G R E C I A
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Re: G R E C I A
Dall'articolo
LE SFIDE (VINTE) DA SYRIZA: FRA MUTUALISMO, RESISTENZA E CONFLITTO
vedo muoversi qlc anche in Italia, tra le forze poitiche lo sta facendo il M5S sia a livello nazionale con il microcredito5stelle sia a livello locale facilitando l'accesso al credito attraverso accordi con banche locali , favorendo imprese e prodotti locali, creando un fondo di solidarietà comunale con una adeguata politica fiscale locale che penalizza chi specula sulle aree dismesse.
Gli altri ?
LE SFIDE (VINTE) DA SYRIZA: FRA MUTUALISMO, RESISTENZA E CONFLITTO
vedo muoversi qlc anche in Italia, tra le forze poitiche lo sta facendo il M5S sia a livello nazionale con il microcredito5stelle sia a livello locale facilitando l'accesso al credito attraverso accordi con banche locali , favorendo imprese e prodotti locali, creando un fondo di solidarietà comunale con una adeguata politica fiscale locale che penalizza chi specula sulle aree dismesse.
Gli altri ?
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Re: G R E C I A
Syriza ha ben chiaro il contesto in cui va ad operare: quello di una democrazia “sospesa” e in ostaggio. Uno scenario comune tanto alla Grecia quanto all’Italia.
di Giulio Di Donato
Questo nuovo sistema istituzionale, confermato anche da altre fonti italiane con matrici di destra, hanno dato origine ad un nuovo termine che intende definire una transizione in atto, non ha più che una decina di giorni di vita.
Si chiama DEMOCRATURA, derivato dai termini: DEMOCRAZIA e DITTATURA.
^^^^^
PS. Il Tg7 delle 13,30, commentando l'evolversi della situazione greca, ha fatto sapere che il ministro della Difesa greco, ha preannunciato che in caso di fallimento delle trattative, toglierà i controlli all'invasione degli emigrati di diversa provenienza e non verificherà la presenza di eventuali terroristi.
Un ricatto ne tira un altro. E' sempre funzionato così.
di Giulio Di Donato
Questo nuovo sistema istituzionale, confermato anche da altre fonti italiane con matrici di destra, hanno dato origine ad un nuovo termine che intende definire una transizione in atto, non ha più che una decina di giorni di vita.
Si chiama DEMOCRATURA, derivato dai termini: DEMOCRAZIA e DITTATURA.
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PS. Il Tg7 delle 13,30, commentando l'evolversi della situazione greca, ha fatto sapere che il ministro della Difesa greco, ha preannunciato che in caso di fallimento delle trattative, toglierà i controlli all'invasione degli emigrati di diversa provenienza e non verificherà la presenza di eventuali terroristi.
Un ricatto ne tira un altro. E' sempre funzionato così.
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Re: G R E C I A
Grecia, ultimatum dall'Ue: 'Fate di più'. Borsa Atene crolla: -4%
Il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem (s), e il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis. (Archivio) (ANSA)
Economia.
Il presidente dell'Eurogruppo, Dijsselbloem: "Il confronto sulle riforme deve ripartire al più presto possibile'. Anche Merkel sferza la Grecia: 'Solidali con Grecia, ma ancora molta strada da fare' . Atene chiude in forte calo -4,18%
Il presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem (s), e il ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis. (Archivio) (ANSA)
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Il presidente dell'Eurogruppo, Dijsselbloem: "Il confronto sulle riforme deve ripartire al più presto possibile'. Anche Merkel sferza la Grecia: 'Solidali con Grecia, ma ancora molta strada da fare' . Atene chiude in forte calo -4,18%
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Re: G R E C I A
http://www.repubblica.it/economia/2015/ ... ef=HREC1-6
MILANO - La Grecia minaccia di sequestrare il Goethe Institut di Atene per rivalersi dei danni di guerra dell'era nazista. All'alba di oggi, il governo Tsipras ha approvato la creazione di un Comitato per domandare a Berlino il risarcimento per l'invasione tedesca durante la seconda guerra mondiale. Il ministro alla giustizia Nikos Paraskevopoulos ha confermato subito dopo di essere pronto in qualsiasi momento a firmare un decreto per sbloccare una decisione dell'Alta corte ellenica del 2000 che dava il via libera alla confisca di proprietà della Germania sul suolo nazionale. Nel mirino, secondo fonti vicine al dicastero, ci sarebbero appunto la sede del Goethe Institut ad Atene e Salonicco e la scuola tedesca della capitale.
"La Germania usa tutti i trucchi legali possibili per non onorare i suoi debiti legati al secondo conflitto mondiale - ha detto in Parlamento il premier Alexis Tsipras -. E' una questione delicata, lo sappiamo, ma è nostro dovere affrontarla per il rispetto di tutti i greci e di tutti gli Europei che hanno dato la vita per combattere il nazismo". Berlino sostiene da anni di aver saldato tutti i conti "economici" contratti con le invasioni del terzo reich con i risarcimenti garantiti nel 1960. Trasformati in saldi "tombali" grazie a un accordo del '90 dopo la riunificazione. "Per noi la questione è politicamente e giuridicamente chiusa", ha ribadito oggi il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo alle domande sulle rivendicazioni di Alexis Tsipras.
Atene dice il contrario, ribattendo in punta di diritto che non si tratta di intese definitive e una Commissione ha fissato nel 2013 in 162 miliardi il saldo che i tedeschi dovrebbero versare alla Grecia. Quanto basterebbe per cancellare metà del debito. Polemiche che in questi giorni, visto il clima sull'asse tra i due paese, sono ancor più roventi.
L'Alta Corte del Partenone aveva stabilito nel 2000 che gli eredi delle vittime dell'eccidio di Distomo (dove le truppe naziste hanno trucidato 218 civili nel 1944) avevano diritto a un risarcimento di 28 milioni. Nel 2000 l'allora ministro della Giustizia aveva firmato un decreto immediato per mettere le mani sui beni tedeschi in Grecia. Ma due giorni dopo, appena Berlino dette l'ok all'ingresso del paese nell'euro, fece una rapida retromarcia. Il tema dei risarcimenti di guerra torna ora a essere utilizzato come strumento negoziale su un tavolo dove gli interessi, in realtà, sono altri. "Malgrado gli evidenti ostacoli io sono pronto a mettere la mia firma di nuovo sulla decisione dei tribunali - ha detto Paraskevopoulos -. Capisco che dovremo parlare con la Germania della cosa, ma vado avanti"
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http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_su ... _germanici
Accordo sui debiti esteri germanici
L'accordo sui debiti esteri germanici, noto anche come accordo sul debito di Londra (in tedesco rispettivamente Abkommen über deutsche Auslandsschulden e Londoner Schuldenabkommen, in inglese Agreement on German External Debts e London Debt Agreement), è stato un trattato di parziale cancellazione del debito firmato a Londra il 27 febbraio 1953 tra la Repubblica Federale di Germania da una parte e Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia dall'altra.
I negoziati durarono dal 27 febbraio all'8 agosto 1953. Il trattato, ratificato il 24 agosto 1953, impegnava il governo della Repubblica federale di Germania sotto il cancelliere Konrad Adenauer a rimborsare i debiti esterni contratti dal governo tedesco tra il 1919 e il 1945 ed era accoppiato al concordato sul rimborso parziale dei debiti di guerra alle tre potenze occidentali occupanti. Vennero prese in considerazione le esigenze di 70 Stati, 21 dei quali provenienti direttamente dai partecipanti ai negoziati e firmatari del contratto; i Paesi del blocco orientale non vennero coinvolti e le loro richieste furono ignorate.
Il totale in fase di negoziazione ammontava a 16 miliardi di marchi di debiti degli anni 1920 inadempiuti negli anni 1930, ma che la Germania decise di rimborsare per ristabilire la sua reputazione. Questa somma di denaro venne pagata ai governi e alle banche private di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Altri 16 miliardi di marchi erano rappresentati da prestiti del dopoguerra dagli Stati Uniti. Sotto la negoziazione di Hermann Josef Abs, la delegazione tedesca raggiunse un elevato livello di riduzione del debito: con l'accordo di Londra infatti l'importo da rimborsare fu ridotto del 50% a circa 15 miliardi di marchi e dilazionato in più di 30 anni, il che, rispetto alla rapida crescita dell'economia tedesca, ha avuto un minore impatto.
L'accordo contribuì in modo significativo alla crescita del secondo dopoguerra dell'economia tedesca e al riemergere della Germania come potenza mondiale economica e permise alla Germania di entrare in istituzioni economiche internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio.
L'accordo normava anche i debiti delle riparazioni della Seconda Guerra Mondiale e questi vennero messi in correlazione con la riunificazione tedesca (evento che nel 1953 sembrava lontano e non certo). Venne stabilito che i debiti sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania. Quando nel 1990 questo evento si verificò i suddetti debiti vennero quasi totalmente cancellati, questo per permettere al nuovo stato di gestire una costosa e difficile riunificazione. Del totale rimasero operative solo delle obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di Marchi Tedeschi che vennero pagati a rate. Il 3 ottobre 2010 la Germania terminò di rimborsare i debiti imposti dal trattato con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro.
Dopo la fine della guerra fredda, tra il 1991 e il 1998 vennero firmati degli accordi bilaterali di compensazione - simili a quelli degli anni '60 con i paesi occidentali - con la Polonia, la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania.
MILANO - La Grecia minaccia di sequestrare il Goethe Institut di Atene per rivalersi dei danni di guerra dell'era nazista. All'alba di oggi, il governo Tsipras ha approvato la creazione di un Comitato per domandare a Berlino il risarcimento per l'invasione tedesca durante la seconda guerra mondiale. Il ministro alla giustizia Nikos Paraskevopoulos ha confermato subito dopo di essere pronto in qualsiasi momento a firmare un decreto per sbloccare una decisione dell'Alta corte ellenica del 2000 che dava il via libera alla confisca di proprietà della Germania sul suolo nazionale. Nel mirino, secondo fonti vicine al dicastero, ci sarebbero appunto la sede del Goethe Institut ad Atene e Salonicco e la scuola tedesca della capitale.
"La Germania usa tutti i trucchi legali possibili per non onorare i suoi debiti legati al secondo conflitto mondiale - ha detto in Parlamento il premier Alexis Tsipras -. E' una questione delicata, lo sappiamo, ma è nostro dovere affrontarla per il rispetto di tutti i greci e di tutti gli Europei che hanno dato la vita per combattere il nazismo". Berlino sostiene da anni di aver saldato tutti i conti "economici" contratti con le invasioni del terzo reich con i risarcimenti garantiti nel 1960. Trasformati in saldi "tombali" grazie a un accordo del '90 dopo la riunificazione. "Per noi la questione è politicamente e giuridicamente chiusa", ha ribadito oggi il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo alle domande sulle rivendicazioni di Alexis Tsipras.
Atene dice il contrario, ribattendo in punta di diritto che non si tratta di intese definitive e una Commissione ha fissato nel 2013 in 162 miliardi il saldo che i tedeschi dovrebbero versare alla Grecia. Quanto basterebbe per cancellare metà del debito. Polemiche che in questi giorni, visto il clima sull'asse tra i due paese, sono ancor più roventi.
L'Alta Corte del Partenone aveva stabilito nel 2000 che gli eredi delle vittime dell'eccidio di Distomo (dove le truppe naziste hanno trucidato 218 civili nel 1944) avevano diritto a un risarcimento di 28 milioni. Nel 2000 l'allora ministro della Giustizia aveva firmato un decreto immediato per mettere le mani sui beni tedeschi in Grecia. Ma due giorni dopo, appena Berlino dette l'ok all'ingresso del paese nell'euro, fece una rapida retromarcia. Il tema dei risarcimenti di guerra torna ora a essere utilizzato come strumento negoziale su un tavolo dove gli interessi, in realtà, sono altri. "Malgrado gli evidenti ostacoli io sono pronto a mettere la mia firma di nuovo sulla decisione dei tribunali - ha detto Paraskevopoulos -. Capisco che dovremo parlare con la Germania della cosa, ma vado avanti"
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http://it.wikipedia.org/wiki/Accordo_su ... _germanici
Accordo sui debiti esteri germanici
L'accordo sui debiti esteri germanici, noto anche come accordo sul debito di Londra (in tedesco rispettivamente Abkommen über deutsche Auslandsschulden e Londoner Schuldenabkommen, in inglese Agreement on German External Debts e London Debt Agreement), è stato un trattato di parziale cancellazione del debito firmato a Londra il 27 febbraio 1953 tra la Repubblica Federale di Germania da una parte e Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia dall'altra.
I negoziati durarono dal 27 febbraio all'8 agosto 1953. Il trattato, ratificato il 24 agosto 1953, impegnava il governo della Repubblica federale di Germania sotto il cancelliere Konrad Adenauer a rimborsare i debiti esterni contratti dal governo tedesco tra il 1919 e il 1945 ed era accoppiato al concordato sul rimborso parziale dei debiti di guerra alle tre potenze occidentali occupanti. Vennero prese in considerazione le esigenze di 70 Stati, 21 dei quali provenienti direttamente dai partecipanti ai negoziati e firmatari del contratto; i Paesi del blocco orientale non vennero coinvolti e le loro richieste furono ignorate.
Il totale in fase di negoziazione ammontava a 16 miliardi di marchi di debiti degli anni 1920 inadempiuti negli anni 1930, ma che la Germania decise di rimborsare per ristabilire la sua reputazione. Questa somma di denaro venne pagata ai governi e alle banche private di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Altri 16 miliardi di marchi erano rappresentati da prestiti del dopoguerra dagli Stati Uniti. Sotto la negoziazione di Hermann Josef Abs, la delegazione tedesca raggiunse un elevato livello di riduzione del debito: con l'accordo di Londra infatti l'importo da rimborsare fu ridotto del 50% a circa 15 miliardi di marchi e dilazionato in più di 30 anni, il che, rispetto alla rapida crescita dell'economia tedesca, ha avuto un minore impatto.
L'accordo contribuì in modo significativo alla crescita del secondo dopoguerra dell'economia tedesca e al riemergere della Germania come potenza mondiale economica e permise alla Germania di entrare in istituzioni economiche internazionali come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale e l'Organizzazione Mondiale del Commercio.
L'accordo normava anche i debiti delle riparazioni della Seconda Guerra Mondiale e questi vennero messi in correlazione con la riunificazione tedesca (evento che nel 1953 sembrava lontano e non certo). Venne stabilito che i debiti sarebbero stati congelati fino alla riunificazione della Germania. Quando nel 1990 questo evento si verificò i suddetti debiti vennero quasi totalmente cancellati, questo per permettere al nuovo stato di gestire una costosa e difficile riunificazione. Del totale rimasero operative solo delle obbligazioni per un valore di 239,4 milioni di Marchi Tedeschi che vennero pagati a rate. Il 3 ottobre 2010 la Germania terminò di rimborsare i debiti imposti dal trattato con il pagamento dell'ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro.
Dopo la fine della guerra fredda, tra il 1991 e il 1998 vennero firmati degli accordi bilaterali di compensazione - simili a quelli degli anni '60 con i paesi occidentali - con la Polonia, la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania.
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Re: G R E C I A
SYIZA SVELA L’EUROPA
di Luciana Castellina, 12 marzo 2015
«Gliela faremo pagare». In questa frase che le cronache sull’ultima riunione dell’Eurogruppo ci rimandano c’è tutto il caso greco. Al di là di ogni questione di merito, è evidente che a Bruxelles si sta giocando una partita politica di massima importanza e che ci riguarda: bisogna punire chi, per la prima volta in 58 anni di storia, ha osato sfidare i vertici dell’Unione europea e ha messo in discussione i criteri di conduzione di quella che dovrebbe essere una comunità. Questo è quel che conta: non deve più accadere, chi ci ha provato deve essere punito. Guai se si aprisse un varco alla politica. Cioè alla condivisione.
Perciò il signor Jeroen Dijssebloem ha alzato il ditino per dire no, sette riforme non ci bastano, ne vogliamo venti. La prossima volta diranno 25, chissà. Contro Varoufakis ci sono diciassette robot che continuano a chiedere al governo Tsipras, forte di un appoggio popolare senza precedenti, di pagare per le malefatte accumulate da chi sarà pur greco, ma è compagno di partito, e di casta, proprio di chi vorrebbe impartire lezioni di moralità: i ministri del governo Samaras. Proprio nelle stesse ore in cui questa scena andava in onda uno di loro, anzi il più importante perché l’ex ministro delle Finanze, Gikas Hardouvelis, veniva accusato di aver esportato illegalmente 450 mila euro in un paradiso fiscale inglese. «Volevo mettere al sicuro il capitale per i miei figli», si è scusato. Poveretto.
Non sono passati neppure due mesi da quando inediti personaggi , diversissimi da chi da sempre aveva comandato il paese, hanno preso le redini della Grecia, trovandosi a dover gestire un immane disastro economico e ormai umanitario. Ma la meravigliosa Europa non è disponibile a dargli tempo affinché possano riparare e riavviare lo sviluppo del paese, nonostante sempre più numerosi siano gli avvertimenti di economisti europei ed americani, che invitano Bruxelles a ragionare anziché ad emettere editti imperiali.
La partita in atto è durissima. Del resto sapevamo che così sarebbe stato. Ma è stato fondamentale avere accettato la sfida. Per la Grecia e per tutti noi che vorremmo un’altra Europa. Finalmente la grande questione di cosa voglia dire essere una comunità, che è cosa diversa da un mercato, è stata posta sul tappeto. Non si potrà più nasconderla sotto. E sarà stridente ascoltare, dopo questa vicenda, ripetere le retoriche invocazioni sull’Europa che ha portato pace e prosperità. Anche questa in corso è una guerra. Con le sue vittime umane.
Ci sono perplessità, e anche critiche per come Varoufakis e Tsipras hanno condotto le cose? Sì, certo. Provenienti dal loro stesso partito e Consiglio dei ministri. È comprensibile. Credo però che esse siano ingiuste. Si tratta di una guerra di lunga durata, non di una rapida e conclusiva battaglia, destinata a conoscere arretramenti e passi in avanti, per molti versi una vera guerriglia. Ma bisogna tenere i nervi saldi: i risultati non possono esser misurati nell’immediato, è già una vittoria aver imposto un nuovo discorso, aver aperto contraddizioni (che nonostante l’apparente unità del fronte di Bruxelles già emergono), aver forse, anche questo per la prima volta, animato un movimento popolare davvero europeo in solidarietà con Syriza, su un tema che riguarda tutti. È già molto. Ha dato coraggio a tutti. Per questo ringraziamo i compagni di Syriza e li invitiamo a continuare.
da Sbilanciamo l’Europa # 60 – in edicola ogni venerdì con il manifesto
di Luciana Castellina, 12 marzo 2015
«Gliela faremo pagare». In questa frase che le cronache sull’ultima riunione dell’Eurogruppo ci rimandano c’è tutto il caso greco. Al di là di ogni questione di merito, è evidente che a Bruxelles si sta giocando una partita politica di massima importanza e che ci riguarda: bisogna punire chi, per la prima volta in 58 anni di storia, ha osato sfidare i vertici dell’Unione europea e ha messo in discussione i criteri di conduzione di quella che dovrebbe essere una comunità. Questo è quel che conta: non deve più accadere, chi ci ha provato deve essere punito. Guai se si aprisse un varco alla politica. Cioè alla condivisione.
Perciò il signor Jeroen Dijssebloem ha alzato il ditino per dire no, sette riforme non ci bastano, ne vogliamo venti. La prossima volta diranno 25, chissà. Contro Varoufakis ci sono diciassette robot che continuano a chiedere al governo Tsipras, forte di un appoggio popolare senza precedenti, di pagare per le malefatte accumulate da chi sarà pur greco, ma è compagno di partito, e di casta, proprio di chi vorrebbe impartire lezioni di moralità: i ministri del governo Samaras. Proprio nelle stesse ore in cui questa scena andava in onda uno di loro, anzi il più importante perché l’ex ministro delle Finanze, Gikas Hardouvelis, veniva accusato di aver esportato illegalmente 450 mila euro in un paradiso fiscale inglese. «Volevo mettere al sicuro il capitale per i miei figli», si è scusato. Poveretto.
Non sono passati neppure due mesi da quando inediti personaggi , diversissimi da chi da sempre aveva comandato il paese, hanno preso le redini della Grecia, trovandosi a dover gestire un immane disastro economico e ormai umanitario. Ma la meravigliosa Europa non è disponibile a dargli tempo affinché possano riparare e riavviare lo sviluppo del paese, nonostante sempre più numerosi siano gli avvertimenti di economisti europei ed americani, che invitano Bruxelles a ragionare anziché ad emettere editti imperiali.
La partita in atto è durissima. Del resto sapevamo che così sarebbe stato. Ma è stato fondamentale avere accettato la sfida. Per la Grecia e per tutti noi che vorremmo un’altra Europa. Finalmente la grande questione di cosa voglia dire essere una comunità, che è cosa diversa da un mercato, è stata posta sul tappeto. Non si potrà più nasconderla sotto. E sarà stridente ascoltare, dopo questa vicenda, ripetere le retoriche invocazioni sull’Europa che ha portato pace e prosperità. Anche questa in corso è una guerra. Con le sue vittime umane.
Ci sono perplessità, e anche critiche per come Varoufakis e Tsipras hanno condotto le cose? Sì, certo. Provenienti dal loro stesso partito e Consiglio dei ministri. È comprensibile. Credo però che esse siano ingiuste. Si tratta di una guerra di lunga durata, non di una rapida e conclusiva battaglia, destinata a conoscere arretramenti e passi in avanti, per molti versi una vera guerriglia. Ma bisogna tenere i nervi saldi: i risultati non possono esser misurati nell’immediato, è già una vittoria aver imposto un nuovo discorso, aver aperto contraddizioni (che nonostante l’apparente unità del fronte di Bruxelles già emergono), aver forse, anche questo per la prima volta, animato un movimento popolare davvero europeo in solidarietà con Syriza, su un tema che riguarda tutti. È già molto. Ha dato coraggio a tutti. Per questo ringraziamo i compagni di Syriza e li invitiamo a continuare.
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Re: G R E C I A
Grecia: Tsipras, tecnici vogliono farci morire congelati
(AGI) - Atene, 18 mar. - "Se cercano di spaventarci la risposta e': non ci lasceremo spaventare". Lo ha detto il premier greco, Alexis Tsipras [...]
(AGI) - Atene, 18 mar. - "Se cercano di spaventarci la risposta e': non ci lasceremo spaventare". Lo ha detto il premier greco, Alexis Tsipras [...]
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Re: G R E C I A
Ma alla fine che beneficio ne può trarre l'Europa se costringe la Grecia ad uscire perché non rispetta alcuni numerini?
Tra quelli di Maastricht c'è anche il numerino del 60% come valore massimo del rapporto debito/pil. Noi stiamo al 130%, e pure in salita. Dovremmo scendere al 60% in 20 anni, ma coma facciamo se il debito aumenta invece di diminuire? Allora buttassero fuori pure l'Italia, e le altre nazioni che si trovano nelle stesse condizioni.
E sarebbe utile? Per chi? Secondo me nemmeno per la Germania.
cardif
Tra quelli di Maastricht c'è anche il numerino del 60% come valore massimo del rapporto debito/pil. Noi stiamo al 130%, e pure in salita. Dovremmo scendere al 60% in 20 anni, ma coma facciamo se il debito aumenta invece di diminuire? Allora buttassero fuori pure l'Italia, e le altre nazioni che si trovano nelle stesse condizioni.
E sarebbe utile? Per chi? Secondo me nemmeno per la Germania.
cardif
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Re: G R E C I A
cardif ha scritto:Ma alla fine che beneficio ne può trarre l'Europa se costringe la Grecia ad uscire perché non rispetta alcuni numerini?
Tra quelli di Maastricht c'è anche il numerino del 60% come valore massimo del rapporto debito/pil. Noi stiamo al 130%, e pure in salita. Dovremmo scendere al 60% in 20 anni, ma coma facciamo se il debito aumenta invece di diminuire? Allora buttassero fuori pure l'Italia, e le altre nazioni che si trovano nelle stesse condizioni.
E sarebbe utile? Per chi? Secondo me nemmeno per la Germania.
cardif
Questa Europa non corrisponde affatto a cosa avevano in mente Adenauer, Schuman, De Gasperi, ma soprattutto Altiero Spinelli, che ne aveva anticipato la necessità dell’esistenza già nel 1941, ai tempi del confino di Ventotene.
Anche i malpancisti che chiedono l’uscita dall’Euro, sono europeisti convinti. Solo che hanno una visione diversa dell’Europa. Quella dei popoli e non quella dei banchieri. Ma non solo.
La Castellina ha una visione sua del rapporto Grecia – Germania, come risulta da quanto postato da iospero.
Su LIBRE idee ieri è comparso questo articolo:
L’Europa dei nuovi fascismi, il piano dell’élite tecnocratica
Scritto il 17/3/15 • nella Categoria: idee
«I nazisti tecnocratici ora al potere in Europa hanno dato ufficialmente il via al “piano B”». Ovvero: nuovi fascismi, innescati dall’esasperazione contro l’euro-regime, in apparenza “fallimentare” sul piano economico, ma in realtà perfettamente funzionale al disegno: una inaudita restaurazione del potere reazionario, aristocratico, verticistico, neo-feudale. Secondo Francesco Maria Toscano, co-fondatore con Gioele Magaldi del “Movimento Roosevelt”, la drammatica oppressione del popolo greco usato come cavia e l’inflessibile persistenza delle politiche di rigore mirano a distruggere l’unità sociale europea, facendo esplodere nazionalismi aggressivi e pericolosi. Sul “banco degli imputati” siedono Draghi, Schaeuble, la Merkel. «Qual è l’obiettivo teleologico perseguito in maniera dissimulata e scientifica dai masnadieri testé citati? E’ quello di aumentare a dismisura le diseguaglianze, distruggere il ceto medio e imporre in Europaun modello di tipo cinese in grado di conciliare economiadi mercato e autoritarismo politico».
Toscano li definisce “contro-iniziati”, alludendo all’interpretazione distorta della loro militanza massonica, denunciata da Magaldi nel libro “Massoni”, edito da “Chiarelettere”: anche la Merkel farebbe parte del circuito esclusivo delle Ur-Lodges, le superlogge internazionali segrete, mentre il suo ministro delle finanze e lo stesso presidente della Bce ne sarebbero “venerabili maestri”. Quale artifizio retorico, si domanda Toscano, hanno finora utilizzato «per incoraggiare lo svuotamento della democrazia sostanziale e diffondere miseria e disperazione?». Ovvio: «Quello concernente la presunta intangibilità dell’unione monetaria, naturalmente prodromica e necessitata in previsione della futuribile costruzione degli Stati Uniti d’Europa». Abbracciando una simile premessa, conclude Toscano, «dobbiamo riconoscere come il primo obiettivo inseguito dai padroni risulti essere fondamentalmente quello di riuscire ad alimentare l’equivoco il più a lungo possibile, brandendo cioè un europeismo di maniera per realizzare in realtà una occulta torsione di tipo oligarchico in grado di riportare i cittadini nella meschina condizione di meri sudditi».
Come nel poker, «il bluff funziona solo fino a quando nessuno dei giocatori trovi il coraggio di rischiare la posta pur di guardare le carte», scrive Toscano sul blog “Il Moralista”. A quel punto, la recita non serve più: vince chi ha in mano il punto migliore. Vale anche per la pubblica contesa tra la Grecia di Tsipras e l’Eurogruppo a trazione tedesca: «Da un lato abbiamo un premier democraticamente eletto, dichiaratamente europeista e nemico delle politiche dell’austerity; dall’altro scorgiamo un gruppo di burocrati, selezionati all’interno delle Ur-Lodges più reazionarie del pianeta, che tirano la corda di continuo nella speranza che si spezzi». Contestualmente, «Mario Draghi, ovvero il capo dei nuovi barbari in versione tecnocratica, punta una pistola alla tempia del popolo greco al fine di sfiancarlo sotto la continua minaccia dell’interruzione della liquidità». Domanda: «Secondo voi, chi desidera per davvero l’estromissione della Grecia dal consesso europeo? L’accoppiata Tsipras-Varoufakis o quella composta da Draghi-Schaeuble?». Evidente: mister Bce e il super-falco della Merkel.
«E perché mai due finti campioni dell’europeismo pret à porter come Schaeuble e Draghi dovrebbero desiderare così ardentemente la rottura del “sogno europeo”? Forse perché a lor signori del “sogno europeo” non gliene è mai importato un fico secco?». Secondo Toscano, «l’élite europea si trova oggi di fronte a un bivio: o proseguire sul percorso di integrazione politica rivedendo radicalmente le politiche economiche, o gettare nel cestino paesi ormai spremuti come un limone e perciò inservibili». Attenzione: «I nazisti tecnocratici, come era ovvio e scontato, hanno scelto di percorrere la seconda strada». Sul tappeto resta però un problema: come faranno i vari Merkel e Draghi a invitare i greci ad andarsene dopo aver predicato per anni il mito della indissolubilità dell’Eurozona? «Così facendo, i nostri europeisti d’accatto finirebbero per perdere definitivamente la faccia». E allora, «pur di salvare capra e cavoli, al “maestro venerabile” Mario Draghi non resta che alzare il livello dello scontro sperando in un passo falso dell’avversario». Ovvero: se il governo greco decidesse di uscire unilateralmente dall’euro, leverebbe tutti d’ impaccio.
Toscano richiama l’attenzione sull’atteggiamento dei media mainstream. Per esempio, l’ultima iintervista di Danilo Taino a Varoufakis sul “Corriere della Sera”. Toscano definisce Taino «menestrello di regime degno dei vari Eugenio Scalfari, Tonia Mastrobuoni, Stefano Feltri e Federico Fubini». L’intervista? «Manipolata al fine di attribuire falsamente a Varoufakis l’idea di indire un referendum sulla permanenza o meno della Grecia nell’euro». Curiosamente, “Der Spiegel” ha appena invitato anche l’Italia ad uscire dall’euro. «Le stesse ragioni – aggiunge Toscano – consigliano ai nostri giornalisti di punta di garantire a Matteo Salvini una continua sovraesposizione mediatica». Il co-fondatore del “Movimento Roosevelt” propone la seguente spiegazione: «I massoni reazionari al potere hanno deciso: sulle ceneri dell’Europa proveranno ad implementare nuovi fascismi. Uomini senza memoria sono pronti a ripercorrere temerariamente una strada già battuta nella prima metà del Novecento, quando un manipolo di apprendisti stregoni progettò in vitro la nascita del fascismo e del nazismo. Tranquilli, finirà esattamente come l’altra volta».
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Re: G R E C I A
Invece di ipotizzare appartenenze massoniche e piani autoritari, non basta prendere atto degli egoismi nazionali e delle condotte utilitaristiche di certi politici europei, che si muovono in Europa come in un campo da sfruttare per i propri interessi e con intenti elettoralistici interni ? E’ molto più lineare ed efficace che presumere incontri segreti con tuniche e cappucci, o il disegno di società chiuse e intolleranti, che sono un vero disastro per l’espansione economica. Persino la Cina ha aperto frontiere e mercati per poter esplodere economicamente, quindi a cosa dovrebbero servire dei nuovi ottusi nazionalismi di stampo fascista?
Se la lotta di classe è stata vinta dai ricchi è successo anche in seguito alla globalizzazione, che ha messo in concorrenza l’intero pianeta, azzerando le conquiste del lavoro in occidente.
Capitali liberi di circolare, controlli finanziari impalpabili, difesa della moneta, i tecnocrati sostengono solo il sistema vigente.
Mentre i politici di una Europa che è solo la pallida imitazione di una Unione, la utilizzano come un ferreo sistema gerarchico, una federazione di diseguali, da cui trarre il massimo dei benefici senza correre il rischio di accollarsi pesi altrui.
Tutto alla luce del sole.
Se la lotta di classe è stata vinta dai ricchi è successo anche in seguito alla globalizzazione, che ha messo in concorrenza l’intero pianeta, azzerando le conquiste del lavoro in occidente.
Capitali liberi di circolare, controlli finanziari impalpabili, difesa della moneta, i tecnocrati sostengono solo il sistema vigente.
Mentre i politici di una Europa che è solo la pallida imitazione di una Unione, la utilizzano come un ferreo sistema gerarchico, una federazione di diseguali, da cui trarre il massimo dei benefici senza correre il rischio di accollarsi pesi altrui.
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Re: G R E C I, A
Io vorrei sentire dagli attuali politici europei, quasi tutti ostili ai programmi d Tsipras, una risposta positiva sul come risolvere i problemi della Grecia, è evidente a tutti che quanto fatto finora non ha dato frutti buoni, che le politiche dei governi precedenti in Grecia sono state un disastro umanitario, che oggi c'è un cambio a 180° nei rappresentanti di SYRIZA , e allora sono da mettere in campo semplici politiche per una crescita duratura, salario minimo garantito, corsi di avviamento a nuovi lavori, investimenti nella scuola , ricerca, università, riforma e mappatura dei controlli dello Stato sul territorio per combattere l'evasione, patrimoniale delle classi benestanti .
E' chiaro che gli altri stati non devono dare alla Grecia solo per avere un ritorno immediato, ma si dà alla Grecia quel minimo che permetta una ripartenza, e se è logico , riconosciuto da tutti, che il suo debito è insostenibile, mi sembra assurdo pretendere il contrario, quindi , avendo una visione globale del problema Grecia, considerando i pro e i contro si decida finalmente in maniera definitiva cosA FARE perché l'attuale TIRA-MOLLA non giova a nessuno.
E' chiaro che gli altri stati non devono dare alla Grecia solo per avere un ritorno immediato, ma si dà alla Grecia quel minimo che permetta una ripartenza, e se è logico , riconosciuto da tutti, che il suo debito è insostenibile, mi sembra assurdo pretendere il contrario, quindi , avendo una visione globale del problema Grecia, considerando i pro e i contro si decida finalmente in maniera definitiva cosA FARE perché l'attuale TIRA-MOLLA non giova a nessuno.
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