quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
il Fatto 26.2.15
Sicilia, 600 iscritti dell’area Civati fuggono dal partito
L’uscita dal Pd siciliano di circa 600 iscritti “civatiani” conferma quanto anticipato ieri dal Fatto.
“C’è un disagio diffuso tra iscritti e militanti del Pd per il rischio di una mutazione valoriale e politica del partito” scrivono Piero David e Antonella Monastra, coordinatore e portavoce regionale di “È possibile” l’area civatiana in Sicilia. Area che conta circa “2 mila dirigenti e iscritti”, una parte dei quali “ha deciso legittimamente di continuare il proprio percorso fuori dal Pd, ma la totalità del gruppo dirigente regionale e la maggior parte degli iscritti è in una fase di riflessione per capire come continuare la propria battaglia per una forza politica davvero di sinistra, che si incarni in un grande partito proprio come il Pd”.
L’obiettivo assicurano è quello di cambiare il Pd “Cambiare il Pd - concludono - operando sia dall’interno che dall’esterno, è l’obiettivo centrale di chi ha a cuore il mantenimento di una connotazione di sinistra, sollecitando un dibattito con tutte le altre forze politiche e i movimenti che sul territorio vogliono costruire una forza di sinistra”. I 600, per ora, sembrano orientati a raggiungere Sel, il partito di Nichi Vendola.
Sicilia, 600 iscritti dell’area Civati fuggono dal partito
L’uscita dal Pd siciliano di circa 600 iscritti “civatiani” conferma quanto anticipato ieri dal Fatto.
“C’è un disagio diffuso tra iscritti e militanti del Pd per il rischio di una mutazione valoriale e politica del partito” scrivono Piero David e Antonella Monastra, coordinatore e portavoce regionale di “È possibile” l’area civatiana in Sicilia. Area che conta circa “2 mila dirigenti e iscritti”, una parte dei quali “ha deciso legittimamente di continuare il proprio percorso fuori dal Pd, ma la totalità del gruppo dirigente regionale e la maggior parte degli iscritti è in una fase di riflessione per capire come continuare la propria battaglia per una forza politica davvero di sinistra, che si incarni in un grande partito proprio come il Pd”.
L’obiettivo assicurano è quello di cambiare il Pd “Cambiare il Pd - concludono - operando sia dall’interno che dall’esterno, è l’obiettivo centrale di chi ha a cuore il mantenimento di una connotazione di sinistra, sollecitando un dibattito con tutte le altre forze politiche e i movimenti che sul territorio vogliono costruire una forza di sinistra”. I 600, per ora, sembrano orientati a raggiungere Sel, il partito di Nichi Vendola.
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Re: quo vadis PD ????
Ecco, questo è un errore.I 600, per ora, sembrano orientati a raggiungere Sel, il partito di Nichi Vendola.
Occorre creare qualcosa di nuovo, non entrare in qualcosa di vecchio che da anni mostra limiti evidenti.
soloo42001
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Re: quo vadis PD ????
da Il Fatto Q
Pd, in Emilia i giovani chiedono la leadership. Ma il partito pensa ai big
Circa 200 amministratori under 35 hanno creato l'organizzazione politica "Eccoci" che chiede di avere un ruolo nel prossimo consiglio regionale (e pensa alla candidatura della deputata Giuditta Pini). Ma i dirigenti valutano già i volti noti
di Paola Benedetta Manca | 26 febbraio 2015
I giovani del Pd, dopo anni alla finestra a formarsi politicamente, in Emilia Romagna chiedono di mettersi alla guida del partito per rinnovarlo e farlo tornare il partito di prima, quando ancora il distacco tra la base e i dirigenti e le urne vuote erano solo utopie. Il Congresso regionale del Pd per eleggere il nuovo segretario si avvicina (domenica 19 aprile si terranno le primarie) e i giovani amministratori e segretari hanno lanciato un appello e creato l’organizzazione politica “Eccoci” che ha convocato per il 28 febbraio a Bologna, un’assemblea aperta in cui verranno elaborate “50 idee per il Pd dell’Emilia Romagna”. Si terrà alle 15.30 al circolo Gd “Ragazzi di Utoya” e parteciperanno circa 200 giovani amministratori. “Siamo ragazzi e ragazze che sono cresciuti dentro il Partito Democratico che credono che questo sia il momento per una generazione per mettersi in gioco e cambiare il partito” spiegano i firmatari dell’appello che, in pochissimo tempo, ha raggiunto già 100 sottoscrizioni. “Siamo nelle amministrazioni, nei circoli, nelle feste e nelle federazioni, siamo una parte integrante del Pd e non vogliamo più essere “i candidati più giovani” o i “segretari più giovani” e poi essere messi in secondo piano dal giorno dopo. Noi non siamo il futuro del Partito, siamo il suo presente. E vogliamo contare”.
Insomma, i giovani del Pd dicono che questa volta non ci stanno ad essere messi da parte e vogliono che, in vista del Congresso, si parli di politica e non di poltrone. Finora, nessun politico di peso del Pd emiliano-romagnolo o dirigente hanno dichiarato il loro sostegno all’organizzazione “Eccoci” e all’appello dei giovani democratici.
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Vedo che c'è un po'di movimento nel PD, speriamo..
Pd, in Emilia i giovani chiedono la leadership. Ma il partito pensa ai big
Circa 200 amministratori under 35 hanno creato l'organizzazione politica "Eccoci" che chiede di avere un ruolo nel prossimo consiglio regionale (e pensa alla candidatura della deputata Giuditta Pini). Ma i dirigenti valutano già i volti noti
di Paola Benedetta Manca | 26 febbraio 2015
I giovani del Pd, dopo anni alla finestra a formarsi politicamente, in Emilia Romagna chiedono di mettersi alla guida del partito per rinnovarlo e farlo tornare il partito di prima, quando ancora il distacco tra la base e i dirigenti e le urne vuote erano solo utopie. Il Congresso regionale del Pd per eleggere il nuovo segretario si avvicina (domenica 19 aprile si terranno le primarie) e i giovani amministratori e segretari hanno lanciato un appello e creato l’organizzazione politica “Eccoci” che ha convocato per il 28 febbraio a Bologna, un’assemblea aperta in cui verranno elaborate “50 idee per il Pd dell’Emilia Romagna”. Si terrà alle 15.30 al circolo Gd “Ragazzi di Utoya” e parteciperanno circa 200 giovani amministratori. “Siamo ragazzi e ragazze che sono cresciuti dentro il Partito Democratico che credono che questo sia il momento per una generazione per mettersi in gioco e cambiare il partito” spiegano i firmatari dell’appello che, in pochissimo tempo, ha raggiunto già 100 sottoscrizioni. “Siamo nelle amministrazioni, nei circoli, nelle feste e nelle federazioni, siamo una parte integrante del Pd e non vogliamo più essere “i candidati più giovani” o i “segretari più giovani” e poi essere messi in secondo piano dal giorno dopo. Noi non siamo il futuro del Partito, siamo il suo presente. E vogliamo contare”.
Insomma, i giovani del Pd dicono che questa volta non ci stanno ad essere messi da parte e vogliono che, in vista del Congresso, si parli di politica e non di poltrone. Finora, nessun politico di peso del Pd emiliano-romagnolo o dirigente hanno dichiarato il loro sostegno all’organizzazione “Eccoci” e all’appello dei giovani democratici.
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Re: quo vadis PD ????
soloo42001 ha scritto:Ecco, questo è un errore.I 600, per ora, sembrano orientati a raggiungere Sel, il partito di Nichi Vendola.
Occorre creare qualcosa di nuovo, non entrare in qualcosa di vecchio che da anni mostra limiti evidenti.
soloo42001
Il problema è tirare fuori delle idee perché questo si concretizzi.
NB. Tra l'altro, non bisogna mai dimenticare che anche per queste cose a Milano dicono "Ghe voren i danè!!" (Traduzione: "ci vogliono i soldi")
PS. A proposito,........ che fine ha fatto quel grande patrimonio immobiliare che fu del Pci e poi ereditato dal Pds e poi Ds. Amministrato dallo storico tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, che non ha mai voluto metterlo a disposizione del Pd.
Ugo Sposetti - Wikipedia
it.wikipedia.org/wiki/Ugo_Sposetti
Nel 2001 diventa Tesoriere dei Democratici di Sinistra. Dal 2004 è Co-Tesoriere degli Uniti nell'Ulivo e dal 2005 è Co-Tesoriere dell'Unione. Il 21 aprile 2006 ...
Ugo Sposetti: "Non metterò il patrimonio Ds a disposizione ...
http://www.huffingtonpost.it/.../sposet ... e-scission...
07 ott 2014 - L'ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, è categorico nell'ipotesi di un divorzio in casa Pd: "Non metterò il patrimonio Ds a disposizione di una ...
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Re: quo vadis PD ????
L'uovo oggi viene mollato solo dagli idealisti.soloo42001 ha scritto:Ecco, questo è un errore.camillobenso ha scritto:I 600, per ora, sembrano orientati a raggiungere Sel, il partito di Nichi Vendola.
Occorre creare qualcosa di nuovo, non entrare in qualcosa di vecchio che da anni mostra limiti evidenti.
http://www.huffingtonpost.it/2014/10/07 ... 46906.htmlcamillobenso ha scritto:PS. A proposito,........ che fine ha fatto quel grande patrimonio immobiliare che fu del Pci e poi ereditato dal Pds e poi Ds. Amministrato dallo storico tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, che non ha mai voluto metterlo a disposizione del Pd.
L'ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, è categorico nell'ipotesi di un divorzio in casa Pd: "Non metterò il patrimonio Ds a disposizione di una scissione", dice. Sposetti, che pure all'ultimo congresso aveva appoggiato la candidatura di Gianni Cuperlo, si dice critico riguardo alle voci di scissione, assicurando di non aver mai partecipato a riunioni o assemblee di corrente.
Fa bene ... se non seguirà gli esempi di Lusi e Belsito.
Di certo, con una scissione sarebbe un tesoriere a metà ...
Intanto si tiene tutto il tesoro per sé. E, poi, campa cavallo ... dopo, agli eredi (suoi, naturalmente).
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Re: quo vadis PD ????
Ecco, appunto, chi potrebbero essere gli "eredi"???iafran ha scritto:L'uovo oggi viene mollato solo dagli idealisti.soloo42001 ha scritto:Ecco, questo è un errore.camillobenso ha scritto:I 600, per ora, sembrano orientati a raggiungere Sel, il partito di Nichi Vendola.
Occorre creare qualcosa di nuovo, non entrare in qualcosa di vecchio che da anni mostra limiti evidenti.
http://www.huffingtonpost.it/2014/10/07 ... 46906.htmlcamillobenso ha scritto:PS. A proposito,........ che fine ha fatto quel grande patrimonio immobiliare che fu del Pci e poi ereditato dal Pds e poi Ds. Amministrato dallo storico tesoriere dei Ds Ugo Sposetti, che non ha mai voluto metterlo a disposizione del Pd.
L'ex tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti, è categorico nell'ipotesi di un divorzio in casa Pd: "Non metterò il patrimonio Ds a disposizione di una scissione", dice. Sposetti, che pure all'ultimo congresso aveva appoggiato la candidatura di Gianni Cuperlo, si dice critico riguardo alle voci di scissione, assicurando di non aver mai partecipato a riunioni o assemblee di corrente.
Fa bene ... se non seguirà gli esempi di Lusi e Belsito.
Di certo, con una scissione sarebbe un tesoriere a metà ...
Intanto si tiene tutto il tesoro per sé. E, poi, campa cavallo ... dopo, agli eredi (suoi, naturalmente).
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Re: quo vadis PD ????
Nel suo appello al non voto Saviano sostiene che "I candidati sono espressione della politica del passato. Queste elezioni saranno determinate da voti di scambio. Pacchetti di voti sono pronti ad andare a uno o all'altro candidato in cambio di assessorati. In più saranno determinanti gli accordi con Cosentino". Secondo lo scrittore "le primarie Pd avrebbero dovuto essere strumento di apertura e partecipazione, ma così non è stato (vedi il caso Liguria). Sino a quando non esisteranno leggi in grado di governarle, saranno solo scorciatoie per gruppi di potere". E conclude: "Non legittimiamole, non andate a votare".
(Dichiarazioni rese a Repubblica)
Di fronte a simili contestazioni le primarie andavano senza indugio annullate. Saviano non è l'ultimo arrivato, conosce il suo territorio e sa bene di che cosa sta parlando. Il PD è ormai in mano a quattro signori delle tessere, è una nuova democrazia cristiana (e del peggior tipo).
(Dichiarazioni rese a Repubblica)
Di fronte a simili contestazioni le primarie andavano senza indugio annullate. Saviano non è l'ultimo arrivato, conosce il suo territorio e sa bene di che cosa sta parlando. Il PD è ormai in mano a quattro signori delle tessere, è una nuova democrazia cristiana (e del peggior tipo).
Renzi elenca i successi del governo. “Sarò breve”.
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Re: quo vadis PD ????
Corriere 2.3.15
La resa del partito
La politica campana resta ferma al passato
I democratici di Roma hanno dovuto ammainare la bandiera della questione morale
di Antonio Polito
Ha vinto Vincenzo De Luca, l’intramontabile sindaco-ras di Salerno. Secondo è Andrea Cozzolino, l’impenitente delfino di Bassolino. Perde Roberto Saviano, guru della sinistra legalista, che aveva incitato i militanti del Pd al boicottaggio delle primarie: l’affluenza alle urne è stata invece forte, oltre quota 150 mila. Certamente un successo, anche se non si sa quanto drogato: un collaboratore del Corriere del Mezzogiorno è riuscito ieri a votare in quattro seggi del salernitano con lo stesso certificato.
Ma, nonostante l’afflusso ai seggi, non ha molto da festeggiare neanche Matteo Renzi. Il segretario del Pd deve aver tirato ieri sera un sospiro di sollievo: si temeva il bis del 2011, quando per i brogli furono annullate le primarie a Napoli, e invece almeno finora le contestazioni sono poche, perfino meno che in Liguria, forse anche grazie alla spasmodica attenzione dei media. Eppure il Pd che si è imposto in Campania non è il suo, ha piuttosto il volto del passato, è dominato come sempre dai signori delle tessere e delle clientele, e quel che è peggio si è dimostrato impermeabile ad ogni tentativo di rottamazione.
Il Pd di Roma ha dovuto ammainare la bandiera della questione morale, consentendo a De Luca di gareggiare nonostante una condanna penale per abuso di ufficio, che gli costerà l’immediata sospensione dall’incarico da parte del prefetto in caso di elezione a governatore della Campania, a norma della legge Severino. Di più: il sindaco di Salerno è stato dichiarato decaduto da un tribunale perché si è ostinatamente rifiutato per un anno di ottemperare alla legge che gli imponeva di dimettersi dopo essere stato nominato viceministro del governo Letta. La vittoria di De Luca è insomma il risultato più imbarazzante per la segreteria Renzi: non sarà facile per il premier fare la campagna elettorale in Campania accanto a lui, contro il centrodestra di Caldoro.
Cozzolino, secondo arrivato, è stato invece il braccio destro di Bassolino nell’ultima Giunta regionale, quella che fu travolta dallo scandalo dei rifiuti: non esattamente l’immagine che il premier vuole dare del suo nuovo partito della nazione. Mentre si è dovuto ritirare Gennaro Migliore, l’ homo novus lanciato in campo da Renzi nella speranza che con lui si riuscissero ad evitare le primarie, che alla fine si è trovato solo nella gabbia dei leoni ed è scappato. Perfino Gino Nicolais, lo scienziato presidente del Cnr, è stato brutalmente messo da parte, tant’era la voglia delle correnti di contarsi nell’ordalia delle primarie.
Forse è giunto il momento di riflettere sul senso di gare così fatte, puri duelli personalistici, in cui lo scambio di favori e di promesse prevale sul confronto politico, senza neanche il tempo di una campagna elettorale degna di questo nome (rinviate per quattro volte, le primarie sono state confermate appena quattro giorni prima del voto), aperte all’inquinamento di pacchetti di voti provenienti da altri partiti (un eurodeputato si è dimesso dal Pd accusando i candidati di aver stretto patti con la destra dei cosentiniani; un altro deputato ha accusato l’Udc salernitana di aver fatto votare i suoi).
Più che il rapporto con l’elettorato, conta la mobilitazione delle truppe sul territorio. In competizioni così è davvero difficile che vinca il migliore. Il massimo che si può sperare è che non vinca il peggiore.
il Fatto 2.3.15
In Campania
Napoli derby al veleno nel Pd
di Vincenzo Iurillo
Come la mano del personaggio di Mario Brega in Bianco Rosso e Verdone, la macchina elettorale di Andrea Cozzolino alle primarie “pò essere fero e pò essere piuma”. Nel 2011 fu fero, e ribaltò i pronostici a botte di file sospette e urne stracolme nei quartieri disagiati, ma fu una vittoria di Pirro, poi il Pd candidò a sindaco Mario Morcone, verso la catastrofe. Forse anche memori di quell’esperienza, ieri è stata piuma: un afflusso composto e regolare ai seggi di Napoli che nemmeno a Stoccolma, e dati di affluenza per la scelta del candidato Governatore inferiori alle attese.
AVREBBERO VOTATO in circa 65.000 tra Napoli e provincia, secondo l’ultima proiezione. In 145.000 in tutta la Campania. Cozzolino ne aveva previsti circa 200.000 nell’intera regione. Sarebbe stata quindi una militarizzazione soft. O un mezzo flop dei cozzoliniani, fate voi. Davanti ai seggi partenopei si sono presentati elettori consapevoli e ben informati. Anche se in qualche caso costretti a votare in un sottoscala striminzito, come nel seggio 164 a Capodimonte. A via Toledo 106, sede del Pd di Napoli, dove ha un ufficio il segretario Venanzio Carpentieri, alle 19 erano riuscite a votare soltanto 120 persone perché il presidente di seggio, ligio alle regole, ha allontanato quasi 200 elettori perché sprovvisti di tessera o perché iscritti in un altro seggio. “A malincuore ho dovuto far andare via anche due magistrati”. A Miano, il quartiere che insieme al rione Secondigliano determinò l’annullamento delle primarie 2011, alle 13 avevano votato in 220. Una persona ogni minuto e mezzo. Quattro anni fa lì (ma in un'altra sede) avrebbe votato una persona ogni 35 secondi. Avvolto in un cappottone nero, un renziano di ferro come il portavoce della segreteria provinciale Tommaso Ederoclite ha vigilato nel seggio allestito in un circolo culturale fornito di stanza con luci stroboscopiche e la consolle dj. “Certa gente strana, esponenti locali con un ruolo nelle istituzioni, si è fatta vedere anche stavolta per chiedere 500 tessere – dice il segretario di circolo Roberto Alessandro – ma gli abbiamo risposto di andare via e di non farsi più vedere”. Il seggio di Napoli porto, in un palazzo affianco all’Hotel Romeo, era deserto. Alle 14 avevano votato solo 6 persone. Era il seggio aperto nella sede campana di Idv. “Scusate sapete dove posso votare? ” chiedeva spaseata una signora ai piedi dell’edificio. Non c’era uno straccio di indicazione, un manifesto. Con il ritiro del candidato Idv, Nello Di Nardo, la voglia di affiggerlo era scomparsa.
IERI A NAPOLI vigeva un ordine: stare calmi ed evitare prove di forza. È partito dal quartier generale dell’europarlamentare ed ex assessore della giunta Bassolino, ed è stato eseguito. Cozzolino sapeva di essere l’unico ad aver tutto da perdere in uno scontro all’ultimo sangue, perché su queste primarie vige l’ombra del sospetto a prescindere, e un successo ottenuto grazie alle truppe cammellate verrebbe invalidato dal Nazareno. Come nel 2011. Per la seconda volta. Vincenzo De Luca, che tra condanne penali e decadenze da sindaco si è affacciato alla competizione con lo spirito di chi si gioca il tutto per tutto, questo problema non se lo è posto. Soft anche la risposta di Cozzolino a Roberto Saviano e al suo appello a disertare le urne per non legittimare voto di scambio e pacchetti di voti barattati con promesse di assessorati. “Spero di smentirlo con le scelte che faremo nel governo della Regione, con i programmi che attueremo e con gli uomini che sceglieremo”. Spera di vincere, anzitutto. Ma a denti stretti un cozzoliniano palesa timore: “Con questi dati, bassi a Napoli e alti a Salerno, non mi sento più sicuro”. La notte dello spoglio è lunga.
La resa del partito
La politica campana resta ferma al passato
I democratici di Roma hanno dovuto ammainare la bandiera della questione morale
di Antonio Polito
Ha vinto Vincenzo De Luca, l’intramontabile sindaco-ras di Salerno. Secondo è Andrea Cozzolino, l’impenitente delfino di Bassolino. Perde Roberto Saviano, guru della sinistra legalista, che aveva incitato i militanti del Pd al boicottaggio delle primarie: l’affluenza alle urne è stata invece forte, oltre quota 150 mila. Certamente un successo, anche se non si sa quanto drogato: un collaboratore del Corriere del Mezzogiorno è riuscito ieri a votare in quattro seggi del salernitano con lo stesso certificato.
Ma, nonostante l’afflusso ai seggi, non ha molto da festeggiare neanche Matteo Renzi. Il segretario del Pd deve aver tirato ieri sera un sospiro di sollievo: si temeva il bis del 2011, quando per i brogli furono annullate le primarie a Napoli, e invece almeno finora le contestazioni sono poche, perfino meno che in Liguria, forse anche grazie alla spasmodica attenzione dei media. Eppure il Pd che si è imposto in Campania non è il suo, ha piuttosto il volto del passato, è dominato come sempre dai signori delle tessere e delle clientele, e quel che è peggio si è dimostrato impermeabile ad ogni tentativo di rottamazione.
Il Pd di Roma ha dovuto ammainare la bandiera della questione morale, consentendo a De Luca di gareggiare nonostante una condanna penale per abuso di ufficio, che gli costerà l’immediata sospensione dall’incarico da parte del prefetto in caso di elezione a governatore della Campania, a norma della legge Severino. Di più: il sindaco di Salerno è stato dichiarato decaduto da un tribunale perché si è ostinatamente rifiutato per un anno di ottemperare alla legge che gli imponeva di dimettersi dopo essere stato nominato viceministro del governo Letta. La vittoria di De Luca è insomma il risultato più imbarazzante per la segreteria Renzi: non sarà facile per il premier fare la campagna elettorale in Campania accanto a lui, contro il centrodestra di Caldoro.
Cozzolino, secondo arrivato, è stato invece il braccio destro di Bassolino nell’ultima Giunta regionale, quella che fu travolta dallo scandalo dei rifiuti: non esattamente l’immagine che il premier vuole dare del suo nuovo partito della nazione. Mentre si è dovuto ritirare Gennaro Migliore, l’ homo novus lanciato in campo da Renzi nella speranza che con lui si riuscissero ad evitare le primarie, che alla fine si è trovato solo nella gabbia dei leoni ed è scappato. Perfino Gino Nicolais, lo scienziato presidente del Cnr, è stato brutalmente messo da parte, tant’era la voglia delle correnti di contarsi nell’ordalia delle primarie.
Forse è giunto il momento di riflettere sul senso di gare così fatte, puri duelli personalistici, in cui lo scambio di favori e di promesse prevale sul confronto politico, senza neanche il tempo di una campagna elettorale degna di questo nome (rinviate per quattro volte, le primarie sono state confermate appena quattro giorni prima del voto), aperte all’inquinamento di pacchetti di voti provenienti da altri partiti (un eurodeputato si è dimesso dal Pd accusando i candidati di aver stretto patti con la destra dei cosentiniani; un altro deputato ha accusato l’Udc salernitana di aver fatto votare i suoi).
Più che il rapporto con l’elettorato, conta la mobilitazione delle truppe sul territorio. In competizioni così è davvero difficile che vinca il migliore. Il massimo che si può sperare è che non vinca il peggiore.
il Fatto 2.3.15
In Campania
Napoli derby al veleno nel Pd
di Vincenzo Iurillo
Come la mano del personaggio di Mario Brega in Bianco Rosso e Verdone, la macchina elettorale di Andrea Cozzolino alle primarie “pò essere fero e pò essere piuma”. Nel 2011 fu fero, e ribaltò i pronostici a botte di file sospette e urne stracolme nei quartieri disagiati, ma fu una vittoria di Pirro, poi il Pd candidò a sindaco Mario Morcone, verso la catastrofe. Forse anche memori di quell’esperienza, ieri è stata piuma: un afflusso composto e regolare ai seggi di Napoli che nemmeno a Stoccolma, e dati di affluenza per la scelta del candidato Governatore inferiori alle attese.
AVREBBERO VOTATO in circa 65.000 tra Napoli e provincia, secondo l’ultima proiezione. In 145.000 in tutta la Campania. Cozzolino ne aveva previsti circa 200.000 nell’intera regione. Sarebbe stata quindi una militarizzazione soft. O un mezzo flop dei cozzoliniani, fate voi. Davanti ai seggi partenopei si sono presentati elettori consapevoli e ben informati. Anche se in qualche caso costretti a votare in un sottoscala striminzito, come nel seggio 164 a Capodimonte. A via Toledo 106, sede del Pd di Napoli, dove ha un ufficio il segretario Venanzio Carpentieri, alle 19 erano riuscite a votare soltanto 120 persone perché il presidente di seggio, ligio alle regole, ha allontanato quasi 200 elettori perché sprovvisti di tessera o perché iscritti in un altro seggio. “A malincuore ho dovuto far andare via anche due magistrati”. A Miano, il quartiere che insieme al rione Secondigliano determinò l’annullamento delle primarie 2011, alle 13 avevano votato in 220. Una persona ogni minuto e mezzo. Quattro anni fa lì (ma in un'altra sede) avrebbe votato una persona ogni 35 secondi. Avvolto in un cappottone nero, un renziano di ferro come il portavoce della segreteria provinciale Tommaso Ederoclite ha vigilato nel seggio allestito in un circolo culturale fornito di stanza con luci stroboscopiche e la consolle dj. “Certa gente strana, esponenti locali con un ruolo nelle istituzioni, si è fatta vedere anche stavolta per chiedere 500 tessere – dice il segretario di circolo Roberto Alessandro – ma gli abbiamo risposto di andare via e di non farsi più vedere”. Il seggio di Napoli porto, in un palazzo affianco all’Hotel Romeo, era deserto. Alle 14 avevano votato solo 6 persone. Era il seggio aperto nella sede campana di Idv. “Scusate sapete dove posso votare? ” chiedeva spaseata una signora ai piedi dell’edificio. Non c’era uno straccio di indicazione, un manifesto. Con il ritiro del candidato Idv, Nello Di Nardo, la voglia di affiggerlo era scomparsa.
IERI A NAPOLI vigeva un ordine: stare calmi ed evitare prove di forza. È partito dal quartier generale dell’europarlamentare ed ex assessore della giunta Bassolino, ed è stato eseguito. Cozzolino sapeva di essere l’unico ad aver tutto da perdere in uno scontro all’ultimo sangue, perché su queste primarie vige l’ombra del sospetto a prescindere, e un successo ottenuto grazie alle truppe cammellate verrebbe invalidato dal Nazareno. Come nel 2011. Per la seconda volta. Vincenzo De Luca, che tra condanne penali e decadenze da sindaco si è affacciato alla competizione con lo spirito di chi si gioca il tutto per tutto, questo problema non se lo è posto. Soft anche la risposta di Cozzolino a Roberto Saviano e al suo appello a disertare le urne per non legittimare voto di scambio e pacchetti di voti barattati con promesse di assessorati. “Spero di smentirlo con le scelte che faremo nel governo della Regione, con i programmi che attueremo e con gli uomini che sceglieremo”. Spera di vincere, anzitutto. Ma a denti stretti un cozzoliniano palesa timore: “Con questi dati, bassi a Napoli e alti a Salerno, non mi sento più sicuro”. La notte dello spoglio è lunga.
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Re: quo vadis PD ????
Corriere 2.3.15
«È Renzi che dà le carte, ha vinto il congresso Bersani deve accettarlo»
Il sottosegretario Rughetti: se si crea il muro contro muro diventa poi difficile ripetere lo schema Mattarella
intervista di Monica Guerzoni
ROMA «Se si crea il muro contro muro, come se il congresso non ci fosse stato, è difficile ripetere lo schema Mattarella». Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, lancia un (severo) appello a Bersani perché «scongeli» la minoranza.
Bersani chiede di essere ascoltato.
«La vecchia guardia deve accettare che le carte le dà chi ha vinto il congresso. Per poter ripetere il metodo Mattarella, è necessario ripartire da li. C’è un segretario che ha il dovere e l’onere di portare avanti la sua linea politica, coinvolgendo anche la minoranza. La quale però deve riconoscere la leadership di Renzi».
Sul Jobs act avete tradito i patti?
«Renzi ha vinto con una linea di rottura rispetto al passato. Loro non possono pensare di riproporre uno schema sconfitto e che ha prodotto conseguenze negative anche sul mercato del lavoro. Vedo un tentativo di edulcorare la forza riformista di Renzi per poter rafforzare posizioni interne, sulle quali oggi non si ritrovano nemmeno tanti parlamentari di minoranza. Se le leadership della minoranza scongelassero i loro parlamentari si potrebbe avere una discussione costruttiva sulla politica a cominciare dai territori, invece di un confronto fra tifosi».
Rosato propone un correntone unico dei renziani.
«L’iniziativa di Richetti, in cui io mi ritrovo con Delrio e Guerini, va in questa direzione. Non si tratta di fare una nuova corrente, ma di mettere a disposizione di tutti uno spazio in cui fare una discussione vera, senza ripetere lo schema precongressuale. Le posizioni storiche sull’articolo 18, ad esempio, le conosciamo e la maggioranza vuole cambiarle, il tentativo è trovare soluzioni che portino avanti le idee di tutti».
Bersani lamenta che Renzi non ascolta né la minoranza, né il Parlamento .
«Non ci si può sedere al tavolo convinti di cambiare la proposta altrui. C’è una mancanza di ascolto perché le posizioni non abbandonano la storia congressuale. Ci vuole una evoluzione nella discussione».
Se Bersani non vota l’Italicum, a scrutinio segreto si rischia?
«Non riesco a capire come si possa difendere oggi una posizione conservatrice sulle riforme. Siamo costretti a governare col Ncd perché la legge elettorale non consente di stabilire chi vince… L’Italicum è un salto di qualità impressionante. La prossima volta un partito che vince non ha bisogno di larghe intese, può governare da solo».
Il punto però sono i capilista bloccati.
«Quel punto resta in discussione. Ma qui si stanno invertendo i ruoli, la minoranza che impone di cambiare un testo e la maggioranza che si fa carico della mediazione. Non mi sembra che da parte loro ci sia la stessa disponibilità al confronto».
La minoranza chiede la riduzione dei nominati, l’apparentamento al secondo turno…
«Abbiamo accettato i quattro quinti delle richieste, a cominciare dalla clausola di salvaguardia di D’Attorre. Ma se vogliono dimostrare che contano così tanto da far cambiare l’accordo con Berlusconi solo per piantare una bandierina, si va a sbattere».
Speranza ha fissato l’assemblea di Area riformista il 14 marzo, Bersani riunisce i suoi il 21.
«Se le correnti non sono luoghi dove cresce la cultura del Pd, ma strumenti di potere per portare avanti delle carriere personali, io penso sia sbagliato».
Volete epurare i presidenti di commissione come Boccia e Damiano e sostituire il capogruppo Speranza?
«Non sono d’accordo con nessuna forma di epurazione. Ma chi ricopre ruoli istituzionali eviti atteggiamenti di parte. Se si vuole dare battaglia lo si fa con gli stessi mezzi degli altri, non da posizioni di privilegio. Alzare lo scontro per rafforzare posizioni personali o di corrente è un errore clamoroso».
In Sicilia i civatiani se ne vanno, succederà anche nel Pd nazionale?
«Una scissione sarebbe negativa. Ma se dovesse esserci, sarà dovuta a calcoli elettorali e posizionamenti personali. Nessuno potrà portare come alibi il fatto che il Pd non abbia realizzato riforme di sinistra».
«È Renzi che dà le carte, ha vinto il congresso Bersani deve accettarlo»
Il sottosegretario Rughetti: se si crea il muro contro muro diventa poi difficile ripetere lo schema Mattarella
intervista di Monica Guerzoni
ROMA «Se si crea il muro contro muro, come se il congresso non ci fosse stato, è difficile ripetere lo schema Mattarella». Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica amministrazione, lancia un (severo) appello a Bersani perché «scongeli» la minoranza.
Bersani chiede di essere ascoltato.
«La vecchia guardia deve accettare che le carte le dà chi ha vinto il congresso. Per poter ripetere il metodo Mattarella, è necessario ripartire da li. C’è un segretario che ha il dovere e l’onere di portare avanti la sua linea politica, coinvolgendo anche la minoranza. La quale però deve riconoscere la leadership di Renzi».
Sul Jobs act avete tradito i patti?
«Renzi ha vinto con una linea di rottura rispetto al passato. Loro non possono pensare di riproporre uno schema sconfitto e che ha prodotto conseguenze negative anche sul mercato del lavoro. Vedo un tentativo di edulcorare la forza riformista di Renzi per poter rafforzare posizioni interne, sulle quali oggi non si ritrovano nemmeno tanti parlamentari di minoranza. Se le leadership della minoranza scongelassero i loro parlamentari si potrebbe avere una discussione costruttiva sulla politica a cominciare dai territori, invece di un confronto fra tifosi».
Rosato propone un correntone unico dei renziani.
«L’iniziativa di Richetti, in cui io mi ritrovo con Delrio e Guerini, va in questa direzione. Non si tratta di fare una nuova corrente, ma di mettere a disposizione di tutti uno spazio in cui fare una discussione vera, senza ripetere lo schema precongressuale. Le posizioni storiche sull’articolo 18, ad esempio, le conosciamo e la maggioranza vuole cambiarle, il tentativo è trovare soluzioni che portino avanti le idee di tutti».
Bersani lamenta che Renzi non ascolta né la minoranza, né il Parlamento .
«Non ci si può sedere al tavolo convinti di cambiare la proposta altrui. C’è una mancanza di ascolto perché le posizioni non abbandonano la storia congressuale. Ci vuole una evoluzione nella discussione».
Se Bersani non vota l’Italicum, a scrutinio segreto si rischia?
«Non riesco a capire come si possa difendere oggi una posizione conservatrice sulle riforme. Siamo costretti a governare col Ncd perché la legge elettorale non consente di stabilire chi vince… L’Italicum è un salto di qualità impressionante. La prossima volta un partito che vince non ha bisogno di larghe intese, può governare da solo».
Il punto però sono i capilista bloccati.
«Quel punto resta in discussione. Ma qui si stanno invertendo i ruoli, la minoranza che impone di cambiare un testo e la maggioranza che si fa carico della mediazione. Non mi sembra che da parte loro ci sia la stessa disponibilità al confronto».
La minoranza chiede la riduzione dei nominati, l’apparentamento al secondo turno…
«Abbiamo accettato i quattro quinti delle richieste, a cominciare dalla clausola di salvaguardia di D’Attorre. Ma se vogliono dimostrare che contano così tanto da far cambiare l’accordo con Berlusconi solo per piantare una bandierina, si va a sbattere».
Speranza ha fissato l’assemblea di Area riformista il 14 marzo, Bersani riunisce i suoi il 21.
«Se le correnti non sono luoghi dove cresce la cultura del Pd, ma strumenti di potere per portare avanti delle carriere personali, io penso sia sbagliato».
Volete epurare i presidenti di commissione come Boccia e Damiano e sostituire il capogruppo Speranza?
«Non sono d’accordo con nessuna forma di epurazione. Ma chi ricopre ruoli istituzionali eviti atteggiamenti di parte. Se si vuole dare battaglia lo si fa con gli stessi mezzi degli altri, non da posizioni di privilegio. Alzare lo scontro per rafforzare posizioni personali o di corrente è un errore clamoroso».
In Sicilia i civatiani se ne vanno, succederà anche nel Pd nazionale?
«Una scissione sarebbe negativa. Ma se dovesse esserci, sarà dovuta a calcoli elettorali e posizionamenti personali. Nessuno potrà portare come alibi il fatto che il Pd non abbia realizzato riforme di sinistra».
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Re: quo vadis PD ????
angela.mauro@huffingtonpost.it
Matteo Renzi al lavoro sulla riforma del Pd: già ascoltati gli ex segretari Veltroni, Epifani, Bersani, Franceschini
Quindici giorni fa la commissione Orfini ha ascoltato tutti gli ex segretari Dem, con le loro visioni – le più diverse anche – sul partito. Ma la commissione è al lavoro dallo scorso autunno, nata dopo la direzione del 20 ottobre convocata da Renzi sulla ‘forma partito’
Oltre a Orfini, ci sono il vicesegretario Lorenzo Guerini, il bersaniano Nico Stumpo, il veltroniano Salvatore Vassallo, Fabrizio Barca, la prodiana Sandra Zampa, Giorgio Tonini e altri.
Un partito non più liquido, ma pesante, solido e strutturato nella sua tenuta sui territori, fatto di tessere e iscritti con contano, nel senso che spetterà a loro eleggere i segretari regionali, non più alla platea allargata delle primarie, che resteranno invece per l’elezione del segretario nazionale e candidato premier. E’ questo il progetto di Matteo Renzi,
Proprio oggi Guerini ha incontrato i segretari regionali e i responsabili dell’Organizzazione de Pd, per la campagna tesseramento 2015 che prenderà il via il 30 marzo. Il 2014 si è chiuso con 391mila iscritti, nessun aumento rispetto alle gestioni Democratiche precedenti. “Avremo un nuovo modello di tessera che conterrà un codice unico per ogni singolo iscritto e che varrà per sempre”, è una delle innovazioni cui Guerini fa accenno. Significa che le tessere saranno tutte diverse l'una dall'altra, come fossero le tessere di un puzzle a rappresentare le diverse sensibilità del Pd. Lo slogan: "Il Pd lo costruisci tu". "Si tratta di importanti novità che ci consentiranno di avvicinare ulteriormente il partito ad elettori ed iscritti perfezionando gli strumenti di partecipazione", sostiene Guerini.
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"Il Pd lo costruisci tu". , COME SLOGAN NON è MALE , solo bisogna vedere se la base è in sintonia con il premier Renzi .
Matteo Renzi al lavoro sulla riforma del Pd: già ascoltati gli ex segretari Veltroni, Epifani, Bersani, Franceschini
Quindici giorni fa la commissione Orfini ha ascoltato tutti gli ex segretari Dem, con le loro visioni – le più diverse anche – sul partito. Ma la commissione è al lavoro dallo scorso autunno, nata dopo la direzione del 20 ottobre convocata da Renzi sulla ‘forma partito’
Oltre a Orfini, ci sono il vicesegretario Lorenzo Guerini, il bersaniano Nico Stumpo, il veltroniano Salvatore Vassallo, Fabrizio Barca, la prodiana Sandra Zampa, Giorgio Tonini e altri.
Un partito non più liquido, ma pesante, solido e strutturato nella sua tenuta sui territori, fatto di tessere e iscritti con contano, nel senso che spetterà a loro eleggere i segretari regionali, non più alla platea allargata delle primarie, che resteranno invece per l’elezione del segretario nazionale e candidato premier. E’ questo il progetto di Matteo Renzi,
Proprio oggi Guerini ha incontrato i segretari regionali e i responsabili dell’Organizzazione de Pd, per la campagna tesseramento 2015 che prenderà il via il 30 marzo. Il 2014 si è chiuso con 391mila iscritti, nessun aumento rispetto alle gestioni Democratiche precedenti. “Avremo un nuovo modello di tessera che conterrà un codice unico per ogni singolo iscritto e che varrà per sempre”, è una delle innovazioni cui Guerini fa accenno. Significa che le tessere saranno tutte diverse l'una dall'altra, come fossero le tessere di un puzzle a rappresentare le diverse sensibilità del Pd. Lo slogan: "Il Pd lo costruisci tu". "Si tratta di importanti novità che ci consentiranno di avvicinare ulteriormente il partito ad elettori ed iscritti perfezionando gli strumenti di partecipazione", sostiene Guerini.
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"Il Pd lo costruisci tu". , COME SLOGAN NON è MALE , solo bisogna vedere se la base è in sintonia con il premier Renzi .
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