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21/04/2012 - VERSO IL VOTO GLI SCENARI
Arriva da Napolitano l’elogio del centrismo
Il Presidente si è commosso ricordando l’amico scomparso
E torna a sferzare la politica: si deve risollevare dalla decadenza
ANTONELLA RAMPINO
ROMA
Interpretare le parole di Giorgio Napolitano come un endorsement a Pier Ferdinando Casini e alla sua nascente formazione centrista sarebbe una forzatura. Ma quando ieri, intervenendo al convegno che l’Enciclopedia Italiana guidata da Giuliano Amato ha dedicato all’opera di Luciano Cafagna, Napolitano ha preso la parola un fremito ha scosso la sala. In sostanza, oltre a un breve ulteriore richiamo alla politica perché si apra ai giovani e si rinnovi «sollevandosi dalla decadenza», Napolitano ha lodato le virtù del «centrismo», «categoria» ancora attualissima, rispetto al «perentorio bipolarismo». Un argomento che avrà mandato in brodo di giuggiole i centristi, appunto. E poi Napolitano ha elogiato le «arti del compromesso», specificando che vennero dispiegate al meglio da De Gasperi e Togliatti, come da Moro e Berlinguer. E qui in sala il frisson è andato calando, consolidandosi la convinzione che il Capo dello Stato, a un convegno storico su uno storico che come Cafagna che «considerava insostituibile valore la cultura politica, ovvero la cultura di chi fa politica», pensasse non alla girandola di iniziative annunciate di oggi al centro, al quasi-centro, e al centro-destra che annuncia favolose «novità» taumaturgiche, quanto piuttosto agli avvenimenti politici che hanno segnato la sua stessa lunga carriera politica, da ragazzo che conobbe Togliatti conversando di cultura lungo la via Tragara a Capri sino alle più alte cariche politiche e istituzionali e al Colle.
Occorre collocare le parole di Napolitano nel contesto in cui sono state pronunciate, per comprenderle. Cafagna è lo storico, e storico socialista per anni alla guida di «Mondoperaio», che - in soldoni - riaccese i riflettori sulla figura di Cavour, dando una moderna lettura dell’autore dell’Unità d’Italia. Spiegò, alla fine dello scorso millennio e dunque a scesa in campo berlusconiana compiuta, che genere di conflitto d’interessi avesse lo statista dell’unificazione, esemplificazione storica di un vizio che permea ampiamente non solo la politica, ma l’intera società italiana. Nella sala della Treccani si susseguono gli oratori, Michele Salvati, Ernesto Galli Della Loggia (del quale a suo tempo il capo dello Stato non apprezzò la confutazione della legittimità del governo Monti, «ma del resto non si tratta di un costituzionalista...», fu il commento).
Il presidente della Repubblica ascolta, prende come sempre qualche appunto. Poi parla a braccio. Dopo aver anzitutto precisato di muoversi «nel solco del meditato intervento del professor Galli della Loggia», che aveva parlato di due Cafagna, uno storico e l’altro politico, Napolitano sottolinea quale «rapporto stretto» vi sia tra i due Cafagna. E arriva a citare il capitolo conclusivo del saggio su Cavour del 1999, quello «nel quale compare la categoria, piuttosto contemporanea, del “ricorso al centrismo”, e assieme ad una realistica valorizzazione delle “arti, a volte geniali, a volte mediocri, della mediazione e del compromesso, da Depretis-Correnti o da Giolitti-Turati, a De Gasperi-Togliatti e a Moro-Berlinguer». Il tutto, dice Napolitano, in evidente controtendenza «rispetto alle correnti demolitorie della cosiddetta Prima Repubblica», e anche in controtendenza «alla nascente mitologia del più perentorio bipolarismo». Quello che Casini, absit iniuria verbis , definirebbe «bipolarismo muscolare».
Napolitano sottolinea pure che Cafagna di Cavour apprezzava «l’alta meditazione sulla politica», e «il ruolo decisivo dell’alchimia politica». Perciò, il presidente della Repubblica si duole «di non poter chiedere consiglio» all’amico scomparso, e naturalmente nel pronunciare queste parole un po’ si commuove. Ma poi, ripresosi con vigore, scandisce che «la sfida è vedere oggi la politica risollevarsi dalla decadenza». E anche che al Paese, pure in politica, occorrono «strade nuove». Evitando una cesura con la storia politica del Paese, e di quella che per convenzione si chiama «Prima Repubblica», visto anche che forse le strada nuova e non costituzionalmente sancita della «Seconda Repubblica», il bipolarismo appunto, non ha dato risultati soddisfacenti. Una riflessione personale e storica, con non pochi spunti di attualità.
http://www3.lastampa.it/politica/sezion ... tp/451125/
Arriva da Napolitano l’elogio del centrismo
Il Presidente si è commosso ricordando l’amico scomparso
E torna a sferzare la politica: si deve risollevare dalla decadenza
ANTONELLA RAMPINO
ROMA
Interpretare le parole di Giorgio Napolitano come un endorsement a Pier Ferdinando Casini e alla sua nascente formazione centrista sarebbe una forzatura. Ma quando ieri, intervenendo al convegno che l’Enciclopedia Italiana guidata da Giuliano Amato ha dedicato all’opera di Luciano Cafagna, Napolitano ha preso la parola un fremito ha scosso la sala. In sostanza, oltre a un breve ulteriore richiamo alla politica perché si apra ai giovani e si rinnovi «sollevandosi dalla decadenza», Napolitano ha lodato le virtù del «centrismo», «categoria» ancora attualissima, rispetto al «perentorio bipolarismo». Un argomento che avrà mandato in brodo di giuggiole i centristi, appunto. E poi Napolitano ha elogiato le «arti del compromesso», specificando che vennero dispiegate al meglio da De Gasperi e Togliatti, come da Moro e Berlinguer. E qui in sala il frisson è andato calando, consolidandosi la convinzione che il Capo dello Stato, a un convegno storico su uno storico che come Cafagna che «considerava insostituibile valore la cultura politica, ovvero la cultura di chi fa politica», pensasse non alla girandola di iniziative annunciate di oggi al centro, al quasi-centro, e al centro-destra che annuncia favolose «novità» taumaturgiche, quanto piuttosto agli avvenimenti politici che hanno segnato la sua stessa lunga carriera politica, da ragazzo che conobbe Togliatti conversando di cultura lungo la via Tragara a Capri sino alle più alte cariche politiche e istituzionali e al Colle.
Occorre collocare le parole di Napolitano nel contesto in cui sono state pronunciate, per comprenderle. Cafagna è lo storico, e storico socialista per anni alla guida di «Mondoperaio», che - in soldoni - riaccese i riflettori sulla figura di Cavour, dando una moderna lettura dell’autore dell’Unità d’Italia. Spiegò, alla fine dello scorso millennio e dunque a scesa in campo berlusconiana compiuta, che genere di conflitto d’interessi avesse lo statista dell’unificazione, esemplificazione storica di un vizio che permea ampiamente non solo la politica, ma l’intera società italiana. Nella sala della Treccani si susseguono gli oratori, Michele Salvati, Ernesto Galli Della Loggia (del quale a suo tempo il capo dello Stato non apprezzò la confutazione della legittimità del governo Monti, «ma del resto non si tratta di un costituzionalista...», fu il commento).
Il presidente della Repubblica ascolta, prende come sempre qualche appunto. Poi parla a braccio. Dopo aver anzitutto precisato di muoversi «nel solco del meditato intervento del professor Galli della Loggia», che aveva parlato di due Cafagna, uno storico e l’altro politico, Napolitano sottolinea quale «rapporto stretto» vi sia tra i due Cafagna. E arriva a citare il capitolo conclusivo del saggio su Cavour del 1999, quello «nel quale compare la categoria, piuttosto contemporanea, del “ricorso al centrismo”, e assieme ad una realistica valorizzazione delle “arti, a volte geniali, a volte mediocri, della mediazione e del compromesso, da Depretis-Correnti o da Giolitti-Turati, a De Gasperi-Togliatti e a Moro-Berlinguer». Il tutto, dice Napolitano, in evidente controtendenza «rispetto alle correnti demolitorie della cosiddetta Prima Repubblica», e anche in controtendenza «alla nascente mitologia del più perentorio bipolarismo». Quello che Casini, absit iniuria verbis , definirebbe «bipolarismo muscolare».
Napolitano sottolinea pure che Cafagna di Cavour apprezzava «l’alta meditazione sulla politica», e «il ruolo decisivo dell’alchimia politica». Perciò, il presidente della Repubblica si duole «di non poter chiedere consiglio» all’amico scomparso, e naturalmente nel pronunciare queste parole un po’ si commuove. Ma poi, ripresosi con vigore, scandisce che «la sfida è vedere oggi la politica risollevarsi dalla decadenza». E anche che al Paese, pure in politica, occorrono «strade nuove». Evitando una cesura con la storia politica del Paese, e di quella che per convenzione si chiama «Prima Repubblica», visto anche che forse le strada nuova e non costituzionalmente sancita della «Seconda Repubblica», il bipolarismo appunto, non ha dato risultati soddisfacenti. Una riflessione personale e storica, con non pochi spunti di attualità.
http://www3.lastampa.it/politica/sezion ... tp/451125/
Re: Top News
Caso P4, quante balle spaziali
di Marco Travaglio
Per l'onorevole Alfonso Papa è caduto un solo capo di imputazione su 19. E' accusato tre corruzioni, tre concussioni, cinque favoreggiamenti e altro. Mentre Bisignani è stato già condannato a 19 mesi. Eppure in tv e sui giornali è un coro in favore del deputato 'perseguitato' dai giudici
(20 aprile 2012)
L'altra sera, su La7, il vicedirettore del "Giornale" Nicola Porro sdottoreggiava sul processo P4: "Si è appena scoperto che Alfonso Papa non andava neppure arrestato". In contemporanea un altro esperto di diritto penale, Pierluigi Battista, vergava su Twitter una tacitiana sentenza sullo scandalo che l'estate scorsa terremotò il mondo della politica, degli affari e dell'editoria: "Dunque, dopo la P3, anche la P4 era una bufala (prevista). Aspettiamo impazienti il lancio della solida P5". Intanto "il Giornale" titolava: "I giudici ridicolizzano Woodcock, la P4 era una farsa. Il Tribunale boccia l'arresto di Papa". E "Libero", in stereo: "Il Riesame conferma: la P4 non esiste".
Ora, se davvero qualche giudice avesse stabilito che la P4 se l'è inventata Woodcock e che Papa non andava arrestato, la faccenda sarebbe grave: per quell'indagine Luigi Bisignani s'è fatto 4 mesi e 20 giorni di arresti domiciliari e Papa, il primo onorevole per cui il Parlamento abbia autorizzato l'arresto dopo trent'anni di dinieghi, ha trascorso 101 giorni a Poggioreale e altri due mesi ai domiciliari. In realtà la Procura, fra i vari reati contestati a Papa, riteneva che sussistesse a suo carico anche l'associazione per delinquere. Il gip disse no. Il Riesame disse sì. La Cassazione rinviò gli atti a un altro collegio del Riesame, che ha stabilito l'insussistenza di quel reato.
C'entra qualcosa tutto questo con l'arresto di Papa? Non c'entra nulla: Papa non fu arrestato per associazione per delinquere, ma per una spaventosa serie di altre accuse. Di queste, una sola è caduta: la corruzione del carabiniere Enrico La Monica (fuggito all'estero). Il che ha subito fatto strillare il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: "Il verdetto del Riesame è una clamorosa sconfessione per i pm Curcio e Woodcock e per coloro che in Parlamento gli hanno fatto da subalterni servitori". Forse Cicchitto dimentica le altre 19 imputazioni per cui Papa è già stato addirittura rinviato a giudizio nel processo che è in corso a Napoli. E precisamente: tre corruzioni, cinque favoreggiamenti, tre concussioni, tre estorsioni e cinque rivelazioni di segreti. In più Papa è indagato per la presunta ricettazione di Rolex rubati. Robetta. Dunque, ricapitolando: il venir meno di due imputazioni su 21 non inficia minimamente l'arresto di Papa, chiesto da tre pm, deciso da un gip, confermato da tre giudici del Riesame e poi da cinque della Cassazione.
Sarà almeno vero che qualche giudice ha scritto che la P4 era "una bufala", "una farsa", "non esiste"? No, è un'altra balla. Del resto, dell'esistenza della P4, non sono convinti soltanto i giudici, ma persino il principale accusato di averla organizzata e diretta: l'ex piduista Bisignani, già condannato a 2 anni e 6 mesi per la maxitangente Enimont. Che infatti ha patteggiato a Napoli 1 anno e 7 mesi di carcere per 10 imputazioni di associazione per delinquere, concussione, corruzione, ricettazione, favoreggiamento e rivelazione di segreti, senza la sospensione condizionale della pena. Figurarsi come si sarebbe sentito se i giudici avessero stabilito che era innocente a sua insaputa.
Ma il bello è che il suo patteggiamento è stato usato da Alessandro Sallusti (sul "Giornale" il 26 novembre) per dimostrare non la sua colpevolezza, ma la sua innocenza e naturalmente l'inesistenza della P4: "Fiumi di fango su politici, ministri, giornalisti. Un clima fetido che ha minato la maggioranza e non certo agevolato la lotta alla crisi economica. Ecco, non era vero nulla. La società segreta non è mai esistita. E adesso chi paga per questa ennesima patacca mediatico-giudiziaria?". Nello speciale Codice Sallustiano, non sono innocenti gli assolti, ma quelli che patteggiano le condanne. E se, per la P4, un imputato patteggia e l'altro viene rinviato a giudizio, vuol dire che la P4 non esiste. Lo dicono Sallusti, Belpietro, Porro e Battista. Dimostrando, a loro insaputa, che la P4 esiste eccome. E lotta insieme a loro.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... li/2178932
di Marco Travaglio
Per l'onorevole Alfonso Papa è caduto un solo capo di imputazione su 19. E' accusato tre corruzioni, tre concussioni, cinque favoreggiamenti e altro. Mentre Bisignani è stato già condannato a 19 mesi. Eppure in tv e sui giornali è un coro in favore del deputato 'perseguitato' dai giudici
(20 aprile 2012)
L'altra sera, su La7, il vicedirettore del "Giornale" Nicola Porro sdottoreggiava sul processo P4: "Si è appena scoperto che Alfonso Papa non andava neppure arrestato". In contemporanea un altro esperto di diritto penale, Pierluigi Battista, vergava su Twitter una tacitiana sentenza sullo scandalo che l'estate scorsa terremotò il mondo della politica, degli affari e dell'editoria: "Dunque, dopo la P3, anche la P4 era una bufala (prevista). Aspettiamo impazienti il lancio della solida P5". Intanto "il Giornale" titolava: "I giudici ridicolizzano Woodcock, la P4 era una farsa. Il Tribunale boccia l'arresto di Papa". E "Libero", in stereo: "Il Riesame conferma: la P4 non esiste".
Ora, se davvero qualche giudice avesse stabilito che la P4 se l'è inventata Woodcock e che Papa non andava arrestato, la faccenda sarebbe grave: per quell'indagine Luigi Bisignani s'è fatto 4 mesi e 20 giorni di arresti domiciliari e Papa, il primo onorevole per cui il Parlamento abbia autorizzato l'arresto dopo trent'anni di dinieghi, ha trascorso 101 giorni a Poggioreale e altri due mesi ai domiciliari. In realtà la Procura, fra i vari reati contestati a Papa, riteneva che sussistesse a suo carico anche l'associazione per delinquere. Il gip disse no. Il Riesame disse sì. La Cassazione rinviò gli atti a un altro collegio del Riesame, che ha stabilito l'insussistenza di quel reato.
C'entra qualcosa tutto questo con l'arresto di Papa? Non c'entra nulla: Papa non fu arrestato per associazione per delinquere, ma per una spaventosa serie di altre accuse. Di queste, una sola è caduta: la corruzione del carabiniere Enrico La Monica (fuggito all'estero). Il che ha subito fatto strillare il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto: "Il verdetto del Riesame è una clamorosa sconfessione per i pm Curcio e Woodcock e per coloro che in Parlamento gli hanno fatto da subalterni servitori". Forse Cicchitto dimentica le altre 19 imputazioni per cui Papa è già stato addirittura rinviato a giudizio nel processo che è in corso a Napoli. E precisamente: tre corruzioni, cinque favoreggiamenti, tre concussioni, tre estorsioni e cinque rivelazioni di segreti. In più Papa è indagato per la presunta ricettazione di Rolex rubati. Robetta. Dunque, ricapitolando: il venir meno di due imputazioni su 21 non inficia minimamente l'arresto di Papa, chiesto da tre pm, deciso da un gip, confermato da tre giudici del Riesame e poi da cinque della Cassazione.
Sarà almeno vero che qualche giudice ha scritto che la P4 era "una bufala", "una farsa", "non esiste"? No, è un'altra balla. Del resto, dell'esistenza della P4, non sono convinti soltanto i giudici, ma persino il principale accusato di averla organizzata e diretta: l'ex piduista Bisignani, già condannato a 2 anni e 6 mesi per la maxitangente Enimont. Che infatti ha patteggiato a Napoli 1 anno e 7 mesi di carcere per 10 imputazioni di associazione per delinquere, concussione, corruzione, ricettazione, favoreggiamento e rivelazione di segreti, senza la sospensione condizionale della pena. Figurarsi come si sarebbe sentito se i giudici avessero stabilito che era innocente a sua insaputa.
Ma il bello è che il suo patteggiamento è stato usato da Alessandro Sallusti (sul "Giornale" il 26 novembre) per dimostrare non la sua colpevolezza, ma la sua innocenza e naturalmente l'inesistenza della P4: "Fiumi di fango su politici, ministri, giornalisti. Un clima fetido che ha minato la maggioranza e non certo agevolato la lotta alla crisi economica. Ecco, non era vero nulla. La società segreta non è mai esistita. E adesso chi paga per questa ennesima patacca mediatico-giudiziaria?". Nello speciale Codice Sallustiano, non sono innocenti gli assolti, ma quelli che patteggiano le condanne. E se, per la P4, un imputato patteggia e l'altro viene rinviato a giudizio, vuol dire che la P4 non esiste. Lo dicono Sallusti, Belpietro, Porro e Battista. Dimostrando, a loro insaputa, che la P4 esiste eccome. E lotta insieme a loro.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio ... li/2178932
Re: Top News
Industria della difesa
Torna a crescere l’export militare
Dal Rapporto annuale, incompleto, della presidenza del Consiglio emerge una crescita del 5,28% del valore delle autorizzazioni all’esportazione. Boom dei programmi intergovernativi. Il principale acquirente di armi italiane nel 2011 è stata l’Algeria. Aumenta anche il flusso di denaro nei conti delle banche che appoggiano il business armato.
Alla fine, il tradizionale Rapporto 2011 del presidente del consiglio dei ministri sui lineamenti di politica di governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d'armamento è stato reso pubblico sul sito del governo. Largamente in ritardo. Ampiamente incompleto.
Dopo le lamentele di alcune organizzazioni della società civile, l'esecutivo Monti si è deciso a rendere noti i primi dati sull'import ed export del settore armiero italiano. Mancano, tuttavia, molte tabelle rispetto ai Rapporti precedenti. Su tutte, quella che indica in modo completo i paesi di destinazione delle armi italiane. Confidiamo in una prossima integrazione del documento.
La prima notizia che emerge dalle 106 pagine del Rapporto è che il principale acquirente di armi italiane nel 2011 è stata l'Algeria, con 477,52 milioni di euro (9,08%), seguita da Singapore (395,28 milioni) e India (259,41 milioni).
L'altra notizia è che il settore non conosce crisi. Rispetto al 2010, infatti, si «è registrato un incremento del 5,28% del valore delle autorizzazioni alle esportazioni, al netto delle autorizzazioni per i programmi intergovernativi. Si è passati dai 2 miliardi 906 milioni di euro del 2010 ai 3 miliardi 59 milioni del 2011.
L'anno scorso, poi, il ministero degli affari esteri ha rilasciato complessivamente 2.497 (2.210 nel 2010) autorizzazioni all'esportazione di materiale di armamento. Di cui 1.615 (1.492 nel 2010) per esportazioni definitive; 701 (610) per esportazioni temporanee; 181 (108) per proroghe di autorizzazioni rilasciate in precedenza.
Inversione di tendenza
Gli stessi estensori del Rapporto notano «un'inversione di tendenza rispetto al 2010 dovuta principalmente alla ripresa di alcuni programmi intergovernativi di cooperazione». Infatti, questi ultimi sono tornati ai valori del 2009: 2.201.889.500 di euro contro i "soli" 345.430.573,38 euro dell'anno scorso.
Entrando nel dettaglio dei dati, il documento ci spiega che «il 95,54% delle autorizzazioni, corrispondente a 1.543 (1.432 nel 2010) autorizzazioni, è relativo a materiali di valore inferiore a 10 milioni di euro, per un ammontare complessivo di 306,21 (992,52) milioni. (il 5,82% del totale contro il 30,52 del 2010); le autorizzazioni per materiale di valore tra i 10 e i 50 milioni sono state il 2,97 (3,22 nel 2010) per un ammontare di 1.073,59 (903,88) milioni di euro (il 20,40% del totale contro il 27,80% del 2010). Mentre l'1,49% (0,80) delle autorizzazioni è relativo a materiali di valore superiore ai 50 milioni di euro per un ammontare di 3.881 (1.355,32) milioni di euro, pari al 73,78% (41,68%) del totale delle esportazioni. Un dato, quest'ultimo, che evidenzia «la crescita del comparto nelle forniture di sistemi completi».
Se le autorizzazioni sono aumentate, si registra un leggero calo nel valore delle operazioni effettive di esportazione (2.664,61 milioni di euro contro i 2.754,24 del 2010). Cioè del materiale effettivamente transitato dalle Dogane. Il Rapporto ci tiene a precisare che i due dati (autorizzazioni e operazioni) non possono essere correlati, perché lo sfasamento temporale esistente tra l'autorizzazione all'esportazione con l'effettiva spedizione del materiale prodotto non rende omogenei i valori monetari totali.
«Gli effettivi movimenti doganali danno la corretta indicazione finanziaria di quanto l'Italia ha esportato in materiali per la difesa nell'anno, poiché nella maggioranza dei casi, l'esecuzione contrattuale è modulata su base pluriennale. Le autorizzazioni concesse rappresentano, invece, seppure con una certa approssimazione (in quanto non sempre i contratti si concludono nella loro completezza), una componente dell'ammontare del portafoglio di ordini esteri della nostra industria per la difesa».
Aziende
Per quanto riguarda le aziende esportatrici, primeggia come volume finanziario, l'Agusta spa (Gruppo Finmeccanica), con il 14,37%, pari a 756,19 milioni; seguita da Orizzonti sistemi navali (Gruppo Finmeccanica e Fincantieri), con il 7,915% pari a 416,17 milioni di euro e da Iveco spa con il 5,55% pari a 292,13 milioni di euro.
Aree di destinazione
I principali acquirenti sono stati, come abbiamo detto, l'Algeria, Singapore, l'India, seguite da Turchia (170,80 milioni) e Arabia Saudita (166 milioni). Per quanto riguarda le aree geopolitiche di destinazione delle esportazioni, ai paesi della Nato/Ue è andato il 35,98% delle autorizzazioni; all'Africa settentrionale e Vicino Medio Oriente il 24,03%; all'Asia il 22,94%; all'America centro meridionale il 9,77%; a quella settentrionale il 4,59%.
Per l'Africa Sub Sahariana, il valore complessivo delle autorizzazioni rilasciate è stato pari a 41 milioni di euro (1,37%), una cifra quasi doppia rispetto a quella del 2010 (25 milioni). Mancando la tabella che mostra in modo completo i paesi di destinazione delle nostri armi, non è possibile al momento fare la classifica dei paesi africani acquirenti.
Banche armate
Bisogna attendere la Relazione più completa della Presidenza del Consiglio per controllare l'attività puntuale dei vari istituti di credito nel sostenere l'attività armiera dell'industria italiana. Da quella Relazione si estrapola anche la classifica delle cosiddette "Banche armate". Nel Rapporto appena reso pubblico, invece, si registra, in modo succinto, solo la massa delle transazioni finanziarie. Bisogna ricordare che il ministero del Tesoro controlla quante volte e per quali importi una banca ha accreditato a un cliente soldi guadagnati vendendo armi all'estero.
Nel 2011 sono state autorizzate 1.720 transazioni bancarie (1.602 nel 2010), il cui valore complessivo è stato di 4.099 milioni di euro (3.586 nel 2010). Di queste transazioni, 881 (943 nel 2010) si riferivano ad autorizzazioni a operazioni di esportazione definitiva di materiali di armamento, per un ammontare di 2.386 milioni di euro (3.046 nel 2010).
È aumentato in modo vistoso il valore delle autorizzazioni relative a importazione definitiva e temporanee di materiale di armamento: 635 e 843 milioni contro i 225 e 187 del 2010.
Cresciuto anche il valore dei pagamenti per compensi di intermediazione: si è passati dai 95 milioni del 2010 (erano 35 nel 2009) ai 113 dell'anno scorso (Giba).
Nigrizia - 24/04/201
http://www.nigrizia.it/sito/notizie_pag ... IdModule=1
Torna a crescere l’export militare
Dal Rapporto annuale, incompleto, della presidenza del Consiglio emerge una crescita del 5,28% del valore delle autorizzazioni all’esportazione. Boom dei programmi intergovernativi. Il principale acquirente di armi italiane nel 2011 è stata l’Algeria. Aumenta anche il flusso di denaro nei conti delle banche che appoggiano il business armato.
Alla fine, il tradizionale Rapporto 2011 del presidente del consiglio dei ministri sui lineamenti di politica di governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d'armamento è stato reso pubblico sul sito del governo. Largamente in ritardo. Ampiamente incompleto.
Dopo le lamentele di alcune organizzazioni della società civile, l'esecutivo Monti si è deciso a rendere noti i primi dati sull'import ed export del settore armiero italiano. Mancano, tuttavia, molte tabelle rispetto ai Rapporti precedenti. Su tutte, quella che indica in modo completo i paesi di destinazione delle armi italiane. Confidiamo in una prossima integrazione del documento.
La prima notizia che emerge dalle 106 pagine del Rapporto è che il principale acquirente di armi italiane nel 2011 è stata l'Algeria, con 477,52 milioni di euro (9,08%), seguita da Singapore (395,28 milioni) e India (259,41 milioni).
L'altra notizia è che il settore non conosce crisi. Rispetto al 2010, infatti, si «è registrato un incremento del 5,28% del valore delle autorizzazioni alle esportazioni, al netto delle autorizzazioni per i programmi intergovernativi. Si è passati dai 2 miliardi 906 milioni di euro del 2010 ai 3 miliardi 59 milioni del 2011.
L'anno scorso, poi, il ministero degli affari esteri ha rilasciato complessivamente 2.497 (2.210 nel 2010) autorizzazioni all'esportazione di materiale di armamento. Di cui 1.615 (1.492 nel 2010) per esportazioni definitive; 701 (610) per esportazioni temporanee; 181 (108) per proroghe di autorizzazioni rilasciate in precedenza.
Inversione di tendenza
Gli stessi estensori del Rapporto notano «un'inversione di tendenza rispetto al 2010 dovuta principalmente alla ripresa di alcuni programmi intergovernativi di cooperazione». Infatti, questi ultimi sono tornati ai valori del 2009: 2.201.889.500 di euro contro i "soli" 345.430.573,38 euro dell'anno scorso.
Entrando nel dettaglio dei dati, il documento ci spiega che «il 95,54% delle autorizzazioni, corrispondente a 1.543 (1.432 nel 2010) autorizzazioni, è relativo a materiali di valore inferiore a 10 milioni di euro, per un ammontare complessivo di 306,21 (992,52) milioni. (il 5,82% del totale contro il 30,52 del 2010); le autorizzazioni per materiale di valore tra i 10 e i 50 milioni sono state il 2,97 (3,22 nel 2010) per un ammontare di 1.073,59 (903,88) milioni di euro (il 20,40% del totale contro il 27,80% del 2010). Mentre l'1,49% (0,80) delle autorizzazioni è relativo a materiali di valore superiore ai 50 milioni di euro per un ammontare di 3.881 (1.355,32) milioni di euro, pari al 73,78% (41,68%) del totale delle esportazioni. Un dato, quest'ultimo, che evidenzia «la crescita del comparto nelle forniture di sistemi completi».
Se le autorizzazioni sono aumentate, si registra un leggero calo nel valore delle operazioni effettive di esportazione (2.664,61 milioni di euro contro i 2.754,24 del 2010). Cioè del materiale effettivamente transitato dalle Dogane. Il Rapporto ci tiene a precisare che i due dati (autorizzazioni e operazioni) non possono essere correlati, perché lo sfasamento temporale esistente tra l'autorizzazione all'esportazione con l'effettiva spedizione del materiale prodotto non rende omogenei i valori monetari totali.
«Gli effettivi movimenti doganali danno la corretta indicazione finanziaria di quanto l'Italia ha esportato in materiali per la difesa nell'anno, poiché nella maggioranza dei casi, l'esecuzione contrattuale è modulata su base pluriennale. Le autorizzazioni concesse rappresentano, invece, seppure con una certa approssimazione (in quanto non sempre i contratti si concludono nella loro completezza), una componente dell'ammontare del portafoglio di ordini esteri della nostra industria per la difesa».
Aziende
Per quanto riguarda le aziende esportatrici, primeggia come volume finanziario, l'Agusta spa (Gruppo Finmeccanica), con il 14,37%, pari a 756,19 milioni; seguita da Orizzonti sistemi navali (Gruppo Finmeccanica e Fincantieri), con il 7,915% pari a 416,17 milioni di euro e da Iveco spa con il 5,55% pari a 292,13 milioni di euro.
Aree di destinazione
I principali acquirenti sono stati, come abbiamo detto, l'Algeria, Singapore, l'India, seguite da Turchia (170,80 milioni) e Arabia Saudita (166 milioni). Per quanto riguarda le aree geopolitiche di destinazione delle esportazioni, ai paesi della Nato/Ue è andato il 35,98% delle autorizzazioni; all'Africa settentrionale e Vicino Medio Oriente il 24,03%; all'Asia il 22,94%; all'America centro meridionale il 9,77%; a quella settentrionale il 4,59%.
Per l'Africa Sub Sahariana, il valore complessivo delle autorizzazioni rilasciate è stato pari a 41 milioni di euro (1,37%), una cifra quasi doppia rispetto a quella del 2010 (25 milioni). Mancando la tabella che mostra in modo completo i paesi di destinazione delle nostri armi, non è possibile al momento fare la classifica dei paesi africani acquirenti.
Banche armate
Bisogna attendere la Relazione più completa della Presidenza del Consiglio per controllare l'attività puntuale dei vari istituti di credito nel sostenere l'attività armiera dell'industria italiana. Da quella Relazione si estrapola anche la classifica delle cosiddette "Banche armate". Nel Rapporto appena reso pubblico, invece, si registra, in modo succinto, solo la massa delle transazioni finanziarie. Bisogna ricordare che il ministero del Tesoro controlla quante volte e per quali importi una banca ha accreditato a un cliente soldi guadagnati vendendo armi all'estero.
Nel 2011 sono state autorizzate 1.720 transazioni bancarie (1.602 nel 2010), il cui valore complessivo è stato di 4.099 milioni di euro (3.586 nel 2010). Di queste transazioni, 881 (943 nel 2010) si riferivano ad autorizzazioni a operazioni di esportazione definitiva di materiali di armamento, per un ammontare di 2.386 milioni di euro (3.046 nel 2010).
È aumentato in modo vistoso il valore delle autorizzazioni relative a importazione definitiva e temporanee di materiale di armamento: 635 e 843 milioni contro i 225 e 187 del 2010.
Cresciuto anche il valore dei pagamenti per compensi di intermediazione: si è passati dai 95 milioni del 2010 (erano 35 nel 2009) ai 113 dell'anno scorso (Giba).
Nigrizia - 24/04/201
http://www.nigrizia.it/sito/notizie_pag ... IdModule=1
Re: Top News
Crisi, in Italia si suicida un disoccupato al giorno. Record negativo in Lombardia
E' quanto emerge da un rapporto dell'Eures. Nel 2010 si sono tolte la vita 362 persone rimaste senza lavoro, superando così le 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto alle 270 accertate in media nel triennio precedente
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 17 aprile 2012
E’ in prevalenza la mancanza del lavoro o comunque di qualche prospettiva economica la ragione del dilagare dei suicidi in Italia, che ormai ogni giorno miete vittime soprattutto tra i disoccupati e tra i cosiddetti ‘esodati‘, tra coloro cioè che anche per ragioni anagrafiche nutrono meno speranze di altri di trovare un’altra occupazione. A livello territoriale, al di là delle ragioni più strettamente legate al lavoro, è il Centro-Nord a detenere il triste scettro dei casi di suicidio, con la Lombardia al primo posto. Il fenomeno dei tanti che quotidianamente compiono il gesto estremo è però riconducibile, racconta il Secondo Rapporto dell’Eures (‘Il suicidio in Italia al tempo della crisì), soprattutto alla figura maschile.
Nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, spiega l’Eures, il portale europeo della mobilità professionale, superando così i 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente. Il numero dei suicidi tra i disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perso il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l’aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009, a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell’identità e del ruolo sociale degli uomini. Ma la crisi si fa sentire soprattutto sui cosiddetti ‘esodati’, vale a dire tra coloro che hanno tra i 45 e i 64 anni, con un incremento del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.
Ma la disoccupazione, informa l’Eures, è anche alla base dei suicidi nelle fasce di età tra 45 e i 54 anni, aumentati del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni (+10,5%); il tutto a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. Tuttavia, come confermano anche le cronache di queste ultime settimane, a sentire il fiato sul collo della gelata economica sono anche gli artigiani e i commercianti. E secondo l’Eures nel 2010 336 tra questi hanno deciso di farla finita (contro i 343 del 2009). Lo studio definisce “molto alto il rischio suicidario” in questo ambito: in particolare nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (151 nel 2009), nel 90% dei casi uomini. Secondo la fotografia dell’Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l’è aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l’Emilia Romagna (278, 9,1%). Più della metà dei suicidi censiti in Italia si verifica in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori più alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, contro i 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma è il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita più consistente, con un +11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi.
E' quanto emerge da un rapporto dell'Eures. Nel 2010 si sono tolte la vita 362 persone rimaste senza lavoro, superando così le 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto alle 270 accertate in media nel triennio precedente
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 17 aprile 2012
E’ in prevalenza la mancanza del lavoro o comunque di qualche prospettiva economica la ragione del dilagare dei suicidi in Italia, che ormai ogni giorno miete vittime soprattutto tra i disoccupati e tra i cosiddetti ‘esodati‘, tra coloro cioè che anche per ragioni anagrafiche nutrono meno speranze di altri di trovare un’altra occupazione. A livello territoriale, al di là delle ragioni più strettamente legate al lavoro, è il Centro-Nord a detenere il triste scettro dei casi di suicidio, con la Lombardia al primo posto. Il fenomeno dei tanti che quotidianamente compiono il gesto estremo è però riconducibile, racconta il Secondo Rapporto dell’Eures (‘Il suicidio in Italia al tempo della crisì), soprattutto alla figura maschile.
Nel 2010 sono stati 362 i suicidi dei disoccupati, spiega l’Eures, il portale europeo della mobilità professionale, superando così i 357 del 2009, che già rappresentavano una forte impennata rispetto ai 270 accertati in media nel triennio precedente. Il numero dei suicidi tra i disoccupati tra il 2008 e il 2010 si attesta complessivamente al 39,2% del totale, salendo al 44,7% tra quanti hanno perso il lavoro. Considerando la sola componente maschile, l’aumento dei suicidi dei senza lavoro appare ancora più preoccupante (da 213 casi nel 2008 a 303 nel 2009, a 310 nel 2010), attestandosi a +45,5% tra il 2008 e il 2010, confermando così la centralità della variabile occupazionale nella definizione dell’identità e del ruolo sociale degli uomini. Ma la crisi si fa sentire soprattutto sui cosiddetti ‘esodati’, vale a dire tra coloro che hanno tra i 45 e i 64 anni, con un incremento del 12,6% nel 2010 rispetto al 2009 e del 16,8% rispetto al 2008.
Ma la disoccupazione, informa l’Eures, è anche alla base dei suicidi nelle fasce di età tra 45 e i 54 anni, aumentati del 13,3% rispetto al 2009, e in quella 55-64 anni (+10,5%); il tutto a fronte di una crescita complessiva dell’8,1%. Tuttavia, come confermano anche le cronache di queste ultime settimane, a sentire il fiato sul collo della gelata economica sono anche gli artigiani e i commercianti. E secondo l’Eures nel 2010 336 tra questi hanno deciso di farla finita (contro i 343 del 2009). Lo studio definisce “molto alto il rischio suicidario” in questo ambito: in particolare nel 2010 si sono contate 192 vittime tra i lavoratori in proprio (artigiani e commercianti) e 144 tra gli imprenditori e i liberi professionisti (151 nel 2009), nel 90% dei casi uomini. Secondo la fotografia dell’Eures sono aumentati nel 2010 i suicidi nelle regioni del Centro-Nord; ma a livello territoriale il primato se l’è aggiudicato la Lombardia (con 496 casi, +3% rispetto al 2009), seguita dal Veneto (320, pari al 10,5% del totale, con un aumento del 16,4% sul 2009) e l’Emilia Romagna (278, 9,1%). Più della metà dei suicidi censiti in Italia si verifica in una regione del Nord (1.628 casi nel 2010, pari al 53,4% del totale), a fronte del 20,5% al Centro (624 casi) e del 26,1% al Sud (796 casi). Anche in termini relativi il Nord conferma i valori più alti, con 5,9 suicidi ogni 100 mila abitanti, contro i 5,3 del Centro e dei 3,8 del Sud. Ma è il Centro Italia a registrare nel 2010 la crescita più consistente, con un +11,2% sul 2009, che sale a +27,3% nel Lazio, con 266 suicidi.
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Re: Top News
Efficienza edifici, Italia inadempiente
il caso finisce alla Corte di giustizia Ue
Roma deferita da Bruxelles per non essersi pienamente adeguata alla direttiva sul rendimento energetico in edilizia. Ora rischiamo una condanna con relativa ammenda
di VALERIO GUALERZI
RISCHIA di costare ancora una volta cara l'incapacità italiana di adeguarsi alle regole eruopee, soprattutto quando si tratta di tutela dell'ambiente. Dopo le diverse condanne e procedure aperte in materia di gestione dei rifiuti 1, ora è il tema dell'efficienza energetica a essere finito nel mirino del Bruxelles. Roma dovrà rispondere infatti davanti alla Corte di giustizia dell'Ue per non essersi pienamente adeguata alla direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia. Un procedimento che potrebbe concludersi con l'ennesima ammenda comminata all'Italia. La nostra normativa, secondo quanto spiegato oggi dalla Commissione europea, non è conforme alle disposizione relative ai certificati energetici. Un problema che era già stato sollevato da una serie di "avvisi" 2, come prevede la procedura comunitaria, caduti però evidentemente nel vuoto.
..........
..........
http://www.repubblica.it/ambiente/2012/ ... ef=HREC2-5
I nostri politici sono solo abituati ormai a spingere i bottoni di fiducia/sfiducia e quando c'è da registrare giuste direttive sono latitanti.
Ormai abbiamo un parlamento acefalo.
Il PD dovrebbe staccare la spina .... e terminare questa agonia.
Augh
il caso finisce alla Corte di giustizia Ue
Roma deferita da Bruxelles per non essersi pienamente adeguata alla direttiva sul rendimento energetico in edilizia. Ora rischiamo una condanna con relativa ammenda
di VALERIO GUALERZI
RISCHIA di costare ancora una volta cara l'incapacità italiana di adeguarsi alle regole eruopee, soprattutto quando si tratta di tutela dell'ambiente. Dopo le diverse condanne e procedure aperte in materia di gestione dei rifiuti 1, ora è il tema dell'efficienza energetica a essere finito nel mirino del Bruxelles. Roma dovrà rispondere infatti davanti alla Corte di giustizia dell'Ue per non essersi pienamente adeguata alla direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia. Un procedimento che potrebbe concludersi con l'ennesima ammenda comminata all'Italia. La nostra normativa, secondo quanto spiegato oggi dalla Commissione europea, non è conforme alle disposizione relative ai certificati energetici. Un problema che era già stato sollevato da una serie di "avvisi" 2, come prevede la procedura comunitaria, caduti però evidentemente nel vuoto.
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http://www.repubblica.it/ambiente/2012/ ... ef=HREC2-5
I nostri politici sono solo abituati ormai a spingere i bottoni di fiducia/sfiducia e quando c'è da registrare giuste direttive sono latitanti.
Ormai abbiamo un parlamento acefalo.
Il PD dovrebbe staccare la spina .... e terminare questa agonia.
Augh
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
Re: Top News
I “lodini” nascosti del governo Monti Sanatorie per manager, banche e società
Tutti gli "aiuti" dell'esecutivo. Per esempio alla Unicredit o a Dolce e Gabbana depenalizzando l'elusione fiscale. Ma anche a Caltagirone e Cimbri che avrebbero dovuto lasciare Generali e Cimbri perché condannati. Passando per le pensioni dei superburocrati e per la ridefinizione della concussione (che si infila nel processo Ruby)
di Marco Palombi | 27 aprile 2012
Sono diventati un po’, motivo per cui serve un riepilogo: si tratta dei “lodini” del governo, quei provvedimenti ad personas o ad aziendas infilati da burocrati e professori nelle loro “riforme di struttura”.
Banche e D&G. “Ci sono decine di posizioni aperte per pratiche di elusione fiscale, alcune anche molto grosse: non vorrei che da questa delega venisse fuori una sanatoria per il pregresso”. Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze con Prodi, l’uomo delle tasse su cui il Pdl ha fatto un paio di campagne elettorali, è parecchio preoccupato dall’articolo 9 della delega fiscale approvata dal governo: i bocconiani, infatti, promettono di depenalizzare l’elusione fiscale, recentemente inclusa tra le fattispecie penali da una sentenza della Cassazione. A quel punto – per impedire cortocircuiti tra vecchie e nuove norme, tra legge e giurisprudenza – cosa c’è di meglio di una bella sanatoria per il passato? Anche se così non fosse, comunque, il decreto attuativo del governo, quando sarà varato, finirà per influire su processi e indagini in corso.
Sono le “posizioni aperte, anche molto grosse” di cui parla Visco: gli stilisti Dolce e Gabbana, intanto, che la Suprema Corte ha rinviato in appello proprio considerando reati alcune pratiche elusive, Unicredit, i cui vertici sono indagati a Milano per aver sottratto all’erario 750 milioni di profitti, e buona parte delle principali banche italiane, già finite nel mirino del fisco per le stesse pratiche (Intesa, Mps, Popolare di Milano, etc).
Caltagirone & Co. Tra i “lodini” del governo tecnico va citato anche il nuovo regolamento sui requisiti di onorabilità per i manager delle assicurazioni: un testo partorito dal ministro berlusconiano Paolo Romani, ma “vistato” e pubblicato dall’attuale titolare della Giustizia. Vi si prevede che l’amministratore o alto dirigente di assicurazioni condannato per reati finanziari (e, sopra una certa soglia, anche d’altro genere ) venga sospeso dal suo incarico. Bene, si dirà. Peccato che la norma, entrata in vigore il 24 gennaio, non sia retroattiva e così Francesco Gaetano Caltagirone (già cliente dell’allora avvocato Severino), condannato ad ottobre per la scalata dei “furbetti” a Bnl, è potuto restare al suo posto di vicepresidente di Generali, così come ha potuto tenersi la poltrona l’ad di Unipol Carlo Cimbri, condannato nello stesso processo. Non solo: visto che le nuove regole non si applicano ai processi in corso, i due – se non finiscono di nuovo alla sbarra – possono stare tranquilli per sempre.
Superburocrati. In un decretino del 24 marzo, quello che “restituisce” alle banche le commissioni sui fidi, c’è un altro piccolo comma, notato ieri dall’Unità. È un emendamento al tetto agli stipendi per i manager di Stato: in sostanza prevede, per quelli che avrebbero potuto andare in pensione a dicembre ma sono ancora al loro posto, che la decurtazione dello stipendio non si rifletta sulla pensione. Quante persone riguarda? “Non lo so, massimo 5 o 10 – spiega il sottosegretario Gianfranco Polillo – Prendiamo il caso del ragioniere generale Mario Canzio: stipendio dimezzato, pensione pure, magari decideva di ritirarsi subito visto che poteva e noi non volevamo trovarci in difficoltà in quella o altre posizioni delicate”.
Berlusconi. Ai più maliziosi, l’emendamento del Guardasigilli al ddl anti-corruzione può ricordare i fasti dell’epoca del Cavaliere. Il testo della Severino, infatti, potrebbe incidere non poco sul processo Ruby: la norma riscritta, spiega la relazione tecnica, non solo provvede infatti a “circoscrivere la concussione”, ma anche ad una “netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione” con relativa diversità di pena e tempi di prescrizione. L’ex premier costrinse o indusse la Questura ad affidare Ruby a Nicole Minetti? È il crinale sottile su cui si giocherà la partita.
Bertolaso & co. Un altro souvenir d’antan è un piccolo articolo contenuto nel ddl di riforma della Protezione civile, approvato per ora solo in via preliminare: prima che il testo sia definitivo serve il via libera delle Regioni (e per ora non c’è), ma ad oggi all’articolo 10 si legge che “in considerazione dell’incertezza dei fenomeni e della speciale difficoltà tecnica connessa alla valutazione dei rischi (…) il soggetto incaricato dell’attività di previsione e prevenzione è responsabile solo in caso di dolo o colpa grave”. Si tratta di una specie di norma interpretativa che potrebbe avere effetti “sterilizzatori” sul processo alla commissione Grandi Rischi per la mancata evacuazione de L’Aquila prima del terremoto del 2009, a margine del quale è indagato anche Guido Bertolaso.
Corallo. Trattasi di Francesco, imprenditore del gioco d’azzardo con ottime entrature nella fu Alleanza nazionale, e figlio di Gaetano, in stretti rapporti con Nitto Santapaola e già condannato per associazione a delinquere semplice. Al povero Corallo jr era successo che la legge sulle nuove concessioni per le slot machine lo escludesse dalla spartizione della torta: prevedeva infatti il divieto per indagati e condannati di mafia, inclusi i coniugi e i parenti fino al terzo grado. Fortuna che un emendamento (parlamentare, ma col parere favorevole del governo) al dl liberalizzazioni abbia fatto sparire quella previsione: no a condannati e indagati e ai loro coniugi, via libera per tutti gli altri.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... no/209966/
Tutti gli "aiuti" dell'esecutivo. Per esempio alla Unicredit o a Dolce e Gabbana depenalizzando l'elusione fiscale. Ma anche a Caltagirone e Cimbri che avrebbero dovuto lasciare Generali e Cimbri perché condannati. Passando per le pensioni dei superburocrati e per la ridefinizione della concussione (che si infila nel processo Ruby)
di Marco Palombi | 27 aprile 2012
Sono diventati un po’, motivo per cui serve un riepilogo: si tratta dei “lodini” del governo, quei provvedimenti ad personas o ad aziendas infilati da burocrati e professori nelle loro “riforme di struttura”.
Banche e D&G. “Ci sono decine di posizioni aperte per pratiche di elusione fiscale, alcune anche molto grosse: non vorrei che da questa delega venisse fuori una sanatoria per il pregresso”. Vincenzo Visco, già ministro delle Finanze con Prodi, l’uomo delle tasse su cui il Pdl ha fatto un paio di campagne elettorali, è parecchio preoccupato dall’articolo 9 della delega fiscale approvata dal governo: i bocconiani, infatti, promettono di depenalizzare l’elusione fiscale, recentemente inclusa tra le fattispecie penali da una sentenza della Cassazione. A quel punto – per impedire cortocircuiti tra vecchie e nuove norme, tra legge e giurisprudenza – cosa c’è di meglio di una bella sanatoria per il passato? Anche se così non fosse, comunque, il decreto attuativo del governo, quando sarà varato, finirà per influire su processi e indagini in corso.
Sono le “posizioni aperte, anche molto grosse” di cui parla Visco: gli stilisti Dolce e Gabbana, intanto, che la Suprema Corte ha rinviato in appello proprio considerando reati alcune pratiche elusive, Unicredit, i cui vertici sono indagati a Milano per aver sottratto all’erario 750 milioni di profitti, e buona parte delle principali banche italiane, già finite nel mirino del fisco per le stesse pratiche (Intesa, Mps, Popolare di Milano, etc).
Caltagirone & Co. Tra i “lodini” del governo tecnico va citato anche il nuovo regolamento sui requisiti di onorabilità per i manager delle assicurazioni: un testo partorito dal ministro berlusconiano Paolo Romani, ma “vistato” e pubblicato dall’attuale titolare della Giustizia. Vi si prevede che l’amministratore o alto dirigente di assicurazioni condannato per reati finanziari (e, sopra una certa soglia, anche d’altro genere ) venga sospeso dal suo incarico. Bene, si dirà. Peccato che la norma, entrata in vigore il 24 gennaio, non sia retroattiva e così Francesco Gaetano Caltagirone (già cliente dell’allora avvocato Severino), condannato ad ottobre per la scalata dei “furbetti” a Bnl, è potuto restare al suo posto di vicepresidente di Generali, così come ha potuto tenersi la poltrona l’ad di Unipol Carlo Cimbri, condannato nello stesso processo. Non solo: visto che le nuove regole non si applicano ai processi in corso, i due – se non finiscono di nuovo alla sbarra – possono stare tranquilli per sempre.
Superburocrati. In un decretino del 24 marzo, quello che “restituisce” alle banche le commissioni sui fidi, c’è un altro piccolo comma, notato ieri dall’Unità. È un emendamento al tetto agli stipendi per i manager di Stato: in sostanza prevede, per quelli che avrebbero potuto andare in pensione a dicembre ma sono ancora al loro posto, che la decurtazione dello stipendio non si rifletta sulla pensione. Quante persone riguarda? “Non lo so, massimo 5 o 10 – spiega il sottosegretario Gianfranco Polillo – Prendiamo il caso del ragioniere generale Mario Canzio: stipendio dimezzato, pensione pure, magari decideva di ritirarsi subito visto che poteva e noi non volevamo trovarci in difficoltà in quella o altre posizioni delicate”.
Berlusconi. Ai più maliziosi, l’emendamento del Guardasigilli al ddl anti-corruzione può ricordare i fasti dell’epoca del Cavaliere. Il testo della Severino, infatti, potrebbe incidere non poco sul processo Ruby: la norma riscritta, spiega la relazione tecnica, non solo provvede infatti a “circoscrivere la concussione”, ma anche ad una “netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione” con relativa diversità di pena e tempi di prescrizione. L’ex premier costrinse o indusse la Questura ad affidare Ruby a Nicole Minetti? È il crinale sottile su cui si giocherà la partita.
Bertolaso & co. Un altro souvenir d’antan è un piccolo articolo contenuto nel ddl di riforma della Protezione civile, approvato per ora solo in via preliminare: prima che il testo sia definitivo serve il via libera delle Regioni (e per ora non c’è), ma ad oggi all’articolo 10 si legge che “in considerazione dell’incertezza dei fenomeni e della speciale difficoltà tecnica connessa alla valutazione dei rischi (…) il soggetto incaricato dell’attività di previsione e prevenzione è responsabile solo in caso di dolo o colpa grave”. Si tratta di una specie di norma interpretativa che potrebbe avere effetti “sterilizzatori” sul processo alla commissione Grandi Rischi per la mancata evacuazione de L’Aquila prima del terremoto del 2009, a margine del quale è indagato anche Guido Bertolaso.
Corallo. Trattasi di Francesco, imprenditore del gioco d’azzardo con ottime entrature nella fu Alleanza nazionale, e figlio di Gaetano, in stretti rapporti con Nitto Santapaola e già condannato per associazione a delinquere semplice. Al povero Corallo jr era successo che la legge sulle nuove concessioni per le slot machine lo escludesse dalla spartizione della torta: prevedeva infatti il divieto per indagati e condannati di mafia, inclusi i coniugi e i parenti fino al terzo grado. Fortuna che un emendamento (parlamentare, ma col parere favorevole del governo) al dl liberalizzazioni abbia fatto sparire quella previsione: no a condannati e indagati e ai loro coniugi, via libera per tutti gli altri.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... no/209966/
Re: Top News
Per le strade di Napoli è apparso questo cartellone – Foto
28/04/2012By violapost
Un cartellone 6 x 3 è apparso stamattina in via Cesare Rosaroll, a Napoli. L’iniziativa è stata ideata dal sito “I costi della Chiesa” e mette in evidenza quanto costa la Chiesa allo Stato ogni anno. Sul sito dell’associazione si fa una stima precisa, oltre sei miliardi. Per l’esattezza: 6.086.565.703
28/04/2012By violapost
Un cartellone 6 x 3 è apparso stamattina in via Cesare Rosaroll, a Napoli. L’iniziativa è stata ideata dal sito “I costi della Chiesa” e mette in evidenza quanto costa la Chiesa allo Stato ogni anno. Sul sito dell’associazione si fa una stima precisa, oltre sei miliardi. Per l’esattezza: 6.086.565.703
Re: Top News
Romiti: ‘Montezemolo è bugiardo come B.’
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/04/ ... me/196193/
“Mi auguro vivamente per il Paese, per l’opinione pubblica, per il benessere di quelli che sono oggi i miei nipoti e che saranno i figli dei miei nipoti, che Luca Cordero di Montezemolo non faccia politica”. Sono le parole di Cesare Romiti, ex Amministratore Delegato della Fiat di Giovanni Agnelli, durante il programma “Che tempo che fa“, su Rai Tre. “Non c’è mica molta differenza tra Montezemolo e Berlusconi“, aggiunge, “uno ha i capelli, l’altro non li ha”. Romiti racconta anche un aneddoto riportato nel suo ultimo libro, “La storia segreta del capitalismo italiano”. Era a casa della cantante di Caterina Caselli e Bettino Craxi gli chiese: “Senta Romiti, lei mi deve dire una cosa: ma tra questi due chi è il più bugiardo? Perché che siano bugiardi si sa, ma lei che li conosce meglio di me forse può aiutarmi a risolvere il dubbio”. La risposta di Romiti fu lapidaria: “Concordo con lei che sono due grandi bugiardi, ma se proviamo a tirare una moneta in aria, sono sicuro che cadendo rimarrebbe dritta”
30 aprile 2012
Guardando il video integrale, è inquietante la sua previsione di una "terza via" basata sul modello cinese.
Guarda al minuto 00.09.00
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... f.html#p=0
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/04/ ... me/196193/
“Mi auguro vivamente per il Paese, per l’opinione pubblica, per il benessere di quelli che sono oggi i miei nipoti e che saranno i figli dei miei nipoti, che Luca Cordero di Montezemolo non faccia politica”. Sono le parole di Cesare Romiti, ex Amministratore Delegato della Fiat di Giovanni Agnelli, durante il programma “Che tempo che fa“, su Rai Tre. “Non c’è mica molta differenza tra Montezemolo e Berlusconi“, aggiunge, “uno ha i capelli, l’altro non li ha”. Romiti racconta anche un aneddoto riportato nel suo ultimo libro, “La storia segreta del capitalismo italiano”. Era a casa della cantante di Caterina Caselli e Bettino Craxi gli chiese: “Senta Romiti, lei mi deve dire una cosa: ma tra questi due chi è il più bugiardo? Perché che siano bugiardi si sa, ma lei che li conosce meglio di me forse può aiutarmi a risolvere il dubbio”. La risposta di Romiti fu lapidaria: “Concordo con lei che sono due grandi bugiardi, ma se proviamo a tirare una moneta in aria, sono sicuro che cadendo rimarrebbe dritta”
30 aprile 2012
Guardando il video integrale, è inquietante la sua previsione di una "terza via" basata sul modello cinese.
Guarda al minuto 00.09.00
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/me ... f.html#p=0
Re: Top News
Mi sembra un cambio di passo. Che stia per tirare fuori gli "attributi"?
Monti: “L’Imu torna perchè l’Ici abolita quando non si poteva”
Il presidente del consiglio ha espresso sdegno perché "chi si vuol candidare per il governo del proprio paese non può giustificare l'evasione fiscale". Se non si vuole tassare la prima casa, rilancia il premier, "il governo è pronto a valutare una patrimoniale"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 aprile 2012
Mario Monti non ci sta. Dopo le dichiarazioni di Roberto Maroni che ha lanciato lo sciopero fiscale contro l’Imu e di Beppe Grillo che aveva paragonato le tasse alla mafia, il premier ha risposto seccamente: “Se all’Imu si preferisce la patrimoniale, il governo è pronto a valutare ogni proposta che garantisca la parità di gettito effettivo”. Poi la stoccata al precedente governo: ”Se oggi c’è l’Imu bisogna accettare l’amara verità, cioè che 3 anni fa è stata abolita l’Ici sulla prima casa senza valutare le conseguenze, in una situazione economica che non lo permetteva”. L’Italia ha ereditato decenni di politiche non serie, almeno a sentire Monti: “Ci sono responsabilità del passato che causano l’attuale pressione fiscale e tutti invocano la riduzione delle tasse. Il governo non si diverte ad imporre tasse elevate. Gli italiani non sono sprovveduti. La dimuzione del carico fiscale è possibile se tutti paghiamo le tasse e se tutti riconoscono che l’illegalità è immorale”. Per il primo ministro il vero balzello da sopprimere subito c’è: “Una pesantissima tassa occulta è la corruzione dilagante negli appalti, nelle assunzione e nella gestione delle risorse pubbliche”. Durante la conferenza stampa poi Monti ha conferito l’incarico di razionalizzare la spesa pubblica a Enrico Bondi.
Il presidente del consiglio, inoltre, ha espresso “sdegno”, perché “chi si vuol candidare per il governo del proprio paese non può giustificare l’evasione fiscale, né tanto meno invitare a non pagare le tasse o a istituire personali e arbitrarie compensazioni tra crediti e debiti verso lo Stato“. Il riferimento è un chiaro richiamo, oltre che a Maroni e Grillo, ad Angelino Alfano, che ieri invitava gli imprenditori che vantano crediti con lo stato a non pagare le tasse per uguale misura. Il premier ha ribadito inoltre che l’Italia si trova di fronte a problemi “seri, avendoli ereditati da decenni di politiche spesso non serie. Ci sono responsabilità del passato che sono causa dell’attuale pressione fiscale. Le irresponsabilità che troppo spesso vediamo nel presente nascondono errori gravi di chi ha schiacciato le generazioni future che oggi sono arrivate con un peso tributario che è servito a mantenere livelli di benessere“.
Parole che provocano un’immediata levata di scusi da parte del Pdl. Sull’Imu: “A Monti che a pochi giorni dal voto amministrativo attacca piccato chi gli consente di governare e dice che è buona e giusta la tassa sulla prima casa va ricordato che a tagliare e mettere sempre nuove tasse è capace qualsiasi contabile a riposo diplomato in ragioneria. In confronto il tanto censurato Tremonti mi sembra un gigante”, così il Coordinatore nazionale Ignazio La Russa. Sul riferimento ad Alfano invece interviene Daniele Capezzone: ”Ci sarà tempo per una valutazione complessiva dei toni e dei contenuti della conferenza stampa tenuta dal presidente Monti. Sin d’ora, però, appare grave, sorprendente e molto spiacevole che si mettano sullo stesso piano o comunque si confondano l’evasione fiscale e una proposta di civiltà come quella di compensare tasse e crediti delle imprese verso lo Stato”. Sull’attacco al precedente governo prende la parola Fabrizio Cicchitto: ”Quanto ai riferimenti sul passato, riteniamo francamente che sia un inutile esercizio polemico quello di aprire su di esso un dibattito rispetto al quale avremmo molte cose da dire”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04 ... va/214221/
Monti: “L’Imu torna perchè l’Ici abolita quando non si poteva”
Il presidente del consiglio ha espresso sdegno perché "chi si vuol candidare per il governo del proprio paese non può giustificare l'evasione fiscale". Se non si vuole tassare la prima casa, rilancia il premier, "il governo è pronto a valutare una patrimoniale"
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 30 aprile 2012
Mario Monti non ci sta. Dopo le dichiarazioni di Roberto Maroni che ha lanciato lo sciopero fiscale contro l’Imu e di Beppe Grillo che aveva paragonato le tasse alla mafia, il premier ha risposto seccamente: “Se all’Imu si preferisce la patrimoniale, il governo è pronto a valutare ogni proposta che garantisca la parità di gettito effettivo”. Poi la stoccata al precedente governo: ”Se oggi c’è l’Imu bisogna accettare l’amara verità, cioè che 3 anni fa è stata abolita l’Ici sulla prima casa senza valutare le conseguenze, in una situazione economica che non lo permetteva”. L’Italia ha ereditato decenni di politiche non serie, almeno a sentire Monti: “Ci sono responsabilità del passato che causano l’attuale pressione fiscale e tutti invocano la riduzione delle tasse. Il governo non si diverte ad imporre tasse elevate. Gli italiani non sono sprovveduti. La dimuzione del carico fiscale è possibile se tutti paghiamo le tasse e se tutti riconoscono che l’illegalità è immorale”. Per il primo ministro il vero balzello da sopprimere subito c’è: “Una pesantissima tassa occulta è la corruzione dilagante negli appalti, nelle assunzione e nella gestione delle risorse pubbliche”. Durante la conferenza stampa poi Monti ha conferito l’incarico di razionalizzare la spesa pubblica a Enrico Bondi.
Il presidente del consiglio, inoltre, ha espresso “sdegno”, perché “chi si vuol candidare per il governo del proprio paese non può giustificare l’evasione fiscale, né tanto meno invitare a non pagare le tasse o a istituire personali e arbitrarie compensazioni tra crediti e debiti verso lo Stato“. Il riferimento è un chiaro richiamo, oltre che a Maroni e Grillo, ad Angelino Alfano, che ieri invitava gli imprenditori che vantano crediti con lo stato a non pagare le tasse per uguale misura. Il premier ha ribadito inoltre che l’Italia si trova di fronte a problemi “seri, avendoli ereditati da decenni di politiche spesso non serie. Ci sono responsabilità del passato che sono causa dell’attuale pressione fiscale. Le irresponsabilità che troppo spesso vediamo nel presente nascondono errori gravi di chi ha schiacciato le generazioni future che oggi sono arrivate con un peso tributario che è servito a mantenere livelli di benessere“.
Parole che provocano un’immediata levata di scusi da parte del Pdl. Sull’Imu: “A Monti che a pochi giorni dal voto amministrativo attacca piccato chi gli consente di governare e dice che è buona e giusta la tassa sulla prima casa va ricordato che a tagliare e mettere sempre nuove tasse è capace qualsiasi contabile a riposo diplomato in ragioneria. In confronto il tanto censurato Tremonti mi sembra un gigante”, così il Coordinatore nazionale Ignazio La Russa. Sul riferimento ad Alfano invece interviene Daniele Capezzone: ”Ci sarà tempo per una valutazione complessiva dei toni e dei contenuti della conferenza stampa tenuta dal presidente Monti. Sin d’ora, però, appare grave, sorprendente e molto spiacevole che si mettano sullo stesso piano o comunque si confondano l’evasione fiscale e una proposta di civiltà come quella di compensare tasse e crediti delle imprese verso lo Stato”. Sull’attacco al precedente governo prende la parola Fabrizio Cicchitto: ”Quanto ai riferimenti sul passato, riteniamo francamente che sia un inutile esercizio polemico quello di aprire su di esso un dibattito rispetto al quale avremmo molte cose da dire”.
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Re: Top News
Se non si vuole tassare la prima casa, rilancia il premier, "il governo è pronto a valutare una patrimoniale"
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Totò direbbe: << A casa mia questo si chiama auto sputtanamento>>
Allora non è vero che non si può fare la patrimoniale!!!!!!!!!!!!!!! Come ha sostenuto Pierazzurro ed ancora stasera all’Infedele.
Si può fare ma Monti è andato incontro a Berlusconi e Casini e Bersani hanno acconsentito estendendo diffusamente l’Imu mettendo così in ginocchio una parte del Paese, quella che ha maggiori difficoltà, penalizzando di fatto l’economia e la ripresa del mercato interno.
Complimenti a tutti quanti………….per il salvataggio dell'Italia
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Totò direbbe: << A casa mia questo si chiama auto sputtanamento>>
Allora non è vero che non si può fare la patrimoniale!!!!!!!!!!!!!!! Come ha sostenuto Pierazzurro ed ancora stasera all’Infedele.
Si può fare ma Monti è andato incontro a Berlusconi e Casini e Bersani hanno acconsentito estendendo diffusamente l’Imu mettendo così in ginocchio una parte del Paese, quella che ha maggiori difficoltà, penalizzando di fatto l’economia e la ripresa del mercato interno.
Complimenti a tutti quanti………….per il salvataggio dell'Italia
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