La crisi della comnicazione politica

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
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Rom
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La crisi della comnicazione politica

Messaggio da Rom »

Il concetto di crisi implica l'idea di un cambiamento, di una tarsformazione, anche se ha preso il significato di una trasformazione in senso traumatico e negativo.
Ma in realtà la crisi della comunicazione politica, e del dibattito politico, non ha attualmente nulla di dinamico: più che una trasformazione, cioè di un momento di passaggio, si presenta soprattutto come degrado, nel quale permangono vizi antichi e abitudini sclerotizzate.
Un degrado che non suscita nemmeno scandalo, o meraviglia, ma che genera assuefazione, rassegnazione e noia.

La formula dei talk-show è obsoleta. I blog di commento sono la sede di una vox populi spesso volgare, e sempre molto concitata, confusa. La formula forum è assimilabile ai talk show.
Ma, a pensarci bene, c'è da cheidersi se sia davvero il caso di puntare l'attenzione sulla "formula": cambiare per cambiare, si rischia di realizzare un circo come La Gabbia, di Paragone, che rinuncia alle poltrone e ai toni rituali, per realizzare un ambiente gotico, nel quale la gente parla in piedi ed entra ed esce come in una stazione ferroviaria. Insomma un casino, sgradevole esteticamnte, senza che ciò aumenti di una virgola l'interesse.
Io credo che bisogna, invece, porre attenzione ai due fattori fondamentali di un dibattito politico: l'oggetto - cioè la politica - e il soggetto - cioè coloro che intervengono nel dibattito.

La politica
La politica è diventata in questi anni uno scontro tra personaggi, più che un confronto di idee, e si tratta di personaggi che sono in grandissima parte sempre gli stessi.
In subordine, le idee che pure sono in qualche modo sottese, o confusamnte implicite, nella posizione dei personaggi sono vecchie, anche quando sono presentate come nuove.
Insomma, la politica cammina con una cadenza infinitamente più lenta di quella che hanno i pensieri e le parole: la gran parte di quello che si può dire sui personaggi e le idee è stato già detto, e in certi casi è stato detto e scritto da decenni.
Quindi, tutto ha il sapore di scontato, di ripetitivo, inevitabilmente noioso, e soprattutto inutile.
L'inutilità, specialmente, deriva dal fatto che alle parole si ha la sensazione (fondatissima) che non seguiranno mai i fatti: non i fatti di governo (che delle parole se ne frega), né i fatti dell'opposizione (che un po' non ha, un po' non è capace di avere il potere di una vera interdizione).
Per di più, in un contesto politico-istituzionale nel quale si è fatto in modo che la "vittoria" sia l'unica cosa che conta, l'esistenza e la trattazione delle idee e delle posizioni perde molto d'interesse.

I soggetti: talk show e forum.
Dire talkshow significa dire giornalisti, autori e conduttori.
Questi sono coetanei o perfino più vecchi dei personaggi, e hanno vizi e abitudini che ben sappiamo: troppo amici dei politici, troppo interconnessi con la politica e spesso debitori alla politica del loro ruolo e della loro carriera, e abituati ad essere o servili o comunque troppo rispettosi.
Quando capita (raramente, ma capita) di incappare in un giornalista che non ha queste attitudini, improvvisamnte sembra cambiare anche la "formula", anche se in effetti si tratta sempre di una conversazione, di un dibattito assolutamente normale: cambia il linguaggio, cambia la qualità intellettuale, cambia il genere degli argomenti, che in questi casi non rispettano la ritualità "politicante", ma si dilatano piacevolmente nella dimensione esistenziale e culturale.

Dire forum significa dire forumisti.
Se i forumisti subiscono il (pesante) condizionamnto che proviene dalla politica che abbiamo descritto, o scimmiottano i più antiquati arnesi del giornalismo, il forum è destinato ad essere noioso quanto i talkshow.
Il forum invece mostra la sua specifica qualità, quando i forumisti riescono a dimenticare la ritualità e usano la libertà di essere se stessi, cioè persone libere, pienamente immerse in una vita che è infinitamente più ricca di quanto appaia nel dibattito politico sclerotizzato: più ricca di spunti di riflessione, più ricca di sentimenti e di argomenti alternativi.
Quando, infatti, la politica cammina più lentamnte dei pensieri e delle parole, rimanere aderenti ai suoi tempi e ai suoi riti produce solo stanche lamentazioni, o un miagolio ripetitivo anche quando è condito dalla veemenza dei vaffanculo grillini: una vox populi assolutamnte inutile, che nemmeno serve a chiarire quale siano le posizioni prevalenti, dato che in una vox populi è presente tutto e il contrario di tutto - per altro, la vox pupuli è disponibile dal vivo, per tutti coloro che partecipano ad un forum, dato che i forumisti fanno parte integrante del "populi", del quale sentono la "vox" cento volte al giorno, in ufficio, in famiglia, sugli autobus, al supermercato.
E' importante, invece, che in un forum i forumisti non solo partecipino, e interloquiscano, ma che sentano l'esigenza di interloquire e partecipare, e che abbiano coscienza che il forum è fatto da loro: quindi si tratta di qualcosa di più che "partecipare" (come se si trattasse di andare al cinema, una, due o dieci volte alla settimana), ma di "essere" loro stessi il forum - un cinema esiste anche se uno non ci va, un forum non esiste se uno non partecipa e/o non interloquisce.
Ma la voglia di partecipare dipende dall'astrarsi dai riti e dai tempi paralizzanti della politica: non si può stare per settimane e settimane a fare le pulci a Renzi o a Berlusconi. Anche involontariamente, si finisce per non avere nulla da dire di nuovo o interessante.
E anche "leggere" - semplicemente leggere, per sentirsi "informati" - diventa a mano a mano noioso, quando il martello batte sempre sui medesimi argomenti per settimane e settimane, mesi, anni: si diventa inavvertitamnte amorfi e passivi, trovando nella lettura la sola soddisfazione di veder confermate le proprie opinioni, come i bambini che amano sentirsi ripetere la favola che già conoscono.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
cardif
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Re: La crisi della comnicazione politica

Messaggio da cardif »

Tutto vero.
Però secondo me lo stato d'animo di noia e sconforto prodotto dall'ascolto di dibattiti politici, talk-show, interviste servili, articoli giornalistici ecc ecc si verifica in chi continua comunque ad ascoltare e leggere, dopo aver ascoltato e letto, tanto da poter dire: ma questo si sa già, ma questo l'ho detto pure io ...

A me pare che una buona parte della popolazione non se n'è mai occupata abbastanza, se si pensa che mezza Italia guarda San Remo.
Ed un'altra parte s'è allontanata, se si vede il calo degli spettatori delle trasmissioni politiche.
Ma resistono comunque ancora parecchio queste trasmissioni. Sono ancora milioni gli spettatori di Ballarò e Di Martedì, per esempio.
Forse è come per il calcio: ci sarà sempre una buona fetta di persone non annoiate nonostante gli scabndali anche là.
Io dico meno male.

Però fanno facilmente il boom nuovi 'eventi' come Grillo col Movimento cinque Stelle e Renzi col suo nuovo Partito Di Renzi. Con milioni di seguaci.
E' nato un nuovo modo di esprimersi, per la politica.
cardif
Rom
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Re: La crisi della comnicazione politica

Messaggio da Rom »

cardif ha scritto:Tutto vero.
Però secondo me lo stato d'animo di noia e sconforto prodotto dall'ascolto di dibattiti politici, talk-show, interviste servili, articoli giornalistici ecc ecc si verifica in chi continua comunque ad ascoltare e leggere, dopo aver ascoltato e letto, tanto da poter dire: ma questo si sa già, ma questo l'ho detto pure io ...
A me pare che una buona parte della popolazione non se n'è mai occupata abbastanza...
Ed un'altra parte s'è allontanata, se si vede il calo degli spettatori delle trasmissioni politiche.
Ma resistono comunque ancora parecchio queste trasmissioni...
Non riesco a capire bene quanto siamo d'accordo e quanto no, e su cosa. Ma non è importante, dato che questa chiarezza probabilmente sopravviene solo discutendo dell'argomento.
Certo, in una popolazione di milioni di persone, non c'è niente che scenda a livello zero, quanto ad audience e abitudini: c'è sempre e comunque una parte che preferisce questo e una parte che fa l'opposto, e altre tre o quattro che non preferiscono né questo né l'opposto.
Ma bisogna capire le tendenze, e anticipare i fenomeni: in questo caso l'antipiazione andava effettuata alcuni anni fa, mentre adesso la disaffezione e la noia sono evidenti. C'è poco da "intepretare".
Lasciando da parte la qualità - cioè un giudizio severo a 360 gradi - si deve almeno registare un calo di "peso", di intensità in questo settore della comunicazione, che la riduce a un rituale mormorìo, nel quale i concetti, perfino le affermazioni più sceme, più scandalose, non fanno l'effetto che dovrebbero.
Forse, quello che crea una certa dose di equivoco sta nel termine "comunicazione", come se questa fosse solo un tramite: una specie di radio disturbata, un film sfocato, insomma un problema giornalistico e di tecnica forumistica.
La comunicazione è parte integrante della politica, cioè è essa stessa contenuto: la cultura diffusa, la coscienza popolare, non solo si "esprimono" nella comunicazione, ma sono creati dalla comunicazione e si modificano, si evolvono, si approfondiscono con e nella comunicazione - del resto, l'analisi del linguaggio è un eccellente mezzo per verificare la consistenza, la natura, la mutazione delle idee(o la loro assenza), sia per quanto riguarda la classe politica, sia per quanto riguarda la società cosiddetta civile.
Quindi, in realtà, quando ho parlato di crisi della comunicazione politica, intendevo prendere in esame, sinteticamnte, la crisi della politica vedendone il lato comunicativo: crisi della politica politicante, e crisi della politica nella società, a cominciare da noi stessi - persone connesse al web, ossia al luogo virtuale che ha preso il posto delle sezioni di partito.
Per essere più chiaro, in questo senso la crisi della politica arriva ad essere crisi della nostra coscienza, o meglio del nostro sentimento e del nostro "intelletto", in una deriva della quale non siamo forse consapevoli, in quanto è avvenuta lentamente.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
cardif
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Re: La crisi della comnicazione politica

Messaggio da cardif »

Rom ha scritto:Non riesco a capire bene quanto siamo d'accordo e quanto no, e su cosa. Ma non è importante, dato che questa chiarezza probabilmente sopravviene solo discutendo dell'argomento.
Come prima cosa, penso che in una discussione l'importante è capire quello che intende l'altro. Non necessariamente condividere. E' lecito che ciascuno conservi la propria opinione.
Io ho preso spunto dal tuo messaggio per esporre delle considerazioni, tanto per dialogare. Del resto è per questo che hai aperto l'argomento, no? E' per dare ragione a wikipedia che dice: "dialogo - dal greco dià, 'attraverso' e logos, 'discorso', confronto verbale tra due o più persone, mezzo utile per esprimere sentimenti diversi e discutere idee non necessariamente contrapposte."
E fin qua penso proprio che siamo d'accordo.

Una prima opinione che ho letto nel tuo messaggio riguarda la crisi della comunicazione politica.
Un'altra, conseguente, è sulla inutilità (noia) di dibattiti, interviste, tolk-show, articolesse varie.
Le distinguo perché non è detto che la crisi di un sistema debba necessariamente dar luogo al vuoto.
Quando andò in crisi il sistema tolemaico subentrò il sistema copernicano, che del resto ne fu causa; esempio che va visto nel suo contesto, quando le opinioni erano preponderanti rispetto alle prove scentifiche.
La crisi delle modalità di comunicazione della politica si potrebbe vedere nel calo di spettatori alle trasmissioni di contenuto politico. Ma questo calo in effetti è contenuto, se si vedono i dati sul numero di spettatori.
C'è la crisi della politica stessa, e questo è rilevabile dal calo di partecipazione alle elezioni. Ma questa crisi è conseguenza del calo di fiducia nei personaggi politici, i Lusi, i Fiorito, le decine e decine di altri. Ma anche dei politici come classe che si attribuisce benefici economici inaccettabili. E questo porta al rifiuto, all'allontanamento, alla riduzione di partecipazione.
La crisi della politica in sé è più contenuta. La politica resta uno degli interessi predominanti della maggior parte delle persone. Infatti, quando sembra che ci possa essere un cambiamento rispetta alla 'politica politicante' che provoca repulsione, si verifica un aumento d'interesse verso forze che promettono il cambiamento. Così si sono verificati gli eventi Grillo e Renzi.
D'accordo che la comunicazione è intrinseca alla politica; ma lo è analogamente per ogni altro aspetto della vita sociale. Se non c'è comunicazione, se non c'è scambio di informazioni di qualunque natura, la società si riduce ad un insieme discreto di singole unità senza elementi di aggregazione.
Sono cambiate le modalità di scambio delle informazioni e delle opinioni, questo sì. Dalle discussioni dirette nelle sezioni si è passati alle discussioni indirette sul web. Ma non so se sono ridotti, questi scambi, se si tiene conto di quanti commenti vengono postati nei tanti forum e alla fine di tanti articoli di giornali on line. L'entrata in uso dei nuovi strumenti di comunicazione consente di scambiare opinioni ed informazioni a distanza, tra persone che nemmeno si conoscono.
Ed è naturale che questo cambiamento di modalità di comunicazione sia avvenuto gradualmente, man mano che si è diffuso l'uso dei nuovi strumenti. C'è pure chi punta all'ampliamento in tempi rapidi, come il M5S che adesso ha una partecipazione di qualche decina di migliaia sulla rete, ma mira a coinvolgere i milioni di suoi elettori. Però Grillo che attraversa a nuoto lo stretto e il mezzo mediatico tv più diffuso del pc ha inciso notvolmente sul successo.
E, tanto per paragone, anche in Spagna il boom di Podemos è avvenuto in pochissimo tempo con i mezzi di comunicazione delle tv e della rete, e con la partecipazione in massa di una grande parte di un popolo altrettanto allontanato dalla politica ventennale del bipolarismo connivente di Psoe e PP.
E' un miglioramento? Questo non lo so. Le discussioni che si facevano una volta nelle sezioni avvenivano tra persone che si incontravano anche fuori, e si incontravano di nuovo in altre riunioni. Sul web succede più frequentemente che si cambia ambiente, mi pare. E se si cambia spesso, si finisce con l'isolarsi sempre più. Ma non riguarda la maggioranza.
Tutto secondo me. Naturalmente molto è abbastanza opinabile. E' il bello della differenza di vedute, sempre meglio dell'omologazione.

cardif
iafran
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Iscritto il: 17/01/2015, 9:10

Re: La crisi della comnicazione politica

Messaggio da iafran »

Rom ha scritto:La comunicazione è parte integrante della politica, cioè è essa stessa contenuto: la cultura diffusa, la coscienza popolare, non solo si "esprimono" nella comunicazione, ma sono creati dalla comunicazione e si modificano, si evolvono, si approfondiscono con e nella comunicazione - del resto, l'analisi del linguaggio è un eccellente mezzo per verificare la consistenza, la natura, la mutazione delle idee(o la loro assenza), sia per quanto riguarda la classe politica, sia per quanto riguarda la società cosiddetta civile.
Quindi, in realtà, quando ho parlato di crisi della comunicazione politica, intendevo prendere in esame, sinteticamente, la crisi della politica vedendone il lato comunicativo: crisi della politica politicante, e crisi della politica nella società, a cominciare da noi stessi - persone connesse al web, ossia al luogo virtuale che ha preso il posto delle sezioni di partito.
La circolazione delle idee e soprattutto la diffusione delle conquiste culturali del singolo individuo all'intera comunità, penso che siano commisurate alla civiltà di un popolo, o, almeno, ne lasciano percepire il grado raggiunto (i popoli più arcaici o poco evoluti, infatti, facevano dipendere la loro organizzazione sociale dal "verbo" e dalle decisioni di qualche sapiente o del grande sacerdote o dello stregone che, per dettare legge e, soprattutto, per difendere il proprio stato sociale, custodiva gelosamente le "conoscenze", il rituale e le formule magiche).

"Ogni popolo ha la classe politica che vota (coscientemente o ingenuamente)" e noi non siamo contenti di quella che, alla fin fine, ci sta governando per l'obiettivo datosi di portare, a livelli quasi feudali, lo stato dei diritti civili, del lavoro e dei servizi.

Fai bene a indurci a meditare sulla crisi della comunicazione politica e a differenziare quella della politica politicante (dei "lor signori", per intenderci) che può essere migliorata se venisse influenzata dalla comunicazione della società, cioè raggiunta dalle riflessioni e dalle analisi politiche che le persone sono capaci di porre all'attenzione degli altri.
Hai detto bene che i talk shows sono ridotti a passerelle continue; essi permettono solo di vedere il trascorrere dei tempo (20-30 anni) sui visi dei politici e di percepire l'immutabilità delle loro risposte ai problemi sociali (veri campioni nel mantenere lo "statu quo").

"Era nel nostro programma elettorale", "Gli elettori ci hanno premiato" sono le frasi che i partiti fanno dire ai rispettivi portavoce per giustificare la nuova presa in giro per la cittadinanza.

Ma gli italiani come reagiscono (prendo spunto da una domanda che la conduttrice del TG de La7 ha posto al suo inviato a Tunisi per la strage al museo del Bardo) o cosa fanno per far sentire la loro diretta opinione?
Aderire ad una manifestazione di un movimento politico antagonista o dare ascolto ad una presa di posizione della stampa critica verrebbe spontaneo, naturale, ciò che, invece, non sarebbe scontato (e darebbe fastidio alle alte sfere) è l'esposizione del pensiero delle persone soprattutto se questo arriva ad altri liberamente, come può verificarsi tramite rete telematica in un blog o in un forum.
Abbiamo visto come sono censurati in Iran, Russia, Cina e le condanne che subiscono coloro che scrivono on line in detti Paesi.

Le singole persone, quando fanno sentire il proprio pensiero, non possono che fare del bene alla collettività e riescono a condizionare anche gli artefici di quella che tu chiami "la politica politicante".
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