LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
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LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
Lista Falciani: ‘Così rivelai dossier su evasori. In Italia stop ai tempi di B.’
Nel libro scritto dall'ex funzionario della Hsbc insieme ad Angelo Mincuzzi (Chiarelettere) si racconta l'operazione in Svizzera e di quando da Roma nella fine dell'estate 2011 arrivò l'ordine: "Non usate le informazioni"
di F. Q. | 10 febbraio 2015
Grazie all’entrata in vigore nel 2005 della direttiva europea sul risparmio entrammo in possesso di elementi concreti per mostrare come una legge poteva essere manovrata a piacimento delle banche.
Ci convincemmo che era giunto il momento di far arrivare queste informazioni ai magistrati di diversi Paesi per farle conoscere all’opinione pubblica. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... e/1408488/
La giustizia avrebbe poi provveduto a comunicare alle altre amministrazioni, tra cui quella fiscale, gli elementi di cui fosse venuta in possesso. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1409829/
Questo era il nostro principale obiettivo, ma ci trovammo subito di fronte a un problema enorme: in Europa non c’erano grandi possibilità di ottenere l’interessamento di uno Stato. Ancora oggi chi vuole denunciare i reati scoperti sul posto di lavoro è costretto a infrangere la legge. Negli Stati Uniti esiste un provvedimento che aiuta e protegge i whistleblowers (coloro che denunciano le attività illegali di un’organizzazione), mentre in Europa sono solo i pentiti di mafia ad avere una protezione. Per il mondo della finanza non è previsto nulla del genere.GetContent (1)
Scegliere un nome in codice
Tra gli investigatori francesi ce n’erano molti che non erano d’accordo con il progetto del presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy di abolire la polizia doganale, ed è stato da loro che è arrivato l’aiuto di cui avevo bisogno. Eravamo un centinaio di persone a lavorare per lo stesso obiettivo, ma soltanto una decina agivano dall’interno della banca, Hsbc. Eravamo consapevoli che, se fosse trapelata la notizia della nostra attività, avremmo potuto subire conseguenze disastrose sul lavoro e nella vita. (…)
Per due anni abbiamo condotto un lavoro preparatorio fondamentale. Bisognava stabilire delle corrispondenze tra ciò che si faceva nella banca e ciò che si leggeva nei manuali di credito e finanza, perché non c’era modo di spiegare a persone esterne a quel mondo, come magistrati e poliziotti, quali erano i meccanismi della Hsbc. Occorreva rendere comprensibili alcune dinamiche per agevolare le indagini giudiziarie, e nello stesso tempo era vitale mantenere il segreto sull’attività che avevamo iniziato. Ci eravamo dati un nome in codice e comunicavamo fra noi con la massima discrezione. Le regole, molto semplici, ci erano state spiegate da poliziotti e magistrati che lottavano contro il crimine organizzato. Durante le riunioni o i colloqui non dovevamo mai portarci dietro i telefoni cellulari e per spostarci non dovevamo mai utilizzare auto private ma sempre i trasporti pubblici, soprattutto i treni. Ero entrato in contatto con gli amici della rete alcuni anni prima, durante il periodo trascorso nel casinò di Montecarlo.
(…) Sono le reti informali, presenti in tutti i paesi, che permettono di realizzare operazioni complesse e delicate. Per esempio, ci sono giornalisti che lavorano per la polizia e altri ancora per i servizi di intelligence. Ma ci sono anche agenti di polizia, della dogana, della guardia di finanza o della polizia giudiziaria che lavorano per i servizi segreti, agevolati dal ruolo che ricoprono. Sono sempre in cerca di informazioni e spesso hanno bisogno di trovarle all’interno delle banche. La prima volta che parlai con uno di loro – che chiamerò Paolo – gli dissi che c’erano diverse persone nella Hsbc che, in un modo o nell’altro, erano disposte ad aiutarci, e che io avrei potuto organizzare il lavoro all’interno. Rispose che, se avessimo avviato l’operazione, avremmo dovuto seguire delle misure di sicurezza rigorose e non avremmo più potuto vederci come d’abitudine. (…)
La collaborazione con l’Italia cominciò a metà del 2009, dopo il mio colloquio con il direttore della Dnef, quando era ormai chiaro che le investigazioni in Francia erano state insabbiate. In quel periodo la vicenda dei documenti della Hsbc sequestrati nel mio computer non era ancora di dominio pubblico e il mio caso, almeno ufficialmente, non esisteva per gli italiani. Lavoravo nel segreto più assoluto con la guardia di finanza, prendendo precauzioni per evitare che qualcuno venisse a conoscenza della mia collaborazione. Ci trovavamo nelle caserme dove, per ragioni di sicurezza, spesso la notte mi fermavo a dormire. Quando gli incontri avvenivano in un hotel indossavo un cappello per non farmi riconoscere dalle videocamere. (…) Andavo spesso in Italia, soprattutto a Torino, e lavoravo in prevalenza per spiegare agli investigatori i sistemi della banca, fino a quando, dall’inizio del 2010, la guardia di finanza ricevette le prime liste della Hsbc grazie agli accordi di cooperazione amministrativa internazionale, e allora cominciai a occuparmi anche di quelle informazioni. Poco tempo dopo, la Procura di Torino ebbe i file da Nizza. Fino a quel momento tutti avevano puntato a ottenere i dati sui clienti, senza occuparsi dei meccanismi, ma il procuratore della Repubblica di Torino Gian Carlo Caselli e l’aggiunto Alberto Perduca erano molto interessati a sapere come funzionava la Hsbc. (…) La guardia di finanza ha lavorato intensamente sui dati della lista, e alcuni nomi di clienti della Hsbc di Ginevra sono finiti sui giornali.
Ma in Italia reati protetti
A metà del 2011 alcuni funzionari dei servizi segreti italiani mi chiesero se i dati contenuti nel cloud, che non erano mai stati diffusi prima di allora, potevano essere utilizzati almeno a livello di intelligence. Mi fecero diverse proposte di lavoro, perché, una volta acquisiti i dati, bisognava sapere come analizzarli, e solo io ero in grado di farlo. Spiegai che avrei potuto continuare ad aiutarli come avevo sempre fatto, senza ricevere uno stipendio. Non avevo molti soldi, ma lavoravo già all’Inria di Sophia-Antipolis e volevo essere libero di prendere le mie decisioni senza condizionamenti. Soprattutto non mi andava di essere alle dipendenze di un governo. Nonostante la mia disponibilità, l’ipotesi di entrare nel cloud fu abbandonata perché da Roma era arrivato uno stop: quei dati non si potevano né acquisire né analizzare. Era la fine dell’estate del 2011. In Italia il premier era Silvio Berlusconi e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
L’aspetto problematico della vicenda era che le leggi italiane, a differenza di quelle spagnole, non consentivano l’uso giudiziario di informazioni ottenute attraverso canali non ufficiali. Tuttavia la guardia di finanza ha indagato a lungo sulle banche svizzere ed è riuscita a capire che i conti aperti nella Confederazione potevano essere gestiti anche dall’Italia. Così nell’ottobre del 2009 ha perquisito le filiali italiane di diversi istituti svizzeri sequestrandone il materiale. L’operazione si è svolta contemporaneamente in tutte le sedi. Le banche però non sono mai finite sotto accusa: le indagini si sono indirizzate soltanto sui clienti che hanno depositato i soldi all’estero.
di Hervé Falciani
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... i/1411575/
Nel libro scritto dall'ex funzionario della Hsbc insieme ad Angelo Mincuzzi (Chiarelettere) si racconta l'operazione in Svizzera e di quando da Roma nella fine dell'estate 2011 arrivò l'ordine: "Non usate le informazioni"
di F. Q. | 10 febbraio 2015
Grazie all’entrata in vigore nel 2005 della direttiva europea sul risparmio entrammo in possesso di elementi concreti per mostrare come una legge poteva essere manovrata a piacimento delle banche.
Ci convincemmo che era giunto il momento di far arrivare queste informazioni ai magistrati di diversi Paesi per farle conoscere all’opinione pubblica. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... e/1408488/
La giustizia avrebbe poi provveduto a comunicare alle altre amministrazioni, tra cui quella fiscale, gli elementi di cui fosse venuta in possesso. http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... a/1409829/
Questo era il nostro principale obiettivo, ma ci trovammo subito di fronte a un problema enorme: in Europa non c’erano grandi possibilità di ottenere l’interessamento di uno Stato. Ancora oggi chi vuole denunciare i reati scoperti sul posto di lavoro è costretto a infrangere la legge. Negli Stati Uniti esiste un provvedimento che aiuta e protegge i whistleblowers (coloro che denunciano le attività illegali di un’organizzazione), mentre in Europa sono solo i pentiti di mafia ad avere una protezione. Per il mondo della finanza non è previsto nulla del genere.GetContent (1)
Scegliere un nome in codice
Tra gli investigatori francesi ce n’erano molti che non erano d’accordo con il progetto del presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy di abolire la polizia doganale, ed è stato da loro che è arrivato l’aiuto di cui avevo bisogno. Eravamo un centinaio di persone a lavorare per lo stesso obiettivo, ma soltanto una decina agivano dall’interno della banca, Hsbc. Eravamo consapevoli che, se fosse trapelata la notizia della nostra attività, avremmo potuto subire conseguenze disastrose sul lavoro e nella vita. (…)
Per due anni abbiamo condotto un lavoro preparatorio fondamentale. Bisognava stabilire delle corrispondenze tra ciò che si faceva nella banca e ciò che si leggeva nei manuali di credito e finanza, perché non c’era modo di spiegare a persone esterne a quel mondo, come magistrati e poliziotti, quali erano i meccanismi della Hsbc. Occorreva rendere comprensibili alcune dinamiche per agevolare le indagini giudiziarie, e nello stesso tempo era vitale mantenere il segreto sull’attività che avevamo iniziato. Ci eravamo dati un nome in codice e comunicavamo fra noi con la massima discrezione. Le regole, molto semplici, ci erano state spiegate da poliziotti e magistrati che lottavano contro il crimine organizzato. Durante le riunioni o i colloqui non dovevamo mai portarci dietro i telefoni cellulari e per spostarci non dovevamo mai utilizzare auto private ma sempre i trasporti pubblici, soprattutto i treni. Ero entrato in contatto con gli amici della rete alcuni anni prima, durante il periodo trascorso nel casinò di Montecarlo.
(…) Sono le reti informali, presenti in tutti i paesi, che permettono di realizzare operazioni complesse e delicate. Per esempio, ci sono giornalisti che lavorano per la polizia e altri ancora per i servizi di intelligence. Ma ci sono anche agenti di polizia, della dogana, della guardia di finanza o della polizia giudiziaria che lavorano per i servizi segreti, agevolati dal ruolo che ricoprono. Sono sempre in cerca di informazioni e spesso hanno bisogno di trovarle all’interno delle banche. La prima volta che parlai con uno di loro – che chiamerò Paolo – gli dissi che c’erano diverse persone nella Hsbc che, in un modo o nell’altro, erano disposte ad aiutarci, e che io avrei potuto organizzare il lavoro all’interno. Rispose che, se avessimo avviato l’operazione, avremmo dovuto seguire delle misure di sicurezza rigorose e non avremmo più potuto vederci come d’abitudine. (…)
La collaborazione con l’Italia cominciò a metà del 2009, dopo il mio colloquio con il direttore della Dnef, quando era ormai chiaro che le investigazioni in Francia erano state insabbiate. In quel periodo la vicenda dei documenti della Hsbc sequestrati nel mio computer non era ancora di dominio pubblico e il mio caso, almeno ufficialmente, non esisteva per gli italiani. Lavoravo nel segreto più assoluto con la guardia di finanza, prendendo precauzioni per evitare che qualcuno venisse a conoscenza della mia collaborazione. Ci trovavamo nelle caserme dove, per ragioni di sicurezza, spesso la notte mi fermavo a dormire. Quando gli incontri avvenivano in un hotel indossavo un cappello per non farmi riconoscere dalle videocamere. (…) Andavo spesso in Italia, soprattutto a Torino, e lavoravo in prevalenza per spiegare agli investigatori i sistemi della banca, fino a quando, dall’inizio del 2010, la guardia di finanza ricevette le prime liste della Hsbc grazie agli accordi di cooperazione amministrativa internazionale, e allora cominciai a occuparmi anche di quelle informazioni. Poco tempo dopo, la Procura di Torino ebbe i file da Nizza. Fino a quel momento tutti avevano puntato a ottenere i dati sui clienti, senza occuparsi dei meccanismi, ma il procuratore della Repubblica di Torino Gian Carlo Caselli e l’aggiunto Alberto Perduca erano molto interessati a sapere come funzionava la Hsbc. (…) La guardia di finanza ha lavorato intensamente sui dati della lista, e alcuni nomi di clienti della Hsbc di Ginevra sono finiti sui giornali.
Ma in Italia reati protetti
A metà del 2011 alcuni funzionari dei servizi segreti italiani mi chiesero se i dati contenuti nel cloud, che non erano mai stati diffusi prima di allora, potevano essere utilizzati almeno a livello di intelligence. Mi fecero diverse proposte di lavoro, perché, una volta acquisiti i dati, bisognava sapere come analizzarli, e solo io ero in grado di farlo. Spiegai che avrei potuto continuare ad aiutarli come avevo sempre fatto, senza ricevere uno stipendio. Non avevo molti soldi, ma lavoravo già all’Inria di Sophia-Antipolis e volevo essere libero di prendere le mie decisioni senza condizionamenti. Soprattutto non mi andava di essere alle dipendenze di un governo. Nonostante la mia disponibilità, l’ipotesi di entrare nel cloud fu abbandonata perché da Roma era arrivato uno stop: quei dati non si potevano né acquisire né analizzare. Era la fine dell’estate del 2011. In Italia il premier era Silvio Berlusconi e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
L’aspetto problematico della vicenda era che le leggi italiane, a differenza di quelle spagnole, non consentivano l’uso giudiziario di informazioni ottenute attraverso canali non ufficiali. Tuttavia la guardia di finanza ha indagato a lungo sulle banche svizzere ed è riuscita a capire che i conti aperti nella Confederazione potevano essere gestiti anche dall’Italia. Così nell’ottobre del 2009 ha perquisito le filiali italiane di diversi istituti svizzeri sequestrandone il materiale. L’operazione si è svolta contemporaneamente in tutte le sedi. Le banche però non sono mai finite sotto accusa: le indagini si sono indirizzate soltanto sui clienti che hanno depositato i soldi all’estero.
di Hervé Falciani
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02 ... i/1411575/
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
parlano del libro
Lettera 43
10 febbraio 2015
Swissleaks, Angelo Mincuzzi: «Altri 3 mila italiani coinvolti»
Ci sono voluti tre anni di trattative tra Italia e Svizzera per arrivare a un'intesa fiscale che facilitasse la regolarizzazione dei capitali ancora nascosti nei forzieri delle banche elvetiche...
di: Claudia La Via
link articolo>>
^^^^^
Affaritaliani.it
10 febbraio 2015
Falciani-SwissLeaks, in un libro svelata la cassaforte degli evasori
Hervè Falciani ha messo ko il segreto bancario svizzero. Non era mai successo che l'intero archivio di una banca fosse copiato e rivelato alla pubblica opinione...
link articolo>>
^^^^^
Il Fatto Quotidiano
10 febbraio 2015
Falciani: "Così ho rivelato i miei dossier sugli evasori"
Swissleaks: è il nome dell'inchiesta, realizzata dall'ICIJ, l'International Consortium of Investigative Journalists, che ha svelato i nomi di oltre 100 mila clienti della banca svizzera Hsbc...
di: Hervé Falciani
^^^^^
Corriere della Sera
10 febbraio 2015
L'ex impiegato rivela chi c'è dietro ai conti: "Un banchiere e clienti vicini ai politici"
Per Falciani, i cittadini italiani sono "diecimila", e, secondo quanto hanno potuto vedere gli investigatori italiani, ci sarebbero anche clienti "vicini a politici di centrodestra e al Vaticano"...
di: Maria Antonietta Calabrò
allegato>>
allegato>>
Lettera 43
10 febbraio 2015
Swissleaks, Angelo Mincuzzi: «Altri 3 mila italiani coinvolti»
Ci sono voluti tre anni di trattative tra Italia e Svizzera per arrivare a un'intesa fiscale che facilitasse la regolarizzazione dei capitali ancora nascosti nei forzieri delle banche elvetiche...
di: Claudia La Via
link articolo>>
^^^^^
Affaritaliani.it
10 febbraio 2015
Falciani-SwissLeaks, in un libro svelata la cassaforte degli evasori
Hervè Falciani ha messo ko il segreto bancario svizzero. Non era mai successo che l'intero archivio di una banca fosse copiato e rivelato alla pubblica opinione...
link articolo>>
^^^^^
Il Fatto Quotidiano
10 febbraio 2015
Falciani: "Così ho rivelato i miei dossier sugli evasori"
Swissleaks: è il nome dell'inchiesta, realizzata dall'ICIJ, l'International Consortium of Investigative Journalists, che ha svelato i nomi di oltre 100 mila clienti della banca svizzera Hsbc...
di: Hervé Falciani
^^^^^
Corriere della Sera
10 febbraio 2015
L'ex impiegato rivela chi c'è dietro ai conti: "Un banchiere e clienti vicini ai politici"
Per Falciani, i cittadini italiani sono "diecimila", e, secondo quanto hanno potuto vedere gli investigatori italiani, ci sarebbero anche clienti "vicini a politici di centrodestra e al Vaticano"...
di: Maria Antonietta Calabrò
allegato>>
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
ESCUSIVO/SWISSLEAKS
I conti neri della Svizzera. Ecco chi c'è nella lista Falciani
Rivelati i documenti di Hervé Falciani con i titolari di depositi nella banca Hsbc per 100 miliardi. Ci sono politici, imprenditori, star dello sport e dello spettacolo di tutto il mondo, da Phil Collins a Fernando Alonso. Ma anche trafficanti, cassieri delle dittature ed evasori. Tra gli italiani lo stilista Valentino, Briatore e Valentino Rossi. Che replicano: nessun problema di tasse
DI GIANLUCA DI FEO E LEO SISTI
08 febbraio 2015
http://espresso.repubblica.it/inchieste ... a-1.198417
I conti neri della Svizzera. Ecco chi c'è nella lista Falciani
Rivelati i documenti di Hervé Falciani con i titolari di depositi nella banca Hsbc per 100 miliardi. Ci sono politici, imprenditori, star dello sport e dello spettacolo di tutto il mondo, da Phil Collins a Fernando Alonso. Ma anche trafficanti, cassieri delle dittature ed evasori. Tra gli italiani lo stilista Valentino, Briatore e Valentino Rossi. Che replicano: nessun problema di tasse
DI GIANLUCA DI FEO E LEO SISTI
08 febbraio 2015
http://espresso.repubblica.it/inchieste ... a-1.198417
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
da : http://letteradaatene.blogspot.it/2015/ ... libro.html
Swissleaks, Hervé Falciani nel suo libro: "Nella lista d'oro anche la madre di Papandreou. Così la Grecia è stata ricattata da Sarkozy!
Il fatto è che la lista degli "uomini d'oro" della Hsbc - in possesso di alcuni Paesi già da alcuni anni - sarebbe stata usata, secondo l'ex impiegato Falciani per imporre politiche di austerity ad altri Paesi.
Questo, secondo lui, almeno il caso della Grecia.
Falciani ricorda Papandreou e parla di "pressione e ricatto". Rivelazioni destinate a deflagrare a poche ore dall'Eurogruppo che domani deciderà il destino del Paese guidato da Alexis Tsipras.
"Nel 2011 la guida delle negoziazioni con la Troika sul salvataggio della Grecia fu affidata a Sarkozy che aveva quella lista e, conoscendone i nomi, poteva fare pressioni su Papandreou", scrive Falciani.
Ancora:
"Come era avvenuto negli Stati Uniti, la lista della Hsbc fu usata come arma di ricatto e merce di scambio. In Grecia l'elenco scomparve... In Grecia, come altrove, non è mai stata avviata formalmente alcuna indagine".
In un'intervista al Sole 24 Ore , l'ex impiegato della Hsbc assicura che "non è finita qui. Abbiamo le prove di nuovi scandali. Altre banche saranno coinvolte".
Non solo:
Falciani conferma la sua vicinanza al partito anti-austerity spagnolo Podemos: "Ho una riunione di lavoro con loro attraverso Skype perché sono in Francia. In Spagna c'è un'esperienza politica che sta nascendo con Podemos".
E, annuncia,
"sto cercando di avviare una collaborazione anche con Syriza in Grecia. Con loro abbiamo la possibilità di cambiare le cose. Le iniziative vanno pensate su scala europea2.
"huffingtonpost"
------------------------------------------------------------------------------------------
A questo punto e' da chiederci veramente:Chi ha interesse a proteggere questa persona?
un salutone
Swissleaks, Hervé Falciani nel suo libro: "Nella lista d'oro anche la madre di Papandreou. Così la Grecia è stata ricattata da Sarkozy!
Il fatto è che la lista degli "uomini d'oro" della Hsbc - in possesso di alcuni Paesi già da alcuni anni - sarebbe stata usata, secondo l'ex impiegato Falciani per imporre politiche di austerity ad altri Paesi.
Questo, secondo lui, almeno il caso della Grecia.
Falciani ricorda Papandreou e parla di "pressione e ricatto". Rivelazioni destinate a deflagrare a poche ore dall'Eurogruppo che domani deciderà il destino del Paese guidato da Alexis Tsipras.
"Nel 2011 la guida delle negoziazioni con la Troika sul salvataggio della Grecia fu affidata a Sarkozy che aveva quella lista e, conoscendone i nomi, poteva fare pressioni su Papandreou", scrive Falciani.
Ancora:
"Come era avvenuto negli Stati Uniti, la lista della Hsbc fu usata come arma di ricatto e merce di scambio. In Grecia l'elenco scomparve... In Grecia, come altrove, non è mai stata avviata formalmente alcuna indagine".
In un'intervista al Sole 24 Ore , l'ex impiegato della Hsbc assicura che "non è finita qui. Abbiamo le prove di nuovi scandali. Altre banche saranno coinvolte".
Non solo:
Falciani conferma la sua vicinanza al partito anti-austerity spagnolo Podemos: "Ho una riunione di lavoro con loro attraverso Skype perché sono in Francia. In Spagna c'è un'esperienza politica che sta nascendo con Podemos".
E, annuncia,
"sto cercando di avviare una collaborazione anche con Syriza in Grecia. Con loro abbiamo la possibilità di cambiare le cose. Le iniziative vanno pensate su scala europea2.
"huffingtonpost"
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A questo punto e' da chiederci veramente:Chi ha interesse a proteggere questa persona?
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
INDAGINE
Swissleaks, i nomi degli italiani con i soldi in Svizzera
Pubblicati i nomi di 7.499 clienti di Hsbc. In molti hanno approfittato dello Scudo fiscale di Tremonti.
13 Febbraio 2015
Dopo il terremoto creato dalla diffusione della lista Falciani ( http://www.lettera43.it/economia/finanz ... 157723.htm ) , sono arrivati i nomi dei clienti italiani della banca Hsbc. Nella lista di 7.499 persone pubblicata da L'Espresso, ci sono anche personalità conosciute.
Bisogna premettere che la metà dei depositi, 6,8 miliardi di euro, è stata svuotata prima del 2007, mentre 1.264 posizioni sono state sanate con lo scudo fiscale voluto da Giulio Tremonti nel 2009.
DA CAVALLI A MANNHEIMER. Tra i nomi eccellenti ci sono lo stilista Roberto Cavalli con 1,7 milioni, Luigi Maria Clementi (134 milioni), presidente del gruppo “I grandi viaggi” ed Enrico Ferrari (4,1 milioni), già presidente dell’Autodromo di Monza.
E spuntano anche Luigi Luini, 'il re dei panzerotti' di Milano, con 250 mila euro, il sondaggista Renato Mannheimer ( http://www.lettera43.it/cronaca/fisco-p ... 122979.htm) , già indagato per frode fiscale, che ha detto di «non avere memoria del conto».
SERRA: «CONTO TRASPARENTE». Il renziano Davide Serra, residente a Londra, invece ha detto che il suo conto «è in totale trasparenza e in accordo con il fisco inglese».
Silenzio tra i vip coinvolti. Tra questi non sono arrivati commenti dalla scrittrice Ludina Barzini (7 milioni) così come da Stefania Sandrelli e Ornella Vanoni.
RITORNA STRACQUADANIO. Tra i nomi emersi anche que
llo di Giorgio Stracquadanio, politico di Forza Italia, morto nel 2014 e molto legato a Marcello Dell'Utri. Sul suo conto alla Hsbc aveva una disponibilità di 10,7 milioni di dollari. Al Corriere della Sera la sorella dell'ex deputato, Tiziana, giustifica così: «I soldi su quel conto sono un'eredita di mia madre, quel deposito non c'entra nulla con la politica».
DA TELECOM A BENETTON. Nella lista Falciani spunta anche il nome del presidente Telecom Giuseppe Recchi, che ha fatto sapere che il suo conto, chiuso nel 2004, rappresenta un investimento personale prontamente denunciato. Stesso discorso per l'amministratore delegato di Benetton Airoldi: «Sono investimenti effettuati tramite fiduciaria, legittimamente detenuti e regolarmente dichiarati in Italia».
Nella categoria ''smemorati'' l'Espresso ha messo anche Luigi Zunino, l'uomo d'affari costretto a ceder il controllo del suo gruppo immobiliare Risanamento: «Francamente non ricordo di avere mai avuto un conto alla Hsbc di Ginevra». Un conto che in realtà è stato aperto nel 1998 e chiuso nel 2002.
TORNA IL NOME DI GENOVESE. E, dalla Svizzera, sono emersi anche i nomi di 351 indiziati di voler nascondere le proprie ricchezze. Il più in vista e già noto alle cronache è il deputato del Pd Francantonio Genovese, arrestato a maggio del 2014, che nel 2005 avrebbe portato all'estero circa 16 milioni di euro.
Il nodo della questione, in questo caso, è l'ipotesi di una frode fiscale attraverso il sistema di polizze assicurative del gruppo Credit Suisse. All'esame delle autorità italiane ci sono un migliaio di polizze, che avrebbero permesso di occultare al fisco circa otto miliardi di euro
http://www.lettera43.it/cronaca/swissle ... 158458.htm
Swissleaks, i nomi degli italiani con i soldi in Svizzera
Pubblicati i nomi di 7.499 clienti di Hsbc. In molti hanno approfittato dello Scudo fiscale di Tremonti.
13 Febbraio 2015
Dopo il terremoto creato dalla diffusione della lista Falciani ( http://www.lettera43.it/economia/finanz ... 157723.htm ) , sono arrivati i nomi dei clienti italiani della banca Hsbc. Nella lista di 7.499 persone pubblicata da L'Espresso, ci sono anche personalità conosciute.
Bisogna premettere che la metà dei depositi, 6,8 miliardi di euro, è stata svuotata prima del 2007, mentre 1.264 posizioni sono state sanate con lo scudo fiscale voluto da Giulio Tremonti nel 2009.
DA CAVALLI A MANNHEIMER. Tra i nomi eccellenti ci sono lo stilista Roberto Cavalli con 1,7 milioni, Luigi Maria Clementi (134 milioni), presidente del gruppo “I grandi viaggi” ed Enrico Ferrari (4,1 milioni), già presidente dell’Autodromo di Monza.
E spuntano anche Luigi Luini, 'il re dei panzerotti' di Milano, con 250 mila euro, il sondaggista Renato Mannheimer ( http://www.lettera43.it/cronaca/fisco-p ... 122979.htm) , già indagato per frode fiscale, che ha detto di «non avere memoria del conto».
SERRA: «CONTO TRASPARENTE». Il renziano Davide Serra, residente a Londra, invece ha detto che il suo conto «è in totale trasparenza e in accordo con il fisco inglese».
Silenzio tra i vip coinvolti. Tra questi non sono arrivati commenti dalla scrittrice Ludina Barzini (7 milioni) così come da Stefania Sandrelli e Ornella Vanoni.
RITORNA STRACQUADANIO. Tra i nomi emersi anche que
llo di Giorgio Stracquadanio, politico di Forza Italia, morto nel 2014 e molto legato a Marcello Dell'Utri. Sul suo conto alla Hsbc aveva una disponibilità di 10,7 milioni di dollari. Al Corriere della Sera la sorella dell'ex deputato, Tiziana, giustifica così: «I soldi su quel conto sono un'eredita di mia madre, quel deposito non c'entra nulla con la politica».
DA TELECOM A BENETTON. Nella lista Falciani spunta anche il nome del presidente Telecom Giuseppe Recchi, che ha fatto sapere che il suo conto, chiuso nel 2004, rappresenta un investimento personale prontamente denunciato. Stesso discorso per l'amministratore delegato di Benetton Airoldi: «Sono investimenti effettuati tramite fiduciaria, legittimamente detenuti e regolarmente dichiarati in Italia».
Nella categoria ''smemorati'' l'Espresso ha messo anche Luigi Zunino, l'uomo d'affari costretto a ceder il controllo del suo gruppo immobiliare Risanamento: «Francamente non ricordo di avere mai avuto un conto alla Hsbc di Ginevra». Un conto che in realtà è stato aperto nel 1998 e chiuso nel 2002.
TORNA IL NOME DI GENOVESE. E, dalla Svizzera, sono emersi anche i nomi di 351 indiziati di voler nascondere le proprie ricchezze. Il più in vista e già noto alle cronache è il deputato del Pd Francantonio Genovese, arrestato a maggio del 2014, che nel 2005 avrebbe portato all'estero circa 16 milioni di euro.
Il nodo della questione, in questo caso, è l'ipotesi di una frode fiscale attraverso il sistema di polizze assicurative del gruppo Credit Suisse. All'esame delle autorità italiane ci sono un migliaio di polizze, che avrebbero permesso di occultare al fisco circa otto miliardi di euro
http://www.lettera43.it/cronaca/swissle ... 158458.htm
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
Si, ma si tratta solo di una banca. Hsbc. E le altre?
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
Servizio Pubblico, diretta streaming: “La banca criminale”
Ore : 21.10
http://tv.ilfattoquotidiano.it/servizio ... streaming/
“La banca criminale” è il titolo della nuova puntata di Servizio Pubblico, il programma di Michele Santoro in onda ogni giovedì alle 21.10 su La7 e in diretta streaming su ilfattoquotidiano.it
Hervé Falciani, l’ingegnere informatico italo-francese che ha lavorato per la banca privata di Ginevra HSBC, è per la prima volta ospite in studio e in diretta in un programma televisivo italiano. Falciani, che racconterà la sua storia, è il compilatore della lista (oltre 30mila nomi) che ha reso possibile il recupero di milioni di euro evasi dai cittadini di mezzo mondo. Dal 2009, l’ingegnere collabora con le polizie di diversi Paesi ed è anche autore del libro “La cassaforte degli evasori” (Chiarelettere), assieme al giornalista de “Il Sole 24 ore” Angelo Mincuzzi.
Ospiti in studio anche Daniela Santanché di Forza Italia, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, il giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella e l’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro.
Ore : 21.10
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Ospiti in studio anche Daniela Santanché di Forza Italia, il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, il giornalista del Corriere della Sera Gian Antonio Stella e l’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro.
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Re: LISTA FALCIANI ex funzionario della Hsbc
il Fatto 19.2.15
Falciani: “Ior, indagini bloccate dal Vaticano”
"IN ITALIA quello che si è fatto, è stato grazie agli agenti dei servizi, ma chi li ha fermati sono i loro superiori: tutti sapevano ai più alti livelli e quindi hanno avuto il tempo di reagire", ha detto Hervé Falciani, l’ingegnere informatico italo-francese che ha diffuso la lista di clienti della filiale di Ginevra di HSBC, in conferenza stampa in vista della partecipazione questa sera a Servizio Pubblico, su La7. Secondo Falciani a un certo punto "a Roma arrivò lo stop: i dati non si potevano analizzare. Era il 2011, il premier era Silvio Berlusconi. Renzi non può tenersi intorno la stessa gente come consiglieri, servono veri audit". Poi ha aperto il capitolo Ior: "Le investigazioni italiane sullo Ior furono fermate dal Vaticano: la Svizzera era disposta a collaborare, il Vaticano mise il suo veto. Io spero che questo messaggio sia un elemento di informazione perché oggi una persona importante, come è papa Francesco, può dare un esempio al mondo". Poi ha parlato della Grecia: "Non darò nomi o conti, spetta alla giustizia. Ma sulla frode fiscale in Grecia si può fare un colpo gigante", rispondendo a una domanda sui presunti conti nascosti della madre dell’ex premier greco Giorgios Papandreu.
Corriere 19.2.15 Prima pagina (sic!)
Come accogliere tutta la ricchezza della parola di Dio
Il conformismo e il chiudersi in un ghetto aprono all’ideologia
Ogni mistero deve restare tale anche dopo la sua rivelazione
di Jorge Mario “papa Francesco” Bergoglio
Nel 1984 papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, allora rettore del Colegio Máximo de San José a San Miguel (Argentina), scrisse alcune riflessioni che La Civiltà Cattolica ha recuperato e tradotto. Il Corriere ne presenta una anticipazione
Nella società moderna si può notare una crescente pluralizzazione della vita: specializzazione, divisione del lavoro, diversità di metodi. L’affluenza di metodi teologici diversi, del pluralismo interno alle discipline particolari, dei presupposti storici ed ermeneutici del contesto socioculturale configura, in teologia, il fenomeno del pluralismo, il quale non soltanto permette molte e diverse sintesi, ma anche, e di frequente, suggerisce una tentazione di carattere sincretistico: si fanno convivere e si mettono d’accordo conoscenze e postulati che derivano da ambiti diversi e finanche contrari. Su questa base si pone il problema di come si possa conservare la necessaria unità di confessione della fede accanto a un pluralismo coltivato con tanta profusione.
La soluzione di questo problema è esposta anche a esiti inadeguati. Da una parte, c’è l’errore di voler ridurre tutto a un denominatore comune, cosa che, in fondo, implica che la pluralità venga considerata una realtà negativa.
In questo caso, il primato assoluto delle forme di confessione della fede rispetto alla missione costante della loro traduzione sarebbe tale da generare uno spirito di reazione, di conformismo, di ghetto, di integrismo violento, sicché la teologia rinuncerebbe alla sua missione creativa. Se si seguisse questa opzione, verrebbe soppressa la necessaria differenza tra unità di confessione e legittima diversità di spiegazione teologica; ne risulterebbe un’unità morta, artificiale, opprimente e paralizzante rispetto all’impulso missionario. Le idee subentrano alle persone e si apre la strada all’ideologia.
Dall’altra parte, il pluralismo non sembra così inoffensivo e neutrale come alcuni lo considerano a prima vista. Se infatti giungesse a non preoccuparsi dell’unità della fede, questo comporterebbe la rinuncia alla verità, l’accontentarsi di prospettive parziali e unilaterali. Appellarsi alla legittimità del pluralismo come una rivendicazione costante potrebbe equivalere semplicemente a un facile espediente: quando, infatti, non sussiste alcuna relazione con l’estraneo, ci si accomoda nel proprio mondo e nei propri interessi particolari, ci si immunizza, ci si isola e si evita la competenza.
Il pluralismo risulta non meno nefasto quando dimentica i postulati scientifici e agisce, o reagisce, mosso esclusivamente da interessi sociali di carattere politico o di critica sistematica verso la Chiesa. Da questa posizione può derivare un atteggiamento sfrenato e capriccioso, una tirannia di forze che aspira soltanto a imporre il proprio punto di vista. Si scade nella chiusura e nella polarizzazione teologica. Resta dunque aperta la questione dei percorsi di un pluralismo adeguato, in cui la fede non cada nei lacci di un pluralismo smisurato, né di un becero conformismo. Qual è, dunque, la forma cristiana di unità? [...]
Von Balthasar elabora due criteri sui quali egli incentrerà la sua riflessione circa la possibilità di un pluralismo ecclesiale: il criterio di prossimità e il criterio di massimalità.
Il criterio di prossimità comporta che qualsiasi mistero resti tale anche dopo che sia stato rivelato. Il mistero non è «controllabile», come vorrebbe la fantasticheria di tutte le gnosi che — ansiose di controllarlo e, d’altra parte, dovendo mantenere in questo controllo un qualche aspetto misterico — traspongono il mistero nel controllo dei riti d’iniziazione. La stessa cosa accade sul piano umano della comprensione del prossimo: «L’intesa interpersonale, nella sua dialettica tra com-prendere e lasciare-libero [...] è senza dubbio il luogo privilegiato per la comprensione di quello che può essere la rivelazione divina in Gesù Cristo. [...] La comprensione della fede conosce innumerevoli gradi di profondità, il che non vuol dire che il mistero possa essere dissolto successivamente e mutato in concetti misteriosi. Da una simile illusione ci preserverà lo stesso nostro rapporto interpersonale: la conoscenza della sfera personale di un altro uomo ci introduce più profondamente negli spazi incondizionati della sua libertà; ma, invece di diminuire, essa cresce in noi, e noi cresciamo dentro di essa».
Poiché qualsiasi prossimità è un avvicinamento di ciò che mi trascende, è essa stessa a liberare la capacità interpellante di qualunque testo. Non si tratta più della contrapposizione «o lettera o spirito», ma di un’apertura del cuore che giunge a scoprire lo Spirito che c’è in ogni testo rivelato. [...] Nel Vangelo, la prossimità per eccellenza, che è quella del Dio incarnato, si esprime nel genere della parabola: il buon samaritano.
In questa parabola si coglie l’atteggiamento di «passare alla larga» [...]. Esso rende possibile confondere una persona che invoca nel suo stato di necessità con un impaccio qualsiasi: una confusione costruita dalla sufficienza.
Vi si coglie anche l’altro atteggiamento, quello di colui che «si avvicina» mosso dalla misericordia, «si fa prossimo»; perché qualsiasi miseria ha qualcosa di pudico e si nasconde, e per comprenderla, è necessario «farsi prossimo» ad essa. La prossimità acquista la sua pienezza nella synkatabasis del Verbo, che si fa prossimo. Allora, l’ultima parola di Dio, il Verbo incarnato, trascende ormai l’ambito della rivelazione e dell’indottrinamento (lo presuppone) e si esplicita in partecipazione e comunione.
Questo, più che parola e azione, vuol dire sofferenza, e pertanto l’«abbandono di Dio» fino alla discesa agli inferi. Nel criterio di prossimità, reso eminente in Gesù Cristo, c’è la realtà di Dio espressa sub contrario; e ciò tocca tutti gli organi e i gesti della Parola divina, tutta la Chiesa, compresa la riflessione teologica. La prossimità, condotta a questo grado che si esprime in Cristo, è istituzione, è logica teologica, ma non panteismo diffuso.
L’altro criterio utilizzato da von Balthasar, la massimalità, nasce da qui, e costituisce un criterio universale e sufficiente nei limiti del quale il pluralismo teologico è ammissibile. [...] La massimalità dell’amore di Dio va accettata, ma così come si trova in Gesù Cristo: nella povertà e nell’umiliazione volute da Dio, che l’uomo non può respingere con il pretesto che si raffigurava la maestà divina in un altro modo, vale a dire come collocata esclusivamente nel cielo. In questo senso, possiamo dire che il criterio di massimalità si può intendere come l’eminente esplicitazione del criterio di prossimità.
Per dirla in forma negativa, con parole dello stesso von Balthasar, «tutte le volte che nella spiegazione del mistero sembra che un aspetto risplenda in modo veramente razionale, e che quindi il carattere misterico (che indica la “radicale diversità” di Dio, la sua divinità, che lo distingue da tutto e da tutti) è stato parzialmente respinto, per dare libera espressione a una visione terrena che si può abbracciare con l’occhio umano, lì c’è eresia, o per lo meno si sono oltrepassati i limiti della legittima pluralità teologica».
Allora il mistero è stato addomesticato, lo si è allontanato, lo si è minimizzato con un atto che non è intellectus fidei , ma piuttosto intellectus rationis humanae . Allora non ci sono più dogma o riflessione teologica, bensì idea e ideologia. Come dicevamo sopra, infatti, in questo tipo di ideologie plasmate attraverso la categorizzazione del mistero esiste una dimensione che diventa una sorta di caricatura del mistero, una dimensione misterica che lo avvicina a una gnosi.
Resta aperta la problematica della relazione ideologia-gnosi, che tocca la questione del pluralismo. Essa rende possibile definire ogni cattivo pluralismo teologico come un monismo gnostico con pretese programmatiche. Riguardo a questo, i fondamentalismi attuali possono essere citati come esponenti del genere.
Il criterio di massimalità, come espressione più compiuta del criterio di prossimità, renderà possibile un reale pluralismo teologico: infatti richiede un massimo di unità nel corpo di Cristo che è la Chiesa, insieme a un massimo di differenza tra i suoi membri. Il segno sarà l’unanimità nell’espressione plurale.
Un cattivo approccio al pluralismo significa il contrario di questa verità. Implica che non siamo capaci di sopportare l’unità superiore, di cui — attraverso la sua missione e la sua grazia — noi siamo soltanto un frammento, sicché l’unità resta spostata dal tutto alla parte, e così cadiamo nelle ideologie proprie dell’uomo unidimensionale, che si erge a «signore» della verità. L’unità superiore implica che si sopportino tensioni e conflitti, i quali, secondo von Balthasar, possono mostrarsi come dissonanze, che tuttavia non vanno mai confuse con la cacofonia del monismo gnostico.
Queste tensioni sono il «luogo bellico» del Vangelo, e l’unità superiore a cui aspiriamo — unità in cui si risolvono in maniera qualitativamente diversa le tensioni — è quella che ci costituisce in creature, in servi; è quella che ci dà un riferimento alla nostra identità. Essa, in definitiva, è appartenenza a un corpo al quale siamo chiamati, e ci trascende e ci consolida come credenti.
[...] L’autentico pluralismo deve essere cosciente di essere parte, e mai il tutto. Il teologo deve fare tutto il possibile affinché la sua verità trovi posto nello spazio dell’unica Chiesa. D’altra parte, la comunione della Chiesa può essere garantita soltanto se essa si esprime chiaramente nella dinamica concreta della riflessione teologica. E qui entrano in gioco tre elementi decisivi: il riferimento costante alla Sacra Scrittura come fondamento; la conoscenza delle grandi tradizioni cristiane; la comprensione attuale dell’uomo e del mondo.
[...] La tensione tra pluralità e unità non soltanto non si può risolvere accentuando una delle parti e spostando verso di essa il polo di sintesi, ma non si può risolvere nemmeno ecclesialmente, tentando una sorta di equilibrio tra le autonomie delle parzialità, la cui formalità unitiva risulterebbe il sincretismo. In questo caso, si otterrebbe soltanto una caricatura del vero pluralismo, e le opzioni ispirate nel contesto di un simile atteggiamento sincretistico potrebbero riuscire utili soltanto per il «momento», ma non per il «tempo», perché manca loro la capacità di apportare armonia a qualsiasi processo e a qualsiasi accrescimento.
E in concreto, tali soluzioni mancano di armonia cristiana, in quanto, facendo del sincretismo su questo piano, si ottiene un compromesso di parzialità autonome secondo un equilibrio concordato, ma non si assume, né si esprime, quell’armonia cristiana che si raggiunge soltanto passando attraverso la croce. Sopravvive una sorta di asintoto che porta a tendere, senza raggiungerla, verso una federazione di autonomie che pretende di simboleggiare l’unità. L’unità di confessione ci invita a non diluire la ricchezza originale della parola di Dio nelle sue differenze, e a respingere la pretesa di fare noi le sintesi perfette e controllabili.
Partecipare all’unità di confessione implica accettare di appartenere, e quindi assumere tutte le conseguenze dell’appartenenza che questo tipo di unità comporta, in noi, dal punto di vista ecclesiale. È tutta la Chiesa a possedere tutta la verità di fede, ed è possibile partecipare di questa totalità soltanto nella misura in cui l’appartenenza ecclesiale risulta totale.
Falciani: “Ior, indagini bloccate dal Vaticano”
"IN ITALIA quello che si è fatto, è stato grazie agli agenti dei servizi, ma chi li ha fermati sono i loro superiori: tutti sapevano ai più alti livelli e quindi hanno avuto il tempo di reagire", ha detto Hervé Falciani, l’ingegnere informatico italo-francese che ha diffuso la lista di clienti della filiale di Ginevra di HSBC, in conferenza stampa in vista della partecipazione questa sera a Servizio Pubblico, su La7. Secondo Falciani a un certo punto "a Roma arrivò lo stop: i dati non si potevano analizzare. Era il 2011, il premier era Silvio Berlusconi. Renzi non può tenersi intorno la stessa gente come consiglieri, servono veri audit". Poi ha aperto il capitolo Ior: "Le investigazioni italiane sullo Ior furono fermate dal Vaticano: la Svizzera era disposta a collaborare, il Vaticano mise il suo veto. Io spero che questo messaggio sia un elemento di informazione perché oggi una persona importante, come è papa Francesco, può dare un esempio al mondo". Poi ha parlato della Grecia: "Non darò nomi o conti, spetta alla giustizia. Ma sulla frode fiscale in Grecia si può fare un colpo gigante", rispondendo a una domanda sui presunti conti nascosti della madre dell’ex premier greco Giorgios Papandreu.
Corriere 19.2.15 Prima pagina (sic!)
Come accogliere tutta la ricchezza della parola di Dio
Il conformismo e il chiudersi in un ghetto aprono all’ideologia
Ogni mistero deve restare tale anche dopo la sua rivelazione
di Jorge Mario “papa Francesco” Bergoglio
Nel 1984 papa Francesco, Jorge Mario Bergoglio, allora rettore del Colegio Máximo de San José a San Miguel (Argentina), scrisse alcune riflessioni che La Civiltà Cattolica ha recuperato e tradotto. Il Corriere ne presenta una anticipazione
Nella società moderna si può notare una crescente pluralizzazione della vita: specializzazione, divisione del lavoro, diversità di metodi. L’affluenza di metodi teologici diversi, del pluralismo interno alle discipline particolari, dei presupposti storici ed ermeneutici del contesto socioculturale configura, in teologia, il fenomeno del pluralismo, il quale non soltanto permette molte e diverse sintesi, ma anche, e di frequente, suggerisce una tentazione di carattere sincretistico: si fanno convivere e si mettono d’accordo conoscenze e postulati che derivano da ambiti diversi e finanche contrari. Su questa base si pone il problema di come si possa conservare la necessaria unità di confessione della fede accanto a un pluralismo coltivato con tanta profusione.
La soluzione di questo problema è esposta anche a esiti inadeguati. Da una parte, c’è l’errore di voler ridurre tutto a un denominatore comune, cosa che, in fondo, implica che la pluralità venga considerata una realtà negativa.
In questo caso, il primato assoluto delle forme di confessione della fede rispetto alla missione costante della loro traduzione sarebbe tale da generare uno spirito di reazione, di conformismo, di ghetto, di integrismo violento, sicché la teologia rinuncerebbe alla sua missione creativa. Se si seguisse questa opzione, verrebbe soppressa la necessaria differenza tra unità di confessione e legittima diversità di spiegazione teologica; ne risulterebbe un’unità morta, artificiale, opprimente e paralizzante rispetto all’impulso missionario. Le idee subentrano alle persone e si apre la strada all’ideologia.
Dall’altra parte, il pluralismo non sembra così inoffensivo e neutrale come alcuni lo considerano a prima vista. Se infatti giungesse a non preoccuparsi dell’unità della fede, questo comporterebbe la rinuncia alla verità, l’accontentarsi di prospettive parziali e unilaterali. Appellarsi alla legittimità del pluralismo come una rivendicazione costante potrebbe equivalere semplicemente a un facile espediente: quando, infatti, non sussiste alcuna relazione con l’estraneo, ci si accomoda nel proprio mondo e nei propri interessi particolari, ci si immunizza, ci si isola e si evita la competenza.
Il pluralismo risulta non meno nefasto quando dimentica i postulati scientifici e agisce, o reagisce, mosso esclusivamente da interessi sociali di carattere politico o di critica sistematica verso la Chiesa. Da questa posizione può derivare un atteggiamento sfrenato e capriccioso, una tirannia di forze che aspira soltanto a imporre il proprio punto di vista. Si scade nella chiusura e nella polarizzazione teologica. Resta dunque aperta la questione dei percorsi di un pluralismo adeguato, in cui la fede non cada nei lacci di un pluralismo smisurato, né di un becero conformismo. Qual è, dunque, la forma cristiana di unità? [...]
Von Balthasar elabora due criteri sui quali egli incentrerà la sua riflessione circa la possibilità di un pluralismo ecclesiale: il criterio di prossimità e il criterio di massimalità.
Il criterio di prossimità comporta che qualsiasi mistero resti tale anche dopo che sia stato rivelato. Il mistero non è «controllabile», come vorrebbe la fantasticheria di tutte le gnosi che — ansiose di controllarlo e, d’altra parte, dovendo mantenere in questo controllo un qualche aspetto misterico — traspongono il mistero nel controllo dei riti d’iniziazione. La stessa cosa accade sul piano umano della comprensione del prossimo: «L’intesa interpersonale, nella sua dialettica tra com-prendere e lasciare-libero [...] è senza dubbio il luogo privilegiato per la comprensione di quello che può essere la rivelazione divina in Gesù Cristo. [...] La comprensione della fede conosce innumerevoli gradi di profondità, il che non vuol dire che il mistero possa essere dissolto successivamente e mutato in concetti misteriosi. Da una simile illusione ci preserverà lo stesso nostro rapporto interpersonale: la conoscenza della sfera personale di un altro uomo ci introduce più profondamente negli spazi incondizionati della sua libertà; ma, invece di diminuire, essa cresce in noi, e noi cresciamo dentro di essa».
Poiché qualsiasi prossimità è un avvicinamento di ciò che mi trascende, è essa stessa a liberare la capacità interpellante di qualunque testo. Non si tratta più della contrapposizione «o lettera o spirito», ma di un’apertura del cuore che giunge a scoprire lo Spirito che c’è in ogni testo rivelato. [...] Nel Vangelo, la prossimità per eccellenza, che è quella del Dio incarnato, si esprime nel genere della parabola: il buon samaritano.
In questa parabola si coglie l’atteggiamento di «passare alla larga» [...]. Esso rende possibile confondere una persona che invoca nel suo stato di necessità con un impaccio qualsiasi: una confusione costruita dalla sufficienza.
Vi si coglie anche l’altro atteggiamento, quello di colui che «si avvicina» mosso dalla misericordia, «si fa prossimo»; perché qualsiasi miseria ha qualcosa di pudico e si nasconde, e per comprenderla, è necessario «farsi prossimo» ad essa. La prossimità acquista la sua pienezza nella synkatabasis del Verbo, che si fa prossimo. Allora, l’ultima parola di Dio, il Verbo incarnato, trascende ormai l’ambito della rivelazione e dell’indottrinamento (lo presuppone) e si esplicita in partecipazione e comunione.
Questo, più che parola e azione, vuol dire sofferenza, e pertanto l’«abbandono di Dio» fino alla discesa agli inferi. Nel criterio di prossimità, reso eminente in Gesù Cristo, c’è la realtà di Dio espressa sub contrario; e ciò tocca tutti gli organi e i gesti della Parola divina, tutta la Chiesa, compresa la riflessione teologica. La prossimità, condotta a questo grado che si esprime in Cristo, è istituzione, è logica teologica, ma non panteismo diffuso.
L’altro criterio utilizzato da von Balthasar, la massimalità, nasce da qui, e costituisce un criterio universale e sufficiente nei limiti del quale il pluralismo teologico è ammissibile. [...] La massimalità dell’amore di Dio va accettata, ma così come si trova in Gesù Cristo: nella povertà e nell’umiliazione volute da Dio, che l’uomo non può respingere con il pretesto che si raffigurava la maestà divina in un altro modo, vale a dire come collocata esclusivamente nel cielo. In questo senso, possiamo dire che il criterio di massimalità si può intendere come l’eminente esplicitazione del criterio di prossimità.
Per dirla in forma negativa, con parole dello stesso von Balthasar, «tutte le volte che nella spiegazione del mistero sembra che un aspetto risplenda in modo veramente razionale, e che quindi il carattere misterico (che indica la “radicale diversità” di Dio, la sua divinità, che lo distingue da tutto e da tutti) è stato parzialmente respinto, per dare libera espressione a una visione terrena che si può abbracciare con l’occhio umano, lì c’è eresia, o per lo meno si sono oltrepassati i limiti della legittima pluralità teologica».
Allora il mistero è stato addomesticato, lo si è allontanato, lo si è minimizzato con un atto che non è intellectus fidei , ma piuttosto intellectus rationis humanae . Allora non ci sono più dogma o riflessione teologica, bensì idea e ideologia. Come dicevamo sopra, infatti, in questo tipo di ideologie plasmate attraverso la categorizzazione del mistero esiste una dimensione che diventa una sorta di caricatura del mistero, una dimensione misterica che lo avvicina a una gnosi.
Resta aperta la problematica della relazione ideologia-gnosi, che tocca la questione del pluralismo. Essa rende possibile definire ogni cattivo pluralismo teologico come un monismo gnostico con pretese programmatiche. Riguardo a questo, i fondamentalismi attuali possono essere citati come esponenti del genere.
Il criterio di massimalità, come espressione più compiuta del criterio di prossimità, renderà possibile un reale pluralismo teologico: infatti richiede un massimo di unità nel corpo di Cristo che è la Chiesa, insieme a un massimo di differenza tra i suoi membri. Il segno sarà l’unanimità nell’espressione plurale.
Un cattivo approccio al pluralismo significa il contrario di questa verità. Implica che non siamo capaci di sopportare l’unità superiore, di cui — attraverso la sua missione e la sua grazia — noi siamo soltanto un frammento, sicché l’unità resta spostata dal tutto alla parte, e così cadiamo nelle ideologie proprie dell’uomo unidimensionale, che si erge a «signore» della verità. L’unità superiore implica che si sopportino tensioni e conflitti, i quali, secondo von Balthasar, possono mostrarsi come dissonanze, che tuttavia non vanno mai confuse con la cacofonia del monismo gnostico.
Queste tensioni sono il «luogo bellico» del Vangelo, e l’unità superiore a cui aspiriamo — unità in cui si risolvono in maniera qualitativamente diversa le tensioni — è quella che ci costituisce in creature, in servi; è quella che ci dà un riferimento alla nostra identità. Essa, in definitiva, è appartenenza a un corpo al quale siamo chiamati, e ci trascende e ci consolida come credenti.
[...] L’autentico pluralismo deve essere cosciente di essere parte, e mai il tutto. Il teologo deve fare tutto il possibile affinché la sua verità trovi posto nello spazio dell’unica Chiesa. D’altra parte, la comunione della Chiesa può essere garantita soltanto se essa si esprime chiaramente nella dinamica concreta della riflessione teologica. E qui entrano in gioco tre elementi decisivi: il riferimento costante alla Sacra Scrittura come fondamento; la conoscenza delle grandi tradizioni cristiane; la comprensione attuale dell’uomo e del mondo.
[...] La tensione tra pluralità e unità non soltanto non si può risolvere accentuando una delle parti e spostando verso di essa il polo di sintesi, ma non si può risolvere nemmeno ecclesialmente, tentando una sorta di equilibrio tra le autonomie delle parzialità, la cui formalità unitiva risulterebbe il sincretismo. In questo caso, si otterrebbe soltanto una caricatura del vero pluralismo, e le opzioni ispirate nel contesto di un simile atteggiamento sincretistico potrebbero riuscire utili soltanto per il «momento», ma non per il «tempo», perché manca loro la capacità di apportare armonia a qualsiasi processo e a qualsiasi accrescimento.
E in concreto, tali soluzioni mancano di armonia cristiana, in quanto, facendo del sincretismo su questo piano, si ottiene un compromesso di parzialità autonome secondo un equilibrio concordato, ma non si assume, né si esprime, quell’armonia cristiana che si raggiunge soltanto passando attraverso la croce. Sopravvive una sorta di asintoto che porta a tendere, senza raggiungerla, verso una federazione di autonomie che pretende di simboleggiare l’unità. L’unità di confessione ci invita a non diluire la ricchezza originale della parola di Dio nelle sue differenze, e a respingere la pretesa di fare noi le sintesi perfette e controllabili.
Partecipare all’unità di confessione implica accettare di appartenere, e quindi assumere tutte le conseguenze dell’appartenenza che questo tipo di unità comporta, in noi, dal punto di vista ecclesiale. È tutta la Chiesa a possedere tutta la verità di fede, ed è possibile partecipare di questa totalità soltanto nella misura in cui l’appartenenza ecclesiale risulta totale.
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