Articolo 4

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

oppure questo????


La marcia trionfale dei ricchi globali
Analisi.
Una società divisa tra subalterni dentro lo Stato e plutocrati nei confini del loro potere globale

Nadia Urbinati, il manifesto •
27 feb 15 •



Per i classici, la tirannia era il solo vero rischio anti-democratico, nella forma individuale o di piccoli gruppi (di oligarchi).

La licenza e l’ingordigia per il potere erano le passioni a rischio di sovvertire l’ordine, spesso con il sostegno del più poveri, mesmerizzati dai demagoghi.

Lo scenario che ci possiamo attendere oggi è diverso: non masse anarchiche e in ebollizione, non guerrieri e oligarchi di ceto; ma masse di individui isolati negli stati-nazione e oli-garchi della finanza nei villaggi globali.

Una società divisa tra subalterni dentro i confini statali e plutocrati dentro i confini del loro potere globale.

Alla base, una convergenza di tutti i poteri che originariamente operavano separatamente, secondo il modello liberale classico: il potere economico, quello religioso e quello politico.

Sheldon Wolin ha chiamato questa nuova società un «totalitarismo invertito», nel quale pubblico e privato diventano simbiotici e perdono la loro specifica distintività.

«Invertito» non significa che una sfera prende il posto dell’altra (come col patrimonialismo).

Significa che l’una e l’altra sono in un rapporto di integra-zione totale (come la scuola statale e quella privata parificata che sono dette appartenere a un sistema pubblico integrato).

Convergono e danno luogo a qualche cosa di nuovo, una incorporazione di forme che erano separate.

E que¬sto spiega il lamento per il declino dei corpi intermedi: una società totalizzante.

Mentre alle origini della modernità, l’economia di mercato aveva promosso decentralizzazione e frantumato i monopoli (Adam Smith) stimolando la libertà economica e indirettamente l’espansione dei diritti, civili e politici, nella nostra società assistiamo a un processo molto diverso.

Qui, imprenditori e capitalisti finanziari alimentano il loro potere nella misura in cui cancellano la decentralizzazione e creano una società organica e incorporata, sia a livello nazionale che internazionale.

Si tratta di un ritorno al monopolio, non più nella forma di un bisogno tirannico di accumulo, come nel passato, ma nella forma organizzata da norme e abiti comportamentali che generano una classe di ricchi globali; una società a sé stante di persone che stilano tra loro contratti matrimoniali, che non hanno nazione e vivono nelle stesse città e negli stessi grattacieli.

Che si monitorano a vicenda, cercando di captare i mutamenti di fortuna. E creano istituzioni internazionali loro proprie con le quali determinare la vita degli stati, ovvero della classe dei senza-potere, che vivono dentro gli stati e se varcano i confini lo fanno per emigrare andando a rioccupare la stessa classe nel nuovo paese; una classe di milioni di disaggregati, illusi di essere liberi perché parte di social network.

Questa lettura mostra la traiettoria della modernità dall’individualismo all’olismo, da una società che riposava sul conflitto tra eroi individuali o di casato, e poi tra le classi organizzate in partiti, a una società che è un vero corpo omogeneo e unitario, sia negli strati bassi che in quelli alti.

E se e quando i conflitti esplodono, si tratta di eventi periferici (alcune fasce di precariato, questa o quella regione contro il centro, ecc.) che non cambiano il carattere dell’ordine globale e non ne incrinano l’organicità.

A provarlo basta pensare a questo: molte delle strategie sviluppate nella società moderna per rendere possibile la resistenza individuale a questa logica olistica stanno producendo l’effetto opposto.

Per esempio, i partiti di sinistra del ventesimo secolo avevano lo scopo di rivendicare i diritti dei molti contro l’abuso del potere dei pochi potenti; e usavano la sola arma che i deboli hanno da sempre: l’alleanza, l’unione, l’integrazione delle forze sparse. In questo modo riuscivano a resistere all’oligarchia industriale.

Ma il risultato, che sta sotto i nostri occhi, è molto diverso dalle aspettative o dalle intenzioni originarie: i partiti che si nominano di sinistra operano contro i diritti sociali e la dignità politica delle moltitudini mentre svolgono il ruolo di convincere i senza-potere che quel che occorre fare è assecondare la logica del sistema, quindi lavorare nel rischio e senza diritti e procurarsi una formazione funzionale alla loro oggettiva precarietà. La favola del merito è il nucleo di questa ideologia della subalternità.
La convergenza delle forze nel campo sociale e in quello economico ha vinto sulle resistenze e come esito abbiamo una massa di senza-potere senza organizzazioni di resistenza.

A questo punto resta ai deboli il populismo, che ripropone il vecchio mito collettivo del vox populi vox dei, salvo usarlo, come facevano gli antichi demagoghi, per attuare un cambio di leadership che non cambia la condizione dei molti. È ipocrita gridare allo scandalo contro il populismo, che non è il fenomeno scatenante ma il sintomo, retto sull’illusione data ai senza-potere di mutare la loro sorte.
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Re: Articolo 4

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o questo?????



L'ANALISI

Feltri: vi dico io dove va (e quanto vale) Landini

"Landini fonda o non fonda un nuovo partito alla sinistra del Pd?" si chiede Vittorio Feltri sul Giornale. Nel caso, ha la stoffa per farlo? E quanto consenso avrebbe?


Di sicuro, scrive Feltri, "è personaggio", "sa stare in tv con disinvoltura", "non gli mancano prontezza di riflessi e faccia di tolla".

Insomma, "ha le caratteristiche per essere apprezzato da una discreta fetta di pubblico. Però esistono molti però". Innanzitutto deve vedersela con Civati e Cuperlo: "Se Landini fosse all'altezza di persuaderli a dare inizio all'affettamento, e lui stesso persuadesse la base, la più nostalgica della falce e martello, a seguirlo qualcosa di serio accadrebbe di sicuro".

Landini quindi riuscirebbe ad "aggiudicarsi un dieci per cento di voti. Non è poco, sufficiente a raggrumare sotto una unica sigla tutti i massimalisti di risulta". Ma attenzione, avverte Feltri, "se si realizzasse, il più felice sarebbe proprio Renzi, che si leverebbe dai piedi un gruppo di scocciatori e avrebbe facoltà di aprire le porte del Pd a un numero imprecisato di moderati attualmente senza tetto perché la casa delle libertà, edificata da Berlusconi, è stata danneggiata dai suddetti Casini, Fini, Alfano".

A questo punto "la mappa dei partiti sarebbe così composta: un Pd socialdemocratico tra il 30-35 per cento; un centrodestra restaurato (previsione ottimista) intorno al 20-25 per cento; una Lega circa del 15; un Landini con la dote del 10 e il resto mancia, per i pentastellati declinanti".

Questa però è solo una ipotesi perché, conclude Feltri, "non attribuiamo a Landini la forza di aggregare consensi bastanti per diventare il leader di un movimento del tipo di Podemos (Spagna) e di Tsipras (Grecia): non ci pare che l'Italia sia in condizioni di farsi trascinare in avventure simili. Ma non si sa mai".
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

od anche questo?



C'è qualcosa che va chiarito

Landini “politico”. Ecco la coalizione della nuova sinistra
Rodotà, Gino Strada, don Ciotti e…




Il leader Fiom tira diritto: “Non faccio un partito, ma mi muovo dal basso.
La Fiom si incontra con Emergency di Gino Strada, con Libera di don Ciotti, con Stefano Rodotà, punto di riferimento ideale di un’area ampia a sinistra, di strutture come la Rete degli studenti. I rapporti sono costanti con Sergio Cofferati che si dice “molto interessato” al progetto. Si guarda con interesse, anche se incontri finora non ci sono stati, ai comitati ambientalisti disseminati sul territorio, a esperienze di mutualismo sociale o ad alcuni settori dei centri sociali.
IL REFERENDUM, comunque sarebbe un test dello spazio politico esistente per questa coalizione sociale


Io ritengo che non si possa pensare che uno stato possa esistere senza che ci sia una formazione politica che lo guidi, non si può pensare di rimediare con i referendum agli errori della politica,
necessita invece far nascere una formazione politica per la guida del paese.
Che senso ha fare referendum su jobs act, riforma elettorale, riforme costituzionali, riforma delle pensioni ecc.ecc.... sa<rebbe tutto da rifare.
Questa formazione politica deve avere una base di cittadini di tutte le categorie di lavoratori dipendenti e autonomi che vivono del loro lavoro e non di rendite di posizioni.
Un passo avanti in questo senso lo ha fatto il M5S aprendosi a tutti, dettando nuove regole per gli eletti ( due legislature e poi a casa, limitare i costi della politica, vertici e basi in continuo contatto,
referendum senza quorum, fuori i corrotti dalla politica), ma non basta perché purtroppo il vertice vuol comandare più del necessario e la macchina dei rapporti con la base è un po' arrugginita.
Questa nuova formazione politica giustamente come dice Landini deve rappresentare chi lavora e nello stesso tempo deve trovare un giusto equilibrio tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, non deve permettere che aumentino le differenze economiche oltre un certo limite .
E' chiaro che una certa politica diventa possibile solo se si creano dei presupposti a livello internazionale ( vedi il segreto bancario, le differenze fiscali nei vari paesi ecc. ecc....)
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Re: Articolo 4

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anche questo ......



L’intoccabile: scalare l’Italia in pochi anni, con l’aiuto di chi?
Scritto il 23/11/14 • nella Categoria: Recensioni • (2)


«Solo gli ingenui possono pensare che un boy scout di provincia, noto fra gli amici come “il Bomba” per la spiccata attitudine a spararle grosse, possa scalare il potere in un paese come l’Italia con una tale rapidità e facilità, e soprattutto da solo». A spiegarne la strepitosa arrampicata, scrive Marco Travaglio, non bastano le sue innegabili doti di coraggio, prontezza, velocità, abilità comunicativa e sintonia con la pancia del paese, dopo il faticoso ventennio berlusconiano. «Il self-made man è roba americana, non italiana.

Il nostro italianissimo selfie mad man ha, dietro le spalle, robusti appoggi. La qual cosa non sarebbe affatto uno scandalo, se fosse tutto dichiarato e alla luce del sole. Purtroppo non lo è».

Al “mistero” dell’ascesa di Renzi è dedicato “L’intoccabile”, l’ultimo libro-indagine di Davide Vecchi, reporter del “Fatto Quotidiano”. Punto di partenza: Matteo Renzi non è soltanto il più giovane presidente del Consiglio della storia d’Italia, davanti a Benito Mussolini. È anche il più osannato e soprattutto il più misterioso. «Nessuno sa davvero come il giovanotto di Rignano sull’Arno abbia costruito il suo sistema di relazioni e protezioni nell’attesa di metter fuori il periscopio e uscire allo scoperto».

Dalla sua prima vera campagna elettorale, quella del 2003-2004 che lo portò alla presidenza della Provincia di Firenze, fino sulle poltrone di sindaco della sua città, poi segetario del Pd e infine di capo del governo.

«Quando Matteo era sindaco di Firenze – scrive Travaglio su “Micromega” – l’amico Marco Carrai gli metteva gentilmente a disposizione, a titolo gratuito, un pied-à-terre in via degli Alfani, senza neppure fargli pagare l’affitto e in palese conflitto d’interessi, visti i numerosi incarichi pubblici che Carrai ricopre». Altra «affettuosa amicizia», quella col berlusconiano Denis Verdini, «che nessuno sa di preciso quando sia cominciata né perché».

Il libro di Vecchi rievoca il fallimento di una società del padre, Tiziano Renzi, e l’inchiesta della Procura di Genova per bancarotta fraudolenta: «Salta fuori un groviglio di aziende che passano di mano in mano, fra soci effettivi e prestanome, e che soprattutto usano con disinvoltura contratti atipici di precariato e addirittura impiegano extracomunitari clandestini in nero, con strascichi di cause di lavoro che almeno in tre occasioni certificano violazioni dello Statuto dei lavoratori. Altro che articolo 18».

Centrale, ovviamente, l’atipico rapporto con Berlusconi, ovvero «l’unico politico della “vecchia guardia” che il polemicissimo Renzi non attacca, non sfancula, non critica, non sfida, non contraria, non scontenta mai». Secondo Vecchi, il forte legame tra i due non è mediato da Verdini: «E’ diretto, profondo, antico e naturalmente misterioso», annota Travaglio.


Nel libro, Vecchi risale allo zio di Renzi, Nicola Bovoli, fratello della madre di Matteo, che fu dirigente del gruppo Rizzoli e poi entrò in affari con Fininvest, «al punto da raccomandare il nipote prediletto per la famosa e fruttuosa (un bottino di 48 milioni di lire in cinque puntate) comparsata alla “Ruota della fortuna” nel 1994», condotto da Mike Bongiorno. «Poi, certo, arrivarono gli incontri ufficiali e ufficiosi: quello del 2005 fra il Caimano e il presidente della Provincia alla Prefettura di Firenze, con Verdini a fare da sensale.

E quello del 2010, già con la fascia tricolore di sindaco, nella villa di Arcore: Matteo – scrive Travaglio – si credeva così furbo da riuscire a tenerlo segreto, ma a divulgarlo provvide l’entourage del Cavaliere, costringendolo a imbarazzate e imbarazzanti spiegazioni».Ora, Berlusconi e Renzi «si vedono di continuo e dappertutto: dal Nazareno a Palazzo Chigi, senza neppure nascondersi».


Il Cavaliere «considera Matteo il suo unico erede: populista, bugiardo e gattopardesco», infatti «ne fiancheggia con entusiasmo e spudoratezza il governo (che peraltro completa la sua opera lasciata a metà)», compreso il sogno del “partito unico della nazione”. «Basta il fatto che lo Spregiudicato di Rignano abbia sdoganato il Pregiudicato di Arcore a spiegare tanta corrispondenza di amorosi sensi? O c’è qualcosa nel loro passato che dobbiamo ancora scoprire?». Una pista americana, per esempio: «Che ci faceva un uomo delle operazioni riservate Cia come Michael Ledeen al matrimonio di Carrai, in mezzo a banchieri, prelati, alti magistrati, imprenditori, nobiluomini, giornalisti, editori, top manager, finanzieri, faccendieri, oltre naturalmente a Matteo, premier e testimone dello sposo, impegnato proprio in quei giorni a dipingersi come vittima inerme e piagnucolante dei “poteri forti”?».

Domanda fondamentale: «Oltre alla squadra di governo che tutti purtroppo vediamo, formata da ragazzotti e fanciulle tanto mediocri e ignoranti quanto pretenziosi e arroganti, ce n’è un’altra che dirige il traffico da dietro le quinte?».(Il libro: Davide Vecchi, “L’intoccabile. Matteo Renzi, la vera storia”, Chiarelettere, 188 pagine, euro 13,90).


http://www.libreidee.org/category/recensioni/
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

e questo no?????


Gelli: L'abolizione del Senato è una mia idea
Renzi è un fenomeno italiano e degli Usa


Puntualmente, ad ogni passaggio cruciale della situazione politica italiana, l'ex “venerabile” Licio Gelli fa sentire la sua voce per lanciare messaggi cifrati e per ribadire che non solo non è un fantasma del passato, come troppi vorrebbero far credere, ma che c'è anche il suo marchio di fabbrica nei cambiamenti che stanno avvenendo sotto il nostro naso.

É quanto è successo per esempio con l'intervista a Il Fatto Quotidiano del 23 maggio, guarda caso all'immediata vigilia delle elezioni europee che hanno incoronato “supervincitore” il Berlusconi democristiano Renzi, legittimando, con questa provvidenziale “investitura popolare”, la sua fulminante ascesa politica pompata anche dalla massoneria nazionale e internazionale.


Naturalmente il capo della loggia P2 è troppo furbo per bruciare il suo nuovo cavallo di razza proclamandone ai quattro venti la provenienza dai suoi allevamenti.

Specialmente alla vigilia di un'elezione così importante, in cui un suo abbraccio troppo esplicito e diretto avrebbe potuto spaventare quegli elettori del PD che sono ancora convinti, o cercano di convincersi, che Renzi sia un leader “di sinistra”.


E perciò finge di prendere le distanze dall'ex neopodestà fiorentino, dicendo che è “un bambinone”, dipingendolo quasi come un parolaio, che “non è destinato a durare a lungo”. E che comunque – aggiunge con aria sorniona - “non è mai stato né lui né i suoi familiari nella massoneria”.


I cavalli di razza, sottolinea Gelli, erano altri: Cossiga e Andreotti, sopra tutti, perché “avevano entrambi dei sistemi di controllo politico, uno con 'Gladio' e l'altro con 'Anello', cosa che Berlusconi non è mai riuscito a ripetere.


E si sono visti i risultati di questa sua incapacità...”. Renzi invece “è circondato da mezze tacche: gli ex lacché di Berlusconi”, come per esempio Fini, Schifani e Alfano. Così come, prosegue Gelli come saltando di palo in frasca, Berlusconi si circondava di “personaggi di bassa levatura... penso a Verdini, un mediocre uomo di finanza; è un massone... credo, ma non della nostra squadra”.


Un patto siglato all'ombra delle logge massoniche
Insomma, si tratta del suo solito gioco di sottintesi, finte smentite e allusioni, con il quale nel momento stesso in cui sembra negare una cosa in realtà insinua il sospetto che sia vera: come quando dice (senza peraltro esserne richiesto dall'intervistatore) che né Renzi né i suoi familiari (chiara allusione alle voci che corrono su suo padre) sono mai stati nella massoneria.


E come quando ritorna sornionamente sull'argomento citando, tra tutti i “personaggi di bassa levatura” intorno a Berlusconi, proprio Verdini, di cui rammenta come di passaggio l'affiliazione alla massoneria: sapendo benissimo invece di citare colui che è il referente privilegiato e diretto di Renzi per il patto del Nazareno sull'Italicum ispirato alla legge elettorale mussoliniana Acerbo e sulle “riforme” istituzionali piduiste.


Come dire cioè che quel patto, prima ancora che nella sede nazionale del PD, è stato siglato all'ombra delle logge massoniche fiorentine, in cui evidentemente Renzi e Verdini sono di casa.




Ma in questo gioco Gelli si spinge ancor più in là, alludendo anche all'intervento della massoneria d'oltreoceano dietro la veloce ascesa di Renzi, quando dice che “Renzi è un fenomeno parzialmente italiano, e mi risulta che fra i suoi mentori politici ci siano persone che vivono a Washington”.



Con questo Gelli non dice nulla di nuovo, essendo noti i legami di Renzi (tramite anche la sua inquietante eminenza grigia, il massone e affiliato all'Opus Dei, Marco Carrai), con gli ambienti politico-finanziari Usa, e segnatamente con l'esponente della destra “neocon” e agente segreto molto addentro alle più oscure vicende e trame politiche italiane, Michael Leeden.


Del resto noi lo abbiamo denunciato ancor prima dell'ascesa di Renzi alla segreteria del PD e poi a Palazzo Chigi, e anche di recente, sul numero precedente de Il Bolscevico , si parla dei rapporti di Renzi con la destra Usa.


Ma il fatto che sia lo stesso “venerabile” della P2 a confermarlo è altamente significativo, specie se a farlo è un personaggio che in apertura dell'intervista ci tiene a ricordare che da quando Mussolini volle ricompensare la sua famiglia per i servigi resi allo Stato fascista ammettendolo nel mondo dei servizi segreti, “da allora non ne sono più uscito”.


Lasciando intendere cioè che tuttora mantiene i suoi legami e le sue fonti dirette nei servizi segreti. Che, com'è noto, sono sempre stati forti tanto in quelli italiani quanto in quelli d'oltreoceano.



“Mi considerano un lungimirante propositore di leggi”
Ma dove Gelli mette da parte ogni reticenza e allusione per rivendicare apertamente il suo ruolo di “grande burattinaio” della politica italiana è nel passaggio sulle “riforme di Renzi”, che non esita a proclamare farina del suo sacco, soprattutto l'abolizione del Senato che considera copiata dal suo “Piano di rinascita democratica” elaborato già alla metà degli anni '70: “Quelle di Renzi, per la legge elettorale e il Senato, sono goffe.


Per quanto riguarda Palazzo Madama, mi fa piacere pensare che, nonostante tutti mi abbiano vituperato, sotto sotto mi considerano un lungimirante propositore di leggi”, gongola infatti il capo della P2.


E più oltre, dopo aver ricordato anche lo “Schema R” elaborato insieme a Randolfo Pacciardi su richiesta dell'allora presidente Giovanni Leone, che poi non gli diede mai “alcun riscontro” (adombrando qui un suo ruolo nella campagna di stampa della sua “amica Camilla Cederna” che contribuì alle dimissioni di Leone), Gelli sottolinea:



“Riguardo al Piano di rinascita democratica, sfogliando le pagine di quel testo, si ritrova – nella parte riguardante le riforme istituzionali – una quasi totale abolizione del Senato (e delle Province, già cancellate da Renzi, ndr). Riducendone drasticamente il numero dei membri, aumentando la quota di quelli scelti dal presidente della repubblica e attribuendo al Senato una competenza limitata alle sole materie di natura economica e finanziaria, con l'esclusione di ogni altro atto di natura politica.



L'intento era ed è ancora oggi (sic) chiaro. Dare un taglio effettivo a un ramo del parlamento che, storicamente, ha maggiore saggezza e cultura non solo politica, a favore di una maggiore velocità nel fare leggi e riforme”.


Esattamente gli stessi concetti e perfino le stesse parole che usa Renzi per giustificare la sua controriforma del Senato e l'abolizione del bicameralismo.


Come non dare allora ancor più credito, dopo questa intervista, all'accusa dell'ex ministro Rino Formica lanciata sul Fatto Quotidiano del 3 maggio secondo cui “I programmi di Gelli e Renzi sono uguali e oggi non c'è alcuna forza maggioritaria, compresa quella di Grillo, che si pone il problema della democrazia organizzata”?



E come non vedere, anche alla luce delle parole dello stesso Gelli, che Renzi è una reincarnazione moderna e tecnologica di Berlusconi e Mussolini, creato in vitro dalla classe dominante borghese in camicia nera per far pagare più facilmente la crisi capitalistica ai lavoratori e alle masse popolari italiane, e per completare, in combutta col delinquente di Arcore, la seconda repubblica neofascista secondo il piano della P2?



Del resto anche il nuovo Valletta Marchionne aveva salutato Renzi premier con queste parole: "Ha il mio totale appoggio. Ieri sono stato estremamente orgoglioso” “Se non ci comportiamo così, se non diamo uno scossone la baracca non si muove. Lasciamo che la gente lo critichi per l’età, per lo stile. A me non importa niente, importa la sostanza di quello che sta facendo. L’importante è farlo finire. Ha dato target piuttosto aggressivi. Io sono veloce, ma il ragazzo...” “Io ci avrei messo un paio di settimane in più. Con tutti questi obiettivi Renzi ha molto da fare ”.

4 giugno 2014
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

ed infine questo?????



Riforme, Zagrebelsky: “Siamo quasi al punto zero della democrazia”
Politica
Il costituzionalista è intervenuto nel dibattito "Meno democrazia?" organizzato dalle associazioni "Libertà e giustizia" e "I popolari" a Torino: "Bisogna interrogarsi sulle cause e su chi ha determinato le condizioni in cui ciò si è verificato"
di F. Q. | 14 febbraio 2015 COMMENTI


“Un degrado, quasi il punto zero della democrazia”. Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha commentato così la discussione delle riforme in Parlamento e le polemiche sulla decisione del presidente del Consiglio di andare avanti nonostante le polemiche dell’opposizione. “Bisogna interrogarsi”, ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale, “sulle cause e su chi ha determinato le condizioni in cui ciò si è verificato”. Dubbi simili a quelli espressi dal costituzionalista Alessandro Pace che, in un’intervista al Fatto Quotidiano, ha detto che “le Camere si trovano sotto ricatto”.

Zagrebelsky è intervenuto nel corso del dibattito organizzato dalle associazioni “Libertà e Giustizia” e “I Popolari” sul tema “Meno democrazia? e ha rivelato le sue perplessità sulla situazione politica e sul dibattito in Parlamento. “Sono 40 anni”, ha detto, “che si parla di riforme costituzionali, chiediamoci in che direzione vanno quelle che sono in cantiere: in quella di aprire spazi alla politica e alla democrazia o piuttosto di valorizzare il momento esecutivo, che non è compatibile con l’ampliamento della democrazia?”.

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Secondo Zagrebelsky, che nel suo intervento ha ammonito la politica a lavorare in un “clima costituente“, bisognerebbe porsi la domanda se siano più importanti “le regole costituzionali o la qualità di chi le fa funzionare perché una cattiva Costituzione nella mani di una buona politica produce comunque risultati accettabili, mentre la migliore Costituzione nelle mani della cattiva politica produce risultati cattivi”. Riferendosi, infine, all’eventualità del referendum confermativo, il giurista ha invitato a fare attenzione perché, ha detto, “qui ci si gioca moltissimo. Se è richiesto dal Governo sarà un plebiscito e sarà un voto di schiacciamento da una parte o dall’altra. Si sta giocando una partita che può essere terribile”.

Nei mesi scorsi Matteo Renzi aveva liquidato i commenti dei costituzionalisti dicendo di “aver giurato sulla Costituzione e non sui professoroni“. E lo stesso Zagrebelsky, in occasione della festa del Fatto Quotidiano “Partecipa” ha rivelato di aver ricevuto una telefonata del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi che cercava di scusarsi per l’equivoco: “Abbiamo a che fare con la stampa, per cui le parole che usiamo più sono pesanti, più passano”, gli ha detto al telefono per giustificare le espressioni usate dal presidente del Consiglio. Ma secondo il costituzionalista sarebbe stato solo un modo per dimostrare che il governo stava cercando di sentire più esperti possibili sulle riforme.
Rom
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Re: Articolo 4

Messaggio da Rom »

flaviomob ha scritto: Partecipare vuol dire comunicare, condividere delle esperienze e delle idee, discutere. Ovviamente una pioggia incessante di articoli riportati integralmente non significa affatto partecipare, ma esercitarsi nel taglia - incolla. Nulla vieta a chi lo desidera di continuare a farlo, in completa libertà, ma bisognerebbe interrogarsi su:
1-A che pro?
2-Costituisce di fatto una rassegna stampa? Se è così, chiamiamola rassegna stampa.
Manca il numero 3: Quanto?

Sulla questione primarie e ideologie, francamente io, personalmente, non ho più la forza di intervenire: Flavio se lo ricorda certamente, che di questi due argomenti se n'è discusso in lungo e largo già al tempo della mailing list e poi dopo, nelle varie fasi del forum che è seguito alla mailing.
Quello era il momento giusto per discutere se fosse il caso di esaltare 'ste benedette primarie, e la loro demenziale versione "aperta": la grande stampa, allora, affiancava questo genere di modernizzazione, oltre ovviamente a celebrare con immediatezza la "morte delle ideologie".
Adesso i Grandi Opinionisti si accorgono che siamo finiti a trapestare nella fanghiglia, e sui blog del Fatto è tutto un fiorire di amare e indignate constatazioni, anche da parte di un ambito dello stesso centro-sinistra che a suo tempo aveva applaudito o si era distratto.
Dico questo, non solo perché i ritardi decennali sono un argomento nel merito, di sostanza, ma anche per giustificare la noia che generano certi articoli e certa stampa, che si ricollega strettamente al tema che trattiamo in questo thread.
In questo discorso ci metto, naturalmente, la questione delle "ideologie", della democrazia, del bipolarismo, della personalizzazione della politica, etc, ossia tutto il cucuzzaro di argomentazioni che salutavano la "modernità" e il "riformismo", il "partito leggero" e "l'Italia dei sindaci".
Quindi, mi scuso se non riesco a esaltarmi di fronte a questi "scoop" intellettuali e giornalistici fuori tempo massimo, anche perché ho la sensazione che abbiano lo scopo (probabilmente inconsapevole) di un confortante fattore consolatorio, adatto a creare uno spirito di corpo: "noi che" leggiamo e approviamo, e ci scambiamo cenni d'intesa e smorfie di disappunto, accompagnati dalla giaculatoria critica dei blogger e degli editoriali che trovano autorevolezza dal fatto di essere "pubblicati" da qualche parte.

PS
Nel fare INVIO, la configurazione del forum mi propone i post che sono stati pubblicati nel tempo in cui stavo scrivendo il mio.
Vedo che Camillo, come forma di partecipazione al discorso, ha scelto di prenderci per il culo: usando, ovviamente, una citazione extra large di articoli.
Bene. Ho capito.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
camillobenso
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Re: Articolo 4

Messaggio da camillobenso »

Rom ha scritto:
flaviomob ha scritto: Partecipare vuol dire comunicare, condividere delle esperienze e delle idee, discutere. Ovviamente una pioggia incessante di articoli riportati integralmente non significa affatto partecipare, ma esercitarsi nel taglia - incolla. Nulla vieta a chi lo desidera di continuare a farlo, in completa libertà, ma bisognerebbe interrogarsi su:
1-A che pro?
2-Costituisce di fatto una rassegna stampa? Se è così, chiamiamola rassegna stampa.
Manca il numero 3: Quanto?

Sulla questione primarie e ideologie, francamente io, personalmente, non ho più la forza di intervenire: Flavio se lo ricorda certamente, che di questi due argomenti se n'è discusso in lungo e largo già al tempo della mailing list e poi dopo, nelle varie fasi del forum che è seguito alla mailing.
Quello era il momento giusto per discutere se fosse il caso di esaltare 'ste benedette primarie, e la loro demenziale versione "aperta": la grande stampa, allora, affiancava questo genere di modernizzazione, oltre ovviamente a celebrare con immediatezza la "morte delle ideologie".
Adesso i Grandi Opinionisti si accorgono che siamo finiti a trapestare nella fanghiglia, e sui blog del Fatto è tutto un fiorire di amare e indignate constatazioni, anche da parte di un ambito dello stesso centro-sinistra che a suo tempo aveva applaudito o si era distratto.
Dico questo, non solo perché i ritardi decennali sono un argomento nel merito, di sostanza, ma anche per giustificare la noia che generano certi articoli e certa stampa, che si ricollega strettamente al tema che trattiamo in questo thread.
In questo discorso ci metto, naturalmente, la questione delle "ideologie", della democrazia, del bipolarismo, della personalizzazione della politica, etc, ossia tutto il cucuzzaro di argomentazioni che salutavano la "modernità" e il "riformismo", il "partito leggero" e "l'Italia dei sindaci".
Quindi, mi scuso se non riesco a esaltarmi di fronte a questi "scoop" intellettuali e giornalistici fuori tempo massimo, anche perché ho la sensazione che abbiano lo scopo (probabilmente inconsapevole) di un confortante fattore consolatorio, adatto a creare uno spirito di corpo: "noi che" leggiamo e approviamo, e ci scambiamo cenni d'intesa e smorfie di disappunto, accompagnati dalla giaculatoria critica dei blogger e degli editoriali che trovano autorevolezza dal fatto di essere "pubblicati" da qualche parte.

PS
Nel fare INVIO, la configurazione del forum mi propone i post che sono stati pubblicati nel tempo in cui stavo scrivendo il mio.
Vedo che Camillo, come forma di partecipazione al discorso, ha scelto di prenderci per il culo: usando, ovviamente, una citazione extra large di articoli.
Bene. Ho capito.

Complimenti.


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cardif
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Iscritto il: 24/01/2015, 20:23

Re: Articolo 4

Messaggio da cardif »

Iafran cita Russell: "solo (i morti e) gli stupidi non cambiano mai opinione", che io condivido.
Ma solo nella misura in cui, prima di farsela un'opinione, uno si sia prima documentato ed abbia letto per opportuna conoscenza le opinioni di altri (secondo Camillobenso) e poi abbia elaborato una sua sintesi in base al proprio 'io' (secondo Rom).
Altrimenti uno che cambia idea al primo spiffero di vento è stupido.

"La realtà è fuori dalla vostra mente": è una frase che ho spesso detto ai miei figli, quando confondevano la 'realtà' che loro avevano immaginato con quella che invece esisteva davvero. Anche su cose semplici, come l'idea che la benzina nel serbatoio fosse sufficiente a raggiungere una meta, e poi rimanevano per strada. Figuriamoci su cose complesse.
Credo che, spesso e non solo da adulti con idee fossilizzate, si tenda ad interpretare la realtà come quella che ciascuno si crea.
Per chi vuole sfuggire alla sclerosi delle sue idee, sono necessarie entrambe le cose: documentarsi ed elaborare.

Io dico la mia, per quel che vale. Secondo me due regole vanno rispettate:
- quella relativa al titolo dell'argomento, che deve rispecchiare il contenuto che si vuole proporre alla discussione; e questo perché chi legge il titolo possa decidere se seguire quella discussione e, eventualmente, intervenire; oppure se quell'argomento non gli interessa, e allora può non entrare a leggere.
- quella di attenersi all'argomento stesso; certo non in modo tassativo, qualche divagazione è ammissibile, ma si deve rispettare l'argomento di cui si parla. Altrimenti si perde il filo di ogni parvenza di ragionamento.

cardif
Rom
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Iscritto il: 29/01/2015, 12:46

Re: Articolo 4

Messaggio da Rom »

cardif ha scritto:Iafran cita Russell: "solo (i morti e) gli stupidi non cambiano mai opinione", che io condivido.
Ma solo nella misura in cui, prima di farsela un'opinione, uno si sia prima documentato ed abbia letto per opportuna conoscenza le opinioni di altri (secondo Camillobenso) e poi abbia elaborato una sua sintesi in base al proprio 'io' (secondo Rom).
Altrimenti uno che cambia idea al primo spiffero di vento è stupido.
Be', le opinioni si possono cambiare senza problemi: dipendono dalle sollecitazioni contingenti che ci provengono dalla realtà, che è mutevole nelle sue manifestazioni.
Le idee sono un'altra cosa. Si possono cambiare, ma con tempi diversi, e dipende anche da quanto siano generali, o da quanto siano fondate su una profonda convinzione, o da quanto siano inscindibili dal proprio carattere.
Però, ti devo una precisazione, che mi riguarda: io non sono un vessillifero dell'egocentrismo, né tanto meno sono uno spregiatore dello studio e della documentazione. Anzi, amo particolarmente il momento in cui mi trovo di fronte a un testo, un contributo intelligente, che mi dica qualcosa di nuovo, che mi sorprenda con un'ipotesi, che mi offra un punto di vista intrigante.
Amo ascoltare coloro che sento come migliori di me, più bravi, più informati, più intelligenti, o diversi da me, in modo profondo, significativo.
Certo, non succede in continuazione, ossia non è che mi capiti dieci volte al giorno di incrociare discorsi e posizioni davvero sorprendenti e interessanti: del resto, sarebbe strano il contrario, visto che, per esempio, di tutta la letteratura dell'800 possiamo assegnare un grado di profondo interesse a dieci, venti, o fossero pure cinquanta autori, o perfino cento - il che farebbe una media ottimale di uno all'anno.
Nella civiltà odierna, della comunicazione globale (e ipertrofica), la media può salire a uno al mese, o magari uno a settimana, tie' - e il "profondo interesse" attestarsi a un livello meno stratosferico, più volatile. Vogliamo metterci d'accordo sulla cifra di uno al giorno? Va bene, uno al giorno. Uno, e già mi sembra che ce ne sia abbastanza per alimentare il mio ego, per sollecitarlo a riflessioni e pensieri.
Se questo uno a settimana, o uno al giorno, diventano dieci o venti al giorno o cinquanta a settimana, siamo al supermercato - o, se preferisci, è un rumore di fondo, una forma di bulimia pseudo-informativa.
Ma poi, insisto: se pure avvenisse il miracolo di dieci o venti cose meravigliosamente interessanti ogni giorno, pubblicate sui giornali, una discussione - se vuole essere utile, anzi se vuole esistere - costringe a selezionarne due o tre, o meglio ancora uno stralcio significativo per ciascuna delle due o tre.
Non è una "tesi", la mia, ma una constatazione elementare, che non ha niente a che fare con la "libertà": o meglio, ha a che fare con la libertà degli altri, in quanto evita di intasare lo spazio con una caterva di materiale che nemmeno si fa in tempo a leggere tutto, e che nella sua eterogeneità toglie ogni possibilità di commento - ammesso che ne rimanga la voglia.
Ma giustamnte, direbbe qualcuno, a noi che ce frega del commento di Rom o di Flavio o di Cardif o di Iafran o di Camillo? Mica siamo in un forum.

Comunque, come dicevo nel post precdente, ho capito.
Ho capito che ho a che fare con il coccio, e che queste riflessioni sono poco gradite.
In fondo, non siamo qui per avere ragione, ma per capire.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
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