TAVECCHIO & CO.

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E.T.
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Iscritto il: 26/01/2015, 1:50

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Tavecchio, Lotito, Conte sono i massimi dirigenti del calcio italiano. Berlusconi, Verdini, Razzi e tanti altri di cui preferiremmo dimenticarci sono stati ai vertici politici o siedono in parlamento come rappresentanti del popolo italiano.
Personaggi di cui qualsiasi ambiente dovrebbe vergognarsi, qualsiasi stato, qualsiasi cittadino onesto e pulito.
Tutto questo grande sdegno grillino, le grandi litanie leghiste, le istanze morali della sinistra, niente di tutto questo serve a spostare di un solo centimetro le sagome di questi personaggi dalle loro poltrone.
Un destino di indegnità alle cariche che pare la cifra più eclatante della vita pubblica italiana.
Padroni del territorio, ascesi al culmine di carriere controverse e discusse,sostenuti da anni di scambi e ricatti personali, nel più limpido stile mafioso.
Tutti i nostri ambienti sono inquinati da condotte disinvolte e mai sanzionate né da meccanismi interni di controllo, né dall’opinione pubblica.
Che senso ha parlare di legalità e democrazia quando si consentono pratiche di emersione di candidati come frutti avvelenati di territori avvelenati? E’ già una dichiarazione di impotenza, la resa ai meccanismi esistenti, consegnarsi mani e piedi a ben avviati sistemi di controllo territoriale.
In quest’ottica, la fiera battaglia per le preferenze nella legge elettorale appare una strumentalizzazione pericolosa, perché le scelte di vertice appaiono forse più innocue di quelle che i nostri territori riescono ad esprimere.
I cittadini potrebbero sanzionare con il loro voto certe condotte, premiare l’indipendenza e non l’affiliazione, ma ci vorrebbero altri cittadini, quelli temuti da tutte le classi politiche, cittadini informati e consapevoli, cittadini non abbandonati in un ghetto di disperazione e di dipendenza, che li spinge alla connivenza con i potenti.
Rimane il problema dell’impresentabilità di certi personaggi, macchiette tragiche che ci sbeffeggiano dall’alto delle loro seggiole canagliescamente conquistate.
L’unica speranza è che facciano meno danni possibile, ma è una speranza malriposta, perché qualsiasi orticello non curato diventa presto una giungla incolta e impraticabile.
Per questo, tanti discorsi appaiono di dettaglio. Ci si perde dietro discussioni sul declino, mentre l’emblema di quel declino siede sorridente a presiedere la discussione, con la credibilità che ne deriva.
Una fiera battaglia sugli uomini , a questo punto, forse sarebbe più efficace delle infinite dispute sul metodo e sul rispetto di un consenso malato.
Quando vai ad esaminare le proposte di certi candidati, in qualsiasi ambito, non trovi un programma preciso di iniziative, ma il rosario degli appoggi, le garanzie acquisite di sostegni sospetti, una indeterminatezza che lascia spazio a promesse sottintese, una trasparenza da terzo mondo.
L’Italia di sempre, mai entrata nella modernità, altro che twitter.
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