia basterebbe una proroga di pochi anni, aumentare il deficit (diciamo al 6-7%) per fare provvedimenti urgenti sul reddito minimo, sulla retribuzione minima e per combattere la povertà, poi una volta rilanciata la crescita un poco alla volta la Grecia tornerebbe in grado, molto lentamente come fu per la Germania post bellica, di affrontare il suo debito.
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
iospero
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Re: G R E C I A

Messaggio da iospero »

Speriamo Flaviomob, per adesso

da repubblica
Atene: piano con la mediazione Ocse per convincere la Ue. Si aprono spiragli

Il segretario dell'Organizzazione parigina in visita a Tsipras e Varoufakis. All'Eurogruppo chiederanno l'abolizione del 30% delle misure del memorandum, meno avanzo primario, swap sul debito e interventi sociali. Pressing Usa per un accordo
10 febbraio 2015

Il premier Alexis Tsipras in Parlamento
MILANO - Si avvicina il momento della verità per Atene, l'Eurogruppo di domani dal quale dovrà uscire un accordo (o almeno un avvicinamento) con l'Unione europea, e il governo ellenico prepara per il summit un pacchetto di quattro punti per raggiungere un'intesa con i partner. Il piano comprende, secondo la ricostruzione di Ekathimerini, un programma-ponte sino alla fine di agosto, non più sino alla fine di maggio, per poi partire dal settembre prossimo con il "New Deal" auspicato da Atene, che sostituisca l'attuale piano di austerità e finanziamenti sottoscritto con la Troika.

Intanto la Commissione Ue fa sapere di aver finora avuto "scambi intensi" con Tsipras e le autorità greche, ma "non sono stati fruttuosi finora". Le aspettative di Bruxelles per un accordo "finale" all'Eurogruppo di domani o al vertice di giovedí sono "molto basse". Al di là delle comunicazioni ufficiali, però, fonti comunitarie hanno riferito all'agenzia Mni che la Commissione Europea intende proporre ad Atene un'estensione di sei mesi dei debiti in scadenza in modo da dare respiro alla Grecia fino a settembre, quando il governo Tsipras dovrebbe far partire il pacchetto di riforme elaborato insieme all'Ocse. Dal G20 di Istanbul, invece, il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew, e il vicepremier turco, Ali Babacan, vanno in pressing perché si adotti un approccio "pragmatico" e si trovi una soluzione. "Siamo all'inizio di un percorso, che alla fine penso sarà positivo", dice invece il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.

Nella proposta ateniese si prevede l'abolizione di circa il 30% del memorandum e la sua sostituzione con un pacchetto di 10 riforme da preparare in collaborazione con l'Ocse il cui segretario, Angel Gurria, arriva oggi a Atene per vedere il ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, e il premier, Alexis Tsipras. Il pacchetto prevede al secondo punto una sostanziale riduzione dell'avanzo primario, dal 3% previsto dal memorandum all'1,49%; a chiudere le proposte ci sono un intervento per la situazione di povertà diffusa nel Paese e la riduzione del debito (al 180% del Pil circa) attraverso la conversione di alcuni prestiti, con meccanismi di 'swap'. Proprio sull'entità del debito, circa 320 miliardi, si è espresso l'advisor per la ristrutturazione, la banca d'affari Lazard: secondo il capo Matthieu Pigasse una riduzione di 100 miliardi, per arrivare al 120% del Pil nell'orizzonte del 2020, è necessaria per renderlo sostenibile.

Per quanto riguarda la parte di finanziamento, il piano di Varoufakis comprende l'incasso di 1,9 miliardi di interessi che la Bce ha guadagnato sottoscrivendo i titoli greci, l'emissione di 8 miliardi di bond aggiuntivi rispetto ai limiti attualmente definiti dalla Bce, che però dovrebbe dare il suo ok. Resta poi da verificare il destino di una tranche da oltre 7 miliardi di finanziamento che potrebbe ancora essere richiamata. Nel complesso, comunque, il prestito ponte dovrebbe valere una decina di miliardi.

Mentre si attende Gurria, nelle vesti dunque di mediatore, e si rifinisce la proposta per i partner Ue, il ministro degli Esteri, Nikos Kotzias, sarà oggi in vista a Berlino e domani a Mosca per colloqui con i suoi omologhi, il tedesco Frank Walter Steinmeier e il russo Sergei Lavrov. La notizia rinnova i timori di alcuni paesi europei che Atene giochi la carta del riavvicinamento con il Cremlino nel pieno della crisi ucraina.

Le fonti di governo smentiscono che ci sia questa intenzione, e anzi parlano di mosse esterne per mettere pressione in direzione di un accordo con la Ue, ma intanto il ministro della difesa, l'esponente dei Greci Indipendenti (destra) alleati di Syriza, Panos Kammenos, minaccia: "Se la Grecia non riuscirà a raggiungere un accordo con i suoi partner europei sulla rinegoziazione del debito, si rivolgerà ad altri paesi per ottenere fondi". In un'intervista in Tv spiega: "Quel che vogliamo è un accordo ma, se non ci sarà un accordo e vediamo che la Germania resta rigida e desidera far saltare l'Europa in aria, allora saremo obbligati a ricorrere al Piano B". Questo "significa ottenere fondi da un'altra fonte, che potrebbe essere gli Stati Uniti, nella migliore delle ipotesi, potrebbe essere la Russia, potrebbe essere la Cina o altri paesi".
camillobenso
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Re: G R E C I A

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ANSA.it
Ultima Ora

Grecia: finita se non accetta aiuti
Così il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble



19:34

(ANSA) - ROMA, 10 FEB - Se la Grecia non accetta l'ultima tranche di aiuti nel quadro del programma di salvataggio "è finita". Lo ha detto il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble al G20 di Istanbul, sottolineando che i creditori di Atene "non possono negoziare qualcosa di nuovo".


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews ... 6aaa7.html
camillobenso
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Re: G R E C I A

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ZONAEURO

Grecia, i rischi della nuova crisi

di Lavoce.info | 10 febbraio 2015 COMMENTI


La Grecia è nuovamente l’epicentro della crisi europea. Un compromesso tra le richieste del governo Tsipras e le esigenze degli altri paesi Ue sarebbe possibile e auspicabile, ma l’accordo non è scontato. Nel frattempo i mercati restano calmi. Grazie soprattutto alle mosse della Bce.
di Marco Pagano* (Fonte: lavoce.info)

Le incerte richieste di Tsipras sul debito

La Grecia è nuovamente l’epicentro di una crisi nell’Unione Europea. Il governo di Alexis Tsipras si rifiuta di proseguire l’attuazione degli impegni che i suoi predecessori avevano preso con la Troika formata dalla Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e dalla Commissione Ue: ha annunciato il blocco dei programmi di liberalizzazione e privatizzazione, l’aumento delle pensioni e dei salari minimi, l’abbandono delle politiche di ristrutturazione del settore pubblico e, soprattutto, la volontà di rinegoziare il debito pubblico greco.

Sul tema centrale della rinegoziazione del debito, la posizione del governo greco oscilla dal rinegoziarne l’entità al rivederne i tempi del pagamento. L’unico elemento di chiarezza finora è che Tsipras si è impegnato a ripagare interamente il debito detenuto dalla Bce e dall’Fmi, nonché ai creditori privati, cosicché i soli creditori con cui la Grecia vuole rinegoziare il debito sono i governi dell’Eurozona e il fondo anti-crisi che hanno creato nel 2010, cioè l’European Financial Stability Facility: a questi la Grecia complessivamente deve quasi 195 miliardi di euro, circa il 62 per cento del debito totale. In particolare, all’Efsf deve 141,8 miliardi, cioè all’incirca il 45 per cento del totale.

Non c’è molto spazio per allungare le scadenze del debito verso l’Efsf, che sono già molto lunghe: il primo pagamento sarà dovuto nel 2023 e gli interessi sulla maggior parte dei prestiti sono dilazionati al futuro; la scadenza media dei prestiti è di oltre 32 anni, con un tasso medio dell’1,5 per cento, che è quanto pagherebbe un paese con un ottimo rating (AAA). Quindi non si vede come la Grecia possa beneficiare di un’ulteriore dilazione. Ma anche rinegoziare l’entità del debito avrebbe un impatto trascurabile sugli interessi che la Grecia dovrà pagare nei prossimi otto anni.

Certamente, se il governo di Tsipras vorrà mantenere le sue numerose promesse elettorali, il debito pubblico greco dovrà crescere oltre i limiti previsti dagli accordi con la Troika. Ma nell’immediato lo Stato greco ha esigenze di liquidità pressanti, per esempio per poter pagare le pensioni, e quindi ha appena chiesto un prestito-ponte per farvi fronte, in attesa di presentare un piano di rinegoziazione del debito ai governi della Ue.

L’intransigenza dei governi dell’Eurozona

Per il momento, le richieste di una rinegoziazione del debito così come quelle di un prestito-ponte sono cadute nel vuoto. Da parte dei governi della Ue, e soprattutto da quello tedesco, c’è stato finora un atteggiamento negoziale duro, come si è visto nell’incontro del 5 febbraio tra il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble e quello greco Yanis Varoufakis. E il 6 febbraio anche la possibilità di un prestito-ponte è stata esclusa da Jeroen Dijsselbloem, capo dell’Eurogruppo. C’è da aspettarsi che l’atteggiamento intransigente persista: concedere ulteriori sconti alla Grecia per consentirle un allentamento della politica fiscale dopo due ristrutturazioni del debito sarebbe non solo difficile da far digerire all’elettorato dei maggiori paesi dell’Eurozona (specie quello tedesco), ma rischia di aprire le porte a operazioni analoghe in Portogallo, in Spagna e in Italia. Un rischio particolarmente elevato, considerato il successo di Podemos in Spagna e il peso della Lega e del Movimento 5 Stelle in Italia, entrambi favorevoli a questo tipo di operazioni.

Rischi della ristrutturazione del debito…

Anche i mercati finanziari potrebbero interpretare una ristrutturazione del debito greco come un segnale che operazioni analoghe possano aver luogo anche in altri paesi della “periferia Sud” dell’Eurozona. Queste aspettative metterebbero nuovamente sotto pressione i tassi di interesse di questi paesi. E visto che una rinegoziazione del debito pubblico spagnolo, italiano e portoghese sarebbe inaccettabile per i paesi del “centro” dell’Eurozona, in primis per la Germania, i mercati comincerebbero a valutare nuovamente probabile un crollo dell’euro. Tutto ciò ci riporterebbe indietro al 2010-11, cioè a spread molto elevati sui titoli della “periferia Sud”, con effetti disastrosi non solo per le finanze pubbliche di questi Stati, ma anche per la debole ripresa che si sta appena manifestando.

… e rischi della mancata ristrutturazione

D’altronde, va riconosciuto che anche la mancata rinegoziazione del debito greco ha i suoi rischi: se dovesse causare l’uscita della Grecia dall’Eurozona, ciò potrebbe innescare l’aspettativa che altri paesi possano seguire lo stesso sentiero, il che non è inverosimile considerate le spinte ostili all’euro emerse in vari paesi. Anche questo pericolo di contagio potrebbe portare a un aumento degli spread sui titoli di Stato della “periferia Sud”.

Inoltre, c’è un considerevole rischio geopolitico: l’uscita della Grecia dall’Eurozona potrebbe spingerla a un’alleanza con la Russia, cosa che comprensibilmente preoccupa molto le cancellerie occidentali, in primo luogo l’amministrazione Usa. Non è un caso che Barack Obama abbia appena invitato i paesi dell’Eurozona a un atteggiamento negoziale conciliante con la Grecia.

In conclusione, i rischi non mancano, quale che sia l’esito della negoziazione. Il rischio maggiore è che una delle due parti possa sopravvalutare il proprio potere negoziale e forzare la mano, conducendo a una rottura delle trattative e alla fuoriuscita della Grecia dall’euro, nonostante la maggioranza dei greci sia favorevole alla moneta unica. L’esito più probabile, e tutto sommato più augurabile, è che vi sia qualche piccola concessione, per consentire a Tsipras di dire al proprio elettorato di aver mantenuto almeno in parte le promesse elettorali, e al tempo stesso abbastanza piccola da non generare eccessivo allarme nell’elettorato tedesco e nei mercati, né corse all’imitazione del governo di Tsipras nella periferia Sud dell’Eurozona. Ma non è chiaro se le parti avranno la capacità di raggiungere un compromesso di questo tipo.

La sorprendente calma dei mercati

In questo quadro di enormi rischi, la cosa che potrebbe apparire più sorprendente è la calma dei mercati. Come mai non sono terrorizzati dal rischio di contagio dalla Grecia al resto della “periferia Sud” come nel 2010 e nel 2011? Allora, il rischio era così forte da spingere i governi della Ue, insieme con la Bce e l’Fmi, a varare ben due massicci di piani di salvataggio, uno di 110 miliardi di euro nel 2010 e uno successivo di 130 miliardi nel 2012.

Il rischio di contagio è per ora tenuto sotto controllo da due circostanze: attualmente l’esposizione delle banche degli altri paesi Ue verso lo Stato greco è trascurabile, ben minore che nel 2010; e, soprattutto, la Bce sta per varare un massiccio programma di Quantitative easing in funzione anti-deflattiva, che comporterà tra l’altro acquisti massicci di debito pubblico della periferia Sud.

La mossa della Bce

Ciò ci porta al ruolo che la Bce gioca in questa complessa partita. È un ruolo molto delicato, perché la Banca centrale si trova a dover contemperare il suo ruolo di “prestatore di ultima istanza” alle banche greche con la necessità di evitare che il governo greco usi il sistema bancario del paese per finanziare le casse esauste dello Stato, spingendole a impiegare liquidità in buoni del tesoro di nuova emissione.

La Bce è riuscita finora a contemperare le due esigenze in modo magistrale: il 4 febbraio ha chiarito che le banche greche non potranno usare titoli pubblici greci come garanzia per poter prendere a prestito liquidità dalla Bce, cosa che finora era stata consentita eccezionalmente, sebbene il debito greco sia considerato molto rischioso (junk-rated) dalle società di rating. Quindi le banche greche accedono alla liquidità della Bce solo se possono dare a garanzia titoli di buona qualità, il che le scoraggia ovviamente dal cedere alle probabili richieste del loro governo di sottoscrivere titoli pubblici greci. Al tempo stesso, però, la Bce ha lasciato aperta la linea di credito di emergenza (Emergency Liquidity Assistance) grazie alla quale le banche greche possono – entro certi limiti – ottenere liquidità dalla Banca centrale greca.

In tal modo, la Bce sta cercando di evitare che si verifichi una “corsa agli sportelli” da parte dei depositanti greci (pericolo reale, perché le banche greche hanno già perso circa 15 miliardi di depositi nei due mesi prima delle elezioni), ma al contempo cerca di evitare di contribuire alla monetizzazione del debito pubblico greco, il che sarebbe contrario al suo statuto. Per il momento la strategia ha funzionato. Con la sua mossa, la Bce è riuscita anche a “sfilarsi” nei limiti del possibile, cioè a segnalare ai governi dell’Eurozona che la palla è nel loro campo e che tocca a loro raggiungere un accordo.

* Insegna Politica economica presso l’Università Federico II di Napoli e presiede l’Istituto Einaudi per l’Economia e la Finanza (EIEF, Roma). Laureato in giurisprudenza a Napoli e in economia a Cambridge, ha conseguito il dottorato in economia al MIT e ha insegnato all’Università Bocconi e all’Università di Salerno. È vice-presidente del Comitato Scientifico Consultivo dell’European Systemic Risk Board (ESRB) e componente del Gruppo di Consulenti Economici dell’European Securities and Markets Authority (ESMA). In passato ha fatto parte del Comitato di Consulenza Globale e Garanzia per le Privatizzazioni (2007-2001), del panel di esperti sui servizi finanziari del Parlamento Europeo (2002-04) e del comitato scientifico della CONSOB e di MTS. Dal 2004 al 2011 ha diretto con Josef Zechner la Review of Finance, rivista della European Finance Association. Nel 2011 ha ricevuto un Advanced Grant dall’European Research Council (ERC) per un progetto di ricerca quinquennale su “Finance and Labor”. Nel 1997 ha ricevuto con Ailsa Röell il BACOB European Prize for Economic and Financial Research. Il suo lavoro di ricerca verte soprattutto su temi d’economia finanziaria. Ha svolto ricerche anche su temi di macroeconomia. I suoi articoli sono apparsi su numerose riviste internazionali. Nel 2013 ha pubblicato il libro Market Liquidity: Theory, Evidence and Policy (con Thierry Foucault e Ailsa Roell) con Oxford University Press.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... i/1411671/
camillobenso
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Re: G R E C I A

Messaggio da camillobenso »

Grecia, Berlino: “Un errore concedere sei mesi ad Atene”
Zonaeuro
di F. Q. | 10 febbraio 2015 COMMENTI

“Concedere 6 mesi alla Grecia è un errore”. Alla vigilia dell’Eurogruppo sul caso ellenico, dal G20 di Istanbul il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha così chiuso la porta all’ultima proposta di Atene per prendere tempo senza ufficializzare la bancarotta. “Non avremo un nuovo programma domani”, ha quindi rafforzato il concetto sottolineando che “l’Eurozona non ha mai imposto un programma di salvataggio ad Atene” e che “nessuno al di fuori dalla Grecia può essere ritenuto responsabile per i problemi del Paese”.

Secondo quanto trapelato in mattinata, la proposta del governo Tsipras per l’Eurogruppo consiste in un pacchetto di cinque punti. Inclusi un allungamento del programma ponte da fine maggio a fine agosto e l’abolizione di circa il 30% del Memorandum siglato con la Troika dei creditori e la sua sostituzione con un pacchetto di 10 riforme da preparare in collaborazione con l’Ocse. Il pacchetto prevede inoltre una sostanziale riduzione dell’avanzo primario, dal 3% previsto dal memorandum all’1,5%, un intervento per la situazione di povertà diffusa nel Paese. Secondo i consulenti di Lazard assoldati dal governo Tsipras la cancellazione di 100 miliardi di euro di debito della Grecia permetterebbe al Paese di tagliare il fardello in linea con i target indicati dalle autorità internazionali nel piano di salvataggio.

Le dichiarazioni di Schaeuble, però, hanno gettato acqua fredda sulle aspettative dei mercati che avevano reagito positivamente immaginando più vicina la possibilità di un accordo tra Ue e Atene. Al punto che la piazza ellenica ha registrato un rimbalzo che le ha fatto guadagnare quasi l’8 per cento. Sull’andamento ha inciso il sostegno americano al caso greco con il segretario al Tesoro Usa, Jack Lew, che nel corso del G20 ha chiesto alle parti un approccio “pragmatico”.

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Maucat
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Re: G R E C I A

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camillobenso ha scritto:ANSA.it
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Grecia: finita se non accetta aiuti
Così il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble



19:34

(ANSA) - ROMA, 10 FEB - Se la Grecia non accetta l'ultima tranche di aiuti nel quadro del programma di salvataggio "è finita". Lo ha detto il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble al G20 di Istanbul, sottolineando che i creditori di Atene "non possono negoziare qualcosa di nuovo".


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Ma Schauble era nato nel 1953 quando molti Stati fra cui la grecia e l'Italia fecero uno sconto ai tedeschi del 50% sui danni di guerra? L'altro 50% doveva essere pagato entro il 1983 ma vari avvenimenti geopolitici fecero slittare i pagamenti che dopo il 1990 cessarono del tutto senza aver saldato le posizioni dovute.
Al calcolo di oggi sarebbero alcune centinaia di miliardi di €... ce li ha la Germania?
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