G R E C I A
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Re: G R E C I A
Vuoi vedere che alla fine i soldi ai "comunisti" greci li presterà lo zio Tom?
Secondo me Obama finirà per agire a favore della Grecia, temendo che possa entrare nell'orbita di Mosca...
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Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: G R E C I A
Si sostiene che non si può concedere nessuno sconto alla Grecia perché tra l'altro creerebbe un precedente,
ma... il precedente c'è già: quello della Germania nel 1953 e successivamente alla riunificazione delle due Germanie.
ma... il precedente c'è già: quello della Germania nel 1953 e successivamente alla riunificazione delle due Germanie.
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Re: G R E C I A
Accordo sui debiti esteri germanici
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Hermann Josef Abs firma l'accordo sul debito di Londra il 27 febbraio 1953.
L'accordo sui debiti esteri germanici, noto anche come accordo sul debito di Londra (in tedesco rispettivamente Abkommen über deutsche Auslandsschulden e Londoner Schuldenabkommen, in inglese Agreement on German External Debts e London Debt Agreement), è stato un trattato di parziale cancellazione del debito firmato a Londra il 27 febbraio 1953 tra la Repubblica Federale di Germania da una parte e Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia dall'altra.
I negoziati durarono dal 27 febbraio all'8 agosto 1953[1].
Il trattato, ratificato il 24 agosto 1953, impegnava il governo della Repubblica federale di Germania sotto il cancelliere Konrad Adenauer a rimborsare i debiti esterni contratti dal governo tedesco tra il 1919 e il 1945[1] ed era accoppiato al concordato sul rimborso parziale dei debiti di guerra alle tre potenze occidentali occupanti.
Vennero prese in considerazione le esigenze di 70 Stati, 21 dei quali provenienti direttamente dai partecipanti ai negoziati e firmatari del contratto; i Paesi del blocco orientale non vennero coinvolti e le loro richieste furono ignorate.
Il totale in fase di negoziazione ammontava a 16 miliardi di marchi di debiti degli anni 1920 inadempiuti negli anni 1930, ma che la Germania decise di rimborsare per ristabilire la sua reputazione.
Questa somma di denaro venne pagata ai governi e alle banche private di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.
Altri 16 miliardi di marchi erano rappresentati da prestiti del dopoguerra dagli Stati Uniti. Sotto la negoziazione di Hermann Josef Abs, la delegazione tedesca raggiunse un elevato livello di riduzione del debito: con l'accordo di Londra infatti l'importo da rimborsare fu ridotto del 50% a circa 15 miliardi di marchi e dilazionato in più di 30 anni, il che, rispetto alla rapida crescita dell'economia tedesca, ha avuto un minore impatto[2].
L'accordo contribuì in modo significativo alla crescita del secondo dopoguerra dell'economia tedesca e al riemergere della Germania come potenza mondiale economica e permise alla Germania di entrare in istituzioni economiche internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio.
L'accordo normava anche i debiti delle riparazioni della Seconda Guerra Mondiale e questi vennero messi in correlazione con la riunificazione tedesca (evento che nel 1953 sembrava lontano e non certo).
Venne stabilito che i debiti sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania.
Quando nel 1990 questo evento si verificò i suddetti debiti vennero quasi totalmente cancellati, questo per permettere al nuovo stato di gestire una costosa e difficile riunificazione.[3]
Del totale rimasero operative solo delle obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di Marchi Tedeschi che vennero pagati a rate.
Il 3 ottobre 2010 la Germania terminò di rimborsare i debiti imposti dal trattato[4] con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro[5].
Dopo la fine della guerra fredda, tra il 1991 e il 1998 vennero firmati degli accordi bilaterali di compensazione - simili a quelli degli anni '60 con i paesi occidentali[6] - con la Polonia, la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania.
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Hermann Josef Abs firma l'accordo sul debito di Londra il 27 febbraio 1953.
L'accordo sui debiti esteri germanici, noto anche come accordo sul debito di Londra (in tedesco rispettivamente Abkommen über deutsche Auslandsschulden e Londoner Schuldenabkommen, in inglese Agreement on German External Debts e London Debt Agreement), è stato un trattato di parziale cancellazione del debito firmato a Londra il 27 febbraio 1953 tra la Repubblica Federale di Germania da una parte e Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia dall'altra.
I negoziati durarono dal 27 febbraio all'8 agosto 1953[1].
Il trattato, ratificato il 24 agosto 1953, impegnava il governo della Repubblica federale di Germania sotto il cancelliere Konrad Adenauer a rimborsare i debiti esterni contratti dal governo tedesco tra il 1919 e il 1945[1] ed era accoppiato al concordato sul rimborso parziale dei debiti di guerra alle tre potenze occidentali occupanti.
Vennero prese in considerazione le esigenze di 70 Stati, 21 dei quali provenienti direttamente dai partecipanti ai negoziati e firmatari del contratto; i Paesi del blocco orientale non vennero coinvolti e le loro richieste furono ignorate.
Il totale in fase di negoziazione ammontava a 16 miliardi di marchi di debiti degli anni 1920 inadempiuti negli anni 1930, ma che la Germania decise di rimborsare per ristabilire la sua reputazione.
Questa somma di denaro venne pagata ai governi e alle banche private di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna.
Altri 16 miliardi di marchi erano rappresentati da prestiti del dopoguerra dagli Stati Uniti. Sotto la negoziazione di Hermann Josef Abs, la delegazione tedesca raggiunse un elevato livello di riduzione del debito: con l'accordo di Londra infatti l'importo da rimborsare fu ridotto del 50% a circa 15 miliardi di marchi e dilazionato in più di 30 anni, il che, rispetto alla rapida crescita dell'economia tedesca, ha avuto un minore impatto[2].
L'accordo contribuì in modo significativo alla crescita del secondo dopoguerra dell'economia tedesca e al riemergere della Germania come potenza mondiale economica e permise alla Germania di entrare in istituzioni economiche internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio.
L'accordo normava anche i debiti delle riparazioni della Seconda Guerra Mondiale e questi vennero messi in correlazione con la riunificazione tedesca (evento che nel 1953 sembrava lontano e non certo).
Venne stabilito che i debiti sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania.
Quando nel 1990 questo evento si verificò i suddetti debiti vennero quasi totalmente cancellati, questo per permettere al nuovo stato di gestire una costosa e difficile riunificazione.[3]
Del totale rimasero operative solo delle obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di Marchi Tedeschi che vennero pagati a rate.
Il 3 ottobre 2010 la Germania terminò di rimborsare i debiti imposti dal trattato[4] con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro[5].
Dopo la fine della guerra fredda, tra il 1991 e il 1998 vennero firmati degli accordi bilaterali di compensazione - simili a quelli degli anni '60 con i paesi occidentali[6] - con la Polonia, la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania.
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Re: G R E C I A
Tutta la storia dei debiti di guerra della Germania che Tsipras vuole indietro
Alexis Tsipras torna sulla questione dei 162 miliardi di euro di danni di guerra mai pagati dalla Germania alla Grecia
GIOVANNI DROGO martedì 10 febbraio 2015 11:20
Alexis Tsipras nei giorni scorsi ha ripetuto un concetto che ha spesso utilizzato durante la campagna elettorale che ha dato a Syriza la vittoria alle elezioni politiche in Grecia. Il discorso di Tsipras è molto semplice e segue la linea di attacchi provocatori ai tedeschi tracciata dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis che la settimana scorsa aveva detto “La Germania sa bene che cosa può succedere quando si scoraggia troppo a lungo una nazione orgogliosa e la si espone a trattative e preoccupazioni di una crisi del debito deflattiva, senza luce alla fine del tunnel: questa nazione prima o poi fermenta” con un chiaro riferimento a quanto successo in Germania dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Secondo Tsipras invece la Grecia può e deve chiedere alla Germania il risarcimento dei danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale da parte della Germania Nazista.
IL DOSSIER SUL DEBITO DELLA GERMANIA
Non è la prima volta che la Grecia tira fuori la questione delle riparazioni dei danni di guerra non pagati dalla Germania. Già nel 2013 il Governo greco all’epoca presieduto da Antonis Samaras aveva avanzato una richiesta di risarcimento alla Germania sulla base delle conclusioni di un rapporto redatto da una commissione di esperti su richiesta del Ministro delle Finanze. Secondo quel rapporto l’ammontare della cifra che la Germania non ha pagato e che quindi ancora spetta al popolo greco è di circa 162 miliardi di euro, pari all’80% del PIL greco e a metà del debito pubblico. L’atteggiamento della Grecia però, pur con alcuni fondamenti storici non ha molti appigli legali se andiamo a ripercorrere la storia degli accordi tra la Germania e i paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale.
Chi detiene il debito pubblico della Grecia (Corriere della Sera, 5 gennaio 2015)
CHE FINE HANNO FATTO I DEBITI DI GUERRA TEDESCHI
Per Tsipras la richiesta è un “obbligo morale” che i greci di oggi hanno nei confronti di tutti coloro che hanno dato la loro vita per sconfiggere il Terzo Reich e libera la Grecia e l’Europa dalla dominazione nazista. Il riferimento storico è al “prestito” di 476 milioni di Reichsmark (circa 11 miliardi di euro attuali) che la Banca centrale greca fu costretta a versare nelle casse del Reich in seguito all’occupazione nazifascista e, naturalmente, alle riparazioni di guerra per i danni subiti durante i quattro anni di occupazione tedesca dall’aprile 1941 fino all’ottobre 1944. Il prestito che i greci furono costretti a concedere al Reich servì per ripagare i costi dell’occupazione nazista della Grecia (in pratica il popolo greco pagò di tasca sua l’invasione della propria nazione) e non venne mai restituito. Dopo la fine della guerra con la Conferenza di Pace di Parigi la Germania fu costretta a versare alla Grecia una compensazione sia in termini monetari sia in termini di trasferimento di mezzi e materiali industriali. Con la successiva firma dei Trattati di Parigi nel 1947 la Grecia ottenne un risarcimento in denaro da parte delle altre potenze dell’Asse (in particolare Italia e Bulgaria). Dopo un accordo siglato nel 1960 la Germania versò alla Grecia 115 milioni di marchi come ulteriore compensazione per le vittime dell’occupazione nazista. Ma il problema principale, per Alexis Tsipras, è quanto stabilito nel 1953 alla conferenza di Londra per la riduzione dei debiti contratti dalla Germania tra il 1919 e il 1945. Alla conferenza presero parte la Germania Ovest e tutte le potenze occidentali che vantavano un credito nei confronti dei tedeschi. Come risultato delle trattative venne deciso di ridurre del 50% i debiti di guerra (dilazionati in trent’anni) della Germania derivanti dal trattato di Versailles. Per quanto riguarda i debiti contratti in seguito alla sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale venne stabilito che sarebbero stati congelati fino alla (ipotesi remota all’epoca) riunificazione della Germania. Quando la riunificazione accadde davvero, nel 1990 quindi il debito venne quasi completamente estinto. A sancire la conclusione dei contenziosi tra la Germania unificata e le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale venne firmato il “trattato 2 + 4″ ovvero il Trattato sulla risoluzione dei contenziosi con la Germania. Questo accordo venne firmato dalle quattro potenze occupanti (Unione Sovietica, USA, Regno Unito e Francia) e le due Germania (DDR e Repubblica Federale). Ed è proprio a questo documento (approvato all’epoca anche dalla Grecia) che ha fatto riferimento il vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel dicendo che le probabilità che la Germania possa ripagare i debiti di guerra alla Grecia sono “pari a zero”.
CHE POSSIBILITÀ CI SONO?
Le possibilità che la Germania finisca di ripagare i danni di guerra alla Grecia sono davvero pari a zero? La risposta è sì. Con il pagamento dell’ultima tranche del 1960 e il trattato del 1990 la Germania ha finito di pagare i debiti che aveva con la Grecia in seguito all’occupazione nazista. Per questo motivo il discorso di Tsipras sui debiti di guerra da risarcire assume un senso più politico che economico. Resta in piedi solo il prestito forzato da 11 miliardi di euro che la Grecia ha dovuto concedere alla Germania. Come ha fatto notare qualche tempo fa Tim Worstall su Forbes. Se il prestito venisse considerato un danno di guerra (ad esempio se venisse dimostrato che il denaro venne sostanzialmente rubato dai nazisti) allora non dovrebbe essere ripagato, perché appunto la questione si è conclusa con il trattato del 1990. Se invece venisse considerato un prestito allora ci sarebbe qualche appiglio legale per pretenderne la restituzione. Ma converrebbe alla Grecia? Immaginando che si tratti di un prestito a interessi zero la cifra da restituire sarebbe intorno agli 11 miliardi di euro (con un tasso d’interesse del 3% su 70 siamo invece intorno ai 95 miliardi). Incassare quel denaro non cambierebbe di molto la situazione del debito greco ma creerebbe invece un pericoloso precedente perché i prestiti forzati era una prassi consolidata durante la dominazione nazista dell’Europa. Alexis Tsipras ha ragione a ricordare che c’è stato un periodo in cui tutti abbiamo pagato per i danni che la Germania ha causato all’Europa, ed è un buon argomento per far capire che come in passato è stata aiutata la Germania a rialzarsi ora è tempo di aiutare la Grecia a farlo. Ma non ha senso pensare che i tedeschi di oggi possano essere ritenuti responsabili di quanto fatto dai tedeschi di sett’anni fa.
http://www.nextquotidiano.it/perche-la- ... la-grecia/
Alexis Tsipras torna sulla questione dei 162 miliardi di euro di danni di guerra mai pagati dalla Germania alla Grecia
GIOVANNI DROGO martedì 10 febbraio 2015 11:20
Alexis Tsipras nei giorni scorsi ha ripetuto un concetto che ha spesso utilizzato durante la campagna elettorale che ha dato a Syriza la vittoria alle elezioni politiche in Grecia. Il discorso di Tsipras è molto semplice e segue la linea di attacchi provocatori ai tedeschi tracciata dal ministro delle Finanze Yanis Varoufakis che la settimana scorsa aveva detto “La Germania sa bene che cosa può succedere quando si scoraggia troppo a lungo una nazione orgogliosa e la si espone a trattative e preoccupazioni di una crisi del debito deflattiva, senza luce alla fine del tunnel: questa nazione prima o poi fermenta” con un chiaro riferimento a quanto successo in Germania dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Secondo Tsipras invece la Grecia può e deve chiedere alla Germania il risarcimento dei danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale da parte della Germania Nazista.
IL DOSSIER SUL DEBITO DELLA GERMANIA
Non è la prima volta che la Grecia tira fuori la questione delle riparazioni dei danni di guerra non pagati dalla Germania. Già nel 2013 il Governo greco all’epoca presieduto da Antonis Samaras aveva avanzato una richiesta di risarcimento alla Germania sulla base delle conclusioni di un rapporto redatto da una commissione di esperti su richiesta del Ministro delle Finanze. Secondo quel rapporto l’ammontare della cifra che la Germania non ha pagato e che quindi ancora spetta al popolo greco è di circa 162 miliardi di euro, pari all’80% del PIL greco e a metà del debito pubblico. L’atteggiamento della Grecia però, pur con alcuni fondamenti storici non ha molti appigli legali se andiamo a ripercorrere la storia degli accordi tra la Germania e i paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale.
Chi detiene il debito pubblico della Grecia (Corriere della Sera, 5 gennaio 2015)
CHE FINE HANNO FATTO I DEBITI DI GUERRA TEDESCHI
Per Tsipras la richiesta è un “obbligo morale” che i greci di oggi hanno nei confronti di tutti coloro che hanno dato la loro vita per sconfiggere il Terzo Reich e libera la Grecia e l’Europa dalla dominazione nazista. Il riferimento storico è al “prestito” di 476 milioni di Reichsmark (circa 11 miliardi di euro attuali) che la Banca centrale greca fu costretta a versare nelle casse del Reich in seguito all’occupazione nazifascista e, naturalmente, alle riparazioni di guerra per i danni subiti durante i quattro anni di occupazione tedesca dall’aprile 1941 fino all’ottobre 1944. Il prestito che i greci furono costretti a concedere al Reich servì per ripagare i costi dell’occupazione nazista della Grecia (in pratica il popolo greco pagò di tasca sua l’invasione della propria nazione) e non venne mai restituito. Dopo la fine della guerra con la Conferenza di Pace di Parigi la Germania fu costretta a versare alla Grecia una compensazione sia in termini monetari sia in termini di trasferimento di mezzi e materiali industriali. Con la successiva firma dei Trattati di Parigi nel 1947 la Grecia ottenne un risarcimento in denaro da parte delle altre potenze dell’Asse (in particolare Italia e Bulgaria). Dopo un accordo siglato nel 1960 la Germania versò alla Grecia 115 milioni di marchi come ulteriore compensazione per le vittime dell’occupazione nazista. Ma il problema principale, per Alexis Tsipras, è quanto stabilito nel 1953 alla conferenza di Londra per la riduzione dei debiti contratti dalla Germania tra il 1919 e il 1945. Alla conferenza presero parte la Germania Ovest e tutte le potenze occidentali che vantavano un credito nei confronti dei tedeschi. Come risultato delle trattative venne deciso di ridurre del 50% i debiti di guerra (dilazionati in trent’anni) della Germania derivanti dal trattato di Versailles. Per quanto riguarda i debiti contratti in seguito alla sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale venne stabilito che sarebbero stati congelati fino alla (ipotesi remota all’epoca) riunificazione della Germania. Quando la riunificazione accadde davvero, nel 1990 quindi il debito venne quasi completamente estinto. A sancire la conclusione dei contenziosi tra la Germania unificata e le potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale venne firmato il “trattato 2 + 4″ ovvero il Trattato sulla risoluzione dei contenziosi con la Germania. Questo accordo venne firmato dalle quattro potenze occupanti (Unione Sovietica, USA, Regno Unito e Francia) e le due Germania (DDR e Repubblica Federale). Ed è proprio a questo documento (approvato all’epoca anche dalla Grecia) che ha fatto riferimento il vice-cancelliere tedesco Sigmar Gabriel dicendo che le probabilità che la Germania possa ripagare i debiti di guerra alla Grecia sono “pari a zero”.
CHE POSSIBILITÀ CI SONO?
Le possibilità che la Germania finisca di ripagare i danni di guerra alla Grecia sono davvero pari a zero? La risposta è sì. Con il pagamento dell’ultima tranche del 1960 e il trattato del 1990 la Germania ha finito di pagare i debiti che aveva con la Grecia in seguito all’occupazione nazista. Per questo motivo il discorso di Tsipras sui debiti di guerra da risarcire assume un senso più politico che economico. Resta in piedi solo il prestito forzato da 11 miliardi di euro che la Grecia ha dovuto concedere alla Germania. Come ha fatto notare qualche tempo fa Tim Worstall su Forbes. Se il prestito venisse considerato un danno di guerra (ad esempio se venisse dimostrato che il denaro venne sostanzialmente rubato dai nazisti) allora non dovrebbe essere ripagato, perché appunto la questione si è conclusa con il trattato del 1990. Se invece venisse considerato un prestito allora ci sarebbe qualche appiglio legale per pretenderne la restituzione. Ma converrebbe alla Grecia? Immaginando che si tratti di un prestito a interessi zero la cifra da restituire sarebbe intorno agli 11 miliardi di euro (con un tasso d’interesse del 3% su 70 siamo invece intorno ai 95 miliardi). Incassare quel denaro non cambierebbe di molto la situazione del debito greco ma creerebbe invece un pericoloso precedente perché i prestiti forzati era una prassi consolidata durante la dominazione nazista dell’Europa. Alexis Tsipras ha ragione a ricordare che c’è stato un periodo in cui tutti abbiamo pagato per i danni che la Germania ha causato all’Europa, ed è un buon argomento per far capire che come in passato è stata aiutata la Germania a rialzarsi ora è tempo di aiutare la Grecia a farlo. Ma non ha senso pensare che i tedeschi di oggi possano essere ritenuti responsabili di quanto fatto dai tedeschi di sett’anni fa.
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Re: G R E C I A
Il parere di:
Lucio Di Gaetano
martedì 10 febbraio 2015 10:53
Perché Varoufakis ha ragione
A non voler negoziare con la Troijka Varoufakis ha ragione da vendere: in appena 4 anni, nonostante un taglio (il famoso “haircut”) del 50% del vecchio debito e nonostante la cura da cavallo a cui Atene è stata sottoposta dai maghi di Bruxelles, ci troviamo di nuovo davanti al ferale interrogativo: li facciamo fallire o li salviamo?
Semplicemente ridicolo.
È così è ridicolo che gli organismi europei che hanno portato a questa situazione di stallo, pretendano ora di risolverla ostacolando la giusta richiesta di Tsipras di tornare a una politica economica più equilibrata nel rispetto degli impegni.
La soluzione della crisi greca dev’essere politica e deve passare dalla comprensione di un fatto semplice quanto banale: la politica fiscale della Troijka non funziona. Chiederne l’abbandono è una ovvietà.
http://www.nextquotidiano.it/perche-varoufakis-ragione/
Lucio Di Gaetano
martedì 10 febbraio 2015 10:53
Perché Varoufakis ha ragione
A non voler negoziare con la Troijka Varoufakis ha ragione da vendere: in appena 4 anni, nonostante un taglio (il famoso “haircut”) del 50% del vecchio debito e nonostante la cura da cavallo a cui Atene è stata sottoposta dai maghi di Bruxelles, ci troviamo di nuovo davanti al ferale interrogativo: li facciamo fallire o li salviamo?
Semplicemente ridicolo.
È così è ridicolo che gli organismi europei che hanno portato a questa situazione di stallo, pretendano ora di risolverla ostacolando la giusta richiesta di Tsipras di tornare a una politica economica più equilibrata nel rispetto degli impegni.
La soluzione della crisi greca dev’essere politica e deve passare dalla comprensione di un fatto semplice quanto banale: la politica fiscale della Troijka non funziona. Chiederne l’abbandono è una ovvietà.
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Re: G R E C I A
Troika (politica europea)
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Il termine troika (dal russo тройка, trojka, terzina), nell'ambito della politica dell'Unione europea, indica l'organismo di controllo informale costituito da rappresentanti della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.
A seguito della grande recessione, la troika si è occupata dei piani di salvataggio dei paesi all'interno della zona euro il cui debito pubblico è in crisi, per scongiurare il rischio di insolvenza sovrana, fornendo assistenza finanziaria in cambio dell'istituzione di politiche di austerità.
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Il termine troika (dal russo тройка, trojka, terzina), nell'ambito della politica dell'Unione europea, indica l'organismo di controllo informale costituito da rappresentanti della Commissione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale.
A seguito della grande recessione, la troika si è occupata dei piani di salvataggio dei paesi all'interno della zona euro il cui debito pubblico è in crisi, per scongiurare il rischio di insolvenza sovrana, fornendo assistenza finanziaria in cambio dell'istituzione di politiche di austerità.
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Re: G R E C I A
L'ANONIMA CRAVATTARI
L’FMI confessa gli errori della Troika in Grecia
Ettore Livini su Repubblica racconta il mea culpa delle istituzioni
NEXT QUOTIDIANO martedì 10 febbraio 2015 08:07
Ettore Livini su Repubblica ritorna oggi sul mea culpa del Fondo Monetario Internazionale sulle azioni della troika in Grecia. I mea culpa del Fondo – ha tagliato corto dopo la pubblicazione del rapporto Poul Thomsen, il suo rappresentante nella Troika – non cambiano nulla, ma per lo meno serviranno per evitare il ripetersi degli errori in un eventuale futuro:
Il piano di salvataggio della Grecia messo a punto dalla Troika è segnato da «errori evidenti».
Le stime erano «criticabili perché troppo ottimiste». Le conseguenze delle misure lacrime e sangue imposte al paese «sono state sottovalutate».
Di più: «Per Atene e per i contribuenti europei sarebbe stato meglio ristrutturare il debito nel 2010».
Non è stato fatto fino al 2012. E questo ritardo «ha permesso ai creditori privati, in buona parte società finanziarie del Vecchio continente, di liberarsi dei crediti e girarli a istituzioni pubbliche».
Yanis Varoufakis? Alexis Tsipras? No. A stroncare così l’operato della Troika è il primo “pentito” dell’austerità: il Fondo Monetario Internazionale. Che qualche tempo fa ha messo nero su bianco le lezioni imparate dalla crisi ellenica. E gli errori, tanti,da non ripetere più in futuro.
http://www.nextquotidiano.it/lfmi-confe ... in-grecia/
L’FMI confessa gli errori della Troika in Grecia
Ettore Livini su Repubblica racconta il mea culpa delle istituzioni
NEXT QUOTIDIANO martedì 10 febbraio 2015 08:07
Ettore Livini su Repubblica ritorna oggi sul mea culpa del Fondo Monetario Internazionale sulle azioni della troika in Grecia. I mea culpa del Fondo – ha tagliato corto dopo la pubblicazione del rapporto Poul Thomsen, il suo rappresentante nella Troika – non cambiano nulla, ma per lo meno serviranno per evitare il ripetersi degli errori in un eventuale futuro:
Il piano di salvataggio della Grecia messo a punto dalla Troika è segnato da «errori evidenti».
Le stime erano «criticabili perché troppo ottimiste». Le conseguenze delle misure lacrime e sangue imposte al paese «sono state sottovalutate».
Di più: «Per Atene e per i contribuenti europei sarebbe stato meglio ristrutturare il debito nel 2010».
Non è stato fatto fino al 2012. E questo ritardo «ha permesso ai creditori privati, in buona parte società finanziarie del Vecchio continente, di liberarsi dei crediti e girarli a istituzioni pubbliche».
Yanis Varoufakis? Alexis Tsipras? No. A stroncare così l’operato della Troika è il primo “pentito” dell’austerità: il Fondo Monetario Internazionale. Che qualche tempo fa ha messo nero su bianco le lezioni imparate dalla crisi ellenica. E gli errori, tanti,da non ripetere più in futuro.
http://www.nextquotidiano.it/lfmi-confe ... in-grecia/
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Re: G R E C I A
L'ANONIMA CRAVATTARI
La Grecia e gli errori del salvataggio della Troika
Il Fmi ammette che l'effetto dei tagli è stato sottovalutato: l'economia ha perso molto più del previsto e la disoccupazione è esplosa
Marco Pedersini
Il Fondo monetario internazionale ha sbagliato i calcoli: ha ripetuto per tre anni che lo sforzo richiesto alle casse pubbliche greche era sostenibile, ma non era vero. È stato il frutto di un errore di calcolo che noi, grazie a un'analisi esclusiva condotta dalla Brookings Institution di Washington, avevamo già illustrato a fine febbraio . Rifacendo i conti, si nota come gli effetti recessivi delle manovre imposte alla Grecia siano molto maggiori di quanto venga ammesso dalla Troika stessa. Ci sono voluti più di tre mesi, ma ora anche il Fmi ammette di aver commesso "errori notevoli" nella gestione della crisi greca.
Atene doveva soddisfare quattro criteri per ricevere il soccorso del Fmi. Col senno di poi, si scopre che tre su quattro non erano rispettati. Non sono errori da poco: nel 2010 il Fmi prevedeva che la medicina per risollevare la Grecia sarebbe stata amara, ma in fondo il paese avrebbe perso non più del 5,5 per cento delle esportazioni nette e la disoccupazione non avrebbe sforato il 15 per cento. In realtà, l'economia greca ha perso il 17 per cento delle esportazioni nette (oltre tre volte le previsioni) e la disoccupazione è quasi al 27 per cento.
Anche di fronte all'evidenza, il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, ha detto di "dissentire radicalmente". Del resto "il programma di riforme è nei binari e stiamo avendo segni di stabilizzazione e di crescita della fiducia in Grecia". Peccato che quelli che sono stati scambiati come sintomi di una ripresa economica greca siano, a bene vedere, poco più dei proverbiali rimbalzi a terra di un gatto morto. La disputa, però, non è solo sulle sorti dell'austerità imposta ad Atene: il peso del rigore di bilancio è stato calcolato allo stesso modo per tutti i paesi europei. Perciò l'ammissione sulla Grecia potrebbe essere la prima di una serie di mea culpa che riguarderanno, chissà, anche l'Italia.
http://archivio.panorama.it/economia/eu ... -austerita
La Grecia e gli errori del salvataggio della Troika
Il Fmi ammette che l'effetto dei tagli è stato sottovalutato: l'economia ha perso molto più del previsto e la disoccupazione è esplosa
Marco Pedersini
Il Fondo monetario internazionale ha sbagliato i calcoli: ha ripetuto per tre anni che lo sforzo richiesto alle casse pubbliche greche era sostenibile, ma non era vero. È stato il frutto di un errore di calcolo che noi, grazie a un'analisi esclusiva condotta dalla Brookings Institution di Washington, avevamo già illustrato a fine febbraio . Rifacendo i conti, si nota come gli effetti recessivi delle manovre imposte alla Grecia siano molto maggiori di quanto venga ammesso dalla Troika stessa. Ci sono voluti più di tre mesi, ma ora anche il Fmi ammette di aver commesso "errori notevoli" nella gestione della crisi greca.
Atene doveva soddisfare quattro criteri per ricevere il soccorso del Fmi. Col senno di poi, si scopre che tre su quattro non erano rispettati. Non sono errori da poco: nel 2010 il Fmi prevedeva che la medicina per risollevare la Grecia sarebbe stata amara, ma in fondo il paese avrebbe perso non più del 5,5 per cento delle esportazioni nette e la disoccupazione non avrebbe sforato il 15 per cento. In realtà, l'economia greca ha perso il 17 per cento delle esportazioni nette (oltre tre volte le previsioni) e la disoccupazione è quasi al 27 per cento.
Anche di fronte all'evidenza, il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, ha detto di "dissentire radicalmente". Del resto "il programma di riforme è nei binari e stiamo avendo segni di stabilizzazione e di crescita della fiducia in Grecia". Peccato che quelli che sono stati scambiati come sintomi di una ripresa economica greca siano, a bene vedere, poco più dei proverbiali rimbalzi a terra di un gatto morto. La disputa, però, non è solo sulle sorti dell'austerità imposta ad Atene: il peso del rigore di bilancio è stato calcolato allo stesso modo per tutti i paesi europei. Perciò l'ammissione sulla Grecia potrebbe essere la prima di una serie di mea culpa che riguarderanno, chissà, anche l'Italia.
http://archivio.panorama.it/economia/eu ... -austerita
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Re: G R E C I A
I FIGLI DI ANDROIKA
Sette mesi fa prima di Tsipras
L'Fmi fa mea culpa
"Molti errori sulla Grecia"
Il Fondo monetario conferma in un documento interno di aver sbagliato la ricetta del salvataggio: troppo pesante la cura, troppi ritardi nel taglio al debito. E ammette: "L'intervento su Atene è servito più che altro a consentire all'Europa di mettere in sicurezza gli altri paesi a rischio"
di ETTORE LIVINI
MILANO - Scusate abbiamo sbagliato la cura. La medicina era troppo pesante e il malato, che poteva rimettersi con una giornata in day hospital, è finito in rianimazione. A tre anni dal salvataggio della Grecia, il Fondo Monetario internazionale ammette per la prima volta in un documento riservato pubblicato dal "Wall Street Journal" che il piano della Troika per Atene è stato sbagliato fin dall'inizio. I giudizi messi nero su bianco nel memorandum riservato sono impietosi: la ricetta di austerity lacrime e sangue imposta assieme a Bce e Ue al governo ellenico sottostimava largamente i suoi effetti recessivi. Non solo. Gli stessi vertici dell'Fmi sapevano fin dall'inizio che i disastrosi parametri economici di Atene non consentivano un intervento del fondo in suo soccorso. Ma hanno chiuso un occhio, continuando a sostenere in pubblico (Christine Lagarde compresa) che il debito del paese era sostenibile.
L'intera operazione, è scritto nel documento, "è stata fatta per prendere tempo e consentire all'area euro di costruire le difese necessarie per salvare gli altri paesi che rischiavano di essere travolti dall'effetto contagio della crisi dei debiti sovrani".
Le conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti: l'area euro, in effetti, non è (ancora) implosa. Ma la Grecia ha perso il 25% del Pil in quattro anni (quasi il triplo di quanto stimato dalla Troika) ha una disoccupazione arrivata al 27% e l'effetto contagio dell'austerity ha messo in ginocchio con pesanti effetti recessivi tutti gli altri Piigs. E sulla dinamica del debito nazionale l'Fmi riconosce di aver sbagliato "di molto". Osservazioni cui un portavoce della Ue ha risposto sottolineando che "Bruxelles dissente su molti aspetti".
Si poteva far meglio? Ovviamente sì. Il Fondo ammette nel suo documento che bastava tagliare subito il debito di Atene per rendere il salvataggio non solo molto più rapido ma pure più indolore. Ma una scelta di questo genere era "politicamente difficile" perché diversi paesi della comunità, Germania in primis, erano contrari. Così la Grecia ha continuato a pagare per due anni il 100% dei suoi interessi a banche e fondi speculativi e oggi si trova con l'esposizione allo stesso livello ma solo verso Fmi, Bce e paesi sovrani. A pagare sono così i contribuenti. Nel documento ce n'è pure per il governo greco, colpevole di aver ritardato di molto il via libera alle riforme strutturali e di aver elaborato provvedimenti "che hanno aumentato la sperequazione sociale del paese".
La ratio di questa analisi severissima è chiaro: da una parte provare a trarre una lezione da questi errori per non ripeterli in futuro. Il salvataggio della Grecia è costato finora 230 miliardi di prestiti (di cui 48 usciti dalle casse del Fondo, di gran lunga la maggior operazione di questo tipo mai approvata da Washington) e le critiche sembrano concentrarsi su due aree: la collaborazione con la Ue e la valutazione delle ricette uscite dagli uffici studi degli economisti, compresi gli errori nei multipli per valutare gli effetti dell'austerity. A spingere al mea culpa è però anche una considerazione politica più sottile. Il peso dei paesi emergenti nel fondo sta continuando a crescere. E anche se la loro rappresentanza nel board non è ancora altissima, il peso specifico del loro ruolo ha obbligato Lagarde ad ammettere che l'esposizione sull'Europa (e soprattutto l'arrendevolezza alle tesi di Bruxelles e della Germania) sono state eccessive. Il monito è sottinteso: se la crisi dei debiti sovrani dovesse tornare a peggiorare, la Ue dovrà a quel punto arrangiarsi da sola.
(06 giugno 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.repubblica.it/economia/2013/ ... -60472029/
Sette mesi fa prima di Tsipras
L'Fmi fa mea culpa
"Molti errori sulla Grecia"
Il Fondo monetario conferma in un documento interno di aver sbagliato la ricetta del salvataggio: troppo pesante la cura, troppi ritardi nel taglio al debito. E ammette: "L'intervento su Atene è servito più che altro a consentire all'Europa di mettere in sicurezza gli altri paesi a rischio"
di ETTORE LIVINI
MILANO - Scusate abbiamo sbagliato la cura. La medicina era troppo pesante e il malato, che poteva rimettersi con una giornata in day hospital, è finito in rianimazione. A tre anni dal salvataggio della Grecia, il Fondo Monetario internazionale ammette per la prima volta in un documento riservato pubblicato dal "Wall Street Journal" che il piano della Troika per Atene è stato sbagliato fin dall'inizio. I giudizi messi nero su bianco nel memorandum riservato sono impietosi: la ricetta di austerity lacrime e sangue imposta assieme a Bce e Ue al governo ellenico sottostimava largamente i suoi effetti recessivi. Non solo. Gli stessi vertici dell'Fmi sapevano fin dall'inizio che i disastrosi parametri economici di Atene non consentivano un intervento del fondo in suo soccorso. Ma hanno chiuso un occhio, continuando a sostenere in pubblico (Christine Lagarde compresa) che il debito del paese era sostenibile.
L'intera operazione, è scritto nel documento, "è stata fatta per prendere tempo e consentire all'area euro di costruire le difese necessarie per salvare gli altri paesi che rischiavano di essere travolti dall'effetto contagio della crisi dei debiti sovrani".
Le conseguenze sono oggi sotto gli occhi di tutti: l'area euro, in effetti, non è (ancora) implosa. Ma la Grecia ha perso il 25% del Pil in quattro anni (quasi il triplo di quanto stimato dalla Troika) ha una disoccupazione arrivata al 27% e l'effetto contagio dell'austerity ha messo in ginocchio con pesanti effetti recessivi tutti gli altri Piigs. E sulla dinamica del debito nazionale l'Fmi riconosce di aver sbagliato "di molto". Osservazioni cui un portavoce della Ue ha risposto sottolineando che "Bruxelles dissente su molti aspetti".
Si poteva far meglio? Ovviamente sì. Il Fondo ammette nel suo documento che bastava tagliare subito il debito di Atene per rendere il salvataggio non solo molto più rapido ma pure più indolore. Ma una scelta di questo genere era "politicamente difficile" perché diversi paesi della comunità, Germania in primis, erano contrari. Così la Grecia ha continuato a pagare per due anni il 100% dei suoi interessi a banche e fondi speculativi e oggi si trova con l'esposizione allo stesso livello ma solo verso Fmi, Bce e paesi sovrani. A pagare sono così i contribuenti. Nel documento ce n'è pure per il governo greco, colpevole di aver ritardato di molto il via libera alle riforme strutturali e di aver elaborato provvedimenti "che hanno aumentato la sperequazione sociale del paese".
La ratio di questa analisi severissima è chiaro: da una parte provare a trarre una lezione da questi errori per non ripeterli in futuro. Il salvataggio della Grecia è costato finora 230 miliardi di prestiti (di cui 48 usciti dalle casse del Fondo, di gran lunga la maggior operazione di questo tipo mai approvata da Washington) e le critiche sembrano concentrarsi su due aree: la collaborazione con la Ue e la valutazione delle ricette uscite dagli uffici studi degli economisti, compresi gli errori nei multipli per valutare gli effetti dell'austerity. A spingere al mea culpa è però anche una considerazione politica più sottile. Il peso dei paesi emergenti nel fondo sta continuando a crescere. E anche se la loro rappresentanza nel board non è ancora altissima, il peso specifico del loro ruolo ha obbligato Lagarde ad ammettere che l'esposizione sull'Europa (e soprattutto l'arrendevolezza alle tesi di Bruxelles e della Germania) sono state eccessive. Il monito è sottinteso: se la crisi dei debiti sovrani dovesse tornare a peggiorare, la Ue dovrà a quel punto arrangiarsi da sola.
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Re: G R E C I A
Le "nostre giovani marmotte ed i loro amici, che dicono di agire per il bene dell'Italia" non si sentono minimamente toccati?camillobenso ha scritto:A pagare sono così i contribuenti. Nel documento ce n'è pure per il governo greco, colpevole di aver ritardato di molto il via libera alle riforme strutturali e di aver elaborato provvedimenti "che hanno aumentato la sperequazione sociale del paese".
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