quo vadis PD ????
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Re: quo vadis PD ????
Tutti i partiti alle elezioni corrono giustamente per vincere ,
ma quando un partito non ha più un'ideologia e l'unica cosa a cui mira è vincere a prescindere come fa il PD ( che pur di vincere attua programmi di centrodestra, così si spiega il 41% alle europee ottenuto con voti del cdx e quelli tradizionali di un centrosinistra che non si era ancora reso conto della virata a 180%) non si va lontano come sta a dimostrare
l'esperienza di Fabrizio Barca in quello che è rimasto delle sedi del PD.
E' inutile che continuino a sbandierare il 41%, non si rendono conto che non stanno rottamando il vecchio, ma solo quel poco di buono che si era riusciti a fare , vedremo quanti posti di lavoro arriveranno in questa situazione super favorevole
(dollaro = euro, QE di Draghi, caduta del segreto bancario in Svizzera e altri, petrolio ai minimi, tassi ai minimi ... ) e come saranno le buste paga.
ma quando un partito non ha più un'ideologia e l'unica cosa a cui mira è vincere a prescindere come fa il PD ( che pur di vincere attua programmi di centrodestra, così si spiega il 41% alle europee ottenuto con voti del cdx e quelli tradizionali di un centrosinistra che non si era ancora reso conto della virata a 180%) non si va lontano come sta a dimostrare
l'esperienza di Fabrizio Barca in quello che è rimasto delle sedi del PD.
E' inutile che continuino a sbandierare il 41%, non si rendono conto che non stanno rottamando il vecchio, ma solo quel poco di buono che si era riusciti a fare , vedremo quanti posti di lavoro arriveranno in questa situazione super favorevole
(dollaro = euro, QE di Draghi, caduta del segreto bancario in Svizzera e altri, petrolio ai minimi, tassi ai minimi ... ) e come saranno le buste paga.
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Re: quo vadis PD ????
iospero ha scritto:Tutti i partiti alle elezioni corrono giustamente per vincere ,
ma quando un partito non ha più un'ideologia e l'unica cosa a cui mira è vincere a prescindere come fa il PD ( che pur di vincere attua programmi di centrodestra, così si spiega il 41% alle europee ottenuto con voti del cdx e quelli tradizionali di un centrosinistra che non si era ancora reso conto della virata a 180%) non si va lontano come sta a dimostrare
l'esperienza di Fabrizio Barca in quello che è rimasto delle sedi del PD.
E' inutile che continuino a sbandierare il 41%, non si rendono conto che non stanno rottamando il vecchio, ma solo quel poco di buono che si era riusciti a fare , vedremo quanti posti di lavoro arriveranno in questa situazione super favorevole
(dollaro = euro, QE di Draghi, caduta del segreto bancario in Svizzera e altri, petrolio ai minimi, tassi ai minimi ... ) e come saranno le buste paga.
Io da più di un anno sto conducendo una personale inchiesta presso gli indigeni, per capire cosa li spinge a votare Renzie.
Una buona parte sono ex democristiani con valori tali da non poter accettare Silvietto.
Ma ci sono anche ex comunisti che si dichiarano "comunisti di una volta" (alla sovietica) che insistono a votare Renzie, senza capire che di sinistra non c'è più niente. E non hanno capito che Pittibimbo si è alleato con NCD e Berlusconi, per far fuori la sinistra dem.
Votano Renzie perché tengono famiglia o hanno interessi da salvaguardare.
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Re: quo vadis PD ????
I GIORNI DEI MORTI VIVENTI
In aggiunta da quanto scritto su La Stampa, il Fatto scrive:
Tradotto, bisognava toglierli numeri in Parlamento molto tempo fa. Magari, anche sul Colle. (D'Alema-ndt)
Pier Luigi Bersani gli risponde dal palco: “Noi li abbiamo già dati dei colpi, sono colpi positivi per il Paese, come Mattarella. Non ho mai inteso dare ultimatum, neppure sulla legge elettorale, ma secondo me quella cosa non è votabile. Sono certo che verrà corretta”.
Poi immancabile metafora alla Bersani: “È inaccettabile il calcolo secondo il quale per uno che perdiamo di qua tre ne arrivano di là. È come vendere casa per andare in affitto”.
TOCCA a Giuseppe Civati: “Serve una scossa. Ho sentito D’Alema, ma quello che dice lui io lo sto facendo da un anno con la mia associazione. Molti dei miei elettori alle primarie se ne sono già andati dal Pd, se andiamo avanti così l’ultimo spenga la luce”.
Al Fatto spiega: “Non voglio una scissione a freddo, ma chiedo qual è il punto di caduta: un’area di minoranza nel Pd o un progetto alternativo? Se tolgono a Renzi voti decisivi cosa faranno, si ricandideranno con lui? ”.
D’Alema le è parso pro scissione?
“I più radicali sul tema siamo stati io, lui e Rosy Bindi”.
Eccola, la Bindi: “Non posso chiamare di sinistra un governo che non fa le cose di sinistra. Senza modifiche alla riforma istituzionale e alla legge elettorale non le voterò”.
In aggiunta da quanto scritto su La Stampa, il Fatto scrive:
Tradotto, bisognava toglierli numeri in Parlamento molto tempo fa. Magari, anche sul Colle. (D'Alema-ndt)
Pier Luigi Bersani gli risponde dal palco: “Noi li abbiamo già dati dei colpi, sono colpi positivi per il Paese, come Mattarella. Non ho mai inteso dare ultimatum, neppure sulla legge elettorale, ma secondo me quella cosa non è votabile. Sono certo che verrà corretta”.
Poi immancabile metafora alla Bersani: “È inaccettabile il calcolo secondo il quale per uno che perdiamo di qua tre ne arrivano di là. È come vendere casa per andare in affitto”.
TOCCA a Giuseppe Civati: “Serve una scossa. Ho sentito D’Alema, ma quello che dice lui io lo sto facendo da un anno con la mia associazione. Molti dei miei elettori alle primarie se ne sono già andati dal Pd, se andiamo avanti così l’ultimo spenga la luce”.
Al Fatto spiega: “Non voglio una scissione a freddo, ma chiedo qual è il punto di caduta: un’area di minoranza nel Pd o un progetto alternativo? Se tolgono a Renzi voti decisivi cosa faranno, si ricandideranno con lui? ”.
D’Alema le è parso pro scissione?
“I più radicali sul tema siamo stati io, lui e Rosy Bindi”.
Eccola, la Bindi: “Non posso chiamare di sinistra un governo che non fa le cose di sinistra. Senza modifiche alla riforma istituzionale e alla legge elettorale non le voterò”.
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Re: quo vadis PD ????
I GIORNI DEI MORTI VIVENTI
Uno dei nodi primari da sciogliere, da parte della sinistra dem la pone Civati:
Se tolgono a Renzi voti decisivi cosa faranno, si ricandideranno con lui?
A Bersani e D'Alema & Co, sta bene così??? E' possibile che non ci arrivino?
Anche se danno un colpo a Pittibimbo, poi che fanno????
Se lo trascinano come bagaglio appresso???
E come possono pensare che Pittibimbo dopo essersi sentito l'imperatore della Cina possa ritornare all'opposizione sotto D'Alema e Bersani, che gli ripetono di farsi una ragione?????????
Uno dei nodi primari da sciogliere, da parte della sinistra dem la pone Civati:
Se tolgono a Renzi voti decisivi cosa faranno, si ricandideranno con lui?
A Bersani e D'Alema & Co, sta bene così??? E' possibile che non ci arrivino?
Anche se danno un colpo a Pittibimbo, poi che fanno????
Se lo trascinano come bagaglio appresso???
E come possono pensare che Pittibimbo dopo essersi sentito l'imperatore della Cina possa ritornare all'opposizione sotto D'Alema e Bersani, che gli ripetono di farsi una ragione?????????
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Re: quo vadis PD ????
I GIORNI DEI MORTI VIVENTI
Un altro punto di vista de La Stampa:
La Stampa 22.3.15
Cuperlo: “Massimo, io non ti rottamo ma anche tu hai fatto molti errori”
La critica al padrino politico: nel passato è mancato il coraggio
intervista di F. Sch.
Gianni Cuperlo, ma come, con il suo intervento ha rottamato anche lei D’Alema?
«Rottamare è un termine odioso e io verso D’Alema ho amicizia e stima. Ho fatto un ragionamento sulla storia che abbiamo alle spalle, che riguarda D’Alema, Bersani, ciascuno di noi. Era un discorso anche autocritico».
Cioè?
«Dobbiamo capire quali errori abbiamo fatto nel corso degli anni: se siamo a questo punto è perché c’è stato un deficit di coraggio e ambizione. Questa Europa non è stata capace di aggredire la crisi dal punto di vista dei bisogni delle persone. Se ora la strada è in salita è anche per la timidezza di chi aveva la possibilità di mettere in discussione tutto questo».
E qui si viene all’attacco a D’Alema: «Dovresti chiederti perché la sinistra ha ceduto culturalmente negli anni in cui siete stati al potere».
«Non si tratta di attaccare D’Alema, io ho fatto un discorso su come noi pensiamo di ricostruire la forza e la credibilità della sinistra dentro e fuori dal Pd. Ieri è stata una giornata per ragionare di questo. Ho fatto una riflessione sul passato e ho detto che le risposte non possono essere quelle di prima».
Lei ha collaborato a lungo con D’Alema, le è costato dovergli fare queste critiche?
«Non volevo personalizzare, ho parlato a lui e alla sinistra europea che però non era seduta in prima fila. Era il modo per capire perché il socialismo è così in difficoltà e perché il Pd ha grande consenso, ma su politiche che si allontanano spesso dai principi e valori di cui ci sentiamo parte».
In che rapporti siete oggi?
«Buoni, come tra persone che si conoscono da anni. La politica è bella perché devi poterti dire quello che pensi, in serenità. Io penso che D’Alema abbia fatto cose importanti, ma l’incontro di ieri riguardava il perché la sinistra è così in difficoltà con il suo mondo. La risposta che mi sono dato non mette in discussione la qualità dei singoli. Penso che dobbiamo imparare la laicità del confronto».
Gliele aveva mai fatte queste critiche a tu per tu?
«Le ho scritte in un libro del 2009, “Basta zercar”, che abbiamo anche presentato insieme, e non dubito che anche solo per questo lui sia stato tra i pochissimi ad averlo letto».
Però ieri non sarà stato contento del suo intervento...
«Non lo so. Ma è legittimo: quando si discute, si dicono cose che si condividono e altre meno. L’importante è essere sempre animati da uno spirito di lealtà. Io ho fatto un intervento che ritenevo giusto fare. Mi sono alzato, sono andato al microfono e ho detto quello che penso, così come ha fatto lui. E’ sempre un buon esercizio».
In questo incontro, come minoranza Pd, avete fatto dei passi avanti?
«Era giusto confrontarsi sui percorsi fatti finora. Sarà importante su alcuni passaggi costruire una posizione condivisa: non per impedire le riforme, ma per farle bene».
Un altro punto di vista de La Stampa:
La Stampa 22.3.15
Cuperlo: “Massimo, io non ti rottamo ma anche tu hai fatto molti errori”
La critica al padrino politico: nel passato è mancato il coraggio
intervista di F. Sch.
Gianni Cuperlo, ma come, con il suo intervento ha rottamato anche lei D’Alema?
«Rottamare è un termine odioso e io verso D’Alema ho amicizia e stima. Ho fatto un ragionamento sulla storia che abbiamo alle spalle, che riguarda D’Alema, Bersani, ciascuno di noi. Era un discorso anche autocritico».
Cioè?
«Dobbiamo capire quali errori abbiamo fatto nel corso degli anni: se siamo a questo punto è perché c’è stato un deficit di coraggio e ambizione. Questa Europa non è stata capace di aggredire la crisi dal punto di vista dei bisogni delle persone. Se ora la strada è in salita è anche per la timidezza di chi aveva la possibilità di mettere in discussione tutto questo».
E qui si viene all’attacco a D’Alema: «Dovresti chiederti perché la sinistra ha ceduto culturalmente negli anni in cui siete stati al potere».
«Non si tratta di attaccare D’Alema, io ho fatto un discorso su come noi pensiamo di ricostruire la forza e la credibilità della sinistra dentro e fuori dal Pd. Ieri è stata una giornata per ragionare di questo. Ho fatto una riflessione sul passato e ho detto che le risposte non possono essere quelle di prima».
Lei ha collaborato a lungo con D’Alema, le è costato dovergli fare queste critiche?
«Non volevo personalizzare, ho parlato a lui e alla sinistra europea che però non era seduta in prima fila. Era il modo per capire perché il socialismo è così in difficoltà e perché il Pd ha grande consenso, ma su politiche che si allontanano spesso dai principi e valori di cui ci sentiamo parte».
In che rapporti siete oggi?
«Buoni, come tra persone che si conoscono da anni. La politica è bella perché devi poterti dire quello che pensi, in serenità. Io penso che D’Alema abbia fatto cose importanti, ma l’incontro di ieri riguardava il perché la sinistra è così in difficoltà con il suo mondo. La risposta che mi sono dato non mette in discussione la qualità dei singoli. Penso che dobbiamo imparare la laicità del confronto».
Gliele aveva mai fatte queste critiche a tu per tu?
«Le ho scritte in un libro del 2009, “Basta zercar”, che abbiamo anche presentato insieme, e non dubito che anche solo per questo lui sia stato tra i pochissimi ad averlo letto».
Però ieri non sarà stato contento del suo intervento...
«Non lo so. Ma è legittimo: quando si discute, si dicono cose che si condividono e altre meno. L’importante è essere sempre animati da uno spirito di lealtà. Io ho fatto un intervento che ritenevo giusto fare. Mi sono alzato, sono andato al microfono e ho detto quello che penso, così come ha fatto lui. E’ sempre un buon esercizio».
In questo incontro, come minoranza Pd, avete fatto dei passi avanti?
«Era giusto confrontarsi sui percorsi fatti finora. Sarà importante su alcuni passaggi costruire una posizione condivisa: non per impedire le riforme, ma per farle bene».
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Re: quo vadis PD ????
I GIORNI DEI MORTI VIVENTI
Ad asfaltare il conte Max ci pensa Gian Antonio Stella.
Adesso si tratta di capire cosa ne viene fuori da questo immenso puttanaio.
Corriere 22.3.15
La poca memoria del «líder máximo»
Massimo D’Alema è stato bersagliato per anni a causa dell’atteggiamento un po’ prepotente che oggi «Baffin di ferro» rinfaccia al premier.
di Gian Antonio Stella
Quella memoria corta dell’ex presidente del Consiglio allergico a ogni critica
«Gli piace il premier che non deve chiedere mai, quello che usa “Arrogance”».
Indovinello: l’ha detto D’Alema contro Renzi?
No, la compagna Fulvia Bandoli contro Massimo D’Alema.
Bersagliato per anni esattamente per l’atteggiamento un po’ prepotente che oggi «Baffin di ferro» rinfaccia al presidente del Consiglio.
Intendiamoci, capita spesso in politica che il bue dia del cornuto all’asino.
Ma chi ha un pizzico di memoria non ha potuto trattenere una risata ascoltando ieri l’ex segretario, ex presidente della Bicamerale, ex capo del governo, ex candidato al Quirinale e poi alla carica di ministro degli esteri dell’Ue, lanciare contro il premier fiorentino l’accusa di avere «un certo grado di arroganza».
E non perché sia strampalata, visto che l’insofferenza di Renzi alle critiche è stata più volte lamentata da altri. Ma per il pulpito da cui veniva.
Nessuno come «la volpe del Tavoliere» (copyright di Luigi Pintor) infatti, si è tirato addosso negli ultimi vent’anni la stessa critica.
E spesso proprio da sinistra.
In nome della quale, estrosamente scravattato, ieri parlava.
«D’Alema ha un atteggiamento proprietario del partito», denunciava Gloria Buffo.
«Ci vorrebbe un po’ di meno “io” e un po’ di più “noi”», attaccava Claudia Mancina.
«Questi qui si sentono migliori del Paese che governano, dell’opinione pubblica, delle cosiddette parti sociali e, se mi posso permettere, degli intellettuali e dei professori», sbuffava Gianfranco Pasquino: «Un atteggiamento classico dei costruttori di regimi: il meglio è al governo, lasciateci lavorare».
E Giulia Rodano riassumeva un intervento del «lìder màximo», con parole micidiali: «Il discorso suonava così: la leadership dell’Ulivo spetta alla sinistra e la sinistra sono me».
Ancor più da sinistra Fausto Bertinotti, infastidito dalle ironie sui suoi modi da primadonna, rideva: «In fatto di boria non mi metterei mai in competizione con lui: è il Massimo».
E resta indimenticabile il corsivo de «la jena» su «il manifesto» dopo la presa di Palazzo Chigi da parte del Cavaliere nel 2001: «"Non temo il governo Berlusconi perché non credo riuscirà a realizzare quanto ha promesso. Temo piuttosto l’occupazione del potere, vizio antico", ha detto l’onorevole D’Alema. Preoccupazione fondata, tanto più se espressa da un esperto della materia».
Non diversamente la vedevano diversi compagni di strada.
Come il socialista Roberto Villetti: «Parla come il capo di un monocolore».
O Antonio Di Pietro: «Deve smetterla di pensare di essere un viceré circondato da attacchini o da portatori d’acqua».
Finché, quando il luminoso destino al quale sembrava avviato cominciò a oscurarsi, Achille Occhetto e cioè la prima vittima dei suoi modi spicci da rottamatore («Mi disse: “Achille, sei tecnicamente obsoleto”») lo liquidò velenosamente così: «Se è solo non se ne può lamentare. Ha cercato questa solitudine, voleva le mani libere per esaltare le sue mirabolanti capacità…».
Difficile negare che l’allora astro nascente della sinistra avesse fatto di tutto per tirarsi addosso certe critiche.
Lo stesso Francesco Cossiga, il primo sponsor del «giovane statista» («Sto diventando un dalemiano di ferro») che per lui meritava l’appoggio nella scalata a Palazzo Chigi, a un certo punto sbottò: «Complimenti vivissimi. Ormai non è più solo il leader del Pds. È anche il leader dell’Ulivo. E se va avanti di questo passo prima o poi diventerà anche il leader del Polo».
Fino a spazientirsi: «Ha una vocazione alla totalità: lui al centro e gli altri satelliti. Vuole essere il tutto. E invece in democrazia si può essere solo una parte».
Lo stesso «Baffin di ferro» fece di tutto per tirarsi addosso certe accuse, certe diffidenze, certi sospetti.
In particolare ostentando l’allergia a ogni critica.
Battute e battutacce di cui gli archivi traboccano. «Una corrente non la voglio. Inesorabilmente avrebbe una maggioranza di stupidi».
«Peggio della sinistra c’è solo la destra».
«Non leggo Parlato in Italia, figuriamoci all’estero».
«Tendo a pensare che i miei critici abbiano torto»
«Mi piaccio, non lo nego. So di avere molti difetti ma nondimeno sono abbastanza soddisfatto di me».
Fino ad alcune freddure che gli sarebbero state rinfacciate per anni. Come quella sull’incapacità di capire di Sergio Cofferati, ai tempi in cui era il leader indiscusso del sindacato: «Lo spiegheremo anche al dottor Cofferati…».
O sugli alleati di governo: «La mia maggioranza? Un mezzo partito, cioè i Ds, e dodici virus».
Al che l’allora verde Carlo Ripa di Meana saltò su invelenito: «È un uomo d’insopportabile arroganza. Giunto in età matura, continua a gettare molotov non più su poliziotti e carabinieri ma sugli alleati».
Ogni tanto, quando le critiche riprese dai cronisti (le famose «iene dattilografe») gli creavano problemi, si sfogava: «Non capisco davvero come si sia creata questa immagine di me».
Fatto sta che il ritratto più feroce glielo fecero Gino e Michele, gli autori di «Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano» che proprio all’ Unità erano cresciuti: «Ormai Massimo D’Alema è così pieno di sé che sul cruscotto della sua auto ha messo una calamita con la foto di Gesù che lo guarda e la scritta: “Papà, non correre”».
Ad asfaltare il conte Max ci pensa Gian Antonio Stella.
Adesso si tratta di capire cosa ne viene fuori da questo immenso puttanaio.
Corriere 22.3.15
La poca memoria del «líder máximo»
Massimo D’Alema è stato bersagliato per anni a causa dell’atteggiamento un po’ prepotente che oggi «Baffin di ferro» rinfaccia al premier.
di Gian Antonio Stella
Quella memoria corta dell’ex presidente del Consiglio allergico a ogni critica
«Gli piace il premier che non deve chiedere mai, quello che usa “Arrogance”».
Indovinello: l’ha detto D’Alema contro Renzi?
No, la compagna Fulvia Bandoli contro Massimo D’Alema.
Bersagliato per anni esattamente per l’atteggiamento un po’ prepotente che oggi «Baffin di ferro» rinfaccia al presidente del Consiglio.
Intendiamoci, capita spesso in politica che il bue dia del cornuto all’asino.
Ma chi ha un pizzico di memoria non ha potuto trattenere una risata ascoltando ieri l’ex segretario, ex presidente della Bicamerale, ex capo del governo, ex candidato al Quirinale e poi alla carica di ministro degli esteri dell’Ue, lanciare contro il premier fiorentino l’accusa di avere «un certo grado di arroganza».
E non perché sia strampalata, visto che l’insofferenza di Renzi alle critiche è stata più volte lamentata da altri. Ma per il pulpito da cui veniva.
Nessuno come «la volpe del Tavoliere» (copyright di Luigi Pintor) infatti, si è tirato addosso negli ultimi vent’anni la stessa critica.
E spesso proprio da sinistra.
In nome della quale, estrosamente scravattato, ieri parlava.
«D’Alema ha un atteggiamento proprietario del partito», denunciava Gloria Buffo.
«Ci vorrebbe un po’ di meno “io” e un po’ di più “noi”», attaccava Claudia Mancina.
«Questi qui si sentono migliori del Paese che governano, dell’opinione pubblica, delle cosiddette parti sociali e, se mi posso permettere, degli intellettuali e dei professori», sbuffava Gianfranco Pasquino: «Un atteggiamento classico dei costruttori di regimi: il meglio è al governo, lasciateci lavorare».
E Giulia Rodano riassumeva un intervento del «lìder màximo», con parole micidiali: «Il discorso suonava così: la leadership dell’Ulivo spetta alla sinistra e la sinistra sono me».
Ancor più da sinistra Fausto Bertinotti, infastidito dalle ironie sui suoi modi da primadonna, rideva: «In fatto di boria non mi metterei mai in competizione con lui: è il Massimo».
E resta indimenticabile il corsivo de «la jena» su «il manifesto» dopo la presa di Palazzo Chigi da parte del Cavaliere nel 2001: «"Non temo il governo Berlusconi perché non credo riuscirà a realizzare quanto ha promesso. Temo piuttosto l’occupazione del potere, vizio antico", ha detto l’onorevole D’Alema. Preoccupazione fondata, tanto più se espressa da un esperto della materia».
Non diversamente la vedevano diversi compagni di strada.
Come il socialista Roberto Villetti: «Parla come il capo di un monocolore».
O Antonio Di Pietro: «Deve smetterla di pensare di essere un viceré circondato da attacchini o da portatori d’acqua».
Finché, quando il luminoso destino al quale sembrava avviato cominciò a oscurarsi, Achille Occhetto e cioè la prima vittima dei suoi modi spicci da rottamatore («Mi disse: “Achille, sei tecnicamente obsoleto”») lo liquidò velenosamente così: «Se è solo non se ne può lamentare. Ha cercato questa solitudine, voleva le mani libere per esaltare le sue mirabolanti capacità…».
Difficile negare che l’allora astro nascente della sinistra avesse fatto di tutto per tirarsi addosso certe critiche.
Lo stesso Francesco Cossiga, il primo sponsor del «giovane statista» («Sto diventando un dalemiano di ferro») che per lui meritava l’appoggio nella scalata a Palazzo Chigi, a un certo punto sbottò: «Complimenti vivissimi. Ormai non è più solo il leader del Pds. È anche il leader dell’Ulivo. E se va avanti di questo passo prima o poi diventerà anche il leader del Polo».
Fino a spazientirsi: «Ha una vocazione alla totalità: lui al centro e gli altri satelliti. Vuole essere il tutto. E invece in democrazia si può essere solo una parte».
Lo stesso «Baffin di ferro» fece di tutto per tirarsi addosso certe accuse, certe diffidenze, certi sospetti.
In particolare ostentando l’allergia a ogni critica.
Battute e battutacce di cui gli archivi traboccano. «Una corrente non la voglio. Inesorabilmente avrebbe una maggioranza di stupidi».
«Peggio della sinistra c’è solo la destra».
«Non leggo Parlato in Italia, figuriamoci all’estero».
«Tendo a pensare che i miei critici abbiano torto»
«Mi piaccio, non lo nego. So di avere molti difetti ma nondimeno sono abbastanza soddisfatto di me».
Fino ad alcune freddure che gli sarebbero state rinfacciate per anni. Come quella sull’incapacità di capire di Sergio Cofferati, ai tempi in cui era il leader indiscusso del sindacato: «Lo spiegheremo anche al dottor Cofferati…».
O sugli alleati di governo: «La mia maggioranza? Un mezzo partito, cioè i Ds, e dodici virus».
Al che l’allora verde Carlo Ripa di Meana saltò su invelenito: «È un uomo d’insopportabile arroganza. Giunto in età matura, continua a gettare molotov non più su poliziotti e carabinieri ma sugli alleati».
Ogni tanto, quando le critiche riprese dai cronisti (le famose «iene dattilografe») gli creavano problemi, si sfogava: «Non capisco davvero come si sia creata questa immagine di me».
Fatto sta che il ritratto più feroce glielo fecero Gino e Michele, gli autori di «Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano» che proprio all’ Unità erano cresciuti: «Ormai Massimo D’Alema è così pieno di sé che sul cruscotto della sua auto ha messo una calamita con la foto di Gesù che lo guarda e la scritta: “Papà, non correre”».
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Re: quo vadis PD ????
A Otto e mezzo:
Pd, volano gli stracci.
Per chi s'è perso la prima parte, domani si può pubblicare l'intera puntata.
Serve però molto per capire cosa sta succedendo in riguardo alle domande che ho rivolto ai desaparesidos
Pd, volano gli stracci.
Per chi s'è perso la prima parte, domani si può pubblicare l'intera puntata.
Serve però molto per capire cosa sta succedendo in riguardo alle domande che ho rivolto ai desaparesidos
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Re: quo vadis PD ????
Pd, la ’ditta’ se le suona
— Daniela Preziosi, 23.3.2015
Tutti contro tutti: Fassina chiede un passo indietro di Bersani e D’Alema. Cuperlo al premier: ora basta chiamarci poltronisti
È bastata una riunione ’unitaria’, si fa per dire, per far esplodere le minoranze Pd. E un week end di fitte dichiarazioni, interviste e post in rete al vetriolo ha aggiunto il carico all’innesco già potente dell’assemblea di sabato. Il risultato: la sinistra dem è tutta una catena di botti. Pirotecnia purissima. Che non accenna a fermarsi.
Ci sono ex amici che se le suonano, come il presidente Matteo Orfini, ex dalemiano che attacca D’Alema (non da oggi, per la verità) e il bersaniano Miguel Gotor, che lo difende: «Usare D’Alema per finire sui giornali e coprire impotenze, errori politici e opportunismi nostri di oggi è meschino». Altro fronte: Gianni Cuperlo reagisce male all’ennesima accusa di poltronismo, stavolta lanciata dal renziano Matteo Richetti dalle colonne di Repubblica. «Un insulto irricevibile. Adesso basta. Chiedo a Renzi e Guerini di prendere parola. Siete d’accordo con lui?». La domanda cade nel vuoto, il che già è già una risposta.
Ma l’accusa di poltronismo non viene solo dai renziani. Sul Corriere della sera Rosy Bindi, annunciando la presenza in piazza con la Fiom — che già di per sé fa è un dito nell’occhio dell’ex segretario Epifani, regista dei moderati della corrente riformista — si chiede: «Ci si può candidare a un’alternativa a Renzi avendo ministri e sottosegretari al governo e membri nella segreteria del partito? Non credo».
Bindi sa dove colpire. L’ala moderata dei bersaniani ormai è un porto sicuro per il governo, basti ricordare il ruolo di Epifani e di Cesare Damiano per far ’digerire’ il jobs act ai deputati. E poi c’è il’caso’ Roberto Speranza: Renzi lo ha mantenuto al posto di capogruppo alla camera, nonostante il ruolo di spicco nell’area riformista: sabato è stato quello che più di tutti ha spinto sul tasto sulla disciplina e sull’unità del Pd. Gli sconfitti al congresso hanno poi una solida pattuglia a fianco di Renzi, al governo e nel partito. Al netto dell’ex civatiano Taddei e dell’ex civatiana ma anche ex ministra Lanzetta, sconfessati entrambi da Civati, il ministro Martina è un bersanianissimo, e ben cinque sottosegretari provengono da ogni sfumatura della minoranza (Amici, Bubbico, Di Micheli, Del Basso De Caro e Bellanova); in segreteria invece c’è la bersaniana Campana, il cuperliano De Maria e il dalemiano Amendola (evidentemente ormai in disaccordo con D’Alema). Anzi, a discutere di queste cariche con Renzi, all’arrivo del suo governo, fu direttamente Gianni Cuperlo. Ieri da Nico Stumpo, coordinatore dell’area riformista, è arrivata una rispostaccia a Bindi: «Non sono in discussione né l’appoggio né la presenza né la fiducia al governo e tantomeno la presenza in segreteria in quanto l’assunzione di responsabilità politiche non ha comportato né comporterà, per quanto ci riguarda, l’ingresso nella maggioranza del Pd».
Ultima baruffa, quella fra il deputato Stefano Fassina, uno degli organizzatori dell’iniziativa di sabato, e il bersanianissimo senatore Miguel Gotor. Fassina chiede che Bersani e D’Alema, autore dell’intervento che ha fatto arrabbiare molti e infuriare Cuperlo, facciano un passo indietro («Devono comprendere che abbiamo bisogno di discontinuità di cultura politica, di agenda e di classe dirigente», spiega Fassina a Repubblica) e sul lavoro dichiara «sintonia con Papa Francesco». Gotor twitta: «Vedo che Fassina chiede a Bersani un passo indietro e lancia papa Francesco. Ok, ma è un filino impegnato. Una via di mezzo, no?».
Renzi si gode lo spettacolo, ormai non ha più bisogno di replicare alle accuse che gli rivolge la sinistra. Chi parla di «deriva autoritaria» sono «professori un po’ stanchi» che rivolgono questa accusa «alla loro pigrizia», dice davanti agli studenti della Luiss di Romatradisce la fiducia «chi passa il tempo a vivacchiare piuttosto che a prendere decisioni chiave».
http://ilmanifesto.info/pd-la-ditta-se-le-suona/
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Quo Vadis "sinistra" PD ?
La ’ditta’ se le suona di santa ragione
Mi verrebbe da dire: Meglio perderli che averli, che dite ?
Democrak !!
Questa foto mi sembra dica tutto
C'e' da sperare in questi?
un salutone
— Daniela Preziosi, 23.3.2015
Tutti contro tutti: Fassina chiede un passo indietro di Bersani e D’Alema. Cuperlo al premier: ora basta chiamarci poltronisti
È bastata una riunione ’unitaria’, si fa per dire, per far esplodere le minoranze Pd. E un week end di fitte dichiarazioni, interviste e post in rete al vetriolo ha aggiunto il carico all’innesco già potente dell’assemblea di sabato. Il risultato: la sinistra dem è tutta una catena di botti. Pirotecnia purissima. Che non accenna a fermarsi.
Ci sono ex amici che se le suonano, come il presidente Matteo Orfini, ex dalemiano che attacca D’Alema (non da oggi, per la verità) e il bersaniano Miguel Gotor, che lo difende: «Usare D’Alema per finire sui giornali e coprire impotenze, errori politici e opportunismi nostri di oggi è meschino». Altro fronte: Gianni Cuperlo reagisce male all’ennesima accusa di poltronismo, stavolta lanciata dal renziano Matteo Richetti dalle colonne di Repubblica. «Un insulto irricevibile. Adesso basta. Chiedo a Renzi e Guerini di prendere parola. Siete d’accordo con lui?». La domanda cade nel vuoto, il che già è già una risposta.
Ma l’accusa di poltronismo non viene solo dai renziani. Sul Corriere della sera Rosy Bindi, annunciando la presenza in piazza con la Fiom — che già di per sé fa è un dito nell’occhio dell’ex segretario Epifani, regista dei moderati della corrente riformista — si chiede: «Ci si può candidare a un’alternativa a Renzi avendo ministri e sottosegretari al governo e membri nella segreteria del partito? Non credo».
Bindi sa dove colpire. L’ala moderata dei bersaniani ormai è un porto sicuro per il governo, basti ricordare il ruolo di Epifani e di Cesare Damiano per far ’digerire’ il jobs act ai deputati. E poi c’è il’caso’ Roberto Speranza: Renzi lo ha mantenuto al posto di capogruppo alla camera, nonostante il ruolo di spicco nell’area riformista: sabato è stato quello che più di tutti ha spinto sul tasto sulla disciplina e sull’unità del Pd. Gli sconfitti al congresso hanno poi una solida pattuglia a fianco di Renzi, al governo e nel partito. Al netto dell’ex civatiano Taddei e dell’ex civatiana ma anche ex ministra Lanzetta, sconfessati entrambi da Civati, il ministro Martina è un bersanianissimo, e ben cinque sottosegretari provengono da ogni sfumatura della minoranza (Amici, Bubbico, Di Micheli, Del Basso De Caro e Bellanova); in segreteria invece c’è la bersaniana Campana, il cuperliano De Maria e il dalemiano Amendola (evidentemente ormai in disaccordo con D’Alema). Anzi, a discutere di queste cariche con Renzi, all’arrivo del suo governo, fu direttamente Gianni Cuperlo. Ieri da Nico Stumpo, coordinatore dell’area riformista, è arrivata una rispostaccia a Bindi: «Non sono in discussione né l’appoggio né la presenza né la fiducia al governo e tantomeno la presenza in segreteria in quanto l’assunzione di responsabilità politiche non ha comportato né comporterà, per quanto ci riguarda, l’ingresso nella maggioranza del Pd».
Ultima baruffa, quella fra il deputato Stefano Fassina, uno degli organizzatori dell’iniziativa di sabato, e il bersanianissimo senatore Miguel Gotor. Fassina chiede che Bersani e D’Alema, autore dell’intervento che ha fatto arrabbiare molti e infuriare Cuperlo, facciano un passo indietro («Devono comprendere che abbiamo bisogno di discontinuità di cultura politica, di agenda e di classe dirigente», spiega Fassina a Repubblica) e sul lavoro dichiara «sintonia con Papa Francesco». Gotor twitta: «Vedo che Fassina chiede a Bersani un passo indietro e lancia papa Francesco. Ok, ma è un filino impegnato. Una via di mezzo, no?».
Renzi si gode lo spettacolo, ormai non ha più bisogno di replicare alle accuse che gli rivolge la sinistra. Chi parla di «deriva autoritaria» sono «professori un po’ stanchi» che rivolgono questa accusa «alla loro pigrizia», dice davanti agli studenti della Luiss di Romatradisce la fiducia «chi passa il tempo a vivacchiare piuttosto che a prendere decisioni chiave».
http://ilmanifesto.info/pd-la-ditta-se-le-suona/
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Quo Vadis "sinistra" PD ?
La ’ditta’ se le suona di santa ragione
Mi verrebbe da dire: Meglio perderli che averli, che dite ?
Democrak !!
Questa foto mi sembra dica tutto
C'e' da sperare in questi?
un salutone
Cercando l'impossibile, l'uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile, e coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.(M.A.Bakunin)
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- Iscritto il: 09/01/2015, 10:40
Re: quo vadis PD ????
La remissività e l'inanità che emergono in questo periodo dalla cosiddetta minoranza PD e dalla sinistra-sinistra, da Civati a Vendola a all'area Ingroia/Landini, sono la prova provata del perchè del fallimento del CSX ulivista in questi 20 anni.
Altro che eredi della Resistenza, di Che Guevara, di Moro e di Berlinguer.
Sono solo una banda di fancazzisti incapaci.
Come tali hanno finito con l'ostacolare Prodi, col dividersi fra loro su questioni insignificanti,
col farsi trascinare dove non volevano:
- all'opposizione perenne
- o in maggioranza a votare l'invotabile
E' così che i democristiani peggiori sono riusciti fuori dal cuore del PD.
E' così che nel PD è fiorito tutto un pensiero liberista che nulla ha a
che spartire con le due culture di provenienza ex PPI ed ex PCI.
Avessimo avuto dentro e fuori dal PD, una vera sinistra fatta di gente
che ci crede, capace di fare politica, impegnata a CAMBIARE LE COSE
e non a limitarsi a fingere di "mitigare il danno" o di "denunciare l'onta",
la storia di questo paese avrebbe potuto essere diversa.
Vediamo che succede nei prossimi giorni.
Se lunedi alla direzione PD, la sinistra PD si staccasse in massa
da Renzi VOTANDO CONTRO (in Parlamento, non in direzione PD)
quelle riforme che ritiene deteriori rispetto all'interesse della
Repubblica, poi potrebbero affrontare la reazione di Renzi.
Purtroppo però ci arrivano impreparati.
I renziani per tempo si sono strutturati in corrente mediante le Leopolde
e mettendo a punto un formidabile sistema di alleanze esterne (CL, Confindustria,
pezzi centro e di FI, ...) da usare all'occorrenza contro la minoranza di CSX.
I nostri baldi sinistri, invece, vanno allo sbaraglio dove non vogliono
(così dicono almeno) e non devono (così gli dicono gli elettori)
votando la monnezza.
Prendere un'iniziativa, come fa Salvini, manco a parlarne.
Al Massimo assistiamo a qualche disordinato tentativo di Landini che fatica
persino ad articolare un ragionamento banale del tipo "Sono cotretto a fare
azione politica perchè il PD è giunto a un punto talmente basso di incapacità
nel rappresentare i lavoratori che lo votano, che tocca a me, sindacalista,
cercare di rappresentarli sul piano politico, altrimenti, a causa del vuoto politico
lasciato dal PD, verrei meno al mio dovere di sindacalista di tutelare i lavoratori".
soloo42000
Altro che eredi della Resistenza, di Che Guevara, di Moro e di Berlinguer.
Sono solo una banda di fancazzisti incapaci.
Come tali hanno finito con l'ostacolare Prodi, col dividersi fra loro su questioni insignificanti,
col farsi trascinare dove non volevano:
- all'opposizione perenne
- o in maggioranza a votare l'invotabile
E' così che i democristiani peggiori sono riusciti fuori dal cuore del PD.
E' così che nel PD è fiorito tutto un pensiero liberista che nulla ha a
che spartire con le due culture di provenienza ex PPI ed ex PCI.
Avessimo avuto dentro e fuori dal PD, una vera sinistra fatta di gente
che ci crede, capace di fare politica, impegnata a CAMBIARE LE COSE
e non a limitarsi a fingere di "mitigare il danno" o di "denunciare l'onta",
la storia di questo paese avrebbe potuto essere diversa.
Vediamo che succede nei prossimi giorni.
Se lunedi alla direzione PD, la sinistra PD si staccasse in massa
da Renzi VOTANDO CONTRO (in Parlamento, non in direzione PD)
quelle riforme che ritiene deteriori rispetto all'interesse della
Repubblica, poi potrebbero affrontare la reazione di Renzi.
Purtroppo però ci arrivano impreparati.
I renziani per tempo si sono strutturati in corrente mediante le Leopolde
e mettendo a punto un formidabile sistema di alleanze esterne (CL, Confindustria,
pezzi centro e di FI, ...) da usare all'occorrenza contro la minoranza di CSX.
I nostri baldi sinistri, invece, vanno allo sbaraglio dove non vogliono
(così dicono almeno) e non devono (così gli dicono gli elettori)
votando la monnezza.
Prendere un'iniziativa, come fa Salvini, manco a parlarne.
Al Massimo assistiamo a qualche disordinato tentativo di Landini che fatica
persino ad articolare un ragionamento banale del tipo "Sono cotretto a fare
azione politica perchè il PD è giunto a un punto talmente basso di incapacità
nel rappresentare i lavoratori che lo votano, che tocca a me, sindacalista,
cercare di rappresentarli sul piano politico, altrimenti, a causa del vuoto politico
lasciato dal PD, verrei meno al mio dovere di sindacalista di tutelare i lavoratori".
soloo42000
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Re: quo vadis PD ????
Quoto totalmente soloo42000...
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