Diario della caduta di un regime.
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Re: Diario della caduta di un regime.
stigassi • un'ora fa
penoso ...!!!
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lupobianco1234 • un'ora fa
datemi una mazza da baseball
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Nick lupobianco1234 • un'ora fa
...ahahahaahha mi hai fatto ridere...ogni tanto ci vuole!
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Andrea F. • un'ora fa
Questo è entrato a Palazzo Chigi con le pezze al sedere e ne è uscito miliardario,Travaglio dixit. Anche allora doveva denunciare tutto e tutti, Travaglio in primis. Poi, ovviamente, non ha fatto niente altrimenti ne usciva con le ossa fracassate.
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lupobianco1234 • un'ora fa
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Nick lupobianco1234 • un'ora fa
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Andrea F. • un'ora fa
Questo è entrato a Palazzo Chigi con le pezze al sedere e ne è uscito miliardario,Travaglio dixit. Anche allora doveva denunciare tutto e tutti, Travaglio in primis. Poi, ovviamente, non ha fatto niente altrimenti ne usciva con le ossa fracassate.
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Re: Diario della caduta di un regime.
PALAZZI & POTERE
Fondazioni: Matteo e la ditta
di Antonio Padellaro | 1 aprile 2015
Articolo + Video
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/04 ... a/1557086/
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di Antonio Padellaro | 1 aprile 2015
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Re: Diario della caduta di un regime.
Il crollo della Seconda Repubblica
Ventitre anni fa toccava al Pentapartito. Adesso, tocca a FI, ma per la descrizione di Barca, dovrebbe toccare anche al Pd.
La Lega si salva come allora. Il M5S è fermo, non riesce ad approfittarne perché non ha un progetto.
L’esplosione di Forza Italia Anche Bondi e Repetti dicono addio al partito
01/04/2015 di triskel182
I due si sono iscritti al gruppo misto del Senato. Lo sconcerto dell’ex Cavaliere. Intesa con la Lega per le regionali: Tosi in Liguria.
ROMA – È un altro pezzo di Forza Italia che saluta e se ne va. I pezzi in questo caso sono due: l’ex coordinatore ed ex ministro della Cultura Sandro Bondi e la compagna, la senatrice Manuela Repetti. Un addio in parte annunciato dalla lettera del 3 marzo, seguita da un’immediata convocazione ad Arcore e il congelamento dell’addio. Tre settimane dopo il passaggio al gruppo misto viene confermato.
Così, nel giorno in cui rientra a Roma per sedare la mezza rivolta della vecchia guardia e chiudere l’intesa con Salvini per le regionali, il leader di Fi si ritrova con la notizia battuta in agenzia. «Senza nemmeno chiamarmi, questa è la loro riconoscenza dopo anni in cui ho dato loro tutto?» è stata la reazione densa di rabbia e amarezza del capo, al termine del pranzo con i fedelissimi Toti, Bergamini, Rossi. «Bondi è pur sempre un ex coordinatore, è stato un fulmine in un cielo già nuvoloso», ammette proprio Deborah Bergamini in Transatlantico.
È il valore simbolico ad essere temuto dallo stato maggiore, in un momento cosi delicato, la ricaduta possibile sull’immagine (e i sondaggi). Giovanni Toti, consigliere politico, è portato a minimizzare: «Porte aperte in entrata e in uscita. Buona fortuna a Bondi e Repetti. Ma se uno non è più d’accordo con la linea politica dovrebbe dimettersi da parlamentare». Ma la partita è più ampia, il malessere è diffuso. Soprattutto dopo la circolare firmata dalla Rossi (ma voluta da Berlusconi) che pone il limite delle tre legislature e dei 65 anni di età. Il capogruppo al Senato Paolo Romani, dopo il j’accuse di sabato invia quell’intervento come lettera a tutti i colleghi spiegando che il suo «appello accorato e sofferto» era un «contributo al dibattito interno». Ma ancora Toti ricorda: «I parlamentari Pdl nel 2013 hanno firmato un impegno a lasciare dopo un massimo di due legislature».
Resta in stand by lo strappo di Fitto in Puglia.
Berlusconi riesce invece a chiudere l’intesa con la Lega. Con Salvini si sono visti con la massima riservatezza ad Arcore lunedì sera, torneranno a sentirsi oggi. Forza Italia sosterrà Zaia in Veneto, ma il Carroccio che conferma il suo candidato in Toscana fa un passo indietro in Liguria, dove l’ex Cavaliere può schierare così Giovanni Toti. Salvini si impegna a non presentare liste di disturbo in Campania, ma l’Ncd annuncerà solo oggi se sosterrà o meno il forzista Caldoro. A dare la misura del caos in Forza Italia è l’endorsement serale del medico di Berlusconi, Alberto Zangrillo, in favore della candidata dem in Liguria, Raffaella Paita. Proprio nella regione e nel giorno in cui viene quasi ufficializzata la corsa del berlusconiano Toti.
Da La Repubblica del 01/04/2015.
Ventitre anni fa toccava al Pentapartito. Adesso, tocca a FI, ma per la descrizione di Barca, dovrebbe toccare anche al Pd.
La Lega si salva come allora. Il M5S è fermo, non riesce ad approfittarne perché non ha un progetto.
L’esplosione di Forza Italia Anche Bondi e Repetti dicono addio al partito
01/04/2015 di triskel182
I due si sono iscritti al gruppo misto del Senato. Lo sconcerto dell’ex Cavaliere. Intesa con la Lega per le regionali: Tosi in Liguria.
ROMA – È un altro pezzo di Forza Italia che saluta e se ne va. I pezzi in questo caso sono due: l’ex coordinatore ed ex ministro della Cultura Sandro Bondi e la compagna, la senatrice Manuela Repetti. Un addio in parte annunciato dalla lettera del 3 marzo, seguita da un’immediata convocazione ad Arcore e il congelamento dell’addio. Tre settimane dopo il passaggio al gruppo misto viene confermato.
Così, nel giorno in cui rientra a Roma per sedare la mezza rivolta della vecchia guardia e chiudere l’intesa con Salvini per le regionali, il leader di Fi si ritrova con la notizia battuta in agenzia. «Senza nemmeno chiamarmi, questa è la loro riconoscenza dopo anni in cui ho dato loro tutto?» è stata la reazione densa di rabbia e amarezza del capo, al termine del pranzo con i fedelissimi Toti, Bergamini, Rossi. «Bondi è pur sempre un ex coordinatore, è stato un fulmine in un cielo già nuvoloso», ammette proprio Deborah Bergamini in Transatlantico.
È il valore simbolico ad essere temuto dallo stato maggiore, in un momento cosi delicato, la ricaduta possibile sull’immagine (e i sondaggi). Giovanni Toti, consigliere politico, è portato a minimizzare: «Porte aperte in entrata e in uscita. Buona fortuna a Bondi e Repetti. Ma se uno non è più d’accordo con la linea politica dovrebbe dimettersi da parlamentare». Ma la partita è più ampia, il malessere è diffuso. Soprattutto dopo la circolare firmata dalla Rossi (ma voluta da Berlusconi) che pone il limite delle tre legislature e dei 65 anni di età. Il capogruppo al Senato Paolo Romani, dopo il j’accuse di sabato invia quell’intervento come lettera a tutti i colleghi spiegando che il suo «appello accorato e sofferto» era un «contributo al dibattito interno». Ma ancora Toti ricorda: «I parlamentari Pdl nel 2013 hanno firmato un impegno a lasciare dopo un massimo di due legislature».
Resta in stand by lo strappo di Fitto in Puglia.
Berlusconi riesce invece a chiudere l’intesa con la Lega. Con Salvini si sono visti con la massima riservatezza ad Arcore lunedì sera, torneranno a sentirsi oggi. Forza Italia sosterrà Zaia in Veneto, ma il Carroccio che conferma il suo candidato in Toscana fa un passo indietro in Liguria, dove l’ex Cavaliere può schierare così Giovanni Toti. Salvini si impegna a non presentare liste di disturbo in Campania, ma l’Ncd annuncerà solo oggi se sosterrà o meno il forzista Caldoro. A dare la misura del caos in Forza Italia è l’endorsement serale del medico di Berlusconi, Alberto Zangrillo, in favore della candidata dem in Liguria, Raffaella Paita. Proprio nella regione e nel giorno in cui viene quasi ufficializzata la corsa del berlusconiano Toti.
Da La Repubblica del 01/04/2015.
Ultima modifica di camillobenso il 02/04/2015, 6:42, modificato 1 volta in totale.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Il crollo della Seconda Repubblica
CASARI E GLI ALTRI DELLE COOP POTENTI COME OLIGARCHI RUSSI
(Giorgio Meletti)
01/04/2015 di triskel182
IL BOSS ARRESTATO DI CPL CONCORDIA ESEMPIO DEI MANAGER CHE, FINITO IL PCI, SONO STATI LIBERI DI INSEGUIRE IL PROFITTO A OGNI COSTO. E CON OGNI MEZZO.
Commentando l’arresto del padre-padrone della Cpl Concordia, il modenese Roberto Casari, il presidente di Legacoop, il modenese Mauro Lusetti, ha detto due cose importanti: “Le responsabilità sono personali. Noi non proteggeremo nessuno”.
Due profonde verità. Sicuramente le responsabilità di Casari sono personali, visto che il manager cooperativo non rappresenta niente e nessuno se non il proprio potere assoluto: è stato presidente della Cpl Concordia dal 1976 al 30 gennaio scorso, per 39 anni. Gianni Agnelli è stato presidente della Fiat di cui era padrone per soli 30 anni: in confronto a Casari è stato un manager di passaggio. Ed è ovvio che Legacoop non proteggerà nessuno.
È da 25 anni che non lo fa. Dal 1990, dalla svolta di Achille Occhetto, ha perso ogni autorità sui manager cooperativi.
CASARI NON È UN CASO isolato. Il suo acerrimo nemico Claudio Levorato è alla guida della Manutencoop di Bologna dal 1984. Turiddo Campaini l’anno scorso è passato alla presidenza onoraria della Unicoop Firenze della quale è padrone assoluto dal 1973, anno del golpe di Augusto Pinochet in Cile. Pier Luigi Stefanini, oggi presidente di Unipol-Sai, nel 1990 era presidente della Legacoop di Bologna.
Il 16 dicembre scorso Lusetti, nella relazione introduttiva all’assemblea di Legacoop, ha riproposto timidamente l’idea di un limite ai mandati dei manager cooperativi e la platea di intoccabili ha reagito con la tradizionale alzata di spalle. Nell’intervista che pubblichiamo qui sotto un altro modenese, Lanfranco Turci, ex presidente di Legacoop, racconta che dieci anni fa, da senatore Ds, cercò di far inserire nel codice civile il limite ai mandati e ai super stipendi per gli amministratori delle coop, ma la lobby, guidata da Giuliano Poletti
– oggi renzianissimo ministro del Lavoro – lo bloccò.
La storia di Casari è esemplare della parabola irripetibile dei manager rossi, paragonabile solo a quella degli oligarchi russi. A Mosca la caduta del comunismo ha consentito ai manager delle più grandi aziende
– pubbliche per definizione – di appropriarsene, trasformandosi da impiegati statali in ricchissimi capitalisti. In Emilia-Romagna e in Toscana soprattutto, la fine del Pci ha fatto venire meno “l’azionista di riferimento”. Gli uomini che guidavano le coop grandi e piccole, nominati di fatto dal partito e subordinati al ferreo controllo del segretario della federazione provinciale del Pci, si trovarono miracolosamente trasformati in autocrati. E si impadronirono delle coop come fossero oggetti smarriti.
È STATA ANCHE una fase drammatica. Nell’estate del 1991 accadde un fatto incredibile, passato quasi inosservato perché solo sei mesi dopo si sarebbero accesi i fari di Mani pulite. Al momento della nascita della Tav, la società delle Fs che doveva costruire le ferrovie ad alta velocità, l’amministratore delegato Ercole Incalza (sì, proprio lui) tagliò fuori le coop rosse dalla spartizione degli appalti. La debolezza delle coop era determinata dal distacco ostentato da Occhetto verso un mondo avviato verso la deriva affaristica. I sempre più spregiudicati manager emiliani stonavano con le romantiche ambizioni palingenetiche del nuovo Pds – che a loro volta non piacevano al concreto numero due di Occhetto, Massimo D’Alema.
Le coop furono espulse dal tavolo della spartizione perché “non rappresentavano più nessuno”. Turci protestò dicendo in pubblico ciò che tutti sussurravano in privato: “A certi tavoli si tenta di dire che, essendo cambiati gli equilibri politici, dovremmo accettare un arretramento della nostra posizione. La Lega non pretende tutele, ma fino a quando non si uscirà dalla logica delle quote e delle ripartizioni a monte vorrà partecipare a ogni forma di rinnovamento del settore pubblico secondo il proprio peso”. Chiaro, no?
Solo che le coop rosse riuscirono a rientrare nella spartizione dell’alta velocità combattendo ognuna per sé. E sentirono di non dovere niente né alla Legacoop né al partito.
TURCI, L’ULTIMO leader scelto dal Pci, fu liquidato e il suo successore, Giancarlo Pasquini, cantò l’orgoglio cooperativo: “Il partito da un certo momento in avanti ci ha praticamente cancellato, ci ha rimosso come un elemento imbarazzante”.
L’inchiesta su Ischia adesso suscita interrogativi sui sistemi con cui Casari o il plurindagato Levorato hanno ottenuto i loro brillanti risultati su un mercato di appalti pubblici. Lusetti all’assemblea di dicembre lo ha detto, timidamente: “A volte ci siamo omologati a un mercato poco trasparente”. Ma gli oligarchi sono indifferenti ai rimbrotti di Legacoop. Un po’ meno ai mandati di cattura.
Da Il Fatto Quotidiano del 01/04/2015.
CASARI E GLI ALTRI DELLE COOP POTENTI COME OLIGARCHI RUSSI
(Giorgio Meletti)
01/04/2015 di triskel182
IL BOSS ARRESTATO DI CPL CONCORDIA ESEMPIO DEI MANAGER CHE, FINITO IL PCI, SONO STATI LIBERI DI INSEGUIRE IL PROFITTO A OGNI COSTO. E CON OGNI MEZZO.
Commentando l’arresto del padre-padrone della Cpl Concordia, il modenese Roberto Casari, il presidente di Legacoop, il modenese Mauro Lusetti, ha detto due cose importanti: “Le responsabilità sono personali. Noi non proteggeremo nessuno”.
Due profonde verità. Sicuramente le responsabilità di Casari sono personali, visto che il manager cooperativo non rappresenta niente e nessuno se non il proprio potere assoluto: è stato presidente della Cpl Concordia dal 1976 al 30 gennaio scorso, per 39 anni. Gianni Agnelli è stato presidente della Fiat di cui era padrone per soli 30 anni: in confronto a Casari è stato un manager di passaggio. Ed è ovvio che Legacoop non proteggerà nessuno.
È da 25 anni che non lo fa. Dal 1990, dalla svolta di Achille Occhetto, ha perso ogni autorità sui manager cooperativi.
CASARI NON È UN CASO isolato. Il suo acerrimo nemico Claudio Levorato è alla guida della Manutencoop di Bologna dal 1984. Turiddo Campaini l’anno scorso è passato alla presidenza onoraria della Unicoop Firenze della quale è padrone assoluto dal 1973, anno del golpe di Augusto Pinochet in Cile. Pier Luigi Stefanini, oggi presidente di Unipol-Sai, nel 1990 era presidente della Legacoop di Bologna.
Il 16 dicembre scorso Lusetti, nella relazione introduttiva all’assemblea di Legacoop, ha riproposto timidamente l’idea di un limite ai mandati dei manager cooperativi e la platea di intoccabili ha reagito con la tradizionale alzata di spalle. Nell’intervista che pubblichiamo qui sotto un altro modenese, Lanfranco Turci, ex presidente di Legacoop, racconta che dieci anni fa, da senatore Ds, cercò di far inserire nel codice civile il limite ai mandati e ai super stipendi per gli amministratori delle coop, ma la lobby, guidata da Giuliano Poletti
– oggi renzianissimo ministro del Lavoro – lo bloccò.
La storia di Casari è esemplare della parabola irripetibile dei manager rossi, paragonabile solo a quella degli oligarchi russi. A Mosca la caduta del comunismo ha consentito ai manager delle più grandi aziende
– pubbliche per definizione – di appropriarsene, trasformandosi da impiegati statali in ricchissimi capitalisti. In Emilia-Romagna e in Toscana soprattutto, la fine del Pci ha fatto venire meno “l’azionista di riferimento”. Gli uomini che guidavano le coop grandi e piccole, nominati di fatto dal partito e subordinati al ferreo controllo del segretario della federazione provinciale del Pci, si trovarono miracolosamente trasformati in autocrati. E si impadronirono delle coop come fossero oggetti smarriti.
È STATA ANCHE una fase drammatica. Nell’estate del 1991 accadde un fatto incredibile, passato quasi inosservato perché solo sei mesi dopo si sarebbero accesi i fari di Mani pulite. Al momento della nascita della Tav, la società delle Fs che doveva costruire le ferrovie ad alta velocità, l’amministratore delegato Ercole Incalza (sì, proprio lui) tagliò fuori le coop rosse dalla spartizione degli appalti. La debolezza delle coop era determinata dal distacco ostentato da Occhetto verso un mondo avviato verso la deriva affaristica. I sempre più spregiudicati manager emiliani stonavano con le romantiche ambizioni palingenetiche del nuovo Pds – che a loro volta non piacevano al concreto numero due di Occhetto, Massimo D’Alema.
Le coop furono espulse dal tavolo della spartizione perché “non rappresentavano più nessuno”. Turci protestò dicendo in pubblico ciò che tutti sussurravano in privato: “A certi tavoli si tenta di dire che, essendo cambiati gli equilibri politici, dovremmo accettare un arretramento della nostra posizione. La Lega non pretende tutele, ma fino a quando non si uscirà dalla logica delle quote e delle ripartizioni a monte vorrà partecipare a ogni forma di rinnovamento del settore pubblico secondo il proprio peso”. Chiaro, no?
Solo che le coop rosse riuscirono a rientrare nella spartizione dell’alta velocità combattendo ognuna per sé. E sentirono di non dovere niente né alla Legacoop né al partito.
TURCI, L’ULTIMO leader scelto dal Pci, fu liquidato e il suo successore, Giancarlo Pasquini, cantò l’orgoglio cooperativo: “Il partito da un certo momento in avanti ci ha praticamente cancellato, ci ha rimosso come un elemento imbarazzante”.
L’inchiesta su Ischia adesso suscita interrogativi sui sistemi con cui Casari o il plurindagato Levorato hanno ottenuto i loro brillanti risultati su un mercato di appalti pubblici. Lusetti all’assemblea di dicembre lo ha detto, timidamente: “A volte ci siamo omologati a un mercato poco trasparente”. Ma gli oligarchi sono indifferenti ai rimbrotti di Legacoop. Un po’ meno ai mandati di cattura.
Da Il Fatto Quotidiano del 01/04/2015.
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Re: Diario della caduta di un regime.
IL CROLLO DELLA SECONDA REPUBBLICA
Il clima politico si fa ogni giorno più pesante. Stamani ad Agorà, è stato presentato un sondaggio attuato da Ixé, in cui si chiedeva se i fatti del malaffare che coinvolge il Pd, nuoce a Renzi.
Gli italiani si sono così espressi:
72 % - SI, nuoce
17 % - Lo rafforza
11 % - Non sa
Tra l’altro non si comprende perché i media fanno finta di ignorare che il clima è identico a quello del crollo della Prima Repubblica. Cambiano i nomi, ma le vicende sono le stesse.
Le prime pagine dei quotidiani di stamani, riguardano quanto accaduto in Kenia.
Solo il Fatto, lo hanno fatto notare anche ad Agorà, apre con il fronte interno.
Possiamo immaginare cosa abbiano pensato Bufala Bill II, e la sua setta, sfogliando i giornali di prima mattina. Metterebbero volentieri al rogo alla vigilia di Pasqua la banda Padellaro-Travaglio. Peccato non essere in Kenia con i cappucci neri.
Il Fatto è sempre irriguardoso nei confronti del conte Max. Travaglio ha titolato il suo fondo del venerdì di passione: Levategli il vino.
Ma poi a pagina due, preme sull’accelleratore passando un notizia emersa ieri.
A DESTRA E A MANCA
Soldi a, pioggia, da Meloni a Marino.
di Carlo Tecce
ALFREDO D’ATTORRE – 5.000 EURO
VIRGINIO MEROLA – 20.000 EURO
GIORGIA MELONI – 2.000 EURO
NICOLA ZINGARETTI – 20.000 EURO
IGNAZIO MARINO – 2.500 EURO
Si può far finta che tutto non stia crollando, per non fare propaganda negativa, oppure per paura del futuro. Ma il problema esiste e non si può ignorare.
Il clima politico si fa ogni giorno più pesante. Stamani ad Agorà, è stato presentato un sondaggio attuato da Ixé, in cui si chiedeva se i fatti del malaffare che coinvolge il Pd, nuoce a Renzi.
Gli italiani si sono così espressi:
72 % - SI, nuoce
17 % - Lo rafforza
11 % - Non sa
Tra l’altro non si comprende perché i media fanno finta di ignorare che il clima è identico a quello del crollo della Prima Repubblica. Cambiano i nomi, ma le vicende sono le stesse.
Le prime pagine dei quotidiani di stamani, riguardano quanto accaduto in Kenia.
Solo il Fatto, lo hanno fatto notare anche ad Agorà, apre con il fronte interno.
Possiamo immaginare cosa abbiano pensato Bufala Bill II, e la sua setta, sfogliando i giornali di prima mattina. Metterebbero volentieri al rogo alla vigilia di Pasqua la banda Padellaro-Travaglio. Peccato non essere in Kenia con i cappucci neri.
Il Fatto è sempre irriguardoso nei confronti del conte Max. Travaglio ha titolato il suo fondo del venerdì di passione: Levategli il vino.
Ma poi a pagina due, preme sull’accelleratore passando un notizia emersa ieri.
A DESTRA E A MANCA
Soldi a, pioggia, da Meloni a Marino.
di Carlo Tecce
ALFREDO D’ATTORRE – 5.000 EURO
VIRGINIO MEROLA – 20.000 EURO
GIORGIA MELONI – 2.000 EURO
NICOLA ZINGARETTI – 20.000 EURO
IGNAZIO MARINO – 2.500 EURO
Si può far finta che tutto non stia crollando, per non fare propaganda negativa, oppure per paura del futuro. Ma il problema esiste e non si può ignorare.
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Re: Diario della caduta di un regime.
Analizzando un attimo la situazione abbiamo:
-Forza Italia in via di dismissione da parte dell'ex Cav (come il Milan) che potrebbe scendere sotto il 10% soprattutto se Fitto farà le sue liste nel sud;
-Salvini diventerebbe a questo punto la principale forza di destra e calamiterebbe i resti di FI intorno a se;
-Le ultime inchieste stanno minando ancor più la fede dell'elettorato Piddino nel parolaio di Rignano insieme ai dati ISTAT che smentiscono i suoi tanti proclami entusiastici;
-La minoranza PD sembra voler far e finalmente muro contro il PM che rischia seriamente di inciampare;
-Il M5S continua a perdere pezzetti e si intestardisce in campagne inutili e dannpose come quella contro l'Euro;
-La situazione tende sempre più ad assomigliare a quella del 1992 dove tutte le forze politiche sembrano essere coinvolte in una rete di clientele, mazzette e malaffare con un astio latente nell'opinione pubblica che potrebbe sfociare a breve in nuovi episodi tipo "Hotel Raphael" con monetine annesse;
-In Europa ci si sta rendendo conto che la Grecia è il canarino nella miniera ma uno dei veri problemi è l'Italia che non cresce.
Alla luce di tutto questo che scenari si profilano all'orizzonte? Che spazi di manovra ci sono per tentare di dare finalmente voce a una sinistra che ormai sembra in via di estinzione in questo paese senza lasciare il campo della protesta a entità come la Lega o il M5S?
-Forza Italia in via di dismissione da parte dell'ex Cav (come il Milan) che potrebbe scendere sotto il 10% soprattutto se Fitto farà le sue liste nel sud;
-Salvini diventerebbe a questo punto la principale forza di destra e calamiterebbe i resti di FI intorno a se;
-Le ultime inchieste stanno minando ancor più la fede dell'elettorato Piddino nel parolaio di Rignano insieme ai dati ISTAT che smentiscono i suoi tanti proclami entusiastici;
-La minoranza PD sembra voler far e finalmente muro contro il PM che rischia seriamente di inciampare;
-Il M5S continua a perdere pezzetti e si intestardisce in campagne inutili e dannpose come quella contro l'Euro;
-La situazione tende sempre più ad assomigliare a quella del 1992 dove tutte le forze politiche sembrano essere coinvolte in una rete di clientele, mazzette e malaffare con un astio latente nell'opinione pubblica che potrebbe sfociare a breve in nuovi episodi tipo "Hotel Raphael" con monetine annesse;
-In Europa ci si sta rendendo conto che la Grecia è il canarino nella miniera ma uno dei veri problemi è l'Italia che non cresce.
Alla luce di tutto questo che scenari si profilano all'orizzonte? Che spazi di manovra ci sono per tentare di dare finalmente voce a una sinistra che ormai sembra in via di estinzione in questo paese senza lasciare il campo della protesta a entità come la Lega o il M5S?
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Re: Diario della caduta di un regime.
In attesa che la Coalizione sociale dei lavoratori diventi una massa critica in grado di cambiare qlc, a sinistra ci troviamo spiazzati da un M5S che col suo 20% non spendibile nel fare coalizioni costringe il PD a spostarsi a destra per prendere voti.Ciao Maucat, tu scrivi
Alla luce di tutto questo che scenari si profilano all'orizzonte? Che spazi di manovra ci sono per tentare di dare finalmente voce a una sinistra che ormai sembra in via di estinzione in questo paese senza lasciare il campo della protesta a entità come la Lega o il M5S?
Questo M5S sta creando una SITUAZIONE DIFFICILE alla sinistra italiana, unica situazione anomala in Europa, un M5S che è disponibile a fare lotte di sinistra sul territorio, ma quando c'è da governare o lo fa da solo o niente.
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Re: Diario della caduta di un regime.
iospero ha scritto:In attesa che la Coalizione sociale dei lavoratori diventi una massa critica in grado di cambiare qlc, a sinistra ci troviamo spiazzati da un M5S che col suo 20% non spendibile nel fare coalizioni costringe il PD a spostarsi a destra per prendere voti.Ciao Maucat, tu scrivi
Alla luce di tutto questo che scenari si profilano all'orizzonte? Che spazi di manovra ci sono per tentare di dare finalmente voce a una sinistra che ormai sembra in via di estinzione in questo paese senza lasciare il campo della protesta a entità come la Lega o il M5S?
Questo M5S sta creando una SITUAZIONE DIFFICILE alla sinistra italiana, unica situazione anomala in Europa, un M5S che è disponibile a fare lotte di sinistra sul territorio, ma quando c'è da governare o lo fa da solo o niente.
Potremmo dire che la SITUAZIONE DIFFICILE l’hanno creata gli eredi dell’ex Pci perché non sapevano fare politica. Quest’ultima è stata una generazione che si è limitata a governare e a godere dei privilegi del potere. Cosa che aveva fatto nella Prima Repubblica solo la Dc, e che il Pci non aveva mai potuto fare a causa della spartizione di Yalta e per essere il più forte partito comunista europeo inserito nel mondo Occidentale e nella Nato.
Sono poi gli effetti di una visione chiusa dell’epoca che non permise alla sinistra italiana di affermarsi quando aveva gli uomini giusti.
Nel 1964, Giorgio Amendola, propose alla direzione del Pci di sciogliersi e rifare la sinistra includendo il Psi ed altri.
Proposta che gli fu negata per via dei forti legami con Mosca di alcuni leader, ed anche perché i soldi che arrivavano da Mosca servivano per mantenere l’apparato.
Quella trasformazione avvenne quarant’anni dopo, ma con un'altra generazione di politici.
Politici che per la prima volta gli si offriva di governare, ma che non sapevano fare politica.
La posizione del M5S rimane poco chiara. Raccoglie sia il consenso della destra che della sinistra, ma non può essere una cosa nuova che cancella destra e sinistra.
Tutti i giorni si fanno scelte di destra o di sinistra.
A destra ci sta tutto il mondo della conservazione che vuole impedire che avanzino i valori della sinistra.
Il Job Act, è stato fatto su richiesta della conservazione.
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Re: Diario della caduta di un regime.
La posizione forse è poco chiara. Ma la sua identità no.camillobenso ha scritto: La posizione del M5S rimane poco chiara. Raccoglie sia il consenso della destra che della sinistra, ma non può essere una cosa nuova che cancella destra e sinistra.
Inoltre è fuorviante pensare che il M5S raccolga il consenso di destra e sinistra: è una dizione molto ambigua, oltre tutto.
Il consenso di chi?
Dei dirigenti di destra e sinistra? Non mi sembra.
Il consenso degli elettori del PD? Nemmeno, altrimenti non sarebbero elettori del Pd.
Il consenso di chi votava prima per il PD o aveva votato per l'Ulivo? Bisognrebbe mettersi d'accordo sul fatto che gli elettori dell'Ulivo o del sopravvenuto PD fossero definibili, tout court, "sinistra".
Degli scontenti del PD, che rappresentano - come noi - una continuità con la tradizione della sinistra, ocialista o cattolica che fosse? Non escludo che qualcuno, anche fra noi, guardi con una certa benevolenza (e qualche speranza) verso il M5S, ma non lo chiamerei "consenso". In ogni caso non riguarda tutti: io, per esempio, ho poca benevolenza e meno ancora speranze, se non quelle che genericamente posso riporre in qualunque new entry svincolata dai giochi di potere consolidati.
In effetti, movimenti come quello del M5S mi suscitano più timori che speranze, in una prospettiva politica di medio-lungo termine, oltre che rappresentare al presente un sintomo del malessere culturale, ossia una parte del problema più che una soluzione.
Eravamo giovani, eravamo arroganti, eravamo ridicoli, eravamo eccessivi, eravamo avventati. Eravamo bandiere rosse. E avevamo ragione.
Chi c’è in linea
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